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La gioia del Vangelo Vivere la Parola - Preghiera e discernimento / n. 11 ASSOCIAZIONI CRISTIANE LAVORATORI ITALIANI Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio. Efesini 3,17-19

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La gioia del Vangelo

Vivere la Parola - Preghiera e discernimento / n. 11

Aesse [email protected]

ASSOCIAZIONI CRISTIANE LAVORATORI ITALIANI

La gioia del Vangelo Ottobre 2014

Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santiquale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio.

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La gioia del Vangeloci chiama a incontrare

il nostro prossimo

Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santiquale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio.

Efesini 3,17-19

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Copertina: Caravaggio - Vocazione di san Matteo - Chiesa di san Luigi dei Francesi - Roma© Pii Stabilimenti della Francia a Roma e Loreto - foto di Mauro Coen

La gioia del Vangelo

Gesù vuol viverlo in me.Lui non si è isolato.

Ha camminato in mezzo agli uomini.Con me cammina tra gli uomini d’oggi.

Incontrerà ciascuno di quelliche entreranno nella mia casa,

ciascuno di quelli che incrocerò per la strada,altri ricchi come quelli del suo tempo, altri poveri,

altri eruditi e altri ignoranti, altri bimbi e altri vegliardi,altri santi e altri peccatori, altri sani e altri infermi.

Tutti saranno quelli che egli è venuto a cercare.A coloro che mi parleranno,

egli avrà qualche cosa da diresino alla fine dei tempi

Madeleine Delbrêl

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Nota metodologica

Gli incontri che proponiamo posso essere vissuti in un clima di preghiera e di-scernimento, oppure come un incontro di formazione del gruppo.

Il clima di preghiera e di discernimento richiede dei gesti che aiutano ad esse-re consapevoli di essere alla presenza del Signore. Possono essere il segno del-la croce, un canto religioso, una invocazione allo Spirito Santo, una preghie-ra adatta all’occasione. Questi gesti è opportuno che siano posti all’inizio ealla fine dell’incontro, per caratterizzarlo come preghiera e discernimento.

Si può poi proseguire con la lettura dei brani della esortazione apostolica Evan-gelii Gaudium di papa Francesco I e della Scrittura posti all’inizio della sche-da che si vuole approfondire, seguita da un momento di silenzio per fare pro-prio ciò che si è ascoltato.

Segue l’approfondimento del tema utilizzando quanto proposto nel sussidio outilizzando parole proprie che aiutino a comprendere quanto ascoltato.

I testi dei Padri della chiesa possono aiutare a comprendere ulteriormente iltema.

C’è poi un momento di confronto tra i partecipanti che può avere differenticaratterizzazioni: confronto sulla vita personale, confronto sull’agire associa-tivo, discernimento spirituale e scelte verificabili, anche piccole, che possonointrodurre dei cambiamenti nella vita personale, nella comunità cristiana diappartenenza, nella vita associativa, nella vita civile.

La preghiera finale ci rende partecipi della comunione ecclesiale.

È opportuno redigere un resoconto dell’incontro, per fare memoria di quan-to si è vissuto insieme, per condividerlo con altri, per comunicarlo ad altri li-velli associativi (provinciale, regionale, nazionale), per poterlo riprendere invista di una verifica a fine percorso.

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Hanno collaborato alla realizzazione del sussidio p. Elio Dalla Zuanna, incaricato na-

zionale CEI per la vita cristiana nelle Acli; Stefano Tassinari, Vice Presidente nazionale

Acli; Marco Bonarini della Vita cristiana; Scilla Ambrosi della Vita cristiana.

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Presentazione

Cari amici, giunge ora in stampa il sussidio, come potete vedere ritornano anche i concettidi responsabilità e di fedeltà quali denominatori comuni di uno stile di vita uma-no e di incontro.

Un’ottica, questa, che ci porta a parlare dei beni materiali, doni messi nel-le nostre mani quali strumenti per meglio servire e per crescere nella capacitàdi condividere e usare con giustizia il denaro di cui disponiamo e, allo stessotempo, anche di prenderne le distanze, imparando ad usarlo da uomini e don-ne liberi.

L’attuale idolatria del denaro genera «un’economia dell’esclusione e della ine-quità …. Questa economia uccide», ricorda papa Francesco nella Evangelii Gau-dium, n. 53. Per questa economia, come per tutti gli idoli, viene un tempo in cuichiede il sangue. La logica del Vangelo ci conduce radicalmente in direzione op-posta a questa visione dell’uomo ed è per questo che diventa quanto mai im-portante, in controtendenza con il sentire comune, riprenderne a parlare, im-parare a operare delle specifiche scelte di sobrietà e di solidarietà.

«Quando il potere, il lusso e il denaro diventano idoli, si antepongono que-sti all’esigenza di una equa distribuzione delle ricchezze». Occorre quindi che«le coscienze si convertano alla giustizia, all’uguaglianza, alla sobrietà e alla con-divisione». Così Papa Francesco nel messaggio per la Quaresima 2014 sul tema«Si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà».

Papa Francesco scriveva in quell’occasione di diffidare dell’elemosina chenon costa, dettata da una sorta di pietismo filantropico. «Diffido dell’elemosi-na che non costa e che non duole (…) la vera povertà duole: non sarebbe vali-da una spogliazione senza questa dimensione penitenziale».

Ci auguriamo che il presente strumento sia fruibile e solleciti l’interes-samento e aiuti all’approfondimento del dettato evangelico e alle aperture cheesso domanda, qui trattate con inevitabile essenzialità, ma certi che esse posso-no incoraggiare il confronto con quanto e sempre più fa parte del vivere quoti-diano per un credente, che fiducioso attende la venuta del Regno. La consape-vole visione cristiana della vita rende simili, crea uguaglianza, abbatte i muri ele distanze.

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Vorremmo anche in questo modo contribuire a sostenere e diffondere la scel-ta organizzativa di quanti giànelle regioni, nelle province, nei circoli o in grup-pi ci aiutano a rilanciare l’ascolto della Parola come esperienza associativa fon-dativa e imprescindibile, nella quale condividere e coltivare insieme quel rap-porto personale con Dio che definisce ogni percorso di fede. Come il Vangelochiede di incarnarsi nella Storia così noi siamo invitati a fargli spazio in una vi-ta associativa fatta di ascolto, discernimento e impegno insieme, che rifiuta lafede come etichetta o soprammobile, ma ne fa esperienza semplice e continua-tiva di ricerca e dialogo con la Parola e con gli altri.

Abbiamo voluto inserire alcuni riferimenti, tratti dai padri delle chiesa, perricordarci che la centralità cristiana dell’opzione per i poveri, l’uso evangelicodel denaro, formano parte del “lascito” della chiesa apostolica. Se la fede nel-l’incarnazione del Figlio di Dio è realmente il centro del cristianesimo, non è dif-ficile dedurre le conseguenze che discendono da tale verità.

Un grazie a tutti coloro che hanno contribuito alla stesura di questo stru-mento, che vuole ulteriormente approfondire quanto emerso nel recente incon-tro di Cortona e quanto tratteremo nell’incontro di spiritualità di Camaldoli,un programma di azione col quale poter abitare la storia consapevoli che siamotutti dei “poveri mendicanti”.

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Stefano TassinariVice Presidente nazionale Acli

Responsabile Vita cristiana

P. Elio Dalla ZuannaIncaricato nazionale Cei

per la vita cristiana nelle Acli

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1. La gioia dell’annuncio

La gioia del vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontranocon Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dallatristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce erinasce la gioia. (EG 1)

Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggistesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la deci-sione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta. Non c’èmotivo per cui qualcuno possa pensare che questo invito non è per lui, perché«nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore» (Paolo VI). Chi rischia, il Si-gnore non lo delude, e quando qualcuno fa un piccolo passo verso Gesù, scopreche Lui già aspettava il suo arrivo a braccia aperte. (EG 3)

Solo grazie a quest’incontro - o reincontro - con l’amore di Dio, che si tramutain felice amicizia, siamo riscattati dalla nostra coscienza isolata e dall’autorefe-renzialità. Giungiamo ad essere pienamente umani quando siamo più che uma-ni, quando permettiamo a Dio di condurci al di là di noi stessi perché raggiun-giamo il nostro essere più vero. (EG 8)

DAL VANGELO DI LUCA (4,14-21)

14Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse intutta la regione. 15Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.16Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrònella sinagoga e si alzò a leggere. 17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì ilrotolo e trovò il passo dove era scritto:18Lo Spirito del Signore è sopra di me;per questo mi ha consacrato con l’unzionee mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,a proclamare ai prigionieri la liberazionee ai ciechi la vista;a rimettere in libertà gli oppressi,

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19a proclamare l’anno di grazia del Signore. 20Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gliocchi di tutti erano fissi su di lui. 21Allora cominciò a dire loro: “Oggi si è com-piuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”.

PER RIFLETTERE SUL TEMA

Gesù per primo ha accolto con gioia l’incontro con il Padre, incontro che i suoi ge-nitori avevano preparato istruendolo nella legge - la via della vita - fin da piccolo. Nella sinagoga di Nazaret Gesù sceglie di leggere il testo di Isaia che annuncia lasalvezza per tutto il popolo. Gesù, tramite lo Spirito ricevuto nel battesimo al Gior-dano, si fa tramite dell’azione salvifica di Dio nei confronti del suo popolo predi-cando la venuta del regno di Dio e compiendo guarigioni. La salvezza annunciata da Isaia si realizza in Gesù: Oggi si è compiuta questa Scrit-tura. Gesù diventa vero uomo proprio quando la sua comunione con il Padre si fa sem-pre più piena, realizzando una consonanza di desiderio, volontà e azione tale cheil popolo riconosce che Gesù viene da Dio e per questo la gente loda il Signore.Papa Francesco ci testimonia che per lui la gioia è il frutto di questo incontro per-sonale con Gesù, come lo è stato per tutti coloro che hanno incontrato veramenteGesù. L’invito a rinnovare l’incontro personale con Gesù, che il Papa rivolge a ogni cri-stiano, è un motivo per rinnovare la nostra fede, per ritornare all’amicizia con Ge-sù, per ritrovare quella relazione che ci origina e ci rende tutti fratelli, legati gli uniagli altri per aiutarci a diventare tutti più umani, capaci di vivere nell’amore di Dioper realizzare una convivenza sociale secondo la giustizia di Dio. Tale incontro personale si realizza nella lettura di fede dei Vangeli, nella preghie-ra e nel discernimento fatto insieme sulla vita quotidiana.

In ascolto dei Padri

L`amore per le realtà eterne è un giogo soaveCi si affanna infatti quando si ricercano e amano molti beni, per il cui acquistoe possesso non è sufficiente la volontà, poiché non ha il potere necessario a rag-

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giungerli. La vita giusta, invece, noi l`abbiamo quando la vogliamo, giacché il vo-lerla pienamente è già la giustizia, e la giustizia, per essere perfetta, non richiedealtro che una perfetta volontà. Guarda se c`è fatica, dove è sufficiente il volere.Ecco perché divinamente fu detto: Pace in terra agli uomini di buona volontà (Lc2,14). Dov`è pace, ivi è tranquillità, ivi è il termine di ogni desiderio e non c`è al-cun motivo di penare. Ma a far sì che questa volontà sia piena, occorre che siasana; sarà sana poi se non respingerà il medico per grazia del quale soltanto puòesser risanata dal male di desideri nocivi. Orbene, il medico è proprio colui chead alta voce proclama: Venite da me voi tutti che siete affaticati, e dice che il suogiogo è dolce e lieve il suo peso, poiché quando per mezzo dello Spirito Santosarà stata diffusa la carità nei nostri cuori (cf. Rm 5,5), si amerà certo ciò che civerrà comandato; il giogo di Cristo non sarà duro né gravoso, se sotto questounico giogo quanto meno superbamente tanto più liberamente serviremo Dio.Questo è l`unico fardello da cui il portatore non è aggravato, ma alleviato. Se siama la ricchezza, venga custodita là dove non può perire; se si ama l`onore, lo siriponga là dove non è onorato se non chi lo merita; se si ama la salute, si aspiria conseguirla là dove per essa non si teme più quando si sia ottenuta; se si amala vita, la si acquisti là dove non è troncata da nessuna morte.

Agostino, Le Lettere, II, 127,4-5 (ad Armentario e Paolina)

PREGHIERA

Preghiera per i viandantiSignore, concedici di partire e trovare sorgentidi non lasciarci attirare dall’acqua stagnantedi non perdere il gusto dell’acqua di fonte. Resta sempre accanto a noi nel nostro camminoper sostenerci nella ricerca del tuo volto di luceper guidarci di notte con il fuoco e di giorno con la brezza. Quelli che si sono smarriti ritornino a tequelli che non ti hanno conosciuto possano incontrartiquelli che sono morti si ritrovino in te. (Comunità di Bose)

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2. Attingere al Vangelo eterna novità

Gesù Cristo può anche rompere gli schemi noiosi nei quali pretendiamo di im-prigionarlo e ci sorprende con la sua costante creatività divina. Ogni volta checerchiamo di tornare alla fonte e recuperare la freschezza originale del Vangelospuntano nuove strade, metodi creativi, altre forme di espressione, segni più elo-quenti, parole cariche di rinnovato significato per il mondo attuale. In realtà,ogni autentica azione evangelizzatrice è sempre “nuova”. (EG 11)

La vita spirituale si confonde con alcuni momenti religiosi che offrono un cer-to sollievo ma che non alimentano l’incontro con gli altri, l’impegno nel mon-do, la passione per l’evangelizzazione. (EG 78)

Guardiamo ai primi discepoli, che immediatamente dopo aver conosciuto losguardo di Gesù, andavano a proclamarlo pieni di gioia: «Abbiamo incontratoil Messia» (Gv 1,41). La samaritana, non appena terminato il suo dialogo conGesù, divenne missionaria, e molti samaritani credettero in Gesù «per la paro-la della donna» (Gv 4,39). Anche san Paolo, a partire dal suo incontro con Ge-sù Cristo, «subito annunciava che Gesù è il figlio di Dio» (At 9,20). E noi checosa aspettiamo? (EG 120)

DAGLI ATTI DEGLI APOSTOLI (4,8-12)

8Allora Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: “Capi del popolo e anziani,9visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, ecioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, 10sia noto a tutti voi e a tutto il po-polo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso eche Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. 11Questo Gesù èla pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’an-golo. 12In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome da-to agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati”.

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PER RIFLETTERE SUL TEMA

Il nostro vivere la fede forse è diventato una abitudine che ci lascia tranquilli e noninterroga più il nostro agire quotidiano. Le nostre comunità, nate secoli fa, forsenon riescono a cogliere la novità epocale e la necessità di cogliere il fatto che ilvangelo ci spinge sempre su nuove strade, perché la vita cambia di generazione ingenerazione. Il vangelo è sempre accompagnato da un fiorire della vita, come lo storpio guari-to da Pietro nel nome di Gesù. Lo Spirito di Gesù è sempre all’opera con creatività per farci uscire dal nostro quie-to vivere per indicarci la via dell’amore che richiede attenzione per le necessitàdelle persone che incontriamo quotidianamente. Come Gesù si interrogava su come far rifiorire la vita in coloro che gli si avvicina-vano, fossero essi malati, peccatori o presuntuosi sicuri di sé, così anche noi, inrelazione con Gesù e abitati dal suo Spirito, possiamo compiere gesti d’amore chepossono sorprendere i nostri interlocutori. L’amore apre sempre nuove vie, che possono fare breccia nei cuori induriti dallapaura, dal peccato, dalla ricerca di sicurezza. Sapersi amati da Dio ci libera da tutto ciò e ci fa camminare sulle vie del mondoconsapevoli dell’amore di Dio da condividere con i fratelli.

In ascolto dei Padri

Egli è il nostro Dio e noi il popolo del suo pascoloFratelli, quale grande gioia essere il gregge di Dio! È un fatto che genera gran-de gaudio anche in mezzo alle lacrime e alle tribolazioni di questa terra. Infatticolui al quale è stato detto: “Tu che pasci Israele”, è il medesimo di cui si affer-ma: “Non si addormenterà, non prenderà sonno il custode di Israele” (Sal 120,4).Egli dunque vigila sopra di noi quando noi vegliamo, vigila anche quando noidormiamo. Perciò se un gregge umano si ritiene sicuro sotto un pastore umano,quanto maggiore deve essere la nostra sicurezza allorché è Dio che ci pasce! Enon soltanto perché ci pasce, ma anche perché ci ha creato.A voi che siete mio gregge queste cose dice il Signore Dio: Ecco io giudico trapecora e pecora, e tra arieti e capri (cfr. Ez 34,17). Che cosa fanno qui nel greg-

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ge di Dio i capri? Negli stessi pascoli, presso le medesime fonti? Anche quegliintrusi destinati alla sinistra si sono mescolati agli eletti, destinati alla destra.Ma ora vengono tollerati, poi però, saranno separati. E qui si esercita la pazienzadelle pecore a somiglianza della pazienza di Dio. Da lui infatti verrà operataquella separazione che porterà gli uni alla sinistra, e gli altri alla destra.

Dai “Discorsi” di Sant’Agostino, vescovo (Disc. 47,1.2.3.6; CCL 41,572-573.575-576)

PREGHIERA

Uomini liberiSignore,rendici uomini liberinelle profondità del nostro cuore,nell’acutezza della nostra mente,nelle azioni che, ogni giorno, compiamo.Signore,rendici capaci di sobrietà,condivisione, accoglienza.E aiutaci a fare ordinenelle nostre passioni.Fà che ci riconoscanodallo spezzare del pane,dalla condivisione del sapere,dall’ardore del nostro cuore,dalla nostra ricerca della giustizia,dal nostro dare tutto,come la vedova al tempio,tutto, senza calcoli, con gioia,con dedizione intensa e totale.(D. Tettamanzi)

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3. Una chiesa “in uscita” che sa andare al popolo

Nella Parola di Dio appare costantemente questo dinamismo di “uscita” cheDio vuole provocare nei credenti. Abramo accettò la chiamata a partire versouna terra nuova (cfr. Gen 12,1-3). Mosè ascoltò la chiamata di Dio: «Va’, io timando» (Es 3,10) e fece uscire il popolo verso la terra promessa (cfr. Es 3,17).A Geremia disse: «Andrai da tutti coloro a cui ti manderò» (Ger 1,7). Oggi, inquesto “andate” di Gesù, sono presenti gli scenari e le sfide sempre nuovi dellamissione evangelizzatrice della Chiesa, e tutti siamo chiamati a questa nuova“uscita” missionaria. Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cam-mino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chia-mata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte leperiferie che hanno bisogno della luce del Vangelo. (EG 20)

La Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’ini-ziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano.“Primerear - prendere l’iniziativa”: vogliate scusarmi per questo neologismo. Lacomunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha pre-ceduta nell’amore (cfr. 1 Gv 4,10), e per questo essa sa fare il primo passo, saprendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agliincroci delle strade per invitare gli esclusi. Vive un desiderio inesauribile di offri-re misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre ela sua forza diffusiva. Osiamo un po’ di più di prendere l’iniziativa! (EG 24)

DAGLI ATTI DEGLI APOSTOLI (10,34-48)

34Pietro allora prese la parola e disse: “In verità sto rendendomi conto che Dionon fa preferenza di persone, 35ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, aqualunque nazione appartenga. 36Questa è la Parola che egli ha inviato ai figlid’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore ditutti. 37Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Ga-lilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; 38cioè come Dio consacrò in Spi-rito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanandotutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. 39E

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noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei ein Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, 40ma Dio lo ha ri-suscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, 41non a tutto il popolo, maa testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui do-po la sua risurrezione dai morti. 42E ci ha ordinato di annunciare al popolo e ditestimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. 43A luitutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il per-dono dei peccati per mezzo del suo nome”.44Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese so-pra tutti coloro che ascoltavano la Parola. 45E i fedeli circoncisi, che erano ve-nuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono delloSpirito Santo; 46li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio. Al-lora Pietro disse: 47”Chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi chehanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?”. 48E ordinò che fossero battezzatinel nome di Gesù Cristo. Quindi lo pregarono di fermarsi alcuni giorni.

PER RIFLETTERE SUL TEMA

Pietro è dovuto uscire dai suoi schemi su chi è il vero credente per poter acco-gliere nella prima comunità cristiana anche dei pagani, ritrovando i veri criteri diappartenenza al popolo di Dio: non tanto l’adesione a ritualità, ma l’avere fede epraticare la giustizia. Pietro è uscito da Israele per entrare nella famiglia umana.Questa prima scelta dei cristiani di allora, che fa seguito alle numerose uscite delpopolo ebreo - iniziando da quella dall’Egitto - e dei suoi patriarchi, è a fondamentodelle uscite che la chiesa ha compiuto nei secoli: nuovi mondi da evangelizzare ein cui inculturarsi, la fine della schiavitù, riconoscere che anche gli indigeni ave-vano l’anima, la pari dignità della donna con l’uomo, il Vaticano II, solo per fare al-cuni esempi.Ogni uscita è stata faticosa, ha richiesto una elaborazione culturale, un discerni-mento spirituale, un adattamento ai nuovi eventi della storia, un riconoscere l’a-gire di Dio che ha preceduto quello dei credenti, li ha spinti a nuovi equilibri e di-namismi.Oggi la chiesa, dopo aver scelto papa Francesco per guidarla sotto la guida delloSpirito di Gesù, invita ogni credente a farsi coinvolgere in questo dinamismo di

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uscita dalle proprie abitudini per superare confini e barriere, raggiungere le nuo-ve periferie e crescere nell’amore di Dio per ogni uomo e donna.

In ascolto dei Padri

Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontàProseguendo nella preghiera diciamo: “Sia fatta la tua volontà in cielo e in ter-ra”, non tanto perché faccia Dio ciò che vuole, ma perché possiamo fare noi ciòche Dio vuole. Infatti chi è capace di impedire a Dio di fare ciò che vuole? Sia-mo noi invece che non facciamo ciò che Dio vuole, perché contro di noi si alzail diavolo ad impedirci di orientare il nostro cuore e le nostre azioni secondo ilvolere divino. Per questo preghiamo e chiediamo che si faccia in noi la volontàdi Dio. E perché questa si faccia in noi abbiamo bisogno della volontà di Dio,cioè della sua potenza e protezione, poiché nessuno è forte per le proprie forze,ma lo diviene per la benevolenza e la misericordia di Dio. Infine anche il Signo-re, mostrando che anche in lui c’era la debolezza propria dell’uomo, disse: “Pa-dre mio, se è possibile, passi da me questo calice!” (Mt 26,39). E offrendo l’e-sempio ai suoi discepoli perché non facessero la volontà loro, ma quella di Dio,aggiunse: “Però non come voglio io, ma come vuoi tu”.La volontà di Dio dunque è quella che Cristo ha eseguito e ha insegnato. È umiltànella conversazione, fermezza nella fede, discrezione nelle parole, nelle azionigiustizia, nelle opere misericordia, nei costumi severità. Volontà di Dio è non fa-re dei torti e tollerare il torto subito, mantenere la pace con i fratelli, amare Diocon tutto il cuore, amarlo in quanto è Padre, temerlo in quanto è Dio, nulla as-solutamente anteporre a Cristo, poiché neppure lui ha preferito qualcosa a noi.Volontà di Dio è stare inseparabilmente uniti al suo amore, rimanere accantoalla sua croce con coraggio e forza, dargli ferma testimonianza quando è in di-scussione il suo nome e il suo onore, mostrare sicurezza della buona causa, quan-do ci battiamo per lui, accettare con lieto animo la morte quando essa verrà perportarci al premio.Questo significa voler essere coeredi di Cristo, questo è fare il comando di Dio,questo è adempiere la volontà del Padre.

Dal trattato “Sul Padre nostro” di san Cipriano, vescovo e martire (Nn. 13-15; CSEL 3,275-278)

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PREGHIERA

Oltre l’evidenzaPadre, non sappiamo più ascoltare; Padre, nessuno più ascolta nessuno: nessuno sa fare più silenzio! Abbiamo perso il senso della contemplazione, perciò siamo così soli e vuoti, così rumorosi e insensati; e inevitabilmente idolatri! Anche quando l’angoscia ci assale donaci, o Padre, di non dubitare; o anche di dubitare, ma insieme di sempre più credere: di credere alla tua fedeltà, al tuo amore al di là di tutte le apparenze; e con il tuo Spirito sempre presente nella nostra storia.(David Maria Turoldo)

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4. La gioia del Vangelo è incontro e convivialità

Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessariper avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che nonpuò lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una «semplice amministra-zione». Costituiamoci in tutte le regioni della terra in uno «stato permanente dimissione» (EG 25)

Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le con-suetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino uncanale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’auto-preservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, sipuò intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte piùmissionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva eaperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e fa-vorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amici-zia. (EG 27)

DAL VANGELO DI GIOVANNI (21,1-14)

1Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberia-de. E si manifestò così: 2si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Di-dimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. 3Dis-se loro Simon Pietro: “Io vado a pescare”. Gli dissero: “Veniamo anche noi conte”. Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accor-ti che era Gesù. 5Gesù disse loro: “Figlioli, non avete nulla da mangiare?”. Glirisposero: “No”. 6Allora egli disse loro: “Gettate la rete dalla parte destra del-la barca e troverete”. La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la gran-de quantità di pesci. 7Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: “Èil Signore!”. Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste at-torno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. 8Gli altri discepoli inve-ce vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lon-tani da terra se non un centinaio di metri. 9Appena scesi a terra, videro un fuo-

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co di brace con del pesce sopra, e del pane. 10Disse loro Gesù: “Portate un po’del pesce che avete preso ora”. 11Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse aterra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, larete non si squarciò. 12Gesù disse loro: “Venite a mangiare”. E nessuno dei di-scepoli osava domandargli: “Chi sei?”, perché sapevano bene che era il Signo-re. 13Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. 14Era laterza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.

PER RIFLETTERE SUL TEMA

Passare dalla autopreservazione della comunità alla missione in uscita. È richie-sta una conversione da pratiche pastorali secolari che forse, speriamo di no, cichiederà altrettanti secoli per mostrare un nuovo volto, più missionario, più at-tento a chi sta fuori. Soprattutto richiede una conversione e una presa di responsabilità da parte so-prattutto dei laici, capaci di grandi collaborazioni per la costruzione della comu-nità, dalle catechiste alle varie iniziative di carità, ma poco presenti nel mondo,campo “normale” della loro testimonianza. La chiesa italiana, attraversata da varie correnti, deve ancora fare seriamente i con-ti con questa conversione pastorale che può vedere, noi delle Acli e l’associazio-nismo cattolico in genere, operare nel quotidiano contatto nei circoli, sul territo-rio, con i servizi con persone variamente credenti che tuttavia hanno una doman-da di senso della vita e di salvezza dal male del mondo.Come Pietro e gli apostoli che erano con lui, spaesati dalla morte di Gesù, tornatialla vita di prima, vengono spinti dal Signore stesso ad avere fiducia nella sua Pa-rola, così anche noi siamo chiamati ad avere fiducia nel dinamismo della Parolaannunciata che richiede ascolto obbediente e azioni conseguenti. I frutti verranno con abbondanza se sapremo avere fiducia nella corsa dell’Evan-gelo che ci precede sulle strade del mondo per aiutare anche i nostri cuori un po’induriti a convertirsi veramente al Signore.

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In ascolto dei Padri

La misericordia di Dio verso coloro che si pentono dei loro peccatiPer questo disse: “Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a con-vertirsi” (Lc5,32). E ancora: “Non sono i sani ad avere bisogno del medico, mai malati” (Mt 9,12). Disse inoltre di essere venuto a cercare la pecorella smarri-ta e di essere stato mandato alle pecore perdute della casa di Israele. Parimenti,con la parabola della moneta perduta, alluse, sebbene velatamente, a un aspet-to particolare della sua missione: egli venne per ricuperare l’immagine divinadeturpata dal peccato. Ricordiamo poi quello che dice in un’altra sua parabo-la: “In verità vi dico, c’è più gioia in cielo per un peccatore che si converte …”(Lc 15,7). Il buon samaritano del vangelo curò con olio e vino e fasciò le feritedi colui che era incappato nei ladri ed era stato spogliato di tutto e abbandona-to sanguinante e mezzo morto sulla strada. Lo pose sulla sua cavalcatura, loportò all’albergo, pagò quanto occorreva e promise di provvedere al resto. Cri-sto è il buon samaritano dell’umanità. Dio è quel padre affettuoso, che accoglieil figliai prodigo, si china su di lui, è sensibile al suo pentimento, lo abbraccia,lo riveste di nuovo con gli ornamenti della sua paterna gloria e non gli rimpro-vera nulla di quanto ha commesso. Richiama all’ovile la pecorella che si era al-lontanata dalle cento pecore di Dio. Dopo averla trovata che vagava sui colli esui monti, non la riconduce all’ovile a forza di spintoni e urla minacciose, mase la pone sulle spalle e la restituisce incolume al resto del gregge con tenerezzae amore. Dice: Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, ed io vi daròriposo (cfr. Mt 11,28). E ancora: “Prendete su di voi il mio giogo” (Mt 11,29).Il giogo sono i comandamenti o la vita vissuta secondo i precetti evangelici. Ri-guardo al peso poi, forse pesante e molesto al penitente, soggiunge: “Il mio gio-go è soave e il mio peso è leggero” (Mt 11,30). Insegnandoci la giustizia e labontà di Dio, ci comanda: Siate santi, siate perfetti, siate misericordiosi come ilPadre vostro celeste (cfr. Lc 6,36); “Perdonate e vi sarà perdonato” (Lc 6,37) eancora: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, allo stesso modo an-che voi fatelo a loro” (Mt 7,12). Dalle “Lettere” di san Massimo Confessore, abate (Lett. 11; PG 91,454-455)

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PREGHIERA

Il viaggioPadre, tu non sei un Dio frenetico: non ti lasci prendere dall’agitazione di chi è in perenne lotta con il tempo. Regala qualche sosta al tuo popolo perché si fermi sotto la tua «nube» per riassaporare, nella gratitudine, la freschezza della tua ombra e ritrovare l’agilità di un buon passo sulla strada che ancora ci resta da fare. Nella tua tenerezza, tu non sei avaro di ristoro e di pace per quanti ami. Quando ci fermiamo per pigrizia, per incapacità o per colpa, la tua nube sosti sul nostro capo e resti con noi finché ci rialziamo di nuovo. Mandaci la brezza leggera dello Spirito, che offre suggerimenti interiori produce mentalità senza ricorrere alla forza e spinge al cambio senza creare traumi.(Tonino Bello)

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5. Andare da chi è lontano

Quando abbiamo più bisogno di un dinamismo missionario che porti sale eluce al mondo, molti laici temono che qualcuno li inviti a realizzare qualchecompito apostolico, e cercano di fuggire da qualsiasi impegno che possa to-gliere loro il tempo libero. Oggi, per esempio, è diventato molto difficile tro-vare catechisti preparati per le parrocchie e che perseverino nel loro compitoper diversi anni. Ma qualcosa di simile accade con i sacerdoti, che si preoc-cupano con ossessione del loro tempo personale. Questo si deve frequente-mente al fatto che le persone sentono il bisogno imperioso di preservare i lo-ro spazi di autonomia, come se un compito di evangelizzazione fosse un vele-no pericoloso invece che una gioiosa risposta all’amore di Dio che ci convocaalla missione e ci rende completi e fecondi. Alcuni fanno resistenza a provarefino in fondo il gusto della missione e rimangono avvolti in un’accidia para-lizzante. (EG 81)

DALLA LETTERA DI PAOLO AI GALATI (2,1-14)

1Quattordici anni dopo, andai di nuovo a Gerusalemme in compagnia di Bàr-naba, portando con me anche Tito: 2vi andai però in seguito a una rivelazione.Esposi loro il Vangelo che io annuncio tra le genti, ma lo esposi privatamentealle persone più autorevoli, per non correre o aver corso invano. 3Ora neppureTito, che era con me, benché fosse greco, fu obbligato a farsi circoncidere; 4equesto contro i falsi fratelli intrusi, i quali si erano infiltrati a spiare la nostra li-bertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo di renderci schiavi; 5ma a loro noncedemmo, non sottomettendoci neppure per un istante, perché la verità del Van-gelo continuasse a rimanere salda tra voi.6Da parte dunque delle persone più autorevoli - quali fossero allora non m’in-teressa, perché Dio non guarda in faccia ad alcuno - quelle persone autorevolia me non imposero nulla. 7Anzi, visto che a me era stato affidato il Vangelo peri non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi - 8poiché colui che avevaagito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me perle genti - 9e riconoscendo la grazia a me data, Giacomo, Cefa e Giovanni, rite-nuti le colonne, diedero a me e a Bàrnaba la destra in segno di comunione, per-

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ché noi andassimo tra le genti e loro tra i circoncisi.10Ci pregarono soltanto di

ricordarci dei poveri, ed è quello che mi sono preoccupato di fare.11Ma quando Cefa venne ad Antiòchia, mi opposi a lui a viso aperto perché ave-va torto. 12Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli pren-deva cibo insieme ai pagani; ma, dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a te-nersi in disparte, per timore dei circoncisi. 13E anche gli altri Giudei lo imitaro-no nella simulazione, tanto che pure Bàrnaba si lasciò attirare nella loro ipo-crisia. 14Ma quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la veritàdel Vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: “Se tu, che sei Giudeo, vivi comei pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a viverealla maniera dei Giudei?”.

PER RIFLETTERE SUL TEMA

Paolo ha vissuto personalmente e dolorosamente il cambiamento dall’esserepersecutore di Gesù e dei suoi discepoli all’essere annunciatore del vangelo diGesù. Pur non essendo stato con Gesù durante la sua vita terrena, tuttavia haben compreso sulla propria pelle i fondamenti del vangelo stesso, ciò che è ve-ramente importante: essere amati da Dio per amare i fratelli. Il resto si può re-golare secondo le culture e le tradizioni del tempo, ma non è veramente al cen-tro del vangelo. «Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarneil maggior numero: mi sono fatto come Giudeo per i Giudei, per guadagnare i Giu-dei. Per coloro che sono sotto la Legge - pur non essendo io sotto la Legge - mi so-no fatto come uno che è sotto la Legge, allo scopo di guadagnare coloro che sonosotto la Legge. Per coloro che non hanno Legge - pur non essendo io senza la leg-ge di Dio, anzi essendo nella legge di Cristo - mi sono fatto come uno che è senzaLegge, allo scopo di guadagnare coloro che sono senza Legge. Mi sono fatto de-bole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salva-re a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne parteci-pe anch’io» dice Paolo ai Corinti (9,19-23).Paolo non si è risparmiato nel suo compito missionario, ha vissuto più volte l’in-comprensione, la persecuzione, la prigione e alla fine ha dato anche la sua vita.Ma sempre si è mantenuto fedele al vangelo, utilizzando il criterio della carità per

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cercare di far vivere in armonia le comunità che aveva fondato e a cui si rivolgevaper iscritto. Paolo non si sentiva superiore a coloro che aveva evangelizzato, ma sapeva peresperienza personale che tutto quello che realizzava lo faceva per entrare anchelui nel regno di Dio. Ha trovato la via della sua vita mettendola tutta quanta al ser-vizio di Gesù, senza lasciarne fuori neanche un pezzettino, realizzando così il du-plice comandamento dell’amore per Dio con tutto se stesso e del prossimo comese stesso. In questo modo ha venduto tutto per acquistare il campo con la perlapreziosa.

In ascolto dei Padri

I cristiani nel mondoI cristiani non si differenziano dal resto degli uomini né per territorio, né per lin-gua, né per consuetudini di vita. Infatti non abitano città particolari, né usano diun qualche strano linguaggio, né conducono uno speciale genere di vita. La lorodottrina non è stata inventata per riflessione e indagine di uomini amanti dellenovità, né essi si appoggiano, come taluni, sopra un sistema filosofico umano.Abitano in città sia greche che barbare, come capita, e pur seguendo nel vesti-to, nel vitto e nel resto della vita le usanze del luogo, si propongono una formadi vita meravigliosa e, per ammissione di tutti, incredibile. Abitano ciascuno laloro patria ma come forestieri; partecipano a tutte le attività di buoni cittadinie accettano tutti gli oneri come ospiti di passaggio. Ogni terra straniera è patriaper loro, mentre ogni patria è per essi terra straniera. Come tutti gli altri si spo-sano e hanno figli, ma non espongono i loro bambini. Hanno in comune la men-sa, ma non il talamo.Vivono nella carne, ma non secondo la carne. Trascorrono la loro vita sulla ter-ra, ma la loro cittadinanza è quella del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite,ma, con il loro modo di vivere, sono superiori alle leggi.Amano tutti e da tutti sono perseguitati. Sono sconosciuti eppure condannati.Sono mandati a morte, ma con questo ricevono la vita. Sono poveri, ma arric-chiscono molti. Mancano di ogni cosa, ma trovano tutto in sovrabbondanza.Sono disprezzati, ma nel disprezzo trovano la loro gloria. Sono colpiti nella fa-ma e intanto si rende testimonianza alla loro giustizia. Sono ingiuriati e bene-

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dicono, sono trattati ignominiosamente e ricambiano con l’onore. Pur facendoil bene, sono puniti come malfattori; e quando sono puniti si rallegrano, quasisi desse loro la vita. I giudei fanno loro guerra, come a gente straniera, e i pa-gani li perseguitano. Ma quanti li odiano non sanno dire il motivo della loro ini-micizia.In una parola i cristiani sono nel mondo quello che è l’anima nel corpo. L’ani-ma si trova in tutte le membra del corpo e anche i cristiani sono sparsi nelle cittàdel mondo. L’anima abita nel corpo, ma non proviene dal corpo. Anche i cri-stiani abitano in questo mondo, ma non sono del mondo. L’anima invisibile èracchiusa in un corpo visibile, anche i cristiani si vedono abitare nel mondo, mail loro vero culto a Dio rimane invisibile.La carne, pur non avendo ricevuto ingiustizia alcuna, si accanisce con odio emuove guerra all’anima, perché questa le impedisce di godere dei piaceri sen-suali; così anche il mondo odia i cristiani pur non avendo ricevuto ingiuria al-cuna, solo perché questi si oppongono al male. Sebbene ne sia odiata, l’animaama la carne e le sue membra, così anche i cristiani amano coloro che li odia-no. L’anima è rinchiusa nel corpo, ma essa a sua volta sorregge il corpo. Anchei cristiani sono trattenuti nel mondo come in una prigione, ma sono essi che sor-reggono il mondo. L’animai immortale abita in una tenda mortale, così anche icristiani sono come dei pellegrini in viaggio tra cose corruttibili, ma aspettanol’incorruttibilità celeste. L’anima, maltrattata nei cibi e nelle bevande, diventamigliore. Così anche i cristiani, esposti ai supplizi, crescono di numero ogni gior-no. Dio li ha messi in un posto così nobile, che non è loro lecito abbandonare.Dalla “Lettera a Diogneto” (Cap. 5-6; Funk, Patres Apostolici, pp. 397-401)

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PREGHIERA

Mostrati, SignoreA tutti i cercatori del tuo volto, mostrati, Signore; a tutti i pellegrini dell’assoluto, vieni incontro, Signore; con quanti si mettono in cammino e non sanno dove andare cammina, Signore; affiancati e cammina con tutti i disperati sulle strade di Emmaus; e non offenderti se essi non sanno che sei tu ad andare con loro, tu che li rendi inquieti e incendi i loro cuori; non sanno che ti portano dentro: con loro fermati poiché si fa sera e la notte è buia e lunga, Signore.(David Maria Turoldo)

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6. Al centro di ogni missione c’è il Vangelo 

Tutte le verità rivelate procedono dalla stessa fonte divina e sono credute con lamedesima fede, ma alcune di esse sono più importanti per esprimere più diret-tamente il cuore del Vangelo. In questo nucleo fondamentale ciò che risplendeè la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e ri-sorto. In questo senso, il Concilio Vaticano II ha affermato che «esiste un ordi-ne o piuttosto una “gerarchia” delle verità nella dottrina cattolica, essendo di-verso il loro nesso col fondamento della fede cristiana» (UR 11). Questo valetanto per i dogmi di fede quanto per l’insieme degli insegnamenti della Chiesa,ivi compreso l’insegnamento morale. (EG 36)

DAGLI ATTI DEGLI APOSTOLI (17,22-34)

22Allora Paolo, in piedi in mezzo all’Areòpago, disse:“Ateniesi, vedo che, in tutto, siete molto religiosi. 23Passando infatti e osservandoi vostri monumenti sacri, ho trovato anche un altare con l’iscrizione: “A un dioignoto”. Ebbene, colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio. 24IlDio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è Signore del cielo e del-la terra, non abita in templi costruiti da mani d’uomo 25né dalle mani dell’uomosi lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa: è lui che dà a tutti la vi-ta e il respiro e ogni cosa. 26Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini,perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l’ordine deitempi e i confini del loro spazio 27perché cerchino Dio, se mai, tastando qua elà come ciechi, arrivino a trovarlo, benché non sia lontano da ciascuno di noi.28In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come hanno detto anche al-cuni dei vostri poeti: “Perché di lui anche noi siamo stirpe”. 29Poiché dunque siamo stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità siasimile all’oro, all’argento e alla pietra, che porti l’impronta dell’arte e dell’inge-gno umano. 30Ora Dio, passando sopra ai tempi dell’ignoranza, ordina agli uo-mini che tutti e dappertutto si convertano, 31perché egli ha stabilito un giornonel quale dovrà giudicare il mondo con giustizia, per mezzo di un uomo che egliha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti”.32Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, al-

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tri dicevano: “Su questo ti sentiremo un’altra volta”. 33Così Paolo si allontanòda loro. 34Ma alcuni si unirono a lui e divennero credenti: fra questi anche Dio-nigi, membro dell’Areòpago, una donna di nome Dàmaris e altri con loro.

PER RIFLETTERE SUL TEMA

Dio ci ama: questo è il nucleo del vangelo di Gesù e di tutta la rivelazione biblica.Egli ci ha creato per amore, ci ha salvati per amore in Gesù, ci continua ad amareanche oggi mantenendosi fedele alle sue promesse. Ma solo alcuni credono a questo amore, come ha fatto esperienza Paolo nella capi-tale culturale dell’epoca: l’Aeropago di Atene, perché l’amore di Dio sembra non cre-dibile davanti a tutto il male del mondo, incapace di vincere la morte con la vita.Sono molte le domande che ci poniamo di fronte alla scena del mondo a cui, conla razionalità che esclude la rivelazione di Dio, non riusciamo a dare senso, alloracome oggi.La autorivelazione di Dio ci fa entrare in un nuovo mondo, ci apre orizzonti scono-sciuti, ci fa sperimentare il suo amore che inizia dal farci entrare nella vita. La fede è un affidarsi al Signore della vita ed è ragionevole fidarsi di lui, perché simantiene fedele nel tempo continuando a sostenere la vita del mondo.La morale, fare il bene e rifuggire il male non è solo questione di obbedire a delleleggi che a volte non comprendiamo neanche fino in fondo, ma è corrispondere al-l’amore ricevuto per ridonarlo ai fratelli che il Signore ama.È prima di tutto una questione esistenziale che richiede in seguito anche un as-senso della ragione, che deve tenere conto del contesto amorevole in cui si svi-luppa il ragionamento.È il rispetto del creatore per le sue creature, il suo amore per loro, che ci deve gui-dare nel comprendere le “regole” della morale, che si possono sintetizzare nel-l’azione quotidiana della custodia e accrescimento della vita, in tutti i suoi aspet-ti e momenti.

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In ascolto dei Padri

Tutta la mia speranza è riposta nella tua grande misericordiaDove ti ho trovato per conoscerti? Sicuramente non eri presente alla mia me-moria prima che ti conoscessi. Dove dunque ti ho trovato per conoscerti se nonin te al di sopra di me? Ma tale sede non è per nulla un luogo. Ci allontania-mo e ci avviciniamo ad essa, è vero, ma, pur tuttavia, non è assolutamente unluogo. Dovunque ti trovi, o Verità, tu sei al di sopra di tutti quelli che ti inter-rogano e contemporaneamente rispondi a quanti ti interpellano sulle cose piùdiverse.Tu rispondi con chiarezza, ma non tutti ti comprendono con chiarezza. Tutti tiinterrogano su ciò che cercano, ma non sempre ascoltano quanto cercano. Si di-mostra tuo servo migliore non colui che pretende di sentire da te quello che eglivuole, ma che piuttosto vuole quello che ha udito da te.Tardi ti ho amato, o bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato! Ed ec-co che tu eri dentro e io fuori, e lì ti cercavo. Deforme come ero, mi gettavo suqueste cose belle che hai creato. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi tene-vano lontano da te le tue creature, che non esisterebbero se non fossero in te.Mi hai chiamato, hai gridato, e hai vinto la mia sordità. Hai mandato bagliori,hai brillato, e hai dissipato la mia cecità. Hai diffuso la tua fragranza, io l’ho re-spirata, e ora anelo a te. Ti ho assaporato, e ho fame e sete. Mi hai toccato, easpiro ardentemente alla tua pace.Quando aderirò a te con tutto me stesso, non vi sarà più posto per il dolore e lafatica, e la mia vita sarà viva, tutta piena di te. È un fatto che tu sollevi chi riem-pi; e poiché io non sono ancora pieno di te, sono di peso a me stesso. In me lemie deprecabili gioie contrastano con le mie tristezze di cui dovrei rallegrarmi,e non so da quale parte stia la vittoria.Ahimé! Abbi pietà di me, Signore. Le mie cattive tristezze contrastano con legioie oneste, e non so da quale parte stia la vittoria. Ahimé! Abbi pietà di me,Signore! Ahimé! Ecco, io non nascondo le mie ferite: tu sei il medico, io il ma-lato; tu sei misericordioso, io misero. Non ha forse un duro lavoro l’uomo sul-la terra? (cfr. Gb 7,1). Chi vorrebbe molestie e difficoltà? Tu ci comandi di sop-portarle, non di amarle. Nessuno ama quello che sopporta, anche se ama di sop-portare; avviene che uno può godere di sopportare, ma tuttavia preferisce che

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non esista quello che deve sopportare. Nelle avversità desidero prosperità, nel-la prosperità temo le avversità. Qual è il giusto mezzo tra questi estremi, dovel’uomo non abbia un simile duro lavoro sulla terra? Guai alle prosperità delmondo, doppiamente indesiderabili e per il timore dell’avversità e per la cadu-cità della gioia! Guai alle avversità del mondo, e una e due e tre volte e per il de-siderio della prosperità, e perché l’avversità stessa è ben dura e la sopportazio-ne fa naufragio! La vita dell’uomo sulla terra non è forse un duro lavoro (cfr.Gb 7,1) senza mai una pausa? E allora ogni mia speranza è posta nella tua gran-de misericordia.

Dalle “Confessioni” di sant’Agostino, vescovo (Lib, 10,26.37 - 29,40; CSEL 255-256)

PREGHIERA

Cercate DioCercate Dio, trovatelo e fate di Lui una forza nella vostra vita. Senza di Lui tutti i nostri sforzi si riducono in cenere e le nostre aurore diventano le più oscure delle notti. Senza di Lui, la vita è un dramma senza senso a cui mancano le scene decisive. Ma con Lui noi possiamo passare dalla fatica della disperazione alla serenità della speranza. Con Lui noi possiamo passare dalla notte della disperazione all’alba della gioia.(Martin Luther King)

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7. Una tentazione: sfiducia nel Vangelo

Oggi si può riscontrare in molti operatori pastorali, comprese persone consa-crate, una preoccupazione esagerata per gli spazi personali di autonomia e di di-stensione, che porta a vivere i propri compiti come una mera appendice della vi-ta, come se non facessero parte della propria identità. Nel medesimo tempo, lavita spirituale si confonde con alcuni momenti religiosi che offrono un certo sol-lievo ma che non alimentano l’incontro con gli altri, l’impegno nel mondo, lapassione per l’evangelizzazione. Così, si possono riscontrare in molti operatoridi evangelizzazione, sebbene preghino, un’accentuazione dell’individualismo,una crisi d’identità e un calo del fervore. Sono tre mali che si alimentano l’unocon l’altro.La cultura mediatica e qualche ambiente intellettuale a volte trasmettono unamarcata sfiducia nei confronti del messaggio della Chiesa, e un certo disincan-to. Come conseguenza, molti operatori pastorali, benché preghino, sviluppanouna sorta di complesso di inferiorità, che li conduce a relativizzare o ad occul-tare la loro identità cristiana e le loro convinzioni. Si produce allora un circolovizioso, perché così non sono felici di quello che sono e di quello che fanno, nonsi sentono identificati con la missione evangelizzatrice, e questo indebolisce l’im-pegno. Finiscono per soffocare la gioia della missione in una specie di ossessio-ne per essere come tutti gli altri e per avere quello che gli altri possiedono. Inquesto modo il compito dell’evangelizzazione diventa forzato e si dedicano adesso pochi sforzi e un tempo molto limitato.Si sviluppa negli operatori pastorali, al di là dello stile spirituale o della peculia-re linea di pensiero che possono avere, un relativismo ancora più pericoloso diquello dottrinale. Ha a che fare con le scelte più profonde e sincere che determi-nano una forma di vita. Questo relativismo pratico consiste nell’agire come seDio non esistesse, decidere come se i poveri non esistessero, sognare come gli al-tri non esistessero, lavorare come se quanti non hanno ricevuto l’annuncio nonesistessero. È degno di nota il fatto che, persino chi apparentemente dispone disolide convinzioni dottrinali e spirituali, spesso cade in uno stile di vita che por-ta ad attaccarsi a sicurezze economiche, o a spazi di potere e di gloria umana checi si procura in qualsiasi modo, invece di dare la vita per gli altri nella missione.Non lasciamoci rubare l’entusiasmo missionario! (EG 78-80)

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DAGLI ATTI DEGLI APOSTOLI (8,9-25)

9Vi era da tempo in città un tale di nome Simone, che praticava la magia e fa-ceva strabiliare gli abitanti della Samaria, spacciandosi per un grande perso-naggio. 10A lui prestavano attenzione tutti, piccoli e grandi, e dicevano: “Costuiè la potenza di Dio, quella che è chiamata Grande”. 11Gli prestavano attenzio-ne, perché per molto tempo li aveva stupiti con le sue magie. 12Ma quando co-minciarono a credere a Filippo, che annunciava il vangelo del regno di Dio e delnome di Gesù Cristo, uomini e donne si facevano battezzare. 13Anche lo stessoSimone credette e, dopo che fu battezzato, stava sempre attaccato a Filippo. Ri-maneva stupito nel vedere i segni e i grandi prodigi che avvenivano.14Frattanto gli apostoli, a Gerusalemme, seppero che la Samaria aveva accoltola parola di Dio e inviarono a loro Pietro e Giovanni. 15Essi scesero e pregaro-no per loro perché ricevessero lo Spirito Santo; 16non era infatti ancora discesosopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del SignoreGesù. 17Allora imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo.18Simone, vedendo che lo Spirito veniva dato con l’imposizione delle mani degliapostoli, offrì loro del denaro 19dicendo: “Date anche a me questo potere per-ché, a chiunque io imponga le mani, egli riceva lo Spirito Santo”. 20Ma Pietrogli rispose: “Possa andare in rovina, tu e il tuo denaro, perché hai pensato dicomprare con i soldi il dono di Dio! 21Non hai nulla da spartire né da guada-gnare in questa cosa, perché il tuo cuore non è retto davanti a Dio. 22Convèrti-ti dunque da questa tua iniquità e prega il Signore che ti sia perdonata l’inten-zione del tuo cuore. 23Ti vedo infatti pieno di fiele amaro e preso nei lacci del-l’iniquità”. 24Rispose allora Simone: “Pregate voi per me il Signore, perché nonmi accada nulla di ciò che avete detto”. 25Essi poi, dopo aver testimoniato e an-nunciato la parola del Signore, ritornavano a Gerusalemme ed evangelizzavanomolti villaggi dei Samaritani.

PER RIFLETTERE SUL TEMA

La tentazione più grande è quella di non avere fiducia nella forza del Vangelo, nel-lo Spirito che ci guida nella storia, nella Parola che compie il suo cammino. Spesso pensiamo che siamo noi i protagonisti dell’evangelizzazione, nel senso

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che crediamo che il suo successo dipenda esclusivamente dai nostri sforzi. E quan-do non riusciamo a scorgere il cammino di Dio nella storia, non riusciamo a quan-tificare i nostri successi, ci sentiamo traditi e abbandonati da Dio. Non è così. È la Parola che ci precede nelle vicende della storia, è Gesù che cam-mina con noi e ci guida con la sua vita esemplare alla libera e obbediente comu-nione con il Padre, lasciando che il suo Spirito ci consigli e ci aiuti nelle scelte del-la missione. Forse non pensiamo che possiamo fare qualcosa per la missione, ma per il solofatto che ci diciamo discepoli di Gesù, siamo già testimoni che la nostra vita nonsarebbe la stessa senza di lui. Certo ognuno compie il proprio percorso di fede, secondo i suoi ritmi e il suo de-siderio di Dio, ma ognuno è già impegnato a condividere la gioia che ha provatoquando si è sentito amato da Dio. Gesù ha scelto una vita povera, itinerante, con alcuni compagni che si è scelto,per testimoniare l’amore del Padre per la sua generazione e per le generazionia venire. Egli ha saputo discernere il cuore della rivelazione a Israele: amare Dio con tuttose stessi e il prossimo come se stessi, il duplice comandamento dell’amore cheracchiude la Legge e i profeti. Vivendo con tutto se stesso questo comandamento, Gesù ha salvato il mondo e ciinvita a entrare anche noi nel regno d’amore del Padre, con gioia e fiducia che ilPadre non ci abbandonerà in mezzo alla strada, ma ci salverà come ha fatto conlui facendolo risorgere da morte. Questo è il potere dell’amore, l’unico vero potere che dà la vita.

In ascolto dei Padri

Apprendere la mitezza di Cristo“Venite a me, voi tutti che siete affaticati e aggravati, e io vi darò sollievo” (Mt11,28). Non chiama questo o quello in particolare, ma si rivolge a tutti quantisono tormentati dalle preoccupazioni, dalla tristezza, o si trovano in peccato.«Venite», non perché io voglia chiedervi conto delle vostre colpe, ma per per-donarle. «Venite», non perché io abbia bisogno delle vostre lodi, ma perché houna ardente sete della vostra salvezza. «Io» - infatti, egli dice - «vi darò sollie-

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vo». Non dice semplicemente: io vi salverò, ma ciò che è molto di piú: vi porròin assoluta sicurezza, perché questo è il senso delle parole «vi darò sollievo».“Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me che sono mite e umile di cuo-re, e cosí troverete conforto alle anime vostre; poiché il mio giogo è soave, e ilmio peso è leggero” (Mt 11,29-30). Non vi spaventate dunque, quando sentiteparlare di «giogo», perché esso è «soave»; non abbiate timore quando udite par-lare di «peso», perché esso è leggero. Ma perché, allora, -voi direte, - ha parla-to precedentemente della porta stretta e della via angusta? Pare cosí quando noisiamo pigri e spiritualmente abbattuti. Ma se tu metti in pratica e adempi le pa-role di Cristo, il peso sarà leggero. E` in questo senso che cosí lo definisce. Macome si può adempire ciò che Gesú dice? Puoi far questo se tu diventi umile, mi-te e modesto. Questa virtù è infatti la madre di tutta la filosofia cristiana. Perquesto motivo quando egli incomincia a insegnare quelle sue divine leggi, iniziadall`umiltà (cf.Mt 7,14). Egli conferma qui quanto disse allora, e promette chequesta virtù sarà grandemente ricompensata. Essa non sarà - dice in sostanza -utile solo agli altri, in quanto voi prima di tutti ne riceverete i frutti, poiché «tro-verete conforto alle anime vostre». Ancor prima della vita eterna il Signore ti dàgià la ricompensa e ti offre la corona del combattimento: in questo modo e colfatto che propone se stesso come esempio, rende accettabili le sue parole.Che cosa temi? - sembra dire il Signore. Temi di apparire degno di disprezzo, sesei umile? Guarda a me: considera tutti gli esempi che ti ho dati e allora rico-noscerai chiaramente quale grande bene è l`umiltà. Osserva come esorta e con-duce con tutti i mezzi i discepoli all`umiltà; dapprima con il suo esempio: «Im-parate da me che sono mite e umile di cuore»; poi con le ricompense che essi ot-terranno: «troverete conforto alle anime vostre»; con la grazia che egli stessoconcederà loro: «io vi darò sollievo»; rendendo dolce e leggero il suo giogo:«poiché il mio giogo è soave, e il mio peso leggero»...Se voi, dopo aver sentito parlare di giogo e di peso, ancora tremate e avete pau-ra, ciò non deriva dalla natura stessa delle cose, ma esclusivamente dalla vostrapigrizia; perché se aveste lo spirito pronto e fervoroso tutto vi apparirebbe fa-cile e leggero. Ecco perché Cristo, volendo mostrare che anche noi dobbiamocompiere da parte nostra ogni sforzo, evita da un lato di dire soltanto cose gra-devoli e facili, e dall`altro di parlare solamente di rinunzie difficili e severe, matempera le une cose con le altre. Parla di un «giogo», ma lo definisce «soave»;

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nomina un «peso», ma aggiunge che è «leggero», affinché non lo si sfugga inquanto eccessivamente pesante, né lo si disprezzi perché troppo leggero.

Giovanni Crisostomo (In Matth. 38, 2 s.)

PREGHIERA

Dammi oggi, il pane quotidiano...Dammi oggi, il pane quotidiano... Il pane della speranza, per dare speranza. Il pane della gioia, da poter spartire. Il pane dell’intelligenza, per varcare l’impossibile. Il pane del sorriso, da trasmettere agli altri. Il pane della misericordia, perché possa ricevere e dare perdono. Il pane del dolore, da condividere. Il pane della grazia, per non attaccarmi al male. Il pane della fraternità, per diventare una cosa sola con i miei fratelli. Il pane del tempo, per conoscerti. Il pane del silenzio, per amarti.(Ernesto Olivero)

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8. Il Vangelo domanda di spartire il pane per il bene e la vita di tuttiIl kerygma possiede un contenuto ineludibilmente sociale: nel cuore stesso delVangelo vi sono la vita comunitaria e l’impegno con gli altri. Il contenuto delprimo annuncio ha un’immediata ripercussione morale il cui centro è la carità.(EG 177)

Questo indissolubile legame tra l’accoglienza dell’annuncio salvifico e un effet-tivo amore fraterno è espressa in alcuni testi della Scrittura che è bene conside-rare e meditare attentamente per ricavarne tutte le conseguenze. Si tratta di unmessaggio al quale frequentemente ci abituiamo, lo ripetiamo quasi meccanica-mente, senza però assicurarci che abbia una reale incidenza nella nostra vita enelle nostre comunità. Com’è pericolosa e dannosa questa assuefazione che ciporta a perdere la meraviglia, il fascino, l’entusiasmo di vivere il Vangelo dellafraternità e della giustizia! La Parola di Dio insegna che nel fratello si trova ilpermanente prolungamento dell’Incarnazione per ognuno di noi: «Tutto quelloche avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me»(Mt 25,40). Quanto facciamo per gli altri ha una dimensione trascendente: «Conla misura con la quale misurate sarà misurato a voi» (Mt 7,2); e risponde allamisericordia divina verso di noi: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro èmisericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sa-rete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato […] Con lamisura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio» (Lc 6,36-38). Ciòche esprimono questi testi è l’assoluta priorità dell’ «uscita da sé verso il fratel-lo» come uno dei due comandamenti principali che fondano ogni norma mora-le e come il segno più chiaro per fare discernimento sul cammino di crescita spi-rituale in risposta alla donazione assolutamente gratuita di Dio. Per ciò stesso«anche il servizio della carità è una dimensione costitutiva della missione dellaChiesa ed è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza» (Benedetto XVI,motu proprio Intima Ecclesiae natura). Come la Chiesa è missionaria per natu-ra, così sgorga inevitabilmente da tale natura la carità effettiva per il prossimo,la compassione che comprende, assiste e promuove. (EG 179)

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DAL VANGELO SECONDO MATTEO (25,31-46)

31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, sie-derà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli.Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33eporrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelliche saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in ereditàil regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fa-me e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero stra-niero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato,ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 37Allora i giusti gli risponderanno: “Si-gnore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o as-setato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e tiabbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo vistomalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. 40E il re risponderà loro: “In ve-rità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli piùpiccoli, l’avete fatto a me”. 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra:“Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e peri suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avu-to sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nu-do e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 44An-ch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o as-setato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. 45Al-lora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fattoa uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46E se ne andranno: que-sti al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna”.

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PER RIFLETTERE SUL TEMA

La carità è il criterio di discernimento della vita cristiana. È dalla comunione fra-terna e dal servizio verso il mondo che si riconosce la bontà e la verità dell’agiremissionario delle comunità cristiane. Il contenuto ineludibilmente sociale dell’annuncio evangelico, del kerygma, si èsempre manifestato nella storia della chiesa con le opere di carità, iniziate gene-ralmente dai santi e continuate dagli ordini religiosi, secondo le necessità dellevarie epoche.Oggi questa necessità della missione coinvolge ogni singolo cristiano e richiedeun ripensamento profondo del ruolo dei laici, iniziato dal Concilio Vaticano II e checi vede impegnati in un cammino di conversione pastorale che non è ancora ap-prodato a forme assunte e condivise di atteggiamenti e azioni nuovi.Il vangelo del giudizio universale ci rivela i criteri con cui saremo valutati e ci invi-ta a realizzarli fin da ora, a non demandare a qualcun altro le nostre responsabi-lità di laici che vivono la storia come testimoni dell’amore di Dio. È un impegno, quello della carità, che si concretizza prima di tutto nelle piccolescelte quotidiane in famiglia, sul lavoro, nelle amicizie, nel tempo che dedichiamoal volontariato, alla associazione, fino a giungere a scelte che cambiano anche lavita per chi parte per paesi lontani.Ma sono i fratelli vicino a noi che più hanno bisogno di noi, soprattutto in questotempo di crisi sociale dell’Occidente, tempo che si prolunga oltre ogni aspettati-va e che richiede piccole e grandi scelte per trovare la via della vita e della condi-visione.

In acolto dei Padri

Sovrabbondo di gioia in ogni tribolazionePaolo riprende il discorso sulla carità, moderando l’asprezza del rimprovero.Dopo avere infatti biasimato e rimproverato i Corinzi per il fatto che, pur ama-ti, non avevano corrisposto all’amore, anzi erano stati ingrati e avevano datoascolto a gente malvagia, mitiga il rimprovero dicendo: “Fateci posto nei vostricuori” (2Cor 7,2) cioè, amateci. Chiede un favore assai poco gravoso, anzi piùutile a loro che a lui. Non dice “amate”, ma con squisita delicatezza: “Fateci

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posto nei vostri cuori”. Chi ci ha scacciati, sembra chiedere, dai vostri cuori?Chi ci ha espulsi? Per quale motivo siamo stati banditi dal vostro spirito? Datoche prima aveva affermato: “È nei vostri cuori invece che siete allo stretto” (2Cor6,12), qui esprime lo stesso sentimento dicendo: “Fateci posto nei vostri cuori”.Così li attira di nuovo a sé. Niente spinge tanto all’amore chi è amato quanto ilsapere che l’amante desidera ardentemente di essere corrisposto. “Vi ho già det-to poco fa, continua, che siete nel nostro cuore per morire insieme e insieme vi-vere” (2Cor 7,3). Espressione massima dell’amore di Paolo: benché disprezza-to, desidera vivere e morire con loro. Siete nel nostro cuore non superficialmente,in modo qualsiasi, ma come vi ho detto. Può capitare che uno ami, ma fugga almomento del pericolo: non è così per me. “Sono pieno di consolazione” (2Cor7,4). Di quale consolazione? Di quella che mi viene da voi: ritornati sulla buo-na strada mi avete consolato con le vostre opere. È proprio di chi ama prima la-mentarsi del fatto che non è amato, poi temere di recare afflizione per eccessi-va insistenza nella lamentela. Per questo motivo aggiunge: “Sono pieno di con-solazione, pervaso di gioia”. In altre parole: sono stato colpito da grande di-spiacere a causa vostra, ma mi avete abbondantemente compensato e recato gransollievo; non avete solo rimosso la causa del dispiacere, ma mi avete colmato dipiù abbondante gioia. Paolo manifesta la sua grandezza d’animo non ferman-dosi a dire semplicemente “sovrabbondo di gioia”, ma aggiungendo anche “inogni mia tribolazione”. E così grande il piacere che mi avete arrecato che nep-pure la più grande tribolazione può oscurarlo, anzi è tale da farmi dimenticarecon l’esuberanza della sua ricchezza, tutti gli affanni che mi erano piombati ad-dosso e ha impedito che io ne rimanessi schiacciato.

Dalle “Omelie sulla seconda lettera ai Corinzi” di san Giovanni Crisostomo,vescovo (Om. 14,1-2; PG 61,497-499)

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PREGHIERA

La gioia di crederePoiché le parole non sono fatte per rimanere inerti nei nostri libri, ma per prenderci e correre il mondo in noi, lascia, o Signore, che di quella lezione di felicità, di quel fuoco di gioia che accendesti un giorno sul monte, alcune scintille ci tocchino, ci mordano, c’investano, ci invadano. Fà che da essi penetrati come “faville nelle stoppie” noi corriamo le strade di città accompagnando l’onda delle folle contagiosi di beatitudine, contagiosi di gioia. Perché ne abbiamo veramente abbastanza di tutti i banditori di cattive notizie, di tristi notizie: essi fan talmente rumore che la tua parola non risuona più. Fà esplodere nel loro frastuono il nostro silenzio che palpita del tuo messaggio.(Madeleine Delbrel)

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9. L’inclusione sociale dei poveri: ascoltare con Dio il loro gridoDalla nostra fede in Cristo fattosi povero, e sempre vicino ai poveri e agli esclu-si, deriva la preoccupazione per lo sviluppo integrale dei più abbandonati dellasocietà.Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per laliberazione e la promozione dei poveri, in modo che essi possano integrarsi pie-namente nella società; questo suppone che siamo docili e attenti ad ascoltare ilgrido del povero e soccorrerlo. È sufficiente scorrere le Scritture per scoprire co-me il Padre buono desidera ascoltare il grido dei poveri: «Ho osservato la mi-seria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrin-tendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo … Perciò va’! Io timando» (Es 3,7-8.10), e si mostra sollecito verso le sue necessità: «Poi [gli israe-liti] gridarono al Signore ed egli fece sorgere per loro un salvatore» (Gdc 3,15).Rimanere sordi a quel grido, quando noi siamo gli strumenti di Dio per ascol-tare il povero, ci pone fuori dalla volontà del Padre e dal suo progetto, perchéquel povero «griderebbe al Signore contro di te e un peccato sarebbe su di te»(Dt 15,9). E la mancanza di solidarietà verso le sue necessità influisce diretta-mente sul nostro rapporto con Dio: «Se egli ti maledice nell’amarezza del cuo-re, il suo creatore ne esaudirà la preghiera» (Sir 4,6). Ritorna sempre la vecchiadomanda: «Se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello innecessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio?» (1 Gv3,17). Ricordiamo anche con quanta convinzione l’Apostolo Giacomo ripren-deva l’immagine del grido degli oppressi: «Il salario dei lavoratori che hannomietuto sulle vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste deimietitori sono giunte agli orecchi del Signore onnipotente» (5,4)». (EG 186-187)

DAL LIBRO DELL’ESODO (3,1-12)

1Mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Ma-dian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb. 2L’an-gelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egliguardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consuma-

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va. 3Mosè pensò: “Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: per-ché il roveto non brucia?”. 4Il Signore vide che si era avvicinato per guardare;Dio gridò a lui dal roveto: “Mosè, Mosè!”. Rispose: “Eccomi!”. 5Riprese: “Nonavvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai èsuolo santo!”. 6E disse: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Diodi Isacco, il Dio di Giacobbe”. Mosè allora si coprì il volto, perché aveva pau-ra di guardare verso Dio.7Il Signore disse: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho uditoil suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. 8Sono sce-so per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso unaterra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele, verso il luo-go dove si trovano il Cananeo, l’Ittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il Gebu-seo. 9Ecco, il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto comegli Egiziani li opprimono. 10Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fà uscire dal-l’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!”. 11Mosè disse a Dio: “Chi sono io per an-dare dal faraone e far uscire gli Israeliti dall’Egitto?”. 12Rispose: “Io sarò conte. Questo sarà per te il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto usci-re il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte”.

PER RIFLETTERE SUL TEMA

I poveri ci interrogano sempre. Con la loro presenza ci mettono in imbarazzo a cau-sa degli innumerevoli doni di cui godiamo. C’è sempre qualcuno che è più poverodi noi e che chiede, spesso in silenzio, che ci occupiamo di lui. La retorica sulla povertà è veramente fastidiosa, l’agire umile di una condivisio-ne sincera è invece ben accetto da tutti, perché realizza quell’ideale di solida-rietà a cui sono stati chiamati prima di tutto gli ebrei e, in seguito, tutti i disce-poli di Gesù. Il nostro mondo, in particolare quello Occidentale, con il suo mito del progresso,tende a nascondere e ad emarginare chi non sta al passo dei tempi. Chi resta in-dietro è perché non è capace di attivarsi a sufficienza per partecipare a questa cor-sa travolgente come quella dei tori a Pamplona nella festa di san Firmino. Il Signore invece ha sempre fatto delle scelte opposte.Ha preso un popolo schiavo, gli ebrei, della potenza dell’epoca, l’Egitto, per farne

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un popolo libero capace di solidarietà, che non avrebbe lasciato indietro nessu-no, proprio perché aveva sperimentato la povertà e l’oppressione.Gesù ha vissuto questa esigenza spirituale guarendo e facendo del bene. Nel nostro mondo globalizzato, sono molte le sollecitazioni a riguardo dei pove-ri. Se personalmente non riusciamo ad affrontarle, a causa del grande numeroche ci può schiacciare e farci sentire impotenti, possiamo tuttavia scegliere qual-cuno, o qualche situazione, accessibile alle nostre possibilità personali o in com-pagnia di altri, per cercare di includere socialmente chi si trova ai margini dellanostra società. I poveri li avrete sempre con voi, ha detto Gesù. C’è dunque spazio per chiunqueper condividere con qualcuno di loro un cammino di reciproca liberazione per fa-re sedere alla nostra stessa mensa coloro che ne raccolgono solo le briciole. Occorre aprire le orecchie al loro grido e non fare in modo di non ascoltarle, de-mandando sempre alle responsabilità di altri il dovere dell’accoglienza dei po-veri.

In ascolto dei Padri

Dimostriamoci vicendevolmente l’amore di DioRiconosci l’origine della tua esistenza, del respiro, dell’intelligenza, della sapienzae, ciò che più conta, della conoscenza di Dio, della speranza del Regno dei cie-li, dell’onore che condividi con gli angeli, della contemplazione della gloria, oracerto come in uno specchio e in maniera confusa, ma a suo tempo in modo piùpieno e più puro. Riconosci, inoltre, che sei divenuto figlio di Dio, coerede diCristo e, per usare un’immagine ardita, sei lo stesso Dio! Donde e da chi ven-gono a te tante e tali prerogative? Se poi vogliamo parlare di doni più umili ecomuni, chi ti permette di vedere la bellezza del cielo, il corso del sole, i cicli del-la luce, le miriadi di stelle e quell’armonia ed ordine che sempre s rinnovano me-ravigliosamente nel cosmo, rendendo festoso il creato come il suono di una ce-tra? Chi ti concede la pioggia, la fertilità dei campi, il cibo, la gioia dell’arte, illuogo della tua dimora, le leggi, lo stato e, aggiungiamo, la vita di ogni giorno,l’amicizia e il piacere della tua parentela?Come mai alcuni animali sono addomesticati e a te sottoposti, altri dati a te co-me cibo?

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Chi ti ha posto signore e re di tutto ciò che è sulla terra?E, per soffermarci solo sulle cose più importanti, chiedo ancora: Chi ti fece do-no di quelle caratteristiche tutte tue che ti assicurano la piena sovranità su qual-siasi essere vivente? Fu Dio. Ebbene, egli in cambio di tutto ciò che cosa ti chie-de? L’amore. Richiede da te continuamente innanzitutto e soprattutto l’amorea lui e al prossimo.L’amore verso gli altri egli lo esige al pari del primo. Saremo restii a offrire a Dioquesto dono dopo i numerosi benefici da lui ricevuti e quelli da lui promessi?Oseremo essere così impudenti? Egli, che è Dio e Signore, si fa chiamare nostroPadre, e noi vorremmo rinnegare i nostri fratelli? Guardiamoci, cari amici, daldiventare cattivi amministratori di quanto ci è stato dato in dono. Meriterem-mo allora l’ammonizione di Pietro: Vergognatevi, voi che trattenete le cose al-trui, imitate piuttosto la bontà divina e così nessuno sarà povero. Non affati-chiamoci ad accumulare e a conservare ricchezze, mentre altri soffrono la fame,per non meritare i rimproveri duri e taglienti già altra volta fatti dal profetaAmos, quando disse: “Orsù, voi che dite: Quando sarà passato il novilunio e sipotrà vendere il grano, e il sabato per aprire i magazzini?” (Cfr. Am 8,5). Ope-riamo secondo quella suprema e prima legge di Dio che fa scendere la pioggiatanto sui giusti che sui peccatori, fa sorgere il sole ugualmente per tutti, offre atutti gli animali della terra l’aperta campagna, le fontane, i fiumi, le foreste; do-na aria agli uccelli e acqua agli animali acquatici; a tutti dà con grande libera-lità i beni della vita, senza restrizioni, senza condizioni, senza delimitazioni disorta; a tutti elargisce abbondantemente i mezzi di sussistenza e piena libertà dimovimento. Egli non fece discriminazioni, non si mostrò avaro con nessuno.Proporzionò sapientemente il suo dono al fabbisogno di ciascun essere e mani-festò a tutti il suo amore

Dai “Discorsi” di san Gregorio Nazianzeno, vescovo (Disc. 14 sull’amore verso i poveri, 23-2; PG 35,887-890)

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PREGHIERA

La spiritualità della stradaSignore, insegnami che la vita è un cammino, non lo sterile adeguamento a regole prefissate, né la trasgressione senza esito. Insegnami l’attenzione alle piccole cose, al passo di chi cammina con me per non fare più lungo il mio, alla parola ascoltata perché non cada nel vuoto, agli occhi di chi mi sta vicino per indovinare la gioia e dividerla, per indovinare la tristezza e avvicinarmi in punta di piedi, per cercare insieme la nuova gioia. Signore, insegnami che la mia vita è un cammino, la strada su cui si cammina insieme, nella semplicità di essere quello che si è, nella serenità dei propri limiti e peccati, nella gioia di aver ricevuto tutto da te nel tuo amore. Signore, insegnami che la mia vita è un cammino con te, per imparare, come te, a donarmi per amore. Tu, che sei la strada e la gioia.(Anonimo)

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10. Gioia è aprire e ripartire da chi è escluso

In una civiltà paradossalmente ferita dall’anonimato e, al tempo stesso, osses-sionata per i dettagli della vita degli altri, spudoratamente malata di curiositàmorbosa, la Chiesa ha bisogno di uno sguardo di vicinanza per contemplare,commuoversi e fermarsi davanti all’altro tutte le volte che sia necessario. In que-sto mondo i ministri ordinati e gli altri operatori pastorali possono rendere pre-sente la fragranza della presenza vicina di Gesù ed il suo sguardo personale. LaChiesa dovrà iniziare i suoi membri - sacerdoti, religiosi e laici - a questa “artedell’accompagnamento”, perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali da-vanti alla terra sacra dell’altro (cfr Es 3,5). Dobbiamo dare al nostro camminoil ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di com-passione ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare nellavita cristiana. (EG 169)

DAL VANGELO SECONDO MARCO (7, 31-37)

31Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il ma-re di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32Gli portarono un sordomuto elo pregarono di imporgli la mano. 33Lo prese in disparte, lontano dalla folla, glipose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindiverso il cielo, emise un sospiro e gli disse: “ Effatà “, cioè: “Apriti!”. 35E subitogli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava corretta-mente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più es-si lo proclamavano 37e, pieni di stupore, dicevano: “Ha fatto bene ogni cosa: faudire i sordi e fa parlare i muti!”.

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PER RIFLETTERE SUL TEMA

Papa Francesco è consapevole che stiamo entrando in un nuovo stile di vita cri-stiana: la Chiesa dovrà iniziare i suoi membri - sacerdoti, religiosi e laici - a que-sta “arte dell’accompagnamento”. Dobbiamo diventare tutti artisti dell’accompagnamento, seguendo l’esempio diGesù che è stato maestro in questa arte dell’accompagnare coloro che incon-trava. Gesù aveva fiducia nel Padre e nella dignità di ogni uomo. Egli si accostava a tut-ti: malati, peccatori, orgogliosi della propria osservanza, per accompagnare tuttia diventare consapevoli dell’amore del Padre, che egli aveva conosciuto fin da bam-bino, istruito dai suoi genitori. Ripartire da chi è escluso ci fa maturare nella vita cristiana, perché ci fa entrare incomunione con il desiderio del Padre e di Gesù: che tutti abbiano la vita e l’ab-biano in abbondanza (cfr. Gv 10,10).Non è la via della ragione, è la via dell’esistenza che ci fa fare reale esperienza deivincoli che ci uniscono ai nostri fratelli. Fermarsi ogni volta con qualcuno quando è necessario, rispettare l’altro nelle suenecessità, prendere il passo dei più lenti, è il modo più veloce per rendere presenteed attuale la fragranza della presenza vicina di Gesù e del suo sguardo personale. Papa Francesco ce lo mostra quotidianamente e ci invita a seguire Gesù in questocammino di rispettosa accoglienza di chi è escluso.

In ascolto dei Padri

L’esempio di GesùChe cosa dà valore alla nostra vita? Forse il far miracoli, oppure il mantenereun ottimo e perfetto comportamento? Certamente l`avere una condotta perfet-ta, da cui traggono occasione anche i miracoli che in essa hanno il loro fine. Lasantità della vita attira su di noi il dono divino di compiere azioni miracolose:e chi lo riceve ne è arricchito soltanto per convertire gli altri. Anche Cristo hacompiuto i miracoli per attirare a sé gli uomini, mediante la stima e l`ammira-zione ch`essi gli procuravano, e per introdurre la virtù nella vita umana. E` que-sto lo scopo che Gesú con gran zelo si è proposto. Ma non gli bastavano i pro-

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digi: difatti accompagnò i miracoli con la minaccia dell`inferno e con la pro-messa del regno; diede leggi nuove, meravigliose e sublimi e tutto operò allo sco-po di renderci uguali agli angeli.Ma che dico? Se qualcuno vi desse il potere di risuscitare i morti nel nome di Ge-sú, oppure di morire per lui, quale di questi due favori scegliereste? Senza dub-bio, il secondo. L`uno è miracolo, mentre l`altro è opera. Se, del pari, vi si offris-se la facoltà di cambiare in oro tutta l`erba di questo mondo, oppure la grazia didisprezzare tutto l`oro del mondo come fosse erba, non preferireste forse que-st`ultima cosa? E la scelta sarebbe certamente giusta, poiché il disprezzo delle ric-chezze può, sopra ogni altra cosa, conquistare e attirare gli uomini. Difatti se es-si vedessero l`erba tramutata in oro, desidererebbero avere anche loro quella fa-coltà, come accadde a Simon Mago, e la loro brama di ricchezza aumenterebbeancor piú. Se invece ci vedessero calpestare e disprezzare il denaro come erba, giàda tempo sarebbero guariti da questa malattia ch`è l`avarizia. Vedete, dunque,che niente giova di piú agli uomini quanto la vita. E intendo non digiunare o sten-dere per terra il sacco e spargervi sopra la cenere, ma disprezzare realmente e con-cretamente le ricchezze, amare tutti gli uomini, dare il pane al povero dominarel`ira, eliminare la vanità e l`ambizione, soffocare ogni sentimento di invidia.Questi sono gli insegnamenti che Gesú stesso ha dato, dicendo: “Imparate dame che sono mite e umile di cuore” (Mt 11,29). Non invita a imparare da lui adigiunare, anche se potrebbe ricordare i quaranta giorni di digiuno da lui fatti,ma anziché esigere questo, egli vuole che imitiamo la sua mansuetudine e la suaumiltà. Quando invia i suoi apostoli a predicare, non dice loro di digiunare, madi mangiare tutto quanto verrà loro offerto (cf. Lc 10,8). Per quanto concerneperò il denaro, vieta loro espressamente di portarne con sé, ordinando di nonpossedere né oro, né argento, né alcun`altra moneta nelle loro borse (cf. Mt 10,9;Lc 10,4). Io vi dico questo, non perché biasimi il digiuno: Dio mi guardi da si-mile pensiero; anzi l`apprezzo moltissimo. Ma mi addoloro nel vedere che voitrascurare le altre virtù, pensando che basti digiunare per essere salvi, mentre ildigiuno, fra tutte le virtù, occupa l`ultimo posto. Le virtù piú eccelse sono la ca-rità, l`umiltà, la misericordia, che precedono e superano anche la verginità. Stadi fatto che, se voi volete divenire uguali agli apostoli, niente ve lo impedisce.Basta soltanto praticare queste virtù e non essere in nulla inferiori a loro.

Giovanni Crisostomo (In Matth. 46, 4)

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PREGHIERA

Preghiera per restare svegliO Signore, che continuamente c’incitasti a star svegli a scrutare l’aurora a tenere i calzari e le pantofole, fà che non ci appisoliamo sulle nostre poltrone nei nostri anfratti nelle culle in cui ci dondola questo mondo di pezza, ma siamo sempre attenti a percepire il mormorio della tua Voce, che continuamente passa tra fronde della vita a portare frescura e novità. Fà che la nostra sonnolenza non divenga giaciglio di morte e - caso mai - dacci Tu un calcio per star desti e ripartire sempre.(Madeleine Delbrel)

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11. Il piacere spirituale di essere popolo

La Parola di Dio ci invita anche a riconoscere che siamo popolo: «Un tempo voieravate non-popolo, ora invece siete popolo di Dio» (1 Pt 2,10). Per essere evan-gelizzatori autentici occorre anche sviluppare il gusto spirituale di rimanere vi-cini alla vita della gente, fino al punto di scoprire che ciò diventa fonte di unagioia superiore. La missione è una passione per Gesù ma, al tempo stesso, è unapassione per il suo popolo. Quando sostiamo davanti a Gesù crocifisso, rico-nosciamo tutto il suo amore che ci dà dignità e ci sostiene, però, in quello stes-so momento, se non siamo ciechi, incominciamo a percepire che quello sguar-do di Gesù si allarga e si rivolge pieno di affetto e di ardore verso tutto il suopopolo. Così riscopriamo che Lui vuole servirsi di noi per arrivare sempre piùvicino al suo popolo amato. Ci prende in mezzo al popolo e ci invia al popolo,in modo che la nostra identità non si comprende senza questa appartenenza.Gesù stesso è il modello di questa scelta evangelizzatrice che ci introduce nelcuore del popolo. Quanto bene ci fa vederlo vicino a tutti! Se parlava con qual-cuno, guardava i suoi occhi con una profonda attenzione piena d’amore: «Ge-sù fissò lo sguardo su di lui, lo amò» (Mc 10, 21). Lo vediamo aperto all’in-contro quando si avvicina al cieco lungo la strada (cfr Mc 10,46-52) e quandomangia e beve con i peccatori (cfr Mc 2,16), senza curarsi che lo trattino da man-gione e beone (cfr Mt 11,19). Lo vediamo disponibile quando lascia che unaprostituta unga i suoi piedi (cfr Lc 7,36-50) o quando riceve di notte Nicodemo(cfr Gv 3,1-15). Il donarsi di Gesù sulla croce non è altro che il culmine di que-sto stile che ha contrassegnato tutta la sua esistenza. Affascinati da tale model-lo, vogliamo inserirci a fondo nella società, condividiamo la vita con tutti, ascol-tiamo le loro preoccupazioni, collaboriamo materialmente e spiritualmente nel-le loro necessità, ci rallegriamo con coloro che sono nella gioia, piangiamo conquelli che piangono e ci impegniamo nella costruzione di un mondo nuovo, go-mito a gomito con gli altri. Ma non come un obbligo, non come un peso che ciesaurisce, ma come una scelta personale che ci riempie di gioia e ci conferisceidentità. (EG 268-269)

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DAL VANGELO SECONDO LUCA (7,36-50)

36Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e simise a tavola. 37Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo chesi trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; 38stando dietro, pres-so i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava coni suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. 39Vedendo questo , il fari-seo che l’aveva invitato disse tra sé: “Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è,e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!”.40Gesù allora gli disse: “Simone, ho da dirti qualcosa”. Ed egli rispose: “Di’ pu-re, maestro”. 41”Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecentodenari, l’altro cinquanta. 42Non avendo essi di che restituire, condonò il debitoa tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?”. 43Simone rispose: “Suppon-go sia colui al quale ha condonato di più”. Gli disse Gesù: “Hai giudicato be-ne”. 44E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: “Vedi questa donna? Sonoentrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha ba-gnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45Tu non mi haidato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi ipiedi. 46Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedidi profumo . 47Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perchéha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco”. 48Poi dissea lei: “I tuoi peccati sono perdonati”. 49Allora i commensali cominciarono a di-re tra sé: “Chi è costui che perdona anche i peccati?”. 50Ma egli disse alla don-na: “La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!”.

PER RIFLETTERE SUL TEMA

Nella nostra società individualista il piacere spirituale di essere popolo è il più for-midabile antidoto alle forze che contrastano la vita vera con i fratelli. La passione per la gente con cui si vive gomito a gomito è il motore di un cammi-no di condivisione, in cui non si è come dei condottieri senza macchia che credo-no di cambiare il mondo, ma dei semplici compagni di cammino consapevoli del-la fatica quotidiana del vivere e delle gioie e della speranza quando si riesce a con-dividere la vita con gli altri.

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Gesù ci spinge verso la gente con cui viviamo, ci invita a prendercene cura, ci ur-ge a non stare con le mani in mano.Gesù si rivolge sia a Simone che alla donna, non tralascia nessuno nell’invitarloalla conversione dal proprio peccato personale. Gesù è capace di accoglienza contutti coloro che incontra, perché si sente parte del suo popolo e se ne prende cu-ra annunciando la buona notizia che il regno di Dio si è fatto vicino. «Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza, né perforza, perché Dio ama chi dona con gioia» (2Cor 9,7). Così Paolo si rivolgeva ai Co-rinzi per invitarli a partecipare alla raccolta di fondi per i poveri della comunità diGerusalemme.Paolo sentiva un profondo legame sia con gli ebrei che con i pagani che si con-vertivano a Gesù. Egli sentiva che Gesù aveva fatto dei due popoli un popolo solo(cfr. Ef 2,14-18) di cui si sentiva parte attiva.Questa gioia è stata la forza che gli ha permesso di continuare fedelmente, fino allamorte, la missione che la comunità gli aveva affidato: portare il vangelo ai pagani. È uno stile antico e nuovo che va rinnovato in un spirito del tempo che vuole rin-chiuderci nelle case per diventare consumatori di beni, invece che aprire le nostreabitazioni per condividere le nostre vite

In ascolto dei Padri

Ammonimento di papa Leone Magno al suo vicario a TessalonicaNessuno curi ciò che è proprio, ma ciò che è altrui, come dice l`Apostolo: “Cia-scuno di voi cerchi di compiacere il prossimo nel bene, per edificarlo” (Rm 15,2).Infatti, non potrà restar salda la compagine della nostra unità se il vincolo del-l’amore non ci avrà stretto con forza inseparabile, perché “come in un corpo ab-biamo molte membra, e tutte le membra non compiono le stesse azioni, così inmolti siamo un corpo solo in Cristo e siamo ciascuno membra per l`altro” (1Cor12,12).Chi dunque sa di essere preposto ad altri, non sopporti a malincuore che qual-cuno gli sia superiore, ma l`obbedienza, che esige (dagli altri), egli per primo laattui: e come non vuole sopportare un peso grave, così non osi imporre agli al-tri un carico insopportabile (cf. Mt 13,4). Siamo infatti discepoli di un maestroumile e mite, che ci dice: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore, e tro-

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verete pace per le vostre anime. Il mio giogo infatti è soave, e il mio peso legge-ro” (Mt 11,29s). E come esperimenteremo ciò, se non attueremo quello che di-ce lo stesso Signore: “Chi fra voi è il maggiore, sarà vostro servo” (Mt 23,11s)?

Leone Magno (Epist. 14, 1-2.11)

PREGHIERA

Seminare il VangeloO Dio, in Gesù ci indichi le direzioni dell’amore.Rendici capaci di ascoltare più che di parlare;di imparare più che di insegnare.Aiutami a seminare l’evangelosenza mai mettermi un palmo sopra nessuno.Aiutami ad ascoltarti nelle gioie degli innamorati,nel dolore delle persone sole ed abbandonate,nella volontà di riscatto degli emarginati,nelle lotte degli esclusi,nelle preghiere dei cuori semplici,nelle lacrime delle persone sconfittee nei sogni di pace e di giustizia. (Franco Barbero)

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12. Tutti coinvolti al servizio del regno

Nessuno dovrebbe dire che si mantiene lontano dai poveri perché le sue sceltedi vita comportano di prestare più attenzione ad altre incombenze. Questa è unascusa frequente negli ambienti accademici, imprenditoriali o professionali, e per-sino ecclesiali. Sebbene si possa dire in generale che la vocazione e la missionepropria dei fedeli laici è la trasformazione delle varie realtà terrene affinché ogniattività umana sia trasformata dal Vangelo, nessuno può sentirsi esonerato dal-la preoccupazione per i poveri e per la giustizia sociale: «La conversione spiri-tuale, l’intensità dell’amore a Dio e al prossimo, lo zelo per la giustizia e la pa-ce, il significato evangelico dei poveri e della povertà sono richiesti a tutti ». Te-mo che anche queste parole siano solamente oggetto di qualche commento sen-za una vera incidenza pratica. Nonostante ciò, confido nell’apertura e nelle buo-ne disposizioni dei cristiani, e vi chiedo di cercare comunitariamente nuove stra-de per accogliere questa rinnovata proposta. (EG 201)

DAGLI ATTI DEGLI APOSTOLI (18,1-11)

1Dopo questi fatti Paolo lasciò Atene e si recò a Corinto. 2Qui trovò un Giudeodi nome Aquila, nativo del Ponto, arrivato poco prima dall’Italia, con la mogliePriscilla, in seguito all’ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i Giu-dei. Paolo si recò da loro 3e, poiché erano del medesimo mestiere, si stabilì incasa loro e lavorava. Di mestiere, infatti, erano fabbricanti di tende. 4Ogni sa-bato poi discuteva nella sinagoga e cercava di persuadere Giudei e Greci.5Quando Sila e Timòteo giunsero dalla Macedonia, Paolo cominciò a dedicarsitutto alla Parola, testimoniando davanti ai Giudei che Gesù è il Cristo. 6Ma, poi-ché essi si opponevano e lanciavano ingiurie, egli, scuotendosi le vesti, disse: “Ilvostro sangue ricada sul vostro capo: io sono innocente. D’ora in poi me ne an-drò dai pagani”. 7Se ne andò di là ed entrò nella casa di un tale, di nome TizioGiusto, uno che venerava Dio, la cui abitazione era accanto alla sinagoga. 8Cri-spo, capo della sinagoga, credette nel Signore insieme a tutta la sua famiglia; emolti dei Corinzi, ascoltando Paolo, credevano e si facevano battezzare.9Una notte, in visione, il Signore disse a Paolo: “Non aver paura; continua a

parlare e non tacere, 10perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del ma-

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le: in questa città io ho un popolo numeroso”. 11Così Paolo si fermò un anno emezzo, e insegnava fra loro la parola di Dio.

PER RIFLETTERE SUL TEMA

Papa Francesco ci invita a nuove scelte comunitarie, perché sa bene che da solipossiamo fare poco o nulla, ma insieme si possono costruire cattedrali. Nessunopuò sentirsi esonerato dalla preoccupazione per i poveri e per la giustizia sociale,ci fa presente con forza il nostro pastore. Egli conosce le difficoltà e per questonon ordina, ma cerca di persuaderci a compiere il bene. Conosce per esperienzala forza di scegliere insieme il bene, che poi ognuno realizzerà personalmente. Gesù si è scelto dei compagni, Paolo si è scelto dei compagni. Noi siamo invitaticon sollecitudine a sceglierci dei compagni per intraprendere il nostro servizio nelregno di Dio. Forse abbiamo perso il gusto, la voglia e la capacità di condividere analisi e scel-te, perché la fatica è tanta e a volte non è sopportabile, eppure è la strada maestraper poter compiere qualcosa di buono e di utile nel mondo.È una scelta che ci darà la gioia di condividere il cammino con altri a favore di quel-la porzione di popolo di cui facciamo parte. È una scelta che ci farà crescere nella vita cristiana e nella comunione con i fratel-li e con Dio. Le difficoltà non potranno che farci maturare e accrescere le nostre capacità di con-divisione con gli altri, così da continuare ad essere un popolo in cammino nellastoria che vuole realizzare la giustizia e la pace di Dio.

In ascolto dei Padri

Camminiamo nella fede e nella giustiziaVi scongiuro tutti: obbedite alla parola di giustizia e perseverate in quella fortez-za della quale i vostri stessi occhi hanno ammirato il modello non solo nei beatiIgnazio, Zòsimo e Rufo, ma anche negli altri che furono tra voi e nello stesso Pao-lo e negli altri apostoli. Sappiate che essi non corsero invano (cfr Fil 2,16), ma nel-la fede e nella giustizia, e che ora si trovano nel luogo loro promesso, presso il Si-gnore, di cui condivisero le sofferenze. Essi non amarono il secolo presente (cfr

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2Tm 4,10), ma colui che morì per noi tutti e che per noi fu risuscitato da Dio.Rimanete saldi in queste convinzioni e seguite l’esempio del Signore, fermi e ir-removibili nella fede. Amate i vostri fratelli e amatevi vicendevolmente. Stateuniti nella verità, usatevi reciproche attenzioni con la dolcezza del Signore, nondisprezzate nessuno. Quando potete fare del bene, non differitelo, “perché l’e-lemosina libera dalla morte” (Tb 4,10). “Siate sottomessi gli uni agli altri” (Ef5,21) e “la vostra condotta tra i pagani sia irreprensibile” (1Pt 2,12); meritere-te così lode per le vostre buone opere e non si bestemmierà il Signore per colpavostra. Guai a colui per causa del quale il nome del Signore è disprezzato. Inse-gnate a tutti quella santa condotta nella quale voi stessi vivete.Molto mi addolorò il caso di Valente, che fu un tempo presbitero in mezzo a voie che, con il suo comportamento, dimostra ora una così grave carenza nella sti-ma dell’ufficio che gli è stato affidato. Per questo vi esorto a guardarvi dall’a-varizia e ad essere casti e leali. Astenetevi da ogni male.Chi non è capace di dominare se stesso, come potrà esortare gli altri? Perché chinon si astiene dall’avarizia verrà contaminato dall’idolatria e sarà annoveratotra i pagani, che ignorano i giudizi del Signore. “O non sapete che i santi giudi-cheranno il mondo” (1Cor 6,2), come insegna Paolo?Io, tuttavia, non ho mai constatato né sentito dire nulla di simile di voi, in mez-zo ai quali lavorò Paolo ed ai quali egli allude all’inizio della sua lettera. Di voiinfatti egli si gloriava in tutte le chiese che allora conoscevano Dio, mentre noinon lo conoscevamo ancora.Di molta amarezza è, quindi, motivo per me sia Valente che sua moglie. Il Si-gnore conceda loro la grazia di una vera conversione. Trattateli però senza asprez-za e non come nemici (cfr 2Ts 3,15), ma richiamateli come membra sofferenti esviate perché l’intero vostro corpo sia salvo. Aiutandoli, contribuirete all’edifi-cazione di voi

Dalla “Lettera ai Filippesi” di san Policarpo, vescovo e martire (Capp. 9,1-1l,4; Funk, 1,275-279)

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PREGHIERA

La pace è un donoSignore dell’amore e della pace, noi desideriamo convertirci a te!Non possiamo illudercidi giungere a vivere bene, in pace, senza di te.Non possiamo pensaredi superare le inquietudini interiorie le nostre guerre personali,se non ci rivolgiamo a te,Signore della pace, Gesù Cristo crocifisso e risortoche hai subito la morte per donarci la pace.Noi ti chiediamo quella paceche sorpassa ogni nostro progetto e possibilitàe che può rassicurare i nostri pensieri,le nostre volontà, i nostri cuori!.(Carlo Maria Martini)

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Indice

1. La gioia dell’annuncio 7

2. Attingere al Vangelo eterna novità 10

3. Una chiesa “in uscita” che sa andare al popolo 13

4. La gioia del Vangelo è incontro e convivialità 17

5. Andare da chi è lontano 21

6. Al centro di ogni missione c’è il Vangelo 26

7. Una tentazione: sfiducia nel Vangelo 30

8. Il Vangelo domanda di spartire il pane per il bene e la vita di tutti 35

9. L’inclusione sociale dei poveri: ascoltare con Dio il loro grido 40

10. Gioia è aprire e ripartire da chi è escluso 45

11. Il piacere spirituale di essere popolo 49

12. Tutti coinvolti al servizio del Regno 53

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Padre santo, Dio Onnipotente ed eternotu hai inviato nelle tenebre di questo mondo,

l’eterno tuo Figlio, luce del mondo:concedici di preferire sempre la sua luce

alle nostre tenebree di accogliere con amore la salvezza

che lui solo può portarci.O Signore rendici oggi e sempre,

uomini e donne di speranzaannunciatori coraggiosi,nel mondo e nella vita,della gioia del Vangelo.

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La gioia del Vangelo

a cura della Vita cristiana AcliVia G. Marcora, 18/20 - 00153 Roma

Tel. 065840.207 - Fax 065840.615 - E-mail [email protected]/vita-cristiana

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