LA GENESI DEL DUOMO DI PISA - Biblioteca delle Arti...fondazione del duomo, noverando fra i suoi...

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FIG. I - PISA, DUOMO: L'ESTERNO LA GENESI DEL DUOMO DI PISA L ARCHITETTURA così detta pisano- lucchese, che ebbe durante circa tre secoli incontrastato dominio per tanta parte della Toscana, in Sardegna ed in Corsica, si pro- pose - è noto - scopi decorativi svolti all'e- sterno delle chiese, mentre si limitò per la struttura architettonica, salvo qualche eccezione, a seguire le prospettive longitudinali delle basi- liche paleocristiane con tre navate e colonne, fossero esse o meno innestate ad un transetto. Troppo vicina è Roma coi suoi grandiosi edi- fici religiosi, ripetuti durante l'Alto Medioevo, perchè possa, proprio in tempo romanico, scom- parire il fascino della civiltà di quel centro arti- stico; sebbene nelle proporzioni, nella illumina- zione e anche nei modi ornamentali degli interni i romanici si allontanino da certe fonti auguste. Le quali, del resto, si irradiavano dovunque nell' Italia peninsulare che amò - dall'XI al XIII secolo - soprattutto temi ornamentali, proprio come avvenne a Pisa e a Lucca, ma con varietà regionali e persino locali di grande ricchezza. L'interesse ai problemi costruttivi è infatti prevalente nella Valle Padana, fino da quando vi sorsero il San Lorenzo di Milano e il San Vitale di Ravenna; onde le maestranze furono stimolate a meditare sulla elevazione di inge- gnose fabbriche a pianta centrale e soprattutto della basilica lombarda a volte. Inoltre la decorazione con la ricerca di effetti pittorici, è sentita come il maggior problema estetico e in Toscana e nel Mezzogiorno (mentre nel Settentrione tende ad accentuazioni plastiche), per i facili contatti col mondo bizantino e musul- mano, specie con questo, le cui qualità creative si limitano, o quasi, appunto alla decorazione. I49 ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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FIG. I - PISA, DUOMO: L'ESTERNO

LA GENESI DEL DUOMO DI PISA

L ARCHITETTURA così detta pisano­lucchese, che ebbe durante circa tre secoli

incontrastato dominio per tanta parte della Toscana, in Sardegna ed in Corsica, si pro­pose - è noto - scopi decorativi svolti all'e­sterno delle chiese, mentre si limitò per la struttura architettonica, salvo qualche eccezione, a seguire le prospettive longitudinali delle basi­liche paleocristiane con tre navate e colonne, fossero esse o meno innestate ad un transetto.

Troppo vicina è Roma coi suoi grandiosi edi­fici religiosi, ripetuti durante l'Alto Medioevo, perchè possa, proprio in tempo romanico, scom­parire il fascino della civiltà di quel centro arti­stico; sebbene nelle proporzioni, nella illumina­zione e anche nei modi ornamentali degli interni i romanici si allontanino da certe fonti auguste. Le quali, del resto, si irradiavano dovunque

nell' Italia peninsulare che amò - dall'XI al XIII secolo - soprattutto temi ornamentali, proprio come avvenne a Pisa e a Lucca, ma con varietà regionali e persino locali di grande ricchezza.

L'interesse ai problemi costruttivi è infatti prevalente nella Valle Padana, fino da quando vi sorsero il San Lorenzo di Milano e il San Vitale di Ravenna; onde le maestranze furono stimolate a meditare sulla elevazione di inge­gnose fabbriche a pianta centrale e soprattutto della basilica lombarda a volte.

Inoltre la decorazione con la ricerca di effetti pittorici, è sentita come il maggior problema estetico e in Toscana e nel Mezzogiorno (mentre nel Settentrione tende ad accentuazioni plastiche), per i facili contatti col mondo bizantino e musul­mano, specie con questo, le cui qualità creative si limitano, o quasi, appunto alla decorazione.

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Il duomo di Pisa (fig. I) afferma nel suo esterno un ritmico stile ornamentale ad arcate cieche e lesene dovute al suo architetto Buscheto,

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apparve ad alcuni, dovesse ritenersi del secolo XIII avanzato, essa sarebbe una espressione ritardataria del più elaborato stile pisano-Iucchesei se, come

modificato poi dai mo­tivi sopraggiunti: archi su colonne anzichè su lesene e logge lombar­de nell' abside maggiore e nella facciata, opera questa di Rainaldo.

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è sembrato a me di aver dimostrato, 3) fu ideata intorno al I I 50-60 e fu compiuta non oltre il XII secolo, essa sareb­be (ed io ne sono con­vinto) il monumento creatore sul quale si foggiarono gli esterni del battistero e della torre pendente nonchè le facciate di altre fab­briche pisano-Iucchesi come San Martino e San Michele di Lucca, San Paolo a Ripa d'Ar­no di Pisa, persino la pieve di Arezzo. 4)

Da anni io insisto sul concetto che anche nel Medioevo le singole personalità, quando fu­rono veramente dotate, ebbero forza di imporsi sino al punto da sinte-tizzare esperienze ante-riori e da creare una loro scuola e un ambiente di vasta risonanza stilisti-ca. Così lo stile orna-mentale creato nel duo­mo da Buscheto passò ad altre chiese minori

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credo che si incardini dunque tutto il più ele­vato movimento stili-

(San Pietro in Vincoli di Pisa è di data certa) ed

stico dell' architettura FIG. 2 - PISA, DUOMO: PIANTA (dal Salmi) decorativa pisano-luc­

chese. 5) Ma un edificio se rivela, come ogni altra vera opera d'arte, l'impronta della personalità o delle personalità che hanno contribuito a crearlo

ebbe larghissimo seguito nel Pisano, in Lucchesia, nelle isole ricordate, fino in Capitanata, a partire dalla seconda metà del secolo XI, a partire cioè dalla costruzione del duomo stesso fondato - è superfluo ricor­darlo - nel I063. I)

La facciata di Rai­naldo si unisce ad un prolungamento del braccio longitudinale, accertato dal mutare dei particolari decorativi lungo i lati e confermato da scavi attestanti le fon-

. dazioni di un prospetto precedente, proprio al­l'inizio dell'aggiunta. 2)

Ma quale datazione po­tremo dare a questa aggiunta? Se, come FIG. 3 - CAGLIARI, SAN SATURNINO: PIANTA (dallo Scano)

- in questo caso Bu­scheto e Rainaldo -quando sorge con len­tezza come avvenne per la nostra fabbrica, per la quale occorse circa un secolo e mezzo dalla fondazione al compi­mento, resta legato al graduale modificarsi del gusto; così che il con­cetto iniziale viene ad essere in certo qual mo­do alterato nel momen­to in cui si pone in opera l'ultima pietra. E ciò, per il duomo, anche a prescindere dai gattoni

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rampanti della facciata e dalla loggia della cu­pola, ormai gotici.

Sotto un tale aspetto la cattedrale pisana ci permette una nuova indagine sulla quale in­tendo fermare l'atten­zione degli studiosi. 6)

Il duomo è una grande fabbrica a croce latina di cinque navate nel braccio longitudinale, di tre nel braccio tra­sversale (fig. 2); così che anche in pianta offre scarsa organicità rispetto ad altre chiese ugualmente a croce immissa, come la cat-tedrale di Piacenza, coi due bracci di una uguale larghezza, cioè di un perfetto equili­brio. Questo difetto non sfuggì a Dehio e Bezold 7) i quali imma­ginarono una prima cattedrale che avesse tre sole navate longi­tudinali e meglio così si adeguasse al tran­setto. Ma una tale so­luzione è contraria al­l'ordine logico; chè, in tal caso, esisterebbe un rapporto di eguaglian-za, almeno fra la lar-ghezza della nave di mezzo del braccio lon­gi tudinale e quella del

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FIG. 4- CONFRONTI TRA IL DUOMO DI PISA E VARI EDIFICI ORIENTALI (dal Miinchner Jahrbuch) I) Efeso, San Giovanni; 2) Pisa, Duomo; 3) Conia, chiesa di S, Anfiloquio; 4) Tomarza, chiesa; 5) Binbir­kilissé, chiesa n. 8; 6) Salona, chiesa; 7) Djerash, chiesa; 8) Sichem, chiesa; 9) Kal'at Sem'an, chlesa.

braccio trasversale per dar luogo ad una cupola iscritta in un cerchio, dovesse essa avere allo esterno andamento ottagono ovvero circolare. Ricordo il caso di San Saturnino a Cagliari (fig. 3), sebbene a croce greca. 8)

del transetto, rispetto a quella del braccio longi­tudinale, accentua la scarsa organicità che fu notata in pianta.

Uno studioso svizzero, il Guyer,9) ha ripreso qualche anno fa !'ipotesi di un edificio notevol­mente più piccolo ma che avesse avuto come originaria la forma a croce pronunziata, per

Invece nel duomo la cupola elittica risulta un' aggiunta più tarda, e la minore elevazione

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croce greca; nel duomo quella della basilica latina, tema es­senzialissimo sempre per l'arte italiana.

Non è dunque identico il pensiero architettonico fonda­mentale come vuole il Guyer che sostiene per entrambi i casi l'esistenza di Il edifici ba­silicali ordinati a forma di croce n' lO) Per Pisa è invece solo ammissibile la sovrapposi­zione ad una struttura basilicale a cinque navi del concetto della croce .

FIG. 5 - RIPOLL, ABBAZIA: PIANTA (dal Puig y Cadafalch)

FIG. 6 - KOJA KALESSI: BASILICA PIANTA

Data la scarsa organicità della pianta e della elevazione, si può sospettare pertanto che ad un

imitazione dei martyria del l' Asia Minore (fig. 4). Buscheto avrebbe potuto ricordare ad esempio la chiesa siriaca di Kal'at Sem'an, distante appena due giorni dalla costa, e le differenze essenzia­lissime fra le due fabbriche sarebbero spiegabili con la loro diversa destinazione. A Kal'at Sem'an partono dal poligono centrale, che accoglie la colonna di S. Simone Stilita, quattro bracci a tre navi; a Pisa si ha - dice il Guyer - un semplice incrocio dei due bracci e l'accentua­zione principale cade sul finale delle tre absidi anzichè sul centro dell' edificio.

Ma, anche a prescindere dalla organicità nei quattro bracci pressochè uguali nella chiesa di Kal' at Sem' an, qui è attuata la struttura della

transetto molto sporgente si sia pensato in un secondo tempo, quando gl' in­flussi orientali avrebbero potuto esercitare vera­mente una azione, come vedremo. Perchè nel I063, quando fu fondato il duomo, i rapporti con 1'Oriente non erano così profondi da auto­rizzarci a supporre l'influsso di un martyrium. Pisa aveva, sino ad allora, lottato per 1'equi­librio sul Mediterraneo contro i mori; le iscri­zioni che ne commemorano, proprio sulla fac­ciata del duomo, con uno stile lapidario che sa di epopea, le sue vittorie, ricordano l'im­presa di Reggio del Io05, quella del IOI5, l'occupazione di Bona nel I033 e la gesta di Palermo del I063, da cui si trasse il ricco bottino che permise l'inizio della cattedrale. Sappiamo

che nella prima metà del seco­lo XI la repubblica marinara com­batteva i nemici prossimi e che solo avanzava sulla costa dell' Afri­ca, dove tornerà ancora, dopo la fondazione del duomo, noverando fra i suoi successi la presa di El Mehdia (I087).

FIG. 7 - PISA, DUOMO: SEZIONE LONGITUDINALE (dal Rohault de Fleury)

Non è da negare che il fine di Pisa fosse, come quello di altre repub­bliche, di attivare traffici con l'O­riente e che forse rapporti di questo genere, già arditamente iniziati, pre­parassero certe spedizioni navali,

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FIG. 8 - PISA, DUOMO: LA CUPOLA

anzi che, anche prima di queste, prima che intervenissero relazioni ufficiali e trattati, nella città penetrasse un certo gusto orientalizzante; ma escludo che questo gusto fosse ad uno stato di maturità tale da influire sulla disposizione planimetrica del duomo. È noto che i pisani parteciparono nel 1099 alla prima Crociata ma giunsero, sembra, con ritardo alla presa di Geru­salemme e il grosso della loro flotta, guidata dall'arcivescovo Daiberto, servì per l'assedio di Laodicea, per il blocco di Giaffa e forse di Cesarea. Solo nel XII secolo si ha notizia di una fiorente colonia di Pisa a Tiro, ad Ascalona e nel principato di Antiochia. Non anteriori a quel secolo sono i rapporti col sultano di Egitto e del I I I I è un diploma dell' imperatore

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d'Oriente che fissa la posizione dei mercanti pisani a Bisanzio, dove essi abitano un quar­tiere della città. II) È vero - come ricorda il Guyer - che Donizone, il biografo della con­tessa Matilde, lamenta che la spoglia di Bea­trice (morta a Pisa nel 1076 e composta sul fianco del duomo entro il marmoreo sarcofago di Fedra che Nicola Pisano studiò), riposi in una città che formicola di pagani Il turchi, africani, persiani e caldei". l'I) Però va osser­vato che egli scrive negli ultimi anni di vita della Il gran contessa" e non può non rife­rirsi ai primi del secolo XII, quando la città va prendendo un suo vario carattere inter­nazionale e la ricchezza del colore orientale si diffonde anche nell' edilizia cittadina, nelle

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FIG. 9 - PISA, DUOMO: PARTICOLARE DEL LATO MERIDIONALE

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facciate cioè delle sue case di laterizio e di verrucano.

Pisa così, dopo aver lottato con le altre re­pubbliche italiane per l'equilibrio sul Medi­terraneo, è riuscita cir­ca mezzo secolo dopo la fondazione del duomo, ad ottenere la sicurezza sul mare ai suoi pacifici traffici in . Oriente. Anche sono del secolo XII i dona­tivi degli imperatori bizantini alla chiesa di Santa Maria e il pelle­grinaggio in T errasanta del pio Ranieri (tI I6I), aggregatosi ad alcuni suoi concittadini che veleggiavano per l'O­riente, come ci narrano le vicende del Santo protettore di Pisa, illustrate da Andrea da Firenze nel Cam-posanto.

Insomma io penso che il crearsi di nuovi rapporti commerciali, politici e culturali dia luogo ad un più pro­

FIG. IO - PISA, DUOMO: FACCIATA

fondo mutamento del gusto che deve avere esercitato i suoi effetti anche sul duomo tra la fine dell' XI e gl' inizi del XII secolo, gene­rando il modificarsi della pianta e della elevazione dell' edificio.

Come era stata dunque ideata la chiesa nel 1063'? Per la ricordata persistenza delle tradizioni

latine la fabbrica avrebbe dovuto avere un braccio longitudinale a cinque campate con un transetto a croce commissa e poco sporgente, sull' esempio delle basiliche paleocristiane di Roma, come la Vaticana e 1'0stiense alle quali richiamano - le proporzioni maestose dei colonnati. Non diver­samente, salvo l'amplificazione rappresentata da

una serie di cappelle absidate nella nave tra­sversa e l'impiego di pilastri, si ideava negli inizi del secolo XI l'abbazia di RipolI in Cata­logna (fig. 5), consacrata il I032. 13) Inoltre il duomo di San Martino a Lucca, ampliato dal 1060 in poi per iniziativa del vescovo Anselmo da Baggio - il futuro Alessandro II - che dieci anni dopo lo consacrava ammantato delle inse­gne papali, sembra che avesse cinque navate 14)

e anche un transetto; elemento questo ripetuto nella ricostruzione gotica, così arcaizzante nella sua tribuna. D'altronde la persistenza di questo tipo di pianta a croce commissa col braccio tra­sverso lievemente allungato si conserva a Lucca

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FIG. I I - CAIRO, MOSCHEA DI KALAUN: MIHRAB

in San Michele e in Santa Maria Forisportam; a Pisa in San Paolo a Ripa d'Arno e in altre chiese minori.

Del procedere dei lavori della cattedrale di Pisa anche le fonti dicono qualcosa. Ranieri Sardo, ad esempio, dopo avere avvertito che la catte­drale ebbe principio col tesoro preso a Palermo nel ro60 (sic), aggiunge che nel ro89 - solo nel l089 dunque - Il Pisa incominciò a edificare ad onore della Vergine Maria, lo Duomo in quella parte che in prima si v' era una chieza che si chiamava Santa Riperata n' 15)

E Bernardo Marangone ricorda che nel ro88, cioè dopo l'impresa di Mehedia e di Zawilah in Africa, celebrata nel famoso carme del l087, fu costruita la chiesa di San Sisto e furono ampliati i tesori della cattedrale. 16)

Accordate queste notizie con le testimonianze di donativi sul finire del secolo XI a favore del­l'Opera di Santa Maria, e con il fatto che per questa nel l095 si estraevano pietre (cioè graniti) all' isola d'Elba, non sarà difficile ammettere che dopo la fortunata spedizione in Afr:ca i lavori

avessero un nuovo impulso fino ad estendersi alla parte occupata dal vecchio duomo di Santa Reparata, così da permettere nel I I l8 la consa­crazione del tempio fatta da Gelasio II. 17) Dopo l'impresa d'Africa e la spedizione in Terrasanta l'icnografia dell'edificio dovette esser mutata e ampliata, secondo un più complesso disegno (fig. 2) consentito dai nuovi ingenti mezzi, per opera di Buscheto che è ricordato in documenti pisani dal Il04 al I IlO. 18)

Ma la chiesa di Santa Reparata dove sorgeva? Se avvenne per il duomo di Pisa quanto accadde a Firenze per Santa Maria del Fiore, 19) avrebbe dovuto svolgersi in asse col braccio longitudi­naIe e il tempio del l063, come la cattedrale di Arnolfo, sarebbe cominciata dalla fronte (s'intende quella poi distrutta per dar luogo al prolungamento dell'edificio con la facciata di Rainaldo) e proseguita verso l'abside. Comunque se si venne a demolire la Santa Reparata, è ovvio che verso oriente il nuovo edificio si sviluppò maggiormente; il che importò anche la necessità di includere nella superficie occupata dal nuovo tempio quella della prima chiesa e, per amor di proporzione, a prolungare di altre tre campate il braccio longitudinale.

L'attuazione del progetto fu lenta: dopo la consacrazione si continuò a lavorare 20) e vi fu certo una pausa di qualche decennio prima del­l'ultima ripresa, dato 1'aperto divario di stile nella decorazione esterna, come fu avvertito in principio.

Presumo dunque che la basilica a cinque navate e a croce commissa iniziata nel ro63, fosse trasformata dopo il l087 e sviluppata nel brac­cio longitudinale e nel transetto a tre navi, sino a comporre una croce lmmlssa.

Conseguenza di tale modificazione è la cupola la quale, necessariamente ideata elittica nell' in­crocio fra i due bracci, genera una soluzione inorganica, non solo per la forma ma anche per la elevazione, poichè una parte del suo tamburo resta celata all'esterno dalla copertura del braccio longi tudinale.

Per quale ragione il transetto ebbe un così am­pio sviluppo? Certo per i contatti con l'Oriente 21 )

e la congettura che santuari del tipo di Kal' at Sem'an abbiano esercitato un qualche influsso

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è verosimile, pur fatte le debite distinzioni alle quali abbiamo accennato. E l'articolazione dei pilastri e delle colonne accennata dal Guyer nell' incrocio fra braccio longitudinale e braccio trasversale, da cui sorge la cupola (figg. 2 e 7) anche può derivare da un tipo orientale visibile ad es. nella basilica di Koja Kalessi in Asia Minore (fig. 6).

La cupola (fig. 7) si deve considerare - come dicevo - una aggiunta; ma già doveva essere stata ideata nella prima metà del secolo XII poichè non ci spiegheremmo come la chiesa di San Paolo aRipa d'Arno - consacrata nel I I48 - abbia essa pure questo elemento architettonico che è ecce­zionale per tutta l'architettura pisano-Iucchese.

La cupola del duomo si presenta è vero con un carattere diverso: sorge non su pennacchi a triangolo bizantini come quella di San Paolo, non da nicchie alla musulmana, non da trombe alla lombarda ma da cuffie, diffuse in Campania fino dal secolo V 22) e in tempo romanico anche nella valle padana. Tuttavia, se ne consideriamo la struttura a sesto acuto, dovuta ad influssi mu­sul mani, sarà facile vederla più in rapporto col sud che col nord. E penso per questo che, fin dall'origine, dovesse avere il suo estradosso visi­bile all'esterno così come è oggi, secondo l'abitu­dine costante dei bizantini e degli arabi; che non fosse coperta cioè da un tiburio alla foggia lom­barda. Solo che essa doveva muovere all'esterno da un liscio tamburo, rinforzato verosimilmente nel secolo XIII da arcate a tutto sesto (fig. 8) allo scopo di accogliere su queste una loggia di inflessione ormai gotica, che non fu certo un abbellimento per l'edificio. 23) Passando ad altri particolari, quello dei matronei, elemento bizan­tino acquisito dall'Occidente e spiegabilissimo con gli esempi anteriori di Roma e di Ravenna, ha indiscutibili analogie nella disposizione a bifore e a trifore con quelli delle cattedrali pugliesi e ci fa considerare la ipotesi del Guyer che sia pro­babilmente derivato dai monumenti di Terra di Bari. Non sembra possibile che i matronei fossero previsti nel progetto del I063. Il loro sviluppo in altezza, specie verso il presbiterio, li fa pensare un' aggiunta in rapporto con le slanciate propor­zioni della fabbrica. Ma la cronologia dei monu­menti pugliesi, dal San Nicola di Bari della fine

del secolo XI al duomo di Trani ancora più tardo, non permette di stabilire una sicura priorità, e possiamo solo parlare di interpretazione - in tutti questi casi - di un elemento architettonico­decorativo, grave e lombardeggiante in Puglia, agile e più vicino al mondo bizantino a Pisa.

Bizantino si è detto l'uso di materiali nobili e preziosi, ed è giusto; musulmano l'alternarsi coloristico a zone di marmi diversi sovrapposti; ed anche questo è in parte giusto perchè l'alter­nanza già usata a scopo costruttivo dai romani, assume nel Medioevo bizantino e musulmano nuovo valore ornamentale, qui effettivamente conservato.

Ma come vedere col Guyer, di fronte alla muratura dell'esterno, un'affinità spirituale con le chiese dell'Asia Minore, per certa supposta tettonica classicheggiante? L'impiego della pie­tra da taglio, l'opus quadratum, e l'esistenza di

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• \ - ~ .... ~':"f . ' ...... ~ FIG, 12 - LE PUY, CATTEDRALE: FACCIATA

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FIG. 13 - PISA, DUOMO: LE LOGGE SUPERIORI DELLA FACCIATA (Fot . del Ministero della P. 1.)

analoghe tradizioni classiche doveva dar luogo a simili risultati in Oriente ed a Pisa, senza che per questo si debba giungere necessariamente a fissare precisi influssi. L'apparato murario del duomo di Pisa (fig. 9) viene ad avere con le arcate cieche una animazione ed un senso di levità (fig. I) visibile anche nelle chiese dell' Armenia (la cattedrale di Ani) ma prima ancora in quelle ravennati, e poi un po' da per tutto in Italia, dal duomo di Parma al Patirion di Rossano. Lo Strzygowski 24) vuole il motivo delle arcate derivato dall' Armenia, mentre sappiamo che dei commerci pisani in quella terra è documentata notizia solo nel secolo XIII; il Guyer 25) dalla Siria e dalla Mesopotania (anche il battistero sarebbe modellato sul Santo Sepolcro di Gerusa­lemme), mentre il durevole fascino dei monu­menti ravennati è, in tempo romanico, facilmente

visibile attraverso infinite testimonianze storiche ed estetiche, non ultima, fra queste, la torre pendente la quale, insieme con altri precedenti della Romagna, del Veneto, delle Marche e della Toscana, rimonta per il suo andamento cilindrico a un modello ravennate.

Le arcate cieche vanno unite lungo i fianchi ad esili, allungati pilastrini, già in uso nell'ar­chitettura romana (Arco di Augusto a Fano, Porta Borsari a Verona), che assumono una accentuazione del tutto diversa, sostituendo ad una ricerca di plasticismo voluta dagli architetti romani un effetto lineare (Guyer), con un gusto per la ornamentazione, posto in rapporto coi bizantini e che io vorrei, per quel suo inces­sante ripetersi sino all' infinito, collegare ai musulmani (fig. I) dei quali giunsero a Pisa i prodotti industriali. Mentre dei contatti con

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FIG. 14 .- PISA, DUOMO: INTERNO

l'architettura araba sono testimonianze gli archi falcati, a ferro di cavallo o quelli acuti nell'in­terno del monumento. I rapporti col mondo arabo-siculo od ispano-arabo bastano a giusti­ficare certe risonanze, ed anche il decisivo carattere della decorazione esterna.

Nella facciata (figure I e IO) Rainaldo accoglie da Lucca il motivo lombardo delle logge, assume cioè la forza plastica del rilievo reso minuzioso e come ingemmato di intarsi, tradotto alla araba nella estensione a tutta la superficie della fronte, nei suoi piani sovrapposti. In certe soluzioni decorative i musulmani si erano industriati col tipico sovrapporsi degli stessi motivi e ricordo il mihrab della moschea di Kalaun al Cairo (fig. II) che; sebbene più tardo (l:qg-gO),26) ripete mimeti­camente forme tradizionali e rivela analogo spirito.

Altri evidenti contatti l'Occidente cristiano aveva avuto con la civiltà musulmana, ad esempio

nella cattedrale di LePuy(fig. 12) nell'Alta Loira,27)

dove il senso del pittoresco presenta con libertà di fantasia motivi sovrapposti, ben lontani dall' essere elaborati. A Pisa invece questo contatto col mondo musulmano compie il miracolo di una decora­zione altrettanto fantastica ma di un ritmo disci­plinato da una norma più ellenizzante che ro­mana, la quale giunge, appunto nella facciata del duomo ai suoi estremi effetti incantevoli (fig. 13), suscettibili non di sviluppi nel Rinascimento, come vuole il Guyer, ma, per le proporzioni e per il suo colorismo, solo di altre interpretazioni sempre medioevali, inferiori al mirabile modello.

Così nell'esterno del duomo la lineare levità bizantineggiante della parte più antica, si accorda alla gagliardia, plastica e coloristica insieme, della facciata. Il complesso, per tempo e per stile diverso, trova una sua forma nitidamente unita­ria, di una bellezza che sembra risalire all'antico

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ed è pure cosa nuova. Nell' interno (fig. 14), sopra gli archi a pieno centro dei colonnati, di una mae­stosità romana, ravvivati da una sobria policromia, ricorre, affermatrice timida di un freno orizzon­talistico, una cornice 28) la quale, più alta nel­l'incrocio del transetto e nel presbiterio, guida l'occhio al catino dell'abside. Invece il succedersi dei matronei con le loro arcate a tutto sesto, il vibrato slancio dell'arco trionfale e l'articolato muoversi dei pilastri da cui sorge alta la cupola, affermano il valore della prospettiva longitudi­naIe paleocristiana e romanica. La proporzione dell' interno può anzi trovar la sua fonte nei monumenti siciliani dei normanni che creano un insieme di verticalismo nordico, di classico e di arabo; ed apertamente allude in Pisa al maturarsi di una nuova spiritualità, al passaggio dalla terrestre gravitas romana o dalla serena leggerezza bizantina a quell'affrancamento della materia dal peso, a quella elevazione dell'uomo a Dio, che ha la sua piena espressione nell'architettura gotica.

Pure la fitta selva dei colonnati che nelle navi minori, congiunti da archi a sesto acuto, richiama

I) Cfr. per la relativa documentazione il mio libro su L'Architettura Romanica in Toscana, Milano-Roma (1927), passim, dove sostengo l'affermarsi della perso­nalità nel mondo romanico, contro l'opinione corrente formatasi nel secolo scorso, di una evoluzione collettiva delle forme, sostenuta, proprio per i monumenti di Pisa, da G. ROHAULT DE FLEURY, Les Monuments de Pise au Moyen Age, Parigi 1866.

2) Anche per questo si veda il mio libro alle pagg. 15-16 e 40.

3) Ciò in base all'analitico esame dello stile deIre scul­ture. Cfr. in ispecie SALMI, Sant'jacopo all'Altopascio e il Duomo di Pisa in Dedalo, 1925-26, pago 508 e segg. Ma è doveroso ricordare anche le precedenti indagini di I. B. SUPINO, Il Duomo di Pisa in Memorie della R. Acca­demia delle Scienze dell'Istituto di Bologna, VII (1912-13), pag.95 e segg. e VIII (1913-14), pago 15 e segg., vivace assertore, contro coloro che vogliono ringiovanire la facciata del duomo, della maggiore antichità di questa parte del monumento.

4) Cfr. ancora SALMI, L'architettura romanica in Toscana, passim, per una più estesa documentazione.

5) Lo stile pisano-Iucchese ha due minori varietà sulle quali non è il caso di insistere qui. Quella diffusa nella Lucchesia, specie durante i secoli XI -XII, che ama semplici paramenti murari cinti all'esterno di una sobria cornice finale o di archetti a pieno centro, mentre l'in­terno si spartisce, più comunemente, con pilastri anzichè

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le estese superfici delle moschee, la policromia che crea un festoso senso coloristico, 29) il diffuso luminismo nella parte superiore della nave di mezzo, esprimono un' aperta letizia lontana dagli incubi medioevali del nord; riflette il carattere di quella viva società mercantile che creò la potenza di Pisa ed ebbe cristiana convinzione, ma che rimase anche aderente alla terra con una concretezza la quale trae origine dal buon ceppo antico.

Dopo che nelle chiese paleocristiane e soprat­tutto in quelle bizantine l'uomo aveva trasfuso, nel proprio annullamento, una atmosfera di paradiso, nelle chiese romaniche afferma di nuovo, attraverso l'arte, la sua potenza terrena e la sua fede nell'aldilà. Questo resultato nel duomo di Pisa è frutto di una rielaborazione delle varie risonanze: antico, paleocristiano, orientale, bizantino, arabo, nordico, così mira­bilmente unitaria ed equilibrata, che avrebbe potuto fiorire solo in quella terra toscana cui spettò, appunto per tali sue facoltà, di dirigere la nuova civiltà artistica italiana. MARIO SALMI

con colonne. Quella diffusa nel Pisano che ci presenta i lunghi colonnati interni e cinge gli esterni dei suoi edi­fici con archetti tondi, talora spartiti da lesene, ma falcati e adorni di scodelle maiolicate o di rombi, l'elemento decorativo che, in proporzioni, di solito, maggiori, si scorge nell'architettura di Buscheto e di Rainaldo. Cfr. SALMI, op. cito

6) Il mio volume più volte ricordato, nel proposito di classificare e studiare una quantità enorme di monu­menti soprattutto nei loro essenziali valori decorativi, sfiora appena o non considera gli argomenti svolti in questo saggio che in qualche punto dissente da esso.

7) Die Kirchliche Baukunst des Abendlandes, I, Stoc­carda 1892.

8) Cfr. D. SCANO, Storia dell' Arte in Sardegna, Ca­gliari-Sassari 1907, pago 39 e segg.

9) S. GUYER, Der Dom von ' Pisa u. das Riitsel seiner Entstehung in Miinchner jahrbuch d. Bildenden Kunst, IX, 1932, pago 351 e segg.

IO) Il GUYER, loc. cit., pago 360 e segg., studia altre chiese orientali, come mostra la fig. 4 che traggo dalla pubblicazione di quello studioso.

II) Mi valgo delle notizie edite da vari storici e rac­colte da G. ROSSI SABATINI, L'espansione di Pisa nel Mediterraneo fino alla Meloria, Firenze 1935, passim.

12) Vita Mathildis... a Donizone scripta, a cura di L. Simeoni,in RR. II. SS., ediz. Carducci,Fiorini,Fedele, T. V, P. II, pago 53. Donizone scrive: "Dolor hic me

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funditus urit, I Cum tenet urbs illam quae non est tam bene digna. I Qui pergit Pisas, videt illic monstra marina; I Haec urbs paganis, Turclis, Libicis quoque Parthis I Sordida, Chaldei sua lustrant li tora tetri Il'

J3) I. PUIG Y CADAFALCH, A. DE FALGUERA Y SI VILLA, S. GODAY Y CASALS, L'arquitectura romanica a Catalunya, vo!. II, Barcellona I9II, pago 154.

J4) Cosi vuole un anonimo del secolo XV ricordato da P. GUIDI, Di alcuni maestri lombardi a Lucca nel sec. XIII in Archivio Storico Italiano, serie VII, 2 (1929), pago 214. Che la chiesa avesse il transetto sup­pone anche E. RIDOLFI, L'arte in Lucca studiata nella sua cattedrale, Lucca 1882, pago 12.

15) SARDO, Cronaca pisana, a cura di F. Bonaini, in Archivio Storico Italiano, T. VI, P. II, disp. I (1845), pago 78.

16) MARANGONE, Cronaca pisana, a cura di F. Bonaini, in Archivio Storico Italiano cit., pago 7.

17) I documenti relativi al duomo sono ricordati nel mio libro su L'Architettura romanica in Toscana, pago 39, nota 26, dove è raccolta anche la relativa bibliografia.

18) Cfr. M. SALMI, op. cit., pago 40, nota 26 con biblio­grafia. Buscheto fino dagli ultimi decenni del secolo XII deve avere dato la sua opera alla fabbrica (il che giustifica la epigrafe sepolcrale di lui) cosi da poter modificare sostanzialmente la primitiva icnografia del monumento.

LUIGI CHIAPPELLI, Storia di Pistoia nell' Alto Medioevo, Pistoia 1932, pago 159, cita due atti della canonica del duomo di Pistoia in data 1076 e 1078 recanti il nome di Buscheto, che non è difficile sia proprio il nostro architetto, data la penetrazione dello stile pisano a Pistoia, oggi testimoniata da edifici del secolo XII.

19) Cfr. C. BOITo, Architettura del Medio Evo in Italia, Milano 1880, pago 185 e segg.; C. GUASTI, Santa Maria del Fiore, Firenze 1887, pago XL e segg.; P. FONTANA, AlcuTUi osservazioni intorno al Duomo di Pisa in Rassegna settimanale Universale, vo!. III, n. 26, 12 giugno 18gB, pagg. 41o-II.

20) SUPINO, op. cito in Memorie della R. Accademia delle Scienze, VII, pago 103.

21) Già scrissi, L'Architettura cit., pago 40, che, per lo sviluppo del transetto" i cui bracci equivalgono quasi in lunghezza quello del presbiterio, l'architetto ebbe forse presente qualche edificio bizantino a croce greca, come le chiese dei Santi Apostoli a Costantinopoli o di San Saturnino a Cagliari Il' Ma, s'intende, solo in questo. Il GUYER, op. cit., pago 358 e segg., esclude ogni dipen­denza dalla chiesa dei Santi Apostoli e da quelle che da essa derivano.

22) RIvOIRA, Le origini dell' Architettura lombarda, Milano 1908, pago 238.

È da notare che la struttura delle cuffie del duomo di Pisa fu in parte alterata quando Michelangelo Cinganelli le decorò (1597-1605) con affreschi. Ciò appare visibile a chi salga nella cupola poichè esse prendono un anda­mento rigonfio verso gli angoli onde il pittore potesse dipingere le figure dei quattro Evangelisti in una

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superficie meno incavata. Il raccordo fra il tamburo e la cupola non avviene inoltre regolarmente ma sopra parte dei pennacchi con una risega. S'intende che oggi è difficile dire se ciò dipenda dalla costruzione originaria o da qualche modificazione conseguente all' incendio del 1595. Certo che di questo resta traccia negli archi di scarico in tufo sopra le porte di accesso ai tetti del braccio longitudinale.

23) Della cupola mi sembra accertata una prima fase romanica dal fatto che quattro facce del tamburo conser­vano ognuna altrettante finestrelle rettangolari, in parte nascoste dalle arcate aggiunte. Queste hanno una ghiera che ripete gli elementi decorativi visibili all'esterno nella parte più antica del duomo, ma col dentello più ampio, togliendoci ogni sicuro riferimento cronologico. Invece decisamente gotica è la loggia nei suoi capitelli di solito sommari dei quali uno, con teste d'angolo, risente dello stile primitivo di Giovanni Pisano. È da presumersi che l'aggiunta delle arcate e della loggia contemperi ragioni statiche ed estetiche, poichè essa contribuisce a conso­lidare a guisa di anello la cupola stessa.

24) I. STRZYGOWSKI, Die Baukunst der Armenier U.

Europa, P. II, Vienna 1918, pago 806. Le arcate cieche del duomo di Pisa hanno certo un

maggiore slancio di quelle ravennati. Ma si pensi che queste affondano, in buona parte, nel terreno e una idea della loro originaria elevazione si può scorgere nelle arcate esterne di Santa Maria del Canneto a Pola. Cfr. A. MORASSI, La chiesa di Santa Maria Formosa o del Canneto in Pola in Bollettino d'Arte, luglio 1924.

25) GUYER, op. cit., pago 36? e segg. 26) RIVOIRA, Architettura musulmana, Milano 1914,

pagg. 102-103. 27) Cfr. A. FIKRY, L'Art roman du Puy et les influences

islamiques, Parigi 1934, passim. 28) Alla metà circa della terza campata verso la fac­

ciata, cioè a partire dall'aggiunta, la cornice gradual­mente discende; e ciò non credo per un raffina mento estetico ma perchè forse il muro di facciata aveva ceduto o perchè doveva raccordarsi ad una cornice nella parete interna della facciata medesima prima che fosse eseguito il ballatoio al tempo di Ferdinando II. All'esterno invece la cornice sopra le lesene sui fianchi sale per congiungersi al piano delle logge le quali hanno un'altezza minore.

29) Meglio rispondente ad un gusto più severo e più arcaico è la policromia distribuita negli archi falcati che prospettano la nave maggiore, archi bianchi su fondo bruno con sobri intarsi marmorei. Rivela un carattere più recente e di gaia levità, nelle sue zone bianche e nere, quella del para mento dei matronei e del presbiterio, nonchè quella delle navi minori e degli archi della maggiore nella parte che guarda queste ultime.

Persino nei pilastri nell' incrocio fra il braccio longitu­dinale e il transetto il senso del colore si manifesta nelle quattro membrature salienti, alternativamente bianche e nere: cosi che dei due semipilastri che sorreggono l'arco trionfale uno è bianco e l'altro è nero.

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