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1 UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI “PARTHENOPE” FACOLTA’ DI SCIENZE e TECNOLOGIE Corso di laurea in SCIENZE AMBIENTALI TESI DI LAUREA LA GESTIONE DELL’AMP PUNTA CAMPANELLA NEL CONTESTO DEL SISTEMA NAZIONALE DELLE AREE NATURALI PROTETTE RELATORE CANDIDATO Ch.mo Prof. Giovanni Fulvio Russo Domenico Sgambati SM/358 Anno Accademico 2004/2005

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI

“PARTHENOPE”

FACOLTA’ DI SCIENZE e TECNOLOGIE

Corso di laurea in

SCIENZE AMBIENTALI

TESI DI LAUREA

LA GESTIONE DELL’AMP PUNTA CAMPANELLA

NEL CONTESTO DEL SISTEMA NAZIONALE

DELLE AREE NATURALI PROTETTE

RELATORE CANDIDATO

Ch.mo Prof. Giovanni Fulvio Russo Domenico Sgambati

SM/358

Anno Accademico 2004/2005

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Impetuose montagne che rovinano a mare

ammaliate dal canto delle Sirene

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-- Indice --

Prefazione V

CAPITOLO 1 – Il mondo delle Aree Naturali Protette 1

1.1 Il Sistema delle Aree Protette 1 Scopi e funzioni dei parchi e delle riserve naturali 3 1.2 Il quadro normativo italiano 4 Breve cronologia 5 Le iniziative delle Regioni 11 1.3 La legge quadro sulle aree protette 12 Gli aspetti più qualificanti della legge 13 Risultati ottenuti e critiche 15 1.4 La classificazione delle aree protette 18 1.5 Aree Naturali Protette Nazionali 22 Parchi Nazionali 24 Riserve Naturali Statali 33 Aree Marine Protette 33 1.6 Aree Naturali Protette Regionali 34 Principi della 394/91 35 Parchi Regionali 35 1.7 Il mondo che ruota attorno ai parchi 37 Federparchi 37 Cooperative ed Associazioni Ambientaliste 40 Le conventions dei parchi 48

CAPITOLO 2 – Le Aree Marine Protette 51

2.1 La protezione dell’ambiente marino 51 Il contesto internazionale 51 Il contesto italiano – le aree marine protette 54 2.2 Il quadro normativo 62 Le leggi 62 I vincoli e la zonazione 65 Iter legislativo per l’istituzione di una AMP 68 2.3 La gestione delle AMP 71 Lo staff 74 Il regolamento di attuazione del decreto istitutivo 75 2.4 Le Aree Marine Protette in Italia 75 Lo stato dell’arte 75 Le aree marine protette istituite 78 Le Aree Marine Protette di prossima istituzione 80 Le Aree Marine Protette di reperimento 81 I punti critici 82

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CAPITOLO 3 - L’Area Marina Protetta Punta Campanella 86

3.1 Peculiarità dell’AMP 86 Il Golfo di Napoli: crocevia biologico del Mar Mediterraneo 86 Inquadramento geologico-strutturale della Penisola Sorrentina 89 Particolarità ecologiche 94 Le associazioni biologiche 97 Necessità di conservazione 102 3.2 Istituzione dell’AMP Punta Campanella 107 Il Decreto Istitutivo del Ministero dell’Ambiente del 12.12.1997 107 L’Ente Gestore 110 Il Decreto Modifica 111 3.3. Le Zone di protezione e i Vincoli 113 Zona A – Riserva integrale 114 Zona B – Riserva Generale 115 Zona C – Riserva Parziale 116

CAPITOLO 4 - Analisi della gestione dell’AMP Punta Campanella dalla sua istituzione 118

4.1 Metodo di analisi 118 Il Programma di gestione delle aree marine protette 119 Il Rendiconto di gestione 122 4.2 Dati economici 125 Esercizio finanziario 1998 125 Esercizio finanziario 1999 128 Esercizio finanziario 2000 133 Esercizio finanziario 2001 139 Esercizio finanziario 2002 145 Esercizio finanziario 2003 151 Esercizio finanziario 2004 158 4.3 Analisi dei dati 165 Programma di Gestione e Valorizzazione 165 Entrata 170 Spesa 172 Avanzo di amministrazione 174 Confronto tra PEG, Entrata, Spesa e Avanzo di Amministrazione 175 Analisi per macrofunzioni 178

CAPITOLO 5 – Considerazioni finali 185

5.1 Discussioni 185 5.2 Conclusioni 189 Bibliografia 193 Ringraziamenti 197 Allegati 199

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Prefazione

La teoria dello sviluppo sostenibile prevede un insieme di principi, di azioni e di

pratiche per costruire un rapporto più equilibrato tra uomo e ambiente.

Questo lavoro di tesi prevede uno studio sulle Aree Protette, che dovrebbero

essere i luoghi privilegiati per l’attuazione delle istanze e la ricerca delle tecniche dello

sviluppo sostenibile, con progetti pilota per la corretta gestione dell’ambiente da

associare a specifici programmi di protezione delle risorse naturali.

In particolare è stata analizzata la gestione dell’Area Marina Protetta (AMP)

Punta Campanella nel contesto del sistema nazionale delle aree naturali protette.

Il primo capitolo è dedicato alla descrizione del contesto storico delle politiche di

protezione dell’ambiente e di conservazione delle risorse naturali in Italia: è stato

descritto il percorso normativo delle aree protette con particolare riferimento al sistema

di protezione nazionale, ai progetti di sistema regionali, e al mondo che ruota attorno

alle aree protette.

Nel secondo capitolo è stato trattato il sistema delle Aree Marine Protette,

particolari strumenti di protezione delle acque, delle coste e dei fondali della nostra

penisola, partendo dalla normativa vigente, per arrivare all’istituzione, alla gestione e

alla situazione attuale delle AMP.

Nel terzo capitolo è stata considerata nello specifico l’AMP Punta Campanella,

con l’analisi delle peculiarità del territorio e delle necessità di conservazione, l’iter

istitutivo, la perimetrazione e la zonazione della riserva secondo i differenti gradi di

tutela previsti dal decreto istitutivo.

Nel quarto capitolo è stata condotta un’analisi della gestione dell’AMP a partire

dai documenti contabili dell’Ente, valutando le politiche messe in atto dal Ministero

dell’Ambiente e dall’Ente gestore nei sette anni di attività che vanno dal 1998 al 2004.

Nel capitolo finale della tesi sono state tratte le conclusioni valutando le criticità,

e le possibili linee guida per i prossimi anni.

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In Italia la corretta gestione del territorio e la protezione degli ambienti naturali

stanno compiendo i primi difficili passi, inevitabilmente contrastati da interessi locali

spesso fortemente condizionati, a cui si deve un danno che non è solo materiale, ma

anche culturale e sociale.

La protezione dell’ambiente nasce come esigenza, necessità, passaggio

fondamentale per far fronte al continuo degrado cui si sta assistendo da circa un secolo a

questa parte.

In passato la natura veniva considerata immutabile, invulnerabile, appena

scalfita dalle molestie dell’uomo, e l’azione sul mondo naturale costituiva una sfera poco

significativa dal punto di vista etico.

Col passare del tempo, però, la scienza e la tecnica hanno mutato radicalmente il

terreno della morale: la natura non è più lo sfondo inalterabile dell’agire, e la sua

sopravvivenza è ormai legata alle nostre scelte.

Da qui nasce l’etica ambientale, ovvero l’esigenza di una riflessione che regoli i

rapporti tra l’uomo e il mondo vivente e che ai diritti del soggetto razionale, aggiunga

quelli del pianeta.

È verso la fine degli anni ‘40 che partono le prime misure per la salvaguardia

dell’ambiente, con leggi, incontri e la nascita di organismi internazionali che prendono a

cuore la questione.

A queste prime attività col tempo se ne aggiungono sempre altre: vere e proprie

conferenze con a tema “La Tutela dell’Ambiente”, come quella di Parigi del 1972, che

termina con una convenzione in cui si definisce il “Patrimonio culturale e naturale

internazionale”, e si evidenzia il dovere che ha ogni stato di identificare, conservare,

presentare e trasmettere alle generazioni future tale patrimonio.

Nel 1980 viene per la prima volta definito lo sviluppo sostenibile (in un libro

pubblicato da IUCN, UNEP e WWF) come “Il mantenimento dei processi ecologici

essenziali per la produzione di alimenti, salvaguardia della diversità genetica nel mondo

animale e vegetale, sviluppo degli ecosistemi”, tema che si rafforza col passare degli anni

e dei convegni: nel rapporto Bruntland (Commissione mondiale su Ambiente e Sviluppo

- 1987) lo sviluppo sostenibile viene così definito: “Non è uno stato di armonia

prefissato, ma piuttosto un processo di cambiamento in cui lo sfruttamento delle risorse,

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la direzione degli investimenti ed i cambiamenti istituzionali vengono resi compatibili

con i bisogni futuri, oltre che con quelli presenti”.

Come si legge nella “Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo” delle

Nazioni Unite nel 1992 lo sviluppo sostenibile viene rappresentato mediante tre cerchi

indicanti le dimensioni

«ambiente», «economia» e

«società», associati all’asse

temporale e spaziale (nord-sud).

Dal diagramma risulta evidente

che i processi economici, sociali

ed ecologici, sono strettamente

collegati tra loro: l’intervento di

attori pubblici e privati non deve

avvenire in modo isolato e

settoriale, bensì deve tenere conto

delle interazioni tra le tre

dimensioni: ambiente, economia

e società.

Dunque le teorie odierne riconoscono l’importanza del “comparto ambiente”, e

individuano anche una serie di pratiche per il raggiungimento di un equilibrio tra le tre

dimensioni, inserendole in un piano di corretta gestione dell’ambiente e del territorio.

Interessante il ruolo che può ricoprire un’area naturale protetta in questo

contesto: essa prevede una visione globale della gestione del territorio nel suo

complesso sia naturale che antropico, insieme a specifici programmi di tutela e

conservazione delle biocenosi caratteristiche.

È importante anche il ruolo che il parco può avere nel recupero di vecchie

tradizioni, in un momento culturale di forti cambiamenti, e il ruolo didattico e

divulgativo per diffondere nella popolazione la sensibilità al rispetto dell’ambiente,

ponendosi l’obiettivo di diventare il polo di riferimento per Enti, Associazioni e

cittadini, intorno al quale far nascere idee e progetti per un corretto rapporto uomo-

ambiente.

Figura 1 – Il concetto delle tre dimensioni

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CAPITOLO 1 – Il mondo delle Aree Naturali Protette

1.1 Il Sistema delle Aree Protette

L’accresciuta consapevolezza dell’importanza dell’ambiente e della necessità

della sua salvaguardia hanno da un lato incentivato l’adozione di politiche di

sviluppo e di stili di vita più rispettosi dell’ambiente, dall’altro stimolato la

nascita e l’evoluzione di una tutela giuridica e normativa ambientale sempre

più organica.

In Italia da circa tre decenni si è intrapreso un interessante e lungo cammino per

la formazione di un sistema di aree protette, ovvero di un insieme di territori

ove prevalga l’interesse naturalistico rispetto a qualunque altro.

Il concetto stesso di area protetta si è evoluto in questo periodo, indicando

dapprima un territorio ove qualsiasi attività umana sia interdetta e poi un

territorio ove si pratica oltre che la protezione e la conservazione integrale della

natura anche una corretta gestione del territorio, destinando alcune zone alle

attività umane ecocompatibili e all’ecoturismo, e vincolando quelle attività che

creano impatti troppo gravosi per l’ambiente.

Per sistema di aree protette si intende l’insieme delle aree protette facenti parte

di un determinato territorio (il sistema delle aree protette della Regione

Campania, per esempio, oppure il sistema APE - Appennino parco d’Europa)

oppure interessate a costruire una rete di strategie di sviluppo sostenibile con

altri Enti che si occupano di protezione della natura, per esempio PANet

(Project Area Network), ovvero un Sistema Europeo delle aree protette che

raggruppa parchi dell’Austria, dell’Italia e Istituti di ricerca della Repubblica

Ceca, della Grecia e della Slovacchia e altri ancora.

Questo è un chiaro esempio di lavoro in rete: gli incontri hanno come obiettivo

quello di far confluire tutte le conoscenze e le diverse esperienze in un unico

sistema di gestione, realizzando anche un manuale di progetto per i sistemi

delle aree protette.

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Il Sistema Nazionale delle Aree Protette raggruppa tutte le aree protette facenti

parte della nostra nazione ed è un progetto politico che intende portar avanti un

insieme coerente, ordinato e sinergico di azioni, di programmi e di progetti

nazionali finalizzati alla migliore conservazione della nostra biodiversità.

Tale progetto è promosso dal Ministero dell’Ambiente in collaborazione con

Federparchi e tutti gli Enti di gestione delle numerose aree protette italiane;

esso si nutre di incontri, conventions, seminari, adozione di politiche comuni,

scambio di informazioni, organizzazione di attività e quant’altro possa essere

utile per la costruzione di una rete di strategie di sviluppo sostenibile comune.

In questo capitolo si analizzerà il sistema della tutela e della conservazione della

natura in Italia.

L’iter legislativo italiano ha seguito le vicende europee e internazionali e,

seppur con un percorso un po’ anomalo, si è raggiunto un obiettivo molto

ambizioso, come dichiarato al convegno tenutosi all’Università di Camerino alla

fine dell’ottobre del 1980, ovvero porre sotto tutela il 10% del territorio italiano

entro il 2001.

È importante tener presente una peculiarità del sistema legislativo della tutela

dell’ambiente: esso è autonomo ed autosufficiente rispetto ad altri settori

specifici del diritto amministrativo, nel senso che trova fondamento in se stesso

e nelle norme statali e regionali corrispondenti alle finalità indicate dalla legge

quadro, ed è strettamente definito dalla delimitazione territoriale.

La normativa sulle aree protette non può essere considerata come un’estensione

o espansione di altre materie: ad essa non sono automaticamente applicabili,

salvo rinvio esplicito, i principi, le discipline e i procedimenti organizzativi di

altre amministrazioni settoriali, ancorché apparentemente analoghe.

Dunque la disciplina delle aree protette è speciale e taglia trasversalmente le

altre discipline generali e settoriali, sovrapponendosi ad essa in caso di

contrasto, e consentendo pertanto l’estensione e la garanzia di protezione

integrale dell’interesse naturalistico che non può essere derogato, reinterpretato

o integrato alla luce di valutazioni compiute da altri organismi o soggetti.

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Scopi e funzioni dei parchi e delle riserve naturali

La finalità globale di un’area protetta è quella di “ricercare, promuovere e

sostenere una convivenza compatibile fra ecosistema naturale ed ecosistema

umano, nella reciproca salvaguardia dei diritti territoriali di mantenimento,

evoluzione e sviluppo” (Giacomini V. e Romani V., 1982).

Figura 2 – Carta delle Aree Naturali Protette in Italia

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Più approfonditamente gli scopi principali di un parco possono essere così

definiti:

• conservazione, tutela e ripristino degli ecosistemi naturali, non intesa

soltanto in una dimensione vincolistica, ma come conservazione attiva che

consideri anche le aree già intaccate da azioni antropiche o eventi natuali e

che nonostante ciò meritano di essere salvaguardate; nel concetto di tutela

ambientale è compresa la tutela delle risorse culturali, dei valori etnici,

antropologici e tradizionali; in tal senso l’area protetta non può prescindere

dalla promozione sociale, economica e culturale delle popolazioni

eventualmente comprese nell’area protetta;

• ricerca scientifica multi- e interdisciplinare, per lo studio di tutti i fenomeni

naturali nei vari biotopi;

• didattica, educativa e formativa allo scopo di fornire a tutta la popolazione e

in particolare a quella in età scolare, un laboratorio vivente di scienze

naturali, che consenta la formazione di una cultura naturalistica,

fondamento per una futura gestione oculata delle risorse del nostro pianeta;

• di ricreazione, turistica e di riposo, allo scopo di plasmare una nuova cultura

del tempo libero proiettata alla conoscenza dell’ambiente naturale, senza

procurare al territorio mutilazioni che compromettano il suo utilizzo da

parte delle generazioni future.

1.2 Il quadro normativo italiano

I principali riferimenti normativi sulle aree protette sono:

• Decreto Presidente Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 - Delega delle

funzioni amministrative delle aree protette alle Regioni.

• Legge 31 dicembre 1982, n. 979 - Legge sulle Aree Marine Protette.

• Legge 8 luglio 1986, n. 349 - Legge istitutiva del Ministero dell’Ambiente.

• Legge 6 dicembre 1991, n. 394 - Legge quadro sulle Aree Protette.

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• Legge 8 ottobre 1997, n. 344 - Disposizioni per lo sviluppo e la

qualificazione degli interventi e dell'occupazione in campo ambientale.

• Legge 9 dicembre 1998, n. 426 - Nuovi interventi in campo ambientale.

La legge di riferimento, che affronta il tema delle aree protette nello specifico e

in modo globale è la legge quadro 394 del 1991. Prima di analizzare la legge

vediamo il percorso attraverso cui si è giunti ad essa, ponendo l’attenzione

sull’attività delle Regioni in questo campo, che risulta essere molto efficace.

Breve cronologia

La normativa sulle aree protette ha seguito tre fasi:

• nella prima fase (fino a metà anni ’70) l’idea di parco coincideva con quella

di riserva, ovvero si trattava di attuare criteri quasi esclusivamente

naturalistici a zone incolte o selvatiche sottratte alle attività produttive

umane; in quanto diritto dell’uomo godere di luoghi gestiti in tal modo, il

compito di salvaguardia viene attribuito alla più alta autorità: lo Stato.

• nella seconda fase (fino a metà anni ‘80) si cominciano ad ipotizzare e

studiare modelli di convivenza tra natura e attività economiche, per cui il

parco rientra nella problematica di controllo sociale del territorio e si

afferma che il territorio del parco deve essere distinto in zone diverse, con

diverse destinazioni d’uso; in questa fase vengono attribuiti agli Enti Locali

e specialmente alle Regioni le funzioni relative alla protezione della natura,

lasciando allo Stato la sola materia dei parchi nazionali.

• Nella terza fase si ritorna al processo di centralizzazione; siamo nel mezzo

degli anni ’80 e, in barba al DPR 616 del 1977 che trasferiva la materia

“protezione della natura” dalla competenza statale a quella regionale, con la

349/86 e con la 59/87 si lascia intendere che lo Stato ha riconquistato il

potere di individuare ed istituire parchi e riserve statali su zone di

importanza statale. I tempi sono ormai pronti per la legge quadro sulle aree

protette.

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Prima fase

Il primo parco

nazionale del mondo

nasce negli Stati Uniti

alla fine del XIX secolo

e precisamente nel

1872, a Yellowstone,

con la costituzione del

parco omonimo.

In Italia, il primo parco

nazionale fu istituito

cinquanta anni dopo, nel 1922, con il Parco Nazionale del Gran Paradiso. Da

quella data sono seguiti il Parco Nazionale D'Abruzzo (1922), il Parco del

Circeo (1934), il Parco Nazionale

dello Stelvio (1935) e, dopo una

stasi di ben trenta anni, il Parco

Nazionale di Calabria (1968). Per

ogni parco nazionale un’apposita

legge istitutiva definisce le finalità,

la regolamentazione delle attività, il

regime autorizzativo e la struttura

dell’ente di gestione.

Nel 1922, stesso anno in cui ebbe

inizio l’istituzione dei parchi

nazionali, fu promulgata in Italia la

prima legge sulla protezione del

paesaggio e dei siti naturali, ispirata ad una concezione di tutela di elementi

“eccezionali” per il loro valore essenzialmente estetico ed educativo, modificata

con la legge 29 giugno 1939 n. 1497 sulla protezione delle “bellezze naturali”,

tuttora vigente e integrata con la legge 8 agosto 1985, n. 431.

Figura 3 – Il Gran Canion di Yellowstone

Figura 4 – Camoscio al pascolo nella vegetazione autunnale del Parco Nazionale

del Gran paradiso

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La tutela della natura e del paesaggio nasce e resta per lungo tempo in Italia

separata dalla pianificazione del territorio. Storia, arte, paesaggio e natura, da

una parte, e città e territorio dall'altra restano separati in sfere autonome,

affidati a responsabilità di diverso livello di governo (centrale e locale) e gestiti

con strumenti diversi (vincoli legali e piani).

In questa fase il concetto di Parco coincide con quello di Riserva: un territorio in

cui non esistono residenze stabili nè attività produttive.

Se questo modello può avere risultati economici in luoghi sconfinati come

Africa o Stati Uniti, portando funzioni economiche propulsive in luoghi

scarsamente popolati, in Europa e in Italia ciò non è realizzabile, visto che la

gran parte del territorio è antropizzato. Per cui si adotta questo modello di

parco-riserva con delle attenuazioni nel senso che alcune attività vengono

consentite previo permesso dell’autorità del parco.

A partire dagli anni sessanta vennero predisposte numerose proposte

legislative di iniziativa parlamentare o di organismi scientifici e ambientalisti

per una legge quadro nazionale sulle aree protette.

Un sintetico richiamo delle principali tappe dell’iter legislativo che ha portato

solo nel 1991 all’approvazione della legge-quadro nazionale può dare conto

dell’evoluzione culturale e politica che la protezione delle aree naturali ha

subito nel tempo.

Le prime proposte di legge sui parchi risalgono al 1964, e già due anni prima

era stato il CNR a porre il problema. Fino agli anni ’70, però, periodo in cui

vengono istituite le regioni, il dibattito e l’interesse per la “conservazione”,

malgrado le proposte di legge, non va molto al di là di ambienti culturali

piuttosto ristretti.

La proposta di legge Ciffarelli del 1970 ha rappresentato la traccia per successivi

progetti. Tale proposta, mentre considerava ancora i parchi come elementi

isolati ed eccellenti da conservare, già introduceva l'esigenza della

pianificazione del parco articolata per zone (zona di riserva integrale, zona di

riserva generale, zona di protezione e controllo).

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Progetti di legge immediatamente successivi, dei primi anni settanta (quello del

Ministero dell'Agricoltura e Foreste e quello d’iniziativa parlamentare),

oscillavano tra la volontà di recuperare il ruolo ministeriale nella politica dei

parchi nazionali e l’individuazione dell'autonomia regionale per i parchi

naturali. Veniva ribadita l’esigenza della pianificazione del parco ed emergeva

come elemento di differenziazione tra parchi nazionali e regionali la finalità

prevalentemente conservativa dei primi e quella anche ricreativa e turistica dei

secondi.

Seconda Fase

A seguito del completamento della regionalizzazione nel 1977, si moltiplicarono

i disegni di legge quadro nazionale in materia di parchi, facendo emergere una

contrapposizione tra tesi “centraliste”’ e “regionaliste”, mentre alcune regioni

iniziavano a formare una propria legislazione sui parchi e ne avviavano

l’istituzione (Lombardia, Piemonte, Toscana).

Sono gli ambientalisti o, più precisamente, i “conservazionisti” ad agitare la

questione, mentre le forze politiche e sociali mostrano ancora scarsa sensibilità

ed interesse. Talune impennate positive si registrano quando l’esigenza di

“conservazione” può giocare un ruolo determinante nella lotta contro grosse

speculazioni edilizie che minacciano, in quegli anni, ambienti di grande pregio.

Alcuni parchi, che saranno istituiti in anni successivi, prendono corpo come

idea - proposta proprio allora, all’insegna di battaglie contro operazioni

scellerate, purtroppo non sempre sconfitte.

Alla fine dell’ottobre 1980 l’Università di Camerino ospitava lo storico

convegno promosso dal WWF Italia e dal Comitato parchi e riserve analoghe

operante nell’ambito del Parco Nazionale d’Abruzzo. Il dibattito si concluse con

la sfida allo Stato e alle Regioni di realizzare entro la fine del secolo un sistema

di aree naturali protette su una superficie pari ad almeno il 10% del nostro

Paese.

All’inizio degli anni Ottanta, nel corso della settima legislatura, dalla

collaborazione tra Ministero dell’Agricoltura e Foreste, Italia Nostra, WWF

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Italia e CAI, prende corpo la prima iniziativa legislativa in materia da parte del

Governo. Ne è fautore il Ministro senatore Giovanni Marcora : il disegno di

legge n. 711 del 7 febbraio 1980 prevedeva, tra l’altro, l’adeguamento dei parchi

nazionali esistenti, la costituzione dei parchi nazionali in enti autonomi (come

già per il Parco d'Abruzzo e per quello del Gran Paradiso), la ripartizione del

territorio del parco in zone con diversificazione di destinazione e tutela,

l’indicazione delle attività vietate perchè incompatibili, l’istituzione di otto

parchi nazionali nonchè di riserve e parchi marini e di un servizio autonomo

per le riserve naturali e, infine, del Consiglio nazionale per la protezione del

patrimonio naturale con compiti di coordinamento, di indirizzo e di controllo

degli enti gestori delle aree naturali protette, affidato alle rappresentanze di

tutti i soggetti interessati (Stato, Regioni, Comunità montane, comunità

scientifica e associazioni ambientaliste). Il disegno di legge Marcora, unificato

con altri, per la fine anticipata dell’ottava legislatura decadde quando già era

all’ordine del giorno dell'aula.

Nel corso degli anni Ottanta il problema della tutela delle aree naturali si inserì

nel quadro più generale della tutela dell’ambiente naturale (progetto di legge

Melandri del 1983). Anche le finalità della legge si modificarono, da quella

strettamente conservazionistica a quella comprendente, oltre alla

conservazione, la valorizzazione e l'ampliamento del patrimonio naturale, cui

avrebbero dovuto concorrere iniziative statali e programmi regionali. Venne

delineata in questa sede la proposta del piano del parco con la relativa

zonizzazione e del programma di sviluppo del parco. Sembra affermarsi in

questo momento una volontà di intervento attivo per la conservazione e

valorizzazione delle aree protette e per l’integrazione della tutela con lo

sviluppo delle comunità locali.

Terza fase

La terza fase di questo processo di evoluzione della normativa italiana in tema

di Aree Naturali Protette comincia con l’istituzione del Ministero dell'Ambiente

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nel 1986, che consente di recuperare parte del ritardo accumulato nei riguardi

degli altri paesi europei.

Quando la decima legislatura (1987-1992) prende avvio, è ancora viva l’eco

della tragedia di Chernobyl. Per la prima volta entra in Parlamento un

drappello di deputati e di senatori verdi che, nonostante le loro provenienze più

disparate, si ripromettono alcuni obiettivi comuni a quelli del movimento

ambientalista.

Anche parlamentari di derivazione prettamente politico-partitica tradizionale

mostrano interesse, attenzione e curiosità verso la problematica ambientale che

improvvisamente ha fatto irruzione nelle istituzioni. La normativa sulle aree

naturali protette è quella che da tempi più remoti è, per così dire, in lista di

attesa: più volte sul punto di essere votata nelle precedenti legislature, era stata

ostacolata e differita dai perenni conflitti di competenze tra Stato e Regioni, per

gli interessi particolaristici di agguerriti e potenti gruppi di pressione in grado

di influenzare diverse componenti del Parlamento, ma anche a causa delle

persistenti sacche di arretratezza culturale sui temi della conservazione della

natura e, infine, per la ragione contingente della reiterata interruzione di alcune

legislature.

Il risultato più concreto è rappresentato dall’istituzione, tra il 1986 e il 1989, di

sei nuovi parchi nazionali, e dall’approvazione , nel 1991, della legge quadro

sulle aree protette, la quale sottolinea a chiare lettere che nella gestione delle

aree protette è necessaria la collaborazione di Stato, Regioni ed Enti Locali con

strutture e procedure che comunque lascino le decisioni finali agli organi tecnici

dell’area protetta e, in ultima istanza, al governo centrale.

In Italia, la legge quadro del 1991 assegna in generale alle aree protette un

ampio ventaglio di finalità, tra cui quella dell’applicazione di metodi di

gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare un’integrazione tra uomo e

ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici,

archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e

tradizionali. In particolare la comunità del parco, l’organo consultivo e

propositivo dell’Ente parco, costituito dai presidenti delle Regioni e delle

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11

Province, dai sindaci dei Comuni e dai presidenti delle Comunità Montane

interessate, ha il compito di promuovere “...nel rispetto delle finalità del parco,

dei vincoli stabiliti dal piano e dal regolamento del parco le iniziative atte a

favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività eventualmente

residenti all’interno del parco e nei territori adiacenti”.

Le iniziative delle Regioni

Con la regionalizzazione, compiutasi verso la metà degli anni Settanta, ha preso

avvio in Italia l’attività di produzione legislativa regionale e di istituzione e

gestione dei parchi naturali. Molte regioni hanno introdotto la pianificazione

dei parchi naturali, quasi vent'anni in anticipo rispetto alla legislazione

nazionale.

L'esperienza dei parchi regionali italiani, ha assunto fin dall’inizio una netta

caratterizzazione a favore di una concezione dei parchi assai più volta alla

valorizzazione che alla passiva conservazione delle risorse naturali.

Notevolmente diversificata è la mappa delle aree protette tra le varie regioni: si

evidenzia una concentrazione di aree protette nel settore settentrionale (il 68,7%

dei parchi regionali complessivi), mentre i settori centrale e meridionale

mostrano carenze (rispettivamente, il 14% e il 17,3% dei parchi regionali

complessivi). I tipi di ambiente tutelati a livello regionale sono in netta

prevalenza montani; circa il 69% delle aree protette complessive comprende

infatti ambiti montani o alpini, e fluviali e soltanto il 2% circa comprende aree

costiere e insulari, nonostante la grande estensione del sistema costiero ed il

significativo patrimonio insulare.

Pur tra molti squilibri e contraddizioni, l’attività regionale ha portato in circa 30

anni a quintuplicare la superficie protetta dei parchi nazionali: oggi esistono

circa 200 aree protette (escluse le riserve), con una superficie complessiva di

1.467.000 ettari contro i 253.937 ettari dei cinque parchi nazionali di vecchia

istituzione, a cui si aggiungono i nuovi parchi nazionali che coprono una

superficie di circa 840.000 ettari.

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Notevole rilevanza ha assunto inoltre l’attività di pianificazione dei parchi,

divenuta in alcune regioni prassi ordinaria. Spiccano, per l’attività di

pianificazione, le Regioni Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna,

provincia di Trento, Toscana, Friuli Venezia Giulia, mentre non hanno ancora

avviato la pianificazione le regioni meridionali e numerose regioni dell’Italia

centrale. Diversificate, anche nell'ambito della stessa regione sono poi le forme

di gestione delle aree protette, anche se accomunate da una rappresentanza

delle popolazioni locali all’interno degli organismi di gestione. La forma più

semplice è quella di affidare in delega ai Comuni le funzioni di direzione e di

amministrazione della tutela, una modalità che viene utilizzata per le aree di

limitata estensione nelle Regioni del Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia

Romagna, Lazio e Campania.

In alcune Regioni, invece, vengono istituiti Comitati di coordinamento (Liguria,

Toscana, Abruzzo), affidando a rappresentanti di Comuni, Province e

Comunità Montane la tutela delle aree protette, senza costituire un vero e

proprio ente strumentale. Più diffusa è la forma di affidamento della gestione a

consorzi degli enti locali (Lombardia, Piemonte, Liguria, Lazio). Ulteriore forma

di gestione è la costituzione di un ente autonomo di gestione costituito da

rappresentanti delle autonomie locali (Piemonte, Liguria, Sicilia, Provincia di

Trento). Unico caso in Italia, la Provincia di Bolzano provvede direttamente alla

gestione delle proprie aree protette.

1.3 La legge quadro sulle aree protette

La legge 394/1991 è caratterizzata dal fatto che essa mira a realizzare un

approccio globale nei confronti delle aree protette, cercando di promuovere e

garantire, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del

patrimonio naturale del paese.

Il vincolo di tutela pertanto viene introdotto al fine di perseguire non solo la

conservazione delle specie animali e vegetali, delle loro associazioni, delle

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formazioni geologiche, paleontologiche, ma altresì, contestualmente, la tutela

dei processi culturali, degli equilibri idraulici, idrogeologici ed ecologici.

Gli aspetti più qualificanti della legge

La legge 6 dicembre 1991 n. 394 è stata approvata in via definitiva alla Camera

dei deputati il 20 novembre 1991 ed è entrata in vigore il successivo 28

dicembre. Si è parlato di un evento “storico” e il giudizio ci sembra

condivisibile. Infatti dagli incerti passi dei primi decenni del secolo, quando la

conservazione della natura era intesa unicamente come tutela delle bellezze del

paesaggio, si è pervenuti finalmente ad una normativa organica e unitaria cui è

sottesa una visione più globale, comprensiva anche della protezione dei valori

ecologici e scientifici.

Gli aspetti più qualificanti della legge possono essere sintetizzati nei termini

seguenti:

• Lo Stato può istituire nuovi parchi nazionali. La legge è anche

provvedimento-istituzione: stabilisce ed elenca i nuovi parchi nazionali.

Considerando l’apporto finanziario che la normativa assicura in conto

capitale anche alle Regioni, è sicuramente prevedibile il superamento (tra

Stato, Regioni, altri Enti pubblici e privati) della soglia del 10% di superficie

nazionale destinata ad aree naturali protette, indicata dal convegno di

Camerino del 1980 quale obiettivo “minimo irrinunciabile”.

• Le Regioni hanno potestà legislativa oltre che amministrativa in materia di

parchi naturali regionali e sono tenute ad adeguare la loro legislazione ai

principi generali della legge e alle norme di riforma economico-sociale

introdotte all’art. 22.

• Gli articoli 9 e 32 della Costituzione (e non l'art. 117) sono la sorgente

costituzionale da cui scaturisce la legge.

• Non si possono istituire aree naturali protette ovunque, ma soltanto

laddove, secondo valutazione scientifica confortata dai risultati della ricerca,

sia opportuno o urgente apprestare una particolare tutela di “valori estetici,

scientifici, ecologici di raro pregio”.

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• Nelle aree naturali protette compete priorità alla conservazione, che è valore

“in suscettivo di essere subordinato a qualsiasi altro interesse”, compreso

quello economico. Conseguentemente il piano del parco è sovraordinato agli

altri strumenti di pianificazione e le iniziative economico-sociali debbono

ottenere per questo il parere vincolante del consiglio direttivo dell’Ente

parco.

• Il principio di leale collaborazione tra Stato, Regioni ed Enti Locali impronta

tutti i momenti decisionali più delicati e importanti concernenti l’istituzione

e la gestione dei parchi nazionali.

• Il piano del parco si estrinseca nella zonazione che stabilisce i diversi usi e

gradi di tutela in considerazione delle emergenze naturalistiche, dei valori

ecologici ed estetici, delle preesistenze edilizie inevitabili.

• La distinzione fra aree naturali protette internazionali, nazionali, regionali e

locali dipende dalla dimensione degli interessi e dei valori: nelle sue

decisioni l’autorità politica dovrebbe sempre attenersi alle indicazioni e

proposte scientifiche fondate sui risultati della ricerca.

• Le competenze congiunte di amministrazione diretta e di alta consulenza

attribuite al Consiglio centrale dei parchi nazionali e al Consiglio dei parchi

e delle altre aree protette sono scisse dalla legge 394/1991 fra Comitato

(amministrazione attiva) e Consulta tecnica (consulenza tecnico-scientifica).

• L’inclusione nel consiglio direttivo dell’Ente parco degli esperti di

designazione della comunità scientifica e delle associazioni di protezione

ambientale è un riconoscimento della competenza tecnica e del ruolo etico-

politico di quella parte della società civile che concorre al perseguimento di

finalità di interesse pubblico ambientale-naturalistico, anche attraverso

dirette esperienze di gestione di aree naturali protette (infatti l’Università di

Camerino, il WWF Italia, la LIPU, il FAT e Federnatura amministrano oasi e

riserve naturali).

• I benefici fiscali e le altre misure agevolative (artt. 7, 16, 37) sono incentivi

che trovano il loro fondamento costituzionale negli artt. 9 e 32 di cui le aree

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naturali protette rappresentano una forma di attuazione nell’ambito della

conservazione della natura (art. 1).

• La Comunità del parco è organo dell’Ente, con cospicua rappresentanza nel

consiglio direttivo (5 consiglieri), e con funzioni consultive e compiti

promozionali (predispone il piano economico-sociale). La Comunità del

parco è stata concepita per rinsaldare il rapporto tra parco e popolazioni e

superare i tradizionali conflitti che hanno a lungo travagliato l’attività dei

parchi nazionali preesistenti alla legge.

Risultati ottenuti e critiche

La legge 394/91 ha prodotto indubbi risultati positivi: ha portato all’istituzione

fino ad ora di ben 6 nuovi parchi nazionali (Parco del Cilento e della Valle del

Diano, del Gargano, del Gran Sasso e Monti della Laga, del Vesuvio, della

Maiella, della Val Grande); ha fornito un quadro normativo e organizzativo

unitario a tutti i parchi nazionali e criteri unitari per i parchi regionali; ha

definito la procedura per l’istituzione dei parchi e delle riserve marine; ha

introdotto una precisa classificazione delle aree naturali protette ed un loro

elenco ufficiale, ha consentito l’avvio della definizione della Carta della Natura

che individua lo stato dell’ambiente naturale in Italia.

Anche ammettendo che la Legge 394/91, data la sua complessa articolazione,

richiederà un certo numero di anni per produrre tutti i suoi effetti, non si può

negare che la sua applicazione sia proceduta troppo lentamente, accumulando

notevoli ritardi e non poche inadempienze.

Al momento dell’insediamento del Governo Prodi (1996), dopo quasi cinque

anni dall’approvazione della legge quadro sulle aree protette, nessun parco

nazionale aveva la pianta organica operativa, circa la metà dei parchi mancava

del direttore, i finanziamenti erano talmente esigui da non consentire un

normale funzionamento degli Enti Parco. Senza l’operatività degli Enti Parco

non si potevano fare nè i regolamenti del parco, nè i piani del parco, nè

tantomeno definire i piani per lo sviluppo economico e sociale delle comunità

locali. Questi ritardi hanno, fra l’altro, indebolito la credibilità dei nuovi parchi

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nazionali e alimentato le critiche al nuovo sistema delle aree protette avviato

dalla legge 394/91.

Tali ritardi e tali inadempienze sono dovuti principalmente a: una struttura del

Ministero dell'Ambiente precedente alla legge 394/91 e non adeguata ai nuovi

onerosissimi compiti; un impegno contenuto dei Governi e del Parlamento;

procedure amministrative troppo complesse e burocratiche; un livello

inadeguato di comunicazione e di collaborazione fra Stato, Regioni ed Enti

locali.

In discussione non sono naturalmente le sue finalità, ma le modalità, le

procedure, gli strumenti che avrebbero dovuto assicurare e consentire quella

“leale collaborazione” istituzionale che è la condizione fondamentale per la

costruzione di un sistema nazionale di aree protette: in alcuni casi il rapporto

Regioni-Stato si è esplicato ed è stato gestito alla vecchia maniera, in una

estenuante e sempre frammentaria trattativa tra uffici ministeriali e Regioni e

con gli stessi parchi, al di fuori di qualsiasi visione di insieme e trasparenza.

Per fortuna i decreti Bassanini, modificando di fatto la legge hanno aperto

nuove prospettive alla collaborazione tra Stato e Regioni, così ad oggi con

grande fatica, alcuni ritardi (non ancora tutti) sono stati recuperati: quasi tutti

gli Enti Parco sono in grado di funzionare con presidenti, direttori, consigli

direttivi, comunità del parco, piante organiche e la gran parte degli statuti; gli

stanziamenti ordinari sono aumentati significativamente.

È chiaro quindi che la legge 394/91 è coinvolta anche in un dibattito

istituzionale che riguarda due aspetti essenziali: il rapporto fra Stato, Regioni ed

Autonomie locali e la programmazione e la gestione del territorio e delle attività

economiche. L'obiettivo generale di conservazione e valorizzazione di queste

aree, democraticamente condiviso, deve essere perseguito da tutto il sistema

istituzionale con funzioni differenziate: dallo Stato, dalle Regioni, dalle

Province, dai Comuni e dalle Comunità montane. Lo Stato deve garantire in

primo luogo, anche se non in misura esclusiva, l’attuazione degli accordi

internazionali, delle direttive e delle politiche europee; deve garantire la tutela e

la valorizzazione, nel breve e nel lungo periodo, del patrimonio naturale e

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ambientale del paese. Questo patrimonio naturale e ambientale va conservato

per obbligo internazionale e perché è una risorsa strategica per il paese.

Per quanto riguarda le aree naturali protette di interesse regionale, la legge

394/91 ha stabilito dei principi fondamentali attraverso norme-quadro che sono

tutte improntate all’attribuzione alle autonomie locali da parte delle Regioni di

ruoli e funzioni rilevanti come la partecipazione delle Province, delle Comunità

Montane e dei Comuni ai procedimenti di istituzione dell'area protetta.

Dunque i temi toccati dalla legge quadro sono molteplici e non possono essere

tutti esaminati in questo lavoro. Per esempio uno dei più discussi, che ha

suscitato numerosi conflitti locali è il divieto di attività venatorie, stabilito dalla

legge 394/91, nelle aree naturali protette, sia nei parchi nazionali, che in quelli

regionali. Alla base di questo divieto vi sono studi scientifici che dimostrano

che la fauna selvatica, disturbata e ridotta di numero dal prelievo venatorio,

tende a rifugiarsi nelle zone meno accessibili, non sempre le più idonee alla

riproduzione, rischiando pesanti riduzioni delle popolazioni che sono

difficilmente valutabili preventivamente.

In conclusione, con la

legge 394/91 si è

realizzato un difficile e

delicato equilibrio che

consente una estesa

partecipazione delle

comunità locali ed una

leale collaborazione con

le Regioni in forme

compatibili col carattere

dei parchi nazionali ed

in forme improntate ad una forte autonomia nella istituzione e gestione dei

parchi e delle riserve regionali. Rompere questo delicato equilibrio rischia di

ridurre l’impegno dello Stato in un settore decisivo di rilevanza internazionale e

nazionale. Mettere a rischio il necessario carattere unitario e coordinato di

Figura 5 – Esemplare di pino loricato nel Parco Nazionale del Pollino

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queste politiche e non attivare un ruolo adeguato delle Regioni (solo 11 hanno

conformato la loro normativa regionale alla 394/91) e degli Enti locali,

indebolirebbe altresì il sistema delle aree naturali protette.

1.4 La classificazione delle aree protette

La differente realtà ambientale delle aree protette impone la necessità di

differenziare per categorie le aree stesse, in modo da assicurare da un lato

sufficiente omogeneità di raggruppamento, in base a caratteri comuni, e d’altro

lato corrispondenza piena tra caratteristiche dell’area e strumenti di protezione.

La differenziazione per categorie, del resto, discende direttamente oltre che da

realtà di fatto anche da correnti di pensiero scientifico internazionale che, pur

non costituendo vincolo in senso giuridico, sono un preciso punto di

riferimento, anche ai fini di un avvicinamento delle legislazioni.

La classificazione delle aree protette tiene conto di due fattori diversi:

l’ampiezza dell’area da proteggere e il differenziato regime di tutela. In ordine

di ampiezza:

• i parchi naturali costituiscono le più ampie aree di protezione;

• le riserve naturali e le zone di particolare rilevanza ambientale sono di

regola medie aree di protezione;

• i monumenti naturali corrispondono a beni di piccola entità e superficie.

Il regime di protezione di fatto risulta essere direttamente proporzionale alle

qualità intrinseche del bene ambientale. E’ questa una immediata conseguenza

del concetto di bene ambientale, costituito non dalla somma di singole cose

unitarie, ma da un valore di interesse pubblico che accomuna le cose stesse in

un unico complesso.

La politica di protezione quindi deve stabilire quali attività umane vadano

escluse, in quanto incompatibili con gli obiettivi di interesse pubblico collettivo

alla conservazione e al potenziamento del bene ambientale.

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Da quanto esposto discende che a maggiore valore naturalistico deve

corrispondere maggiore protezione, nonchè maggiore limitazione alle attività

antropiche e viceversa.

La protezione per il parco naturale assume, dunque, una duplice funzione: da

un lato la tutela delle singole componenti di particolare pregio ambientale,

dall’altro la tutela, il coordinamento e il recupero dell’ambiente nel suo insieme

unitario di aree, normalmente composite e di differente rilievo naturalistico.

La classificazione fatta dal Ministero dell’Ambiente suddivide le Aree Protette

in:

¯ Parchi nazionali: sono “aree di eccezionale importanza e complessità

naturalistica, di vasta estensione e di valore e interesse internazionali,

rappresentative di ambienti unici o tipici di un certo territorio, famosi anche per

la presenza di particolari entità o associazioni vegetali o animali". Ogni parco

nazionale ha la sua particolare regolamentazione che stabilisce anche i limiti

territoriali quantitativi o qualitativi delle modifiche apportabili all’ambiente per

lo sviluppo controllato del turismo e delle altre attività umane.

¯ Parchi regionali: sono “aree di notevole estensione, spesso coincidenti con un

comprensorio naturale non ancora trasformato dalla civiltà industriale

metropolitana, idoneo per vocazione ad assolvere finalità composite, tra le

quali, accanto alla esigenza prioritaria della conservazione, trovino giusto posto

anche gli scopi della ricreazione, della educazione e del tempo libero”. Spesso

per dette aree, in sede di istituzione, è stata prevista la realizzazione di appositi

piani di conservazione e di sviluppo, alcuni dei quali fanno ricorso ad una

suddivisione del territorio in zone omogenee sottoposte a vari gradi di tutela:

da quella integrale, a quella guidata, alla zona preparco in cui sono ammesse le

infrastrutture ricettive per il turismo, quelle ricreative, sportive etc.

¯ Riserve naturali e rifugi faunistici: sono “aree di estensione limitata, a volte

addirittura identificabili con un singolo biotopo, fenomeno o entità naturale,

pregevoli sul piano ecologico e paesaggistico, significative dal punto di vista

scientifico e rappresentative di aspetti di determinati territori”.

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Ne sono un esempio: le riserve naturali integrali, in cui l'accesso ai visitatori è

vietato e l’ecosistema viene lasciato all’evoluzione naturale, costituendo

pertanto un modello per la gestione “naturalistica” delle aree circostanti; le

riserva naturali orientate, in cui vengono effettuati interventi guidati da parte

dell’uomo, allo scopo di “orientare” l’evoluzione dell’ecosistema verso un

determinato modello culturale; le riserve biogenetiche, istituite allo scopo di

conservare particolari caratteristiche genetiche delle specie che vivono al loro

interno, o perchè queste sono in pericolo di estinzione o per riprodurle e

riutilizzarle; le riserve faunistiche, che proteggono l’ambiente vitale per

determinate specie animali. Proprio per la loro specifica natura, le riserve

naturali sono generalmente inserite in un’area tutelata più ampia e con diverse

finalità istitutive.

¯ Zone umide di interesse internazionale: sono costituite da aree acquitrinose,

paludi, torbiere oppure zone

naturali o artificali d’acqua,

permanenti o transitorie

comprese zone di acqua marina

la cui profondità, quando c’è

bassa marea, non superi i sei

metri che, per le loro

caratteristiche, possono essere

considerate di importanza

internazionale ai sensi della

convenzione di Ramsar.

¯ Aree Marine Protette – titolo V - art. 25 - L. 979/82 – “…sono costituite da

ambienti marini, dati dalle acque, dai fondali e dai tratti di costa prospicienti

che presentano un rilevante interesse per le caratteristiche naturali,

geomorfologiche, fisiche, biochimiche con particolare riguardo alla flora e alla

fauna marine e costiere e per l’importanza scientifica, ecologica, culturale,

educativa ed economica che rivestono”.

Figura 6 – Fenicotteri rosa nell’area delle zone umide di Arborea, Oristano, Sardegna

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¯ Zone di protezione speciale (ZPS): designate ai sensi della direttiva

79/409/Cee, sono costituite da territori idonei per estensione e/o localizzazione

geografica alla conservazione delle specie di uccelli di cui all'allegato I della

direttiva citata, concernente la conservazione degli uccelli selvatici.

¯ Zone speciali di conservazione (Zsc): designate ai sensi della direttiva

92/43/Cee, sono costituite da aree naturali, geograficamente definite e con

superficie delimitata, che:

• contengono zone terrestri o acquatiche che si distinguono grazie alle loro

caratteristiche geografiche, abiotiche e biotiche, naturali o seminaturali

(habitat naturali) e che contribuiscono in modo significativo a

conservare, o ripristinare, un tipo di habitat naturale o una specie della

flora e della fauna selvatiche di cui all'allegato I e II della direttiva

92/43/Cee, relativa alla conservazione degli habitat naturali e

seminaturali e della flora e della fauna selvatiche in uno stato

soddisfacente a tutelare la diversità biologica nella regione paleartica

mediante la protezione degli ambienti alpino, appenninico e

mediterraneo;

• sono designate dallo Stato mediante un atto regolamentare,

amministrativo e/o contrattuale e nelle quali siano applicate le misure di

conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno stato di

conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle popolazioni

delle specie per cui l'area naturale è designata.

Tali aree vengono indicate come Siti di importanza comunitaria (Sic).

¯ Altre aree naturali protette: sono aree (oasi delle associazioni ambientaliste,

parchi suburbani, zona a tutela biologica, ecc.) che non rientrano nelle

precedenti classi. Si dividono in aree di gestione pubblica, istituite cioè con leggi

regionali o provvedimenti equivalenti, e aree a gestione privata, istituite con

provvediementi formali pubblici o con atti contrattuali quali concessioni o

forme equivalenti.

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II sistema delle aree naturali protette è costituito da 772 Aree Naturali Protette.

Tali aree sono inserite in un Elenco Ufficiale, previsto dalla Legge quadro sulle

Aree Protettte, che viene periodicamente aggiornato.

L'Elenco Ufficiale attualmente in vigore Tabella 1 è quello relativo al V

Aggiornamento, approvato con delibera Conferenza Stato Regioni del 24.07.03 e

pubblicato nel S.O. n.144 alla G.U. 205 del 4.09.03.

Tipologia di Area Protetta numero Sup. terrestre Ha Sup. marina Ha

Parchi Nazionali 22 1.342.518,00 71.812,00

Aree Marine Protette 20 0,00 190.082,00

Riserve Naturali Statali 146 122.753,10 0,00

Altre Aree (Santuario Cetacei) 3 0,00 2.557.258,00

Parchi Naturali Regionali 105 1.175.110,83 0,00

Riserve Naturali Regionali 335 214.221,01 1,284,00

Altre Aree Protette Regionali 141 57.248,91 18,40

TOTALI 772 2.911.851,85 2.820.673,40

Tabella 1 – Elenco Ufficiale delle Aree Naturali Protette in Italia

1.5 Aree Naturali Protette Nazionali

In quanto interesse di rilievo nazionale l’istituzione e la gestione di aree protette

è di competenza dello Stato e in particolare del Ministero dell’Ambiente.

Il regolamento per l'organizzazione del Ministero dell'Ambiente e della Tutela

del Territorio assegna alla Direzione per la Protezione della Natura (reparto

Conservazione della Natura e reparto Difesa del Mare, art. 10 L. 349/86) le

competenze relative alla gestione delle aree protette, e in particolare:

• predisposizione delle proposte dei programmi per la tutela e lo sviluppo

sostenibile delle aree protette e vigilanza sull'attuazione di tali programmi;

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• istruttorie relative alla istituzione dei Parchi nazionali e delle riserve naturali

dello Stato;

• predisposizione degli atti normativi ed amministrativi relativi alla

istituzione ed alla gestione delle aree naturali protette;

• supporto amministrativo e tecnico per l'esercizio delle funzioni della

Consulta delle aree naturali protette;

• elaborazione di programmi per la promozione della educazione ambientale

e della formazione e dell'occupazione giovanile nelle aree protette;

• erogazione delle risorse finanziarie e vigilanza amministrativa e contabile

nei confronti degli Enti parco, supporto tecnico allo sviluppo delle attività

degli Enti parco;

• predisposizione della relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della

394/91, e sul funzionamento ed i risultati della gestione dei parchi nazionali.

La Direzione per la Protezione della Natura, per lo svolgimento dei suoi

compiti istituzionali, si avvale della segreteria tecnica per le aree marine

protette (STAMP), istituita in attuazione dell'art. 2 comma 14 della L. 426/98,

con competenze riguardo il coordinamento delle attività appunto delle Aree

Marine Protette.

La segreteria è composta da dieci esperti di elevata qualificazione (art.2, comma

14, L. 426/98) individuati ai sensi dell'articolo 3, comma 9, della legge 394/91.

La Segreteria Tecnica per le Aree Marine Protette ha competenza (art.2, comma

14, legge 426/98) per l'istruttoria preliminare relativa all'istituzione e

all'aggiornamento delle AMP, per il supporto alla gestione, al funzionamento

nonché alla progettazione degli interventi da realizzare anche con

finanziamenti comunitari nelle stesse.

La conservazione dei territori naturali che ancora mantengono inalterate le

matrici ecosistemiche rappresenta il punto focale dell'attività della Direzione

per la Protezione della Natura. Attraverso la tutela e la valorizzazione delle aree

naturali possono essere avviate concrete iniziative a salvaguardia della natura

in modo da razionalizzare la gestione del territorio e delle sue risorse.

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Le misure conservative vengono realizzate attraverso l'individuazione dei

territori terrestri e marini nei quali promuovere l'istituzione di riserve naturali

statali e parchi nazionali, che attualmente occupano circa 1.300.000 ha, e la

definizione dei criteri di gestione, unitamente all'elaborazione di norme

generali di indirizzo e coordinamento.

Il coordinamento della rete nazionale delle aree protette, operato dalla

Direzione per la Protezione della Natura, permette, così, di rispondere

all'esigenza della tutela attraverso l'identificazione di obiettivi unitari.

I Parchi Nazionali rappresentano il fiore all’occhiello delle attività di protezione

svolte dal Ministero dell’Ambiente. Essi rappresentano le misure di gestione

più vecchie mai adottate, infatti si parla di parchi nazionali storici quali quelli

del Gran Paradiso o d’Abruzzo, che vennero istituiti nel lontano 1922 in linea

con le prime tendenze

internazionali di tutela

della natura.

Parchi Nazionali

Oggi nel nostro paese vi

sono 22 parchi nazionali

istituiti (Figura 7), e 3 in

attesa dei provvedimenti

attuativi.

Complessivamente

coprono oltre un milione

e mezzo di ettari, pari al

5 % circa del territorio

nazionale.

Il parco nazionale

integra e completa la

salvaguardia operata dai parchi regionali, e viceversa, occupandosi di territori

alquanto vasti e coinvolgendo diverse decine di Comuni.

Figura 7 - Carta dei

parchi nazionali

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Accanto ad una differenza amministrativa dunque (in quanto è istituito e

dipende dal Ministero dell'Ambiente) il parco nazionale presenta una

differenza dalle altre forme di protezione anche per la gestione di un territorio

ampio, variegato, con una significativa presenza umana.

Oltre alla pianificazione e alla vigilanza dunque, il parco nazionale deve

esaltare la sua missione di strumento di collegamento e valorizzazione delle

realtà locali che devono trovare nella bellezza (e delicatezza) del territorio su cui

abitano l'elemento di coesione, la risorsa chiave del loro sviluppo.

Un ruolo importante nell'intervento statale di tutela stanno assumendo i parchi

marini, destinati a proteggere in modo integrato tratti di mare e di costa (spesso

intere isole o arcipelaghi) che presentano componenti ambientali e

paesaggistiche ad un tempo eccezionali e caratteristiche del Mediterraneo.

Istituzione

L’art. 34 comma 1 della legge quadro istituisce direttamente una serie di parchi

nazionali e prevede l’istituzione di altri parchi nelle aree di reperimento

individuate dal comma 6 del medesimo articolo. La procedura per l’istituzione

di questi parchi nazionali è quella prevista dal comma 3 dell’art. 34 della legge

quadro e cioè il Ministro dell’ambiente provvede alla delimitazione provvisoria

dei parchi nazionali sulla base degli elementi conoscitivi e tecnico-scientifici

disponibili presso i servizi tecnici nazionali, le amministrazioni dello Stato e le

Regioni.

L’art. 8 della legge quadro, inoltre, dispone che essa debba avvenire con decreto

del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell’ambiente che

deve essere preceduto dall’intesa con le Regioni interessate, ai sensi dell’art.3

della legge n. 426 del 1998.

Con il medesimo provvedimento oppure con ordinanza successiva, il Ministro

dell’ambiente, sentite le Regioni e gli enti locali interessati, adotta le misure di

salvaguardia (art. 6 legge 394/91) necessarie per garantire la conservazione

dello stato e dei luoghi; attraverso le misure di salvaguardia, quindi, vengono

disciplinate tutte le attività che possono essere svolte nelle varie zone del

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territorio del parco, come tipicamente, il divieto di edificare nel territorio

compreso nel perimetro del parco. L’applicazione di queste misure si protrae

comunque sino all’entrata in vigore del piano e del regolamento del parco (art.

18 legge 394/91).

Ente parco

La gestione del parco è affidata a un apposito ente, (art. 9 legge 394/91), che è

l’ente parco, che ha personalità di diritto pubblico, sede legale e amministrativa

nel territorio del parco ed è sottoposto alla vigilanza del Ministero

dell’ambiente.

La legge quadro sulle aree protette agli artt. 9, 10,11, 12 e 14 individua gli organi

e gli strumenti di gestione dell’Ente Parco per perseguire le finalità istitutive del

Parco e i più generali obiettivi di conservazione e sviluppo sostenibile.

Gli organi di gestione che compongono l'Ente Parco sono:

• il Presidente

• il Consiglio Direttivo

• la Giunta Esecutiva

• il Collegio dei Revisori dei Conti

• la Comunità del Parco

Il Presidente è nominato con decreto del Ministro dell'ambiente, d'intesa con i

presidenti delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano nel

cui territorio ricada in tutto o in parte il parco nazionale. Il Presidente ha la

legale rappresentanza dell'Ente parco, ne coordina l'attività, esplica le funzioni

che gli sono delegate dal Consiglio direttivo, adotta i provvedimenti urgenti che

sottopone alla ratifica del Consiglio Direttivo nella seduta successiva.

Il Consiglio direttivo è formato dal Presidente e da dodici componenti,

nominati con decreto del Ministro dell'ambiente, scelti tra persone

particolarmente qualificate per le attività in materia di conservazione della

natura o tra i rappresentanti della Comunità del parco, secondo le seguenti

modalità:

• cinque, su designazione della Comunità del Parco;

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• due, su designazione delle associazioni di protezione ambientale

individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, scelti

tra esperti in materia naturalistico-ambientale;

• due, su designazione dell'Accademia nazionale dei Lincei, della Società

botanica italiana, dell'Unione zoologica italiana, del Consiglio nazionale

delle ricerche e delle Università degli studi con sede nelle province nei

cui territori ricade il parco; in caso di designazione di un numero

superiore a due la scelta tra i soggetti indicati è effettuata dal Ministro

dell'ambiente;

• uno, su designazione del Ministro dell'agricoltura e delle foreste;

• due, su designazione del Ministro dell'ambiente.

Il Consiglio direttivo delibera in merito a tutte le questioni generali ed in

particolare sui bilanci, che sono approvati dal Ministro dell'ambiente di

concerto con il Ministro del tesoro, sui regolamenti e sulla proposta di piano per

il parco, esprime parere vincolante sul piano pluriennale economico e sociale,

elabora lo statuto dell'Ente parco, che è adottato con decreto del Ministro

dell'ambiente, d'intesa con la regione.

La Giunta esecutiva è eletta dal Consiglio direttivo ed è formata da cinque

componenti, compreso il Presidente, secondo le modalità e con le funzioni

stabilite nello statuto

dell'Ente Parco.

Il collegio dei revisori dei

conti è nominato con

decreto del Ministro del

tesoro ed è formato da tre

componenti scelti tra

funzionari della Ragioneria

generale dello Stato ovvero

tra iscritti nel ruolo dei

revisori ufficiali dei conti.

Essi sono designati: due dal Ministro del tesoro, di cui uno in qualità di

Figura 8 – Antiche tradizioni: filatura della lana nel Parco Nazionale ValGrande, Verbania, Piemonte

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Presidente del Collegio; uno della regione o, d'intesa, dalle regioni interessate. Il

Collegio dei revisori dei conti esercita il riscontro contabile sugli atti dell'Ente

parco secondo le norme di contabilità dello Stato e sulla base dei regolamenti di

contabilità dell'Ente parco, approvati dal Ministro del tesoro di concerto con il

Ministero dell'ambiente.

La comunità del parco è costituita dai presidenti delle regioni e delle province,

dai sindaci dei comuni e dai presidenti delle comunità montane nei cui territori

sono ricomprese le aree del parco. La comunità del parco è organo consultivo e

propositivo dell'Ente parco, il suo parere è obbligatorio:

• sul regolamento del parco;

• sul piano per il parco;

• sul bilancio;

• delibera, previo parere vincolante del Consiglio direttivo, il piano

pluriennale economico e sociale e vigila sulla sua attuazione.

Inoltre la Comunità del parco elegge al suo interno un Presidente e un Vice

Presidente.

Gli organi dell'Ente parco durano in carica cinque anni ed i membri possono

essere confermati una sola volta.

Strumenti di gestione

Una concreta e razionale gestione del patrimonio naturale, culturale ed

economico compreso nel sistema delle aree protette, può essere realizzata

adottando gli organi e gli strumenti di gestione introdotti dalla Legge Quadro

n. 394 del 6 dicembre 1991.

La legge quadro introduce negli artt. 11, 12 e 14 (Regolamento del Parco - Piano

per il parco - Iniziative per la promozione economica e sociale) gli strumenti di

gestione adottati dall'Ente parco e dalla Comunità del parco per l'elaborazione

di specifiche politiche di sviluppo delle aree parco che, attraverso il

coinvolgimento delle popolazioni interessate, possano conciliare gli obiettivi di

conservazione della natura con quelli di sviluppo socio-economico.

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? Piano per il parco – Con l’approvazione della 394 la pianificazione territoriale

del parco, attraverso il Piano del Parco, è diventata uno dei momenti più

qualificativi ed importanti per l’organizzazione del parco stesso e per la sua

gestione. A tale riguardo è bene precisare che “nelle aree naturali protette

compete priorità gerarchica alla conservazione, che è valore insuscettivo di

essere subordinato a qualsiasi altro interesse”, compreso quello economico, e di

tale primarietà deve ovviamente tenere conto il piano del parco. A tal fine esso

è sovraordinato agli altri strumenti di pianificazione e per tale ragione le

iniziative economico-sociali debbono ottenere il parere vincolante del consiglio

direttivo dell’Ente Parco, ivi compreso il Piano Pluriennale di sviluppo socio-

economico predisposto dalla Comunità del Parco.

L'Ente parco persegue la tutela dei valori naturali ed ambientali attraverso la

predisposizione del piano per il parco, entro sei mesi dall’istituzione (il piano

viene poi adottato dalla regione entro i successivi quattro mesi, sentiti gli enti

locali), che disciplina quanto segue:

• l'organizzazione generale del territorio;

• vincoli, destinazioni di uso pubblico o privato e norme di attuazione

relative con riferimento alle varie aree o parti del piano;

• sistemi di accessibilità veicolare e pedonale con particolare riguardo ai

percorsi, accessi e strutture riservati ai disabili, ai portatori di handicap e

agli anziani;

• sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la funzione sociale del

parco, musei, centri di visite, uffici informativi, aree di campeggio,

attività agroturistiche;

• indirizzi e criteri per gli interventi sulla flora, sulla fauna e sull'ambiente

naturale in genere.

Si tratta dunque di prevedere l’organizzazione strutturale dell’intera area

destinata a parco con l’approfondimento di alcune questioni specifiche.

? Regolamento del parco – Disciplina l'esercizio delle attività consentite entro il

territorio del parco rispettando le caratteristiche proprie del parco stesso. Il

regolamento è adottato dall’Ente Parco anche contestualmente al Piano per il

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Parco e comunque non oltre sei mesi dall’approvazione del medesimo. Esso

disciplina in particolare:

• la tipologia e le modalità di costruzione di opere e manufatti;

• lo svolgimento e la circolazione del pubblico con qualsiasi mezzo di

trasporto;

• lo svolgimento delle attività di ricerca scientifica e biosanitaria;

• i limiti alle emissioni sonore, luminose;

• lo svolgimento delle attività da affidare a interventi di occupazione

giovanile, di volontariato, con particolare riferimento alle comunità

terapeutiche, e al servizio civile alternativo;

• l'accessibilità nel territorio del parco attraverso percorsi e strutture

idonee per disabili, portatori di handicap e anziani.

Non è possibile per il regolamento del parco disciplinare le problematiche di cui

sopra senza una base conoscitiva e valutativa appropriata. Il piano potrà essere

lo strumento di supporto ideale per assumere qualunque decisione rispetto alle

questioni sopra elencate.

? Piano pluriennale economico e sociale – La Comunità del parco per promuovere

le iniziative atte a favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività

residenti all'interno del parco, entro un anno dalla sua costituzione elabora un

piano pluriennale economico e sociale. Il piano prevede:

• la concessione di sovvenzioni;

• la predisposizione di attrezzature, impianti di depurazione e per il

risparmio energetico, servizi ed impianti di carattere turistico-

naturalistico;

• l'agevolazione o la promozione, anche in forma cooperativa, di attività

tradizionali artigianali, agro-silvo-pastorali, culturali, servizi sociali e

biblioteche, restauro;

• iniziative volte a favorire lo sviluppo del turismo e delle attività locali,

nel rispetto delle esigenze di conservazione del parco;

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• attività ed interventi diretti a favorire l'occupazione giovanile ed il

volontariato, nonchè l'accessibilità e la fruizione, in partcolare per i

portatori di handicap;

• l'organizzazione, d'intesa con la regione o le regioni interessate, di

speciali corsi di formazione al termine dei quali viene rilasciato il titolo

ufficiale ed esclusivo di guida del parco.

Il piano ha durata quadriennale.

? Misure d’incentivazione – Ai Comuni ed alle Province il cui territorio è

compreso in tutto o in parte entro i confini di un parco nazionale è attribuita

priorità nella concessione di finanziamenti statali e regionali richiesti per la

realizzazione di alcuni interventi come ad esempio: il restauro di centri storici

ed edifici di particolare valore storico-culturale; recupero dei nuclei abitati

rurali; attività culturali nei campi di interesse del parco; agriturismo, attività

sportive ecocompatibili, etc...

È necessario, dunque, guidare le politiche di incentivi e sviluppo, e il piano per

il parco deve fornire le indicazioni di base per i primi orientamenti in merito.

Zone di protezione

La legge quadro pone l'obiettivo di coniugare le esigenze di conservazione e

salvaguardia del patrimonio naturale con gli interessi delle popolazioni locali

attraverso l'avvio di forme di sviluppo sostenibile all'interno dell'area protetta.

La tutela dei valori naturali e ambientali, che la Legge affida all'Ente Parco, è

perseguita attraverso lo strumento del piano per il parco, che suddivide il

territorio in funzione del diverso grado di protezione. Il territorio del Parco è

dunque articolato "in aree o parti caratterizzate da forme differenziate di uso,

godimento e tutela". La zonizzazione del parco prevede quindi:

• riserve integrali (Zona A) – nelle quali l'ambiente naturale è conservato

nella sua integrità.

• riserve generali orientate (Zona B) – nelle quali è vietato costruire nuove

opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti, eseguire opere di

trasformazione del territorio. Possono essere tuttavia consentite le

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utilizzazioni produttive tradizionali, la realizzazione delle infrastrutture

strettamente necessarie, nonchè interventi di gestione delle risorse

naturali a cura dell'Ente Parco. Sono altresì ammesse opere di

manutenzione alle opere esistenti.

• aree di protezione (Zona C) – nelle quali, in armonia con le finalità

istitutive e in conformità ai criteri generali fissati dall'Ente Parco,

possono continuare, secondo gli usi tradizionali ovvero secondo metodi

di agricoltura biologica, le attività agro-silvo-pastorali nonché di pesca e

raccolta dei prodotti naturali, ed è incoraggiata anche la produzione

artigianale di qualità.

• aree di promozione economica e sociale (Zona D) – facenti parte del

medesimo ecosistema, più estesamente modificate dai processi di

antropizzazione, nelle quali sono consentite attività compatibili con le

finalità istitutive del Parco e finalizzate al miglioramento della vita socio-

culturale delle collettività locali e al miglior godimento del parco da

parte dei visitatori.

La zonizzazione delle aree protette, nonostante rappresenti una evoluzione del

concetto di parco, che comprende la protezione integrale della natura e la

corretta gestione del territorio, è una componente essenziale ma non sufficiente

per la regolamentazione di un’area protetta. La rigida suddivisione in zone ha

già messo in luce tutti i suoi limiti negli insuccessi della passata pianificazione

urbanistica e territoriale: nella pianificazione dei parchi, dove si esaltano le

dinamiche evolutive di significative e qualificanti presenze naturali, si rendono

ancora più indispensabili criteri di analisi e di progetto interdisciplinari

(coinvolgenti competenze che vanno dal naturalista allo storico) capaci di

cogliere la complessa articolazione degli equilibri ecosistemici.

L’artificiosità propria della zonizzazione che porta all’individuazione di confini

tra aree destinate a gestioni diverse rischia di alterare l’unità organica del

territorio del parco, vocato in prima istanza alla conservazione delle risorse

naturali. E la necessità di comprendere all’interno del parco un sistema di

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riserve bioconnesse non puo considerarsi mero traguardo normativo, ma

piuttosto l’essenza istitutiva del parco stesso.

Le riserve dovranno considerarsi come il “cuore” ed il motivo dell’esistenza

dell’intero sistema parco, la cui sopravvivenza dipende esclusivamente dai

rapporti che si vengono a stabilire tra riserve e parti periferiche. In particolare è

necessario ricercare un governo dell’area protetta capace di garantire la rigida

conservazione delle risorse naturali all’interno delle riserve ed il controllo del

sistema di relazioni già esistenti o nascenti tra riserve, aree di protezione, aree

di promozione, zone contigue e ambiti territoriali limitrofi. Si è in presenza

dunque di forme di pianificazione specialistica e di settore opportunamente

raccordate con la pianificazione ordinaria.

Riserve Naturali Statali

Come i parchi nazionali, anche le riserve naturali statali sono individuate,

istituite e disciplinate dallo Stato sentita la Conferenza unificata stato-regioni :

esse sono istituite ai sensi della legge n. 426 del 1998 con decreto del Ministro

dell’ambiente d’intesa con le Regioni sul cui territorio insiste la riserva statale. Il

decreto istitutivo della riserva statale deve determinare i confini e il relativo

organismo di gestione, precisarne le caratteristiche principali, le finalità

istitutive e i vincoli principali, stabilendo altresì indicazioni e criteri specifici cui

devono conformarsi gli strumenti di gestione della riserva e cioè il piano di

gestione e il relativo regolamento attuativo, adottati dal Ministro dell’ambiente

d’intesa con le Regioni.

Aree Marine Protette

Le Aree Marine Protette “..sono costituite da ambienti marini dati dalle acque,

dai fondali e dai tratti di costa prospicienti che presentano un rilevante interesse

per le caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche, biochimiche, con

particolare riguardo alla flora e alla fauna marine e costiere e per l’importanza

scientifica, ecologica, culturale, educativa ed economica che rivestono”.

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La legge 31 dicembre 1982, n. 979, affida all’Ispettorato centrale per la difesa del

mare (allora direzione generale del ministero della Marina Mercantile, poi dal

1994, del Ministero dell’Ambiente) il compito istituzionale della difesa del mare,

non solo come tutela dell’ambiente marino e difesa del mare e delle coste

dall’inquinamento, ma altresì come promozione e valorizzazione delle risorse

marine. Le zone di particolare valore naturalistico da destinare ad aree marine

protette, le cosiddette aree di reperimento, sono individuate dalla legge 31

dicembre 1982 n.979 e dalla legge 6 dicembre 1991 n. 394.

L’AMP Punta Campanella viene già menzionata nella prima legge ed è oggetto

di studio di questa tesi.

1.6 Aree Naturali Protette Regionali

Il D.P.R. 616/77 ha segnato una tappa fondamentale nel processo di crescita

delle aree protette in Italia: con il trasferimento delle competenze in materia di

aree protette dallo Stato alle Regioni e con la conseguente istituzione da parte

delle stesse dei Parchi Naturali, si interrompono decenni di assoluto silenzio e

di inattività.

I parchi naturali regionali, oltre ad aumentare sensibilmente la complessiva

superficie di territorio nazionale protetto, hanno dato l'avvio ad una stagione di

dibattito e di innovazione concettuale sui temi della forma, del ruolo e della

gestione delle aree protette.

In particolare le aree protette regionali, sulla base delle analoghe esperienze

condotte in altri Paesi europei, hanno saputo adattare il primitivo modello di

parco nordamericano alla complessa realtà dell'antropizzato mondo italiano: la

novità apportata da questi parchi è stata quella di aver cercato di coniugare la

conservazione delle risorse naturali con l'uso sociale delle stesse e con la ricerca

dello sviluppo compatibile per le popolazioni insediate.

I parchi si sono così proposti come terreno di sperimentazione ecologica

permanente, dove, con un nuovo approccio culturale ed economico, si riesca a

definire un modello di gestione territoriale da estendere al resto del Paese.

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Le aree protette regionali coprono oggi una superficie di più di un milione di

ettari. Sulla scena di questo processo si stanno ora affacciando (a seguito

dell'approvazione della legge quadro nazionale e della legge 142/90 sul

decentramento delle competenze) anche le Province con la creazione di proprie

aree protette.

Principi della 394/91

I principi fondamentali contenuti nella 394/91 e relativi alle Aree Naturali

Protette Regionali sono:

• la partecipazione degli Enti Locali interessati sia nell’istituzione delle

aree protette, sia nella gestione, come “la possibilità di affidare la

gestione alle comunioni familiari montane, anche associate tra loro,

qualora l’area protetta sia in tutto o in parte compresa tra i beni agro

silvo pastorali costituenti patrimonio delle comunità stesse”;

• l’istituzione di aree naturali protette regionali viene effettuata

utilizzando soprattutto i demani e i patrimoni forestali della Regione,

Provincia o Comune;

• per aree protette che insistono sul territorio di più regioni l’istituzione

avviene d’intesa tra le Regioni interessate;

• è vietata l’attività venatoria, salvo prelievi faunistici ed abbattimenti

selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici in conformità al

regolamento.

Parchi Regionali

Istituzione

I parchi naturali regionali vengono istituiti da una legge regionale che definisce

la perimetrazione provvisoria e le misure di salvaguardia, individua il soggetto

per la gestione del parco e indica gli elementi del piano per il parco, nonché i

principi del regolamento del parco.

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La gestione può essere anche affidata ad enti di diritto pubblico o consorzi tra

enti locali od organismi associativi, istituiti ad hoc. Per la gestione dei servizi

del parco possono essere stipulate convenzioni con enti pubblici, soggetti

privati o comunioni familiari montane.

Organizzazione amministrativa

Gli organi al solito si dividono in:

• il Presidente

• il Consiglio Direttivo

• la Giunta Esecutiva

• il Collegio dei Revisori dei Conti

• la Comunità del Parco

Lo statuto del Parco prevede la forma organizzativa più appropriata al tipo di

realtà, indicando i criteri per la designazione del consiglio direttivo, la

designazione del presidente, i poteri dei vari organi, etc.

Gli enti di gestione possono avvalersi sia di personale proprio che di personale

comandato dalla regione o da altri enti pubblici.

Strumenti di gestione

Piano del parco – è adottato dall’organismo di gestione e viene approvato dalla

regione. Tale documento ha valore di piano paesistico e urbanistico e sostituisce

gli altri piani paesistici e urbanistici di qualsivoglia livello.

Piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività

compatibili – è adottato dall’organismo di gestione del parco, tenuto conto del

parere espresso dagli enti locali territorialmente interessati, viene approvato

dalla regione e può essere aggiornato di anno in anno. Tale piano ha come

obiettivo quello promuovere e coordinare le iniziative atte a favorire la crescita

economica, culturale e sociale delle comunità residenti.

Le risorse finanziarie provengono, oltre che da erogazioni o contributi a

qualsiasi tipo da enti pubblici o privati, dai diritti e dai canoni riguardanti

l’utilizzo dei beni mobili e immobili del parco.

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In ultimo la 394/91 prevede da parte del Ministero dell’Ambiente la

promozione di accordi di programma tra Stato, regione ed enti locali,

individuando gli interventi da realizzare per il perseguimento delle finalità.

1.7 Il mondo che ruota attorno ai parchi

Una volta analizzato il sistema normativo legato alle aree protette, e gestito dal

Ministero dell’Ambiente, passiamo a capire quali sono gli altri soggetti

impegnati nel lavoro che quotidianamente si svolge nelle aree protette di tutta

Italia.

Mi riferisco agli operatori che lavorano per completare le attività svolte dagli

Enti Parco, sia ai livelli più alti della gestione (rapporti con il Ministero –

Federparchi), sia nei rapporti con la comunità locale o con i fruitori delle aree

protette (cooperative e associazioni).

Federparchi

La Federazione Italiana dei Parchi e delle Riserve Naturali, fondata nel 1989, è

un'associazione volontaria di promozione sociale; essa riunisce 140 soci tra

Parchi nazionali e regionali, Riserve terrestri e marine, Amministrazioni e

Associazioni, che gestiscono quasi 300 aree protette per una superficie superiore

ai 2.500.000 ettari.

Federparchi opera, d’intesa con tutti i soggetti che agiscono nel campo della

tutela e della valorizzazione dell’ambiente, per promuovere la creazione del

sistema nazionale delle aree protette. Per questo obiettivo strategico

l’Associazione:

• partecipa alla elaborazione teorica, alla progettazione ed alla attuazione

dei grandi programmi di sistema;

• promuove il collegamento internazionale tra enti e istituzioni di tutela;

Federparchi rappresenta il Sindacato dei Parchi, ovvero fa da interfaccia tra gli

Enti Parchi e il Ministero dell’Ambiente portando all’attenzione di quest’ultimo

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le istanze che emergono dai continui e frequenti incontri tra i rappresentanti dei

parchi ove si discute di problemi, iniziative e comunicazione all’interno del

Sistema delle Aree Protette Italiane. Essa inoltre, nel rispetto dell’autonomia dei

soci, rappresenta gli enti gestori delle aree naturali protette nei confronti degli

organismi dell’Unione Europea e, d’intesa con i Coordinamenti regionali, nei

confronti delle Regioni e degli Enti locali.

Per cui si può dire che l’Associazione opera in sintonia e d’intesa con le

Istituzioni pubbliche nazionali, regionali e locali, con le associazioni e con gli

organismi che agiscono nel campo della tutela e della valorizzazione

dell’ambiente naturale, per promuovere la creazione del sistema nazionale delle

aree protette.

• favorisce la collaborazione tra i soci e la circolazione delle conoscenze e

delle esperienze gestionali;

In attuazione degli scopi per cui è stata istituita, Federparchi favorisce la

collaborazione, la circolazione delle informazioni, lo scambio delle conoscenze e

delle esperienze tra le aree protette e promuove il recepimento delle indicazioni

degli organismi nazionali ed internazionali per la tutela delle risorse naturali e

per lo sviluppo sostenibile del pianeta.

• attua lo studio e la definizione di metodologie per la sostenibilità delle

attività umane in territori fragili;

• sviluppa attività di informazione e divulgazione.

L’Associazione inoltre svolge tutte le attività di studio, di ricerca, di

divulgazione e di educazione ambientale, anche su incarico di altri soggetti

pubblici e privati, che permettano di stimolare e promuovere lo sviluppo del

sistema nazionale delle aree protette e dei singoli enti gestori dei parchi e delle

riserve, favorendo altresì metodi di gestione improntati all’allargamento della

democrazia e della partecipazione.

In conclusione Federparchi rappresenta una grande sovrastruttura di cui sono

dotati i parchi e le riserve naturali in Italia. Il suo ruolo si estrinseca in centinaia

di azioni che vanno dalla organizzazione di incontri seminari e dibattiti alla

gestione di un sito di rilevanza internazionale (www.parks.it – il portale dei

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parchi italiani) alla presentazione di documenti presso il Ministero

dell’Ambiente e redatti in collaborazione con i gestori delle aree protette.

L’esperienza fatta dall’AMP Punta Campanella

Uno di questi documenti è stato preparato nel novembre 2003 proprio presso

l’AMP Punta Campanella. I precedenti incontri tra Federparchi e i Responsabili

delle AMP avevano evidenziato la necessità di costruire una politica di sistema

per le Riserve Marine, anche per affrontare temi scottanti che vanno dalla

gestione amministrativa e contabile al problema del marketing. Si è pensato

dunque di organizzare le attività in gruppi di lavoro formati dai Direttori delle

AMP in base alle specifiche competenze e al fattore “posizione geografica della

Riserva”. Per cui all’AMP Punta Campanella fu affidato il coordinamento del

gruppo di lavoro “Gestione ed Amministrazione”, composto dai Direttori delle

AMP: Isola di Ventotene, Penisola del Sinis, Capo Carbonara, Torre Guaceto.

Il gruppo di lavoro, in seguito a tre incontri, ha elaborato due documenti finali:

proposta di interpretazione o integrazione della direttiva concernente la

definizione del profilo di direttore o responsabile di una AMP e costituzione del

relativo rapporto;

regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, con previsione di pianta

organica di base, da proporre per l’adozione da parte di tutte le AMP.

Entrambi i documenti sono di grossa importanza per la gestione quotidiana

dell’AMP, in particolare il secondo che sulla scorta dei regolamenti adottati dal

Comune e dagli Enti Pubblici locali, rappresenta un punto di riferimento per la

gestione delle attività dell’Ente: esso prevede una nuova organizzazione

dell’AMP suddivisa in tre settori: amministrativo, finanziario-contabile, tecnico-

manutentivo, ognuno dei quali presieduto da un responsabile. L’AMP inoltre,

come previsto dal documento, verrebbe dotata di strutture di staff suddivise in :

- obbligatorie: Commissione di Riserva, Centro Visite, Comitato tecnico-

scientifico;

- facoltative: Centro di Educazione Ambientale (CEA), Osservatorio sulle

attività dell’AMP, altro.

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Il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi contiene anche il

primo dei documenti su citati e presentati dal gruppo di lavoro prima ad una

riunione con tutti i responsabili delle AMP e Federparchi, e poi al Ministero

dell’Ambiente. Le modifiche alla direttiva proposta dal Ministero per la scelta

dei Responsabili dell’AMP consistevano nel definire i requisiti che bisogna

avere per essere inseriti nella rosa dei “Responsabili di una AMP” in modo da

rendere l’albo accessibile anche a persone qualificate ma con pochi anni di

esperienza come dirigente in amministrazioni pubbliche.

La proposta presentata al Ministero prevedeva anche la definizione del

rapporto contrattuale: contratto a progetto a prestazione esclusiva della durata

di tre anni e non legato ai mandati elettivi degli organi politici del soggetto

gestore. Si tratta di misure atte a garantire continuità al lavoro svolto dall’Ente

Gestore dell’AMP. Il documento è tutt’ora in visione presso il Ministero

dell’Ambiente.

Cooperative ed Associazioni Ambientaliste

In genere con il termine “Servizi del Parco “ si intende tutta quella gamma di

attività che il parco promuove per la fruizione compatibile del territorio

protetto. Si va dalle semplici escursioni a piedi, alla gestione di aree pic-nic, o

alla promozione di campagne di monitoraggio o di studio, fino alla gestione di

vere e proprie strutture associate al parco come i Centri Visita o i Centri di

Educazione Ambientale.

Come si legge all’inizio di questo capitolo uno degli scopi principali di un’area

protetta è proprio quello di promuovere le istanze dello sviluppo sostenibile, a

partire dal territorio protetto che rappresenta un laboratorio vivente di scienze

naturali, che consenta la formazione di una cultura naturalistica, fondamento

per una futura gestione oculata delle risorse del nostro pianeta.

Tali attività vengono di solito svolte da gruppi di operatori che organizzati in

associazioni o piccole cooperative, trasformano in un linguaggio comune alla

comunità locale o all’insieme dei visitatori delle aree protette tutte le attività che

l’Ente Parco svolge e principi per i quali opera.

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Questa tipologia di organizzazione del lavoro nelle aree protette ha reso

possibile l’avvicinamento per tanti ragazzi al fantastico mondo delle aree

protette.

Le organizzazioni più rappresentative di questa categoria sono:

WWF

Il World Wide Fund for Nature, fondato in Svizzera l'11 settembre 1961 da

scienziati, naturalisti e personalità di tutto il mondo preoccupate per il degrado

della natura nel pianeta, è la più grande organizzazione mondiale dedicata alla

conservazione della natura. Grazie al supporto di quasi 5 milioni di persone,

lavora incisivamente in più di 90 paesi. In oltre 40 anni di attività, ha contribuito

alla tutela degli ambienti naturali più minacciati della Terra e alla salvaguardia

di molte specie animali a rischio di estinzione. In Italia il WWF è attivo dal 1966

e grazie al sostegno di 260.000 soci ha messo al sicuro più di 30.000 ettari di

natura: le Oasi.

L'associazione è strutturata in uffici nazionali che operano nei singoli Paesi in

modo indipendente ma in coerenza con i programmi e gli obiettivi posti dal

WWF Internazionale. Oltre alle sedi nazionali il WWF opera anche attraverso

"Uffici di programma" mirati alla realizzazione di specifici progetti di

conservazione spesso transnazionali.

La sede del WWF Internazionale è a Gland, in

Svizzera. In Italia il WWF è strutturato con uno staff

centrale a Roma, e 20 sezioni regionali dove lavorano

altrettanti segretari regionali. L'associazione è

fortemente presente sul territorio grazie a circa 230

sezioni locali dove operano attivisti, gruppi locali o

volontari che agiscono sul territorio con una

incessante azione di denuncia, vigilanza, o di

supporto alle campagne nazionali.

Le attività del WWF nelle aree protette sono:

? gestione di aree protette – si tratta di aree di

Figura 9 – Riserva naturale Cratere degli

Astroni

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proprietà dell’Associazione o gestite sulla base di affitti, concessioni,

accordi con proprietà, pubbliche e private. Si parla di un vero e proprio

sistema gestito in modo coerente, i cui obiettivi sono:

- Conservazione di campioni rappresentativi di ecosistemi

particolarmente rari o minacciati, aree di eccezionale valore

naturalistico ed habitat di specie in pericolo di estinzione;

- Sensibilizzazione ed educazione ambientale;

- Sviluppo della ricerca scientifica;

- consolidare modalità e tecniche di gestione delle aree naturali

protette, esempi concreti di sviluppo sostenibile.

Il territorio protetto nelle 132 aree gestite dal WWF è di circa 32.000

ettari, di cui circa 26.000 gestiti direttamente, 5.000 gestiti in

collaborazione con altri enti o posti sotto l’egida del WWF, circa 1.000

ettari sono i Rifugi (piccole aree gestite dal WWF a livello locale, con

finalità didattiche e sperimentali, dove vengono svolte azioni particolari

o che sono il risultato o l’oggetto di progetti finalizzati). Il WWF gestisce

anche due Riserve Marine (Miramare e Torre Guaceto) e 4 Oasi Blu

(Scogli di Isca, Gianola, Villa di Tiberio e Monte Orlando).

? gestione di specifici servizi per le aree protette – per esempio gestione di

strutture associate ai parchi come i Centri Visita, i Centri di educazione

ambientale o i Centri di recupero per la fauna selvatica.

? attività di promozione, informazione, formazione, divulgazione, sensibilizzazione,

attraverso campagne informative, campi di volontariato, turismo

sostenibile, progetti nelle scuole, educazione ambientale.

Legambiente

Tutela dell'ambiente, difesa della salute dei cittadini, salvaguardia del

patrimonio artistico italiano... sono molti i campi in cui Legambiente è

quotidianamente impegnata, a livello nazionale e locale. Alle grandi battaglie si

affianca inoltre la quotidiana attività degli oltre centodiecimila soci e degli oltre

duemila tra circoli e classi per l'ambiente sparsi su tutto il territorio nazionale:

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numeri che fanno di Legambiente la più diffusa associazione ambientalista

italiana, circa 1000 sedi in Italia coordinate dai comitati regionali che fanno capo

a legambiente nazionale con sede a Roma.

Particolarmente sviluppato è l’impegno di Legambiente per le aree protette

intese sì come misure di protezione degli ecosistemi più delicati e preziosi, ma

anche come strumenti formidabili per creare sviluppo e lavoro in settori

strategici e oggi molto penalizzati, come il turismo, l’agricoltura, l’artigianato e

la gestione dei beni culturali.

Questo impegno si traduce in progetti e attività specifiche, come i progetti

strategici per i grandi sistemi ambientali quali APE - Appennino Parco

d’Europa, ITACA - la rete delle aree marine protette delle isole minori o CIP —

Coste Italiane Protette, tutti progetti

mirati al consolidamento e rafforzamento

della Rete Ecologica Nazionale.

Si tratta di proposte concrete per integrare

la politica delle aree protette con le altre

politiche territoriali, orientandole verso la

sostenibilità, per promuovere uno

sviluppo che metta a frutto lo

straordinario valore aggiunto

rappresentato dai tesori di natura e

cultura che custodiamo.

L’attività di Legambiente nelle aree

protette si concretizza anche attraverso le

campagne "storiche" dell’associazione,

che coinvolgono ogni anno centinaia di persone:

- Goletta Verde che promuove anche le aree marine protette con Profondo Blu;

- Salvalarte per la tutela e il recupero del patrimonio culturale;

- Spiagge e Fondali Puliti;

- Puliamo il Mondo, nelle aree protette ribattezzato Puliamo il Parco;

Figura 10 – Due delle tre unità di Goletta Verde all’opera

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- In fondo al Mar e Li Voglio Vivi per la valorizzazione delle risorse delle aree

marine protette;

- i campi di Volontariambiente;

- Piccolagrandeitalia finalizzata all’approvazione della proposta di legge in

favore dei piccoli comuni;

- Carovana delle Alpi, viaggio attraverso il sistema ambientale alpino, nel quale

sperimentare politiche di sviluppo sostenibile.

Tante poi sono le iniziative specifiche per la conservazione della natura e lo

sviluppo sostenibile a partire da :

- ReteNatura, il sistema attraverso il quale Legambiente gestisce,

direttamente o in collaborazione con altri Enti, più di 55 aree tra oasi e

riserve naturali;

- i progetti Life natura e Life Ambiente, destinati alla tutela di habitat e

specie di interesse comunitario e allo sviluppo di tecniche e metodologie

ambientali innovative;

- la Campagna nazionale anti-incendio boschivo condotta in diversi parchi

nazionali;

- il Centro nazionale di allevamento di mastini abruzzesi, in

collaborazione con il Parco nazionale della Majella.

Numerose le iniziative per la valorizzazione delle produzioni di qualità come

l’Atlante dei prodotti tipici dei parchi italiani e Le Lane dei Parchi, per esempio

o delle attività di educazione ambientale come i Centri di educazione

ambientale.

Il sistema di Legambiente per la conservazione e la valorizzazione della natura

Natura e Territorio è un progetto nato per promuovere e mettere in rete tra loro

le numerose esperienze di adozione del territorio da parte delle strutture locali

di Legambiente.

L'associazione gestisce direttamente o in collaborazione con altri soggetti, 55

aree nelle quali ha avviato attività di conservazione, fruizione e divulgazione

della natura. Natura e Territorio interessa oasi e riserve naturali, siti di

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importanza comunitaria e aree protette di interesse locale, aree faunistiche e

floristiche, rifugi e centri natura, aree geologiche e archeologiche, coinvolgendo

un territorio di oltre 10.000 ettari di superficie. Buona parte di queste sono

inserite nell'elenco ufficiale delle aree protette, in quanto ambienti di

significativo valore naturalistico, e sono sottoposti ad una scrupolosa e rigorosa

azione di tutela che assicura la loro più piena e corretta fruizione da parte dei

cittadini. Natura e Territorio comprende inoltre siti un tempo profondamente

degradati che, come avviene nella più tipica metodologia di intervento di

Legambiente, sono stati riqualificati dall'azione e dalla partecipazione del

volontariato, e trasformati in aree ad alto interesse naturalistico fruibili dai

cittadini.

LIPU

Nel 1965 inizia la storia della LIPU, la prima Associazione che in Italia si occupa

di protezione della natura, e il cui

scopo “...è quello di realizzare

azioni concrete per difendere la

natura selvatica e tutte le creature

che vi abitano, con particolare

attenzione nei confronti degli

uccelli che fungono da ottimi

indicatori ambientali”.

42.000 sostenitori, 100 Sezioni

locali, migliaia di Volontari, una

rete di 58 Oasi e Centri Recupero

visitati ogni anno da più di

200.000 persone, fanno della

LIPU la principale associazione

italiana per la protezione degli

uccelli.

Figura 11 – Le Oasi (in rosso) e i Centri di Recupero (in blu) LIPU

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Conservare la natura partendo proprio dalla protezione degli uccelli e dei loro

habitat, educare i giovani al rispetto del mondo in cui viviamo, sensibilizzare

l'opinione pubblica su temi importanti come la tutela dell'ambiente e

l'attenzione alla salute, questi sono i principali obiettivi definiti dallo Statuto

dell'associazione. Le attività della LIPU si possono dividere in 4 grandi aree:

Le strutture dedicate alla natura - la LIPU gestisce una rete di:

• 45 Oasi - dove la natura è protetta (segnale rosso);

• 9 Centri Recupero - dove gli uccelli e gli altri animali feriti vengono curati

(segnale blu);

• Centri Cicogna - per la reintroduzione della Cicogna bianca in Italia.

I progetti di conservazione e di studio - la LIPU realizza:

• progetti sul campo - per la tutela di specie e habitat minacciati;

• progetti di ricerca - per approfondire la conoscenza di particolari specie o

per valutare l'impatto ambientale delle attività dell'uomo;

• servizi di consulenza per la gestione naturalistica del territorio.

Le iniziative di educazione per diffondere una nuova etica ambientale:

• educazione ambientale nelle scuole;

• campagne di sensibilizzazione dell'opinione pubblica.

Le attività di lobby e di vigilanza:

• promozione di leggi che tutelano la natura, in campo locale, nazionale e

internazionale;

• monitoraggio del territorio grazie ad un servizio di Guardie volontarie -

per controllare l'attività venatoria e combattere il bracconaggio .

Cooperative

Le Cooperative legate al mondo dei parchi e della natura lavorano per lo più

nei campi dell’educazione ambientale, del turismo verde e della gestione di

strutture per conto di aree protette, come centri visite o centri di educazione

ambientale.

Negli ultimi anni la politica del Ministero dell’Ambiente è stata quella di

preferire tali forme di organizzazioni, rispetto a quelle associative per

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l’affidamento di incarichi. Le ragioni di tale scelta vanno ricercate in una

struttura economica più consolidata per le società cooperative, quindi maggiori

garanzie che tale tipo di organizzazione offre per quanto riguarda la gestione

delle risorse economiche che vengono trasferiti alle cooperative per svolgere gli

incarichi ad essa affidati dall’Ente Parco, o, se si tratta per esempio di un’Area

Marina Protetta, dal Ministero dell’Ambiente.

Una Cooperativa è dunque un’associazione di persone, che si riuniscono per il

raggiungimento e il soddisfacimento di un bisogno comune con una precisa

scelta di campo: da una parte i bisogni dell’uomo e la solidarietà al centro

dell’interesse, dall’altra il profitto come una condizione operativa da rispettare,

per essere efficienti e garantire la crescita sociale ed economica dei soci.

Figura 12 – Escursioni con le Guide Ambientali Escursionistiche

Concentrate soprattutto nella regione centro-settentrionale del nostro paese, con

picchi nella zona dell’Emilia Romagna, Toscana, Veneto e Lazio, le cooperative

che lavorano con finalità legate alla protezione della natura svolgono di solito le

seguenti attività:

• educazione ambientale – nelle scuole, negli ambienti aperti, nelle

manifestazioni, accompagnano adulti, ragazzi e bambini alla scoperta dei

"segreti" della natura e delle tradizioni culturali delle popolazioni.

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• escursioni – conducono i gruppi in tutte le stagioni e negli ambienti più

diversi, compresi parchi ed aree protette, dalla montagna fino alla costa ed

al mare, utilizzando modi differenti per muoversi come a piedi, in mountain

bike, a cavallo, in canoa, a nuoto, in immersione subacquea ed altri ancora.

• gestione di servizi e progetti legati all’ambiente per conto di Enti Pubblici.

Il 1994 rappresenta un anno chiave per gli operatori delle aree protette: viene

presentata in tutte le Regioni e Province Autonome italiane la proposta di legge

della A.I.G.A.E. (Associazione Italiana Guide Ambientali Escursioniste) per la

disciplina dell’attività professionale della Guida ambientale Escursionista.

Grazie allo sforzo di questa associazione si inizia a delineare una nuova figura

professionale, la Guida Ambientale Escursionista, che racchiude tutte le attività

menzionate sopra. Laureati in scienze biologiche o in lettere moderne,

diplomati all’ISEF, specialisti di sport estremi, le guide ambientali escursioniste

lavorano in completa autonomia per quel che concerne la gestione di tutti gli

aspetti riguardanti la propria professione: la peculiarità consiste nel fatto che

ogni Guida si relaziona all’ambiente secondo le sue specifiche caratteristiche.

Le conventions dei parchi

Il mondo dei parchi, come si è ripetuto varie volte nel corso di questo capitolo,

rappresenta oramai una realtà molto estesa che racchiude più di settecento aree

protette, dai piccoli monumenti naturali ai grandi parchi nazionali. Come tutte

le realtà di questa portata, necessita di momenti di incontro all’interno dei quali

si mettono in mostra le attività svolte da ogni ente parco, principalmente per

scambiare informazioni, in linea con le politiche di sistema di cui si parlava

sopra.

Seminari, dibattiti, momenti di formazione, oramai non si contano più le

conventions lungo tutto l’arco dell’anno, organizzate di solito dagli Enti Parco

in collaborazione con Federparchi, Istituzioni universitarie o di protezione della

natura, ma anche in collaborazione con Enti Pubblici o associazioni

ambientaliste. Tali appuntamenti rappresentano l’occasione per:

• conoscere e condividere risultati raggiunti ed esperienze realizzate;

Page 58: LA GESTIONE DELL’AMP PUNTA CAMPANELLA NEL … · Punta Campanella nel contesto del sistema nazionale delle aree naturali protette. Il primo capitolo è dedicato alla descrizione

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• far maturare progetti comuni e promuovere prodotti ed iniziative del

parco;

• incontrare operatori del settore e conoscere lo stato dell’arte dei diversi

settori della conservazione della natura e dello sviluppo sostenibile.

Alcuni di questi incontri sono diventati degli appuntamenti fissi per gli

operatori dei parchi, come per esempio:

? Mediterre – la fiera dei parchi del mediterraneo che di solito si tiene

all’inizio della primavera nella zona del Salento. Promossa dalla Regione

Puglia, dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e dalla

Federparchi, e alla sua terza edizione, Mediterre è una manifestazione dedicata

ai parchi e alle aree naturali protette del Mediterraneo, nata per favorire

rapporti di scambio e collaborazione tra i diversi soggetti interessati a vario

titolo alla loro gestione.

? Eco & equo – mostra mercato nazionale dei prodotti ecocompatibili ed

equo-solidali e vetrina su parchi, aree protette e attività legate alla cultura del

territorio, che si tiene ad Ancona nel periodo autunnale (ottobre – novembre).

Eco & equo viene organizzata da Regione Marche e Ente Regionale per le

Manifestazioni Fieristiche in collaborazione con Agices, l’Assemblea generale

che rappresenta le organizzazione del commercio equo presenti da oltre

quindici anni nelle nostre città. Tale evento è la continuazione di un vecchio

appuntamento per i produttori che lavorano in aree protette: Parco Produce.

? Borsa Verde del Vallo della Lucania - nasce dalla volontà di promuovere lo

sviluppo dell'ecoturismo mediterraneo.

Numerosi sono anche gli incontri che si svolgono a livello regionale, come per

esempio:

? Parchi in Mostra - Manifestazione per la promozione e lo sviluppo dei

territori protetti della Campania (Parchi Nazionali, Parchi Regionali, Parchi

Marini, aree protette, oasi) e per l’avvio di un percorso regionale di educazione

ambientale, destinato ai cittadini tutti e in particolare ai giovani.

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Ancora da citare, sono una serie di momenti di formazione organizzati dalle

stesse cooperative ed associazioni ambientaliste di cui si è parlato in precedenza

in questo paragrafo.

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CAPITOLO 2 – Le Aree Marine Protette

2.1 La protezione dell’ambiente marino

Il contesto internazionale

E’ in una fase relativamente recente che il problema della protezione

internazionale dell’ambiente marino ha cominciato a presentarsi in maniera

sempre più evidente all’attenzione degli operatori giuridici, sia di diritto

interno che di diritto internazionale.

Infatti l’esigenza di affrontare la questione della tutela del mare da varie forme

d’inquinamento si é posta di pari passo con il processo di industrializzazione ed

ha spinto gli Stati ad adottare una serie di convenzioni internazionali, stipulate

a partire dagli anni cinquanta, sia nella forma di convenzioni a carattere

settoriale, che in quella di convenzioni di carattere regionale.

Dunque i primi passi in materia di tutela dell’ambiente marino sono stati fatti

nell’ambito della riduzione dell’inquinamento costiero, o per meglio dire

inquinamento trans-frontaliero: la prima norma citabile è quella relativa alla

Fonderia di Trail e alla sentenza arbitrale emessa nel 1941 tra Stati Uniti e

Canada in cui si affermava che “ Secondo i principi di diritto internazionale nessuno

Stato ha il diritto di usare o permettere che si usi il proprio territorio in modo tale da

provocare danni al territorio di un altro Stato o alle persone e ai beni che vi si

trovino…”.

In seguito la necessità degli stati di fissare obblighi e diritti in particolari settori

della protezione dell’ambiente marino, favorisce durante gli anni ’50 e ’60 la

stipulazione di convenzioni internazionali sia a carattere settoriale che regionale

In tal modo comincia a formarsi il concetto di protezione internazionale

dell’ambiente marino.

Tra le convenzioni a carattere essenzialmente settoriale, che si limitano a

disciplinare taluni tipi di inquinamento, va citata la Convenzione per la

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preservazione delle acque del mare dall’inquinamento da idrocarburi, adottata

a Londra il 12 maggio 1954 e la Convenzione sulla responsabilità civile degli

esercenti di navi nucleari, firmata a Bruxelles il 25 maggio 1962. Altre

riguardano la protezione dell’ambiente marino con riferimento a determinate

zone di mare, come l’accordo concernente la cooperazione in materia di lotta

contro l’inquinamento da idrocarburi delle acque del mare del Nord, firmato a

Bonn il 9 giugno 1969.

Si é venuta così intessendo tutta una rete di accordi regionali:

• Convenzione di Copenaghen per l’inquinamento del Mare del Nord da

idrocarburi (16 settembre 1971);

• Convenzione di Oslo sulla prevenzione dell’inquinamento per scarico da

navi ed aerei (15 febbraio 1972) in vigore fra più di dieci paesi europei;

• Convenzione di Parigi per inquinamenti della terraferma (4 giugno 1975);

• Serie di accordi bilaterali, come quelli che l’Italia ha concluso con la

Jugoslavia (14 febbraio 1974 e 10 novembre 1975) o con la Francia e il

Principato di Monaco (10 maggio 1976).

Sul piano regionale il modello più interessante é quello offerto dalla

Convenzione di Barcellona per la protezione del Mediterraneo del 1976 per la

protezione dell’ambiente marino e della regione costiera del Mediterraneo.

L’interesse manifestato dalla comunità internazionale alla protezione

dell’ambiente marino si rafforza durante la Terza Conferenza delle Nazioni

Unite sul Diritto del Mare da cui scaturisce la Convenzione di Montego Bay il

30 aprile 1982. Il tema della «protezione e preservazione dell’ambiente marino»

é oggetto della XII parte della Convenzione e comporta 46 articoli ripartiti in

undici sezioni. La convenzione obbliga gli stati a proteggere e preservare

l’ambiente marino dall’inquinamento, e a tal fine impone agli stessi di

cooperare tra loro e con le organizzazioni internazionali competenti

Bisogna aspettare il 1985 per un primo atto internazionale dove si fa diretto

riferimento alle aree marine protette. Si tratta delle “Linee guida per la

protezione dell’ambiente marino dall’inquinamento di origine terrestre”

emanato dal Consiglio Direttivo dell’UNEP (Programma delle Nazioni Unite

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per la protezione dell’ambiente): “...gli stati devono prendere tutte le misure

appropriate, come l’istituzione di riserve e santuari marini, per proteggere al massimo

grado possibile determinate aree dall’inquinamento”.

In modo analogo si presentano alcune parti del Capitolo 17 dell’Agenda 21, il

programma di azione concordato da 183 paesi partecipanti alla Conferenza

delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo, tenutasi a Rio de Janeiro nel giugno

del 1992, per cui è necessario proteggere habitat e aree marine ecologicamente

vulnerabili, sia che queste si trovino sotto giurisdizione nazionale, sia che si

trovino localizzate in alto mare. Tuttavia questi atti non possono imporre dei

vincoli a carico dei soggetti dell’ordinamento, tutt’al più possono esprimere una

opinio iuris degli stati, che con il passare del

tempo ed in stretta connessione con una prassi

rilevante degli stati, potrebbe portare alla

formazione di una nuova norma

consuetudinaria.

Ad oggi, però, una procedura che “vincoli” tutti

gli stati non esiste. Piuttosto esistono dei

meccanismi di valutazione e riconoscimento

inseriti nel contesto dei vari trattati

internazionali, come per esempio gli accordi che

tutelano determinate aree per meglio garantire la

protezione di determinate specie animali. In

realtà, però, gli accordi internazionali che hanno avuto i maggiori risultati sono

quelli di tipo regionale, che coinvolgono un piccolo gruppo di stati, interessati

da uno stesso bacino di mare e conseguentemente dagli stessi problemi.

Si tratta in generale di protocolli emanati dall’UNEP, come:

• Protocollo sulle aree specialmente protette del Mediterraneo (Ginevra, 3

aprile 1982);

• Protocollo sulle aree protette e la fauna e la flora selvatiche della regione

dell’Africa Orientale (Nairobi, 21 giugno 1986);

Figura 13 – Un pescatore dell’isola di Creta

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• Protocollo sulle aree marine protette costiere del Sud: est Pacifico (Paipa, 21

settembre 1989);

• Protocollo sulle aree specialmente protette e la flora e la fauna dei Carabi

(Kingston, 18 gennaio 1990);

• Protocollo sulle aree specialmente protette e la diversità biologica nel

Mediterraneo (Barcellona, 10 giugno 1995).

Dunque la convenzione di Ginevra del 1982 e il protocollo di Barcellona del

1995 rappresentano i punti di riferimento in quanto interamente dedicati alle

aree marine protette.

In genere tutti questi protocolli non prevedono un approccio rigido alla

materia, ma piuttosto lasciano un buon margine di discrezionalità agli Stati per

poter decidere quando, dove e in che modo agire per la creazione di aree

marine protette.

La questione della localizzazione delle aree protette segue una chiara

evoluzione temporale: dalla convenzione di Ginevra che prevede un’azione

limitata alle sole acque territoriali, al protocollo di Nairobi che comprende

anche la piattaforma continentale e la zona economica esclusiva, fino al

protocollo di Barcellona in cui si istituzionalizza la possibilità di creare aree

marine protette anche in alto mare.

Il contesto italiano – le aree marine protette

La penisola italiana si inserisce quasi al centro del Mediterraneo sviluppando

circa 8000 km di coste che costituiscono un patrimonio inestimabile per la

varietà di tipologie, di organismi vegetali ed animali, di testimonianze

archeologiche, storiche, artistiche ed architettoniche, per le diverse culture che

lungo esse si sono sviluppate. Nonostante queste peculiarità, la sensibilità verso

l’ambiente costiero e marino è stata a lungo molto bassa; l’attenzione e le azioni

adeguate per la tutela e lo sviluppo sono cresciuti solo negli ultimi decenni.

Per molto tempo la tutela è stata intesa solo come costruzione di strutture

artificiali per proteggere le coste dall’erosione, protezioni per altro spesso

inadeguate, o forme di salvaguardia delle risorse di pesca; un esempio

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significativo è dato dal fatto che solo a partire dalla legge del mare (979/82) il

patrimonio ittico venne considerato una componente fondamentale

dell’ambiente marino, portatrice di un valore proprio, svincolato dai profitti

commerciali.

Dal punto di vista normativo, o degli ostacoli burocratici, la situazione non è

stata molto differente da quella delle aree protette terrestri; ciononostante,

mentre già prima della legge quadro era presente una discreta rete d’aree

terrestri protette, ulteriormente rafforzata dai parchi istituiti dopo il 1991, e pur

avendo già la legge del mare (979/82) introdotto un elenco di aree di

reperimento, a ciò non è seguita la concreta realizzazione di aree marine

protette. Oggi nel territorio nazionale sono presenti oltre 500 aree protette con

più di 2.300.000 ettari di superficie, di cui solo 160.000 marine.

Questi ritardi sono in parte attribuibili alla novità dello strumento di tutela del

mare: dopo la legge del 1982 servì tempo per adeguare l’organico ministeriale,

furono necessari tempi lunghi ad esempio per definire le modalità di

esecuzione degli studi di fattibilità da parte della Consulta per la Difesa del

Mare, ed a ciò si devono aggiungere i numerosi passaggi amministrativi

necessari per concludere l’iter burocratico e giungere alla creazione dell’area

protetta.

A tutto questo si deve aggiungere il fattore culturale: come osserva Moschini è

diffusa una minor consapevolezza dei rischi corsi dall’ambiente marino, e ciò è

dovuto in primo luogo alle minori conoscenze che l’opinione pubblica possiede

riguardo le dinamiche marine, ma soprattutto alla minor visibilità degli effetti

dell’inquinamento e della gestione errata delle risorse rispetto al territorio

terrestre. E’ evidente come la perdita di praterie di posidonia sia poco

percepibile come un danno ambientale rispetto a questioni visivamente più

impattanti e più vicine alla realtà quotidiana come la costruzione di un nuovo

svincolo stradale, ma se vi fosse un’adeguata informazione e educazione

l’opinione pubblica forse ne potrebbe cogliere la rilevanza in modo più esteso.

Un altro fattore, sempre collegato alla cattiva comunicazione o alla sua totale

assenza, è legato ai criteri che mediamente le persone utilizzano per valutare

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l’esigenza di tutela. Per individuare aree che necessitano di una tutela

particolare negli ambienti terrestri molto spesso si fa riferimento a specie rare o

minacciate. L’importanza di queste motivazioni è ormai diffusamente

riconosciuta, per cui, il concetto di protezione di una specie in via d’estinzione e

legata ad uno specifico territorio ha generalmente un forte impatto emotivo ed è

più facilmente accettato da parte dell’opinione pubblica. Le valutazioni fatte

sulle condizioni del mare, sulla necessità di tutela, si rifanno ugualmente a

queste motivazioni ma nell’ambiente marino, date le caratteristiche fisiche,

raramente ci si trova di fronte habitat precisamente e criticamente circoscritti. In

ambito terrestre possono esistere più facilmente microambienti con scarse

connessioni rispetto gli ecosistemi adiacenti, questo favorisce l’esistenza di

moltissimi endemismi strettamente dipendenti da habitat specifici.In mare i

collegamenti sono di gran lunga maggiori, sia per gli spostamenti volontari

compiuti dalle specie nectoniche, sia per quelli involontari della componente

planctonica; gli endemismi sono quindi più rari ed il concetto di specie in

pericolo o habitat critico si può applicare solo a pochi casi, in particolare

mammiferi, tartarughe e uccelli marini. Su questi è effettivamente più facile

attirare l’attenzione dell’opinione pubblica, mentre difficilmente sono capite le

preoccupazioni legate alla diminuzione di diversità genetica, con perdita di

popolazioni a causa d’inquinamento, o al sovrasfruttamento delle risorse di

pesca.

Inoltre il mare per lungo tempo è stato poco “vissuto”, e solo da ristrette

categorie, con una frequentazione limitata ad attività produttive e di svago

stagionale. Le spiagge affollate e trasformate per aumentare il comfort del

turista sicuramente non hanno favorito una conoscenza della costa come habitat

particolare, allontanando ancor di più la concezione di ambiente naturale da

gestire in maniera oculata.

Così, per anni, si è considerato il mare come luogo ideale per eliminare rifiuti

scomodi e sulle coste si è assistito ad una cementificazione selvaggia funzionale

alla richiesta del turismo balneare in pieno sviluppo.

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Decenni di crescita della pressione antropica, in gran parte dei casi poco

rispettosa dell’ambiente, hanno contribuito al degrado dell’area costiera ed al

depauperamento delle sue risorse biologiche.

Ancora oggi il mare non è ritenuto, da buona parte dell’opinione pubblica,

realmente minacciato, anche se di fatto il Mediterraneo, pur rappresentando

solo lo 0,6% della superficie marina mondiale ne accumula il 25%

dell’inquinamento (Moschini, 1999).

Le aree marine protette

Le aree protette possono svolgere un importante ruolo nello sviluppo

sostenibile, in quanto favoriscono la protezione dell’ambiente e, nello stesso

tempo, promuovono la crescita economica e culturale dell’area.

Come abbiamo visto nel primo capitolo, nel corso degli anni si è giunti alla

conclusione che l’esistenza di vincoli nell’uso di una porzione di territorio è solo

apparentemente un limite allo sviluppo, poiché favorisce l’acquisizione di

tecnologie e di metodi di crescita compatibili con l’ambiente e perciò sostenibili

anche nei tempi lunghi.

Un esempio evidente è nell’ambito della pesca: l’esistenza di forme di tutela per

aree di riproduzione o reclutamento, in cui si escluda totalmente o in alcune

forme la pesca commerciale ha importanti conseguenze sulla pescosità delle

aree circostanti, infatti, evitando lo sfruttamento eccessivo, almeno in date zone

e fasi di crescita, si dà alla risorsa il tempo di rinnovarsi. Le aree protette

possono diventare così dei veri e propri “serbatoi naturali di specie”, non solo

d’interesse commerciale, da cui può ripartire la colonizzazione d’aree

circostanti che si trovino in condizioni ambientali peggiori.

Come nel caso generale della gestione dell’ambiente, anche la concezione di

area protetta è molto cambiata negli ultimi decenni. I parchi, ad esempio, da

elementi quasi estranei dal territorio, dove l’attività umana era praticamente

impossibile, con la Legge Quadro sulle Aree Protette (394/91) hanno assunto il

ruolo d’elementi centrali attorno ed all’interno dei quali costruire alternative ad

una gestione (o non gestione) basata solo sullo sfruttamento. L’evoluzione delle

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forme di tutela, nel caso delle aree marine, è passata sostanzialmente attraverso

tre approcci. Inizialmente si contemplava solo la gestione e regolamentazione

delle singole attività legate al mare, come la pesca commerciale e la

navigazione, senza un reale coordinamento degli usi.

Successivamente si è puntato alla creazione di piccole aree marine protette

soggette a regolamentazione più restrittiva, o di cui era vietato totalmente l’uso,

senza una connessione con

la gestione dei territori

esterni ad esse. Le linee più

recenti inseriscono la

protezione di determinati

siti all’interno di una

gestione più ampia

dell’area costiera e marina,

in modo da garantire gli usi

multipli, utilizzando

differenti regolamentazioni

nelle diverse aree.

Attualmente, pur essendo

la protezione ed il ripristino

di valori biologici ed

ecologici la funzione

principale, alle aree marine

protette viene attribuito,

come già evidenziato,

anche un notevole ruolo nell’incentivare l’uso sostenibile delle risorse, tramite

ad esempio lo sviluppo di forme di ricreazione e turismo compatibili con

l’ambiente, e soprattutto promuovendo l’Educazione Ambientale e la ricerca. La

funzione educativa non si limita alla possibilità di avvicinarsi ad ambienti

particolari e ricchi dal punto di vista naturalistico, storico e culturale, ma si

Figura 14 – Uno squarcio di mare da una grotta di Punta Campanella

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59

realizza anche in quanto le aree protette sono fonte di modelli di sviluppo

sostenibile per le zone costiere, circostanti e non solo.

La protezione di un’area non implica l’esclusione da essa di qualsiasi attività

umana, in particolare produttiva, ma richiede la realizzazione di forme di

sviluppo diverse; il parco, la riserva diventeranno terreno di sperimentazioni

per quanto riguarda gestioni che favoriscano una crescita economica durevole,

democratica e compatibile con l’ambiente. Questo si potrà attuare solo

considerando l’area protetta all’interno di un sistema.

La gestione coordinata è estremamente importante nelle aree marine, date le

caratteristiche fisiche dell’ambiente che, tranne in particolari condizioni,

favoriscono la trasmissione d’effetti e sostanze in ampie aree. Per tutelare

un’area marina sarà necessario individuare una gestione adeguata della costa e

dell’entroterra, elementi che fortemente partecipano dei vari problemi

dell’ambiente marino.

Rapporti con le comunità locali

Il caso della tutela di particolari beni ambientali può essere anche esemplare

della necessità della partecipazione pubblica. Essendo tali beni di solito

caratterizzati dal fatto di essere geograficamente localizzati, di essere inseriti

quindi nel territorio di pertinenza di precise collettività, l’introduzione di

vincoli può provocare profondi conflitti con le comunità locali. Strumenti utili

per la tutela di particolari ambienti, di processi ecologici, della biodiversità,

rischiano di rimanere inutilizzati a causa della mancata condivisione delle

decisioni con chi vive in tali territori; si sta quindi sviluppando la

consapevolezza dell’importanza di conoscere il ruolo svolto dall’area nel

rapporto uomo ambiente, per capire meglio gli obiettivi di chi vive in un

determinato territorio.

Inoltre nell’area costiera insistono differenti attività produttive: industria,

turismo, pesca, acquacoltura, che rischiano spesso di entrare in contrasto tra

loro e con la tutela dell’ambiente, quando si sviluppano insieme.

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60

Per superare questi conflitti è fondamentale realizzare un coordinamento tra i

numerosi soggetti che influenzano l’evoluzione delle zone costiere. Queste

forme di gestione sono purtroppo, in molte circostanze, bloccate dalla

complessità dei confini amministrativi e dalla molteplicità di soggetti

interessati, siano essi pubblici o privati. La frammentazione amministrativa e di

competenze è uno dei primi vincoli che l’istituzione di un’area protetta

dovrebbe contribuire a superare affinché la tutela dell’ambiente marino,

costiero in particolare, venga realmente effettuata e non si riduca ad un insieme

di piccole azioni di conservazione poco efficaci proprio perché isolate le une

dalle altre.

Dunque, perché la gestione risulti adeguata, non si devono assolutamente

trascurare le istanze delle comunità locali e di chi altri fruisce il territorio. Il

ruolo di sperimentazione di nuove relazioni tra uomo ed ambiente, che possono

svolgere parchi e riserve, non dovrà quindi essere limitato all’individuazione ed

impiego di nuove tecnologie ma sarà anche legato alla ricerca di strumenti

corretti per promuovere il consenso e, soprattutto, la partecipazione dei

cittadini al processo di costituzione, avviamento, gestione delle nuove aree

protette.

L’esigenza del coinvolgimento delle popolazioni nella tutela è forse sentita

ancor più nell’ambito marino che in quello terrestre, proprio per le

caratteristiche ambientali che non rendono possibili nette separazioni, controlli

costanti e rigidi, per cui, come ben evidenziato nella “Guida per l’istituzione e

la gestione delle riserve marine” dell’I.U.C.N., solo l’appoggio di chi vive tali

aree può garantirne il reale funzionamento e sviluppo.

La popolazione non deve essere perciò un attore secondario nella protezione e

nello sviluppo dell’ambiente, e soprattutto non si deve confondere la

partecipazione con la semplice comunicazione ai cittadini di scelte già effettuate

da altri. Purtroppo permane, ancora troppo spesso, l’abitudine di fondare la

valutazione e la successiva gestione di un bene ambientale solo su indicazioni

oggettive fornite da studi di carattere naturalistico.

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Il consenso di chi vive nell’area viene preso in considerazione solo nel momento

in cui l'autorità locale deve applicare le norme redatte per preservare il

patrimonio naturale.

Tale modo d’agire, sicuramente corretto in quanto volto ad assicurare il

godimento del bene a tutti i cittadini, è frequentemente percepito dalla

comunità locale come un’invadenza, provocando generalmente reazioni di

rifiuto dell’area protetta.

E’ quindi fondamentale che la popolazione abbia la possibilità di dialogare con i

ricercatori e i pianificatori fornendo informazioni utili, ad esempio, per

l’individuazione di una corretta zonizzazione e quindi di un’adeguata

distribuzione dei vincoli. Perché la collaborazione non sia basata solo sulla

promozione degli interessi individuali o fondata su visoni stereotipate

dell’ambiente, è anche fondamentale che alla comunità siano forniti gli

strumenti per capire, essere consapevole delle ricchezze del proprio territorio,

così da saper compiere le scelte più opportune.

Il coinvolgere la comunità nell’individuare, gestire in maniera attiva aree sotto

particolare tutela non può quindi che aumentarne lo sviluppo, superando

contrapposizioni, spesso dovute solo a scarsa informazione, o strumentalizzate

da chi nutre interessi decisamente contrari allo sviluppo sostenibile.

Per lo sviluppo di una reale tutela del mare, in Italia, questa esigenza di crescita

culturale riguardo l’ambiente marino e l’area costiera in particolare è

sicuramente prioritaria.

Le maggiori e diversificate possibilità di fruizione dell’ambiente marino,

l’aumento dell’interesse per le immersioni, la vela e l’uso delle canoe, fenomeni

riscontrati in questi anni, hanno sicuramente riacceso l’attenzione per il mare,

ma mancando un’adeguata cultura frequentemente hanno causato ulteriori

problemi.

Spesso le riserve ed i parchi marini trovano opposizioni da parte di diportisti,

sommozzatori, pescatori, ossia da parte di chi dovrebbe avere interesse alla

tutela del mare. E’ evidente quindi come per proteggere adeguatamente

l’ambiente marino sia oggi fondamentale un cambiamento culturale che

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l’istituzione di aree protette, attuata tramite l’adeguato coinvolgimento e

formazione della comunità locale, ha come obiettivo.

2.2 Il quadro normativo

Le leggi

La normativa nazionale di tutela delle aree marine si articola in:

• Legge n. 963 del 1965 ed il DPR n. 1639 del 1968 (che ne costituisce il

regolamento di attuazione)

• Legge 31 dicembre 1982, n. 979 – Disposizioni per la difesa del mare

• Legge 6 dicembre 1991 n. 394 – Legge quadro sulle aree protette

• Legge 8 ottobre 1997, n. 344 - Disposizioni per lo sviluppo e la qualificazione

degli interventi e dell'occupazione in campo ambientale

• Legge n. 426 del 1998 – Nuovi interventi in campo ambientale

• Legge 23 dicembre 2000, n. 388 – Legge Finanziaria 2001

• Legge 23 marzo 2001, n. 93 – Disposizioni in campo ambientale

• Legge 31 luglio 2002, n. 179 – Disposizioni in materia ambientale

Il percorso normativo delle Aree Marine protette può essere così sintetizzato:

? La legge n. 963 del 1965 ed il DPR n. 1639 del 1968, indicano la possibilità di

proteggere alcune aree significative per la tutela delle risorse biologiche, nel

contesto della gestione delle risorse di pesca, mediante l’istituzione di zone di

tutela biologica da parte del Ministero della Marina Mercantile (attualmente, in

seguito alla soppressione di questo Dicastero, le competenze in tema di pesca

marittima sono state trasferite al Ministero per le Politiche Agricole e Forestali).

Questo provvedimento vieta o limita nel tempo le attività di pesca nelle zone di

mare le quali, in base a dati scientifici, siano riconosciute come aree di

riproduzione o di accrescimento di specie marine di importanza economica o

che risultino impoverite da uno sfruttamento troppo intenso. Nelle zone di

tutela biologica, quindi, lo scopo della protezione non è la conservazione degli

ecosistemi naturali, bensì la salvaguardia delle risorse di pesca; in esse non si

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prevede una gestione attiva, comprendente azioni di sviluppo delle attività

didattiche, ricreative e produttive compatibili, ma solamente il divieto di

esercitarvi attività di pesca.

? Sino al 1982 l’alternativa alle zone di tutela biologica era, in Italia, la

concessione demaniale in aree costiere di limitata estensione, ai sensi dell’art. 36

del Codice della Navigazione, secondo il quale “l’Amministrazione marittima,

compatibilmente con le esigenze di pubblico uso, può concedere l’occupazione

e l’utilizzo, anche esclusivo, di beni demaniali e di zone di mare territoriale per

un determinato periodo di tempo”. Un ulteriore passo in avanti nella

realizzazione pratica di questa possibilità, per la prima volta sfruttata nel 1973

dal WWF per l’istituzione del Parco Marino di Miramare, è stato compiuto

grazie alla Circolare n. 237 del

1987, da parte del Ministro della

Marina Mercantile, con la quale le

Capitanerie di Porto vengono

invitate a facilitare le procedure

per la concessione demaniale di

aree marine per l’istituzione di

zone protette. La concessione può

essere richiesta da Associazioni

ambientaliste, Università ed Enti

Parco terrestri prospicienti l’area

marina da proteggere.

? E’ però con la legge n. 979 del 1982 (“Disposizioni per la difesa del mare”)

che l’Italia si dota, per la prima volta, di uno strumento giuridico che prevede

l’istituzione di aree marine (definite nel testo non molto propriamente “Riserve

Marine”) in cui proteggere e salvaguardare l’ambiente naturale in quanto tale, e

non per finalità di gestione delle risorse ittiche di interesse economico. Prevale

così, finalmente, l’interesse per le caratteristiche naturali di un’area, con

particolare riguardo alla flora e alla fauna marine. Nella 979/82 ritroviamo la

definizione di una Riserva Naturale Marina, la modalità di istituzione, la

Figura 15 – Il castello di Miramare, sede dell’AMP più vecchia d’Italia

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regolamentazione, e qualche riferimento sulla gestione. Ma di notevole

importanza è l’individuazione di venti aree di reperimento, ovvero aree marine

per le quali pare opportuno l’assoggettamento a protezione, ad opera della

Consulta per la difesa del Mare (istituita con DM 4/10/1979), cui compete

anche lo studio di fattibilità per l’istituzione della futura area protetta.

Viene istituito, presso il Ministero della Marina Mercantile, l’Ispettorato

Centrale per la Difesa del Mare con competenze relative al coordinamento degli

interventi a livello nazionale e locale nei settori dell’inquinamento e della difesa

del mare.

Nella parte finale della legge si parla di una spesa iniziale 3 miliardi di lire per

avviare i lavori di istituzione delle Aree Marine elencate.

? Con la Legge Quadro le Aree Protette (394/91) hanno assunto il ruolo di

elementi centrali attorno ed all’interno delle quali costruire alternative ad una

gestione (o non gestione) basata solo sullo sfruttamento. Per quanto riguarda

l’ambiente marino, si delinea in modo sempre più chiaro il quadro per

l’istituzione e la gestione delle AMP: le aree marine protette rientrano in un

programma per le aree protette (PTAP) elaborato dal Ministero dell’Ambiente

ed adottato dal Comitato per le aree protette che specifica i territori che fanno

parte del sistema di protezione, e indica i termini per l’istituzione di nuove aree.

L’istituzione avviene con Decreto del Ministero dell’Ambiente e la gestione

viene affidata, tramite l’Ispettorato Centrale per la Difesa del Mare, alla

competente Capitaneria di Porto (che ne esercita anche la sorveglianza) o ad

Enti di Ricerca, Istituti scientifici, Associazioni Ambientaliste. Nella legge

vengono individuate altre 26 AMP di reperimento.

? La legge n. 344 del 1997 (“Disposizioni per lo sviluppo e la qualificazione

degli interventi e dell’occupazione in campo ambientale”) integra l’elenco dei

siti di reperimento, con l’aggiunta dell’area “Torre del Cerrano”.

? La legge n. 426 del 1998 (“Nuovi interventi in campo ambientale”) contiene,

innanzitutto, una nuova integrazione all’elenco, costituita dal “Santuario dei

Cetacei” nell’Alto Tirreno-Mar Ligure, istituito in collaborazione con i Ministeri

dell’Ambiente di Francia e del Principato di Monaco.

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La legge, inoltre, porta modifiche alla 979/82 e alla 394/91 riguardanti

l’istituzione e la gestione delle AMP, aspetti che si approfondiranno nei minimi

particolari nel prossimo paragrafo.

? Le leggi successive alla 426 riportano solamente piccole integrazioni o

modifiche alla legge quadro e all’elenco delle aree marine di reperimento.

Da quanto detto emerge chiaramente la complessità dell’iter burocratico.

I vincoli e la zonazione

La legge 394/91 articolo 19 individua le attività vietate nelle aree protette

marine, quelle cioè che possono compromettere la tutela delle caratteristiche

dell'ambiente oggetto della protezione e delle finalità istitutive dell'area.

I Decreti Istitutivi delle aree marine protette, considerando la natura e le attività

socio - economiche dei luoghi, possono però prevedere alcune eccezioni

(deroghe) ai divieti stabiliti dalla L. 394/91 oltre a dettagliare in modo più

esaustivo i vincoli. A tal proposito si rimanda ad ogni singolo Decreto Istitutivo

o eventuale successivo decreto di modifica e, laddove presente, al regolamento,

per ognuna delle 16 aree marine protette.

In generale la legge 394/91 vieta nelle aree marine protette:

• la cattura, la raccolta e il danneggiamento delle specie animali e vegetali

nonché l'asportazione di minerali e di reperti archeologici;

• l'alterazione dell'ambiente geofisico e delle caratteristiche chimiche e

idrobiologiche delle acque;

• lo svolgimento di attività pubblicitarie;

• l'introduzione di armi, di esplosivi e ogni altro mezzo distruttivo e di

cattura;

• la navigazione a motore;

• ogni forma di discarica di rifiuti solidi e liquidi;

Di norma l'Area Marina Protetta viene suddivisa in tre distinte zone a diverso

grado di tutela che, pur non prevedendo un limite assoluto alle tradizionali

attività legate al mare (prime fra tutte la pesca e il turismo), ne regolano lo

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svolgimento in base alle diverse necessità di conservazione. Esse si distinguono

in:

• Zona "A" di riserva integrale

• Zona "B" di riserva generale

• Zona "C" di riserva parziale

La zona di riserva integrale (A) è quella in cui sono generalmente vietate le

attività che possano arrecare danno o disturbo all'ambiente marino. Essa

garantisce la tutela della biodiversità e il ripopolamento delle specie animali e

vegetali, e pertanto prescrive, quasi sempre, il divieto di balneazione e di

navigazione, escluse solo le

attività di ricerca scientifica.

La zona A delle AMP è un vero e

proprio santuario dove prevale

l’interesse naturalistico e di

studio rispetto a tutti gli altri,

essa di solito viene istituita in

luoghi difficilmente accessibili e

dove solitamente le attività

dell’uomo, come per esempio il turismo, non sono praticate. Purtroppo le zone

A sono quelle meno estese all’interno di un piano di zonazione.

In genere la zona A si estende per meno del 10% del territorio protetto.

La riserva generale (B), al confine con la zona di protezione integrale, è quella

che coniuga la conservazione dei valori ambientali con la fruizione compatibile

dell'ambiente marino. In essa, in genere, sono consentite la balneazione, le visite

guidate anche subacquee, la navigazione (a remi, a vela o a velocità ridotta),

l'ormeggio e l'ancoraggio in zone limitate individuate dall'ente gestore. Le

attività di pesca consentite si limitano generalmente alle attività professionali

esercitate dai residenti, mentre la pesca sportiva, quando permessa, è

regolamentata rigidamente. La pesca subacquea è rigorosamente vietata.

La zona B in genere è un luogo ove la bellezza naturale del posto viene

preservata mediante misure restrittive, ma che consentono anche la fruizione di

Figura 16 – Esempio di zonazione: il parco sommerso di Cuma, con in basso a destra un particolare sulla zona A di riserva integrale

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tali tesori. Di frequente queste zone sono provviste di percorsi di seawatching

con maschera e pinne o meglio ancora con canoe e barche a remi per godere in

modo ecocompatibile degli ambienti naturali protetti.

In generale alla zona B viene destinato circa il 40% della superficie totale

protetta dell’AMP.

La zona di riserva parziale (C) in genere rappresenta la zona periferica

dell’AMP, dove sono permesse e regolamentate dall'Ente Gestore tutte le

attività di fruizione del mare a modesto impatto ambientale, quali la

navigazione delle

imbarcazioni a

motore (con

limitazioni nella

lunghezza e nella

velocità di

navigazione),

l'ormeggio,

l'ancoraggio, la

piccola pesca

tradizionale, la

pesca sportiva e il

pescaturismo.

La zona C,

dunque, rappresenta un laboratorio di sperimentazione di attività compatibili

con l’ambiente, e di norma costituisce il 50% e più dell’AMP.

Con essa si completa il piano di corretta gestione di un ambiente naturale,

destinando una parte del territorio alla protezione integrale, una parte alla

fruizione turistica ed un altro alle attività antropiche, in linea con il concetto di

parco definito nella legge 394/91.

Occorre precisare che limiti e divieti nelle diverse zone sono esattamente

definiti ed individuati dai decreti istitutivi e dai regolamenti delle Aree Marine

Figura 17 – Esempio di zonazione: l’AMP Capo Caccia – Isola Piana, Sardegna

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Protette, che tengono conto delle peculiarità, caratteristiche e necessità di

ciascuna.

Iter legislativo per l’istituzione di una AMP

L’articolo 18 della legge 6 dicembre 1991 n. 394 indica le modalità di istituzione

di una riserva marina secondo la seguente procedura:

1. Individuazione delle “aree di reperimento”

Le “aree di reperimento”, cioè quelle aree che, per le loro caratteristiche, hanno

la “vocazione” a diventare aree da sottoporre a particolare regime di tutela e

gestione, sono state individuate nelle leggi: sono state definite dalle leggi

979/82 art.31, 394/91 art.36, 344/97 art.4, 426/98 art.2 e 93/01 art.8.

In base all’art. 2 comma 14 della 426/98 la Segreteria tecnica per le Aree Marine

Protette (STAMP) ha competenza ad individuare altre aree marine di

particolare interesse da destinare ad aree protette. In particolare, la 979/82 e la

394/91 hanno indicato rispettivamente 20 e 26 aree di reperimento, mentre la

344/97, la 426/98 e la 93/01 prevedono ognuna l’aggiunta di un’area di

reperimento all’elenco preesistente.

2. Istruttoria tecnica

Nell'ambito dell'elenco di aree di reperimento stabilito dalle leggi, per l'effettiva

istituzione di un'area marina protetta occorre innanzitutto disporre di un

aggiornato quadro di conoscenze sull'ambiente naturale d'interesse, oltre ai dati

necessari sulle attività socio-economiche che si svolgono nell'area.

Il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, Direzione Protezione

della Natura, Servizio Difesa del Mare, per l'acquisizione di tali conoscenze e

dati può anche avvalersi di istituti scientifici, laboratori ed enti di ricerca. Gli

studi sono generalmente distinti in due fasi:

• nella prima viene esaminata la letteratura già esistente sull'area;

• nella seconda fase vengono effettuati gli approfondimenti necessari per

un quadro conoscitivo concreto ed esaustivo.

Successivamente gli esperti della STAMP possono avviare l'istruttoria istitutiva.

Al fine di delineare una proposta della futura area marina protetta che ne

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rispetti le caratteristiche naturali e socio-economiche, gli esperti della STAMP

arricchiscono l'indagine conoscitiva fornita dagli studi con sopralluoghi mirati e

con confronti con gli Enti e le comunità locali. La definizione di perimetrazione

dell'area (i confini esterni), la zonazione al suo interno (le diverse zone A, B e

C), e la tutela operata attraverso i diversi gradi di vincoli nelle tre zone, sono

parte dello schema di decreto istitutivo redatto alla fine dell'istruttoria.

3. Adozione del Programma triennale per le aree naturali protette

La Conferenza Stato-Regioni, previo parere della Consulta tecnica per le aree

protette e sulla base delle indicazioni della L. 979/82 (art. 1), adotta il

Programma triennale per le aree naturali protette, elaborato dal Ministero

dell’Ambiente, che indica i territori oggetto del sistema di aree protette

(interesse regionale, nazionale ed internazionale), i termini per l’istituzione di

nuove aree, ampliamento o modifica di quelle esistenti, individuando la

delimitazione di massima e definendo la ripartizione delle disponibilità

finanziaria per ciascuna area e per ciascun esercizio (art. 4, L. 394/91). Quindi

sullo schema di decreto vengono sentiti la regione e gli enti locali interessati

dall’istituenda area marina protetta, per l’ottenimento di un concreto ed

armonico consenso locale.

4. Presentazione della proposta di istituzione

L’art. 18 della Legge 394/91 prevede che un’area protetta marina sia istituita

con Decreto del Ministro dell’ambiente (d’intesa con il Ministro del tesoro),

sulla base delle indicazioni del Programma triennale per le aree naturali

protette (PTAP, art. 4 - L. 394/91) ed in riferimento all’elenco delle aree marine

di reperimento. La proposta di istituzione, inserita nel PTAP, è presentata alla

Conferenza Stato-Regioni (L. 281/97), che delibera in merito all’istituzione

dell’area stessa e dispone i fondi necessari per il finanziamento di programmi e

progetti di investimento per le aree marine protette.

5. Istituzione

A questo punto, il Ministro dell'ambiente, d'intesa con il Ministro del tesoro,

procede all'effettiva istituzione dell'area marina protetta, autorizzando anche il

finanziamento per far fronte alle prime spese relative all'istituzione (L. n.394/91

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art.18 e L. n. 93/01 art.8). Il Decreto Ministeriale, se non diversamente

specificato, entra in vigore il giorno successivo dalla pubblicazione sulla

Gazzetta Ufficiale.

Il Decreto Istitutivo per l’Area Marina Protetta prevede:

• la determinazione delle aree marittime e di demanio marittimo

costituenti la superficie delle aree stesse;

• le finalità di carattere scientifico, culturale, economico ed educativo per

la cui realizzazione è istituita l'area protetta;

• i programmi di studio e di ricerca scientifica nonché di valorizzazione da

attuarsi nell'ambito dell'area;

• la regolamentazione dell'Area Marina Protetta con la specificazione delle

attività oggetto di divieto o di particolari limitazioni o autorizzazioni.

Il decreto identifica anche l’Ente di gestione, individuato in base all’art. 2

comma 37, L. 426/98: la gestione

delle aree protette marine, ai

sensi della normativa vigente, è

affidata ad enti pubblici,

istituzioni scientifiche o

associazioni ambientaliste

riconosciute.

Se l’area protetta marina è

istituita in acque confinanti con

un’area protetta terrestre statale,

la gestione è affidata al soggetto individuato per la gestione dell’area terrestre.

6. Stipula della Convenzione

Il Ministero dell’ambiente stipula la convenzione con l’Ente di gestione

individuato (art. 19, L. 394/91).

7. Approvazione del Regolamento di gestione

Il Ministro dell’ambiente decreta l’approvazione del regolamento di gestione,

sentiti gli Enti locali interessati, l’Ente gestore e il parere della Consulta per la

difesa del mare dagli inquinamenti, così come previsto dall’art. 28 della Legge

Figura 18 – Veduta aerea dell’AMP del Plemmirio, una delle ultime istituite

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979/82 e come modificato dall’art. 19 della Legge 394/91. Gli stessi articoli

indicano che la sorveglianza nelle aree protette è esercitata dalle Capitanerie di

porto, mentre la vigilanza è assicurata dal Ministero dell’ambiente.

8. Trasferimento di fondi ed avvio della gestione

Il Ministero dell’ambiente trasferisce i fondi assegnati per il funzionamento

dell’area protetta e l’Ente gestore avvia la gestione della stessa.

2.3 La gestione delle AMP

Prendendo ad esempio le Aree Marine Protette più conosciute si può capire

quanto è variegato il mondo degli Enti Gestori delle AMP: Ustica e Miramare

che sono le AMP di più vecchia istituzione sono gestite rispettivamente dal

Comune e dal WWF, per Capo Rizzuto l’Ente Gestore è la Provincia di Crotone

e per Punta Campanella un Consorzio dei sei comuni che ricadono nel territorio

protetto.

L’affidamento avviene con decreto del Ministro dell'ambiente, sentiti la Regione

e gli Enti Locali territorialmente interessati..Come evidenziato dalla tabella, la

maggior parte delle aree marine protette sono gestite dai comuni interessati.

Area Marina Protetta Ente gestore

Isola di Ustica Gestione provvisoria della Capitaneria di Porto: Palermo Capo Carbonara Comune interessato: Villasimius Penisola del Sinis - Isola Mal di Ventre

Comune interessato: Cabras

Isole Egadi Comune interessato: Favignana Isole di Ventotene e Santo Stefano

Comune interessato: In affidamento a Ventotene (Ente gestore della Riserva naturale a terra)

Punta Campanella Consorzio fra 6 Comuni: Massa Lubrense, Positano, Sorrento, Piano di Sorrento, S. Agnello e Vico Equense

Capo Rizzuto Provincia: Crotone Isole Ciclopi Consorzio fra Comune e Università: Comune di Aci Castello

e Università di Catania Portofino Consorzio fra 3 Comuni, Provincia e Università: Portofino,

S. Margherita Ligure e Camogli, Provincia di Genova e Università di Genova

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Torre Guaceto Consorzio fra 2 Comuni e associazione ambientalista: Comuni di Brindisi e Carovigno e WWF Italia (Ente gestore della Riserva naturale a terra)

Cinque Terre Ente Parco Nazionale a terra: Parco Nazionale delle Cinque Terre

Isole Tremiti Parco Naturale del Gargano: Parco Nazionale del Gargano Miramare Associazione ambientalista: WWF Italia Secche di Tor Paterno Ente pubblico: Ente Roma Natura Porto Cesareo Consorzio tra i Comuni di Porto Cesareo, Nardò e la

Provincia di Lecce (gestione provvisoria) Tavolara – Punta Coda Cavallo

Consorzio tra i Comuni di Olbia, San Teodoro e Loiri San Paolo (gestione provvisoria)

Capo Gallo - Isola delle Femmine

Gestione provvisoria della Capitaneria di Porto: Palermo

Capo Caccia - Isola Piana

Comune di Alghero (gestione provvisoria)

Isola dell'Asinara Ente Parco Nazionale dell’Asinara Isole Pelagie Comune di Lampedusa e Linosa (gestione provvisoria) Museo Sommerso di Baia

Sovrintendenza Archeologica della Provincia di Napoli

Museo Sommerso di Gaiola

Sovrintendenza Archeologica della Provincia di Napoli

Plemmirio Consorzio di Gestione La Maddalena Ente Parco Nazionale Arcipelago di La Maddalena Santuario dei Mammiferi Marini

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Direzione Protezione della Natura

Tabella 2 – Le AMP in Italia e i rispettivi Enti Gestori

Sono organi di gestione della riserva:

• il Responsabile dell’area marina protetta

• la Commissione di riserva

• il Comitato consultivo tecnico-scientifico.

Al Responsabile dell’area marina protetta, nominato dall’Ente gestore, compete

l’attuazione delle direttive del Ministero dell’Ambiente per il perseguimento

delle finalità proprie dell’area marina protetta; in particolare, il responsabile

cura la gestione amministrativa e contabile dell’area medesima e organizza e

disciplina, d’intesa con il Comitato tecnico-scientifico, le attività consentite nelle

diverse zone di tutela.

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La Commissione di riserva, avente attualmente sede presso l’Ente Gestore

dell’Area Marina Protetta, ha il compito di affiancare l’ente delegato nella

gestione dell’area marina protetta, formulando proposte e suggerimenti per

tutto quanto attiene al funzionamento dell’area medesima.

In particolare, esprime il proprio parere sul regolamento di esecuzione del

decreto istitutivo e l’organizzazione dell’area protetta oltre che sulle previsioni

delle spese relative alla gestione.

La Commissione è nominata con decreto del Ministro dell’Ambiente ed è

composta da:

• 1 rappresentante designato dal Ministero dell’Ambiente;

• il Comandante della Capitaneria di porto o un suo delegato;

• 2 esperti designati dal Ministro dell’Ambiente in relazione alle particolari

finalità per cui è stata istituita l’area marina protetta;

• 2 rappresentanti dei Comuni rivieraschi designati dai Comuni stessi;

• 1 rappresentante delle Regioni territorialmente interessate;

• 1 rappresentante delle categorie economico-produttive designato dalla

Camera di commercio per ciascuna delle province interessate;

• 1 rappresentante delle associazioni naturalistiche maggiormente

rappresentative;

• 1 rappresentante del Provveditorato agli studi;

• 1 rappresentante dell’amministrazione per i beni culturali e ambientali.

In particolare la Commissione di riserva dà il proprio parere sulla proposta di

regolamento di esecuzione del decreto istitutivo e di organizzazione dell’area

marina protetta, oltre a valutare le attività e le spese di gestione, su richiesta

dell’ente gestore. La stessa può formulare proposte e avanzare suggerimenti per

tutto quanto concerne il funzionamento della riserva e deve necessariamente

essere riunita per approvare:

• il piano quinquennale di valorizzazione ambientale;

• il bilancio preventivo e il conto consuntivo;

• la relazione annuale redatta dal Responsabile dell’area protetta sul

funzionamento dell’area stessa.

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Il Comitato consultivo tecnico-scientifico è istituito con decreto del Ministro

dell’Ambiente, su proposta del Direttore generale dell’Ispettorato centrale per

la difesa del mare, sentiti l’Istituto centrale per la ricerca applicata al mare

(Icram) e la Commissione di riserva.

Il Comitato resta in carica quattro anni ed è presieduto dal Responsabile della

riserva. Ad esso sono demandati compiti di ausilio al Responsabile e alla

Commissione.

Lo staff

Il Responsabile dell’AMP è il dirigente dello staff che quotidianamente lavora

per la corretta gestione di un’area marina protetta. Di norma è l’unica persona

stipendiata direttamente dall’Ente Gestore dell’AMP.

In generale lo staff è composto principalmente da funzionari e ragionieri in

comandata da Enti Locali (di

solito il Comune) o anche

dalla Regione, per svolgere le

funzioni amministrative e

contabili dell’Ente Parco.

Le AMP si avvalgono anche

di operatori che a vario titolo

svolgono mansioni di

segreteria, monitoraggio dei

territori protetti, ricerca,

interazione con altri Enti, ma

anche divulgazione delle attività della Riserva e in generale dei principi di

sviluppo sostenibile che sono alla base del concetto di Area Protetta. In generale

essi fanno parte di cooperative, piccole società o anche associazioni

ambientaliste che con l’affidamento mediante contratti a tempo determinato,

completano l’organico dell’Ente.

Tutto lo staff fa capo al Responsabile dell’AMP che coordina le attività e

promuove progetti di sviluppo, privilegiando quelli che mettono in relazione le

Figura 19 – Veduta area dell’Isola dei Cavoli e di Punta Carbonara, che rientrano nella zona B

dell’AMP Capo Carbonara – Villasimius, Sardegna

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attività del Parco con la Comunità Locale di pescatori o di operatori turistici,

con l’obiettivo di valorizzare quelle attività che hanno un modesto impatto

ambientale, tipo la piccola pesca, o meglio ancora il pescaturismo, che

minimizzano l’impatto dell’uomo sulle risorse ittiche.

Il regolamento di attuazione del decreto istitutivo

Il regolamento dell'area marina protetta definisce in via definitiva e disciplina i

divieti e le eventuali deroghe in funzione del grado di protezione necessario per

la tutela degli ecosistemi di pregio.

Proposto dall'Ente gestore, sentito il parere della Commissione di Riserva, è

approvato con decreto del Ministro dell'ambiente.

Prima della formulazione del regolamento, un Ente gestore ha la facoltà di

applicare delle discipline provvisorie per alcune delle attività che si svolgono

all'interno dell'area marina protetta, naturalmente nell'ambito di quanto

stabilito dal decreto istitutivo.

2.4 Le Aree Marine Protette in Italia

Lo stato dell’arte

Nel corso degli ultimi sei anni il settore

delle aree protette marine è quello che

probabilmente ha fatto registrare i

progressi più significativi, passando dalle

sette aree marine protette del settembre

1997 alle 25 attuali (compreso il santuario

dei mammiferi marini e i parchi sommersi

di Baia e Gaiola), mentre per un’altra

decina l’iter istitutivo procede di buon

passo.

Figura 20 – Il Santuario per i Mammiferi Marini, AMP

internazionale istituita con Accordo tra Francia, Italia e Principato di

Monaco

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Ma ancora più significative sono state le variazioni intervenute sul fronte

gestionale e delle iniziative di rizonazione e ridefinizione delle norme di tutela e

di gestione: basti pensare che vicende “Ustica” e “Capo Gallo” a parte, ancora

provvisorie, oggi non rimangono più AMP gestite direttamente dal Ministero

dell’Ambiente attraverso la locale Capitaneria di Porto. Per cui riassumendo

delle 25 Aree Marine Protette:

• 7 sono gestite da Consorzi di Comuni e altri Enti (Ciclopi, Porto Cesareo,

Portofino, Punta Campanella, Tavolara, Torre Guaceto);

• 6 sono gestite da Comuni (Capo Caccia, Capo Carbonara, Egadi, Pelagie,

Penisola del Sinis, Ventotene);

• 4 da Enti Parco (Cinque Terre, Isole Tremiti, Asinara, Arcipelago della

Maddalena);

• 2 da Capitanerie di Porto (C.d.P. di Palermo per le AMP di Ustica e Capo

Gallo, provvisoriamente, perché commissariate);

• 2 da Soprintendenze (Baia e

Gaiola);

• 2 da altri Enti Pubblici (Ministero

dell’Ambiente per il Santuario

dei mammiferi marini,

RomaNatura per l’AMP Secche

di Tor Paterno).

• 1 da Province (Capo Rizzuto);

• 1 da Associazioni Ambientaliste

(Miramare WWF);

In questi anni si sono conclusi con

successo alcuni iter di riperimetrazione

delicati, a Punta Campanella, a Capo

Rizzuto e, recentemente, a Penisola del

Sinis e alle Isole Ciclopi, riducendo

l’estenzione delle Aree Marine Protette

a fronte di un quadro di regole più uniforme e condiviso dalle realtà locali.

Figura 21 – Mappa delle secche di Tor Paterno, l’unica AMP d’Italia

interamente sommersa

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La prossima riperimetrazione delle Cinque Terre, ormai completata, andrà in

controtendenza, prevedendo addirittura un ampliamento dell’area protetta e

una nuova zona di riserva integrale.

Le istruttorie tecniche, condotte finalmente con una prassi “dal basso”, hanno

fatto registrare una forte condivisione dell’iter da parte delle popolazioni e delle

amministrazioni locali e il Ministero ha anche promosso una standardizzazione

delle regole per le AMP e per la redazione degli studi di fattibilità.

A tutt’oggi si può affermare che su 25 AMP almeno la metà prevede regole

nuove, più chiare ed omogenee. Un contributo importante a questo processo è

venuto dalle associazioni ambientaliste e dalle Centrali cooperative della pesca,

che hanno chiesto il massimo del coinvolgimento delle realtà locali, della

popolazione, dei soggetti economici nei processi che avrebbero portato alla

definizione dei decreti istitutivi o di riperimetrazione.

Dal punto di vista operativo, buona parte di questi risultati si deve all’attività

della Segreteria Tecnica per le AMP, l’organo previsto dalla legge 426 del 1998

insediato presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio

all’indomani della soppressione della Consulta per la Difesa del Mare.

Si è trattato in ogni caso di un lavoro delicatissimo soprattutto se si considera

quali conflitti si erano determinati in molte località in seguito all’emanazione di

decreti sui quali non c’era stato alcun confronto locale. Al contrario il decreto

istitutivo è diventato, nel corso di questi anni, un punto di arrivo a valle di un

processo di condivisione e di partecipazione della scelta di realizzare una area

marina protetta. A riprova di ciò nei prossimi mesi vedranno la luce le nuove

AMP di S. Maria di Castellabate, Costa degli Infreschi (entrambe situate nel

Parco del Cilento), Capo Testa – Punta Falcone (Comune di S.Teresa di Gallura).

Inoltre sono in fase avanzata le istruttorie per l’istituzione dell’AMP

dell’Arcipelago Toscano e del Regno di Nettuno (Comuni dell’Isola di Ischia).

Anche sotto l’aspetto dell’esperienza gestionale, si è registrata una crescita

significativa: tutte le AMP hanno individuato un Direttore/Responsabile e

stanno acquisendo e perfezionando, nell’ambito di un programma ministeriale

Page 87: LA GESTIONE DELL’AMP PUNTA CAMPANELLA NEL … · Punta Campanella nel contesto del sistema nazionale delle aree naturali protette. Il primo capitolo è dedicato alla descrizione

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le dotazioni minime per il funzionamento (Sede, Centri Visita, Mezzi,

Segnalamenti Marittimi, Cartellonistica, etc..).

È cresciuta nel complesso la capacità progettuale degli Enti gestori, anche

attraverso l’adozione di prassi standardizzate e trasparenti per la redazione di

programmi di gestione, e sono aumentate le risorse destinate al settore, anche se

spesso non hanno incontrato una adeguata capacità di spesa da parte degli Enti

Gestori.

Più recentemente, gli Enti Gestori delle AMP hanno cominciato a confrontarsi

con i problemi della definizione di una politica di sistema. È risultato evidente,

nel corso di questi anni, che lo sviluppo di una singola AMP è asfittico se non si

incrocia con quello delle altre AMP e che comunque tutto il sistema delle AMP

deve inserirsi nel più vasto sistema nazionale delle Aree Protette.

Superata la fase del confronto, negli ultimi anni tutte le AMP hanno aderito a

Federparchi, l’Associazione più rappresentativa del settore. Si tratta di un

passaggio emblematico, proprio in vista dell’adozione di una politica di sistema

comune per tutte le AMP, consentendo tra l’altro una più omogenea ed incisiva

politica di confronto con l’Amministrazione centrale.

Le aree marine protette istituite

Ad oggi, in Italia, le aree marine protette istituite ai sensi delle citate leggi sono

25 (vedi cartina ) e tutelano complessivamente circa 184 mila ettari di mare e

circa 580 chilometri di costa.

Nella cartina ci sono anche i due Parchi Sommersi di Baia e Gaiola (vedi cartina

), di recente istituzione e posti sotto tutela perché costituiti da un ambiente

marino avente rilevante valore storico, archeologico-ambientale e culturale: essi

conservano e i resti archeologici sommersi delle costruzioni situate in epoca

romana lungo tutta l'antica fascia costiera dei Campi Flegrei e di Napoli che si

estendeva fino a circa 500 metri dall'attuale linea di costa, e che oggi,

sprofondata per effetto del fenomeno vulcanico del bradisismo flegreo, giace

sommersa ad una profondità variabile da un minimo di 2 ad un massimo di 16

metri sotto il livello del mare.

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Inoltre ritroviamo un’altra tipica tipologia di protezione dell’ambiente marino:

il Santuario per i mammiferi marini (vedi cartina ). Si tratta di un'area marina

protetta internazionale creata ai sensi di un Accordo internazionale tra Francia,

Italia e Principato di Monaco per tutelare un vasto tratto di mare costituito da

Figura 22 – Le 25 Aree Marine Protette istituite

zone marittime situate nelle acque interne e nei mari territoriali della

Repubblica francese, della Repubblica italiana e del Principato di Monaco,

nonché dalle zone di alto mare adiacenti. Per la sua vasta estensione, per la

vincolistica e per l'iter istitutivo, risulta atipica rispetto alle altre aree marine

protette italiane.

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Le Aree Marine Protette di prossima istituzione

Figura 23 – Le 16 Aree Marine Protette di prossima istituzione

Le 16 aree marine protette di prossima istituzione sono le aree di reperimento

per le quali è stato avviato l'iter istruttorio.

Tale iter è previsto per le aree comprese nell'elenco delle 48 "Aree di

reperimento" indicate dalla normativa sulle AMP. Nella cartina sono

rappresentate le 16 aree marine protette di prossima istituzione, qualunque sia

lo stato di avanzamento del previsto iter amministrativo.

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Le Aree Marine Protette di reperimento

Figura 24 – Le 11 Aree Marine Protette di reperimento

Per Aree Marine Protette di Reperimento si intendono quelle AMP individuate

dalle leggi 979/82 art.31, 394/91 art.36, 344/97 art.4, 426/98 art.2 e 93/01 art.8,

ma per le quali ancora non sono stati completati tutti gli studi e le procedure

che danno il via alla fase istitutiva dell’AMP. Ad oggi se ne contano 11. La

maggior parte delle AMP di reperimento si trovano della parte meridionale

dell’Italia, in particolare ne sono previste cinque solo in Sicilia.

Page 91: LA GESTIONE DELL’AMP PUNTA CAMPANELLA NEL … · Punta Campanella nel contesto del sistema nazionale delle aree naturali protette. Il primo capitolo è dedicato alla descrizione

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I punti critici

A questo quadro, per certi versi favorevole, fa da riscontro una situazione

caratterizzata da altrettante criticità sulle quali vale la pena soffermarsi.

In primo luogo va evidenziato il deficit legislativo del settore: la normativa più

organica in questa materia risale al 1982 (legge 979), dopodichè la legge quadro

sulle aree protette intervenuta nel 1991 ha interessato il settore limitatamente a

due articoli e le leggi che si sono succedute più recentemente sulla materia

hanno aggiunto elementi cercando di risolvere singoli problemi, ma il tutto in

assenza di un coordinamento e uno scenario di riferimento.

Vediamo di delineare i punti critici a livello di sistema e le situazioni

emblematiche che in questi anni ha vissuto il settore delle Aree Marine Protette:

• Inadeguatezza del modello gestionale

A tutt’oggi rimane una grande distanza tra le AMP e il resto del sistema delle

aree protette, soprattutto relativamente alle modalità gestionali. È difficile

pensare che il settore delle AMP possa trovare una rapida integrazione nel

sistema più generale se non si predispongono quelle modifiche legislative che

rendano possibile quest’integrazione. In particolare ai primi è preclusa la

possibilità di dotarsi di proprio personale, anche solo con competenze

amministrative, e l’attività deve essere portata avanti contando esclusivamente

sulla disponibilità di personale da dedicare alla bisogna da parte dell’ente

gestore. Tale disposizione ha gettato nello sconforto tanti enti gestori che

ritengono di difficile prosecuzione un’esperienza gestionale senza unità di

personale aggiuntive, soprattutto se si considera che spesso si tratta di Comuni

con qualche centinaio di abitanti e con bilanci particolarmente esigui. A questo

si aggiungano le differenza sul piano amministrativo che caratterizzano le

diverse realtà gestionali, come ad esempio le scadenze per la presentazione del

bilancio preventivo che per Comuni, Enti gestori di AMP e Enti Parco sono

sfalsate, complicando ulteriormente la situazione.

• Il demanio marittimo

Un groviglio di norme apparentemente inestricabile, che vede coinvolti comuni,

regioni, ministeri e capitanerie di porto rende il tema del “demanio marittimo”

Page 92: LA GESTIONE DELL’AMP PUNTA CAMPANELLA NEL … · Punta Campanella nel contesto del sistema nazionale delle aree naturali protette. Il primo capitolo è dedicato alla descrizione

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uno dei problemi più complessi da risolvere. L’avvenuto passaggio delle

competenze in materia dallo Stato alle regioni e ai Comuni (D.Lgs. 112/98) è

stato recentemente messo in discussione da un pronunciamento del Consiglio

di Stato, interpellato dal Ministero dell’Ambiente, che ha attribuito la

competenza al rilascio delle concessioni demaniali nelle aree protette al

ministero delle infrastrutture. Naturalmente tale decisione non è stata accettata

di buon grado dalle regioni, e, quindi, oltre a profilarsi un serrato confronto

Stato–Regioni che richiederà tempi geologici per essere risolto, l’assenza di un

quadro di certezze e di procedure concordate lascia il sistema in stand-by sul

fronte dei campi ormeggio per la nautica da diporto, intervento strategico dal

punto di vista turistico, economico, della tutela ambientale e della

regolamentazione della fruizione.

• Gli Enti Gestori - Il caso Ustica

L’epilogo del lungo contenzioso tra Ministero dell’Ambiente e Comune di

Ustica sulla gestione della Riserva Marina è stato un discusso decreto del

Ministero di revoca della gestione al comune, e affidamento provvisorio alla

Capitaneria di Porto di Palermo. Fermo restando che le difficoltà gestionali e

amministrative dell’AMP erano, e sono oggi più che mai un fatto oggettivo, e

che negli ultimi mesi l’Amministrazione Comunale non aveva saputo

imprimere alcuna svolta ad una situazione fortemente compromessa (tre

direttori avvicendatisi in un anno e mezzo), la necessità di far fronte ad una

gestione carente è sfociata in un provvedimento che ha azzerato il

funzionamento della riserva, alzato il conflitto politico e fatto perdere consenso

e immagine all’AMP stessa. Per di più l’affidamento provvisorio alla

Capitaneria di porto ha segnato il “de profundis” per l’AMP: delle strutture

messe in piedi nel corso di questi anni si è persa traccia ed il patrimonio di

esperienza accumulato dalla più nota e più antica riserva marina italiana

sembra essere stato dilapidato in breve tempo. Forse è questo un chiaro

esempio della necessità di coinvolgere nella gestione di un AMP enti più stabili

politicamente, come per esempio un consorzio di gestione con la Regione o con

la Provincia.

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• Le commissioni di riserva

In questi anni è andato via via perdendo peso ed autorevolezza il ruolo delle

commissioni riserva, organi consultivi che affiancano l’Ente gestore nelle scelte

strategiche e di pianificazione. Si è trattato di un’occasione persa per garantire

maggiore partecipazione alle realtà locali e alle categorie socio-economiche

interessante rispetto alle scelte decisionali. Se da un lato è mancato un confronto

utile tra le associazioni ambientaliste, le centrali cooperative della pesca e le

altre categorie rappresentate nelle commissioni, anche a livello centrale si è

registrato uno scarso coordinamento delle attività delle commissioni,

sostanzialmente abbandonate a se stesse, all’iniziativa e all’interpretazione delle

norme del singolo presidente o membro. Prova ne sia che non ci sono

spiegazioni per la mancata istituzione delle commissioni di riserva delle Isoli

Ciclopi e delle secche di Tor Paterno, così come non sono state istituite per una

discutibile interpretazione normativa da parte del ministero, le commissioni di

riserva delle isole tremiti e di Ventotene e Santo Stefano. In tutti questi contesti

territoriali dove le commissioni di riserva non sono state istituite, i pescatori e le

altre categorie “marine” sono completamente tagliati fuori dalla gestione.

Recentemente, inoltre, le designazioni dei rappresentanti degli ambientalisti

negli organismi delle AMP appaiono sempre meno condivisibili e dettate da

logiche di diluizione della forza di interlocuzione politica delle associazioni.

• Altre problematiche di sistema

Gli accordi intercorsi nel 1997 e nel 2000 con le regioni Sardegna e Sicilia hanno

sostanzialmente esteso le competenze e la potestà delle regioni in materia di

istituzione e gestione, secondo una scelta di decentramento amministrativo e di

centralità degli enti locali. Tuttavia, tali intese sono state totalmente disattese

proprio dalle Amministrazioni Regionali, che, passate all’incasso dei loro

accresciuti poteri di veto e di intesa si sono dimenticate di investire risorse,

promuovere il settore e contribuire a risolvere i conflitti sociali e politici: così è

stato in Sardegna per l’Asinara, Tavolara e Penisola del Sinis, così è stato in

Sicilia per Capo Gallo e per Ustica. Piuttosto che un contributo, si è registrata

una colpevole inadempienza.

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• Servizi essenziali

Da ultimo, una considerazione sui finanziamenti ministeriali alle AMP: nel 2003

si è imposto uno stop ai programmi di gestione presentati con le procedure

abituali, con l’obiettivo di assicurare prima l’assolvimento dei compiti di

gestione “essenziali”. È pur vero che in molti casi gli Enti Gestori non erano

ancora in grado di garantire il funzionamento di base dell’AMP (segnalazione,

sorveglianza, funzionamento amministrativo, sedi, uffici, mezzi, etc..) .

Tuttavia, se da un lato è stato giusto riallineare il sistema su un’unica linea di

galleggiamento il funzionamento di base, tale blocco di finanziamenti ha

rischiato di penalizzare le realtà più avanzate che già assicuravano la maggior

parte dei servizi essenziali.

Dunque il mondo delle aree Marine Protette risulta essere estremamente

variegato e in movimento, e Punta Campanella rappresenta sicuramente un

riferimento in questo sistema nazionale di protezione del mare.

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CAPITOLO 3 - L’Area Marina Protetta Punta Campanella

3.1 Peculiarità dell’AMP

Il Golfo di Napoli: crocevia biologico del Mar Mediterraneo

La penisola italiana rappresenta

un importantissimo ponte di

unione tra due continenti

caratterizzati da fattori climatici

medi abbastanza differenti:

Europa (clima temperato) e

Africa (clima equatoriale -

tropicale).

Questa linea di terra, anche se

non congiunge i due continenti,

rappresenta un interessante

punto di passaggio per specie che

nel corso del tempo hanno

evoluto comportamenti migratori, servendosi della penisola italiana come

appoggio per i lunghi e

stancanti spostamenti da

un continente all’altro.

E, sempre nel corso del

tempo, questa linea di

terra, per la sua

particolare posizione, ha

visto la progressiva

colonizzazione da parte

di specie tipiche di

ambienti anche molto diversi, come le coste del Nord Africa e quelle

Figura 25 – La penisola italiana

Figura 26 – Il Golfo di Napoli

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dell’Europa, che hanno voluto sperimentare adattamenti a climi leggermente

diversi, o che hanno trovato in questi luoghi ottimi siti di riproduzione e

nutrimento.

Per cui la penisola italiana, che mostra caratteri climatici sia del nord

Mediterraneo che delle coste del nord Africa, risulta essere un incredibile

crocevia di specie animali e vegetali.

A sua volta il Golfo di Napoli, situato al centro di questo grande bacino, riflette

a pieno le caratteristiche appena descritte, con acque ricche di una grossa

miscela biologica e contenenti elementi floro-faunistici provenienti da tutti gli

stock biogeografici del Mediterraneo. Il tutto va ad integrarsi con una ricchezza

di microhabitat dovuti alle peculiarità geomorfologiche e idrologiche di questa

zona, per i quali è stato eletto come sito storico per gli studi della biologia

marina.

La penisola sorrentina

La Penisola Sorrentina e la sua propaggine occidentale, la Punta della

Campanella, si inseriscono in questo quadro estremamente interessante nel

Figura 27 – La Penisola Sorrentina vista dal Golfo di Salerno

Page 97: LA GESTIONE DELL’AMP PUNTA CAMPANELLA NEL … · Punta Campanella nel contesto del sistema nazionale delle aree naturali protette. Il primo capitolo è dedicato alla descrizione

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quale la presenza dell’uomo, con punte di densità di abitanti che non hanno

eguali in Europa, porta ad un continuo impatto sull’ambiente, e soprattutto

sulla risorsa ‘mare’, che in alcuni casi pare irrecuperabile.

Figura 28 – Il Vesuvio e parte del Golfo di Napoli visti da Massa Lubrense

Storicamente questi luoghi sono stati sempre valorizzati dalla presenza umana,

perché anche l’uomo qui ha trovato ottime condizioni climatiche, oltre che

terreni fertili e acque pescose per la vita e lo sviluppo economico, e questo è

testimoniato dalla grande concentrazione di realtà culturali, storiche e

archeologiche presenti nel breve arco compreso tra i Campi Flegrei, Golfo di

Napoli e Golfo di Salerno.

La parte centro-settentrionale del Golfo ospita la città di Napoli, le cui

propaggini sia orientali che occidentali presentano un continuum di abitazioni,

porti e industrie: Bagnoli e Pozzuoli da un lato, Ercolano, Torre del Greco, Torre

Annunziata e Castellammare di Stabia dall’altro.

Sono poche le aree del Golfo che si salvano da questo violento impatto e la

Penisola Sorrentina, è una fra queste: essa presenta solo modesti insediamenti

urbani e industriali, e ha mantenuto per lo più preservato il suo ambiente, con

un alternarsi di uliveti e agrumeti che pian piano degradano a mare.

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Inquadramento geologico-strutturale della Penisola Sorrentina

La penisola sorrentina è una dorsale carbonatica che si staglia sul mare Tirreno

a separare il golfo di Salerno da quello di Napoli. Tale dorsale è sviluppata in

direzione NE-SO, e disposta trasversalmente alla catena appenninica e

,

Figura 29 – Carta geo-strutturale

costituisce un rilievo strutturale che si interpone tra 2 ampie depressioni: la

piana Campana e il golfo di Napoli a Nord, la Piana del Sele e il Golfo di

Salerno a Sud (BRANCACCIO et al., 1991).

Entrambi i versanti della

dorsale sono interessati da

faglie che hanno dato luogo

a ripide superfici di origine

strutturale, interrotte da

incisioni fluviali sul lato

amalfitano e da ampi

terrazzi su quello

sorrentino. Figura 30 – L’Isola di Capri (in primo piano) e la Punta

della Campanella separati dalla Bocca Piccola

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Tra l’altro tale penisola condivide gli stessi lineamenti tettonici con la vicina

isola di Capri, dalla quale è separata da un breve tratto di mare – Bocca Piccola

– ampio all’incirca 5 Km e profondo in media 70 m.

La successione stratigrafica del promontorio è rappresentata da terreni

carbonatici mesozoici in facies di piattaforma, e, subordinatamente, da

coperture terrigene mioceniche e da piroclastiti, ascrivibili ad attività vulcanica

del Somma-Vesuvio e dei Campi Flegrei (PERRONE, 1988).

Caratteri morfo-strutturali

L’insieme degli aspetti stratigrafici e tettonici evidenti nel settore terrestre

hanno un riscontro anche nel dominio marino, dove si osserva una chiara

asimmetria nell’estensione e nei gradienti delle piattaforme continentali nel

settore a Nord rispetto a quelli a Sud (MILIA A. e TORRENTE M., 1999;

AIELLO et al., 1999).

Figura 31 – Sezione geo-strutturale della penisola sorrentina

I caratteri strutturali appena delineati determinano l’attuale fisiografia della

penisola: i brevi e ripidi pendii del versante amalfitano vengono, infatti,

sostituiti lungo il tratto settentrionale da pendenze più dolci, sviluppate su

distanze maggiori, che riflettono l’asimmetria monoclinale sorrentina.

Infatti da un punto di vista morfo-strutturale il fianco meridionale della

penisola corrisponde a un ripido versante di faglia costiero, variamente

interessato da corsi d’acqua effimeri ad elevato gradiente di pendenza, e

caratterizzato dalla presenza di ripiani di abrasione sommitali. Tale

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configurazione dà luogo ai numerosi e diffusi fenomeni di instabilità e

alluvionamento, spesso a

carattere catastrofico che da

almeno 1000 anni interessano i

vari insediamenti urbani ubicati

alla base delle falesie e allo

sbocco di corsi d’acqua.

Procedendo verso ovest

l’ultimo rilievo della penisola

sorrentina è rappresentato dal

Monte San Costanzo, che mostra un ripido versante orientale, interessato da

continui distacchi di blocchi per scalzamento al piede della rupe calcarea, come

testimoniano i grossi accumuli di detrito al piede del rilievo. Il versante

meridionale invece presenta una gradinata di faglie dirette che dislocano a

diverse altezze la sommità del rilievo. Tale motivo strutturale da anche luogo

all’insenatura della Baia di Ieranto, approfondita dall’erosione marina

(CINQUE, 1986).

Oltrepassata la Punta della Campanella la costa occidentale della penisola

risulta caratterizzata da falesie poco sviluppate e discontinue, che determinano

corsi d’acqua più lunghi e a minore pendenza.

Caratteri stratigrafici

L’ossatura della dorsale è costituita da una potente successione di rocce calcaree

e dolomitiche nel tratto che va dalla Sella di Cava dei Tirreni fino a Punta

Scutolo e continuano ad affiorare più oltre fino a Punta Campanella su ripido

versante meridionale. Tali depositi oltre a formare l’ossatura dell’intera

penisola formano anche numerosi scogli e piccole isole (Li Galli, Vetara,

Vervece, scoglio a Penna, etc) presenti sia lungo la fascia costiera sorrentina che

amalfitana.

Se invece si osserva il versante sorrentino, si rinvengono terreni costituiti

prevalentemente da arenarie e marne, litotipi questi che per la loro maggiore

Figura 32 – Le ripide falesie del Versante meridionale della Penisola Sorrentina

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morbidezza ed erodibilità giustificano l’attuale geometria più morbida del

paesaggio.

A queste spianate erose in tempi più antichi (pliocene, pleistocene inf.) sulle

successioni di rocce già descritte, se ne alternano altre di origine deposizionale

costituite da tufi e piroclastiti (prodotti vulcanici sciolti quali ceneri, sabbie,

pomici, lapilli) legati all’attività dei vicini centri vulcanici campani. A titolo di

esempio, l’area depressa compresa tra i due blocchi di Punta Scutolo e Capo di

Sorrento è stata colmata, circa trentamila anni fa, dall’accumulo di una potente

formazione tufacea che la rende

perfettamente spianata (la Piana

di Sorrento). In questa zona è

stata rilevata la presenza di tufo

fino alla profondità di 70 m . in

località Piano di Sorrento.

La geo-morfologia ha

condizionato la distribuzione

demografica dando luogo ad

insediamenti urbani molto

concentrati (es. baie allo sbocco

dei valloni in costiera amalfitana)

oppure estremamente diffusi sui

ripiani a morfologia regolare

(Meta, Piano di Sorrento, Sorrento, Agerola, Tramonti).

Della stessa situazione geologica va tenuto conto, ovviamente,

nell’individuazione delle soluzioni ai problemi dell’inquinamento e ancor più

nella fase progettuale di opere a ciò finalizzate. Ad esempio la situazione

strutturale a blocchi fagliati rende quasi improponibile, perché pericolosa e

costosa, la realizzazione di una rete di smaltimento dei liquami lungo l’intero

asse delle costiere. Inoltre la ripida topografia delle coste e dei fondali cui molto

spesso si associa una elevata energia del moto ondoso, rende molto complicata

la realizzazione di quelle condotte sottomarine che in questi particolari

Figura 33 – Piana di Sorrento - il versante nord della penisola è caratterizzato da falesie poco

sviluppate e discontinue, e piccole piane costiere

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ambienti risulterebbero molto vulnerabili con ripercussioni sia economiche che

ecologiche.

Settori marini

Nei fondali circostanti la Penisola Sorrentina è stata rilevata una alta variabilità

morfologica che rispecchia il particolare assetto strutturale dell’area.

Già da una prima analisi emerge che i fondali reggono pendenze discrete: tale

caratteristica consegue dalla presenza in subaffioramento del substrato

roccioso, dalla vicinanza di una dorsale montuosa a breve distanza dalla costa,

e dalla presenza a fondo mare di sedimenti a granulometria prevalentemente

sabbiosa.

Nel settore settentrionale si osservano gradienti variabili tra 1.5° e 11° per i

fondi mobili, pendenze fino ai 20° per le aree con substrato subaffiorante e oltre

i 40° per le pareti incise in roccia. Il versante meridionale presenta valori delle

pendenze comprese tra 2.4° e 20° per i fondi mobili, oltre i 20° per le aree con

subaffioramento del

substrato, e cigliate in

roccia in alcuni casi

quasi sub-verticali.

Molti allineamenti

riconoscibili a fondo-

mare, sono spesso la

prosecuzione degli

elementi strutturali

evidenti nei settori

emersi e sottendono

porzioni di fondo con substrato roccioso affiorante o sub-affiorante.

Nel settore di costa che corre dalla Baia di Mitigliano fino alle Mortelle

affiorano le più spettacolari cigliate in roccia. Quelle rivolte a ovest nord-ovest

presentano pendenze comprese tra i 30° e i 40°, quelle rivolte ad est e a sud-est

Figura 34 – Le elevate pendenze delle falesie che caratterizzano il territorio di Punta Campanella

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risultano molto più acclivi fino a raggiungere in alcuni tratti la sub-verticalità in

diretta prosecuzione con la falesia emersa. FOTO GARGIULO

Particolarità ecologiche

In questa sede, analizzando il comparto bentonico marino, s’intendono

evidenziare gli aspetti che rendono la Costiera Sorrentino-Amalfitana di

estremo interesse ambientale e paesaggistico anche per la sua parte subacquea,

al punto da considerarla idonea per l’istituzione di una AMP.

Il comparto bentonico, ovvero

l’insieme di organismi che vivono in

stretto rapporto con il fondo del mare,

costituisce il sistema ecologico marino

che meglio integra le ‘condizioni

medie’ dell’ambiente, e rappresenta il

punto di riferimento per individuare le

diverse tipologie di paesaggio

subacqueo e per comporre le

‘mappature biologiche’ dei siti marini nelle valutazioni di impatto ambientale o

negli studi di fattibilità delle aree naturali protette.

Nell’illustrare le diverse tipologie e la localizzazione delle associazioni

bentoniche presenti lungo la penisola non si può prescindere dal considerare

innanzitutto la geomorfologia del fondo stesso, in quanto il substrato è fattore

di primaria importanza nel determinare la distribuzione, la struttura e la

dinamica delle associazioni biologiche che su di esso si insediano.

La geomorfologia costiera della Penisola Sorrentino-Amalfitana è molto

peculiare e diversa rispetto a quella della restante parte del Golfo, che presenta

decisi caratteri derivanti dall’azione vulcanica del Vesuvio.

I principali fattori che determinano la struttura dei popolamenti bentonici sono:

• la presenza di alte falesie di natura calcarea;

• la presenza di un corpo d’acqua profondo che interessa la parte centrale

del Golfo di Napoli e lambisce le sue parti più esterne.

Figura 35 – Tipico paesaggio sottomarino dei fondali di Punta Campanella

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Le alte falesie calcaree

La principale caratteristica della

zona posta sotto tutela risiede

soprattutto nelle alte falesie di

natura carbonatica che

ritroviamo in queste zone, che si

prolungano a mare fino ad oltre

50 m. di profondità. Tali falesie

rendono la costa alta e scoscesa,

con rari seni e piccole rientranze

della costa, ove il declivio è

meno scosceso.

Le falesie che si affacciano nel

bacino del Golfo di Napoli

poggiano su una grande piana

fangosa, il Napoli Slope, che rappresenta il limite della piattaforma

continentale. Nel versante Salernitano la piattaforma continentale si riduce di

parecchio, raggiungendo rapidamente i 600 e più metri di profondità.

Gli effetti della notevole pendenza della costa sull’ambiente marino sono:

• scarsa presenza dei substrati incoerenti (sabbie e fanghi), e presenza

quasi esclusiva di substrati coerenti (rocce) fino ad oltre 50 metri di

profondità;

• limitata superficie disponibile, a parità d’intervallo batimetrico, per

l’impianto dei popolamenti bentonici;

• riduzione dei popolamenti fotofili (tipici di ambienti bene illuminati e

caratterizzati dalla dominanza di organismi sessili di tipo vegetale) ad

una fascia batimetria particolarmente superficiale;

• aumento della distribuzione batimetrica dei popolamenti sciafili (tipici di

ambienti scarsamente illuminati e caratterizzati dalla dominanza di

Figura 36 – Falesia di S. Lorenzo nel versante settentrionale della penisola

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organismi sessili di tipo animale), che risalgono dagli ambienti profondi,

dove normalmente si ritrovano, fino a pochissimi metri di profondità;

Le formazioni carbonatiche invece determinano:

• la presenza di specie di particolare interesse biologico e paesaggistico che

in genere non si rinvengono su altri tipi di

rocce (ad es. molti Antozoi, come la

madreporaria Asteroides calycularis, e

Bivalvi, come il dattero di mare

Lithophaga lithophaga);

• la formazione di ampie grotte, molte delle

quali sottomarine, per fenomeni di

carsismo dovuti allo scioglimento del

calcare da parte dell’acqua percolante

dalla superficie, che possono ospitare

associazioni faunistiche molto particolari.

Il canyon sottomarino

Un’altra peculiarità, di tipo idrologico stavolta, consiste in un ripido canyon che

dalle profondità del Tirreno centrale risale proprio al centro del Golfo di

Napoli.

Per questo motivo la parte centrale del Golfo di Napoli è interessata soprattutto

dall’acqua del largo, che lambisce anche le zone più esterne del golfo, come la

Penisola Sorrentina e l’Isola di Capri a Sud, le isole di Ischia e Procida a Nord

(CARRADA G.C. et al., 1982; RUSSO G.F., 1995).

Quest’acqua ricca di nutrienti e priva di inquinanti di solito scorre in

profondità, ma al limite del golfo di Napoli si incanala in questo canyon

sottomarino, fino a giungere nella parte più superficiale del corpo d’acqua,

andando a vivificare e ripulire una delle zone dove è più intensa l’attività

dell’uomo: non dimentichiamo la foce del fiume Sarno a Castellammare di

Stabia, o il porto industriale di Napoli a San Giovanni.

Figura 37 – Colonie di Asteroides Calycularis

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Figura 38 – Il canyon sottomarino del Golfo di Napoli

La presenza di questo corpo d’acqua proveniente dal largo determina:

• lo spostamento e la dispersione dello strato d’acqua superficiale

inquinato per via delle attività antropiche;

• un processo di magnificazione produttiva delle reti alimentari (i nutrienti

che arrivano dal fondo attraversano la catena alimentare, dando la

possibilità ad ogni comparto trofico di svilupparsi), che porta ad una

particolare ‘rigogliosità’ (elevata biomassa) delle associazioni bentoniche

con organismi sessili di substrato roccioso che formano coperture

biologiche pluristratificate, senza che si manifestino fenomeni di distrofia

del sistema, e rendendo quest’area così ricca e pescosa .

Le associazioni biologiche

A seconda dell’organizzazione delle comunità animali e vegetali, le tipologie

più caratteristiche delle associazioni biologiche presenti sui fondi sottomarini

costieri della Penisola Sorrentina possono essere riassunte in:

• associazioni di substrato solido: falesia calcarea e grotta sottomarina;

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• associazioni di substrato mobile: sabbioni biodetritici e prati di Posidonia

oceanica.

Associazioni di falesia calcarea

Sono di gran lunga le associazioni più diffuse lungo i fondali della Penisola.

Esse sono caratterizzate solo nei primi metri di profondità (in genere fino a circa

5-10 m) da comunità fotofile, in cui gli organismi dominanti sono vegetali;

soprattutto alcune specie di alghe, sia verdi (Clorofite) che brune (Neofite), bene

adattate ad un ambiente esposto a luce intensa e ad elevato

idrodinamismo.FOTO

Tuttavia il fenomeno più caratteristico ed appariscente lungo le falesie della

Penisola è la risalita, anche in pochi metri d’acqua, di comunità sciafile, che in

genere caratterizzano i fondali rocciosi oltre i 40 m di profondità, laddove la

luce si attenua e con essa anche il rigoglio algale, che di luce necessita per i

processi fotosintetici.

Il fenomeno della risalita di tali organismi è dovuto soprattutto alla notevole

inclinazione del

substrato, che favorisce la

formazione di ambienti

poco esposti alla

radiazione solare anche

in prossimità della

superficie.

Le associazioni sciafile

rendono molto

spettacolare il paesaggio

subacqueo. Gli organismi vegetali, sebbene ancora presenti soprattutto con il

gruppo delle alghe rosse (Rhodophyta), non costituiscono più il principale

elemento strutturante la comunità di falesia.

Sono invece gli animali sessili, cioè quelli fissi al substrato, che costituiscono

l’elemento dominante del popolamenti, con una grandissima ricchezza di specie

Figura 39 – Biocenosi del coralligeno

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99

dalle morfologie e dalle gamme cromatiche tra le più varie ed appariscenti in

ambiente marino.

Note col termine di ‘coralligeno’, cioè ‘generatrici di corallo’ – poiché il corallo

rosso ne dovrebbe essere l’elemento caratterizzante…se le popolazioni di

questa specie non fossero state distrutte nel corso dei secoli da una pesca

indiscriminata (RUSSO G.F. e CICOGNA F., 1996) – tali associazioni rivestono

grande interesse anche da un punto di vista biologico e naturalistico, poiché

sono caratterizzate da una elevatissima biodiversità, con organismi che

ricoprono completamente il fondo in più strati sovrapposti.

Tra gli animali sessili numerose sono le specie di Spugne, sia erette che

incrostanti, Idroidi, Briozoi e Antozoi. Le popolazioni di Antozoi hanno lungo

la costiera uno sviluppo particolare: davvero paesaggisticamente spettacolari e

biologicamente interessanti sono le vaste superficie colonizzate da Asteroides

calicularis, una delle poche specie di madreporari viventi nel Mediterraneo

(abbondantissimi, invece, nei mari tropicali ove sono tra i principale organismi

costruttori di barrire coralline), per il quale proprio le falesie calcaree della

Penisola Sorrentina costituiscono l’estremo limite settentrionale dell’areale di

distribuzione. Tutti questi animali sessili hanno sviluppato adattamenti per una

alimentazione da sospensivoro. Essi filtrano il particolato organico in

sospensione e pertanto possono svolgere una discreta funzione depuratrice

della colonna d’acqua.

Associazioni di Grotta sottomarina

La costiera Sorrentino-amalfitana costituisce uno dei siti più ricchi di grotte

sottomarine del Mediterraneo. Senz’altro esse costituiscono un patrimonio

naturalistico di primaria importanza in quanto si tratta di ambienti con

caratteristiche chimico-fisiche e biologiche peculiari.

Le grotte sottomarine sono abitate da comunità animali (i vegetali si fermano

nell’avangrotta per l’estinzione della luce) composte da specie molto particolari

se non addirittura rare (come il celenterato del genere Alcampoides purpurea),

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adattate all’assenza di luce e ad un’alimentazione tipica della catena trofica del

detrito.

Tipico è anche il fenomeno

della risalita, in queste

‘enclaves’, di elementi di

fauna profonda anch’essa di

ambiente sciafili e

troficamente legata all’input

di detrito organico piuttosto

che alla produzione di

biomassa per via

fotosintetica.

Le grotte svolgono inoltre

una importante funzione di rifugio (lontano dai principali predatori) per i primi

stadi di sviluppo (cosiddetto ‘giardino d’infanzia’) di numerose specie che allo

stadio adulto vivono negli ambienti litorali.

L’importanza di tale sistema carsico nell’ambito dell’intero bacino del

Mediterraneo è anche documentato dal gran numero di accurati studi di cui è

stato oggetto. Sviluppatesi soprattutto negli ultimi trenta anni (da quando cioè

l’immersione subacquea ha consentito l’accesso negli ambienti di grotta

sommersa), le

ricerche condotte

nelle grotte della

Penisola Sorrentina

sono considerate

pietre miliari nella

conoscenza degli

ambienti marini, basti

pensare alla

notissima Tyrrenia Expedition, ed al libro di RIEDL (1966) Biologie der

Meereshohlen, che da questa spedizione prese spunto, nonché agli studi condotti

Figura 40 – Carta delle principali grotte sottomarine (individuate dai tratti blu) di Punta Campanella

Figura 41 – Grotta sottomarina

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da ricercatori di numerosi istituti italiani che hanno evidenziato il ruolo di vero

e proprio laboratorio naturale, soprattutto della grande grotta di Mitigliano

(CATTANEO VIETTI e RUSSO, 1987).

Associazioni di sabbioni biodetritici

I sabbioni biodetritici sono presenti soprattutto alla base delle falesie e nel

canale di Bocca Piccola, che separa Punta Campanella dall’isola di Capri. La

consistenza grossolana del sedimento è dovuta all’azione di forti correnti di

fondo che trasportano verso la parte più interna del golfo gli elementi più fini,

che decantano laddove un ridotto idrodinamismo lo consente.

Questi sabbioni ospitano comunità alquanto particolari, come quelle

caratterizzate dalla presenza dell’anfiosso (Branchiostoma lanceolatum), ormai

sempre più raro, quelle più profonde associate alle alghe calcaree che,

incrostando le particelle di sedimento, si accrescono a formare quei veri e propri

ciottoli ‘viventi’ che costituiscono la cosiddetta formazione a pralines. Le

pralines, sono molto rare nel Mediterraneo e sono una caratteristica rilevante di

quest’area.

Praterie di Posidonia

Posidonia oceanica è una pianta marina di notevole importanza nei sistemi marini

litorali del Mediterraneo, per l’ossigenazione dei fondi, per l’attutimento

dell’effetto erosivo delle onde e delle correnti lungo la costa e per la sua

funzione di elemento di base per il ripopolamento della costa, in quanto le sue

fronde offrono riparo e consentono la riproduzione e lo sviluppo dei giovani di

molte specie, anche pregiate.

Non forma vaste praterie lungo la Costiera Sorrentino-Amalfitana, ciò perché i

fondali incoerenti entro la batimetrica dei 30 m (ove la piante preferibilmente

attecchisce) sono poco estesi ed hanno pendenze notevoli, salvo che in alcuni

seni caratterizzati da conoidi di accumulo incoerente.

La pianta è comunque diffusa con distribuzione discontinua lungo tutto il

perimetro costiero della penisola. Si riscontra soprattutto all’interno delle baie e

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nelle cave, ove il fondale degrada con declivio più lieve. Si tratta tuttavia di aree

alquanto limitate, in cui la posidonia cresce a macchie sparse sul sedimento e

anche su roccia, senza interessare in modo dominante la tipologia del fondale.

Un tale tipo di colonizzazione del fondale da parte della posidonia è del tutto

differente da quanto

si riscontra in altri siti

(ad es. intorno

all’isola di Ischia) ove

la presenza di

un’ampia

piattaforma costiera

dolcemente

degradante permette

l’insediamento di

vere e proprie

praterie sottomarine.

Proprio per la mancanza di substrato e di declivi idonei all’impianto di vaste

praterie di posidonia si ritiene improbabile uno sviluppo consistente di quei

terrazzi sottomarini noti ai pescatori col termine di cigli (matte in termini

tecnici) e formati dall’intreccio delle radici e dei fusti (rizomi) delle piante.

Tali caratteristiche generano delle peculiarità biologiche che da più di un secolo

sono oggetto di intensi studi da parte di ricercatori provenienti da tutt’Europa,

anche grazie alla vicinanza con Napoli, sede della famigerata Stazione

Zoologica ‘Anthon Dohrn’.

Necessità di conservazione

La fascia costiera che si sviluppa lungo il litorale campano è da anni al centro

dell’attenzione per i gravi problemi di gestione del territorio che ancora oggi

rimangono irrisolti. In quest’ambito esistono particolarità ambientali e culturali

di importanza assoluta che ne fanno un’area unica al mondo. Basta solo pensare

alla concentrazione di tesori culturali, storici, archeologici, naturalistici,

Figura 42 – Prateria di Posidonia oceanica

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paesaggistici ed umani che esistono nell’arco che si estende tra i Campi Flegrei,

il golfo di Napoli e il golfo di Salerno.

Figura 43 – La penisola sorrentina con il golfo di Napoli a Nord e quello di Salerno a sud

Al centro di questo complesso sistema la penisola sorrentina-amalfitana gioca

un ruolo importante e, nonostante la presenza nelle immediate vicinanze di

aree urbane di forte degrado, l’ambiente marino presenta ancora delle biocenosi

uniche, e potrebbe essere reintegrato nella sua pienezza naturale,

rappresentando la parte del golfo di Napoli che meglio mantiene conservati i

suoi tesori.

Nel paragrafo precedente si è parlato di peculiarità ecologiche e naturalistiche

di questa zona. Ad esse si accoppiano una serie di emergenze ambientali che

hanno fatto scattare l’allarme in sede locale e nazionale, da parte di

professionisti del settore, organizzazioni scientifiche e singoli cittadini, motivi

per i quali il Ministero ha avviato l’iter istitutivo per l’AMP Punta Campanella,

cominciando dal noto studio di fattibilità, per preservare questi ecosistemi.

Peculiarità del territorio Emergenze ambientali

Falesie calcaree e risalita del coralligeno

Distruzione del coralligeno ad opera dei pescatori del dattero di mare

Grotte sottomarine e secche Turismo subacqueo incontrollato Prateria di Posidonia oceanica Pesca a strascico e turismo da diporto

incontrollato Antiche tradizioni marinare e pescherecce

Perdita delle tradizioni

Tabella 3 – Peculiarità del territorio e relative emergenze nell’area di Punta Campanella

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Oltre alle emergenze locali, differenti da territorio a territorio, l’istituzione di

una AMP ha come obiettivo la definizione di un piano generale di gestione

delle risorse del mare (degli stock ittici, per esempio, delle biocenosi

bentoniche) che dovrebbe essere applicato alla maggior parte delle coste della

nostra penisola piuttosto che a limitati specchi d’acqua.

La pesca al dattero e la distruzione del coralligeno

Il dattero di mare è prelevato esclusivamente per mezzo di sommozzatori che

frantumano la roccia con scalpelli o martelli pneumatici. A volte, per rendere

più veloce la raccolta i datterari staccano dalle pareti interi pezzi di roccia

calcarea, raccogliendo poi i datteri in essi contenuti in barca o a terra.

Tale tipologia di pesca, altamente distruttiva, ha come risultato la devastazione

delle coste e di tutti gli organismi che le abitano, biocenosi di coralligeno in

primis.

Figura 44 – Pescatori di datteri in azione

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In termini di biomassa la distruzione indiscriminata di molluschi, spugne,

briozoi, echinodermi, crostacei e cnidari per una profondità di oltre 15 mt,

rappresenta un danno ecologico che nessun altro tipo di pesca può eguagliare.

Inoltre la massa organica, ridotta a poltiglia e la massa di detriti rocciosi che

occlude spaccature e tane, allontana i pesci e aumenta notevolmente il degrado.

Come risultato finale, oltre alla compromissione dei normali cicli biologici di

specie anche di notevole interesse commerciale, si provoca anche un disturbo al

sistema naturale di difesa dal moto ondoso.

Le grotte sottomarine

Come detto in precedenza le grotte sottomarine, non particolarmente comuni

lungo le coste mediterranee, rappresentano un vero e proprio “laboratorio

naturale sommerso” per studi di carattere ecologico, in cui gli effetti sugli

organismi di alcuni parametri ambientali quali luce, idrodinamismo e apporti

nutritivi possono essere più facilmente valutati.

Purtroppo da diversi anni un turismo subacqueo incontrollato ha provocato

nelle grotte più note come ad esempio nelle grotte dello Zaffiro e di Mitigliano

danni anche irreparabili alle formazioni carsiche.

Inoltre molto noti ai subacquei di tutta Italia sono i fondali e le secche che

circondano le piccole isole dell’Isca, Vetara, lo scoglio del Vervece ed in

particolare Li Galli. Anche in questo caso risulta fondamentale regolare il

turismo subacqueo che negli ultimi anni ha avuto un boom in tutta Italia, e

ancora di più in queste zone .

Disturbo delle praterie di Posidonia

Sebbene non esistano estese praterie di Posidonia oceanica, per via della

morfologia dei fondali, risulta fondamentale attuare misure di protezione verso

questo ecosistema sottomarino.

I danni maggiori vengono provocati dalla pesca a strascico (vietata al di sopra

dei 50 mt) e dall’ancoraggio libero:

- nel primo caso si ha la rimozione di interi tratti di prateria;

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- nel secondo caso, che avviene più frequentemente, si ha un danno minore: le

ancore salpate a bordo portano con se foglie e rizomi, e talvolta anche

l’apparato radicale delle piante.

La pesca

L’attività di pesca lungo la penisola sorrentina è sicuramente di vecchia data,

legata a riti e tradizioni e tramandata di generazione in generazione, tnto che

ancora una oggi molti giovani si dedicano a questa attività come una vera fonte

di occupazione, di approvvigionamento alimentare e di promozione socio-

culturale per il recupero dei vecchi sistemi di pesca.

Negli ultimi tempi, prima

dell’istituzione dell’AMP, si

è assistito ad un tipo di

pesca diverso, condotto da

marinerie non locali e

concentrato in larga parte

sul pesce di passo, con una

lente ma inesorabile

scomparsa della

tradizionale piccola pesca

litorale.

L’istituzione dell’AMP ha permesso un notevole passo in avanti per il recupero

di queste tradizioni: nel Decreto 13.06.2000, che modifica il decreto istitutivo

dell’AMP del 12.12.1997 si parla esplicitamente di “piccola pesca” (definita dal

Decreto MIPAF 26.07.1995) come unico tipo di pesca professionale autorizzabile

all’interno dell’AMP.

Per piccola pesca si intende quel tipo di pesca condotta con imbarcazioni di

massimo 10 tsl (tonnellata di stazza lorda) ed effettuata per lo più sotto costa

con i seguenti strumenti: reti da posta, palangari, nasse, lenze e arpioni.

L’autorizzazione da parte dell’AMP a tale tipo di pesca che non danneggia i

fondali e non interviene drasticamente sugli stock ittici, rappresenta un grande

Figura 45 – Tipiche nasse di giunco su una piccola imbarcazione nel porticciolo di Marina della Lobra,

Massa Lubrense

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momento di rivalutazione di un’attività che è da sempre legata all’uomo, a

discapito di quei tipi di pesca distruttivi e non sostenibili.

La pesca razionalmente condotta e la tutela del patrimonio ittico non sono per

nulla antitetiche, ma anzi si interano a vicenda.

Il pescaturismo

Il pescaturismo rappresenta un’interessante evoluzione della pesca e consiste

nel coinvolgere i turisti a bordo di un peschereccio nei vari momenti che

caratterizzano la giornata di un pescatore, non per ultimo pranzi a base di pesce

fresco appena pescato.

L’AMP promuove questa attività compatibile perché riduce lo sforzo di pesca

per ogni peschereccio e promuove il recupero delle tradizioni e la diffusione di

una cultura che si basa sulla salvaguardia delle risorse del mare, proprio come

ogni pescatore coscienzioso vuole.

3.2 Istituzione dell’AMP Punta Campanella

L’AMP Punta Campanella, individuata nella legge 979/82 insieme ad altre aree

marine protette, viene istituita con Decreto del Ministero dell’Ambiente del

12.12.1997. Passano dunque ben 15 anni prima della sua istituzione.

Il Decreto Istitutivo del Ministero dell’Ambiente del 12.12.1997

Vari sono gli aspetti disciplinati dagli otto articoli del decreto:

- L’art. 2 indica la delimitazione dell’Area Marina protetta “ comprendendo

anche i relativi territori costieri appartenenti al demanio marittimo”. L’area

protetta si estende dal Capo di Sorrento (golfo di Napoli) a Punta Germano

(golfo di Salerno) e comprende le acque circostanti lo scoglio del Vervece,

l’isolotto di Vetara e Li Galli.

- l’art.3 precisa le finalità che si perseguono con la sua istituzione. In particolare,

tra i suoi fini principali figurano la protezione ambientale dell’area marina

interessata, la tutela e la valorizzazione delle risorse biologiche e

geomorfologiche, la diffusione e la divulgazione dell’ecologia e della biologia

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Figura 46 – Perimetrazione e zonazione dell’AMP secondo il DM 12.12.1997

degli ambienti marini e costieri, l’effettuazione di programmi di carattere

educativo di studio e di ricerca scientifica nei settori dell’ecologia, della biologia

marina e della tutela ambientale e la promozione di uno sviluppo socio-

economico compatibile con la rilevanza naturalistico-paesaggistico dell’area;

- l’art. 4, invece, richiama i divieti previsti dall’art.19 della legge “quadro sulle

aree protette” per le attività da non poter svolgere nell’ambito dell’area marina

protetta e, di seguito, descrive la zonizzazione dell’area con i relativi differenti

regimi di tutela:

Zona A: Riserva integrale

Scoglio del Vervece, Isolotto di Vetara.

Sono vietati:

- La navigazione, l’accesso e la sosta di navi e natanti di qualsiasi genere e tipo, ad eccezione di quelli

debitamente autorizzati dall’ente gestore per motivi di servizio o di studio;

- La balneazione;

- La pesca, sia professionale che sportiva, con qualsiasi mezzo esercitata;

- L’immersione con o senza apparecchi respiratori, fatte salve le immersioni autorizzate dall’ente

gestore (per finalità di ricerca scientifica)

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Zona B: Riserva generale

Area da Capo Corbo a Punta Sant’Elia, Isolotti de Li Galli, corridoi di transito.

Sono vietati:

- La navigazione a motore di natanti

non autorizzati dall’ente gestore;

- L’ancoraggio libero;

- Le immersioni con apparecchi

autorespiratori se non autorizzati

dall’ente gestore;

- La pesca subacquea

- Qualsiasi altra forma di pesca sportiva

o professionale se non autorizzata

dall’ente gestore.

Sono consentiti

- L’accesso autorizzato dall’ente gestore per barche dotate

di motore per visite guidate, anche subacquee;

- L’accesso libero di barche a motore nei corridoi

predisposti dall’ente gestore;

- La balneazione;

- La fotografia subacquea in apnea;

- Le immersioni subacquee guidate, compatibili con la

tutela dei fondali;

- La pesca professionale con nasse, palangresi e reti di

posta, autorizzata dall’ente;

- La pesca sportiva con lenze e canne da fermo,

autorizzata dall’ente gestore

Zona C: Riserva parziale

Area da Punta del Capo a Capo Corbo, area da Punta Sant’Elia a Punta Germano.

Sono vietati:

- L’ancoraggio libero

- Qualsiasi forma di pesca sportiva

ad esclusione di quella con lenze e

canne da fermo;

- La pesca professionale se non

autorizzata dall’ente gestore.

Sono consentiti:

- L’accesso libero per barche a motore a bassa velocità, solo

per raggiungere le zone di ormeggio opportunamente

predisposte dall’ente gestore;

- La balneazione;

- Le immersioni subacquee, compatibili con la tutela dei

fondali;

- La pesca professionale con attrezzi selettivi che non

interessino i fondali, autorizzata dall’ente gestore;

- La pesca sportiva con lenze e canne da fermo

Tabella 4 – I vincoli previsti nel DM 12.12.1997

- l’art. 7 stabilisce che entro i termini consentiti dall’eventuale convenzione di

affidamento dell’area protetta e comunque non oltre 180 giorni

dall’approvazione di tale convenzione sarà necessario approvare il

“regolamento di esecuzione e di organizzazione” della stessa area. Inoltre, nel

regolamento “…dovrà essere prevista l’istituzione da parte del Ministro

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dell’ambiente di un comitato tecnico-scientifico con i compiti di ausilio all’ente

gestore e alla commissione di riserva”.

- Infine, la consapevolezza delle difficoltà che la fase di implementazione

dell’area protetta pone a livello locale, contribuisce a riconoscere nell’art. 8 la

possibilità di riconsiderare la perimetrazione e le finalità del decreto per ragioni

scientifiche e di ottimizzazione della gestione sotto il profilo socio-economico.

L’Ente Gestore

Nel corso dei primi mesi del 1998 si rende immediatamente esecutiva la

disposizione dell’art. 5 del decreto istitutivo con l’affidamento dell’Ente al

neonato Consorzio di Gestione “Riserva Marina Punta Campanella”. Primo

esempio di gestione delegata agli enti locali di una area marina protetta,tale

provvedimento presenta:

1. vantaggi per gli amministratori locali (il valore aggiunto dalla partecipazione

diretta al processo gestionale) e per i cittadini (l’opportunità di una immediata

interfaccia con i responsabili delle scelte che coinvolgono l’intera comunità);

2. svantaggi – difficoltà di ottenere risultati certi in seguito alla non efficace

realizzazione di un sistema di delega dei poteri.

Organi del consorzio sono: l’Assemblea dei Sindaci, il Consiglio di

Amministrazione,il Presidente del C.d.A, il Collegio dei Revisori e la

Commissione di Riserva.

Organo tecnico del Consorzio è il direttore, nominato dal Consiglio di

amministrazione, cui si affida il compito di pianificazione e controllo.

La costituzione dell’Assemblea e l’elezione del primo presidente avvengono

contestualmente nell’agosto 1998, dunque nei primi mesi di attività si lavora

sulla struttura dell’Ente e, subito dopo, della sede. Di questo si parlerà in modo

dettagliato nel quarto capitolo.

Importante seguire il percorso che ha portato al decreto modifica datato

13.06.2000.

All’indomani dell’istituzione del parco comincia la dura contestazione delle

forze imprenditoriali locali, soprattutto quelle del comparto turistico e della

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pesca, che percepiscono l’intervento protezionistico nell’area come una grave

minaccia ai loro interessi economici.

La protesta contro l’area marina così progettata raggiunge il culmine nel luglio

1998 con la presentazione del ricorso al TAR del Lazio. Intanto anche

l’Assemblea dei Sindaci esprime dubbi sul sistema vincolistico che “..non

risponde alla migliore tutela delle esigenze socio-economiche delle forze

produttive locali..” e avanza proposte per giungere ad una modifica del decreto

applicando la disposizione dell’art. 8 del decreto istitutivo.

Due, pertanto, le nuove direzioni di marcia: dal punto di vista scientifico un

monitoraggio dell’area affidato all’Università di Napoli e alla Stazione

Zoologica Marina Anthon Dohrn, e, sotto il profilo socio-economico, uno studio

concertato con l’intera comunità locale sulle tematiche occupazionali in

relazione allo sviluppo sostenibile e compatibile con le reali esigenze di tutela

del territorio.

Intanto viene stipulata la convenzione tra Ministero dell’Ambiente e Consorzio

di Gestione della Riserva Marina Punta Campanella, che ha durata di 9 anni,

fissa i compiti dell’Ente Gestore, del Ministero dell’Ambiente e ne disciplina il

reciproco rapporto. La convenzione prevede attività di controllo da parte del

Ministero, e l’obbligo di relazionare le attività svolte e i programmi previsti da

parte dell’Ente Gestore.

Nell’ottobre 1999 il Consorzio presenta una proposta di modifica del decreto

istitutivo che viene valutata in modo

positivo dalla Conferenza Unificata, e

pubblicata con decreto del Ministero

dell’Ambiente 13.06.2000.

Il Decreto Modifica

Si tratta del primo caso di modifica di

un decreto istitutivo di una AMP e i

punti più interessanti sono:

Figura 47 – Il logo dell’AMP Punta Campanella

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• la modifica alla zonazione dell’area (paragrafo 3.3)::

- la zona A rimane la stessa;

- la zona B viene ridotta: comprende Li Galli, la Baia di Ieranto e il tratto

da Scoglio Scruopolo a Grotta Matera;

- la zona C viene ampliata: nel versante occidentale parte da Capo di

Sorrento e comprende anche la Baia di Mitigliano, nel versante

meridionale va dalla località Mortelle a Scoglio Scruopolo e da Grotta

Matera a Punta Germano;

Figura 48 – La nuova zonazione prevista dal DM 13.06.2000

• la ridefinizione dei vincoli (paragrafo 3.3):

- zona A sono consentite immersioni subacquee per ricerca scientifica, e

immersioni guidate per sei mesi all’anno e per tre giorni a settimana;

- zona B, nel tratto che va da Scoglio Scruopolo a Grotta Matera si

consente l’accesso di natanti a motore al di sotto di 7,5 m. e con una

velocità massima di 5 nodi.

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Il documento prevede in totale sette titoli che dettano le disposizioni per le

attività di immersione subacquea, per la pesca sportiva, per la pesca

professionale e per la nautica da diporto.

3.3. Le Zone di protezione e i Vincoli

La zonazione come principio di gestione sostenibile di un territorio

Probabilmente il maggior risultato ottenuto dall’istituzione di un’AMP è quello

di migliorare la gestione di un’area marina, dividendo le zone in diversi gradi

di tutela, associati a diverse tipologie di attività umane consentite, con

l’obiettivo ultimo di conservare questo patrimonio per le generazioni future.

I nuovi concetti di tutela implicano finalità che superano il principio di sola

conservazione puntiforme, ma impongono una visione globale della gestione

del territorio nel suo complesso sia terrestre che marino.

Figura 49 – Mappa dell’Area Marina Protetta Punta Campanella

È proprio questo il nuovo concetto di Parco, che non va a scontrarsi con gli

interessi dell’uomo, e non ha come obiettivo il proteggere integralmente una

zona, ma vuole attuare tecniche di gestione compatibile, in modo da rivalutare

questa zona e renderla fruibile ora e in futuro, ristabilendo un corretto rapporto

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tra uomo e ambiente, e sperimentando nuove metodologie per l’utilizzo delle

risorse. Dunque un’area protetta rappresenta una bilancia: da una parte gli

interessi umani di sviluppo e prosperità, e dall’altra l’obbligo di conservazione

dell’integrità delle caratteristiche ambientali, garantendo la sopravvivenza delle

stesse nel futuro.

Nel progetto del parco marino, la fascia costiera è stata pertanto suddivisa in

diverse zone, rivolgendo particolare attenzione alle ‘vocazioni’ dei singoli tratti

di costa, e tenendo conto del grado di impatto ambientale che le attività umane

possono avere.

Zona A – Riserva integrale

La zona A è la zona di riserva

integrale, nella quale si ritiene

necessario dare maggiore

importanza alla funzione

scientifico-conservativa.

Di solito rientrano nella zona A siti

di difficile fruibilità e di particolare

rilevanza ecologica, con notevoli potenzialità di recupero. L’obiettivo è quello

di creare in queste zone dei veri e propri ‘santuari’ da destinare al naturale

ripopolamento. Tali misure danno vita all’effetto di ‘spill over’ ovvero: le forme

giovanili

– le reclute – possono uscire

dalla zona a riserva integrale

dove si sono accresciute senza

disturbo per andare a

colonizzare le aree limitrofe,

arricchendo gli stock ittici del

territorio.

Per l’AMP Punta Campanella le

zone di protezione integrale

Figura 50 – Lo scoglio del Vervece, zona A dell’AMP

Figura 51 – Colonie di Paramuricea clavata, tipiche dei fondali del Vervece, zona A

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sono:

- lo scoglio del Vervece;

- l’isolotto di Vetara.

Le attività ivi consentite dall’Ente Gestore sono:

1. ricerca scientifica - le zone a protezione integrale rappresentano veri e propri

laboratori naturali ove studiare

l’evoluzione delle biocenosi in

assenza o riduzione dell’impatto

umano;

2. visite guidate subacquee (per soli

sei mesi all’anno e per tre giorni a

settimana, con un rapporto di 5:1

tra subacquei e guide) - in linea

con il principio di fruibilità,

risulta importante mostrare ai turisti i risultati raggiunti dalle misure di tutela

dell’ambiente marino.

Zona B – Riserva Generale

Li Galli, la Baia di Ieranto e il tratto di costa che va da scoglio Scruopolo al

Grotta Matera sono le zone di Riserva Generale nell’AMP Punta Campanella.

Per tali zone si è ritenuto necessario dare maggiore rilievo alla funzione

naturalistico-educativa: queste sono le

zone elette per la fruibilità

dell’ambiente protetto e interessano

una buona parte dell’AMP.

Di solito vengono individuate con la

tipologia di zona B le aree ove

l’ambiente è stato mantenuto integro, e

in cui l’attività umana è limitata. Infatti

le zone B rappresentano dei piccoli paradisi naturali, dove poter effettuare una

serie di attività in piena armonia con l’ambiente, ovvero seawatching,

Figura 52 – Eunicella cavolinii nei fondali attorno l’isoletta di Vetara, zona A

Figura 53 – La baia di Ieranto, zona B dell’AMP

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immersioni, visite guidate, visite in barca a vela o in canoa. Dunque L’obiettivo

è di rendere fruibile questa zona per un turismo rispettoso dell’ambiente.

Figura 54 – Scoglio Scruopolo (in primo piano) e l’isoletta di Isca, situate nel versante meridionale della Penisola, fanno parte della zona B dell’AMP

In questi luoghi le attività consentite sono:

- immersioni per ricerca scientifica e visite subacquee guidate, previa

autorizzazione;

- piccola pesca professionale previa autorizzazione;

- ormeggio nei campi boa predisposti dall’Ente Gestore;

- transito a motore a velocità non superiore ai 5 nodi, per natanti di

lunghezza non superiore ai 7,5 m.

Zona C – Riserva Parziale

La zona C comprende acque ove si è ritenuto necessario dare maggiore spazio

alle attività economiche

tradizionali e ecocompatibili.

Queste zone interessano ampi

tratti di costa, e

rappresentano siti dove

l’uomo può continuare a

svolgere normalmente quelle

attività che non danneggiano

l’equilibrio ecologico, e nello

stesso tempo godere dei privilegi che un’AMP offre.

Solitamente vengono individuate con la tipologia di zona C quelle aree ove gli

insediamenti umani sono già di una certa consistenza, e l’ambiente è già

Figura 55 – Tordigliano, Vic o Equense, situata nella zona C dell’AMP, è una delle poche spiagge del

territorio

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parzialmente compromesso, per esempio nelle AMP sono tratti di costa che

ospitano porticcioli o piccoli attracchi per cooperative che organizzano le visite

guidate nelle diverse zone del Parco. Infatti i tre borghi marinari di Punta

Campanella (Marina di Puolo, Marina della Lobra e Marina del Cantone), sono

situati proprio nella zona C.

L’obiettivo è quello di creare all’interno dell’area protetta una zona di sviluppo

economico indirizzata verso la promozione delle attività tradizionali ed

ecocompatibili: in queste zone vengono rilasciate autorizzazioni per la piccola

pesca professionale e per la pesca sportiva. Dunque le zone C rappresentano siti

ove l’uomo e l’ambiente camminano di pari passo, ovvero tutte le attività a

basso impatto ambientale sono consentite.

Nell’AMP Punta Campanella sono zone di riserva parziale, o zone C:

- tutto il tratto di costa che va da Punta del Capo alla Baia di Mitigliano

inclusa;

- dalla località Mortelle a Scoglio Scruopolo;

- da grotta Matera a Punta Germano.

Figura 56 – Il borgo marinaro di Marina della Lobra, zona C dell’AMP

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118

CAPITOLO 4 - Analisi della gestione dell’AMP Punta

Campanella dalla sua istituzione

4.1 Metodo di analisi

In questo capitolo si analizzeranno le attività che l’AMP Punta Campanella ha

messo in atto dal momento della sua istituzione (12.12.1997) fino al 2004, anno

per il quale è stato redatto l’ultimo rendiconto di gestione.

L’analisi ha come obiettivo la conoscenza delle politiche messe in atto dal Parco

e dal Ministero dell’Ambiente a partire dai documenti economici elaborati dal

soggetto gestore, valutando le richieste di finanziamento, le entrate e le spese

effettuate, e tenendo conto anche delle dinamiche legate alla differenti fasi del

lavoro, come per esempio la fase iniziale – durante la quale risulta necessario

far partire la struttura Ente Parco, quindi uffici, attrezzature e tutti gli strumenti

necessari per avviare i lavori – e la fase centrale delle attività – momento in cui

si è lavorato sul prendere contatti e avviare progetti con altre realtà del mondo

istituzionale, come per esempio progetti di ricerca scientifica con le Università

di Napoli, o di sviluppo sostenibile con la Regione Campania.

L’analisi è di tipo macrotematica, ovvero verranno analizzati i macroflussi di

denaro che nel corso di questi anni sono andati a finanziare le diverse aree

tematiche su cui lavora l’AMP, che corrispondono a voci quali: gestione

ordinaria/straordinaria dell’Ente, protezione ambientale, studio e ricerca

scientifica, promozione dello sviluppo socio-economico ecosostenibile,

valorizzazione delle risorse naturali, educazione ambientale, diffusione

dell’ecologia e conoscenza degli ambienti marini e delle caratteristiche

ambientali dell’AMP.

I documenti consultati sono per la maggior parte relativi a:

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a. programma di gestione e valorizzazione – che viene redatto dal Direttore

dell’AMP e comprende l’insieme delle proposte di finanziamento

richieste al Ministero dell’Ambiente;

b. rendiconto di gestione – che rappresenta il documento conclusivo del

processo di programmazione, delle entrate registrate e degli impegni

effettuati, e controllo fatto dall’Ente;

c. delibere di Consiglio di Amministrazione (C.d.A.) e di Assemblea dei Sindaci

(A.d.S.). I parametri economici su cui si basa l’analisi sono:

- Programma di gestione e valorizzazione

- Entrata

- Spesa

- Avanzo di amministrazione

il cui andamento sarà confrontato nel tempo (1998 – 2004), per evidenziare

come sono cambiate le politiche messe in atto dall’Ente Gestore e dal Ministero

dell’Ambiente nel corso di questi sette anni di lavoro.

Il Programma di gestione delle aree marine protette

Il programma di gestione (più avanti troveremo anche la dicitura P.E.G. che sta

per Piano Economico di Gestione) è lo strumento attraverso il quale l’Ente

Gestore pianifica l’insieme di tutte le attività, le strategie e gli interventi per la

realizzazione, nell’ambito dell’anno di esercizio, delle finalità dell’Area Marina

Protetta, comprese le finalità di sviluppo sostenibile, finanziate sia dalla

Direzione per la Difesa del Mare del Ministero dell’Ambiente sia da altri

soggetti pubblici o privati. Dunque dall’analisi dei vari PEG sarà possibile

capire come sono variate le richieste di finanziamento nel corso di questi sette

anni.

Il programma di gestione, predisposto dal Direttore dell’Area Marina Protetta, è

sottoposto al parere preventivo della Commissione di Riserva, acquisito il quale

deve essere trasmesso alla Direzione per la Difesa del Mare per l’approvazione

e l’eventuale ammissione al finanziamento.

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Per i primi due anni (1998 – 1999) nel PEG ritroviamo richieste di finanziamento

per le voci:

1. gestione;

2. divulgazione, didattica e formazione;

3. ricerca scientifica

L’AMP è in fase di avviamento, pertanto le richieste di finanziamento sono

relative soprattutto alla gestione ordinaria dell’Ente.

Per gli anni 2000, 2001 e 2002 i programmi di gestione sono più articolati e

comprendono voci come: protezione ambientale e valorizzazione della riserva

marina; la programmazione è relativa, quindi, ai vari aspetti dell’attività che

una AMP deve svolgere.

Con SDM/2/3207 del 29.04.2002 e con validità per gli anni a seguire, al fine di

consentire ai soggetti gestori di predisporre nella forma più adeguata ed

omogenea il programma di gestione, la Direzione per la Difesa del Mare ha

trasmesso a tutte le AMP un unico formulario tecnico necessario a rendere

uniformi, semplificare e chiarire la descrizione degli interventi inclusi nei

medesimi programmi.

Il formulario del programma di gestione è articolato secondo uno schema che

prevede l’individuazione, in sequenza, di obiettivi, azioni ed interventi

strettamente connessi, e riferiti alle finalità sopra specificate. Tale schema è stato

proposto in modo tale che:

1. L’organismo di gestione innanzitutto individua gli obiettivi (risultati di

breve e medio-lungo periodo), volti al perseguimento delle finalità

dell’AMP menzionate in precedenza, descritti, per quanto possibile, in

modo quantificato e misurabile con riferimento all’arco temporale della

programmazione.

2. Il raggiungimento di ciascuno degli obiettivi individuati si realizza

attraverso una o più azioni, coordinate e complementari, destinate a

conseguire i risultati programmati per ciascun obiettivo nell’anno in

esercizio.

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3. Le azioni sono articolate in uno o più interventi, ciascuno dei quali

rappresenta l’attività definita dai singoli progetti.

Per ciascun obiettivo, azione e relativi interventi viene redatto uno schema

esplicativo, affinché il programma di gestione possa essere valutato dalla

Commissione di Riserva ai fini dell’approvazione e dell’eventuale

finanziamento da parte della competente Direzione del Ministero

dell’Ambiente.

Gli obiettivi individuati nel formulario del PEG possono essere raggruppati in:

- Funzionamento dell’AMP – inteso come insieme dei compiti istituzionali

correntemente assolti dal soggetto gestore per la gestione operativa;

- Programma Annuale degli Interventi specifici – per il perseguimento delle

finalità individuate dal decreto istitutivo, attraverso progetti di sviluppo.

Il ‘funzionamento dell’AMP’ è inteso come attività di gestione quotidiana e

straordinaria dell’Ente, gli obiettivi operativi sono indicati con le lettere G e Gs:

G. funzionamento ordinario dell’AMP, che comprende:

- le spese istituzionali (funzionamento della Commissione di Riserva,

funzionamento del Comitato tecnico-scientifico, funzionamento del

Collegio dei Revisori dei Conti, spese di rappresentanza);

- le spese per il personale (direttore dell’AMP, oneri di utilizzo

personale);

- i costi di amministrazione (canoni e utenze, materiali di consumo,

assicurazioni, imposte e tasse, abbonamenti);

- la manutenzione ordinaria dei beni durevoli (immobili, mezzi nautici e

terrestri, segnalamenti marittimi, cartellonistica e segnaletica, gavitelli e

ormeggi, strumenti e attrezzature);

- i servizi (contratti di locazione/noleggio dei beni durevoli, supporto

operativo generale, gestione sito ufficiale dell’AMP).

Gs. Spese straordinarie per il funzionamento dell’AMP, che comprendono:

- l’acquisto di beni durevoli (mezzi nautici e terrestri, segnalamenti

marittimi, cartellonistica e segnaletica, gavitelli e ormeggi, strumenti e

attrezzature);

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- l’istallazione di beni durevoli (segnalamenti marittimi, cartellonistica e

segnaletica, gavitelli e ormeggi);

- la manutenzione straordinaria di beni durevoli (immobili, mezzi

nautici e terrestri, segnalamenti marittimi, cartellonistica e segnaletica,

gavitelli e ormeggi, strumenti e attrezzature);

- la realizzazione del sito internet ufficiale dell’AMP.

- altro.

Gli obiettivi del ‘programma annuale di interventi specifici’, sono indicati con le

lettere corrispondenti da A a F, e in particolare:

A. la protezione ambientale;

B. la valorizzazione delle risorse naturali;

C. la diffusione dell’ecologia e la conoscenza degli ambienti marini e delle

caratteristiche ambientali dell’AMP;

D. l’educazione ambientale;

E. lo studio e la ricerca scientifica;

F. la promozione dello sviluppo socio-economico ecosostenibile.

Ad ognuno di questi obiettivi corrispondono una serie di azioni e interventi

progettati dall’AMP e in seguito finanziati dal Ministero dell’Ambiente.

Il PEG deve essere redatto e approvato dagli organi politici dell’Ente entro il 30

novembre dell’anno precedente a quello cui si riferisce, come per ogni

documento programmatico, per poi passare al vaglio della Commissione di

Riserva e del Ministero dell’Ambiente per il finanziamento degli interventi.

Il Rendiconto di gestione

Il rendiconto della gestione costituisce il momento conclusivo di un processo di

programmazione, controllo e valutazione che inizia con l’approvazione del

bilancio di previsione, che a sua volta riflette il programma di gestione e

valorizzazione della Riserva Marina.

Dunque, se il bilancio di previsione rappresenta la fase iniziale della

programmazione gestionale, in cui l’ente gestore individua le linee strategiche

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della propria azione, il rendiconto della gestione esprime quella successiva di

verifica dei risultati conseguiti.

Le considerazioni esposte trovano un riscontro legislativo nelle varie norme che

nel corso degli anni sono state promulgate e che hanno evidenziato un costante

processo di affinamento al fine di giungere ad una attività di programmazione

prima e di controllo poi. Il decreto legislativo 267 del 2000, nell’ambito di un

processo di ricomposizione delle varie disposizioni di legge che nel corso degli

anni si sono succedute, ha riaffermato all’articolo 231 che l’organo esecutivo

esprime valutazione di efficacia dell’azione condotta sulla base dei risultati

conseguiti, in rapporto ai programmi e ai costi sostenuti. Esso inoltre analizza

gli scostamenti principali avvenuti rispetto alle previsioni motivando le cause

che li hanno determinati.

Il rendiconto viene approvato dal Consiglio di Amministrazione e

dall’Assemblea dei Sindaci dell’Area Marina Protetta entro il 30 giugno

dell’anno successivo a quello per cui è stato redatto.

La relazione al rendiconto si propone di valutare l’attività svolta nel corso

dell’esercizio finanziario evidenziando i risultati ottenuti e le variazioni

intervenute rispetto ai dati di previsione, oltre a fornire elementi sui risultati

contabili e gestionali conseguiti.

La relazione illustra:

1. Il risultato della gestione finanziaria di competenza – che è la valutazione

delle entrate e delle spese sostenute dall’Ente nell’esercizio finanziario.

2. Il risultato della gestione di cassa – che rappresenta l’effettiva

movimentazione dei flussi di denaro tra entrate e uscite.

3. Analisi dell’entrata – con cui si evidenziano le risorse erogate dal

Ministero dell’Ambiente, che hanno finanziato la spesa, al fine di

perseguire gli obiettivi definiti con la programmazione economica.

4. Analisi per titoli d’entrata – che parte dalla lettura delle aggregazioni di

massimo livello (titoli) dei finanziamenti, per cercare di comprendere

come i valori complessivi sono stati determinati. La prima classificazione

è quella che identifica la natura e la fonte di provenienza dell’entrata:

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- titolo I - comprende le entrate provenienti dal Ministero

dell’Ambiente (Stato) e di altri Enti del settore pubblico (Regione,

Province, Comuni, etc...) finalizzate alla gestione corrente e ad

assicurare l’ordinaria attività dell’Ente;

- titolo II – comprende le altre entrate di natura diversa, risultanti da

eventuali servizi erogati dalla riserva

- titolo III – comprende le entrate relative a trasferimenti provenienti

dal Ministero dell’Ambiente (Stato) e di altri Enti del settore pubblico

(Regione, Province, Comuni, etc...) diretti a finanziare le spese di

investimento;

- titolo V – comprende le entrate derivanti da operazioni per conto di

terzi.

5. Analisi per titoli di spesa – illustra le spese impegnate dall’Ente,

suddividendole in tre titoli:

- titolo I – spese correnti: relative all’ordinaria gestione, caratterizzate

da spese consolidate e di sviluppo non aventi effetti duraturi sugli

esercizi successivi;

- titolo II – spese in conto capitale: relative all’acquisizione di beni a

fecondità ripetuta che hanno rilevanza sullo stato patrimoniale

dell’Ente

- titolo IV – spese per servizi per conto terzi: accoglie le

movimentazioni eseguite per conto terzi coincidenti con i movimenti

rilevati nel titolo V dell’entrata.

6. Analisi della spesa per funzione – ci da una lettura più puntuale delle

risultanze finanziarie del conto di bilancio considerando la spesa

corrente distinta per funzioni. Le funzioni costituiscono il primo livello

di disaggregazione del valore complessivo del titolo. In particolare

l’analisi dimostra l’attenzione di una amministrazione verso alcune

problematiche, piuttosto che verso altre, per esempio protezione

ambientale e/o sviluppo ecocompatibile.

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125

7. Analisi della spesa per interventi – permette di comprendere quali fattori

produttivi siano stati maggiormente acquisiti per conseguire gli obiettivi

prefissati nel programma di gestione e valorizzazione, come per esempio

spese per il personale o per le prestazioni di servizio.

8. Risultato della gestione dei residui – misura l’andamento dei residui relativi

agli esercizi precedenti, ed è rivolta principalmente a monitorare il

persistere delle condizioni per un loro mantenimento nel conto di

bilancio.

9. Risultato della gestione finanziaria – illustra il risultato finanziario

dell’amministrazione (avanzo, disavanzo, pareggio).

Tutti questi dati derivanti dalle relazioni dei rendiconti di gestione saranno

utilizzati in questo lavoro per capire quali sono stati i finanziamenti del

Ministero nel corso degli anni e soprattutto la capacità dell’Ente Gestore di

utilizzare tali risorse finanziarie.

4.2 Dati economici

Esercizio finanziario 1998

L’AMP Punta Campanella viene istituita con Decreto Ministeriale del

12.12.1997, e il 1998 è l’anno in cui si avviano le prime attività della Riserva

Marina.

La gestione dell’AMP viene affidata ad un Consorzio dei Comuni facenti parte

del Parco, costituitosi nei primi mesi dell’anno.

Nel maggio 1998 viene approvato lo statuto del Consorzio di Gestione Punta

Campanella, e, come previsto dall’articolo 26 dello stesso, sino all’autonomo

funzionamento dello stesso tutte le funzioni tecniche amministrative e contabili

sono affidate al Comune di Massa Lubrense, anche perché la sede è stata

istituita presso il predetto Comune, pur se in via provvisoria.

L’art. 5 stabilisce che il Consorzio è dotato di un proprio patrimonio costituito

da un fondo di dotazione inizialmente fissato in lire 100.000.000, sottoscritto da

ciascun consorziato proporzionalmente alla propria quota di partecipazione:

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126

Massa Lubrense 50%, Vico Equense 10%, Piano di Sorrento 10%, Sant’Agnello

10%, Sorrento 10%, Positano 10%).

Nella prima fase di avviamento dell’Ente sono state effettuate le operazioni

tipiche di inizio della gestione del sistema consortile quale:

1. istituzione della tesoreria unica presso la Banca;

2. richiamo degli accrediti presso il fondo di dotazione iniziale da parte dei

Comuni facenti parte del Consorzio;

3. accensione e imputazione di quei conti delle somme senza le quali non è

possibile avviare alcuna attività, come ad esempio: monitoraggio fondali,

consulenze per studi di fattibilità, acquisto veicoli e barche, ormeggi e

quant’altro idoneo per l’attività istituzionale del consorzio.

Da quanto si riscontra nelle Delibere di Assemblea dei Sindaci i passi iniziali

sono volti a creare la macchina operativa dell’Ente Gestore, quindi i primi

documenti riguardano:

a. La nomina del Presidente dell’Assemblea dei Sindaci – delibera n. 1 del

20.08.1998;

b. L’approvazione dello schema di Convenzione da stipulare con il

Ministero dell’Ambiente per la gestione dell’AMP Punta Campanella –

delibera n. 3 del 12.10.1998;

c. L’approvazione del programma di gestione e valorizzazione dell’AMP

per l’anno 1998 – delibera n. 4 del 4.12.1998;

d. La nomina dei revisori dei conti – 4.12.1998 – delibera n. 5 del 4.10.1998;

e. Approvazione del documento “richiesta di modifica alla perimetrazione

del parco” – delibera n. 6 del 11.12.1998.

La stesura del primo programma di gestione avviene dunque a fine 1998, e si

avvale della fruttuosa collaborazione con l’AMP di Ustica, che costituisce un

importante modello di riferimento per la gestione di Aree Marine protette,

essendo la seconda AMP istituita in Italia, preceduta solamente dall’AMP di

Miramare che ha seguito un percorso istitutivo completamente diverso.

Il PEG 1998 è riportato nella tabella sottostante:

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127

PEG 1998 Importo Richiesto

Percen- tuali %

GESTIONE (sede, uffici, personale, indennità e consulenze, attrezzature, segnalamenti e boe di ormeggio)

794.000.000 59.08

DIVULGAZIONE, DIDATTICA E FORMAZIONE 300.000.000 22.32 RICERCA SCIENTIFICA (monitoraggio dei fondali e studio degli stock ittici presenti)

250.000.000 18.60

TOTALE 1.344.000.000 100.00

Tabella 5 – Programma di Gestione e Valorizzazione 1998 – in Lire

Dal documento su riportato è chiaramente visibile la volontà dell’Ente di

mettere in funzione la macchina amministrativa ed operativa, dotandosi dei

necessari strumenti per il buon funzionamento della stessa.

Tra questi si segnalano alcuni interventi ritenuti di prioritaria importanza come:

sede ed uffici, consulenze, monitoraggio dei fondali e studio degli stock ittici

presenti, segnalamenti e boe di ormeggio, formazione, veicoli, per un totale di

L. 880.000.000.

Interessante il progetto di ricerca scientifica (monitoraggio dei fondali), per

censire le specie marine presenti e poter modulare lo sforzo di pesca

compatibile, individuare percorsi subacquei di alto valore naturalistico ed

ambientale, e le aree per il posizionamento delle boe di ormeggio.

Poco dopo l’istituzione dell’AMP, gli operatori economici locali elaborano una

proposta di modifica del Decreto Ministeriale del 12.12.1997, con una nuova

zonazione dell’area sottoposta a tutela. Il documento viene recepito dalla

Riserva Marina con la volontà di contestualizzare maggiormente i vincoli

dell’area protetta rispetto al territorio che la circonda.

Il documento, sottoposto preventivamente al vaglio dei ricercatori

dell’Università di Napoli Federico II per un parere tecnico-scientifico, porta le

modifiche già indicate nel capitolo precedente (paragrafo 3.3 – Decreto

Modifica). La proposta di modifica nasce anche dal fatto che lo studio di

fattibilità predisposto dal CLEM per l’istituzione dell’AMP risale al 1987, e ad

oggi alcune aree hanno subito notevoli mutamenti per via di alcune attività

umane altamente distruttive. La proposta di modifica della perimetrazione

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128

secondo il parere dell’Ente Gestore dell’AMP non dovrebbe arrecare danno

all’ambiente marino, ma piuttosto aiutare lo sviluppo del territorio.

Risultato della gestione

La gestione del Consorzio ha avuto inizio con la sottoscrizione di apposita

convenzione con il Ministero dell’Ambiente, datata 6.11.1998. Il bilancio di

previsione per l’anno 1998 è stato approvato con delibera di Assemblea dei

Sindaci n. 8 del 13.02.1999, con un totale a pareggio di L. 1.210.000.000.

Di fatto non risultano effettuate operazione di riscossioni e pagamenti.

L’esercizio finanziario 1998 si chiude con un avanzo di amministrazione di 600

milioni, derivante in parte dal fondo di dotazione dell’Ente (£ 100.000.000) e

per la rimanente parte da assegnazioni ministeriali.

Esercizio finanziario 1999

Nel 1999 cominciano di fatto le attività dell’Ente.

L’anno si apre con la proposta di distacco di almeno una unità di personale per

Comune del Consorzio di Gestione, presso la sede provvisoria dell’AMP, per

provvedere all’espletamento delle relative incombenze amministrative e

contabili (delibera A.d.S. n. 11 del 13.02.1999).

Inoltre cominciano più intensi i contatti con i settori scientifici delle Università

di Napoli: al prof. Giovanni Fulvio Russo, allora docente presso l’Università di

Catania, viene dato l’incarico di predisporre una relazione tecnico-scientifica

sulla modifica della zonazione dell’AMP (delibera A.d.S. n. 9 del 13.02.1999).

Sempre nella prima parte del 1999 viene:

- approvato il regolamento per l’organizzazione e la gestione dell’AMP,

che definisce alcune questioni importanti, come il ruolo del responsabile

della riserva marina, della commissione di riserva, del comitato

consultivo tecnico-scientifico, ed altro come attività di ricerca scientifica,

pesca professionale e sportiva, etc… (delibera A.d.S. n. 14 del 13.02.1999);

- nominato il Responsabile della Riserva, Dott. Alberico Simioli, con un

rapporto triennale;

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- approvato il programma di gestione e valorizzazione per l’anno 1999

(delibera A.d.S. n. 19 del 22.04.1999), che è riportato nella Tabella 6.

PEG 1999 importo richiesto

Percen tuali%

GESTIONE (sede, uffici, personale, responsabile di riserva, indennità di carica per gli organi del consorzio, consulenze specialistiche, attrezzature, segnalamenti e boe di ormeggio)

1.062.000.000 59.81

DIVULGAZIONE E DIDATTICA (divulgazione e promozione, formazione guide e vigilanza, formazione personale per la riconversione di attività non compatibili con l’AMP)

300.000.000 26.48

RICERCA SCIENTIFICA (monitoraggio dei fondali marini, studio degli stock ittici e censimento delle grotte presenti nell’AMP)

250.000.000 13.71

TOTALE 1.612.000.000 100.00 Tabella 6 – Programma di Gestione e Valorizzazione 1999 – in Lire

Si ripete, dunque, la situazione del 1998: richieste di finanziamento per l’avvio

dei lavori dell’Ente. Questa volta però la situazione è diversa, l’AMP è dotata di

un Responsabile, e alla data di approvazione del documento programmatico –

23 luglio 1999 - su riportato in tabella 2 esiste, già una sede e sono partite le

prime gare per gli arredi, le dotazioni informatiche e di cancelleria.

Da notare le richieste di finanziamento per:

• un natante, un gommone e un furgone;

• attività di formazione, divulgazione e ricerca, per dotare l’Ente di

materiale promozionale, e formare personale qualificato per possibili

collaborazioni future;

• un progetto per la riconversione di attività non compatibili con l’AMP,

soprattutto rivolto agli addetti al settore della pesca e della nautica da

diporto.

Risultato della gestione

Nel corso del 1999 il Ministero dell’Ambiente ha provveduto a trasferire parte

degli stanziamenti previsti dai programmi di gestione relativi agli anni 1998 e

1999, anche per finanziare le spese di investimento. Si è inoltre costituito il

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130

fondo dotazione dell’Ente previsto dall’art. 5 dello statuto con i contributi dei 6

Comuni membri.

Si riportano appresso i risultati della gestione dell’anno 1999 confrontati con i

dati del bilancio di previsione approvato dall’Assemblea dei Sindaci con

delibera n. 24 del 18.05.1999.

ENTRATE Previsione iniziale

Rendiconto Maggiori o minori entrate

Tit. I entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti dello Stato (Ministero dell’Ambiente)

1.062.000.000 897.000.000 - 165.000.000

Tit. II entrate extra-tributarie 50.000.000 0 - 50.000.000 Tit. III entrate da trasferimenti per investimento dallo Stato (Ministero dell’Ambiente)

550.000.000 718.000.000 +

168.000.000

Tit. V entrate di servizi per conto terzi 150.000.000 19.186.000 - 130.814.000 Avanzo di amministrazione 1998 applicato

600.000.000 600.000.000 0

TOTALE 2.412.000.000 2.234.186.000 - 177.814.000 Tabella 7 – Scostamenti dalle entrate 1999 – in Lire

In riferimento alla tabella si può notare che:

- per le entrate correnti, si è registrata una minore entrata rispetto alla

previsione di 165.000.000;

- per le entrate per investimento si è registrata una maggiore entrata di

168.000.000 per far fronte alle spese iniziali di investimento

- il totale delle entrate per l’anno 1999, sommato all’avanzo applicato

derivante dall’esercizio finanziario 1998, è pari a L. 2.234.186.000.

Per quanto riguarda il bilancio delle spese per l’anno 1999 si nota un generale va lore

minore della spesa rispetto alla previsione iniziale, per un totale di L. 957.427.824 in

meno (Tabella 8).

SPESA Previsione iniziale

Rendiconto Maggiori o minori spese

Tit. I spese correnti 1.622.000.000 1.046.000.576 - 575.999.424 Tit. II spese in conto capitale 640.000.000 389.385.600 - 250.614.400 Tit. IV servizio in conto terzi 150.000.000 19.186.000 - 130.814.000 TOTALE 2.412.000.000 1.454.572.176 - 957.427.824

Tabella 8 - Scostamenti della spesa 1999 – In Lire

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131

Come si può notare dalla Tabella 9, che analizza le spese correnti e in conto

capitale per funzione di spesa, il 100% della spesa rientra nella funzione

generale di amministrazione, gestione e controllo, proprio perché ci troviamo

nella fase di avviamento dell’Ente Parco, e tutte le attività collaterali

all’esistenza di un’Area Marina Protetta vengono rimandate agli anni a venire.

FUNZIONI DI SPESA Spese correnti

Spese in conto

capitale Funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo

1.046.000.576 389.385.000

Divulgazione promozione e educazione ambientale - - Formazione professionale - - Protezione ambientale - - Valorizzazione della Riserva Marina - - Promozione di sviluppo socio-economico - - Ricerca scientifica - - TOTALE 1.046.000.576 389.385.000

Tabella 9 - Analisi della spesa corrente e in conto capitale 1999 per funzioni – in Lire

Se invece si analizza la spesa in funzione degli interventi posti in essere

dall’Area Marina protetta, come si può vedere nella Tabella 10, si può fare una

considerazione che poi andrà ripetuta per ogni esercizio finanziario: abbiamo

una spesa nulla per il personale, e una spesa che risulta essere il 96% della spesa

totale per le prestazioni di servizio.

INTERVENTI DI SPESA ANNO 1999 Percen- tuale %

Personale - - Acquisto di beni di consumo 21.701.500 Prestazioni di servizio 1.006.099.076 96.18 Utilizzo beni di terzi 18.200.000 1.74 Trasferimenti - - Interessi passivi - - Imposte e tasse - - Oneri straordinari di gestione - - Fondi di riserva - - TOTALE 1.046.000.576 100.00

Tabella 10 - Analisi della spesa corrente 1999 per interventi – in Lire

Le spese in conto capitale sono relative all’acquisto di attrezzature destinate al

“funzionamento ordinario dell’AMP”, come si può notare nella Tabella 11.

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FUNZIONI DI SPESA ANNO 1999 Percen- tuale %

Funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo

389.385.600 100

Divulgazione promozione ed educazione ambientale

- -

Formazione professionale - - Protezione ambientale - - Valorizzazione della Riserva Marina - - Promozione di sviluppo socio-economico - - Ricerca scientifica - - TOTALE 389.385.600 100.00

Tabella 11 - Analisi della spesa in conto capitale 1999 per funzioni – (in Lire)

Dunque, in questa fase di avvio, il Consorzio di gestione è stato impegnato

principalmente in: organizzazione della sede, acquisto di un’imbarcazione e di

un autoveicolo, proposta di modifica della zonazione prevista dal Decreto

Ministeriale, misure atte ad incrementare i finanziamenti per la Riserva marina,

attività di controllo e denuncia.

Il Ministero dell’Ambiente, unico a stanziare i fondi, ha trasferito L. 500.000.000

per il 1998 e L. 1.615.000.000 per il 1999, anche se in enorme ritardo rispetto ai

progetti presentati. Inoltre è stato nominato, in data 14.04.1999, il Responsabile

della Riserva, che ha dato un grosso impulso alle attività.

Interventi fondamentali sono stati:

- l’avviamento degli uffici con stipula di contratti per varie utenze (elettriche,

idriche, telefoniche), fitto di locali, allestimento di una rete informatica

interna, abbonamento ad internet e allestimento di un sito web;

- l’acquisto di una pilotina, due gommoni e un furgone;

- la collaborazione part-time di 4 dipendenti di VI livello dal comune di

Massa Lubrense e la stipula di contratti con professionisti per consulenze nel

campo della biologia, del diritto, e della contabilità;

- la produzione di materiale divulgativo sull’area marina protetta e sulle sue

peculiarità ad opera del WWF.

Questi interventi, insieme ad altri (istituzione della commissione di Riserva,

istituzione della segreteria tecnica, conclusione della fase istruttoria della

proposta di modifica della zonazione, forti progressi nel ciclo programmazione

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133

economica - richiesta e ottenimento dei finanziamenti – esecuzione dei

programmi e delle spese) hanno creato le condizioni generali che permettono di

programmare le attività per l’anno 2000 a partire da una solida base di certezze,

e con una visione chiara e largamente condivisa dei problemi e dei compiti a

breve scadenza, e dei progetti a più lungo termine.

Al 31.12.1999 la gestione si chiude con un avanzo di amministrazione di L.

779.613.824 .

Esercizio finanziario 2000

Il Piano di Gestione 2000 viene approvato con delibera dell’Assemblea dei

Sindaci n. 2 del 3.02.2000 e si sviluppa su due linee essenziali:

• permettere che fin dall’inizio della stagione turistica la zona protetta possa

essere percepita come una entità esistente, organizzata e funzionante;

• gettare le basi (consolidando azioni già intraprese e dando luogo a nuove

iniziative) per il raggiungimento delle finalità a lungo termine della Zona

Protetta, come previste dal Decreto Istitutivo, nei campi della protezione

ambientale, tutela e valorizzazione delle risorse, diffusione e

divulgazione, educazione e cultura, studi e ricerche e promozione di

sviluppo socio-economico della zona. Nella stesura del programma di

gestione 2000 si è ipotizzato l’ottenimento di fondi regionali in aggiunta a

quanto finanziato dal Ministero dell’Ambiente.

PEG 2000 Importo Richiesto

Percen- tuali %

GESTIONE (sede, uffici, personale, responsabile di riserva, indennità di carica per gli organi del consorzio, rimborsi per servizi prestati, attrezzature)

1.102.378.000 37.69

DIVULGAZIONE, PROMOZIONE ED EDUCAZIONE AMBIENTALE

292.000.000 9.98

FORMAZIONE PROFESSIONALE 30.000.000 1.03 PROTEZIONE AMBIENTALE (pianificazione interventi per la protezione ambientale, osservatori ambiente e legalità, dissuasori antistrascico e ormeggi predisposti)

463.000.000 15.83

VALORIZZAZIONE DELLA RISERVA MARINA (struttura di sostegno alla Riserva Marina)

70.000.000 2.39

SVILUPPO SOCIO-ECONOMICO ECO-COMPATIBILE 125.000.000 4.27

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(programmazione e pianificazione di attività ecocompatibili nel territorio dell’AMP) RICERCA SCIENTIFICA (l’impatto della pesca al dattero di mare nell’AMP, progetto sperimentale di trapianto del corallo rosso, sistema integrale Hardware-software per l’esplorazione di fondali marini mediante realtà virtuale non immersiva)

842.800.000 28.81

TOTALE 2.925.178.000 100.00 Tabella 12 – Programma di Gestione e Valorizzazione 2000 – in Lire

Nel prospetto del programma di gestione (Tabella 12) ritroviamo nuove voci

rispetto agli anni precedenti, come “sviluppo socio-economico ecocompatibile” o

“protezione ambientale”, proprio a sottolineare che, avviata la macchina

burocratica dell’Ente, si può mettere mano a tutte le attività che un’istituzione

di protezione della natura come l’AMP Punta campanella deve porre in essere,

come per esempio, relativamente all’azione “pianificazione di interventi per la

protezione ambientale”, la creazione di un Osservatorio su Ambiente e Legalità.

Da notare nel PEG 2000, la richiesta di finanziamento per:

- l’acquisto di canoe;

- uno sportello informativo sperimentale per l’AMP;

- materiale promozionale dell’AMP: depliant, poster, brochures sul

dattero di mare, cartellonistica stradale, opuscoli sulla riserva;

- come già accennato, la creazione di un Osservatorio su Ambiente e

Legalità;

- strutture di sostegno all’AMP, come un centro di educazione ambientale,

e un centro documentazione;

- due progetti di ricerca scientifica:

a. il danno della pesca al dattero, i tempi di recupero delle

associazioni biologiche disturbate da tale azione distruttiva, e i

tempi di ricolonizzazione da parte del dattero stesso;

b. trapianto corallo rosso sui fondali dell’AMP, per valutare

l’efficacia del metodo di ripopolamento (tramite pannelli), e lo

studio della crescita di colonie di corallo in ambienti diversi (ad

esempio a diversa profondità).

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135

Risultato della gestione

Dalla tabella 8 si evince che per l’anno 2000 le entrate derivanti dal Ministero

dell’Ambiente sono state del tutto (nel caso delle entrate per investimenti) o

quasi (per le entrate correnti) fedeli alla previsione nel Piano Economico di

Gestione presentato dall’Area Marina Protetta.

ENTRATE Previsione definitiva

Rendiconto Maggiori o minori entrate

Tit. I entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti dello Stato (Ministero dell’Ambiente)

1.949.000.000 1.946.150.724 - 2.849.276

Tit. III entrate da trasferimenti per investimento dallo Stato (Ministero dell’Ambiente)

579.000.000 579.000.000 -

Tit. V entrate di servizi per conto terzi

155.000.000 64.484.938 - 90.515.062

Avanzo di amministrazione 1999 applicato

725.000.000 - -

TOTALE 3.408.000.000 2.589.635.662 - 93.364.338

Tabella 13– Analisi dell’entrata 2000 – (in Lire)

Per quanto riguarda la spesa, la Tabella 14 mostra che le spese sono state

nettamente inferiori a quanto previsto nel bilancio di previsione, soprattutto per

le spese correnti (L. 1.479.276.940 in meno), per un totale di L. 1.822.682.932 in

meno.

SPESE Previsione definitiva

Rendiconto Maggiori o minori spese

Tit. I spese correnti 2.255.000.000 775.723.060 - 1.479.276.940 Tit. II spese in conto capitale 998.000.000 745.109.070 - 252.890.930 Tit. IV servizio in conto terzi 155.000.000 64.484.938 - 90.515.062 TOTALE 3.408.000.000 1.585.317.068 - 1.822.682.932

Tabella 14 – Analisi della spesa 2000 – in Lire

Dalla Tabella 15 – analisi della spesa per funzioni – si nota che le spese correnti

sono relative per il 60.02% alle “funzioni generali di amministrazione”, e per il

rimanente 40% ai “progetti di sviluppo”, come divulgazione, promozione ed

educazione ambientale (30.60%) e ricerca scientifica (9.38%).

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FUNZIONI DI SPESA ANNO 2000 percentuale %

Funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo

465.523.060 60.02

Divulgazione promozione ed educazione ambientale

237.400.000 30.60

Formazione professionale - - Protezione ambientale - - Valorizzazione della Riserva Marina - - Promozione di sviluppo socio-economico - - Ricerca scientifica 72.800.000 9.38 TOTALE 775.723.060 100.00

Tabella 15 – Analisi della spesa corrente 2000 per funzione – in Lire

Dall’analisi della spesa corrente per intervento (Tabella 16) si nota che le spese

per ‘prestazioni di servizio’ sono più di dieci volte superiori a quelle per

‘personale’.

Si ripropone dunque la ormai cronica carenza di personale che è comune a tutte

le Aree Marine Protette.

INTERVENTI DI SPESA ANNO 2000 Percentuale % Personale 42.000.000 5.41 Acquisto di beni di consumo 93.435.850 12.05 Prestazioni di servizio 559.430.630 72.13 Utilizzo beni di terzi 34.600.000 4.46 Trasferimenti 30.246.606 3.90 Interessi passivi - - Imposte e tasse 15.960.000 2.05 Oneri straordinari di gestione - - Fondi di riserva - - TOTALE 775.723.086 100.00

Tabella 16 – Analisi della spesa corrente 2000 per interventi – (in Lire)

La spesa in conto capitale (Tabella 17) è stata di circa 745 milioni ed è

interamente relativa all’acquisizione di beni mobili, macchine ed attrezzature

tecnico scientifiche.

FUNZIONI DI SPESA ANNO 2000 Percentuale %

Funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo

745.109.070 100

Divulgazione promozione ed educazione ambientale

- -

Formazione professionale - -

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Protezione ambientale - - Valorizzazione della Riserva Marina - - Promozione di sviluppo socio-economico - - Ricerca scientifica - - TOTALE 745.109.070 100.00

Tabella 17 – analisi della spesa in conto capitale 2000 per funzioni – in Lire

In conclusione le azioni salienti per l’anno 2000 sono state:

• approvazione e pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, in data 13.06.2000,

del Decreto di modifica al Decreto Ministeriale di Istituzione dell’AMP

Punta campanella del 12.12.97;

• ultimazione dello studio sulla Nautica da Diporto prodotto dal Censis, per

individuare con maggiore chiarezza le aree e le modalità di accesso,

ormeggio e ancoraggio delle imbarcazioni nell’AMP Punta Campanella (dati

necessari alla stesura del regolamento di organizzazione e gestione

dell’AMP);

• ultimazione della II fase del progetto di ricerca scientifica sul monitoraggio

dei fondali dell’AMP in collaborazione con L’Università Federico II, la

Stazione Zoologica Anthon Dohrn, il Consiglio Nazionale delle Ricerche

Geomare Sud Napoli, l’Università di Catania e il Consiglio Nazionale delle

Ricerche Talassografico di Messina (anche questi dati necessari alla stesura

del regolamento di organizzazione e gestione dell’AMP). Tale ricerca,

proposta dall’inizio delle attività della riserva, ha permesso di valutare la

qualità ambientale dell’area, e stabilire lo sforzo di pesca sostenibile,

individuare possibili percorsi subacquei di interesse scientifico, grazie a

cartine geografiche tematiche con dati morfobatimetrici ad alta risoluzione;

• si è cercato di stimolare e sensibilizzare i vari soggetti economici del

territorio, coinvolgendoli nelle più importanti fasi amministrative, quali le

proposte di modifica del Decreto di Istituzione, il monitoraggio delle attività

da diporto, la regolamentazione della piccola pesca, delle attività subacquee

e delle visite guidate, favorendo così la nascita di nuove attività

ecocompatibili, come il pescaturismo (con 6 imbarcazioni operanti

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138

nell’AMP), la nascita di nuovi centri di immersione e la costituzione di un

consorzio di imprese;

• è stata promossa la nascita del Coordinamento delle Associazioni

Ambientaliste, che così rappresenta un unico organismo interlocutore,

collaborativo e rappresentativo delle stesse all’interno dell’AMP. Tale

coordinamento si è rivolto prima alle scuole del territorio con un

programma dal nome “Io e la Riserva”, eppoi all’esterno con una campagna

nazionale contro il prelievo illegale del dattero di mare.

Una semplice analisi del primo triennio di attività (1998-1999-2000), come

riportato nella tabella 13, mostra che dei circa cinque miliardi di lire finanziati

(di cui la metà di competenza 2000), tre miliardi sono stati impegnati (di cui la

metà nell’anno 2000) e L. 1.256.517.178 sono stati liquidati (di cui un miliardo di

lire di liquidazione nel 2000).

Si rileva, quindi, che le attività sono state notevolmente intensificate in

quest’ultimo anno, grazie anche al fatto che oramai la sede è attiva ed operativa,

e la struttura organizzativa dell’Ente permette la realizzazione delle attività

progettate.

Finanziati Impegnati Liquidati

Triennio 1998 – 1999 – 2000 4.822.821.812 3.039.889.244 1.256.517.178

Esercizio finanziario 2000 2.588.635.812 1.585.317.068 1.072.702.358

Percentuale annualità 2000 53.67 % 52.15 % 85.37 %

Tabella 18– Analisi finanziaria del triennio 1998 - 1999 - 2000 - in Lire

E’ dunque chiaro che:

- l’unica voce di entrata dell’AMP è rappresentata dai trasferimenti del

Ministero dell’Ambiente, in quanto l’Ente non ha ancora attivato la gestione

di propri servizi, e il tutto avviene con notevole ritardo;

- l’Ente è afflitto dal problema della mancanza di personale proprio

(problema condiviso con tutte le AMP italiane), che in molti casi non

consente l’esecuzione dei programmi nel rispetto dei tempi previsti.

L’anno 2000 si chiude con un avanzo di competenza di L. 1.004.318.594 e un

avanzo di amministrazione di L. 1.783.932.418.

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Esercizio finanziario 2001

“[..] L’anno 2001 si prospetta particolarmente impegnativo, in quanto bisogna attuare

quei progetti indispensabili per dare evidenza della realtà parco, tra l’altro si tratta di

progetti già finanziati, che sia per i ritardi con cui è arrivata la modifica della zonazione

dell’AMP, sia per i ritardi relativi alla disponibilità di personale in grado di espletare le

procedure amministrative, non è stato ancora possibile attuare, mi riferisco alle boe di

delimitazione e alle boe di ormeggio e dissuasori antistrascico. [..]” questo è quanto si

legge dalla relazione al bilancio di previsione per l’anno 2001 dell’ex-Presidente

dell’AMP Rag. Giulio Aversa, approvata con delibera C.d.A. n. 3 del 15.03.2001.

Attività fondamentale per quest’anno è l’adozione del regolamento che

disciplina le attività all’interno dell’AMP (pesca professionale e sportiva, visite

guidate, immersioni, diportismo, etc..) così da poter dare una corretta e precisa

informazione agli operatori del settore e più in generale a tutti gli utenti, già

dalla prossima stagione estiva.

È opportuno sottolineare che i progetti possono trovare oggi concreta

attuazione grazie ai lavori svolti dall’Ente negli anni precedenti, e su riportati.

Il programma di gestione 2001, incluso nel bilancio di previsione, e dunque

approvato con delibera C.d.A. n. 3 del 15.03.2001, è riportato in Tabella 19.

PEG 2001 Importo richiesto

percen- tuali %

GESTIONE (sede, uffici, responsabile di riserva, missioni, prestazioni di servizi, indennità di carica per gli organi del consorzio, gestione mezzi della riserva marina, ormeggi predisposti, gestione boe di delimitazione)

747.100.000 40.08

DIVULGAZIONE, PROMOZIONE ED EDUCAZIONE AMBIENTALE (materiali informativi, campagna contro il prelievo e il consumo di dattero di mare, archivio fotografico, sportello informativo sperimentale, partecipazione a fiere, gioco dell’AMP, materiale didattico, sportello informativo nautico, formazione corsi canoe, vela, presidio per la pesca con le nasse biodegradabili e selettive)

737.000.000 39.54

PROTEZIONE AMBIENTALE (certificazione ISO 14001) 60.000.000 3.21 RICERCA SCIENTIFICA (monitoraggio della linea di costa, monitoraggio delle grotte subacquee, libro sul progetto di ricerca scientifica)

320.000.000 17.17

TOTALE 1.864.100.000 100.00

Tabella 19 – Programma di Gestione e Valorizzazione 2001 – in Lire

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140

Come è visibile dalla Tabella 19, le azioni e i progetti per il 2001 mirano a :

• posizionare ormeggi, con il duplice scopo di servizio alla nautica da

diporto e come dissuasori antistrascico, in base alla nuova zonazione

prevista dal Decreto Modifica, e ai dati riportati dalle ricerche fatte da

Geomare e dall’Università di Napoli sulla mappatura dei fondali e sulla

determinazione degli stock ittici;

• rafforzare il rapporto con le scuole e con le realtà locali attraverso una

intensa opera di valorizzazione e promozione della riserva marina, con

materiale divulgativo, campagne informative, partecipazione a fiere,

elaborazione di un gioco sull’Area Marina Protetta in collaborazione con

la Lega Navale e la “T.Tasso” (scuola media inferiore di Sorrento), e

soprattutto la creazione di uno sportello informativo fisso presso la sede

dell’Ente e uno nautico;

• adottare lo schema di gestione ambientale UNI EN ISO 14001;

• svolgere attività di ricerca scientifica su:

- monitoraggio della linea di costa;

- monitoraggio delle grotte marine, per censire tutte le grotte e cavità

marine presenti nell’AMP;

- completamento della conoscenza e della mappatura di tutti gli

ambienti ed ecosistemi presenti, per scrivere un libro sulla Riserva

Marina;

• creare le basi per poter accedere ai fondi strutturali 2000-2006;

In data 22.11.2001 viene inviata al Ministero dell’Ambiente un’ulteriore

richiesta di finanziamento per alcuni progetti non inseriti nel PEG 2001:

a. progetto “Sala delle Sirene” (L. 550.000.000), ovvero creazione di una

struttura polifunzionale associata per le attività informative e divulgative

sull’AMP che comprende: sala convegni, spazio espositivo, struttura di

accoglienza, biblioteca, archivio, 2 aule di cui una multimediale;

b. progetto integrato sulla cantieristica sorrentina (L. 520.000.000). Il progetto

consiste nella ricostruzione di una “feluca” – imbarcazione storica in

legno, a vela e a remi, tipica della Penisola Sorrentina della fine del XIX

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141

secolo, utilizzata per il trasporto di persone e merci, prodotti agricoli e

caseari ai mercati di Napoli – attraverso un percorso divulgativo,

formativo e informativo su tematiche ambientali e di promozione di

prodotti tipici. Il tutto per far fede ai principi istitutivi dell’AMP che

comprendono la rivalutazione delle attività artigianali locali;

c. progetto di “monitoraggio elettronico dell’estrazione del dattero di mare” (L.

440.000.000), in collaborazione con l’Università degli studi di Napoli

Federico II. Il progetto consiste nel posizionare in via sperimentale dei

geofoni che segnalano eventuali azioni di datterari ad una centralina,

facendo scattare l’allarme presso unità di ricezione del segnale collocate

negli uffici della Capitaneria di Porto.

Tali progetti, per un totale di L. 1.510.000.000, presentati in ritardo rispetto al

PEG 2001 sono stati poi inseriti nel PEG 2002.

Rendiconto di gestione 2001

Il Rendiconto di gestione 2001 è stato approvato dall’Assemblea dei Sindaci con

delibera n. 8 del 23.07.2002. Dalla tabella 15 si evince che:

• le entrate correnti sono state superiori a quelle previste;

• per l’anno 2001 i trasferimenti in conto capitale sono molto limitati.

ENTRATA Previsione Rendiconto Maggiori o minori entrate

Tit. I entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti dello Stato (Ministero Ambiente) e da altri Enti

1.390.300.000 1.588.000.000 + 197.700.000

Tit. II entrate extra-tributarie 5.967.325 3.850.555 - 2.116.770

Tit. III entrate da trasferimenti per investimento dallo Stato (Ministero dell’Ambiente) e da altri Enti

5.000.000 5.000.000 0

Tit. V entrate di servizi per conto terzi 157.000.000 67.540.030 - 89.459.970

Avanzo di amministrazione 2000 applicato 1.736.517.440 0 1.736.517.440

TOTALE 3.294.784.765 1.664.390.585 1.842.640.700

Tabella 20– Scostamenti delle Entrate 2001 dalla previsione definitiva - in Lire

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142

I dati riportati nella Tabella 20Tabella 21 fanno rilevare che le spese sono state

nettamente inferiori a quelle previste, per l’annoso problema della mancanza di

personale, che si ripercuote sull’attuazione dei progetti proposti e finanziati dal

Ministero dell’Ambiente.

SPESA Previsione Rendiconto Maggiori o minori spese

Tit. I spese correnti 3.114.935.035 1.234.037.960 - 1.880.897.075 Tit. II spese in conto capitale 257.849.730 69.200.000 - 188.649.730 Tit. IV servizio in conto terzi 157.000.000 67.540.030 - 89.459.970 TOTALE 3.529.784.765 1.370.777.990 - 2.159.006.775

Tabella 21 - Scostamento delle spese 2001 dalla previsione definitiva – in Lire

Dall’analisi per funzioni (Tabella 22) si rileva una spesa consistente per quel che

concerne la “protezione ambientale” (circa 550.000 Euro), e in misura minore

per il “funzionamento ordinario dell’AMP” e per lo “studio e ricerca

scientifica”.

FUNZIONI DI SPESA anno 2001

Percentuale%

Funzionamento ordinario dell’AMP 334.320.970 27.08 Protezione ambientale 555.541.000 45.07 Spese straordinarie 4.175.990 0.33 Valorizzazione risorse naturali 50.000.000 4.04 Diffusione dell’ecologia, degli amb. marini e caratt. Ambientali

- -

Educazione ambientale 20.000.000 1.61 Studio e ricerca scientifica 270.000.000 21.87 TOTALE 1.234.037.960 100.00

Tabella 22– Analisi dei titoli di spesa corrente 2001 per funzioni – in Lire

Per l’analisi della spesa in funzione degli interventi (Tabella 23), si ripetono le

considerazioni fatte per gli anni precedenti, ovvero l’evidente discrepanza tra le

spese per il personale e quelle per le prestazioni di servizio, mettendo in luce

l’esigenza di un organigramma serio per coprire i “buchi” amministrativi

dell’Ente.

INTERVENTI DI SPESA anno 2001 Percentuale % Personale 10.400.000 0.84 Acquisto di beni di consumo 200.280.600 16.23 Prestazioni di servizio 881.267.810 71.41 Utilizzo beni di terzi 92.300.000 7.48 Trasferimenti 30.164.550 2.44

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Altri servizi generali - - Imposte e tasse 17.125.000 1.39 Oneri straordinari di gestione 2.500.000 0.21 TOTALE 1.234.037.960 100.00

Tabella 23 – Analisi delle spese correnti 2001 per intervento di spesa – in Lire

Dall’Analisi delle spese in conto capitale per funzioni si rileva che per lo più i

fondi sono stati usati per finanziare le attività di “funzionamento ordinario

dell’AMP” (82,66%), e in piccola parte per “Studio e ricerca scientifica”.

FUNZIONI DI SPESA anno 2001

Percentuale%

Funzionamento ordinario dell’AMP 57.200.000 82.66 Protezione ambientale - - Spese straordinarie - - Valorizzazione risorse naturali - - Diffusione dell’ecologia, degli ambienti marini e caratt. Ambientali

- -

Educazione ambientale - - Studio e ricerca scientifica 12.000.000 17.34 TOTALE 69.200.000 100.00

Tabella 24– Analisi delle spese in conto capitale 2001 per funzione di spesa – (in Lire)

Interventi importanti per l’anno 2001, su cui porre attenzione sono stati:

1. creazione dello Sportello Informativo dell’AMP gestito dal Coordinamento delle

Associazioni Ambientaliste – lo Sportello informativo è una struttura

fondamentale per l’AMP, dato che crea un punto di riferimento fisso, aperto

per cinque giorni a settimana e pronto ad accogliere le richieste di

popolazione locale e turisti sulle attività che si possono svolgere nell’area

protetta. Col tempo questa struttura diventerà fondamentale per l’Ente,

svolgendo anche attività di segreteria, gestendo le corrispondenze e il

protocollo dell’Ente, e attività extra come visite guidate, intensificazione

delle attività nel periodo estivo, etc..

2. Affidamento dell’Osservatorio Ambiente e Legalità all’Associazione Nazionale

Legambiente – L’Osservatorio è una struttura tutt’ora attiva che svolge

molteplici attività, dalla denuncia di illegalità ambientali all’organizzazione

di convegni, e campagne informative, il tutto in stretto contatto con l’AMP e

Legambiente Nazionale.

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3. Istituzione del Centro di Educazione Ambientale Punta Campanella –

riconosciuto dalla rete nazionale INFEA per l’informazione, la formazione e

l’educazione ambientale.

4. Rinnovo del Consiglio di Amministrazione – con delibera di Assemblea dei

Sindaci n. 13 del 30.08.2001, viene nominato il nuovo presidente dell’AMP,

Capitano di Lungo Corso Gian Carlo Russo, che rimarrà in carica per più di

tre anni.

5. Si discute della possibilità da parte della Provincia di entrare a far parte del

Consorzio di Gestione dell’AMP – con la cessione dell’1 % della quota da

parte di ogni Comune del Consorzio, ad eccezione di Massa Lubrense –

allargando l’ambito di operatività dell’Ente Gestore che con l’entrata di un

Ente sovraccomunale conseguirebbe un sicuro beneficio e una

collaborazione per tutte quelle opere di protezione di coste, scogliere e

ambiente marino in generale. In realtà la proposta non è mai andata avanti.

6. Con delibera di C.d.A. n. 23 del 19.11.2001, si approva il progetto per

l’utilizzo di risorse umane provenienti dall’ex servizio escavazione porti,

attualmente operanti presso i Comuni del Consorzio di gestione. Il progetto

prevede il trasferimento di 7 dipendenti ex-SEP, due dal Comune di Massa

Lubrense e uno per ogni Comune del Consorzio. Tale importantissimo

intervento rappresenta il primo passo verso l’esistenza di dipendenti fissi

presso gli uffici della Riserva marina, e costa all’AMP solamente L.

60.000.000, poiché i dipendenti continuano ad essere stipendiati dal

Ministero dei trasporti e delle infrastrutture. Di fatto poi non tutti i Comuni

hanno messo in atto tale intervento, infatti non si è raggiunto mai il numero

di sette dipendenti operativi ex-SEP. Ad oggi lavorano presso l’AMP

solamente tre dipendenti ex-SEP, due distaccati dal comune di Massa

Lubrense, e uno dal Comune di Sorrento.

7. Creazione di un presidio slow food sulla pesca del parapandalo (Plesionika

narval) con nasse tradizionali in giunco, per promuovere questo tipo di

pesca in via di estinzione, per via della maggiore funzionalità delle nasse di

plastica.

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Tirando le somme, dunque, il 2001 si chiude con una serie di progetti di

strutturazione dell’Ente oramai attivati: sportello informativo, osservatorio

ambiente e legalità, CEA, progetto di utilizzo di personale ex-SEP, oramai la

struttura dell’Ente Gestore ha le basi per portare avanti tutti gli obiettivi previsti

dal decreto istitutivo.

L’anno 2001 si chiude con un avanzo di amministrazione di L. 2.100.365.186.

Esercizio finanziario 2002

Il 2002 si apre con una serie di obiettivi:

1. organizzare sia la logistica che l’operatività delle strutture associate all’Ente

Gestore: lo Sportello Informativo, l’Osservatorio per l’Ambiente e la

Legalità, il Centro di Educazione Ambientale;

2. predisporre un servizio informativo marino con personale dell’AMP in modo

da incrementare l’informazione e la visibilità della Riserva Marina sul

territorio;

3. predisporre un piano di impresa per alcuni settori di intervento del Consorzio di

Gestione dell’AMP per cominciare ad introitare fondi per la copertura

delle spese gestionali.

Il tutto però partendo dalla possibilità di contare su personale in comandata dai

Comuni del Consorzio e sugli operatori di Sportello Informativo e Osservatorio,

che possono coadiuvare il Responsabile della Riserva nella gestione degli uffici

e dei mezzi della Riserva.

Il Programma di Gestione 2002, approvato con delibera n. 2 del 15.03.2002

dall’Assemblea dei Sindaci, oltre alle attività di funzionamento ordinario

dell’AMP, prevede richieste di finanziamento per:

1. il potenziamento dello sportello informativo già esistente;

2. i tre progetti straordinari presentati nell’esercizio finanziario 2001 (sala

delle sirene, cantieristica sorrentina, monitoraggio elettroacustico

dell’estrazione del dattero di mare);

3. attività di educazione ambientale centrate sul tema “mare” e svolte dal

CEA Punta Campanella.

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PEG 2002 importo richiesto

percen- tuali %

OBIETTIVO B – TUTELA E VALORIZZAZIONE DELLE RISORSE B.I – Informazione e azioni di tutela nell’Area Marina Protetta

47.920,87 4.11

OBIETTIVO C – DIFFUSIONE DELLA CONOSCENZA DELL’ECOLOGIA E CARATTERISTICHE PECULIARI DELL’AMP C.I- Realizzazione di una struttura polifunzionale e attività di partenariato

328.648,85 28.17

OBIETTIVO D – EDUCAZIONE AMBIENTALE D.I - CEA punta campanella

96.324,00 8.25

OBIETTIVO E – LO STUDIO E LA RICERCA SCIENTIFICA E.I - Geofoni per punta campanella

190.056,12 16.29

OBIETTIVO F – PROMOZIONE DI UNO SVILUPPO SOCIO-ECONOMICO COMPATIBILE F.I - Promozione della cantieristica tradizionale sorrentina

252.857,30 21.67

OBIETTIVO G – FUNZIONAMENTO ORDINARIO G.I - Funzionamento struttura interna ed esterna

250.965,82 21.51

TOTALE 1.166.772,96 100.00

Tabella 25 – Programma di Gestione e Valorizzazione 2002 – in Euro

Si tratta, come già detto in partenza, di rodare le neo-strutture dell’Ente:

Sportello Informativo, Osservatorio Ambiente e Legalità e Centro di

Educazione Ambientale, per renderle effettivamente funzionanti.

Il risultato della gestione

I dati relativi al rendiconto di gestione 2002 sono:

ENTRATE anno 2002 percentuale %

Entrate derivanti da trasferimenti delle Stato, Regione ed altri Enti Pubblici

118.820,77 78.85

Entrate extratributarie diverse 13.339,64 8.85 Entrate derivanti da trasferimenti dello Stato, Regione ed altri Enti pubblici per investimenti

- -

Entrate da servizi per conto terzi 18.539,83 12.30 TOTALE 150.700,24 100.00

Tabella 26– Analisi dei titoli di entrata 2002 – in Euro

L’avanzo di amministrazione 2001 applicato al bilancio di previsione 2002, è

stato pari ad € 957.324,24. Le entrate risultano essere estremamente minori agli

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anni precedenti, sia per quanto riguarda quelle correnti che quelle in conto

capitale. Ciò dipende da un cambio di rotta effettuato dal Ministero: la

Direzione del Ministero da l’ok per determinati interventi che verranno attuati

utilizzando, appunto, l’avanzo di amministrazione della Riserva.

Al 31.12.2002 si rileva un disavanzo di competenza di € 561.850,01, che

rappresenta l’ammontare prelevato dall’avanzo di amministrazione e utilizzato

per affrontare le spese per l’anno 2002.

SPESE anno 2002 percentuale %

Titolo I - Spese correnti 670.111,93 94.05 Titolo II - Spese in conto capitale 23.898,49 3.35 Titolo IV - Spese per servizio conto terzi 18.539,83 2.60 TOTALE 712.550,25 100.00

Tabella 27– Analisi per titoli di spesa 2002 – in Euro

Le spese per il 2002 sono concentrate al 94,05 % nel titolo I – spese correnti, e

solo per il 3.35% in titolo II – spese in conto capitale, per un totale di €

712.550,25 .

Dalla Tabella 28 si evince che le spese sono state quasi equamente ripartite in 3

categorie di funzioni attuate dall’Ente gestore:

• funzionamento ordinario dell’AMP;

• protezione dell’ambiente;

• studio e ricerca scientifica;

e in piccolissima parte sono andate a finanziare la voce “spese straordinarie”.

FUNZIONI DI SPESA anno 2002 percentuale Funzionamento ordinario dell’AMP 225.559,25 33.66 Protezione ambientale 219.296,70 32.73 Spese straordinarie 4.119,28 0.61 Valorizzazione risorse naturali - - Diffusione dell’ecologia, degli ambienti marini e caratt. Ambientali

- -

Educazione ambientale - - Studio e ricerca scientifica 221.136,70 33.00 Promozione dello sviluppo socio economico eco sostenibile

- -

TOTALE 670.111,93 100.00

Tabella 28– Analisi dei titoli di spesa corrente 2002 per funzioni – in Euro

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Al solito dai dati che analizzano la spesa in funzione degli interventi attuati

(Tabella 29) si evince che i tre quarti dei finanziamenti sono andati a coprire le

spese per le prestazioni di servizio dell’Ente Gestore.

INTERVENTI DI SPESA ANNO 2002 Percentuale %

Personale 18.163,16 2.71 Acquisto di beni di consumo 54.473,08 8.13 Prestazioni di servizio 504.381,18 75.27 Utilizzo di di terzi 23.592,51 3.52 Trasferimenti 58.645,99 8.75 Interessi passivi - - Imposte e tasse 4.172,97 0.62 Oneri straordinari di gestione 6.683,04 1.00 Fondi di riserva - - TOTALE 670.111,93 100.00

Tabella 29– analisi della spesa corrente 2002 per intervento – in Euro

Dalla Tabella 30 si nota che la spesa di 23.898,49 € è tutta andata in acquisizione

di beni mobili, macchine ed attrezzature tecnico scientifiche, nella voce

“funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo”.

FUNZIONI DI SPESA ANNO 2002 Percentuale Funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo

23.898,49 100.00

Divulgazione promozione ed educazione ambientale

- -

Formazione professionale - - Protezione ambientale - - Valorizzazione della Riserva Marina - - Promozione di sviluppo socio-economico - - Ricerca scientifica - - TOTALE 23.898,49 100.00

Tabella 30– Analisi dei titoli di spesa in conto capitale 2002 per funzioni – in Euro

Oltre ai dati economici bisogna evidenziare anche altri tipi di attività svolte

dall’Ente, che non è possibile trovare nel rendiconto di gestione. Infatti, da

delibere del Consiglio di Amministrazione e dell’Assemblea dei Sindaci si risale

ad una serie di attività svolte dall’AMP nel 2002 e così riassunte:

1. con delibera C.d.A. n. 6 del 7.03.2002 vengono individuate le tariffe per il

rilascio delle autorizzazioni della pesca sportiva, immersione subacquea e visite

guidate. Infatti le attività “consentite” dall’AMP sono soggette a richiesta di

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149

autorizzazione da parte dell’Ente, e i proventi di queste attività costituiscono

il fondo che l’Ente ha a disposizione per il cosiddetto autofinanziamento cui

aspira da anni il Ministero dell’Ambiente;

2. con delibera C.d.A. n. 37 del 26.11.2002 viene finanziato e affidato al

CoNISMa (Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare)

il progetto di pubblicazione del libro sul monitoraggio effettuato nell’AMP Punta

Campanella. Si tratta di un finanziamento di circa € 50.000 per la

realizzazione di un libro che raccolga tutti i dati e le ricerche effettuate

dall’Ente Gestore;

3. con delibera C.d.A. n. 38 del 26.11.2002 viene attivato il progetto “supporti

educativi all’immersione subacquea”, che consiste in:

? catalogazione e divulgazione delle specie presenti nell’AMP, creando una

banca dati da inserire sul server del consorzio per permettere una facile

consultazione, e opportune schede in PVC che fungano da utile supporto

per i subacquei;

? individuazione, descrizione e divulgazione di percorsi subacquei di

interesse naturalistico, ad uso turistico-divulgativo e per studio da parte di

ricercatori scientifici;

4. con delibera C.d.A. n. 41 del 14.12.2002 viene affidato l’incarico di

Responsabile dell’AMP Punta Campanella all’Avv. Andreina Esposito. Infatti in

data 14.04.2002 scade il mandato per il Dott. Alberico Simioli, che viene però

prorogato per 6 mesi;

5. con delibera C.d.A. n. 21 del 08.06.2002 si richiede l’ utilizzo del fondo della

riserva per assumere personale amministrativo: in particolare la nomina di un

direttore amministrativo con contratto part-time, un istruttore contabile e un

istruttore di segreteria a tempo pieno. Solamente nel 2003 si è realizzato

parzialmente questo progetto con l’assegnazione di un istruttore contabile

per soli 2 mesi, mentre il ruolo di direttore amministrativo è stato ricoperto

dal direttore dell’AMP Andreina Esposito, in carica dal 14.04.2003, fino a

scadenza del contratto.

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150

Ancora da evidenziare:

- il posizionamento di 7 boe di delimitazione delle acque protette dell’AMP, che

segnalano i punti dove comincia la riserva, e i punti di passaggio da zona

verde a zona gialla. La segnalazione dell’area protetta è un passaggio

fondamentale e l’AMP Punta Campanella è all’avanguardia in questo

settore;

- intense attività di monitoraggio e capillari campagne di informazione e

sensibilizzazione svolte dal personale ex-SEP con i mezzi nautici dell’AMP e

rivolte ai diportisti. Il risultato ottenuto è stato eclatante: la salvaguardia

della Baia di Ieranto, perla della Riserva Marina, da anni punto di

ancoraggio per natanti, e oramai percepita da tutti come zona protetta dove

possono entrare solamente i natanti a motore autorizzati dall’Ente Gestore

per visite guidate;

- la stipula di un protocollo di intesa con la Provincia di Crotone, Parco Nazionale

delle Cinque Terre, Comune di Ustica, Comune di Favignana, Parco Nazionale del

Gargano, Consorzio di Gestione dell’AMP Punta Campanella, Ente Roma Natura,

associazione Legambiente per la redazione di “Blumare”, giornale periodico di

informazione sui parchi e le aree marine protette;

- la stipula di convenzioni con Il Ministero della Difesa per l’utilizzo di unità del

servizio civile, e con l’Istituto Universitario Navale di Napoli per tirocinio di

formazione e orientamento di studenti;

- le segnalazioni e i problemi per il depuratore degli scarichi civili sito nella

località Torca. Si tratta di una questione ancora irrisolta, che coinvolge il

Comune di Massa Lubrense e le Autorità competenti;

- la querelle delle concessioni demaniali di specchi acquei per il posizionamenti

dei gavitelli da ormeggio;

- la richiesta di deroga di ormeggio nelle zone B fatta al Ministero e ottenuta. In

vista del posizionamento dei gavitelli per l’ormeggio delle imbarcazioni da

diporto, che ritarda per via del problema delle concessioni demaniali per gli

specchi acquei, l’AMP escogita questo stratagemma per non entrare in

conflitto con i diportisti che da tutta Italia, e specialmente dal Golfo di

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151

Napoli arrivano nelle zone dell’AMP per godere di un mare limpido e

panorami mozzafiato;

- attivazione di un corso di formazione per tecnici di gestione dell’AMP rivolto a 24

persone.

Dunque il 2002 si chiude con la fine del mandato del Direttore Alberico Simioli,

che nei tre anni e mezzo di attività ha dato vita ad una struttura pronta ora per

funzionare al meglio, dotata di:

• una sede attrezzata, un sito web, e una serie di contatti e convenzioni con

altre istituzioni del mondo della protezione della natura;

• dipendenti per le funzioni amministrativo/contabili, con ottime

competenze nelle arti marinare, che permetteranno all’Ente una ottima e

qualificata visibilità a mare;

• uno Sportello Informativo per le relazioni col pubblico;

• un’Osservatorio Ambiente e Legalità per monitorare gli illeciti, fare

consulenze legali;

• un Centro di Educazione Ambientale per svolgere tutte le attività di

formazione ed educazione ambientale sul territorio.

L’anno 2002 si chiude con un disavanzo di competenza di € 561.850,01 e un

avanzo di amministrazione di € 553.833,62 (L. 1.072.371.423)

Esercizio finanziario 2003

La nomina del Responsabile di AMP, Avv. Andreina Esposito, avviene con

Delibera datata 14.12.2002, ma di fatto il nuovo Direttore entra in carica solo

nell’aprile 2003, con un contratto annuale.

Il ruolo di responsabile, dunque, è rimasto vacante per circa sei mesi, anche se

le attività minime per l’ordinaria amministrazione dell’Ente, sono state svolte

dallo sportello informativo.

All’arrivo del nuovo direttore si è subito proceduto ad elaborare il Piano di

gestione e valorizzazione dell’AMP, riportato nella tabella sottostante.

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PEG 2003 Anno 2003

percen tuali%

OBIETTIVO A – PROTEZIONE AMBIENTALE AZIONE 1. Campagne di informazione e sensibilizzazione AZIONE 2. Controllo e monitoraggio delle zone sottoposte a tutela AZIONE 3. Pulizia dei fondali e delle acque

173.250 75.550

63.000 34.700

6.34

OBIETTIVO B – TUTELA E VALORIZZAZIONE DELLE RISORSE AZIONE 1. Informazione e azioni di tutela nell’Area Marina Protetta AZIONE 2. Convegni e congressi

759.750

698.850 60.900

27.80

OBIETTIVO C – DIFFUSIONE DELLA CONOSCENZA DELL’ECOLOGIA E DELLE PECULIARITA’ DELL’AMP AZIONE 1. Pubblicazioni divulgative AZIONE 2. Manifestazioni culturali AZIONE 3. Documentari e reportage

271.138

69.450 126.688 75.000

9.93

OBIETTIVO D – EDUCAZIONE AMBIENTALE AZIONE 1. Corsi e lezioni

352.050 352.050

12.89

OBIETTIVO E – LO STUDIO ELA RICERCA SCIENTIFICA AZIONE 1. Ricerche scientifiche con pubblicazione di dati rilevati in sito AZIONE 2. Istallazione di impianti fissi di rilevamento

403.451

256.850 146.601

14.76

OBIETTIVO F – PROMOZIONE DI UNO SVILUPPO SOCIO-ECONOMICO COMPATIBILE AZIONE 1. Partecipazione a fiere AZIONE 2. Pubblicità su riviste dei settori economici compatibili maggiormente rappresentativi per l’AMP

206.839

114.239

92.600

7.57

OBIETTIVO G – FUNZIONAMENTO ORDINARIO AZIONE 1. Spese istituzionali AZIONE 2. Personale AZIONE 3. Costi di amministrazione AZIONE 4. Manutenzione ordinaria dei beni durevoli AZIONE 5. Servizi

294.830 15.550 34.280

106.000 121.000 18.000

10.79

OBIETTIVO Gs – SPESE STRAORDINARIE PER IL FUNZIONAMENTO DELL’AMP AZIONE 1. Acquisizione beni durevoli AZIONE 2. Istallazione beni durevoli AZIONE 3. Manutenzione straordinaria beni durevoli

271.100

180.100 6.000

85.000

9.92

TOTALE 2.732.408 100.00

Tabella 31 – Programma di Gestione e Valorizzazione 2003 – in Euro

Come è possibile notare, l’elaborazione del PEG va di anno in anno affinandosi,

grazie allo schema unificato per la compilazione del PEG trasmesso dal

Ministero dell’Ambiente a tutte le AMP italiane.

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153

Il PEG è stato redatto dal Responsabile di Riserva, in collaborazione con tutto lo

staff dell’AMP, nel mese di maggio 2003, quindi in netto ritardo rispetto ai

termini previsti (30 novembre 2002). É stato quindi presentato agli organi

politici e approvato con:

- delibera del 13 giugno 2003 dal Consiglio di Amministrazione dell’AMP;

- delibera del 25 giugno 2003 dall’Assemblea dei Sindaci;

- delibera del 2 luglio 2003 dalla Commissione di Riserva.

Il documento programmatico prevede una richiesta di finanziamento totale di €

2.732.408, con interessanti progetti di sviluppo di tutte le finalità previste dal

Decreto Istitutivo dell’AMP, oltre alle attività di gestione quotidiana e

straordinaria dell’AMP, come per esempio:

- n. 5 progetti di ricerca scientifica, in collaborazione con l’Università

Parthenope e Federico II: 1) l’impatto della pesca del dattero di mare; 2)

la moria delle gorgonie; 3) la dinamica espansiva della Caulerpa taxifoglia

– alga invasiva subtropicale; 4) l’innovativa tecnica di contabilità

ambientale basata sull’analisi eMergetica; 5) l’istallazione di geofoni per

rilevare in tempo utile le attività distruttive dei datterari;

- finanziamento di strutture vitali per l’AMP come il Centro Visite e

l’Osservatorio ‘Ambiente e Legalità, e il Centro di Educazione

Ambientale “Punta Campanella”;

- educazione ambientale nelle scuole e “in situ” con la proposta

dell’istituzione di un centro velico;

- organizzazione di convegni e campagne sulla protezione dell’ambiente

marino;

- partecipazione a fiere locali e nazionali con lo stand e il materiale

informativo dell’AMP.

Purtroppo il PEG 2003 è stato presentato con notevole ritardo, e questo ha

determinato un rallentamento nel finanziamento degli obiettivi da parte del

Ministero.

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154

Rendiconto di gestione 2003

Nella prima parte del 2003 il Ministero dell’Ambiente ha trasferito i fondi

relativi al PEG 2002 per gli interventi: sportello informativo, osservatorio

ambiente e legalità, sala delle Sirene dell’AMP Punta Campanella, segnalamenti

marittimi, gavitelli–ormeggi, e ha dato risposta positiva per la partecipazione

alle manifestazioni di settore: BIT di Milano e Mediterre.

All’inizio di agosto il Ministero dell’Ambiente ha trasferito i fondi necessari per

attuare gli interventi essenziali per il 2003 come: i progetti di controllo e

monitoraggio, l’istallazione di segnali stradali, la produzione di materiale

informativo e promozionale, la gestione del sito internet, l’acquisto di un

furgone pick-up, e altre attività di gestione ordinaria e straordinaria dell’Ente.

Intanto sono arrivate varie tranches di finanziamento per la rivista Blumare, il

cui progetto era stato presentato nell’anno 2002. Inoltre con direttive datate

ottobre e novembre 2002 sono stati stanziati fondi rispettivamente per:

• interventi del PEG 2003 come: pulizia dei fondali, convegno ambiente e

legalità, corso di biologia nelle scuole, etc..;

• interventi per la gestione ordinaria della Riserva Marina;

per un totale di € 365.855.

I dati recuperati dal rendiconto di gestione partono al solito dall’analisi delle

entrate:

ENTRATE anno 2003 Percen tuale%

Entrate derivanti da trasferimenti delle Stato, Regione ed altri Enti Pubblici

669.630,90 58.18

Entrate extratributarie diverse 23.515,71 2.04 Entrate derivanti da trasferimenti dello Stato, Regione ed altri Enti pubblici per investimenti

433.198,11 37.63

Entrate da servizi per conto terzi 24.717,04 2.15 TOTALE 1.151.061,76 100.00

Tabella 32 – Analisi delle entrate 2003 per titoli – in Euro

La tabella mostra entrate cospicue sia alla voce “entrate correnti” che “entrate

per investimenti, per un totale complessivo di € 1.151.061,76.

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Al 31.12.2003 si rileva un disavanzo di competenza di € 40.916,34, che

rappresenta l’ammontare prelevato dall’avanzo di amministrazione e utilizzato

per affrontare le spese per l’anno 2003.

SPESE Anno 2003 percentuale %

Spese correnti 734.062,95 61.58 Spese in conto capitale 433.198,11 36.34 Spese per servizio conto terzi 24.717,04 2.08 TOTALE 1.191.978,10 100.00

Tabella 33 – Analisi della spesa 2003 per titoli – in Euro

La Tabella 33 mostra come la spesa si equipara all’entrata per i movimenti in

conto capitale, mentre risulta essere leggermente minore per l’ordinaria attività

dell’Ente (spesa corrente).

La Tabella 34, invece, mostra che la spesa attuata dall’Ente è confluita per lo più

in interventi come “funzionamento ordinario dell’AMP” e “valorizzazione delle

risorse naturali”, e in misura minore in protezione ambientale, diffusione

dell’ecologia, degli ambienti marini e delle caratteristiche ambientali.

FUNZIONI DI SPESA anno 2003 percentuale %

Funzionamento ordinario dell’AMP 258.590,39 35.23 Protezione ambientale 96.600,00 13.16 Spese straordinarie - - Valorizzazione risorse naturali 278.974,22 38.00 Diffusione dell’ecologia, degli ambienti marini e caratt. Ambientali

50.664,57 6.90

Educazione ambientale 10.500,00 1.43 Studio e ricerca scientifica - - Promozione dello sviluppo socio-economico ecosostenibile

- -

Gestione delle risorse proprie e di altri enti per attività di partenariato

38.733,77 5.28

TOTALE 734.062,95 100.00 Tabella 34 – Analisi della spesa 2003 per funzioni – in Euro

Dalla Tabella 35 si evince che il 74,70 % della spesa è andata a finanziare le

prestazioni di servizio per l’Ente, come per esempio “pulizia di fondali”, o

produzione di materiale informativo”.

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INTERVENTI DI SPESA ANNO 2003 Percentuale %

Personale 47.838,76 6.52 Acquisto di beni di consumo 64.822,05 8.83 Prestazioni di servizio 548.339,31 74.70 Utilizzo beni di terzi 29.376,90 4.00 Trasferimenti 36.775,34 5.01 Interessi passivi - - Imposte e tasse 6.910,59 0.94 Oneri straordinari di gestione - - Fondi di riserva - - TOTALE 734.062,95 100.00

Tabella 35 – Analisi della spesa 2003 per interventi – In Euro

Il 60.99% della spesa in conto capitale (Tabella 36) è relativa alla funzione

“diffusione dell’ecologia, degli ambienti marini e delle caratteristiche

ambientali”, mentre il restante 39.01 % è relativa alle “spese straordinarie”

dell’Ente Gestore.

FUNZIONI DI SPESA anno 2003 percentuale % Funzionamento ordinario dell’AMP - - Protezione ambientale - - Spese straordinarie 169.010,00 39.01 Valorizzazione risorse naturali Diffusione dell’ecologia, degli ambienti marini e caratt. Ambientali

264.188,11 60.99

Educazione ambientale - - Studio e ricerca scientifica - - Promozione dello sviluppo socio economico ecocompatibili

- -

Gestione delle risorse proprie e di altri enti per attività di partenariato

- -

TOTALE 433.198,11 100.00 Tabella 36 – Analisi della spesa 2003 in conto capitale per funzioni – in Euro

La gestione finanziaria relativa all’esercizio 2003, come detto in partenza, ha

rispecchiato in parte il programma di gestione e valorizzazione redatto dal

Consorzio, approvato e finanziato dal Ministero dell’Ambiente. Il predetto

Ministero, come accennato sopra, ha comunicato solo in data 8.08.2003 e

27.10.2003 l’approvazione di una parte del PEG, ritenendo idonei solamente

una parte degli interventi programmati, alcuni dei quali considerati essenziali

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per l’anno 2003. Si è provveduto inoltre a completare o continuare alcuni degli

interventi relativi ai programmi di gestione degli esercizi precedenti.

In ogni caso, sebbene sia partito in ritardo, il 2003 rappresenta un anno di gran

lavoro per l’AMP Punta Campanella, con la preparazione di gare pubbliche per

l’affidamento di servizi importanti per il parco (monitoraggio delle acque

dell’AMP, pulizia dei fondali, monitoraggio della linea di costa, censimento

delle grotte marine, stampa di un puzzle ed elaborazione di un gioco per

l’AMP), e non solo: altre attività impegnative ed interessanti svolte dal

Responsabile della Riserva e dal suo staff sono state quelle relative

all’elaborazione di documenti per la gestione degli uffici, alcuni dei quali

presentati presso il Ministero con la proposta di renderli unitari per tutte le

Aree Marine Protette:

• il regolamento per l’acquisizione di beni e servizi in economia;

• regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, con previsione di

pianta organica di base per una Area Marina Protetta;

• interpretazione o integrazione della direttiva concernente la definizione

del profilo di direttore o responsabile di una AMP e costituzione del

relativo rapporto.

Purtroppo si registra un nulla di fatto per il progetto “Formare e trasformare

l’impresa per l’ambiente”, in collaborazione con la Regione Campania, per via

del mancato trasferimento di fondi da parte di quest’ultima. Invece si

concludono positivamente i progetti di formazione regionale IFTS (con 24 nuovi

tecnici di gestione, alcuni dei quali ad oggi svolgono lavori per l’AMP), e di

“attività di partenariato” con la partecipazione dell’AMP alle manifestazioni

“Festa del Mare” e “Trofeo De Martino”.

Non si risolve il problema per il posizionamento di gavitelli da ormeggio, in

attesa del rilascio delle relative autorizzazioni dalle autorità competenti.

Questa una breve descrizione delle principali attività svolte per l’anno 2003

dall’AMP Punta Campanella, oltre alle quotidiane attività di relazione con le

forze dell’ordine (capitaneria di porto – guardia costiera) e con la comunità

locale (cooperative, operatori, scuole, associazioni), e la lotta alle illegalità

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nell’AMP (in particolar modo contro la pesca al dattero, e il diportismo nelle

zone gialle della Riserva).

L’anno 2003 si chiude con un disavanzo di competenza di € 40.916,34 ed un

avanzo di amministrazione di € 632.323,12.

Esercizio finanziario 2004

Il 2004 risulta essere un anno pieno di cambiamenti per l’Ente Gestore:

• Il 31.12.2003 termina il mandato del Coordinamento delle Associazioni

Ambientaliste dell’AMP Punta Campanella per il servizio “Sportello

Informativo”. Tale attività aveva dato una certa stabilità al lavoro di

informazione per l’AMP Punta Campanella, ma il Ministero dell’Ambiente

chiede di pubblicare bandi pubblici per l’affidamento del servizio che

riprende solo nell’aprile 2004 con la Cooperativa Biosphera;

• A metà aprile termina il mandato del Responsabile della riserva Avv.

Andreina Esposito. Il nuovo Direttore, l’Agronomo Antonino Miccio,

firma il contratto triennale solo verso la metà di giugno, in piena stagione

turistica;

• All’inizio di maggio si dimette definitivamente il Presidente del Consiglio

di Amministrazione dell’AMP Gian Carlo Russo. Il nuovo Presidente,

Prof.ssa Liberata Persico, viene nominato con Delibera del C.d.A. del

14.05.2004.

Con queste condizioni iniziali già si prevedono netti ritardi per la consegna del

programma di gestione e per la messa in opera di tutte le attività da svolgere

nel periodo estivo, che di fatto rappresenta il momento in cui la Riserva può

godere di maggiore visibilità, e contemporaneamente far fronte ad un massiccio

impatto turistico.

Della passata gestione (Responsabile Avv. Andreina Esposito), importante

menzionare il “Convegno per l’ambiente e legalità” che ha avuto grossi

riscontri anche sulla stampa, con la presentazione delle attività

dell’Osservatorio omonimo, la descrizione dell’intensa attività di collaborazione

con le Forze dell’Ordine, e la presentazione dei risultati delle ricerche del

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progetto nazionale Aphrodite, diretto dal CoNISMa. Il convegno ha visto la

partecipazione anche di Responsabili di altre Aree Marine Protette, oltre a

rappresentanti delle Istituzioni locali, Forze dell’Ordine, professori e studenti

universitari.

La programmazione per il 2004, dunque, comincia solamente a metà anno e

prevede la risoluzione di punti critici per la riserva come:

• il posizionamento di boe di delimitazione dell’area protetta;

• l’istallazione dei campi boe con i gavitelli da ormeggio per le unità da

diporto;

• la creazione del Centro Multimediale “Sala delle Sirene”, che dovrebbe

rappresentare un vero e proprio “incubatore” di progetti, eventi e

iniziative per l’AMP.

Continua il lavoro di rilascio delle autorizzazioni da parte dell’AMP per le

attività di pesca sportiva, professionale, immersioni e transito di imbarcazioni

per visite guidate nelle acque della riserva marina, parallelamente al lavoro del

Centro Visite e dell’Osservatorio. Nota negativa sul Centro di Educazione

Ambientale che continua a esistere solo sulla carta.

Documenti programmatici 2004

Interessante analizzare due documenti programmatici dell’Ente, anteriori al

PEG 2004:

- Bilancio di previsione, approvato con d.A.d.S. n. 7 del 13.07.2004;

- Variazione al PEG 2003, approvato con d.A.d.S. n. 11 del 29.12.2004;

Nel Bilancio di previsione vengono individuati cinque punti fondamentali su cui

lavorare:

1. Azione di marketing per la promozione dell’AMP;

2. Presenza sul territorio, corretta informazione dell’area di competenza e

dei vincoli:

3. Viabilità ed interazione con le attività economiche di riferimento;

4. Strutturazione logistica per le attività ed i servizi legati all’Ente;

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5. Consolidamento dell’AMP come entità sovra-istituzionale di riferimento

per il territorio.

Dunque in linea con l’andamento della programmazione degli Enti Pubblici, si

comincia anche per l’AMP Punta Campanella a fare un’analisi delle criticità, per

individuare gli obiettivi da perseguire a breve, medio e lungo termine.

Purtroppo l’Ente Gestore si trova davanti i soliti, annosi problemi:

- mancanza di personale per la gestione dell’Ente: risulta necessaria la

dotazione di una pianta organica in modo da aumentare la capacità di

spesa e di operatività dell’Ente;

- la depurazione delle acque reflue: impossibile gestire una Riserva

Marina ed assicurare il conseguimento degli obiettivi in acque inquinate;

- attuazione dei servizi a mare legati alla ricettività logistica, in modo da

poter offrire a diportisti e turisti la possibilità di fruire delle acque della

Riserva .

Dunque interventi necessari sono il posizionamento delle ultime 7 boe di

delimitazione della Riserva, e il posizionamento di 2 campi ormeggio, oltre alle

funzioni di ordinaria gestione dell’Ente e delle strutture ad esso associate.

Il tutto partendo dalla considerazione che la struttura è ben consolidata e gli

interventi effettuati negli anni precedenti hanno in parte incoraggiato e

fattivamente sostenuto, anche economicamente, lo svolgersi di una serie di

eventi e manifestazioni, cari alla popolazione residente, ed incentrati su

tematiche di tutela e salvaguardia ambientale.

Il bilancio di previsione non si basa sul programma di gestione 2004, bensì su:

1. finanziamenti già avvenuti, per un totale di € 122.488,00 – per lo più

interventi di “diffusione dell’ecologia, degli ambienti marini e delle

caratteristiche ambientali dell’AMP”, oltre all’intervento “Osservatorio

Ambiente e Legalità”, e all’attività di ricerca scientifica “Ricognizione GIS e

analisi energetica nell’AMP”;

2. attività di funzionamento ordinario dell’AMP, per un totale di 380.261,76 per

il normale funzionamento degli uffici e dei servizi;

3. spese extratributarie di € 17.334,55;

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161

4. entrate da servizi per conto terzi di € 115.000,00;

Il bilancio di previsione presenta una spesa totale di € 640.991,84.

Intanto a fine anno viene presentata al Ministero dell’Ambiente la variazione al

PEG 2003, con l’aggiunta di interventi nel campo dell’”educazione ambientale

nelle scuole”, della “promozione di uno sviluppo socio-economico

compatibile”, e la “diffusione e conoscenza dell’ecologia e delle caratteristiche

peculiari dell’AMP”, per un totale di € 256.127,00. Di seguito è riportata la

tabella riassuntiva delle richieste di finanziamento relative alle variazioni al

PEG 2003:

VARIAZIONE PEG 2003 importo richiesto

OBIETTIVO D – EDUCAZIONE AMBIENTALE AZIONE 1. Educazione ambientale e promozione dell’AMP nelle scuole elementari e primarie dei comuni della Riserva

199.847,00

OBIETTIVO F – PROMOZIONE DI UNO SVILUPPO SOCIO-ECONOMICO COMPATIBILE AZIONE 1. Partecipazione a fiere

25.680,00

OBIETTIVO C – DIFFUSIONE E CONOSCENZA DELL’ECOLOGIA E DELLE CARATTERISTICHE PECULIARI DELL’AMP AZIONE 1. Manifestazioni culturali

30.600,00

TOTALE 256.127,00

Tabella 37 – Variazione al Piano di Gestione e Valorizzazione 2003 – in Euro

Quindi con misure trasversali e straordinarie si provvede a richiedere

finanziamenti per i progetti di gestione per il 2004-2005, nonostante l’enorme

ritardo nella consegna del PEG, fermo restando che la gestione ordinaria viene

garantita anche attingendo dagli avanzi di amministrazione.

Finalmente con delibera C.d.A. n. 2 del 10.02.2005 viene approvato il PEG 2004-

2005. Il ritardo accumulato per i motivi su citati ha creato una singolare

situazione: la progettazione integra le richieste per gli anni 2004 e 2005. In realtà

esso però non influirà per niente sulla programmazione 2004.

Risultato della gestione

Passata la stagione estiva 2004 le attività riprendono con maggiore incisività,

grazie al contratto triennale stipulato con il nuovo Responsabile di Dott. A.

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162

Miccio che garantisce continuità ai progetti presentati nei diversi programmi di

gestione.

Nel corso del 2004 sono stati trasferiti i fondi relativi al funzionamento

ordinario – obiettivo G – nonché la quota di alcuni progetti compresi in Piani

Economici di Gestione di competenza dei precedenti esercizi finanziari, per un

importo pari a € 316.664,91, come si legge nella relazione al bilancio consuntivo

2004, approvato con delibera C.d.A. del 26/09/2005.

Ciò dipende dal fatto che il Programma di gestione 2003 era stato approvato

solo in minima parte, e gli interventi in esso contenuti non hanno ancora dato

origine ad alcun trasferimento. Vi sono finanziamenti per € 9.987,20 da parte di

altri Enti del settore pubblico, tra cui € 4.996,50 da parte degli Enti consorziati.

ENTRATE anno 2004

Percen tuale%

Entrate derivanti da trasferimenti delle Stato, Regione ed altri Enti Pubblici

610.481,64 89.84

Entrate extratributarie diverse 36.037,60 5.30 Entrate derivanti da trasferimenti dello Stato, Regione ed altri Enti pubblici per investimenti

-

-

Entrate da servizi per conto terzi 32.971,07 4.85 TOTALE 679.490,31 100.00

Tabella 38 – Analisi delle entrate 2004 per titoli – in Euro

All’interno del titolo “Entrate extratributarie diverse”, da registrare l’entrata

relativa a “proventi dei servizi pubblici”, che sebbene minima (€ 698,79)

rappresenta un primo passo verso l’autofinanziamento della struttura.

Da notare nessuna entrata per quanto riguarda le “entrate per investimento”.

Nella tabella 33 da notare, invece, che la maggior parte della spesa è relativa alle

“spese correnti” (94.56%), ed è nulla per le spese in conto capitale. È chiaro che

l’Ente, istituito da circa sette anni, oramai è dotato di strumenti e strutture, e i

finanziamenti riguardano per lo più le attività correnti.

SPESE anno 2004 percentuale % Spese correnti 568.530,00 94.56 Spese in conto capitale - - Spese per servizio conto terzi 32.671,07 5.44 TOTALE 601.209,07 100.00

Tabella 39 – Analisi della spesa 2004 per titoli – in Euro

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163

Dall’analisi della spesa si può rilevare che si è proceduto a finanziare progetti

per ricerca scientifica, divulgazione della riserva, e per consulenze tecnico-

scientifiche. Inoltre si è proceduto ad impegnare spese per la gestione degli

uffici, scaturenti da regolari contratti per varie utenze (elettriche, idriche e

telefoniche), fitto di locali, manutenzione della rete informatica interna,

abbonamento a internet e gestione del sito web, nonché spese per

manutenzione e funzionamento degli automezzi ed imbarcazioni ed acquisto di

tutto il materiale di consumo e occorrente per il funzionamento dell’Ente.

SPESA PER FUNZIONI anno 2004 percentuale% Funzionamento ordinario dell’AMP 165.852,74 29.17 Protezione ambientale - - Spese straordinarie - - Valorizzazione risorse naturali 500,00 0.09 Diffusione dell’ecologia, degli ambienti marini e caratt. Ambientali

241.788,00 42.53

Educazione ambientale 113.746,00 20.01 Studio e ricerca scientifica - - Promozione dello sviluppo socio-economico ecosostenibile

25.680,00 4.52

Gestione delle risorse proprie e di altri enti per attività di partenariato

20.971,26 3.69

TOTALE 568.538,00 100.00

Tabella 40 – Analisi della spesa corrente 2004 per funzioni – in Euro

Dalla Tabella 40 si evince che le principali spese sono state indirizzate verso la

diffusione delle principali caratteristiche dell’Area Marina Protetta, il

funzionamento ordinario dell’AMP e l’educazione ambientale.

Dall’analisi per interventi (Tabella 41) si nota che la maggior parte delle spese

per l’anno 2004 sono andate a finanziare interventi quali “Prestazioni di

servizio” e “Trasferimenti”, rispettivamente con il 44,3% e il 32,7% della spesa

totale, per un totale di oltre 400.000 €.

SPESA PER INTERVENTI ANNO 2004 Percentuale % Personale 51.833,09 9.1 Acquisto di beni di consumo 46.790,85 8.2 Prestazioni di servizio 186.134,82 32.7 Utilizzo beni di terzi 25.340,07 4.4 Trasferimenti 251.239,17 44.3 Interessi passivi - -

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164

Imposte e tasse 7.200,00 1.3 Oneri straordinari di gestione - -

Tabella 41– Analisi della spesa corrente 2004 per interventi – in Euro

Analizzando la spesa in conto capitale per funzioni, si nota che i finanziamenti

hanno coperto le spese relative a “diffusione dell’ecologia e caratteristiche

dell’AMP” per il 60.99%, e le “spese straordinarie” per il 39,01%, per un totale

di finanziamento pari a € 264.188,11.

SPESA PER FUNZIONI anno 2004

Percen tuale %

Funzionamento ordinario dell’AMP - - Protezione ambientale - - Spese straordinarie 169.010,00 39.01 Valorizzazione risorse naturali Diffusione dell’ecologia, degli ambienti marini e caratt. Ambientali

264.188,11 60.99

Educazione ambientale - - Studio e ricerca scientifica - - Promozione dello sviluppo socio economico ecocompatibili

- -

Gestione delle risorse proprie e di altri enti per attività di partenariato

- -

TOTALE 433.198,11 100.00

Tabella 42 – Analisi della spesa corrente 2004 in conto capitale per funzioni – in Euro

Nel corso del 2004 l’Ente Gestore ha provveduto alla gestione ordinaria della

struttura con tutti i suoi servizi e le sue attività, senza particolari slanci

propositivi a causa del ritardo accumulato per i motivi di cui si è ampiamente

parlato prima. Dunque: Centro Visite, Osservatorio Ambiente e Legalità,

attività di controllo e monitoraggio a mare, queste le principali attività svolte, a

cui si aggiunge l’avvio di un interessante progetto di educazione ambientale

con le scuole elementari e medie della penisola.

Tra i documenti elaborati dall’Ente Gestore per l’anno 2004 leggiamo:

- con V.A.d.S. n. 8 del 13.07.2004, proposta di modifica alla zonizzazione (Area

Li Galli da zona B a zona C; Area da località Mortelle a Punta Germano tutta

zona C, Area Vetara riduzione della superficie della zona A). La proposta di

modifica nasce per l’impossibilità di assicurare un efficiente grado di protezione

ambientale per via della vastità del territorio, e per i problemi arrecati

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165

dall’imposizione di tali vincoli agli operatori del mare. La proposta, presa in

visione dal Ministero, è stata considerata non idonea.

Il 2004 si chiude quindi con una serie di attività per il funzionamento ordinario,

volte a rendere operativa l’Ente, in vista del seguente esercizio finanziario 2005.

Il 31.12.2004 si chiude con un avanzo di competenza di € 78.281,24 e un avanzo

di amministrazione pari a € 759.790,15.

4.3 Analisi dei dati

Programma di Gestione e Valorizzazione

I dati relativi ai programmi di gestione e valorizzazione dal 1998 al 2004 (tabb.

5, 6, 12, 19, 25, 31, 37) sono riportati nella Tabella 43 e nel Grafico 1.

OBIETTIVI 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 Protezione ambientale

- - 264.942,39

17.54 %

82.633,10

8.58 %

-

173.250,00

6.34 %

27.300,00

3.58 % Tutela e valorizzazione delle risorse

- - 32.020,33

2.12 %

78.501,45

8.15 %

47.920,00

4.11 %

759.750,00

27.80 %

-

Diffusione della conoscenza dell’ecologia e delle peculiarità dell’AMP

51.645,69

7.44 %

51.645,69

6.24 %

67.139,40

4.44 %

149.772,50

15.56 %

328.649,00

28.17 %

271.138,00

9.93 %

75.788,00

9.99 %

Educazione ambientale

- 51.645,69

6.24 %

36.151,98

2.39 %

46.481,12

4.82 %

96.324,00

8.25 %

352.050,00

12.89 %

199.847,00

26.33 %

Studio e ricerca scientifica

129.114,22

18.60 %

129.114,22

15.60 %

435.269,87

28.81 %

165.266,21

17.17 %

190.056,00

16.29 %

403.451,00

14.76 %

50.000,00

6.59 %

Promozione di uno sviluppo socio-economico ecocompatibile

-

- 64.557,11

4.27 %

38.734,27

4.03 %

252.857,00

21.67 %

206.839,00

7.57 %

25.680,00

3.38 %

Funzionamento ordinario

141.509,19

20.39 %

279.919,64

33.84 %

523.366,06

34.65 %

148.274,78

15.40 %

198.095,00

16.98 %

294.830,00

10.79 %

380.261,76

50.11 %

Spese straordinarie per il funzionamento dell’AMP

371.848,97

53.57 %

315.038,71

38.08 %

87.281,22

5.78 %

253.063,88

26.29 %

52.891,00

4.53 %

271.100,00

9.92 %

-

TOTALE 694.118,07 827.363,95 1.510.728,36 962.727,31 1.166.772,00 2.732.408,00 758.876,76

Tabella 43 – Programma di gestione e valorizzazione del 1998 al 2004

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166

Da notare che tutti i dati sono stati standardizzati rispetto allo schema che

ritroviamo nella scheda 1 in allegato. Dunque per i PEG che portano voci

differenti a quelle riportate nella scheda 1, si è fatto un lavoro di ricollocazione

degli interventi previsti nelle apposite caselle, rispetto alle azioni e agli obiettivi

di cui fanno parte, in modo da avere dei dati omologati.

Programma di gestione e valorizzazione

0,00

500.000,00

1.000.000,00

1.500.000,00

2.000.000,00

2.500.000,00

3.000.000,00

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004

esercizio finanziario

rich

iest

e d

i fin

anzi

amen

to -

in

Grafico 1 - richieste totali di finanziamento dal 1998 al 2004

É possibile rilevare che:

- nel primo triennio la richiesta di finanziamento è andata crescendo,

raggiungendo un picco di circa € 1.500.000 per l’esercizio finanziario 2000;

- nel secondo triennio, partendo da un valore di circa € 1.000.000 per il 2001,

l’andamento è stato nuovamente crescente fino a raggiungere il picco del 2003

con una richiesta di finanziamento per un importo di € 2.732.408;

- il dato per il 2004 risulta anomalo rispetto agli altri in quanto non deriva dal

Piano di Gestione e Valorizzazione (come si può leggere nel paragrafo

precedente, pag. 139), ma dalla fusione del bilancio di previsione e della

variazione al PEG 2003, misure attuate dall’Ente Gestore per via del ritardo

accumulato nell’elaborazione dei normali documenti contabili.

Già in questo primo grafico è possibile notare la differenza tra le diverse

tipologie di gestione attuate dai tre responsabili di AMP che si sono succeduti

in questi anni: per gli esercizi finanziari dal 1999 al 2002, con il Direttore A.

Simioli, si prevedeva un totale di finanziamento tra € 1.000.000 e 1.500.000; nel

Page 176: LA GESTIONE DELL’AMP PUNTA CAMPANELLA NEL … · Punta Campanella nel contesto del sistema nazionale delle aree naturali protette. Il primo capitolo è dedicato alla descrizione

167

2003 la direzione di A. Esposito prevedeva circa il doppio del finanziamento;

per il 2004, con il direttore A. Miccio, la previsione è scesa di molto.

I motivi sono da ricercare anche nella direttiva emanata dal Ministero e

indirizzata a tutte le Aree Marine Protette, secondo la quale i programmi di

gestione non devono superare il valore di € 450.000, sia per indisponibilità di

cassa da parte del Ministero stesso, sia per gli evidenti problemi di gestione di

risorse da parte degli Enti che a fine esercizio economico risultano presentare

spesso notevoli avanzi di amministrazione.

Nei grafici della pagina seguente (2 – 3 – 4) sono messi in relazione gli

andamenti delle diverse funzioni previste dal programma di gestione e

valorizzazione, rispetto agli esercizi finanziari:

1. protezione ambientale – solamente nel 2000 comincia la programmazione per

la protezione ambientale (in blu), che nel corso degli anni mostra un

andamento decrescente, unito ad una decrescente incidenza sulla

programmazione complessiva delle attività, come si evince dalla tabella 1,

passando dal 17,54% del 2000 al 3,58% del 2004;

2. tutela e valorizzazione delle risorse – anche per questa funzione la

programmazione è cominciata nel 2000, con un picco nel 2003 (pari al

27,80% del PEG – tabella 1) per un particolare progetto sul disinquinamento

delle acque dell’area protetta, che però non è stato finanziato dal Ministero;

Protezione dell'ambiente

€ -€ 100.000,00€ 200.000,00€ 300.000,00€ 400.000,00€ 500.000,00€ 600.000,00€ 700.000,00€ 800.000,00

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004esercizio finanziario

rich

iest

e d

i fi

nan

ziam

ento

- in

protezione ambientale tutela e valorizzazione delle risorsepromozione di uno sviluppo socioeconomico ...

Grafico 2 – andamento nel tempo della richiesta di finanziamento per le funzioni di “protezione dell’ambiente”

Page 177: LA GESTIONE DELL’AMP PUNTA CAMPANELLA NEL … · Punta Campanella nel contesto del sistema nazionale delle aree naturali protette. Il primo capitolo è dedicato alla descrizione

168

3. diffusione della conoscenza dell’ecologia e delle peculiarità dell’AMP – sin

dall’inizio dell’attività in sede di programmazione si sono destinate delle

risorse per tale funzione, con andamento crescente fino al 2002, poi

decrescente; dalla tabella 1 si evince che tranne per il 2002 (con il 28,17%) le

risorse destinate a tale attività divulgativa si sono sempre mantenute tra il 5

e il 10% del PEG.

4. educazione ambientale - l’andamento è stato crescente con un picco nel 2003, in

corrispondenza dell’aumento generale della richiesta di finanziamento per

quell’anno, e mostrando un valore importante anche nel 2004, con una

percentuale del 26,33% del totale caratterizzando così una buona parte

dell’attività programmatica di questo ultimo anno esaminato;

Informazione sull'AMP

0,00

100.000,00

200.000,00

300.000,00

400.000,00

500.000,00

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004

esercizio finanziario

rich

iest

a d

i fin

anzi

amen

to -

in €

educazione ambientale studio e ricerca scientifica diffusione della conoscenza ...

Grafico 3 - andamento nel tempo della richiesta di finanziamento per le funzioni di “informazione sull’AMP”

5. studio e ricerca scientifica – dal grafico si nota un caratteristico andamento

sinusoidale con picchi nel 2000 e nel 2003 in sintonia con l’andamento totale

dei PEG (grafico 1); una particolare diminuzione di destinazione di risorse si

rileva per la programmazione 2004 sia come valore assoluto, sia in

relazione alla richiesta di finanziamento totale, scendendo da una media di

circa 18% al 6,59% (tabella 1);

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169

Amministrazione

0,00

100.000,00

200.000,00

300.000,00

400.000,00

500.000,00

600.000,00

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004

esercizio finanziario

rich

iest

a di

fin

anzi

amen

to -

in €

funzionamento ordinario spese straordinarie per l'AMP

Grafico 4 andamento nel tempo della richiesta di finanziamento per le funzioni di “Amministrazione”

6. promozione di uno sviluppo socio economico eco-compatibile – la programmazione

di questa funzione è cominciata solo nel 2000, con un picco nel 2002 di circa

€ 250.000,00, che corrisponde al 21,67% del totale per quell’anno, per poi

scendere nuovamente al di sotto del 10%;

7. funzionamento ordinario – la spesa programmata per questa funzione è stata

sempre importante, con previsione di spese cospicue per tutti gli anni;

essendo queste spese poco flessibili, in occasione della riduzione del PEG

nel 2004, hanno assorbito il 50% circa dell’intera programmazione per

quell’anno;

8. spese straordinarie per il funzionamento dell’AMP – per tale funzione all’inizio

delle attività (1998 – 1999) si sono programmate spese notevoli per dotare

l’Ente di strutture permanenti. I valori sono poi pian piano diminuiti per

arrivare a zero per la previsione di spesa del 2004. Anche le percentuali

relative al totale del PEG, come è possibile rilevare nella tabella 1, sono

diminuite notevolmente nel corso degli anni.

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170

Entrata

I dati relativi all’entrata per i sette anni di attività analizzati (di cui in tabb. 7, 13,

20, 26, 32, 36) sono riportati nella Tabella 44 e rappresentati nel Grafico 5.

ENTRATA 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004

Tit. I - entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti dello Stato

- 463.261,83

54.89 %

1.005.102,97

75.15 %

820.133,56

95.41 %

118.820,77

78.85 %

669.630,90

58.18 %

610.481,64

89.84 %

Tit. II - entrate extra-tributarie

- - - 1.988,65

0.23 %

13.339,64

8.85 %

23.515,71

2.04 %

36.037,60

5.30 % Tit. III - entrate da trasferimenti per investimento dallo Stato

- 370.816,05

43.94 %

299.028,54

22.36 %

2.582,28

0.30 %

- 433.198,11

37.63 %

-

Tit. V entrate di servizi per conto terzi

- 9.908,74

1.17 %

33.303,20

2.49 %

34.881,51

4.06 %

18.539,83

12.30 %

24.717,04

2.15 %

32.971,07

4.85 %

TOTALE - 843.986,35 1.337.435,20 859.586,00 150.700,24 1.151.061,76 679.490,31

Tabella 44 – Entrate dal 1998 al 2004

Entrate

0,00

200.000,00

400.000,00

600.000,00

800.000,00

1.000.000,00

1.200.000,00

1.400.000,00

1.600.000,00

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004

esercizio finanziario

tota

le e

ntra

ta -

in €

Grafico 5 – entrate totali dal 1998 al 2004

É possibile rilevare che:

- nel primo anno non si registrano entrate;

- le entrate maggiori si registrano negli anni 2000 e 2003, entrambe al di sopra di

€ 1.000.000,00;

- nel 2002 si registra un valore di entrata estremamente basso rispetto agli altri,

questo perché, come si è già detto nel paragrafo precedente, l’Ente Gestore

comincia ad utilizzare gli avanzi di amministrazione degli esercizi finanziari

precedenti per affrontare le spese.

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171

Il Grafico 6 mostra l’andamento delle entrate correnti, entrate per investimenti

ed entrate totali.

Tipi di Entrata

0200000

400000600000800000

10000001200000

14000001600000

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004

esercizio finanziario

valo

re d

elle

ent

rate

- in

entrate per investimenti entrate correnti entrate totali

Grafico 6 – Andamento delle entrate correnti, entrate per investimenti ed entrate totali

È possibile rilevare che:

- Le entrate correnti mostrano un andamento in linea con le entrate totali:

crescenti fino al 2000, decrescenti nei due anni successivi, un nuovo rialzo nel

2003 e un nuovo decremento nel 2004.

- Le entrate per investimenti, quasi ai livelli delle entrate correnti nel 1999, sono

decrescenti nel 2000, in controtendenza rispetto alle altre, ancora decrescenti per

il 2001-2002, e registrano un valore massimo nel 2003 e un abbattimento nel

2004, in linea con l’andamento generale delle entrate.

Inoltre per gli esercizi finanziari 2001, 2002 e 2004 le entrate correnti ed le

entrate totali si sovrappongono, mostrando che nei momenti di diminuzione dei

trasferimenti da parte del Ministero le entrate per investimento vengono

annullate per indirizzare le risorse quasi esclusivamente sulle spese correnti,

che rappresentano i costi fissi di gestione dell’Ente, e vanno ad utilizzare dall’80

al 90% dell’entrata totale.

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172

Spesa

I dati relativi alla spesa per i sette anni di attività analizzati sono riportati nella

Tabella 45 (di cui in tabb. 8, 15, 21, 27, 33, 39) e rappresentati nel Grafico 7.

SPESA

1998

1999

2000

2001

2002

2003

2004

Tit. I spese correnti

- 540.214,21

71.91 %

400.627,53

48.93 %

637.327,42

90.02 %

670.111,93

94.05 %

734.062,95

61.58 %

568.538,00

94.56 % Tit. II spese in conto capitale

- 201.100,88

26.77 %

384.816,72

47.00 %

35.738,82

5.05 %

23.898,49

3.35 %

433.198,11

36.34 %

-

Tit. IV servizio in conto terzi

- 9.908,74

1.32 %

33.303,69

4.07 %

34.881,51

4.93 %

18.539,83

2.60 %

24.717,04

2.08 %

32.671,07

5.44%

TOTALE - 751.223,84 818.747,94 707.947.75 712.550,25 1.191.978,10 601.209,07

Tabella 45 – Spese dal 1998 al 2004

Spesa

0,00

200.000,00

400.000,00

600.000,00

800.000,00

1.000.000,00

1.200.000,00

1.400.000,00

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004

esercizio finanziario

tota

le s

pes

a -

in €

Grafico 7 – Andamento della Spesa totale dal 1998 al 2004

È possibile notare che:

- per il primo anno di attività dell’Ente Gestore (1998) non si registra alcuna

spesa;

- i valori della spesa sono stati orientativamente costanti, attestandosi attorno a

€ 700.000 all’anno;

- il 2003 rappresenta un anno singolare, in cui si registra una spesa quasi

raddoppiata rispetto agli altri anni: è proprio in quel periodo che vengono

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173

avviate una serie di gare pubbliche per appaltare servizi utili all’Ente, quali

pulizia dei fondali, manutenzione delle boe di delimitazione del parco, centro

visite e informazioni, etc.

Dunque nel complesso si registra un andamento costante, con una lenta

diminuzione del valore della spesa affrontata dall’Ente Gestore nel corso degli

anni, tranne l’anomalia del 2003.

Nel grafico 8 sono rappresentati i valori di spesa corrente, spesa in conto

capitale e spesa totale per i sette esercizi finanziari analizzati.

Tipi di Spesa

0,00

200.000,00

400.000,00

600.000,00

800.000,00

1.000.000,00

1.200.000,00

1.400.000,00

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004

esercizio finanziario

valo

re d

ella

sp

esa

- in

spese correnti spese in conto capitale spese totali

Grafico 8 – andamento delle spese correnti, spese per investimenti e spese totali

Per spese correnti e spese in conto capitale si rileva un andamento differente

rispetto a quello della spesa totale (Grafico 8), tranne il valore nullo per il 1998,

anno di avviamento dei lavori:

- la spesa in conto capitale aumenta tra il 1999 e il 2000, diminuisce nettamente

per il 2001 e il 2002, raggiunge un massimo nel 2003, ed è nulla per il 2004;

- la spesa corrente nei sette anni mostra un valore che oscilla tra i 400.000 e i

700.000 €, con un minimo nel 2000, e un massimo nel 2003.

Da notare un andamento particolare delle curve tra l’esercizio finanziario 2000,

anno in cui spesa corrente e spesa in conto capitale si incrociano, e 2001 in cui le

stesse divergono nettamente.

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174

Per ultimo è importante rilevare che:

- per gli esercizi finanziari 2001, 2002 e 2004 le spese correnti rappresentano il

90% e più della spesa totale, mentre le spese in conto capitale sono quasi nulle;

- nel 2003 abbiamo valori elevati di entrambe le voci, in corrispondenza di un

valore notevole della spesa totale.

Avanzo di amministrazione

I dati dell’avanzo di amministrazione registrati dall’’Ente Gestore dell’AMP in

questi sette anni di attività, sono riportati nella Tabella 46, e rappresentati nel

Grafico 9.

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 Avanzo di

amministazione

309.874,14

402.636,94

921.324,20

1.084.748,09

553.833,62

632.323,12

759.790,15

Tabella 46 – Valore dell’avanzo di amministrazione per esercizi finanziari dal 1998 al 2004

Avanzo di amministrazione

0,00

200.000,00

400.000,00

600.000,00

800.000,00

1.000.000,00

1.200.000,00

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004

esercizio finanziario

amm

on

tare

del

l'ava

nzo

- in

avanzo di amministrazione

Grafico 9 – valori dell’avanzo di amministrazione per gli esercizi finanziari dal 1998 al 2004 Dal grafico si nota che l’avanzo ha avuto una crescita costante, tranne nel 2000

durante il quale si è più che raddoppiato, e nel 2001 durante il quale si è

dimezzato.

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175

Confronto tra PEG, Entrata, Spesa e Avanzo di Amministrazione

La Tabella 47 e i grafici 10 e 11 mettono in relazione le richieste di

finanziamento, le entrate e le spese totali rispetto ai sette esercizi finanziari che

intercorrono tra il 1998 e il 2004.

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 PEG 694.118,07 827.363,95 1.510.728,36 962.727,31 1.166.772,00 2.732.408,00 758.876,76

Entrata - 843.986,35 1.337.435,20 859.586,00 150.700,24 1.151.061,76 679.490,31

Spesa - 751.223,84 818.747,94 707.947.75 712.550,25 1.191.978,10 601.209,07

Avanzo di amministra-

zione

309.874,14

402.636,94

921.324,20

1.084.748,09

553.833,62

632.323,12

759.790,15

Tabella 47 – Confronto tra PEG, entrata, spesa ed avanzo di amministrazione dal 1998 al 2004

Analisi della gestione

0,00

500.000,00

1.000.000,00

1.500.000,00

2.000.000,00

2.500.000,00

3.000.000,00

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004

esercizio finanziario

mov

imen

ti -

in €

PEG ENTRATA SPESA avanzo di amministrazione

Grafico 10 – andamento di PEG, entrata, spesa ed avanzo di amministrazione dal 1998 al 2004

Da queste rappresentazioni di dati, riassuntive di altre precedentemente

analizzate, si può notare l’andamento dei quattro parametri principali utilizzati

in questo lavoro, andando a studiare le relazioni che intercorrono tra essi.

È possibile rilevare da subito che rispetto ad un piano di gestione e

valorizzazione (in marrone) con andamento variabile, le entrate (in verde)

risultano in gran parte fedeli alla programmazione, mentre le spese (in rosso)

mantengono un andamento pressoché costante, mostrando un andamento

rapportabile al PEG, ma con scostamenti nettamente più lievi. L’avanzo di

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176

amministrazione (in giallo) mostra un andamento slegato dalle altre tre curve,

in quanto è rapportabile solamente allo scostamento tra entrata e spesa: le

maggiori variazioni nella curva gialla si hanno quando le curve verde e rossa si

allontanano l’una dall’altra.

Dunque dall’analisi della curva del PEG e delle Entrate si nota che ad una

programmazione altalenante da parte dell’Ente, segue un finanziamento

coerente da parte del Ministero, tranne per l’esercizio finanziario 2002, che

mostra un dato in netta controtendenza, e per il 2003, in risalita.

Da notare che per quattro esercizi finanziari su sette (1999 – 2000 – 2001 – 2004) i

valori di PEG ed entrata quasi si sovrappongono, e se non si tiene in

considerazione il 1998 che è l’anno di avvio dei lavori, il rapporto diventa 4 anni

su 6, dunque:

- per due terzi degli esercizi finanziari il Ministero ha dato carta bianca

alla maggior parte delle attività programmate dall’Ente, trasferendo

quasi tutti i contributi richiesti;

- per un terzo degli esercizi finanziari (2002 – 2003) i finanziamenti sono

stati ridotti.

Per quanto riguarda la spesa si può facilmente notare che:

- nella fase iniziale la spesa riflette di molto l’entrata:

nel 1998 non ci sono risorse da spendere, quindi il valore è nullo;

nel 1999, con l’avvio dei lavori, la spesa si avvicina di molto al totale delle

risorse erogate dal Ministero, con uno scarto di circa € 100.000;

- nel 2000 la spesa non segue l’andamento crescente di PEG e ENTRATA (che

riportano valori ben al di sopra di € 1.000.000), attestandosi su un valore tra i

700.000 e gli 800.000 € anche per il 2001, anno in cui PEG ed ENTRATE si

avvicinano di nuovo, e per il 2002, nonostante il crollo dei finanziamenti;

- nel 2003 e nel 2004, in linea con PEG ed ENTRATA, la SPESA dapprima

cresce, poi diminuisce.

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177

Valori della gestione

0,00

500.000,00

1.000.000,00

1.500.000,00

2.000.000,00

2.500.000,00

3.000.000,00

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004

esercizio finanziario

amm

on

tare

dei

val

ori

- in

PEG ENTRATA SPESA AVANZO

Grafico 11 – confronto tra i valori del PEG, entrata, spesa ed Avanzo di amministrazione

Dal grafico 11 si può vedere per gli esercizi finanziari 2002 e 2003 la spesa è

maggiore dell’entrata, e questo è il dato più rilevante che si evince da questo

grafico.

I finanziamenti per i primi anni sono stati nettamente coerenti alle richieste, e a

questi per due anni ha seguito una spesa di poco minore (1999 – 2001), mentre

per il 2000 lo scostamento entrata spesa è stato abbastanza elevato, andando a

creare un consistente avanzo di amministrazione che ha portato alla situazione

del 2002: entrate minime che devono essere integrate dall’ente attingendo

dall’avanzo di amministrazione.

Infatti la discrepanza tra entrata e spesa è colmata proprio dal disavanzo di

competenza pari a € 561.000.

Per il 2003 la situazione si ripete e il dato rilevante per questo anno è la grossa

discrepanza tra PEG e i valori di entrate e spese, probabilmente per via della

richiesta di finanziamento estremamente elevata, consegnata anche in netto

ritardo rispetto ai tempi previsti per legge.

Per il 2004 si registra una diminuzione di tutte e tre le voci del grafico in

conseguenza di un rallentamento nelle attività dovute all’avvicendamento sia

nella direzione gestionale che politica.

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178

Analisi per macrofunzioni

Nell’analisi che segue sono stati presi in considerazione tre settori di attività

dell’AMP Punta Campanella:

1. amministrazione

2. informazione sull’AMP

3. protezione ambientale

Questo tipo di analisi ci permette di capire quali sono stati i campi privilegiati

dall’Ente Gestore dell’AMP sia in sede di programmazione (PEG) che nella fase

di attuazione dei lavori (SPESA) nei sette esercizi finanziari, valutando le

richieste di finanziamento per questi tre settori e le spese totali.

Per fare quest’analisi le funzioni riportate nello schema di PEG e di spesa totale

sono state raggruppate in tre macrofunzioni secondo questo criterio:

MACROFUNZIONI FUNZIONI

1. Amministrazione - Funzionamento ordinario - Spese straordinarie per il funzionamento dell’AMP

2. Informazione sull’AMP

- Diffusione dell’ecologia, degli ambienti marini e caratt. Ambientali - Educazione ambientale - Studio e ricerca scientifica

3. Protezione ambientale

- Protezione ambientale - Tutela e valorizzazione delle risorse - Promozione di uno sviluppo socio-economico ecocompatibile

Tabella 48 – Schema di Funzioni-Macrofunzioni

? Come si legge dalla tabella, nel punto 1 – amministrazione – rientrano i

progetti, e le spese che ritroviamo nelle voci: “funzionamento ordinario” e

“spese straordinarie”. Questa macrofunzione dunque raggruppa tutti quegli

interventi volti a sostenere la macchina amministrativa e burocratica dell’Ente,

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179

incluso spese di fitto, canoni, acquisto di un gommone, spese per il personale,

etc. Importante sottolineare che per questa macrofunzione bisogna aggiungere

nel conto dei valori della spesa la voce “Gestione delle risorse proprie e di altri

enti per attività di partenariato” che figura solo negli ultimi due bilanci

dell’Ente e rientra comunque nelle attività di gestione del Parco.

? Nel punto 2 – informazione sull’AMP – ritroviamo riassunti tutti quei progetti

volti a pubblicizzare le caratteristiche dell’area e le attività svolte dall’AMP.

Interventi come: pubblicazioni divulgative, documentari e reportages,

partecipazione a manifestazioni culturali, educazione ambientale nelle scuole:

tutte attività volte a diffondere la conoscenza delle peculiarità geologiche,

biologiche, ecologiche e naturalistiche del territorio. All’interno di questa

macrofunzione è stata inserita anche la voce “studio e ricerca scientifica” perché

il punto di partenza per la conoscenza delle caratteristiche del territorio sono

stati gli studi, le esplorazioni sottomarine e le ricerche scientifiche.

? Nel punto tre – protezione ambientale – sono raggruppate tutte quelle attività

che hanno come obiettivo la tutela dei fondali, delle acque e delle biocenosi

dell’AMP Punta Campanella. Dunque ritroviamo voci quali protezione

ambientale e tutela e valorizzazione delle risorse, che corrispondono ad

interventi come controllo e monitoraggio delle acque, o istituzione

dell’osservatorio ambiente e legalità, che sono di fatto volti a tutelare le

specificità dell’area. All’interno di questa macrofunzione ritroviamo anche la

funzione “promozione di uno sviluppo economico eco-compatibile”, perché

questo tipo di attività, volto a rendere le attività dell’uomo ecocompatibili, è il

passo principale per avere uno sviluppo sostenibile e proteggere l’ambiente.

Da questo schema è stato possibile avere una valutazione più fine delle richieste

di finanziamento e delle spese effettuate, che sono riportate nei paragrafi

seguenti.

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180

Analisi del PEG per macrofunzioni

I dati delle richieste di finanziamento analizzate per macrofunzioni sono

riportati nella Tabella 49 e sono rappresentati nel grafico 11 e 12.

PEG 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 totale Amministrazione 513.358,16 594.958,35 610.647,28 401.338,66 250.986,00 565.930,00 380.261,76 3.317.480 ,21

Informazione sull’AMP

180.759,91

232.405,60 538.561,25 361.519,83 615.029,00 1.026.639,00 325.635,00 3.280.549,59

Protezione ambientale

- - 361.519,83 199.868,82 300.777,00 1.139.839,00 52.980,00 2.054.984,65

TOTALE 694.118,07 827.363,95 1.510.728 ,36 962.727,31 1.166.772,00 2.732.408,00 758.876,76 8.653.014,45

Tabella 49 – PEG 1998-2004 analizzati secondo lo schema delle macrofunzioni

Dal grafico 11 si nota che in sede di progettazione:

- amministrazione e informazione sono le macrofunzioni per le quali è

prevista la maggior percentuale di spesa: in sette anni si ipotizzano

attività per più di tre milioni di euro per ognuna di esse, che vanno a

comporre insieme il 76% (38% ognuna) delle previsioni di spesa totale.

- il restante 24% della programmazione di spesa è destinato alle attività di

protezione dell’ambiente, per un totale che supera di poco i due milioni

di euro.

Dunque è possibile leggere un’informazione molto interessante: viene dato più

spazio alle attività di gestione e di pubblicizzazione dell’ente rispetto alle

attività volte a proteggere le particolarità naturalistiche per le quali l’area è stata

posta sotto tutela.

Il grafico 12 mostra l’andamento di queste tre macrofunzioni nel tempo, e si

può notare che:

- amministrazione è tra i tre il dato più costante attestandosi in 6 esercizi su

7 tra un valore di € 400.000 ed € 600.000, proprio perché rappresenta i

progetti di spesa per la gestione dell’Ente, ed è quindi intrinsecamente

poco flessibile;

- informazione sull’AMP e protezione ambientale mostrano un andamento

simile, anche se le due curve risultano traslate l’una rispetto all’altra di

un valore di circa 200.000 € tranne per l’esercizio finanziario 2003, anno

in cui la situazione si capovolge.

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181

Analisi del PEG per macrofunzioni

Informazione sull'AMP

€ 3.280.549,59 38%

Protezione e tutela

€ 2.054.984,65 24%

Amministrazione € 3.317.480,21

38%

Grafico 12 – Richiesta di finanziamento totale 1998-2004 analizzata secondo lo schema delle macrofunzioni

È chiaro che nei primi anni di attività le previsioni di spesa risultano essere

preponderanti per le attività di gestione, perché bisogna avviare la struttura,

con tutti gli strumenti necessari a portare avanti un Ente Pubblico, mentre le

altre due macrofunzioni risultano poco o per niente prese in considerazione.

Negli esercizi finanziari 2000 e 2001 le curve si avvicinano, dunque la

programmazione per gli altri settori di attività dell’AMP comincia a prendere

corpo.

Analisi del PEG per macrofunzioni

€ -

€ 200.000,00

€ 400.000,00

€ 600.000,00

€ 800.000,00

€ 1.000.000,00

€ 1.200.000,00

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004

esercizio finanziario

rich

iest

e d

i fin

anzi

amen

to -

in

protezione informazione amministrazione

Grafico 13 – Andamento delle macrofunzioni nel tempo per le richieste di finanziamento dal 1998 al 2004

Page 191: LA GESTIONE DELL’AMP PUNTA CAMPANELLA NEL … · Punta Campanella nel contesto del sistema nazionale delle aree naturali protette. Il primo capitolo è dedicato alla descrizione

182

Negli esercizi 2002 e 2003 si assiste ad una programmazione meno

amministrativa e più legata alle caratteristiche dell’Ente: le previsioni di spesa

per l’amministrazione sono inferiori a informazione e protezione, perchè la

struttura è ormai avviata e si può dar spazio alle attività complementari alla

gestione, come diffusione della conoscenza dell’AMP e protezione delle acque e

dei fondali.

Dato anomalo il 2004 per il quale le previsioni di spesa crollano per via della

difficoltà nella programmazione da parte dell’Ente. A risentirne

particolarmente è il settore della protezione che registra un valore minimo.

Analisi della spesa per macrofunzioni

SPESA 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 totale Amministrazione - 741.315,09 625.239,42 204.360,42 253.577,02 466.334,16 186.824,00 2.477.650,11

Informazione sull’AMP

-

-

160.204,93

155.969,99

221.136,70

325.352,68

355.534,00

1.218.198,30

Protezione ambientale

-

-

-

312.735,82

219.296,70

375.574,22

26.180,00

933.786,74

Tabella 50 – Spese 1998-2004 analizzate secondo lo schema delle macrofunzioni

I dati riportati in tabella sono rappresentati nel Grafico 14 e nel grafico 15.

Dal grafico si nota che:

- l’amministrazione ha assorbito il 54% delle risorse;

- informazione e protezione si attestano sul 26% la prima e 20% la

seconda;

Dunque risulta chiaro che per l’Ente Gestore dell’AMP Punta Campanella oltre

metà delle risorse sono state assorbite dalla struttura amministrativa,

modificando significativamente il prospetto della programmazione che per

l’attività di informazione prevedeva un valore di circa dieci punti percentuali in

più.

Anche per il settore della protezione ambientale si registra una flessione della

spesa rispetto alla programmazione, passando dal 24% al 20%.

Page 192: LA GESTIONE DELL’AMP PUNTA CAMPANELLA NEL … · Punta Campanella nel contesto del sistema nazionale delle aree naturali protette. Il primo capitolo è dedicato alla descrizione

183

Analisi della spesa per macrofunzioni

amministrazione € 2.477.650,11

54%

protezione dell'ambiente€ 933.786,74

20%

informazione €1.218.198,30

26%

Grafico 14 – Spesa totale 1998-2004 analizzata secondo lo schema delle macrofunzioni

Nell’analisi rispetto ai sette esercizi finanziari che intercorrono tra il 1998 e il

2004 è riportata nel grafico 15.

Analisi della spesa per macrofunzioni

0200000400000600000800000

100000012000001400000

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004

esercizio finanziario

valo

re d

ella

sp

esa

- in

amministrazione protezione dell'ambienteinformazione sull'AMP spesa totale

Grafico 15 - Andamento delle macrofunzioni tra il 1998 e il 2004 per la spesa

Si può notare che:

- per il 1998 le spese sono nulle;

- nel 1999 e nel 2000 tutte le risorse o quasi sono destinate alle attività di

gestione;

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- nel 2001 si cominciano a destinare sufficienti risorse per tutti i settori di

azione dell’AMP, che nel 2002 e nel 2003 mostrano il momento più

equilibrato tra i diversi settori di azione, con una tendenza in crescita;

- Nell’ultimo anno il valore della spesa totale si dimezza, e nonostante ciò

l’informazione mantiene il suo trend crescente, in controtendenza con

tutte le altre curve.

Il grafico mostra chiaramente che la fase centrale delle attività dell’AMP è stata

caratterizzata da una omogenea distribuzione delle risorse, e che per 2002 e

2003 l’amministrazione ha rappresentato il settore maggiormente finanziato.

Comunque in questo periodo si è registrata una crescita omogenea delle attività

caratteristiche dell’area rappresentate dalla protezione e tutela dell’ambiente e

dalle attività di informazione.

Nel 2004 la spesa totale registra un minimo, che va a discapito di

amministrazione e soprattutto protezione dell’ambiente con un valore quasi

nullo. Di contro si registra una grossa spesa effettuata nel settore

dell’informazione , in corrispondenza di un corposo progetto di educazione

ambientale con le scuole medie e superiori del territorio.

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CAPITOLO 5 – Considerazioni finali

5.1 Discussioni

Gli aspetti più rilevanti che emergono dall’analisi illustrata sono:

PEG, entrata, spesa e avanzo di amministrazione:

1. i Piani di Gestione e valorizzazione hanno avuto andamenti altalenanti;

2. le richieste di finanziamento sono state nella maggior parte dei casi accolte

dal Ministero (tranne nel momento in cui gli avanzi di amministrazione

hanno raggiunto valori troppo elevati);

3. la spesa ha avuto un andamento costante nel tempo, poco influenzata dagli

altri due parametri, il che ha determinato consistenti avanzi di

amministrazione;

4. gli avanzi di amministrazione, che corrispondono al risultato complessivo

della gestione, hanno avuto sempre andamento crescente ad eccezione

dell’esercizio finanziario 2002, in conseguenza del ridotto finanziamento da

parte del Ministero.

PEG e spesa per macrofunzioni:

5. sia la programmazione che l’attuazione degli interventi mostrano squilibri

tra le tre macrofunzioni:

- nel PEG troviamo amministrazione e informazione al 38% ognuna, e

protezione al 24%;

- nella spesa troviamo amministrazione al 54%, informazione al 26% e

protezione al 20%;

6. non c’è congruenza tra programmazione e attuazione degli interventi: le

macrofunzioni mostrano valori diversi nel passaggio da PEG a spesa, a

vantaggio della sola amministrazione (38% nel PEG, 54% nella spesa), nei

limiti dei finanziamenti vincolati.

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Altri dati rilevanti:

7. nel prospetto che analizza le entrate in funzione degli interventi (di cui tabb.

6, 11, 14.1, 22, 28, 35), si nota sempre una netta discrepanza tra la voce

“prestazioni di servizio” e “personale”, con valori molto elevati per la prima

e molto bassi per la seconda: i trasferimenti per le attività svolte mostrano

valori interessanti, ma contemporaneamente ci sono spese ridotte per il

personale che deve gestirli o coordinarli.

Dai dati si rilevano le notevoli differenze tra le gestioni che si sono succedute

(Simioli, Esposito, Miccio):

1. Nel 1998 non si registrano entrate e spese, ma piuttosto attività di

avviamento dell’Ente, con la creazione del Consorzio di Gestione: non esiste

un direttore, e tutto è delegato al Comune di Massa Lubrense, che possiede

il 50% delle quote del Consorzio.

2. Negli esercizi finanziari che vanno dal 1999 al 2002, la direzione del Dott.

Alberico Simioli ha dato una certa strutturazione all’Ente, con andamenti

coerenti di PEG, entrata e spesa, e con il graduale accumulo dell’avanzo di

amministrazione, parzialmente utilizzato nell’esercizio finanziario 2002.

La progettazione e la spesa, all’inizio interamente proiettate verso la

funzione amministrativa dell’Ente, vanno pian piano a coprire anche gli altri

settori di interesse, ovvero l’informazione sull’esistenza dell’AMP, e sulle

sue attività, e la protezione dell’ambiente marino. Si nota, però, una bassa

incidenza della macrofunzione “protezione dell’ambiente” sul totale.

In quegli anni viene strutturata la sede, e viene reclutato il personale per lo

più “comandato” dai Comuni del Consorzio, con competenze nell’ambito

delle attività tecnico-manutentivo e contabili. Per quanto riguarda il settore

scientifico si fa riferimento a consulenze esterne, per le attività di

monitoraggio e censimento delle biocenosi marine, in virtù della preziosa

collaborazione delle Università di Napoli.

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Inoltre vengono ideate una serie di strutture associate all’Ente: nascono il

centro visite e informazioni dell’Ente, e l’osservatorio per l’ambiente e la

legalità, e vengono poste le basi per un centro polifunzionale per l’AMP

(progetto “Sala delle Sirene”) che dovrebbe assolvere al ruolo di museo,

centro di educazione ambientale, e centro di ricerca e documentazione.

3. Nel 2003 con la nomina del nuovo responsabile dell’AMP, l’Avv. Andreina

Esposito, si avvia una nuova fase di progettazione che fa registrare

variazioni sia nella richiesta di finanziamento, sia nei trasferimenti, che nella

spesa. Nulla cambia, invece, per quanto riguarda l’avanzo di

amministrazione.

Aumenta la spesa per le tre macrofunzioni, ma sempre con una prevalenza

del settore amministrazione rispetto alle altre, anche se, almeno in sede di

progettazione, la voce “protezione dell’ambiente” risulta essere la

macrofunzione per cui si prevede la maggiore spesa, seguita da

“informazione sull’AMP”.

Si rafforzano i settori dell’AMP (attivati dalla ex-direzione Simioli):

- si procede all’assunzione di un istruttore contabile (anche se per breve

tempo) ed il direttore assume anche il ruolo di direttore amministrativo;

- viene meglio definito il settore tecnico-manutentivo, contando sul

personale ex-SEP;

- si terminano alcuni progetti di studio e ricerca scientifica e se ne attivano

degli altri, sempre in collaborazione con istituti di ricerca esterni.

Ancora un nulla di fatto registrano i progetti di educazione ambientale: la

“Sala delle Sirene”, e il “CEA PuntaCampanella” rimangono sulla carta.

4. Nel 2004 il nuovo cambio di direzione tecnica, con il Dott. Antonino Miccio,

accompagnato dal cambio di direzione politica (cambio del Presidente del

Consiglio di Amministrazione), mette in crisi la fase progettuale dell’Ente

che si ritrova ad affrontare l’esercizio finanziario con una modesta entrata.

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Si rileva un dato interessante per la macrofunzione “informazione

sull’AMP”, con l’attivazione di progetti di educazione ambientale per le

scuole del territorio, ma si registra un decremento notevole delle spese per

l’amministrazione, e ancora di più per la protezione dell’ambiente.

Il 2004 è l’anno che registra le maggiori difficoltà dovute all’avvicendarsi di

responsabili tecnici e politici: diminuiscono le unità di personale ex-SEP, e

non si registrano cambiamenti per il settore contabile, che conta ancora sul

personale in comandata dal Comune con contratti part-time. Le attività di

ricerca scientifica proseguono con buoni risultati.

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5.2 Conclusioni

Dallo studio risulta evidente che:

? Esiste una differenza quantitativa e qualitativa tra il Programma di

Gestione e Valorizzazione e la Spesa dell’Ente, che genera squilibri tra i

diversi campi di azione del parco, a favore del settore amministrativo.

La programmazione non rispecchia in pieno l’insieme degli interventi attuati, e

questa differenza genera, di anno in anno, l’accumulo di un notevole avanzo di

amministrazione, che è segno di una difficoltà di gestione dei fondi trasferiti dal

Ministero.

Inoltre la differenza tra PEG e Spesa nella ripartizione di fondi tra i diversi

campi di azione dell’Ente conferma questa tendenza, ed evidenzia il peso

significativo che assume il settore dell’amministrazione (54% della spesa totale)

rispetto alle attività di informazione e sensibilizzazione (26%), e ai programmi

di protezione dell’ambiente marino (20%).

? Tale differenza deriva dalla mancanza di un piano pluriennale per le

attività dell’AMP, dovuto ai problemi di avvicendamento nella direzione

tecnica e politica, e di carenza di personale.

L’avvicendamento dei responsabili tecnici e politici dell’AMP crea una serie di

problemi nelle quotidiane attività di indirizzo e di gestione, soprattutto nel

passaggio da progettazione ad attuazione degli interventi: i direttori si

ritrovano a dover portare a termine progetti elaborati negli anni precedenti, con

il problema di ricostruire tutta quella serie di rapporti che ha portato

all’ideazione del progetto stesso.

Per quanto riguarda il personale: il modello gestionale per le Aree Marine

Protette non prevede assunzioni, e il personale “comandato” dai Comuni

beneficia di ordini di servizio firmati di volta in volta per brevi periodi.

Page 199: LA GESTIONE DELL’AMP PUNTA CAMPANELLA NEL … · Punta Campanella nel contesto del sistema nazionale delle aree naturali protette. Il primo capitolo è dedicato alla descrizione

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Anche il personale delle strutture associate all’Ente, come il Centro Visite, è

nominato con contratti a breve termine, a seguito di bandi di concorso di solito

della durata di un anno.

? Tutto ciò crea problemi nella gestione ordinaria dell’Ente, nei rapporti

con le altre istituzioni e con la comunità locale.

Varie volte si è sottolineata l’esigenza che ha una struttura di protezione

dell’ambiente di intrecciare una fitta rete di relazioni con le altre organizzazioni

del territorio, con le quali lavorare in simbiosi per coniugare la tutela con lo

sviluppo socio-economico ecocompatibile.

Con il cambio della Direzione mutano le politiche messe in atto dall’Ente,

vengono applicati differenti gradi di protezione alle diverse aree del parco, si

perde parte del lavoro fatto.

La precarietà cui si assiste è fonte di incertezza nel rapporto con l’esterno,

soprattutto con la comunità locale.

? Ne consegue una difficoltosa attuazione della finalità istitutiva del

parco che è prioritariamente quella della protezione dell’ambiente

marino.

Il territorio dell’AMP Punta Campanella risente di una serie di emergenze

ambientali di grossa portata, e gran parte di ciò che provoca degrado è

costituito, purtroppo, da palesi violazioni alle leggi vigenti, non bisogna

dimenticare che l’AMP è nata per la volontà di preservare uno dei tratti di costa

più interessanti della Penisola Italiana, e se viene meno questa finalità, l’Ente

stesso non ha ragione di esistere.

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? L’AMP Punta Campanella, terminato il percorso di avviamento, deve

ora dare una svolta alle politiche messe in atto, per creare una struttura

consolidata ed un punto di riferimento per il territorio.

In questi sette anni di attività sono notevoli i risultati raggiunti che fanno di

Punta Campanella una delle AMP all’avanguardia: sede, mezzi nautici e

terrestri, boe di delimitazione e cartellonistica stradale, attività di protezione

dell’ambiente, controllo e monitoraggio delle zone poste sotto tutela, denuncia

di illeciti, educazione ambientale e programmi di sviluppo ecocompatibili,

buoni rapporti con il territorio e con le altre istituzioni, continue attività di

informazione, sensibilizzazione e pubblicizzazione dei servizi offerti dal parco.

La fase iniziale di strutturazione dell’Ente pare conclusa, bisogna ora

concentrare gli sforzi finanziari ed organizzativi in primo luogo all’ideazione ed

alla realizzazione di un programma pluriennale di protezione dell’ambiente e

di conservazione delle risorse naturali dell’AMP.

Bisogna inoltre intensificare la sistematica attività di comunicazione con

l’esterno, con lo scopo di promuovere presso l’opinione pubblica l’azione di

tutela progettata, orientando l’attenzione in modo più deciso e maturo anche

verso la conoscenza del patrimonio naturale, l’educazione ambientale e la

promozione di una fruizione compatibile.

? Per fare ciò risulta necessario mettere in atto una serie di servizi per

l’autofinanziamento dell’Ente, e di progetti per reperire risorse

finanziarie anche da altri settori della pubblica amministrazione, da

destinare all’aumento del numero e della qualità delle professionalità a

disposizione.

La costituzione di un organigramma stabile è uno dei passi fondamentali per

migliorare l’organizzazione e la gestione dell’Ente, per dar vita a progetti più a

lungo termine, e dare continuità agli interventi messi in atto.

L’autofinanziamento delle AMP, questione all’ordine del giorno in ogni

meeting organizzato dal Ministero dell’Ambiente, potrebbe dare una spinta

Page 201: LA GESTIONE DELL’AMP PUNTA CAMPANELLA NEL … · Punta Campanella nel contesto del sistema nazionale delle aree naturali protette. Il primo capitolo è dedicato alla descrizione

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propulsiva all’Ente verso un percorso di strutturazione di un organigramma

stabile e specializzato, in grado di affrontare le variegate problematiche di

gestione ordinaria e straordinaria di un’Area Marina Protetta.

? Risulta necessario, inoltre, che l’Area Marina Protetta sia sempre più

attiva nel tessere relazioni sociali ed istituzionali, con progetti innovativi,

nuove e più virtuose partecipazioni di cittadini, e concrete collaborazioni

con il sistema nazionale delle aree protette.

Le aree protette vanno più che mai intese e gestite come grandi laboratori

viventi della sostenibilità ambientale, come progetti politici, culturali e sociali

basati sullo sviluppo sostenibile: progetti “speciali” che devono tendere ad

espandersi anche al di fu ori dei propri confini, per contaminare positivamente

le altre forme di gestione del territorio.

A questo scopo servono aree protette “aperte” ed “espansive”, tutt’altro che

chiuse in logiche autoreferenziali e difensive.

I parchi migliori, quelli che funzionano e sanno conseguire risultati molto

significativi nella protezione della natura, sono sempre più integrati in una rete

di connessioni ecologiche, economiche, sociali e culturali proiettate ben oltre i

loro confini.

La crescita di un parco, intesa come capacità di perseguire nel tempo la propria

missione, è inevitabilmente legata alla crescita del consenso di chi vi abita e non

può prescindere dalla costante ricerca di un sempre maggiore coinvolgimento

di tutte le forze in qualche modo interessate alla sua gestione.

Page 202: LA GESTIONE DELL’AMP PUNTA CAMPANELLA NEL … · Punta Campanella nel contesto del sistema nazionale delle aree naturali protette. Il primo capitolo è dedicato alla descrizione

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195

Documenti consultati

Studio geomorfologico nell’Area Marina Protetta “Punta Campanella” tramite

rappresentazione georeferenziata di alta risoluzione della batimetria del

fondo, Geomare Sud, Gennaio 2001

VII Congresso nazionale Legambiente – Documento sulle aree marine protette –

Roma, 28 – 30 novembre 2003

Leggi consultate

- Legge 29 giugno 1939, n. 1497 Protezione delle bellezze naturali.

- Legge n. 963 del 1965 ed il DPR n. 1639 del 1968 (che ne costituisce il

regolamento di attuazione).

- Decreto Presidente Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 - Delega delle funzioni

amministrative delle aree protette alle Regioni.

- Legge 31 dicembre 1982, n. 979 - Legge sulle Aree Marine Protette.

- Legge 8 luglio 1986, n. 349 - Legge istitutiva del Ministero dell’Ambiente.

- Legge 6 dicembre 1991, n. 394 - Legge quadro sulle Aree Protette.

- Decreto Legislativo 28 agosto 1997, n. 281 - Definizione ed ampliamento delle

attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e

le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i

compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la

Conferenza Stato - citta' ed autonomie locali.

- Legge 8 ottobre 1997, n. 344 - Disposizioni per lo sviluppo e la qualificazione

degli interventi e dell'occupazione in campo ambientale.

- Decreto Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio 12.12.1997 –

Istituzione dell’Area Marina Protetta Punta Campanella.

Page 205: LA GESTIONE DELL’AMP PUNTA CAMPANELLA NEL … · Punta Campanella nel contesto del sistema nazionale delle aree naturali protette. Il primo capitolo è dedicato alla descrizione

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- Legge 9 dicembre 1998, n. 426 - Nuovi interventi in campo ambientale.

- Decreto Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio 13.03.2000 –

Modifica del DM 12.12.1997, disciplina delle attività nell’AMP Punta

Campanella.

- Legge 23 dicembre 2000, n. 388 – Legge Finanziaria 2001.

- Legge 23 marzo 2001, n. 93 – Disposizioni in campo ambientale.

- Legge 31 luglio 2002, n. 179 – Disposizioni in materia ambientale.

Principali siti web consultati

www.puntacampanella.org

www.minambiente.it

www.parks.it

www.legambiente.it

www.ucina.it

www.terraemare.it

www.icram.org

www.regionecampania.it

www.parchi.it

Page 206: LA GESTIONE DELL’AMP PUNTA CAMPANELLA NEL … · Punta Campanella nel contesto del sistema nazionale delle aree naturali protette. Il primo capitolo è dedicato alla descrizione

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Ringraziamenti

I miei ringraziamenti vanno prioritariamente a tutti gli operatori dell’Area

Marina Protetta Punta Campanella che mi hanno dato la possibilità di portare a

termine questo studio, mettendo a disposizione in ogni momento le proprie

competenze. In particolare ringrazio i tre direttori dell’AMP, Alberico Simioli,

Andreina Esposito e Antonino Miccio, che mi hanno dato la possibilità di

frequentare l’Ente per la ricerca dei dati necessari all’elaborazione della tesi. Un

ringraziamento particolare lo rivolgo a Nicola Guida per il grande sostegno, a

Calogero Volpe per le intense discussioni, al Dott. Antonio Tramontano per i

preziosi consigli, e a tutti i ragazzi del Centro Visite e dell’Osservatorio

dell’AMP per il cordiale supporto.

Ringrazio inoltre il Prof. Giovanni Russo, che mi ha dato l’opportunità di vivere

l’esperienza di tirocinio presso l’AMP, punto di partenza per l’elaborazione di

questa ricerca-analisi, l’Avv. Andreina Esposito, tutor durante il tirocinio, e la

Dott. Floriana Di Stefano, che con grande professionalità mi ha seguito nella

parte finale della tesi.

Ringrazio i miei genitori per avermi dato l’opportunità di frequentare questo

stupendo corso di laurea, con cui ho condiviso, insieme anche a tutti i miei

grandi amici, intensi momenti di studio, di attività e di riflessione, persone che,

con la loro passione e determinazione, mi hanno aiutato a portare a termine

questo lungo percorso di studi: è proprio la gente che dedica il tempo, la testa, il

cuore e le mani alle cose che ti permette di crescere.

Infine ringrazio i ragazzi di RadioLina, che hanno animato le mie nottate di

studio, insieme a chiunque ha prodotto e produce musica nel mondo.

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ALLEGATI