La Furia del Banco - Anno I - Numero 2

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Il secondo numero de "La Furia del Banco", giornale studentesco edito dagli studenti dell'Istituto Tecnico Industriale Stanislao Cannizzaro di Colleferro (RM)

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Neve: emergenza, disagi e magia

Agli inizi di Febbraio per- fino il Colosseo ha ceduto al candido fascino della neve: una nevicata così non si vedeva dal lontano 1985. II disagi, purtroppo, sono stati a dir poco notevoli, con interventi poco tempestivi ed inefficaci, seguiti da un ironico ''scaricabarile'' di re-sponsabilità tra il sindaco Alemanno ed il capo della protezioneprotezione civile Gabrielli, come se un evento meteoro- logico, al giorno d'oggi, non fosse facilmente prevedibile e gestibile.Un fascicolo di indagine è stato aperto in risposta alle numerose denunce da parte dei cittadini.IlIl piano d'emergenza preve- deva 250 mezzi e 6000 uo- mini mobilitati, ZTL aperte per consentire il defluire del traffico, obbligo di circola-

-zione con catene per tutti gli autoveicoli, autostrade e tir sotto controllo e quintali e quintali di sale da cospar- gere sulle strade principali.MaMa i pendolari, nonostante tutto, sono rimasti paraliz- zati, complice la totale o parziale soppressione di sin- goli treni od intere linee, co- me la Roma-Cassino, ope- rata da Trenitalia, che ha ri-tenutotenuto preferibile sospen- dere preventivamente tutti i collegamenti per Roma, Vi-terbo, il Frusinate, l'Um- bria e l'Abruzzo anziché ga-rantire almeno due corse di andata e di ritorno, pre- cedute magari da una mac-china spalaneve. Anche scuole, musei e mo- numenti sono rimasti chiu- si, compreso il nostro Isti- tuto, per ordinanza comu- nale, accolta con felicità degli studenti - e perfino dai professori - che hanno avuto ilil tempo di godersi la neve

con gli amici. MaMa non tutti hanno goduto di questa breve e limitata fortuna: molti dei paesi li- mitrofi (ad esempio Carpi- neto Romano) sono rimasti isolati dal mondo a causa delle strade bloccate, senza elettricitàelettricità e con i supermer- cati chiusi per giorni. C'è persino chi è riuscito ad approfittarne, come i super- mercati, aumentando i prezzi a causa della scarsità dei viveri, o come chi vende catene per auto che, con l'aumento della domanda, non ha esitato a guadagnarci.non ha esitato a guadagnarci. Ma guardando il lato po- sitivo di tutta questa bu- fera, forse l'unica cosa che non è stata congelata è l'a-nimo umano. Ad esempio, i detenuti del carcere di Rebibbia si sono offerti volontari per spalare la neve in piazza, ma, per- fino nel nostro piccolo, si è incontrato chi è uscito per fare la spesa al vicino an- ziano,ziano, rimasto bloccato a casa, o le numerose famiglie che in questi giorni hanno portato i figli a giocare fuori.Chi di voi non si è fermato, almeno per un attimo, a guardare fuori dalla finestra con un sorriso?

YLENIA ROMANI

Indocalendar: ponte Italia-India

5907. Un semplice numero, un numero qualunque, di poco significato se non relazio- nato a un criterio di valuta-zione. 5907 sono i chilometri che separano Roma dalla capi- tale dell’India, New Delhi, circa 50 giorni di viaggio se non fossero state inventate macchine, treni, aerei o qualsiasi altro mezzo di tra-sportosporto moderno e all’avan- guardia. Due storie, due tradizioni che si fondono nel presente, in questa unica, grande città che chiamiamo Mondo. È pur sempre af- fascinante, però, compiere questoquesto viaggio nel tempo, alla scoperta di usanze e tradizioni italiane e indiane. Ed è questo ciò che avviene nel progetto online Indo- Italian Calendar: un calen- dario dove, mese per mese, sisi scoprono e si inseriscono notizie su festività del dato mese, dai battesimi e riti di ogni religione alle feste di compleanno, dagli eventi a livello locale a quelli che coinvolgono l’intera Nazio- ne. A poco a poco, si elimi- ne. A poco a poco, si elimi- nano le imponenti barriere

della distanza, condividen- do un mondo, una cultura cosi diversa ma singolare nella sua originalità, seppur solo da una piattaforma vir-tuale. Avete mai sentito parlare del Diwali, per esempio? Il Diwali, o festa delle luci, rappresenta la vittoria del bene sul male ed è usanza accendere luci e candele nelle case e persino nella propriapropria città. Bel modo di risparmiare corrente elettri- ca per qualche giorno, an- che se non è questo il fine ultimo della tradizione in questione. Riuscireste mai a immagi- nare la vostra città tappez- zata di candele e luci a olio, non illuminata dai soliti lampioni alimentati da cor-rente elettrica? Personalmente no.Nel Dicembre 2011, poco prima di dare inizio a questo progetto online, al- cuni studenti Italiani del- l’ITIS Cannizzaro (parte-cipanti all’organizzazione dell’International Club, che appunto si occupa di realiz- zare questi scambi intercul- turali) hanno ospitato degli studenti indiani, che a loro volta, nel Dicembre 2012, li accoglieranno in India

nelle proprie dimore.VarcandoVarcando la soglia dei pre- giudizi, abbiamo scoperto che essendo ragazzi, condi- vidiamo le stesse emozioni, gli stessi bisogni e la stessa irrefrenabile voglia di vive- re, perfino i giochi più sem-plici.plici. È sembrato essere ra-gazzi dello stesso quar- tiere quando, giocando a ruba bandiera, ci siamo stupiti nel constatare l’inu- tilità di spiegazioni delle regole del gioco. Ed è cosi che ci siamo accorti che forse la distanza non è poi un ostacolo insu-perabile o un muro che divide comple- tamente due realtà. Perché siamo tutti ragazzi.Un progetto nato per evol- vere le nostre conoscenze in Inglese tramutato in una scoperta di una realtà diver- sa e allo stesso tempo simile alla nostra. VorreiVorrei quindi concludere con poche semplici parole ma che possano riassumere quanto detto in preceden- za:-- Il bello di essere una Nazio- ne è avere e conservare una propria storia e tradizione;- Il bello di essere un Mondo globalizzato è la coscienza di essere tutti, indistinta- mente essere umani.

LARA LAMELZA

"Mi auguro che in Parla- mento si possa affrontare anche la questione della cittadinanza ai bambini nati in Italia da immigrati stranieri. NegarlaNegarla è un'autentica fol- lia, un’ assurdità". ComeCome ribadisce il nostro Presidente della Repubbli- ca, Giorgio Napolitano, i bambini nati in Italia da genitori stranieri dovreb- bero essere a tutti gli ef- fetti cittadini italiani, dato cheche crescono nel nostro paese, rispettando le no- stre leggi e frequentando le nostre scuole; ciò pur- troppo non accade: la leg- ge n° 91 del 1992 ricono- sce la cittadinanza ai nati inin Italia solo per "ius san- guinis" (diritto di sangue), per cui bisogna essere nati da almeno un genitore avente la cittadinanza ita- liana, tralasciando lo "ius soli" (diritto di suolo), per

cui, appunto, basterebbe nascere sul suolo italiano per essere riconosciuti cit- tadini (come accade negli U.S.A e in tutti i paesi con un alto tasso d'immigra- zione). LaLa questione ha spinto 19 organizzazioni della socie- tà civile a promuovere "L'Italia sono anch'io", pe-tizione per riformare il di-ritto di cittadinanza, per consentire anche ai bam- bini nati da genitori stra- nieri regolari in Italia, di essere riconosciuti come cittadini. La proposta di legge ruota essenzialmente attorno a due punti: riconoscere la cittadinanza a bambini, nati da stranieri, che han- no ottenuto da almeno un anno la cittadinanza del nostronostro paese e, a tutti quei piccoli che, non essendo nati qui, abbiano conse- guito almeno il primo ciclo scolastico delle elementari. Ma cosa vuol dire davvero essere cittadini..?

Cittadino è colui a cui lo Stato riconosce pieni diritti civili (libertà personale, di movimento, etc.), pieni di-ritti politici (partecipa- zione al governo dello Sta- to), pieni diritti sociali (sa- lute,lute, lavoro, istruzione) e, a livello psicologico, sente di appartenere ad una co- munità.Un ragazzo nato e cresciu- to in Italia, che ha vissuto nel rispetto delle nostre

della loro famiglia, dei loro amici, della loro casa. PerPer questo, e solo per questo, avrà la possibilità di diventare cittadino es- clusivamente al raggiun- gimento del suo diciot- tesimo anno di età, am- messo abbia vissuto inin- terrottamente in Italia.terrottamente in Italia.Certo, non si è cittadini solo per un “pezzo di car- ta”, bensì per l’atteggia-

regole, che si è formato nelle nostre scuole, non avente alcun tipo di bar- riera tra i suoi coetanei, come può non essere con- siderato ufficialmente cit- tadino italiano? Cos'ha lui in meno dei suoi amici..?in meno dei suoi amici..?Due genitori che per lui hanno desiderato un futu- ro migliore di quello che avrebbe potuto avere se fossero rimasti nel loro paese natale, che per venire in Italia hanno affrontato grandigrandi sacrifici, pagando cifre esorbitanti e soffren- do per di più l’abbandono

mento rispettoso verso la patria, per cui si nutrono profondi sentimenti, ma è proprio per quel pezzo di carta che molti ragazzi, uf- ficiosamente cittadini, non godono di tutti i diritti di cuicui dovrebbero giovare, nonostante siano veri e propri "Italiani".Ultimamente alcuni Co- muni stanno riconoscendo l'appartenenza, seppur sim-

bolicamente, di questi ra-gazzi al nostro Stato per spronare il governo a pren-dere provvedimenti, "Con-cedere la cittadinanza ono-raria ai figli degli immigra-ti stranieri nati nel nostro Paese, - come dice Sergio D'Angelo - infatti è un atto di civiltà, degno del prestigio dell’Italia, della sua storia e della sua cultu-ra".

FEDERICA D’ELIA

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La terribile monotonia del posto fisso che non c’è

Abolizione valore legale della lauree: manna o condanna?LUCA PALMIERI

Il valore legale dei titoli di studio è oggetto di dibatti- to, all'interno del mondo accademico, da più di un decennio.AA rinfiammare nuovamen- te gli animi è stata la pro- posta avanzata dal minis- tro Profumo in vista della riunione del Consiglio dei Ministri tenutasi il 27 Gennaio 2012, subito bol- latalata dalle agenzie di stam- pa sotto l'etichetta di “abo- lizione del valore legale delle lauree”.La “minaccia” di un tale provvedimento ha suscita- to immediatamente vigo- rose reazioni all'interno dell'opinione pubblica, con prese di posizione tanto dall'una quanto dall'altra parteparte della barricata, divisi fra chi, come il sindacato studentesco universitario “Link”, distribuisce rotoli di carta igienica con su scritto “Laurea” al grido di “Titolo di studio o carta straccia?”straccia?” e chi invece, co- me Confindustria, plaude ad una norma che “va sicu- ramente nella direzione di una vera liberalizzazione”, in pieno revival neoliberista.E mentre nelle piazze, nei palazzi e nei salotti televi- sivi imperversa la battaglia ideologica, il Paese, sul- l'onda degli umori, parteg- giagia talvolta per gli uni tal- volta per gli altri, perché a farla da padrone, al di là di

ogni retorica, è la disinfor- mazione. Una coltre spessa, pesante, che si spinge sino al nocciolo dell'intera vicen- da: questo fantomatico “valore legale dei titoli di studio”, in cosa consiste?AA dispetto di un quadro giuridico piuttosto confu- so, possiamo ricondurre il valore legale dei titoli di studio a due aspetti princi- pali: lo standard di qualità minima dell'istruzione di- spensata,spensata, garantito dallo Stato, e la validità del tito- lo conseguito per il prose- guimento degli studi e l'accesso agli albi profes- sionali ed alla pubblica amministrazione.E' evidente che, in questa discussione, non è il primo caposaldo ad essere attac- cato: riuscite forse voi ad immaginare un Italia in cui chiunque, da un giorno all'altro, possa aprire la propriapropria Università, senza sottostare ad alcun control- lo qualitativo operato dal Miur, così da inondare il mercato di milioni di titoli privi di valore (formativo)? Impensabile, senza biso- gno di sottolineare quale ruolo fondamentale il set- tore dell'istruzione ricopra all'interno della formazione del singolo cittadino, tale non solo da giustificare, bensìbensì da incentivare l'in- tervento dello Stato a ga-rantirne il livello. L'oggetto dello scandalo, quindi, è la soppressione del voto e della tipologia

di laurea quale discriminan- te, sia in termini di pun- teggio che di prerequisiti, per l'acceso ai concorsi pubblici ed agli Esami di Stato che garantiscono l'i-scrizione agli albi delle professioni.professioni.La tanto declamata “aboli- zione”, quindi, altro non è che una attenuazione del peso dei titoli di studio nelle procedure di selezione.A spingere in questa dire- zione è la constatazione, inequivocabile, che il valo- re, quello vero, intrinseco, di un determinato “pezzo di carta” varia molto, trop- po, a seconda dell'ateneo dov'èdov'è stato conseguito, im- pedendo di conseguenza l'uso del voto come ade- guato metodo per l'apprez- zamento dell'idoneità del candidato.Come fare allora per sele- zionare personalità adatte a ricoprire i ruoli vacanti, specie in un periodo come questo, dove l'offerta è e- stremamente ridotta e l'e-norme massa degli aspi-ranti scalpita?Numerosi voci spingono per una graduatoria degli atenei italiani, stilata dal- l'agenzia pubblica Anvur (“Agenzia nazionale di va-lutazione del sistema uni- versitario e della ricerca”), cosìcosì da poter correttamen- te convertire il semplice voto di laurea in un para- metro “pesato” tenendo in conto la qualità della forma- zione ricevuta dallo stu-

-vestimento sul diritto allo studio la mobilità studen- tesca, così da garantire a tutti i meritevoli la possi- bilità di accedere e fre- quentare i corsi migliori.Ma,Ma, senza proiettarci tanto in avanti, possiamo consta- taretare come un tale provve- dimento avrebbe come ef- fetto, anzichè la “liberaliz- zazione”, una maggiore co-strizione nelle valuta- zioni, attribuendo ai titoli di studio un valore legale moltomolto più ingombrante di quello che oggi effettiva- mente posseggono.L’unica via percorribile, quindi, è il garantire alle Commissioni una maggio-

-dente. Che abbiano trovato “la formula dell'eccellenza”?LoLo scetticismo sul criterio è d'obbligo, ma non finisce qui: qual è l'assetto che vo-gliamo che l'Università pubblica italiana abbia in futuro? Si vuole creare una ristretta cerchia di atenei d'eccellenza,d'eccellenza, come in altri Stati dell’Unione?Se così fosse, ben altro è necessario. Dovremmo al di là del valutare l’effettiva utilità di una tale organiz- zazione, andare ad interve- nire sui criteri di selezione degli studenti all’uscita del- lele scuole superiori, suppor- tando con un cospicuo in-

re libertà di movimento, assicurandosi al contempo che a comporle siano chia- mate persone di indiscussa integrità morale, lontane da ogni sospetto di clien- telismo o corruzione, in gradogrado di entrare davvero nel merito delle compe- tenze dei candidati, dei loro titoli e dei loro curri-culum, facendo giustizia al percorso di ognuno. Nel Bel Paese, purtroppo, è più facile a dirsi che a farsi.E' chiaro, tuttavia, che una vera e coraggiosa riforma dell'Università pubblica passa per ben altre temati-che.

FLAVIA SOFTA

Ormai non si può più na-scondere che, soprattutto nella fase che stiamo attra-versando, esiste un proble-ma economico ma, prima ancora umano ed esisten-ziale, che colpisce soprattutto i giovani: la precarie-tà. Conquistare un posto di lavoro, oggi, è un privilegio. È veramente inconcepibile il fatto che giovani diplo- mati e laureati con ottimi

voti fatichino ad inserirsi sul mercato oppure, se rie-scono, debbono sottostare a contratti a tempo deter-minato per mansioni che non riescono soddisfare le loro aspettative.Per molti la ricerca di un posto risulta lunga e diffi- cile. I laureati rispondono direttamente agli annunci delle offerte, si rivolgono ad agenzie, inviando curri- culum e proponendosi per qualsiasiqualsiasi attività. Purtrop- po, non sempre riescono a trovare lavori inerenti a ciò

che hanno studiato. Anzi, spesso si devono acconten- tare di occupare posizioni a cui, in fondo, non sono nemmeno interessati. QuestoQuesto è il motivo per cui molti decidono di trasfe- rirsi all’estero, facendo mol- ti sacrifici, per inseguire prospettive lavorative più appetibili. PerPer non parlare dello sti- pendio, così basso da non permettere ai giovani di emanciparsi dalla famiglia di origine e di realizzare un proprio progetto esisten- ziale: comprare una casa, sposarsi,sposarsi, fare figli, godersi il tempo libero e costruirsi una carriera. Come sappiamo, in questi ultimi decenni abbiamo assistito alla globalizzazio- ne dell’economia, così che chi entra oggi nel mercato del lavoro deve competere anche con i paesi in via di sviluppo,sviluppo, i cui lavoratori sono disposti ad accettare salari più bassi, che le a- ziende scelgono per favori- re una produzione più eco- nomica di beni e servizi. In Italia, poi, la situazione è ancora più grave, a causa dell'enorme debito pubbli- co che grava sulle casse

dello Stato, dei molti pri- vilegi, degli sprechi e del ritardo tecnologico e cul- turale delle piccole e me- die imprese. PerPer risolvere la situazione bisognerebbe favorire la giustizia sociale, la merito- crazia, il dinamismo e l'in- novazione. Dobbiamo met- terci bene in testa che il la- voro è una sfida impegna- tiva,tiva, che richiede uno sfor- zo tanto collettivo quanto individuale, tenendo sem- pre presente che dobbia- mo essere consci della no- stra dignità e dei nostri di- ritti, quali il sostegno eco- nomiconomico a chi perde il posto o una migliore istruzione, per avere maggiori opportunità.Bisogna ridare speranza ai giovani e alle persone che adesso sono escluse dal mercato, poiché, anche se la situazione giovanile è grave, non lo è mai quanto quella di adulti disoccu- patipati che hanno già costrui- to famiglia. I giovani possono accettare il lavoro a tempo determi- nato, inizialmente, alter- nando magari lavoro e studio, ma questi crescen- do avranno bisogno del posto fisso. Rischiano, al-

-trimenti, di perdere spe- ranze, prospettive ed auto- stima. La mancanza di si- curezza per il futuro, oltre-tutto, rovina anche il pre-sente, riducendo la qualità della vita per la maggior parte dei precari. Gli Stati devono interve- nire, perché le persone che

La giornalista Caterina Soffici, in un articolo, porta come esempio alcuni gior- nalisti, che guadagnano 8000 euro al mese scriven- do sì e no due pezzi, intoc- cabili ed impossibili da buttarbuttar fuori, a fronte di moltissimi collaboratori pre- cari con un contratto a ter- mine che lavorano molto per essere pagati pochis- simo, o addirittura a gratis, sperando un giorno di poter entrare nel sistema. Forse, licenziare le persone che non fanno nulla e con queiquei soldi pagarne altre tre che al contrario ne avreb- bero voglia non sarebbe sbagliato. Ma, ripensandoci, alla luce di un altro articolo, scritto da “San Precario”, Monti con la frase scritta in pre- cedenza ha affermato che il posto fisso è una monotonia. EE lui, come tanti altri, negli ultimi 30 anni quanti posti di lavoro ha cam- biato?Nessuno!AlloraAllora possiamo augurar- gli di scrollarsi di dosso tutta questa monotonia, visto che tantissimi giova- ni, oggi, fanno di tutto pur di potersi annoiare così!

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Georges, mon ami Georges!Note fra i banchi: perchè no?

Scegliere le Lettere oggi: le ragioni di una sana follia

Simenon non ti spiega l’animo umano, ti ci porta proprio dentro. Ti trapianta in un mondo di cui finora avevi avuto solo sentore, estrae quell’intuizione, quel cosmo interiore nascosto dal profondoprofondo di te. Lo vedi con i tuoi occhi, è così chiaro, semplice e intenso ma non riesci a spiegarlo, se cerchi parole per descriverlo non puoi far altro che leggere il libro, perché le parole per raccontareraccontare quella situazione sono tutte e sole quelle che usa lui.In questo romanzo il titolo preannuncia l’intero dramma.Kees Popinga, l’uomo che guardava passare i treni, che camminava tranquillo su binari stabiliti da altri a

finchè un giorno, spinto dal dubbio, non fa un controllo al lavoro e scopre che la sua vita è stata tutta una men- zogna. Infrantosi ciò in cui credeva, spezza ogni lega- me e prende la sua deci- sione,sione, il suo treno, un treno verso il baratro, una corsa verso le faglie più intime dell’uomo e della società.Qual era stato il mondo di Kees Popinga? Uno incon- sueto, lontano da noi? No. EraEra il consueto, il mondo in cui tutto è come deve essere e tutto deve apparire secon- do i canoni consueti, si può fare ciò che si vuole, l’im- portante è che tutto sembri normale. L’uomo deve pre- occuparsioccuparsi di come lo vedono gli altri e non come lui vede se stesso. Fino a che un piccolo dub- bio non ti sconvolge la vita.Una semplice verifica e tutto va in pezzi, vedi

LUDOVICA PIRELLI

EMANUELE STIVALA

La musica non è mai stata così accessibile come al giorno d’oggi. AlcuniAlcuni adducono alla nuova mentalità consu- mistica il radicale muta- mento dell'esperienza mu- sicale, secondo cui ascolta- re non è più un'azione attiva bensì un subire, altrialtri denunciano il “busi- ness” delle case discografi- che, colpevoli dell'averla trasformata in un prodot- to commerciale, facendo svanire quel rapporto intimo tra ascoltatore e pezzo,pezzo, presente fino a qualche decennio fa.A prescindere da tutto ciò, quello che manca in Italia è una vera e propria cultu- ra musicale.Il problema di fondo è che questa disciplina risente ancora dell’etichetta di “ornamento”: il suo ruolo educativo viene ignorato, oppure svalutato come privilegio per pochi eletti o o per sfaccendati; nulla di realmente “utile”.Recentemente, invece, al- cuni esperimenti hanno dimostrato che la musica è capace di trasmettere un messaggio ben preciso: espressione del mondo psichico, è un universo che solosolo chi è in grado di com-prendere può inter- preta-re. In varie scuole

superiori è stato proposto ai ragazzi l'ascolto di alcuni brani di musica classica, chiedendo loro di descrivere ciò che i pezzi gli trasmettevano. Nella maggior parte dei casi, le emozioniemozioni e i pensieri ma- nifestati furono quasi identici.Non si può quindi negare l'utilità della musica per lo sviluppo dell'individuo: è funzionale durante l’in- fanzia, aiuta la coordina- zione e il movimento, nonché previene le espres- sionisioni di ansia e i disturbi alla concentrazione così frequenti nell’età prepu- berale.Sembra addirittura che i giovani di oggi tendano ad omologarsi proprio perché non hanno un vero contat- to con la musica. Sono ini- biti, si uniformano, non rie-scono ad esternare i loro sentimenti.sentimenti.Perché, quindi, nel nostro Paese l'educazione musi- cale non rientra nel per- corso formativo dell'indi- viduo?Nel resto d’Europa la musica viene studiata, non necessariamente dal punto di vista strumentale, bensì all’interno del suo percor- so storico, essendo parte integrante, infatti, del ba-gagliogaglio culturale che un liceo contribuisce a forma- re, con materie quali, ad esempio, la storia dell'arte,

la letteratura e le lingue antiche. Perché proprio il nostro Paese, patria di molti dei più grandi compositori, discrimina la musica?InIn realtà, un tentativo di integrarla nei percorsi sco-lastici delle scuole supe-riori fu fatto. Nel 2003, la Riforma Mo-ratti prevedeva l’inse- gnamento della storia della musica in ogni liceo. Non entrò mai in vigore, prima vittima dei tagli della Riforma Gelmini.Negli ultimi due anni invece si è spesso parlato dell’istituzione di un Liceo Musicale, per colmare il vuoto lasciato dall'equipa- razione dei Conservatori a vere e proprie facoltà uni-versitarie,versitarie, inaccessibili a coloro che non vogliono fare della musica il loro mestiere. Questo progetto è ancora lontano dal realizzarsi: soltanto quaranta le se- zioni funzionanti in tutta Italia, meno di una per provincia. UnUn numero neppure lon- tanamente sufficiente a soddisfare la domanda; e nulla si muove per com- pletare sul serio il baga- glio culturale degli stu- denti.LaLa parola al Ministro Pro-fumo.

FEDERICA VIA

“Erra chi dice che le lette-re guastano e’ cervelli degli uomini, perché è for- se vero in chi l'ha debole; ma dove lo truovano buo- no, lo fanno perfetto; per- ché el buono naturale con- giuntogiunto col buono acciden- tale fa nobilissima compo- sizione.”Francesco Guicciardini, uno storico, filosofo, poli- tico e letterato rinasci- mentale, associato al ben più celebre Niccolò Ma-chiavelli, il cui pensiero era diametralmente op- posto,posto, così si esprime su tale tema. Questa massi- ma evidenzia le numerose credenze che aleggiano at-torno alla figura del- l’uomo di lettere, e mostra come il pregiudizio comu- ne, secondo cui i letterati siano “sfaccendati” che non producono altro che chiacchiere, in un mondo che solo apparentemente si muove grazie ai fatti, sia ben radicato nella storia cosìcosì come le secolari dif- ficoltà di chi intraprende questa difficile e sicura- mente non remunerativa scelta. Basti pensare che già circa 2000 anni fa dei poeti latini vissuti nell’epoca imperiale come Marziale e

Giovenale si lamentavano nei loro sferzanti e critici componimenti della loro stessa condizione, che li vedeva costretti a servire dei padroni nel ruolo di “clientes”, a procacciarsi giornogiorno per giorno il ne- cessario per vivere: li si può ben paragonare ai co-siddetti “precari”, rele- gati ad un ruolo molto più servile dei nostri antenati di qualche millennio ad- dietro. Ben pochi com- prendono l’importante funzione comunicatrice della letteratura, e quindi anche di chi ne è artefice; storicamente questa ten- denza è chiamata “mece- natismo”,natismo”, dal nome di un importante collaboratore di Augusto, appunto Me- cenate, che promosse la nascita di una letteratura nazionale sovvenzionando famosissimi poeti, tra i qualiquali Virgilio ed Orazio (autore della famosa locu-zione “carpe diem”).Veniamo al punto del di-scorso: è utile al giorno d’oggi una laurea in mate-rie umanistiche? La risposta non può ovvia- mente essere univoca: come in ogni affare di questo mondo si troveran- no sicuramente sostenitori e detrattori, e non di- mentichiamo che le scelte devonodevono essere prettamen-

te personali. Io esporrò le ragioni per cui sto per in-traprendere questa stra- da impervia. A prima vista potrebbe sembrare che i benefici che derivano dallo studio delle lettere sianosiano veramente ridotti: senza dubbio appare poco conveniente dal punto di vista economico laurearsi in facoltà letterarie, dato che la società odierna pare più protesa alla conoscen- zaza scientifica, stretta nella morsa della ripetitiva quotidianità che Montale definì “l’epica della grigia casualità della nostra vita di tutti i giorni”, ma che non mancava di manifes- tarsitarsi più velatamente an- che in epoca classica, sotto forma del “tedium vitae” descritto da Lucrezio e ri-preso da Orazio. Il giova-ne Verga nel 1873 si ac-corse di questa tendenza della società contempora- nea, tanto di dichiarare la quasi “impotenza” della letteratura nella prefa- zione realista del romanzo giovanile “Eva”, di spic- cata attualità rispetto alle massemasse lobotomizzate che oggi proliferano, disinte- ressate alla possibilità dell’analisi introspettiva che la letteratura ha offer-to da ogni tempo e cieca-mente votate al consumo. .

Tuttavia, prendendo in esame le motivazioni non attinenti a questioni socia- li ed economiche, si può ben vedere come la cultu- ra costituisca un’impor- tante e continua occasione didi arricchimento interiore e di scoperta di nuove emozioni. Per questo, chi studia in facoltà letterarie, acquisisce un’apertura mentale verso l’altro e verso gli altri, verso altri mondimondi (come ad esempio avviene nello studio della filosofia antica) e altre ci- viltà. Nondimeno, si stu- diano le potenzialità della parola (l’aggettivo uma- nistico deriva dal volgare quattrocentescoquattrocentesco che con questa parola designava le rivalutate lettere “uma- ne”, in opposizione agli studi medievali che esami- navano quasi unicamente le lettere “divine”, cioè la Bibbia).Bibbia). Infatti il corso di laurea in scienze della co-municazione si trova nelle facoltà di Lettere e filoso-fia; la parola, e maggior-mente il suo uso, in- fluenza non poco la nostra vita, anche se raramente ci si fa caso. Coloro che ideano le pubblicità che ogni giorno vediamo in televisione hanno studiato dettagliatamente le tecni- che retoriche ed oratorie che si tramandano fin dal- che si tramandano fin dal-

-l’antichità. Ai tempi del- l’antica Roma una solida educazione letteraria ga- rantiva l’accesso alle più alte cariche, ed anzi ne era un prerequisito indispen- sabile. Colui che aveva compiutocompiuto studi di retori- ca, ovvero il “peritus di-cendi”, l’esperto nel par- lare secondo una formula catoniana, aveva il potere di abbindolare con le sue espressioni una folla pres- soché analfabeta e sicura- mente incolta. Un’ultima motivazione, sicuramente più personale e forse visio- naria, è il fascino dello stu- dio di documenti eterni,

capolavori imprescindibili dell’ingegno umano che le lettere prevedono. Infatti sono numerosi gli esempi di letterati che si vantano di essere scolpiti per sem- pre nell’eternità sotto l’egi- dada della poesia eternatri- ce: Orazio che dice di ave- re costruito un monumen- to più resistente del bron- zo e delle piramidi, che si deteriorano con l’inesora- bile scorrere del tempo ed ilil fiume del costante cam- biamento, fino ad arrivare in tempi più moderni a Foscolo che celebra Ome- ro eternatore dello scon- fitto Ettore.

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OGM incontra i “Calibro 90”, un’intervista a ritmo di rock!PIER FRANCESCOVENTURATO

Il lancio di una novità sul mercato editoriale è sempre accompagnato da un cupo terrore, che attanaglia l'ani- mo del suo nucleo propul- sore, sia esso un romanzo, un saggio, una rivista o, comecome nel nostro caso, una “testata giornalistica”: il ti- more del silenzio.Una paura legittima dinan- zi alla sovrapproduzione di nuovi titoli e prodotti che rischia di travolgere ed af- fogare i pochi nuovi ele- menti di valore nell'oceano sconfinato della mediocrità e e della superficialità, impe- dendo loro di suscitare una

reazione nel pubblico, di ar-ricchirsi del contributo che ogni lettore apporta con le sue opinioni, qualunque esse siano.Ci rallegriamo, pertanto, di averla scampata.Vuoi per l'ambiente cultu- rale chiuso e stagnante di Colleferro che bisognava d'una ventata di freschezza e novità, vuoi per la rottura del binomio “giovani” - “dilet- tanti” che uccide lo spirito d'ognid'ogni iniziativa, vuoi per le tematiche affrontate, “la Furia del Banco” è riuscita ad attirare su di sé la debita attenzione, a far parlare, nel

bene e nel male. TantoTanto quanto per i compli- menti, infatti, ci felicitiamo delle discussioni e delle po- lemiche. E' il segno che ci avventuriamo e riflettiamo su temi vivi, caldi, che inte- ressano, e non su terreni freddifreddi ed incolti, per mera erudizione. Auspichiamo, in- fatti, che tali rimostranze e critiche trovino voce, sotto forma magari di lettere in-dirizzate all'email della Re- dazione (lafuriadelbanco@ gmail.com), così da alimen- tare un dibattito serio e co-struttivo, tale da arric- chire la testata stessa.

Ma il miglior regalo è stato l'allargamento della Reda- zione! Abbiamo infatti dato il benvenuto ad Ylenia Romani, Federica D'Elia, Flavia Softa e Lara Lamelza. PersinoPersino due ragazzi del Liceo Scientifico Marconi hanno contribuito alla ste- sura di questo nuovo nume- ro, Emanuele Stivala e Fe-derica Via. Una collabo- ra-zione che speriamo perdu- ri nel tempo, poiché la cul- tura non conosce barriere.Un grazie, quindi, a tutti loro e a tutti voi che, ma- gari per sbaglio, sbircerete fra le nostre righe.