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1 RICCARDO BATTOCCHIO La “giustificazione del peccatore”. Dalla controversia, al dialogo, al consenso tra cattolici e luterani. (Centro Charles de Foucauld – Cittadella, 23 novembre 2016) TRACCIA DELLA RELAZIONE 1. Martin Lutero, la “giustizia di Dio”, la Legge e il Vangelo - Commento alla lettera di San Paolo ai Galati (1538) - Prefazione alle opere latine (1545) 2. Gli scritti “confessionali” - Confessione di Augusta (1530) - Formula di concordia – Solida declaratio (1577) - Decreto “sulla giustificazione” del Concilio di Trento (1547) 3. Dalla controversia al dialogo - Il movimento ecumenico - Il lavoro dei teologi - Il dialogo ufficiale teologico cattolico-luterano: dal 1967 4. Dal dialogo al consenso (differenziato) - La Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione (31 ottobre 1999) - Reazioni alla Dichiarazione congiunta 5. Cattolici e luterani in cammino…

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RICCARDO BATTOCCHIO

La “giustificazione del peccatore”.

Dalla controversia, al dialogo, al consenso tra cattolici e luterani.

(Centro Charles de Foucauld – Cittadella, 23 novembre 2016)

TRACCIA DELLA RELAZIONE

1. Martin Lutero, la “giustizia di Dio”, la Legge e il Vangelo

- Commento alla lettera di San Paolo ai Galati (1538) - Prefazione alle opere latine (1545)

2. Gli scritti “confessionali”

- Confessione di Augusta (1530) - Formula di concordia – Solida declaratio (1577) - Decreto “sulla giustificazione” del Concilio di Trento (1547)

3. Dalla controversia al dialogo

- Il movimento ecumenico - Il lavoro dei teologi - Il dialogo ufficiale teologico cattolico-luterano: dal 1967

4. Dal dialogo al consenso (differenziato)

- La Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione (31 ottobre 1999)

- Reazioni alla Dichiarazione congiunta

5. Cattolici e luterani in cammino…

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TESTI

1) Martin Lutero, In epistolam S. Pauli ad Galatas Commentarius (1538), WA 40.I, 39-41

Suscepimus denuo enarrare in nomine Domini epistulam Pauli ad Galatas, non quia nova aut incognita tradere volumus, cum gratia Dei totus Paulus nunc vobis notus ac vulgatus sit, sed quia, ut saepe moneo, periculum hoc maximus et proximum est, ut diabolus ablata pura fidei doctrina rursus invehat doctrinas operum ac traditionum humanorum. Valde prodest igitur, ut haec fidei doctrina in publico et assiduo usu legendi et audiendi conservetur. […] Quare haec doctrina numquam satis tractari et inculcari potest. Ea iacente et pereunte iacet et perit simul tota cognitio veritatis. Ea vero florente florent omnia bona, religio, verus cultus, gloria dei, certa cognitio omnium statuum et rerum. […]

Primum omniun dicendum est de argumento, hoc est de qua re agat Paulus in hac Epistola. Est autem hoc argomentum: Paulus vult stabilire doctrinam illam fidei, Gratiae, Remissionis peccatorum seu Iustitiae Christianae, ut habeamus perfectam cognitionem et differentiam inter iustitiam Christianam et omnes alias Iustitias. Est enim multiplex iustitia. Quaedam est politica quam Caesar, Principes mundi, philosophi et iureconsulti tractant. Alia est ceremonialis quam docent traditiones humanae, ut traditiones Papae et similes. Eam sine periculo tradunt patresfamilias et paedagogi, quia non tribunt ei vim ad satisfaciendum pro peccatis, ad placandum deum et promerendam gratiam, sed tradunt ceremonias necessarias tantum ad disciplinam morum et certas observationes. Praeter has est alia quaedam iustilia legalis seu decalogi quam Moses docet. Hanc et nos docemus post doctrinam fidei.

Ho messo mano ancora una volta, nel nome del Signore, al commento alla lettera di Paolo ai Galati. Non voglio insegnare cose nuove o sconosciute, dal momento che, per grazia di Dio, ora tutto Paolo è ben noto a voi e al popolo. Lo faccio perché, come ricordo spesso, incombe sempre il grande pericolo che il diavolo, eliminata la pura dottrina della fede, introduca le dottrine delle opere e delle tradizioni umane. È assai utile conservare questa dottrina della fede, attraverso un costante insegnamento e un costante ascolto. […] Questa dottrina non sarà mai esaminata e inculcata a sufficienza. Se essa cade e va in rovina, cade e va in rovina ogni conoscenza della verità. Se essa fiorisce, fioriscono anche tutti i beni, la religione, il vero culto, la gloria di Dio, la conoscenza certa di ogni situazione e di ogni cosa. […]

Prima di tutto va spiegato qual è l’argomento,

ossia di che cosa si occupa Paolo in questa lettera. Ecco l’argomento: Paolo vuole dar stabilità alla dottrina della fede, della Grazia, della Remissione dei peccati, ossia della giustizia cristiana, in modo che possiamo conoscere compiutamente quale sia la differenza tra la giustizia cristiana e tutte le altre giustizie. Infatti la giustizia è moltplice. Una è politica, quella di cui sia occupano l’imperatore, i principi del mondo, i filosofi e i giuristi. Un’altra è cerimoniale, ed è insegnata dalla tradizioni umane, come quelle del papa e altre simili. I padri di famiglia e i maestri trasmettono questa giustizia senza pericolo: non vi attribuiscono infatti la capacità di soddisfare per i peccati, di placare Dio e di meritare la grazia, ma trasmettono gli usi necessari solo a disciplinare i comportamenti e a stabilire ciò che va osservato. Oltra a queste c’è un’altra giustizia legale, ossia il decalogo insegnato da Mosè. Anche noi la insegnamo, ma dopo la dottrina della fede.

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Ultra et supra has omnes est fidei seu Christiana Iustitia quae diligentissime discernenda est ab illis superioribus. […] Ista autem excellentissima iustitia, nempe fidei, quam Deus per Christum nobis absque operibus imputat, nec est politica nec ceremonialis nec legis divinae iustitia nec versatur in nostri operationibus, sed est plane diversa, hoc est mere passiva iustitia (sicut illae superiores activae). Ibi enim nihil operamur aut reddimus Deo, sed tantum recipimus et patimur alium operantem in nobis, scilicet Deum. Ideo libet illam fidei seu Christianam iustitiam appellare passivam. Haecque est iustitia in mysterio abscondita quam mundus non intelligit, imo Christiani non satis eam tenent et difficulter in tentationibus apprehendunt. Ideo semper est inculcanda et assiduo usu esercenda. Et qui eam in afflictionibus et terroribus conscientiae non tenet aut apprehendit, non potest consistere. Nulla enim alia tam est firma ac certa consolatio conscientiarum quam illa passiva iustitia.

Al di là e al di sopra di tutte queste c’è la giustizia della fede o cristiana, che va distinta con somma diligenza da quelle sopra indicate. […] Questa eccellentissima giustizia, quella della fede, che Dio ci attribuisce [imputat] per mezzo di Cristo senza le opere, non è la giustizia politica, né la giustizia cerimoniale né la giustizia della legge divina, né è data dalle nostre opere, ma è del tutto diversa, ossia è la giustizia puramente passiva [mere passiva] (quelle sopra indicate sono “attive”). In quella noi non facciamo nulla e non diamo nulla a Dio, ma riceviamo passivamente [recipimus et patimur] un altro che opera in noi, cioè Dio. Perchiò è corretto definire “passiva” questa giustizia della fede, ossia cristiana. Questa è la giustizia è nascosta nel mistero e il mondo non la comprende. Anzi, nemmeno i cristiani la professano con sufficiente saldezza e a fatica la tengono stretta nelle tentazione. Bisogn quindi inculcarla sempre e tenerla assiduamente in esercizio. Chi, in mezzo alle afflizioni e ai terrori della coscienza, non la professa e non la tiene stretta non può stare saldo. Non c’è infatti una consolazione delle coscienze più salda e più certa della giustizia passiva.

2) Martin Lutero, dalla Prefazione alle opere latine (1545), WA 54,185-187.

Nel frattempo, in questo anno [1519] ero ritornato a interpretare il salterio, confidando di essere

più esercitato dopo aver trattato nelle lezioni le lettere di S. Paolo ai Romani, ai Galati e quella agli Ebrei. Certo ero stato preso da grande ardore di conoscere Paolo nella lettera ai Romani, ma fino ad allora me lo aveva impedito non la freddezza del mio cuore, ma un unico vocabolo del capitolo primo: “La giustizia di Dio è rivelata in esso [nel Vangelo]”. Odiavo infatti questo vocabolo “giustizia di Dio” che, secondo l’uso e la consuetudine di tutti i dottori, mi era stato insegnato a intendere nel senso filosofico della cosiddetta giustizia formale o attiva, in virtù della quale Dio è giusto e punisce i peccatori e gli ingiusti.

Io però, che vivevo da monaco irreprensibile, sentivo di essere peccatore davanti a Dio e con la coscienza inquietissima, né potevo confidare di essere riconciliato con la mia soddisfazione; non amavo ma odiavo il Dio giusto che punisce i peccatori. Ero indignato con Dio, se non con una bestemmia nascosta, certamente con una forte mormorazione, e dicevo: come se non fosse abbastanza che i miseri peccatori, condannati in eterno per il peccato originale, siano oppressi da ogni genere di calamità dalla legge del decalogo! Dio deve aggiungere con il Vangelo dolore a dolore, e anche per mezzo del Vangelo minacciarci con la sua giustizia e la sua ira. Così impazzivo con la mia terribile coscienza turbata e tuttavia continuavo a bussare nello stesso luogo con ardentissima sete di sapere che cosa S. Paolo volesse dire.

Fino a quando Dio ebbe misericordia di me che giorno e notte cercavo di capire il legame della parole “La giustizia di Dio è rivelata in esso, come sta scritto: il giusto vive per la fede”. Allora

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incominciai a capire che la giustizia di Dio è quella in virtù della quale il giusto vive per il dono di Dio, cioè per la fede, e che la sentenza “la giustizia di Dio è rivelata nel Vangelo” si riferisce alla giustizia passiva, con la quale il Dio misericordioso ci giustifica per la fede, come è scritto: “il giusto vivrà per la fede”. Qui sentii di essere come rinato e, dopo che le porte si erano aperte, di essere entrato in paradiso. Da quel momento tutta la Scrittura mi apparve sotto un’altra luce. Correvo attraverso la Scrittura, come l’avevo nella memoria e coglievo un’analogia anche in altri vocaboli come l’opera di Dio, cioè quello che Dio opera in noi, la potenza di Dio, con la quale ci rende potenti, la sapienza di Dio, con la quale ci rende sapienti, la fortezza di Dio, la salvezza di Dio, la gloria di Dio.

Così, come prima avevo odiato il vocabolo “giustizia di Dio”, con altrettanto amore esaltavo questa parola dolcissima, sicché questo passo di Paolo divenne per me la porta del paradiso. 3) Confessione di Augusta, 1530 (da R. FABBRI, Confessioni di fede delle Chiese cristiane,

Dehoniane, Bologna 1996, n. 29). Art. IV: La giustificazione

Item docent, quod homines non possint iustificari coram Deo propriis viribus, meritis aut operibus, sed gratis iustificentur propter Christum per fidem, quum credunt se in gratiam recipi et peccata remitti propter Christum, qui sua morte pro nostris peccatis satisfecit. Hanc fidem imputat Deus pro iustitia coram ipso, Rom. 3 et 4.

[Le chiese presso di noi] insegnano che gli uomini non possono essere giustificati al cospetto di Dio in virtù delle proprie forze, dei propri meriti, delle proprie opere, ma sono giustificati gratuitamente, per opera di Cristo, mediante la fede, in quanto credano di essere accolti nella grazia e che i loro peccati siano rimessi per opera di Cristo, il quale, con la sua morte, diede soddisfazione per i nostri peccati, Questa fede Dio ci mette in conto [imputat] come giustizia al suo cospetto, dice Paolo nella lettera ai Romani ai capitoli 3 e 4.

4) Formula di concordia: Solida declaratio, 1577 (Confessioni di fede delle Chiese cristiane, nn. 843-870). Riguardo alla giustizia della fede davanti a Dio, noi crediamo, insegniamo e confessiamo

unanimemente … che il peccatore è giustificato davanti a Dio, cioè assolto da tutti i suoi peccati, liberato dalla condanna giustamente pronunciata contro di lui, adottato da Dio e reso eterno della vita eterna, senza che lo abbia meritato, senza che ne sia degno, indipendentemente da tutte le sue opere antecedenti, presenti o susseguenti, per pura grazia, senza altro motivo se non il merito unico, l’obbedienza totale, la passione amara, la morte e la risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo la cui obbedienza ci viene imputata a giustizia.

Questi beni ci vengono presentati dallo Spirito Santo nella promessa del Vangelo. La fede è il solo mezzo per coglierli, riceverli e appropriarcene (nn. 846-847).

Quando insegniamo che siamo rigenerati e giustificati dall’azione dello Spirito Santo, non

vogliamo dire che non esiste più alcuna ingiustizia nell’anima e nella vita di coloro che sono stati giustificati e rigenerati: vogliamo solo affermare che il Cristo copre con la sua perfetta obbedienza tutti i loro peccati, ancora radicati nella natura stessa dell’uomo in questa vita. E tuttavia, mediante

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la fede e a causa dell’obbedienza del Cristo … essi sono dichiarati buoni e giusti e ritenuti tali benché, a motivo della loro nata corrotta, siano peccatori e lo restino fino al loro ultimo respiro. D’altra parte, siamo ben lungi dal credere che possiamo impunemente seguire le nostre cattive inclinazioni e perseverare nei nostri peccati, trascurando ogni penitenza ed emendamento (n. 849).

… bisogna conservare l’ordine che esiste fra la fede e le opere buone, fra la giustificazione e il

rinnovamento o la santificazione. Le opere buone, in effetti, non precedeono la fede e la santificazione non precede la giustificazione. Ma, nella conversione, è la fede che si risveglia anzitutto in noi, mediante l’azione dello Spirito Santo, quando ascoltiamo il Vangelo. È essa che coglie la grazia di Dio in Cristo, attraverso la quale l’uomo è giustificato, l’uomo è rinnovato e santificato dallo Spirito Santo. Infine, da questo rinnovamento e da questa santificazione derivano le opere buone che ne sono i frutti. Non bisogna separare queste cose e credere che la vera fede possa a volte coesistere, per un certo tempo, con una cattiva intenzione; queste cose sono così disposte dal punto di vista dell’ordine delle cause antecedenti e degli effetti conseguenti. Si conferma ciò ch dice Lutero: «La fede e le opere vanno di pari passo e sono inseparabilmente unite, ma è solo la fede che coglie la benedizione, indipendentemente dalle opere, e tuttavia essa non è mai sola (sola fides est quae apprehendit benedictionem sine operibus, et tamen numquam est sola) [Comm. Genesi, WA 43,255]» (n. 859).

5) Decreto sulla giustificazione del Concilio di Trento, 13.01.1547 Capitolo V (DenzH 1525)

Necessità, negli adulti, della preparazione alla giustificazione, e da dove essa scaturisce

Dichiara ancora il concilio che negli adulti l’inizio della stessa giustificazione deve prender la mosse dalla grazia preveniente di Dio, per mezzo di Gesù Cristo, cioè della chiamata, che essi ricevono senza alcun loro merito, di modo che quelli che coi loro peccati si erano allontanati da Dio, vengano disposti dalla sua grazia, che sollecita ed aiuta, ad orientarsi verso la loro giustificazione, accettando e cooperando liberamente alla stessa grazia, così che, toccando Dio il cuore dell’uomo con l’illuminazione dello Spirito Santo, l’uomo non resti assolutamente inerte subendo quella ispirazione, che egli può anche respingere, né senza la grazia divina possa, con la sua libera volontà, rivolgersi alla giustizia dinanzi a Dio. Perciò quando nelle sacre scritture si dice: Convertitevi a me, ed io mi rivolgerò a voi, si accenna alla nostra libertà e quando rispondiamo: Facci tornare, Signore, a te e noi ritorneremo , noi confessiamo di essere prevenuti dalla grazia di Dio. Capitolo VI (DenzH 1526-1527)

Il modo della preparazione

Gli uomini vengono disposti alla stessa giustizia, quando, eccitati ed aiutati dalla grazia divina, ricevendo la fede mediante l’ascolto, si volgono liberamente verso Dio, credendo vero ciò che è stato divinamente rivelato e promesso, e specialmente che l’empio viene giustificato da Dio col dono della sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù. Parimenti accade quando, riconoscendo di essere peccatori, scossi dal timore della divina giustizia passano a considerare la misericordia di Dio e sentono nascere in sé la speranza, confidando che Dio sarà loro propizio a causa del Cristo, e cominciano ad amarlo come fonte di ogni giustizia; e si rivolgono, quindi, contro il peccato con odio e detestazione, cioè con quella penitenza, che bisogna fare prima del battesimo; infine si propongono di ricevere il battesimo, di cominciare una nuova vita e di osservare i comandamenti divini.

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Di questo atteggiamento sta scritto: È necessario che chiunque nascosta Dio, creda che egli esiste e che ricompensa quelli che lo cercano; e: Confida, figlio, ti sono rimessi i tuoi peccati ; come pure: Il timore del Signore scaccia il peccato; e: Fate penitenza e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo per la remissione dei vostri peccati e riceverete il dono dello Spirito santo ; e: Andate dunque e istruite tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio, e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Finalmente: Rivolgete al Signore i vostri cuori (70). Capitolo VII (DenzH 1528-1531)

Cosa è la giustificazione del peccatore e quali le sue cause.

A questa disposizione o preparazione segue la stessa giustificazione. Essa non è solo remissione dei peccati, ma anche santificazione e rinnovamento dell’uomo interiore, attraverso l’accettazione volontaria della grazia e dei doni, per cui l’uomo da ingiusto diviene giusto, e da nemico amico, così da essere erede secondo la speranza della vita eterna. Cause di questa giustificazione sono: causa finale, la gloria di Dio e del Cristo e la vita eterna; causa efficiente la misericordia di Dio, che gratuitamente lava e santifica, segnando ed ungendo con lo Spirito della promessa, quello santo che è pegno della nostra eredità; causa meritoria è il suo dilettissimo unigenito e signore nostro Gesù Cristo, il quale, pur essendo noi suoi nemici, per l’infinito amore con cui ci ha amato, ci ha meritato la giustificazione con la sua santissima passione sul legno della croce e ha soddisfatto per noi Dio Padre. Causa strumentale è il sacramento del battesimo, che è il sacramento della fede, senza la quale a nessuno, mai, viene concessa la giustificazione. Finalmente, unica causa formale è la giustizia di Dio, non certo quella per cui egli è giusto, ma quella per cui ci rende giusti; con essa, cioè per suo dono, veniamo rinnovati interiormente nello spirito, e non solo veniamo considerati giusti, ma siamo chiamati tali e lo siamo di fatto, ricevendo in noi ciascuno la propria giustizia, nella misura in cui lo Spirito santo la distribuisce ai singoli come vuole e secondo la disposizione e la cooperazione propria di ciascuno. Quantunque infatti nessuno possa esser giusto, se non colui al quale vengono comunicati i menti della passione del signore nostro Gesù Cristo, ciò, tuttavia, in questa giustificazione del peccatore, si opera quando, per merito della stessa santissima passione, l’amore di Dio viene diffuso mediante lo Spirito santo nei cuori di coloro che sono giustificati e inerisce loro. Per cui nella stessa giustificazione l’uomo, con la remissione dei peccati, riceve insieme tutti questi doni per mezzo di Gesù Cristo nel quale è innestato: la fede, la speranza e la carità. Infatti la fede, qualora non si aggiungano ad essa la speranza e la carità, non unisce perfettamente a Cristo né rende membra vive del suo corpo. Per questo motivo è assolutamente vero affermare che la fede senza le opere è morta ed inutile e che in Cristo non valgono né la circoncisione, né la incirconcisione, ma la fede operante per mezzo della carità. Questa fede, secondo la tradizione apostolica, chiedono i catecumeni alla chiesa prima del sacramento del battesimo quando chiedono la fede che dà la vita eterna, che la fede non può garantire senza la speranza e la carità. È per questo che essi ascoltano subito la parola di Cristo: Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti. Perciò a chi riceve lo vera giustizia cristiana, non appena rinato viene comandato di conservare candida e senza macchia la prima stola, donata loro da Gesù Cristo in luogo di quella che Adamo ha perso con la sua disobbedienza per sé e per noi. Essi dovranno portarla dinanzi al tribunale del signore nostro Gesù Cristo per avere la vita eterna.

* * *

Can. 1. Se qualcuno afferma che l’uomo può essere giustificato davanti a Dio con le sole sue opere, compiute mediante le forze della natura umana, o, grazie all’insegnamento della legge, senza la grazia divina che gli viene data per mezzo di Gesù Cristo: sia anatema (DenzH 1551).

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Can. 4. Se qualcuno dice che il libero arbitrio dell’uomo, mosso e stimolato da Dio, non coopera in nesun modo esprimendo il proprio assesno a Dio, che lo muove e lo preparta a ottenere la grazia della giustificazione; e che egli, se lo vuole, non può rifiutare il suo consenso, ma come cosa inanimanta resta assolutamente inerte e gioca un ruolo memramente passivo: sia anatema (DenzH 1554). Can. 9. Se qualcuno afferma che l’empio è giustificato dalla sola fede, nel senso che non si richiede nient’altro per cooperare al conseguimento della grazia della giustificazione e che non è assolutamente necessario che egli si prepari e si disponga con un atto della sua volotna: sia antema (DenzH 1559). Can. 20. Se qualcuno afferma che l’uomo giustificato e perfetto quanto si voglia non è tenuto a osservare i comandamenti di Dio e della chiesa, ma solo a credere, come se il Vangelo fosse soltanto una semplice e assoluta promessa della vita eterna, non condizionata dall’osservanza dei comandamenti, sia anatema (DenzH 1570). Can. 32. Se qualcuno afferma che le opere buone dell’uomo giustificato sono doni di Dio, al punto da non essere anche meriti di colui che è giustificato; o che questi, con le buone opere da lui compiute per la grazia di Dio e i meriti di Gesù Cristo (di cui è membro vivo), non merita realmente l’aumento della grazia, la vita eterna e (posto che muoia in grazia) il conseguimento della stessa vita eterna così come l’aumento della gloria: sia anatema (DenzH 1582).

6) Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione tra la Chiesa Cattolica e la

Federazione Luterana Mondiale (31 ottobre 1999) http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/chrstuni/documents/rc_pc_chrstuni_doc_31101999_cath-luth-joint-declaration_it.html

Indice:

Premessa (1-7)

1. Il messaggio biblico della giustificazione (8-12)

2. La giustificazione come problema ecumenico (13) 3. La comune comprensione della giustificazione (14-18) 4. La spiegazione della comune comprensione della giustificazione (19-39) 5. L’importanza e la portata del consenso raggiunto (40-44) + Fonti, Dichiarazione ufficiale, Allegato

3. La comune comprensione della giustificazione

14. Le Chiese luterane e la Chiesa cattolica romana hanno ascoltato insieme la buona novella proclamata dalla Sacra Scrittura, ciò che ha permesso loro, unitamente alle conversazioni teologiche

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di questi ultimi anni, di pervenire ad una comprensione condivisa della giustificazione. Questa comporta un consenso su verità fondamentali. Le elaborazioni tra loro diverse sui singoli aspetti sono compatibili con tale consenso.

15. Insieme crediamo che la giustificazione è opera di Dio uno e trino. Il Padre ha inviato il Figlio nel mondo per la salvezza dei peccatori. L’incarnazione, la morte e la resurrezione di Cristo sono il fondamento e il presupposto della giustificazione. Pertanto, la giustificazione significa che Cristo stesso è la nostra giustizia, alla quale partecipiamo, secondo la volontà del Padre, per mezzo dello Spirito Santo. Insieme confessiamo che non in base ai nostri meriti, ma soltanto per mezzo della grazia, e nella fede nell’opera salvifica di Cristo, noi siamo accettati da Dio e riceviamo lo Spirito Santo, il quale rinnova i nostri cuori, ci abilita e ci chiama a compiere le buone opere.[11]

16. Tutti gli uomini sono chiamati da Dio alla salvezza in Cristo. Soltanto per mezzo di lui noi siamo giustificati dal momento che riceviamo questa salvezza nella fede. La fede stessa è anch’essa dono di Dio per mezzo dello Spirito Santo che agisce, per il tramite della Parola e dei Sacramenti, nella comunità dei credenti, guidandoli verso quel rinnovamento della vita che Dio porta a compimento nella vita eterna.

17. Condividiamo anche la convinzione che il messaggio della giustificazione ci orienta in modo particolare verso il centro stesso della testimonianza che il Nuovo Testamento dà dell’azione salvifica di Dio in Cristo : essa ci dice che noi, in quanto peccatori, dobbiamo la nostra vita nuova soltanto alla misericordia di Dio che perdona e che fa nuove tutte le cose, misericordia che noi possiamo ricevere soltanto come dono nella fede, ma che non possiamo meritare mai e in nessun modo.

18. Pertanto, la dottrina della giustificazione che assume e sviluppa tale messaggio, non è soltanto una singola parte dell’insegnamento di fede cristiano. Essa si pone in una relazione essenziale con tutte le verità della fede che vanno considerate interiormente connesse tra loro. Essa è un criterio irrinunciabile che orienta continuamente a Cristo tutta la dottrina e la prassi della Chiesa. Quando i luterani sottolineano il significato del tutto singolare di questo criterio, essi non negano la connessione e il significato di tutte le verità di fede. Quando i cattolici si sentono vincolati da molteplici criteri, non per questo negano la particolare funzione del messaggio della giustificazione. Luterani e cattolici tendono insieme alla meta di confessare in ogni cosa Cristo, il solo nel quale riporre ogni fiducia, poiché egli è l’unico mediatore (1 Tm 2, 5s) attraverso il quale Dio nello Spirito Santo fa dono di sé e effonde i suoi doni che tutto rinnovano (cfr. Fonti del cap. 3).

7) F. FERRARIO – W. JOURDAN, Per grazia soltanto. L’annuncio della giustificazione, Claudiana, Torino 2005.

Quello che, con Lutero e Käsemann, contro il Tridentino e la tradizione cattolica va negato è

che la categoria di cooperazione, comunque intesa, possa essere utilizzata per descrivere teologicamente l’evento della salvezza. La cooperazione umana inizia dopo. Se non si mantiene questo punto con tutte le forze, si finisce fatalmente per annunciare il messaggio della giustificazione del pio, non dell’empio (cfr. Rom. 4,5). […] non è interesse di alcuno insistere nel negare che alcune delle affermazioni del Tridentino possono essere interpretate anche in questa direzione: l’onestà intellettuale, tuttavia, impone di riconoscere che l’intenzione centrale del Concilio consiste precisamente nell’introdurre la dimensione della cooperazione nell’evento di salvezza. Al contrario, la passione per l’esclusività dell’azione di Dio, vera e propria gelosia per il nome del Signore (cfr. I Re 19, 10.14), costituisce il contributo specifico della Riforma e, nella misura in cui le è stato fede, del protestantesimo (pp. 84-85).

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… [l’annuncio della giustificazione] deve trattarsi dell’unico criterio, quello dal quale tutto dipende. […] Anche nella recente disputa sulla Dichiarazione congiunta, molte critiche ruotano precisamente intorno al mancato consenso su questo punto: se i cattolici continuano a sentirsi vincolati a molteplici criteri, pur non negando la funzione particolare del messaggio della giustificazione, si può parlare di un reale consenso? Se il messaggio della giustificazione è realmente l’unico criterio, allora non ci si può accontentare di vedergli accreditata una funzione soltanto particolare (pp. 88-89).

Le differenze che tuttora sussistono, per quanto riguarda la comprensione di acluni aspetti,

sono evidenti ed emergono, in modo particolare, su questioni come il simul iustus et peccator. La teologia cattolica tende a utilizzare catergorie sostanzialistiche («ontologiche») che favoriscono una comprensione della grazia non scevra da connotazioni «quantitative» che, dal punto di vista evangelico, sono problematiche e si prestano a favorire equivoci per quanto riguarda il significato dell’azione umana. Al contrario, la riflessione evangelica, utilizzando categorie relazionali strutturate intorno all’azione della parola di Dio, intende rendere giustizia al primato esclusivo di tale azione. Nella forma, tuttavia, nella quale la dottrina viene oggi formulata anche dalla chiesa cattolica, le pur rilevanti differenze, e divergenze, non dovrebbero impedire la comunione tra le chiese. In questo senso ci sentiamo di condividere, se non certo tutte le formulazioni della Dichiarazione congiunta, almeno la sua intenzione di fondo. Proprio per questo, le chiese evangeliche esprimono la loro perplessità per il fatto che il consenso solennemente dichiarato in quel documento non abbia avuto finora apprezzabili conseguenze sul piano dei concreti rapporti tra le chiese. […] Un problema ulteriore riguarda la compatibilità di tale consenso con le affermazioni della tradizione cattolica e in particolare con quelle del tridentino […] Proprio il crescente consenso su molti temi importanti evidenzia l’importanza del forte dissenso tra evangelici e cattolci in merito alla comprensione della chiesa (pp. 111-112).

8) COMMISSIONE LUTERANA-CATTOLICA SULL’UNITÀ E LA COMMEMORAZIONE COMUNE DELLA RIFORMA NEL 2017, Dal conflitto alla comunione. La commemorazione comune luterana-cattolica della Riforma (17 giugno 2013). Pubblicato come Supplemento a Il Regno-Documenti 11/2013 è disponibile anche on-line nel sito www.vatican.va

[Sulla giustificazione: nn. 102-139]

Preoccupazioni cattoliche riguardo alla giustificazione 119. Anche nel XVI secolo vi era tra le posizioni dei luterani e dei cattolici una notevole

convergenza riguardo alla necessità della misericordia di Dio e all’incapacità degli uomini di conseguire la salvezza mediante le proprie forze. Il concilio di Trento decretò in maniera chiara che il peccatore non può essere giustificato né mediante la legge né mediante le proprie opere, pronunciando un anatema contro chiunque affermasse che «l’uomo può essere giustificato davanti a Dio con le sue sole opere, compiute mediante le forze della natura umana, o grazie all’insegnamento della legge, senza la grazia divina che gli viene data per mezzo di Gesù Cristo».

120. I cattolici, tuttavia, considerarono problematiche alcune posizioni di Lutero. In certi casi il linguaggio usato da Lutero suscitò nei cattolici il timore che egli negasse la responsabilità personale delle azioni dell’uomo. Questo spiega il motivo per cui il concilio di Trento pose grande accento sulla responsabilità del singolo individuo e sulla sua capacità di cooperare con la grazia di Dio. I cattolici sottolinearono che coloro che sono giustificati dovrebbero essere coinvolti nel dispiegarsi della grazia nella loro vita. In tal modo, per coloro che sono giustificati,

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gli sforzi umani contribuiscono a una crescita nella grazia e a una comunione con Dio più intense.

121. Inoltre secondo l’interpretazione cattolica la dottrina dell’«imputazione forense» di Lutero sembrava negare il potere creativo della grazia di Dio di annientare il peccato e di trasformare il giustificato. I cattolici vollero mettere quindi l’accento non solo sul perdono dei peccati, ma anche sulla santificazione del peccatore. Nella santificazione, pertanto, il cristiano riceve quella «giustizia di Dio» per mezzo della quale Dio ci rende giusti.

9) Harding MEYER, Stillstand oder neuer Kairos? Zur Zukunft des evangelisch-katholischen

Dialogs, in Stimmen der Zeit 225 (2007) 692-693, cit. da A. MAFFEIS, L’antropologia teologica nel dialogo ecumenico: la dottrina della giustificazione (2012). I dialoghi ecumenici, almeno i più importanti tra di essi, non sono stati iniziative private di

persone particolarmente sensibili dal punto di vista ecumenico. Essi sono stati e sono dialoghi ecclesiali ufficiali. Ciò significa per lo meno che i responsabili delle chiese si sono impegnati a dare ascolto, a reagire e a prendere posizione sui dialoghi da loro stessi promossi e sui loro risultati. Essi devono dunque intraprendere il processo di recezione, anche se in questo modo si può giungere a riserve critiche nei confronti dei dialoghi e a interrogativi da riprendere in ulteriori dialoghi. Questo scambio, questa interazione tra dialogo e recezione sono assolutamente necessari per procedere in avanti nella ricerca dell’unità nella fede. Solo in questo modo è possibile evitare l’arresto del dialogo e impedire la dispersione dei risultati.

Fino ad ora – per quanto riguarda le relazioni cattolico-evangeliche – abbiamo un solo esempio di interazioni riuscita tra dialogo teologico e recezione ecclesiale: la dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione. Essa è costata molta fatica, molto tempo e anche qualche dura polemica. Ma sulla base di questa dichiarazione congiunta ecclesialmente normativa si può d’ora in poi affermare per la chiesa evangelica e la chiesa cattolica: la controversia sualla comprensione della giustificazione, cioè la controversia intorno al vangelo della sovrana grazia di Dio – e quindi il nucleo della separazione con le chiese della Riforma – è superata. Chi contesta questo deve sapere che in questo modo egli non sostiene la posizione della sua chiesa, ma solo la sua opinione privata.

10) COMMISSIONE PER LE QUESTIONI ECUMENICHE DELLA CONFERENZA DEI VESCOVI USA – CHIESA EVANGELICA LUTERANA IN AMERICA, Dichiarazione in cammino: Chiesa, ministero ed eucaristia, in Il Regno-Documenti 13/2016, 409-456. … attraverso 50 anni di dialoghi teologici, cattolici e luterani hanno mostrato ripetutamente che

abbiamo la determinazione e la capacità di affrontare dottrine e pratiche che ci hanno mantenuti divisi. Attraverso i nostri dialoghi abbiamo rinnovato il nostro impegno di continuare insieme sulla strada verso la comunione piena, quando sperimenteremo la nostra unità nella condivisione dell’eucaristia, nel pieno riconoscimento dei reciproci ministeri e del nostro essere la Chiesa di Cristo.

Un frutto eminente di questi dialoghi è stata la Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione. Lì cattolici e luterani hanno dimostrato che, attraverso intensi dialoghi teologici e preghiere, una dottrina fondamentale ritenuta un tempo in grado di dividere la Chiesa può diventare un insegnamento nel quale troviamo la nostra unità in una diversità riconciliata. La Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione costituisce una svolta ecumenica nella distinzione fra le condanne reciprocamente divisive e le diversità nella teologia e nella pietà che non dividono necessariamente la Chiesa, ma possono in realtà arricchirla. Così la Dichiarazione congiunta sulla

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dottrina della giustificazione ispira le nostre due comunioni a proseguire su questa strada in relazione con altre questioni che impediscono un’ulteriore crescita nella comunione (p. 411).

11) Intervista a S.S. il papa emerito Benedetto XVI sulla questione della giustificazione per la fede (da: D. LIBANORI [cur.], Per mezzo della fede. Dottrina della giustificazione ed esperienza di Dio nella predicazione della Chiesa e negli Esercizi Spirituali, San Paolo, Cinisello Balsamo 2016, 125-137). Per l’uomo di oggi, rispetto al tempo di Lutero e alla prospettiva classica della fede cristiana, le

cose si sono in un certo senso capovolte, ovvero non è più l’uomo che crede di aver bisogno della giustificazione al cospetto di Dio, bensì egli è del parere che sia Dio che debba giustificarsi a motivo di tutte le cose orrende presenti nel mondo e di fronte alla miseria dell’essere umano, tutte cose che in ultima analisi dipenderebbero da lui (p. 127)

… Tuttavia, a mio parere, continua ad esistere, in altro modo, la percezione che noi abbiamo

bisogno della grazia e del perdono. Per me è un “segno dei tempi” il fatto che l’idea della msericordia di Dio diventi sempre più centrale e dominante (p. 128)

… sotto la patina della sicurezza di sé e della propria giustizia l’uomo di oggi nasconde una

profonda conoscenza delle sue ferite e della sua indegnità di fronte a Dio. Egli è in attesa della misericordia […] Nella durezza del mondo tecnicizzato nel quale i sentimenti non contano più niente, aumenta però l’attesa di un amore salvifico che venga donato gratuitamente. Mi pare che nel tema della misericordia divina si esprima in un modo nuovo quello che significa la giustificazione per fede. A partire dalla misericordia di Dio, che tutti cercano, è possibile anche oggi interpretare daccapo il nucleo fondamentale della dottrina della giustificazione e farlo apparire ancora in tutta la sua rilevanza.

12) Margot KÄSSMANN (vescova luterana) – Roma (S. Anselmo), 4-5 maggio 2016.

Nel 2017 celebriamo il giubileo della Riforma in una società incentrata sul rendimento. Di primo acchito, oggi molti non comprendono la domanda di Lutero sul Dio benigno e misericordioso. Tuttavia la domanda sul senso della vita non dà loro pace. Che cosa succede se io non riesco a tenere il passo, perché non ho un posto di lavoro, non guadagno abbastanza, non sono abbastanza bello? Occorre tradurre per il nostro tempo la promessa di vita che Lutero ha trovato: Dio ti ha dato un senso già da molto tempo, indipendentemente da ciò che puoi fare. Tu sei una persona apprezzata perché Dio ti vede. Il tuo conto è già in attivo e nulla di ciò che fai, nulla di ciò che fallisci può mandarlo in rosso davanti a Dio. Si può mostrare anche oggi la libertà interiore che una tale convinzione fondamentale contiene in sé. Il giubileo della Riforma 2017 dovrà formulare chiaramente le discrepanze della società incentrata sul rendimento (Il Regno-documenti 11/2016, p. 389).

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13) Dichiarazione congiunta in occasione della Commemorazione Congiunta cattolico-luterana della Riforma (Lund, 31 ottobre 2016).

Mentre siamo profondamente grati per i doni spirituali e teologici ricevuti attraverso la

Riforma, confessiamo e deploriamo davanti a Cristo il fatto che luterani e cattolici hanno ferito l’unità visibile della Chiesa. Differenze teologiche sono state accompagnate da pregiudizi e conflitti e la religione è stata strumentalizzata per fini politici. La nostra comune fede in Gesù Cristo e il nostro battesimo esigono da noi una conversione quotidiana, grazie alla quale ripudiamo i dissensi e i conflitti storici che ostacolano il ministero della riconciliazione. Mentre il passato non può essere cambiato, la memoria e il modo di fare memoria possono essere trasformati. Preghiamo per la guarigione delle nostre ferite e delle memorie che oscurano la nostra visione gli uni degli altri. Rifiutiamo categoricamente ogni odio e ogni violenza, passati e presenti, specialmente quelli attuati in nome della religione. Oggi ascoltiamo il comando di Dio di mettere da parte ogni conflitto. Riconosciamo che siamo liberati per grazia per camminare verso la comunione a cui Dio continuamente ci chiama.

* * *

14) San Paolo, Lettera ai Romani 1,16-17. 3,20-31

1:16Io infatti non mi vergogno del Vangelo, perché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque

crede, del Giudeo, prima, come del Greco. 17

In esso infatti si rivela la giustizia di Dio, da fede a fede, come sta scritto: Il giusto per fede vivrà. …

3:20

Infatti in base alle opere della Legge nessun vivente sarà giustificato davanti a Dio, perché per mezzo della Legge si ha conoscenza del peccato. 21

Ora invece, indipendentemente dalla Legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla Legge e dai Profeti:

22giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli

che credono. Infatti non c’è differenza, 23

perché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio,

24ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in

Cristo Gesù. 25

È lui che Dio ha stabilito apertamente come strumento di espiazione, per mezzo della fede, nel suo sangue, a manifestazione della sua giustizia per la remissione dei peccati passati

26mediante la clemenza di Dio, al fine di manifestare la sua giustizia nel tempo presente,

così da risultare lui giusto e rendere giusto colui che si basa sulla fede in Gesù. 27

Dove dunque sta il vanto? È stato escluso! Da quale legge? Da quella delle opere? No, ma dalla legge della fede.

28Noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per la fede, indipendentemente

dalle opere della Legge. 29

Forse Dio è Dio soltanto dei Giudei? Non lo è anche delle genti? Certo, anche delle genti!

30Poiché unico è il Dio che giustificherà i circoncisi in virtù della fede e gli

incirconcisi per mezzo della fede. 31

Togliamo dunque ogni valore alla Legge mediante la fede? Nient’affatto, anzi confermiamo la Legge.

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Balsamo 1998. A. BIRMELÉ, La communion ecclésiale. Progrès œcuménique et enjeux méthodologiaues, Cerf –

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studio teologico in prospettiva ecumenica, Queriniana, Brescia 2000. A. MAFFEIS (cur.), Dossier sulla giustificazione. La dichiarazione congiunta cattolco-luterana.

Commento e dibattito teologico, Queriniana, Brescia 2000. Fede e opere. Sulla giustificazione = CredereOggi n. 130 (lug.-ago. 2002). F. FERRARIO – W. JOURDAN, Per grazia soltanto. L’annuncio della giustificazione, Claudiana,

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2016.

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