La gdo oltre la price competition

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Oltre la price competition Estratto da Largo Consumo n. 10/2016 © Editoriale Largo Consumo srl La leva delle “promo” a tutti i costi non funziona più e la gdo si interroga su come creare identità d’insegna attirando un cliente sempre meno fedele. PROMOZIONI I FORUM DI LARGO CONSUMO

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La leva delle “promo” a tutti i costi non funziona piùe la gdo si interroga su come creare identità d’insegna

attirando un cliente sempre meno fedele.

PROMOZIONI

I FORUMDI LARGO CONSUMO

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opo anni di crisi dei consumi e di sempre più marcatapressione promozionale, le aziende della distribuzioneorganizzata stanno cominciando a rendersi conto chela leva del prezzo non è più così efficace, come in pre-

cedenza, e che il consumatore tende ormai a recepirla comenon più determinante per l’acquisto.

La constatazione ha non poco disorientato, in un primo mo-mento, le insegne gdo che, a seguito di riflessioni interne, han-no perciò, chi in un modo, chi nell’altro, cominciato a cercaredi dare risposte introducendo strategie di diversificazione del-l’offerta e nuove formule di incentivazione. Di qui il recente at-tuarsi di esperienze, già numericamente significative, delle qua-li Largo Consumo ha voluto provare a fare un primo bilancio,nel tentativo di coglierne, possibilmente, l'evoluzione. È la pre-messa di una tavola rotonda che ha avuto luogo a Milano, il 22

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giugno scorso, con il coinvolgimento di esperti di business in-telligence e direttori marketing e responsabili delle vendite dialcune tra le maggiori catene distributive a livello nazionale,invitati a esprimersi sotto il coordinamento del nostro giorna-lista Armando Garosci nelle vesti di moderatore e animatoredel dibattito. Il titolo dell’incontro, “La gdo oltre la price com-petition”, ne ha sintetizzato emblematicamente lo spunto pro-blematico proiettandolo sugli scenari del futuro dell’insegnain cerca di distintività.

POPAI: LE VARIABILI SOGGETTIVE DEL PREZZODaniele Tirelli, titolare Amagi, presidente Popai e docente

Iulm di Marketing, Comportamenti, Comunicazione e Consu-mi ha sviluppato il suo ragionamento introduttivo in due di-stinti momenti, il primo volto anzitutto a definire il concetto diprezzo e di “price competition” in un’ottica critica rispetto aquella accademica ed economicista. Ha sottolineato come pre-valgano tuttora inconsciamente aspetti errati derivati dalla teo-ria marxista del valore-lavoro che trascura la natura soggettivadel valore. Determinanti sono invece, nell’ambito di un acqui-sto, le variabili psicologico-comportamentali individuali, percui non si può parlare di un valore oggettivo del prodotto, equindi teorizzare l’esistenza del “prezzo giusto”. Tutti i prezzisono “giusti” quando sono stabiliti dal libero mercato. Di qui laproposta di un semplice concetto: «il prezzo è la quantità dimoneta scambiata per cui a) chi acquista un bene o un servizioè soddisfatto ed è disposto a riacquistarlo e b) chi cede quel be-ne o quel servizio è altrettanto soddisfatto e disposto a cederlonuovamente». Fondamentale quindi non è «lo scambio avve-nuto, ma il riacquisto continuativo». Altro aspetto da non tra-

COMUNICAZIONE

Oltre la price competitionPROMOZIONI

La leva delle “promo” a tutti i costi non funziona più e la gdo si interrogasu come creare identità d’insegna attirando un cliente sempre meno fedele.

di Giovanni Schiavo Campo e Armando Garosci

I FORUM

DI LARGO CONSU

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��Percorso di lettura: www.largoconsumo.info/PromozioniLoyalty

Guarda la sintesi video degli interventi dei partecipanti allatavola rotonda su: www.youtube.com/largoconsumo

• Promozioni di prezzo e saldi: cedere valore al consumatoreè stata una necessità, ma con quale esito?

• Qual è oggi il senso e la produttività di questo tipo di inve-stimento?

• Come si crea distintività di insegna oggi?• Oltre alle vecchie clusterizzazioni socio-demo, qualiopportunità sono offerte dai nuovi approcci al CRM edirect marketing per creare meccaniche promozionalibasate sulle persone non sui prodotti?

• L’industria che volesse osare di proporsi in modo innovati-vo, che cosa potrebbe fare?

• Dal sell-in al sell-out: lavorare con prodotti più distintivi eidentitari, magari lavorando con fornitori locali o di mediedimensioni significa assumere un livello di maggioreresponsabilità sulle vendite effettive, contando meno sulcontributo finanziario. È una sfida sostenibile?

I temi della tavola rotonda

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scurare è la natura dell’offerta: «che differenza c’è – ha chiesto– fra la Nutella e delle arance? La risposta è che la Nutella è unprodotto seriale, identico a se stesso, ovunque e per chiunquel’acquista»; le arance, invece, differiscono a seconda dei loroattributi qualitativi, dei fattori stagionali, eccetera, che ne inva-lidano una comparazione in base al prezzo puro e semplice.

Altro raffronto è, per esempio, quello tra una copia rilegata euna non rilegata di un romanzo di Harry Potter, «acquistatamagari per farne regalo, per cui, in questo caso – ha asserito Ti-relli – bisognerebbe parlare di un prezzo “edonistico”»; il casoestremo è tra un comune vino da tavola e un Tignanello, la cuiesperienza di consumo è di solito eccezionale e quindi tale daconfondere il concetto di qualità effettiva: «Tutti esempi – peril presidente Popai – che concorrono a definire ambiti di “noprice competition” perché sempre connessi a un valore del tut-to soggettivo». Sulla fissazione del prezzo incidono dunquepercezione, esperienza, comparazione, memorizzazione delprezzo, ricerca, riacquisto. Quindi, «Il prezzo attraversa lo spa-zio mentale di ogni individuo e si trasforma progressivamentein un’astrazione», ha concluso Tirelli, il cui secondo interven-to si è invece focalizzato sulla “no price competition” a partiredai behaviour influencer. Si moltiplicano perciò gli approcciper riuscire a convincere il consumatore e indurlo all’acquisto:dal classico espositore del prodotto di marca da collocare sulpunto di vendita, alle leve di tipo comunicativo, educativo-di-mostrativo, fino alle loyalty card. Tutte queste forme di “no pri-ce competition” trovano numerosi esempi sul versante dellacomunicazione come quello di una catena statunitense che hadeciso di indicare i gradi brix degli zuccheri della frutta spie-gando in che modo impattano sulla qualità percepita. Sempredagli USA il professore ha poi menzionato, come si possa pro-muovere la qualità con gli assaggi enologici utilizzando le wi-ne station, erogatrici automatiche «costruite tra l’altro in Italia,ma assai poco usate nel nostro paese». Altre modalità per dif-ferenziarsi sono le “scuole di cucina”, dove la promozionepunta ad accrescere la cultura di consumo. La complessità delpricing richiede dunque studi e ricerche approfondite.

CARREFOUR: LA COSTRUZIONE DELL’IDENTITÀL’esperienza di Carrefour Market, presentata dal direttore

vendite, Roberto Simonetto, è quella di una realtà trovatasi afare i conti con la standardizzazione dell’offerta e dei formatidi vendita e che ha portato infine a interrogarsi «su quali sonoi nostri archetipi di cliente», per scoprire infine che «il clientecambia comportamento a seconda dei reparti che visita».

Di qui l’avvio di una riflessione sui Kpi utilizzati, quantitati-vi ma anche qualitati-vi: «siamo così passa-ti ad analizzare i no-stri punti vendita nonsolo dal punto di vistadimensionale (con su-permercati piccoli,grandi, medi) ma an-che nell’ottica di seg-mentazione dei clientiin base alle loro diffe-renti esigenze e prefe-renze» ha spiegato Si-monetto. Di qui il per-corso di differenzia-zione dei format divendita, sostenuto da

analisi condotte sul passaggio delle categorie di prodotto, do-ve il prezzo non rappresenta più la principale leva di valutazio-ne e scelta, quanto piuttosto i valori aggiunti di qualità edesclusività. La costruzione dell’identità del punto di vendita èquindi divenuta la chiave per introdurre una serie di concettidifferenzianti, dal Gourmet all’Attrazione e l’Urbano, nella ri-cerca di “multiesperienzialità” e nuova shopping experience. Èl’idea, sottolineata da Simonetto, di «fare del negozio un luo-go dove non si va solo per fare la spesa» e quindi ricco di pro-poste complementari, compresa la ristorazione. Il successodell’operazione si misura, peraltro, anche sui parametri di re-ferenziamento e posizionamento di alcune categorie di prodot-to, come ad esempio le conserve di pomodoro di alta gammadi origine siciliana «proposte in formato da 33 cl a un prezzoche arriva a 6 euro al kg», che fanno sì che il consumatore siadisposto a spendere per la specialità e l’unicità del prodotto.Risulta quindi necessario, infine, l’innestarsi di forti collabora-zioni con fornitori locali che diventano perno per la ricerca divalori aggiunti quali l’aderenza territoriale e l’esclusività. Sul-la base di questo ragionamento, infine, si assiste a uno sposta-mento delle preferenze dei consumatori verso prodotti più di-stintivi: «un esempio è quello del cambiamento nella scelta deiconsumatori da paste basiche a paste ad alto valore aggiunto,quali ad esempio le paste speciali, la pasta di Gragnano, a len-ta essicazione, paste aromatizzate, etc. ».

PAM: INTELLIGENCE PER CONOSCERE IL CLIENTEFulvio Faletra del Gruppo Pam ha illustrato anzitutto in

che cosa consiste lastruttura di businessintelligente di cui èresponsabile da circaun anno: «una strut-tura, in cui oggi lavo-rano una quindicinadi persone, nata unpaio di anni fa con loscopo di dare racco-mandazioni commer-ciali alla direzione at-traverso analisi sullepromozioni, prezziassortimenti e con lagestione diretta dellaprivate label. Una

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I partecipanti alla tavola rotondaazienda

Popai (Iulm)

Basko Supermercati

Conad Adriatico

Coop Alleanza 3.0

Coop Liguria

Carrefour Market

Gruppo Pam

SAP

Selex GruppoCommerciale

funzione

Presidente (Docente)

Direttore Vendite, Marketing e Comunicazione

Direttore Marketing e Rete Vendita

Responsabile Ufficio Analisi Strategichee Territoriali

Responsabile Organizzativo Rete Vendita

Direttore Vendite

Responsabile Business Intelligence

Retail Solution Advisor

Direttore Marketing

nome

Daniele Tirelli

Giovanni D’Alessandro

Claudio Troiani

Alessandro Ferrarese

Giovanni Clavarino

Roberto Simonetto

Fulvio Faletra

Valerio Montini

Stefano Gambolò

Servizio fotografico: Gustavo Venturini - Servizio video: Paolo Vecchi (Phid srl)

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nuova funzione integratadall’inizio di quest’anno èquella che viene chiamata“Cast” che si propone di co-noscere i clienti attraverso imetodi di segmentazioneutilizzati dal team. È statacreata è proprio perché nel2015, a seguito della finedel rapporto di partnershipcon Dunnhamby abbiamovoluto continuare a cono-scere i nostri clienti ed adoffrire loro le migliori pro-mozioni possibili in lineacon le loro abitudini di ac-quisto. L’attività di analisiviene svolta su una grandemassa di dati proveniente dacirca 1,5 milioni di carte fedeltà attive, utilizzate da circa il70% della clientela. «A oggi – ha spiegato Faletra – utilizzia-mo questi dati sostanzialmente per ottenere una segmentazio-ne sulla base di 3 aree», sensibilità al prezzo, abitudini di ac-quisto e stili di vita . Si tratta peraltro di cluster mobili, ag-giornati ogni 6/12 mesi nel corso di una verifica che può por-tare ad aggiungerne di nuovi «per esempio abbiamo introdot-to di recente anche il gruppo, anche se per la verità è un picco-lo insieme, degli “amanti di cibi etnici”».

Analisi di questo tipo, che tra l’altro potrebbero trovare unforte interesse anche da parte dell’industria di marca per com-prendere meglio se la propria offerta è in linea con i desidera-ta dei consumatori. Queste analisi diventano quindi fonda-mentali per arrivare a quel tipo di personalizzazione one-to-one che appare sempre più indispensabile anche per ripensareuno strumento come il volantino integrandolo con offerte adhoc: «significa, per esempio, offrire ad un cliente in fase di al-lontanamento uno sconto sulla spesa, cosa che non serviràproporre, invece, ad un cliente fidelizzato».

In conclusione la logica della personalizzazione, basata sul-la conoscenza delle abitudini del cliente significa creare un ca-nale privilegiato di relazione «che proprio per questo – ha sot-tolineato infine Faletra - è in grado di diventare biunivoca».

BASKO: IL BISOGNO DI FARE INNOVAZIONEGiovanni D’Alessandro, direttore Vendite, Marketing e

Comunicazione di BaskoSupermercati, ha postol’accento sul tema del-l’omologazione del retail,che deriva, in parte, come«conseguenza di un’indu-stria di marca che ha punta-to tutto sui volumi a tutti icosti». In funzione di que-sto, secondo il manager, di-venta fondamentale distin-guere gli interlocutori tra«fornitori e partner; diffe-renza necessaria per defini-re la modalità di rapportocon il retailer, che diventamolto più stretto nel caso diun partner». In questo con-

testo il punto centrale è «laprogettualità, che può di-ventare base di condivisio-ne». Ma il più rilevanteostacolo nelle discussioniche si instaurano con l’in-dustria di marca, è «chespesso manca un interlocu-tore giusto per il tipo di pro-getto; infatti l’account o iltrade marketer presenzianoagli incontri non cooptandochi, all’interno della con-troparte, si occupa di pro-getti strategici innovativi dimarketing o di loyalty, di e-commerce o in genere diprogetti sul digitale». A ve-nire meno è pertanto una

forma di concertazione sulle strategie di business «oltre uncerto livello, top-to-to e fuori dai tavoli dei work shop, il pro-blema è comprendere se all’interno delle aziende esistono fi-gure che si occupano di innovazione, non solo di prodotto,ma in termini di strategia di marketing».

Passando alle azioni correttive di Basko per migliorare laproposta del punto di vendita al cliente, D’Alessandro ha evi-denziato come una «sistemazione della cassetta degli attrez-zi» ad esempio, gli interventi sul volantino non piu’ comestrumento di “prezzo” ma vero strumento media, possanocontribuire a raggiungere lo scopo. Di qui l’estensione dellaprospettiva a un’idea più evoluta del punto di vendita, nel-l’ottica di «rendere più semplice la vita ai clienti: per esempioattraverso la creazione, che Basko sta sperimentando, dei“Bistrot” all’interno del punto vendita, che consentono ilconsumo direttamente sul posto o l’asporto a casa di pasti ve-loci ma di qualita’, facendo evolvere il concetto “dalla vendi-ta di ingredienti a soluzioni di pasto”. In quest’ottica di evo-luzione rientra anche l’offerta di servizi accessori come quel-li di biglietteria varia, ma utilizzando, per esempio, i puntidella fidelity card per pagarli a prezzi scontati». Anche daquesto punto di vista, però, «la scelta dei partner giusti è fon-damentale per il raggiungimento degli obiettivi».

SAP: ITALIA INDIETRO SULLE TECNOLOGIEValerio Montini, retail solution advisor di SAP, partner

tecnologico delle maggioriaziende retail a livello mon-diale con un’attività in 120diversi Paesi, ne ha messa inluce l’esperienza interna-zionale, rilevando come«tematiche tecnologicheche si affacciano oggi in Ita-lia fanno parte di trend af-frontati altrove con notevoleanticipo, già oltre 20 annifa, come pure l’allestimentodi una gamma di servizi checomincia a vedersi anche danoi, tipo kinderheim, spaziper gli animali da compa-gnia e via dicendo». Unotra gli esempi di questo ap-

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Da sinistra, Roberto Simonetto (Carrefour Market) e Daniele Tirelli (Popai- Iulm).

Da sinistra, Giovanni D’Alessandro (Basko Supermercati) e Fulvio Faletra(Gruppo Pam).

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proccio in cui la rilevazione dei comportamenti del consuma-tore passa non più per l’acquisizione del semplice dato di ac-quisto, di per sé elemento fondamentale ma puramente stati-stico, è «attraverso l’analisi finalizzata al capire il perchédell’eventuale mancato acquisto» e quindi come mai il clien-te staziona 50 secondi davanti a un prodotto per poi fare unadiversa scelta; il caso di Walmart la cui politica di pricing ad-justments sui punti di vendita a livello locale «è frutto di tec-niche di comparazione per aree omogenee, sulla base del-l’esperienza pregressa, che consente di mirare esattamentel’offerta in real time».

Spostando quindi il focus sul piano dell’evoluzione in chia-ve tecnologica del consumatore, un altro tema è quello delclick & collect, ovvero effettuare la spesa via sito web per poiritirarla nel punto vendita selezionato, anche in questo caso«più sviluppato all’estero rispetto all’Italia», ha osservatoMontini che ha indicato come «un ulteriore salto di qualità chediverrà più fruibile con l’introduzione dei locker, ossia deipunti di prelievo automatici, anche per il fresco, per cui ilcliente non deve più passare dalla cassa per il ritiro delle mer-ci». E di nuovo in rapporto alle nuove tecnologie sul punto divendita per il monitoraggio della clientela nel corso della visi-ta, Montini ha lanciato un’avvertenza sull’uso dei Beacon inquanto «richiedono l’attivazione della modalità Bluetooth cheoggi ci risulta in deciso calo, con il rischio quindi di lacunenelle rilevazioni»: meglio allora ricorrere ad alternative chenon richiedono l’interazione con il device mobile e che tra l’al-tro risultano più rispettose della privacy «come i sistemi di vi-deosorveglianza interfacciati a software in grado di eseguire leanalisi». Anche questo tipo di soluzioni consente comunque«l’invio di messaggi mirati one-to-one che possono anche es-sere radiodiffusi, con altoparlanti appositamente collocati, nelmomento in cui il cliente non ha in mano il palmare messo adisposizione della catena o il proprio cellulare».

CONAD: UN PERCORSO DI CRESCITA CONDIVISOClaudio Troiani, direttore marketing e rete vendita di Co-

nad Adriatico, è tornato sulle dinamiche del rapporto tra di-stributore e industria di marca, quest'ultima, infatti, orientataad una spinta costante dei volumi di vendita, limita le possibi-lità di partnership per attività dimaketing, più facili invece da at-tuare «in una realtà che si avvici-na alla dimensione locale del ter-ritorio»: punto peraltro qualifi-cante della rete Conad in quantorealtà consortile, composta dasoci imprenditori naturalmentevocati alla integrazione con ilterritorio dove esercitano. È que-sto il punto di forza di un'orga-nizzazione che mette la centro la"persona" (come del resto recitail claim televisivo), fulcro di unpercorso volto ad accrescere ladistintività dell' insegna a partireproprio dai singoli soci impren-ditori. Una filiera basata su tre li-velli, che condividono strategie eprogetti «il coinvolgimento e lacondivisione sono fondamentalinel nostro mondo basato sullacooperazione». È proprio questo

che ci fa vincere sul mercato, il continuo feed back e confron-to di chi opera ogni giorno sul mercato e sul territorio (Socioimprenditore) e mette sempre l'azienda nelle condizioni diprogettare e realizzare effettivamente ciò che il cliente siaspetta e vuole. Venendo al rapporto con il territorio ed allagestione della relazione con il cliente, Conad per proiettarsinel prossimo futuro ha intrapreso un percorso distinto in trefasi, a partire «dall'abolizione del catalogo comune che vive-va all'interno di una raccolta punti con una cadenza triennale,scelta dettata dall'abbandono di una modalità di fidelizzazio-ne ormai obsoleta che si fondava su percezioni poco coinci-denti alle aspettative del cliente che nel frattempo e cambia-to». Si è quindi attraversata una fase di circa un anno in cuiogni cooperativa Conad ha sperimentato operazioni diverse,per soddisfare le aspettative del cliente facendo lo diventare ilprotagonista delle scelte aziendali .....

Il tutto per arrivare oggi ad avviare la terza fase, quella diun progetto a lungo termine che si integra con tutti i processiaziendali, il progetto è il "Customer Marketing" ed è costitui-to da 3 pilastri: loyalty, analisi e profilazione del cliente eCRM. Il piano loyalty è partito ad inizio 2016 e rappresentaappunto il programma di fidelizzazione di base; sempre nelcorso di quest' anno sta partendo il progetto del Cutomer Da-tabase nazionale condiviso tra tutte le Cooperative del siste-ma; con la attività di CRM partiremo nel corso del 2017».

Il tutto rientra in una strategia integrata di Conad finalizzataallo sviluppo della relazione con il cliente, coerente su tutti itouch point possibili con il cliente e con la politica commercia-le. Con riferimento alla politica commerciale si veda l'attivitàche Conad ha intrapreso ormai da qualche anno, in risposta alladiminuzione del potere d'acquisto degli italiani, a cui l'insegnaha fatto fronte con azioni volte al value for money, parliamo di"Bassi e Fissi" che assicura un paniere di prodotti bsic per i bi-sogni primari e la cui valutazione è così sintetizzata da Troiani:«siamo riusciti a mantenere qualità e distintività pur venendoincontro a una situazione di minori redditi disponibili» .

COOP LIGURIA: L’INNOVAZIONE IN MANIERA SEMPLICE Giovanni Clavarino, responsabile organizzativo rete ven-

dita di Coop Liguria, ha porta-to l’esperienza di un ipermerca-to genovese dell’insegna che hatrovato un modo un po’ etero-dosso, ma efficace, di racco-gliere dati dalla clientela: «lecassiere sono state dotate di bi-gliettini da distribuire al mo-mento del pagamento con l’in-testazione: “Trovato tutto?”.

In questo modo abbiamo ac-cumulato migliaia di risposte,molte anche con indicazionedella e-mail o del numero di te-lefono, con una casistica moltovaria di situazioni: da chi la-mentava la mancanza di una re-ferenza in realtà presente a chiindicava un’effettiva lacuna as-sortimentale».

A quanti lasciano anche unrecapito, la risposta del punto divendita consiste in una e- ��

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Da sinistra, Giovanni Clavarino (Coop Liguria), Claudio Troiani(Conad Adriatico) e Valerio Montini (SAP).

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mail «organizzata in maniera molto semplice: una riga diringraziamento, una per dire che il prodotto cercato è o non èin assortimento e in tal caso che si scriverà di nuovo per ag-giornamenti e una riga di saluto». A questa prima fase di con-tatto segue quindi una telefonata del responsabile di repartoche invita il cliente a un appuntamento per conoscersi perso-nalmente. L’idea, che trova un parallelo in un episodio vissutoa Londra dallo stesso Clavarino, che, come fan dei Locker, neaveva cercati un paio senza successo, scrivendo perciò al ge-store da cui aveva ricevuto una mail analoga, «diventa ovvia-mente un modo per differenziarsi».

Un’altra iniziativa di cui Coop Liguria si è resa protagonistaè “Scegli Tu” la cui dinamica, almeno per l’esperienza di Co-op Liguria, «funziona meglio, più che in relazione alla marcain sé, sulla categoria legata alla politica di sconti per cui tral’altro diventa un indicatore di preferenza che potrebbe benis-simo equivalere ai Beacon, perché è chiaro che se lo sconto siconcentra su un determinato reparto, per esempio il pet food,si ha un’idea precisa di quello che richiede il cliente». Infinelo sconto, in un’ottica Coop che esclude la profilazione delcliente per motivi di tutela della privacy del socio consumato-re, ne diventa uno strumento del tutto equivalente sul pianodell’efficacia e tra l’altro diventa per il consumatore «ancheun’ottima occasione per provare prodotti top di gamma che al-trimenti non acquisterebbe».

COOP ALLEANZA 3.0: LA RIVOLUZIONE“COPERNICANA” DEL MARKETINGAlessandro Ferrarese, responsabile dell’Ufficio Analisi

Strategiche e Territoriali di Coop Alleanza 3.0, ha indicatoanzitutto la sua provenienza da Coop Adriatica che già pri-ma della fusione nella nuova struttura cooperativa, appunto,Coop Alleanza 3.0, aveva creato un team di marketing strate-gico «etichetta un po’ altisonante sotto cui erano state raccol-te funzioni prima delegate alla centrale o alle strutture con-sortili», e questo anche perché rappresentanti un approccioinnovativo «rispetto alla cultura tipica di un’azienda dellagrande distribuzione, più vocata agli aspetti commerciali insenso operativo» in quanto ha molto più a che fare «con ana-lisi dei dati, insight, valutazioni oggettive, eccetera.

Tuttavia, già Coop Adriatica si era riorganizzata creando laDirezione Innovazione e Strategie, proprio lo scopo di cam-biare approccio, individuando anche uno strumento nei pianidi marketing territorialein grado di porre a fattorecomune le varie realtà lo-cali e adattarsi meglio al-la domanda dei consuma-tori». Il percorso è prose-guito, oggi con 12 perso-ne distribuite su 3 uffici,mantenendo i presuppo-sti del lavoro fatto «sullaprofilazione del cliente eil ruolo del punto di ven-dita e in pratica su tuttol’insieme delle questionisu cui oggi la gdo s’inter-roga».

Uno dei temi sul tappe-to è in effetti il passaggioa una visione “cliente-centrica” «per cui il nodo

è la customer experience che richiede coerenza in rapporto atutti i punti di contatto con il cliente: per farlo è necessario met-tere d’accordo tutte le funzioni dell’azienda che agiscono se-condo direttrici diverse». Il passaggio culturale da compiereper arrivare a questo «è una rivoluzione copernicana».

Il tema, peraltro, è connesso al mutamento di comportamen-ti del consumatore: tant’è che «la popolazione delle personesensibili al prezzo è praticamente raddoppiata in pochi anni» enon si tratta necessariamente «di poveri ma di individui più at-tenti nei loro acquisti, anche se poi li diversificano a secondadel momento, del reparto, della tipologia di punto vendita, del-l’insegna»: insomma, è l’immagine di un consumatore menofedele che si tratta di conquistare puntando per esempio sullacomunicazione del prodotto.

SELEX: L’INNOVAZIONE CREATA DAL “BASSO”Sul tema della fedeltà del cliente torna Stefano Gambolò,

direttore marketing di Selex Gruppo Commerciale. Sottoli-neando l'importanza dei dati consumer per una lettura oggetti-va del livello di fedeltà della clientela, Gambolò cita i risultatidi un'indagine appunto di taglio consumer "in cui si evidenziache i clienti fedeli (quelli che fanno la spesa almeno tre volte almese nei nostri punti di vendita) saturano solo il 48% del lorofabbisogno di freschissimi presso le nostre insegne. Per essereclienti fedeli ci si aspetterebbe qualcosa di più... Da qui la do-manda: i clienti che non acquistano da noi determinati prodot-ti, perchè non li acquistano?

Quindi il problema è aumentare la frequenza al punto di ven-dita e garantire un'offerta adeguata agli specifici bisogni dellaclientela. Un ruolo determinante nella nostra organizzazione èquello delle Imprese stesse, che vivono sul territorio e che han-no una conoscenza approfondita dei consumi locali e dei re-parti dei freschi. Da lì si deve partire, perchè le aspettative delterritorio, dei clienti, diventano per noi stimolo all'innovazione.Un’innovazione che si radica nel tessuto reale dei bisogni deiconsumatori e quindi non “calata dall’alto” ma frutto del con-tatto diretto e dell'ascolto della clientela. Queste logiche di cuiabbiamo parlato valgono per i freschi ma anche per il confe-zionato, dove non si raggiunge una saturazione del 50%. Biso-gna quindi mettere in atto progetti innovativi che vanno dai for-mat ai cluster assortimentali al category, con l'obiettivo di for-mulare assortimenti sempre più in linea con le aspettative deidiversi territori. “Questi progetti innovativi, magari imple-

mentati in un primo tem-po solo in alcune impresedel Gruppo, fanno poi dacassa di risonanza perquelle che non li hannoancora applicati”. Altrotema rilevante sul tappetoè stato infine quello dellapartnership con l’indu-stria di marca, che Gam-bolò ha inquadrato nellalogica di un’integrazionenecessaria ed utile, a con-dizione che i marchi lea-der giochino un ruoloproattivo, in particolarecome protagonisti di ”ve-ra” innovazione e “pro-motori” di nuovi momen-ti di consumo. �

Da sinistra, Stefano Gambolò (Selex Gruppo Commerciale) e AlessandroFerrarese (Coop Alleanza 3.0).

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