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La funzione della percezione musicale nella costruzione di Dante personaggio della Commedia CHIARA CAPPUCCIO Universidad Complutense de Madrid [email protected] RESUMEN: El artículo se centra en el estudio de la función de las percepciones melódicas, y su transformación en representación musical, como recurso para la construcción de Dante-personaje en la Commedia, referiéndonse no sólo al agens de la acción narrativa, sino también a quien cuenta los hechos representados en el poema. El problema de la relación entre función mimética y función diegética en la obra de Dante, muy estudiado por la crítica, es considerado en este trabajo únicamente bajo la perspectiva del análisis de las referencias musicales, por medio de una dis- tinción entre percepción sonora y percepción melódica. Tomando como punto de partida las cuestiones relativas a la relación entre el yo empírico y el yo poético presentes en la obra, este trabajo propone el análisis de unos pasajes puntuales de Purgatorio y Paradiso para demostrar cómo la función de las percepciones mu- sicales, y su transformación en descripción y representación gracias al uso de un léxico apropiado, forman parte del proceso de construcción tanto del viator que explora y conoce el mundo del mas allá como de quien narra y glosa el texto. P ALABRAS CLAVES: Dante personaje, percepciones, Purgatorio, Paradiso, música litúrgica. 155

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La funzione della percezione musicale nella costruzionedi Dante personaggio della Commedia

CHIARA CAPPUCCIO

Universidad Complutense de Madrid

[email protected]

RESUMEN:

El artículo se centra en el estudio de la función de las percepciones melódicas,y su transformación en representación musical, como recurso para la construcciónde Dante-personaje en la Commedia, referiéndonse no sólo al agens de la acciónnarrativa, sino también a quien cuenta los hechos representados en el poema. Elproblema de la relación entre función mimética y función diegética en la obra deDante, muy estudiado por la crítica, es considerado en este trabajo únicamentebajo la perspectiva del análisis de las referencias musicales, por medio de una dis-tinción entre percepción sonora y percepción melódica. Tomando como puntode partida las cuestiones relativas a la relación entre el yo empírico y el yo poéticopresentes en la obra, este trabajo propone el análisis de unos pasajes puntuales dePurgatorio y Paradiso para demostrar cómo la función de las percepciones mu-sicales, y su transformación en descripción y representación gracias al uso de unléxico apropiado, forman parte del proceso de construcción tanto del viator queexplora y conoce el mundo del mas allá como de quien narra y glosa el texto.

PALABRAS CLAVES: Dante personaje, percepciones, Purgatorio, Paradiso, músicalitúrgica.

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ABSTRACT:

The article focuses on the study of the function of melodic perception and itstransformation into musical performance as a means of constructing Dante’s per-sona in the Commedia, with reference to the agent of the narrative action, but alsoto the narrator of the events the poem presents. The problematic relation betweenthe mimetic and diagetic functions of Dante’s work (subject of much critical in-vestigation) is considered in this essay solely from the perspective of analysis ofmusical references, by differentiating the perception of sound and melody. I havetaken as a starting point themes relative to the relation between the poetic “I”and the empirical “I” present in the work. This article analyses certain passagesof the Purgatorio and the Paradiso to show how the function of musical percep-tion and its transformation into description and performance, using language fit-ted to this purpose, is part of the creative process of both the viator (who exploresand encounters the other world) but also of the narrator who glosses the text.

KEY WORDS: Dante’s persona, perceptions, Purgatorio, Paradiso, liturgical music.

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L’UNO E IL MOLTEPLICE. DIALETTICA DELLE PERCEZIONI

Nelle sue interessanti «Note sul personaggio Dante nella Divina Com-media» Giuliana Nuvoli ritorna sulla dibattuta questione della relazionetra il personaggio e l’autore nel poema dantesco, mettendo in risalto ilruolo paritario che il narratore stabilisce col lettore rispetto alle informa-zioni distribuite nel testo che marcano i diversi momenti dello sviluppodella trama:

Nella costruzione di Dante-personaggio, l’autore rende sempre vi-sibili le sue emozioni: non si comporta da narratore omniscienteche mostra di saperne di più del lettore ma gli fornisce gli stessi in-dizi che sono in suo possesso, attraverso il racconto puntuale dellesue reazioni fisiche. (Nuvoli 2008:4)

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Riprendendo i temi fondamentali che il rapporto tra funzione mimeticae funzione diegetica pone alla critica dantesca già dalle interpretazionipascoliane, poi magistralmente approfondite da Spitzer, Singleton, Con-tini e Picone, l’autrice accenna al ruolo delle percezioni sensoriali nellacostruzione del personaggio Dante e del racconto, considerato, quest’ul-timo, come fondato sul resoconto puntuale di tali reazioni fisiche1.

Il protagonista del poema si costruisce attraverso le informazioni chedi volta in volta concorrono a creare e sviluppare il suo percorso ascen-sionale di tipo conoscitivo e spirituale. I personaggi racchiusi all’internodella funzione pronominale usata alla prima persona all’interno del testo– sottolineano Picone e poi Nuvoli – sono, però, più d’uno, o meglio co-stituiscono un’unica soggettività letteraria declinata in tre funzioni co-stantemente presenti e sovrapponentesi nel testo. In primo luogo, ecentralissima nella costruzione dell’opera, si trova la funzione dell’agens,il protagonista dell’avventura, l’io empirico, l’homo viator «che rag-giunge l’identificazione divina, un personaggio individuale che emble-matizza la condizione universale dell’Everyman» (Picone 2000:14).

Il narratore della fabula rappresenta il secondo dei personaggi in cui siincarnano le diramazioni dell’io del poema; è colui che ricorda il viaggiocompiuto dal personaggio e che si sforza costantemente di raccontarlonel modo più aderente possibile ai fatti postulati dal testo come veri.

Infine, l’auctor: «colui che mette in opera il racconto del narratore,l’autore che appone su questo racconto il sigillo dell’allegoria, della veritàpoetica finale» (Picone 2000:18).

Il complesso e non così pacifico rapporto tra il viator, protagonista dellivello letterale del racconto, e lo scriba Dei, che interpreta invece gli altrilivelli di scrittura e di lettura del poema, ha dato vita ad una vasta biblio-grafia critica, dettagliatamente riportata nel saggio di Picone qui già citatoper la centralità che assume sull’argomento (Picone 2000:14) .

L’obiettivo di questo contributo non è quello di apportare ulteriori ele-menti di giudizio rispetto ad una questione teorica così determinate neglistudi danteschi, ma solo di analizzare, più modestamente, la funzione del

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ricorso al lessico musicale presente nel testo come un elemento della co-struzione del personaggio della Commedia inteso non solo come coluiche agisce ma anche come colui che fa agire il protagonista.

Tenteremo, quindi, di dimostare come la presenza tematica della per-cezione musicale, e della sua trasformazione in descrizione e rappresen-tazione mediante l’uso puntuale di una terminologia appropriata, concorraalla definizione sia del viandante che esplora e conosce il territorio oltre-mondano sia di chi narra e chiosa il testo.

Che la costruzione della conoscenza dei luoghi dell’aldilà avvenga at-traverso una mediazione sensoriale costituisce un’affermazione facil-mente condivisibile, senza voler entrare nella spinosa questionebrillantemente affontata da Juan Varela-Portas de Orduña relativa alla di-stinzione tra essenza corporea, spirituale e pneumatica che individuano lafisicità o la fantasmaticità del personaggio Dante nella parte conclusivadel suo cammino (Varela-Portas 1995). Affrontiamo l’argomento dellasensorialità uditiva, e più precisamente di quella relativa alle manifesta-zioni musicali, senza pretendere di orientare in un senso o in un altro l’in-terpretazione globale del problema analizzato da Varela-Portas ma solo diindirizzarla alla ricerca sulla costruzione dei distinti personaggi che di-cono “io” nel testo.

Nella teoria medica e filosofica medievale le percezioni sensoriali, cheorientano e generano le reazioni fisiche, costituiscono l’avvio del processoconoscitivo. La costruzione del personaggio della Commedia, del Dante-agens, avviene – come appena accennato – attraverso la conoscenza fattadal protagonista dell’opera di luoghi e personaggi dell’aldilà e tale cono-scenza è mediata dalle percezioni sensoriali.

In seguito alle celebri riflessioni continiane su «Dante come personag-gio-poeta della Commedia» (Contini 1970:335-61), è implicita, però, laconsiderazione del protagonista sia come uomo di lettere, come poeta, siacome soggetto costantemente in fieri, che si costruisce gradualmente finoa trasformarsi radicalmente grazie ad un percorso di conoscenza che partesempre da un livello percettivo (tanto che nel Paradiso assistiamo ad un

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potenziamento delle sue facoltà sensoriali necessarie per rendere possibilela conoscenza del regno dei beati).

Si tratta, come sottolineato da tanti, di un protagonista che comincia adagire in uno stato di profonda prostrazione esistenziale ed arriva a intra-prendere l’esperienza della visione, l’agens, e della descrizione, l’auctor,divina. Dante personaggio diventa poeta attraverso il viaggio e segnala letappe che ne hanno determinato la trasformazione. Il testo mette in mostrail processo di formazione e trasformazione del protagonista, inteso nonsolo come chi agisce ma anche come che ricorda e racconta. Se il viatorsubisce un processo di evoluzione grazie alle esperienze che di volta involta gli si propongono durante il percorso, anche colui che scrive deveintraprendere lo sforzo di adeguare costantemente le parole alle cose.

La figura dell’autore, come sottolineavamo mediante l’incipitaria cita-zione di Nuvoli, è presente come personaggio dell’opera e non intervienecon la chiosa onnisciente di colui che conosce già gli eventi, fatta, chia-ramente, eccezione per le venti celebri incursioni metaletterarie dell’au-tore nel testo. Il lettore, allora, vede, sente, avverte e, quindi, saesattamente quello che il suo protagonista sta sperimentando per la primavolta2. Si tratta, come già evidenziato dalla critica, di uno degli aspettipiù noti a caratterizzare la modernità del poema sacro rispetto ad espe-rienze narrative precedenti, come quelle di tipo epico o oitanico, questeultime nelle loro diramazioni cortesi o allegoriche3.

Le trasformazioni interne al protagonista vengono registrate, da un lato,dalla diversità delle reazioni fisiche e delle percezioni sensoriali che du-rante il percorso cambiano indicando un’evoluzione del personaggio cheparte dalle modificazioni della sua sfera percettiva e dalla sua conseguentecapacità analitica, e dall’altro dall’uso che l’autore fa delle sempre nuoveinformazioni all’interno dell’organizzazione linguistica e poetica deltesto4.

Abbiamo appena sottolineato come l’agens del racconto si costruiscaattraverso la conoscenza di un mondo nuovo; i diversi momenti che se-gnano tale processo sono rappresentati come le varie tappe di un viaggio

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nell’aldilà che è anche un viaggio attraverso le strutture della conoscenzache il protagonista dell’azione sperimenta attraverso il canale primarioed immediato che dà avvio al processo in questione.

Sulla centralità della teoria delle percezioni nelle scienze e nelle filo-sofie medievali è da tempo che la critica letteraria ha concentrato molti in-teressi. Il problema del funzionamento del processo conoscitivo informaimportanti dispute filosofiche medievali, prima fra tutte quella tra l’aristo-telismo radicale e quello di ispirazione tomistica. Come ampiamente sot-tolineato dalla critica degli ultimi anni, la poetica degli spiriti della poesiastilnovistica è inserità all’interno di questo sistema di interpretazione dellarealtà, dal momento che il fantasma della cosa percepita si imprime nel-l’immaginazione del ricevente prima di passare all’intelletto5. La vista el’udito, in quanto predicati della vis imaginativa, sono considerati i sensiprivilegiati e, tra i due, il senso della vista come gerarchicamente supe-riore. Non a caso la III cantica è tutta costruita su rappresentazioni di lu-minosità, la cui descrizione costituisce uno dei maggiori sforzicompositivi e stilistici della Commedia. Il Purgatorio si definisce princi-palmente attraverso il senso dell’udito, essendo la cantica della musicaper eccellenza, e nell’Inferno sono presenti, oltre ai due sensi principali,anche quelli inferiori come l’olfatto e il tatto. Sul rapporto tra vista e udito,proprietà fondamentali dell’immaginativa, si costruisono, dunque, le tantefigure sinestesiche paradisiache nonché la dicotomia estetica tra le ultimedue cantiche.

CONTRAPPASSO MUSICALE

Partiamo dalla considerazione del ruolo delle percezioni musicali nellacostruzione del personaggio inteso come agens.

I sensi superiori, nelle riflessioni medievali sulle percezioni e la cono-scenza, hanno la capacità di distogliere il soggetto da qualsiasi altra ope-razione, di alienarlo rispetto alle facoltà non coinvolte nell’azione visiva

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o uditiva. Vi è una violenza implicita alla radice del funzionamento diqueste due facoltà sensoriali. Assorbita da una delle sue potenze, infatti,l’anima rimane estraniata da ogni altra delle sue volontà. Esse produconoesperienze tra loro assimililabili sia per gli effetti generati sia per la feno-menologia che caratterizza il processo percettivo e le conseguenti evolu-zioni intellettive (Cappuccio 2005: 53).

Si tratta di un pensiero particolarmenete caro a Dante, più volteespresso nella Commedia e presente anche nel Convivio (Purg. XV 115-117; Par. XVIII 24; Par. XXI 1-3; Par. XXIII 97-102; Cv. III, X, 1).

In determinate occasioni Dante, però, distingue la percezione musicaleda quella genericamente sonora in base agli effetti che solo la prima ha lacapacità di generare. Si tratta di luoghi particolarmente rilevanti per qual-siasi discorso sulla presenza della tematica musicale all’interno della pro-duzione dantesca: i versi del II canto del Purgatorio, in cui il poetadescrive gli effetti prodotti dal canto dell’amico Casella sull’uditorio, e ilparagrafo XIII del capitolo II del Convivio, in cui si descrivono le carat-teristiche fisiche e astrologiche della musica (Cappuccio 2005: 35-80)6.

La percezione musicale riveste un ruolo forse più rilevante di quantofinora sottolineato nella costruzione di Dante protagonista del livello let-terale del poema e, più in generale, le percezioni acustiche costituisconoin molte occasioni un canale privilegiato e talvolta prioritario di ricezionedel mondo esteriore. Nell’Inferno le percezioni sonore principiano e me-diano costantemente il rapporto tra l’agens e il circostante mentre nelledue successive la percezione acustica diventa compiutamente musicale.Nel Paradiso vista e udito camminano insieme fino ad una determinataaltezza della narrazione per poi divergere in favore della prima.

Nel saggio già citato Contini dimostra come i personaggi del poemanon parlino tutti la stessa lingua poetica. Allo stesso modo, il mondo ul-traterreno non suona sempre allo stesso modo. L’Inferno rifrange inces-santemente rumori di ogni genere e origine mentre il Purgatorio sidefinisce come la cantica in cui la monodia liturgica ha un valore descrit-tivo e connotativo del luogo, dei personaggi e delle pene. Così come l’in-

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ferno, però, non riverbera rumori in modo indistinto e confluso, anche ilpurgatorio non risuona genericamente di musica sacra. La rappresenta-zione musicale fruita dal protagonista dell’azione indica di volta in voltarealtà descrittive diverse.

Le anime del purgatorio hanno due caratteristiche principali, entrambestrumenti della purificazione: il moto ed il canto. Il primo canale di cono-scenza del nuovo regno ultraterreno è per il protagonista quello della per-cezione musicale. Prima di parlare con le anime, e spesso anche prima diindividuarle visivamente, il protagonista si accorge della loro presenzagrazie al canto. Prima che ogni altra spiegazione intervenga a chiarirgli lasituazione egli acquisisce informazioni ed elabora conoscenze grazie alleprime e immediate percezioni musicali.

Il primo e nuovo concetto veicolato mediante l’atto dell’ascolto è ilprincipio di collettività che vige nel Purgatorio, immediatamente e poten-temente riflesso nelle descrizioni musicali che individuano una strutturasempre corale del canto; anche gli interventi solistici sono sempre inseriti,infatti, all’interno di una struttura antifonale o responsoriale. Dopo unacantica marcata dal principio della singolarità, spesso drammatica ederoica, il senso della collettività che caratterizza il percorso della purifi-cazione è subito veicolato dall’ascolto musicale.

In secondo luogo, Dante agens riconosce, sempre grazie all’ascolto, ilvalore di penitenza legato all’esperienza musicale delle anime. Attraversola fruizione monodica egli si forma gradualmente l’idea della presenzadell’esperienza musicale come momento strutturale del processo di puri-ficazione. Di più: riconosce inmediatamente la qualità delle colpe e dellepene delle singole cornici grazie al contenuto semantico del testo melodico.

I golosi, per esempio, vengono immediatamente descritti dal risuonaredel XVII versetto del famoso salmo 50, il Miserere, che recita: Labia meaDomine. Gli avari, dall’intonazione del XXV versetto del salmo 118 –Beati immaculati in via, qui ambulant in lege domini – che recita Adhaesitpavimento anima mea. I lussuriosi dal celebre inno Summae Deus cle-mentiae. A sorreggere l’impalcatura melodica del Purgatorio ritroviamo,

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così, il parametro compositivo del contrappasso – già conosciuto dal pro-tagonista durante il suo viaggio infernale ed a lui rivelatosi come principioorganizzatore – ora riproposto in veste musicale nella seconda canticacome momento fondativo del percorso penitenziale.

Nel caso dei golosi, per esempio, il versetto 17 del Miserere colloca inposizione incipitaria il termine labia: la bocca, come sottolinea già Ben-venuto da Imola, che nella vita aveva determinato la perdizione di questeanime, serve ora per intonare le lodi del creatore.

Labia mea, Domine, idest, illud dictum propheticum quod adomnes laudes divinas decantatur, scilicet, Domine labia meaaperies et os meum annuntiabit laudem tuam. Quae oratio optimecompetit gulosis istis, quasi dicant: Labia et os quae exercui mul-tum et saepe ad manducandum et bibendum, nunc, o Deus, aperiad laudandum et glorificandum nomen tuum cum tanto studio etmaiori. Benvenuto da Imola, Purg., XXIII, v. 11.

Nell’intertestualità musicale e liturgica è gia contenuto il contrappassoche dirige l’espiazione di questa pena. Contrariamente a quanto accade nelprimo regno, però, in questo caso il protagonista non ha bisogno di nes-suna spiegazione: il principio, anche se non messo in evidenza dalla cri-tica, è chiaro e immediatamente agisce come parametro di organizzazionenello sviluppo della fabula.

Il testo propone un salmo dal carattere melodicamente statico, privo diogni forma di melisma e, come quello intonato dagli avari e prodighi,legato all’espressione del pianto che di nuovo caratterizza sia le modalitàdell’intonazione che gli effetti prodotti da tale esecuzione.

Ed ecco piangere e cantar s’udìe‘Labïa mëa, Domine’ per modotal, che diletto e doglia parturìe.

(Purg., XXIII, vv. 10-12)

Il secondo caso citato riguarda le anime della sesta cornice, dedicata aipeccati di avarizia e prodigalità. Anche in questo caso il versetto citato

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produce una funzione di contrappasso musicale illustrativa del luogo.Come l’avarizia abbassò gli spiriti di questi personaggi all’attaccamentoeccessivo alle cose materiali così la loro anima viene ora musicalmenteinvocata come aderente al pavimento in segno di umiltà.

I penitenti di questa cornice, infatti, giacciono al suolo ed è in questaposizione che intonano l’inno, in funzione quasi mimetica col versetto ri-portato da Dante. La forza del legame tra citazione melodica e rappresen-tazione poetica spinge a pensare che sia stato proprio il salmo inquestione, così vicino alla descrizione della postura dei penitenti, ad ispi-rare l’immagine dantesca. La dialettica tra anima e corpo, materia e spi-rito, che informa il salmo e la sua esegesi agostiniana, viene coltadall’autore del poema in modo conforme all’interpretazione dell’autoredelle Enarrationes in Psalmos7. L’anima degli avari era morta in vita, per-ché oppressa dalla cupidigia che attirava i loro corpi verso i desideri ma-teriali ed ora la postura fisica riflette la caratteristica della loro esistenza,determinata da un’anima schiava del corpo. Dante cita l’unico versettoche, all’interno di un salmo in cui si celebra l’esortazione a intraprendereil cammino verso la beatitudine, pone in primo piano la dialettica tra benimateriali, del corpo, inferiori e beni spirituali, dell’anima e quindi supe-riori.

Anche in questo caso, come in quello dei golosi, nella descrizione mu-sicale l’autore fa riferimento al pianto delle anime come condizione so-stanziale dell’esecuzione8.

Sentia dir loro con sí alti sospiriche la parola a pena s’intendea

(Purg., XIX, vv. 74-75)

Così come l’«oh lungo e roco» con cui termina il Miserere dell’antipur-gatorio, l’intromissione dei sospiri nell’esecuzione del salmo 118 ne sot-tolinea il carattere «poco vocalistico, caratterizzato da un’instabilità vicinaalla parola parlata, al pianto, al sospiro» (Salvetti 1971: 187).

I lussuriosi, nell’ultima delle sette cronici purgatoriali, intonano un innoil cui incipit non sembra esplicitare il rapporto di contrappasso con lapena, Summae Deus clementiae. Il testo dell’inno citato, invece, è un’in-vocazione alle fiamme affinché brucino i lombi e il fegato, sede della con-cupiscenza: lumbos iecurque morbidum flammis adure congruis, accinctiut artus axcubent lux remoto pessimo. Il testo liturgico, quindi, anche inquesto caso, invoca per contrappasso il rapporto tra le pene e le colpe deilussuriosi, dischiudendo al protagonista la conoscenza di un nuovo pae-saggio morale. Il riferimento alle fiamme della concupiscenza, in questocaso, non si trova, però, nell’incipit citato da Dante ma nell’immediatacontinuazione dell’inno, evidentemente abbastanza conosciuto e diffusoda permettere ai fruitori dell’opera di comprendere l’intertestualità tra li-turgia musicale e narrazione poetica che la citazione propone. Il fuoco,contrappasso purgatoriale alla pena della lussuria, è presente nell’innoche invoca il soccorso divino in difesa delle tentazioni della carne.

I versetti percepiti dal protagonista del racconto come intonati dalleanime in base ai generi e alle tecniche della pratica liturgica apportanoinformazioni necessarie alla costruzione del personaggio che sta cono-scendo il mondo della penitenza e della purificazione.

Musicalmente, il Purgatorio esordisce con una serie di intonazioni sal-modiche ed innodiche improntate ad una grande austerità melodica checedono poco alla volta il passo ai canti sempre più melismatici caratteriz-zanti il cammino attraverso il paradiso terrestre. La cantica della monodiaper eccellenza trasmette un messaggio musicale lontano dalla funzionedi delectatio corporalis che aveva caratterizzato l’intonazione del musicoCasella. La musica vive della sua unione col testo liturgico e ne trasmettee amplifica le qualità morali. Il protagonista principia e approfondisce lasua conoscenza del mondo purgatoriale grazie anche alla presenza di in-tonazioni musicali che funzionano in base al principio liturgico dell’inten-sificazione del messaggio di salvazione.

La qualità melodica delle intonazioni comunica a Dante agens le tra-sformazioni dei paesaggi purgatoriali e le connotazioni ideologiche che li

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distinguono. L’entrata nel paradiso terrestre è, per esempio, connotatadalla presenza di una musica diversa, non solo più melismatica nell’usodelle tecniche intonative, ma anche dalla presenza di una struttura polifo-nica prodotta dalle melodie degli uccelli intonate sul bordone costituitodal fruscío delle foglie (Purg. XXVIII, 13-18). Prima dell’arrivo di Ma-telda, anche lei immediatamente caratterizzata dal canto, il suono musi-calmente polifonico della natura del giardino edenico trasmette alprotagonista le prime informazioni necessarie per interpretare i nuovieventi e la radicale trasformazione del paesaggio.

Il Paradiso, la cantica della luce, è il regno in cui si celebra il primatodel senso della vista, spesso sinestesicamente unito a quello dell’udito.

Il principio del movimento e del canto è sempre corale e circolare. Essoregola la relazione fra i beati e si fonde completamente e sinestesicamentecon la luminosità.

Si produce quella che l’autore definisce, utilizzando una moderna termi-nologia musicologica di tipo polifonico, «la dolce sinfonia del paradiso».

La qualità del canto cambia e Dante agens non riesce più a percepirecorrettamente le evoluzioni musicali del regno dei beati. Il nuovo prota-gonista che l’autore sta costruendo per percorrere l’ultima parte del viag-gio sperimenta, da quasi subito, consistenti difetti di comprensionemusicale, non uditiva. L’autore comincia ad approfondire la distinzione,già accennata nell’incipit musicale del Purgatorio, tra la percezione acu-stica e quella musicale. Tale differenza, una volta postulata dalle primeesecuzioni corali mal percepite e, quindi, mal comprese dal peregrino,diventa presto un elemento strutturale per lo sviluppo della trama e per lacostruzione del personaggio. Quando le anime parlano egli continua acomprendere il contenuto del discorso, ma comincia a non orientarsi piùnelle complesse evoluzioni musicali postulate dalla cantica. Impara,quindi, che la sua sfera sensoriale subisce modificazioni sostanziali. Lavista si separa dall’udito, dal momento che il narratore ci specifica chia-ramente che il protagonista subisce un potenziamento di questa sfera per-cettiva indispensabile per resistere all’accecante lumonisità via via

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crescente (Par. XX, 11-12; XXX, 46-60; XXX, 112-114). Inoltre, la per-cezione uditiva si separa da quella musicale, dal momento che si verificauna dicotomia tra la comprensione delle parole pronunciate nei discorsie quelle veicolate dal supporto melodico.

Un altro elemento relativo alle distinzioni che l’autore pone in essererispetto alla fenomenologia sonora che caratterizza la terza cantica ri-guarda il trattamento della voce. Anche in questo caso assistiamo ad unabiforcazione dei canali di comunicazione e ricezione che coinvolgono ipersonaggi dell’azione.

Le anime, per farsi conoscere ed intendere dal viaggiatore, parlano,mentre Dante agens comincia a non usare più l’organo vocale ma vienepercepito telepaticamente dalle anime.

Vista e udito, insieme alla voce, erano considerate, le proprietà delpneuma fantastico. La voce, nelle dottrine fisiologiche medievali di deri-vazione classica, è un pneuma che si irradia dal cuore e, attraversando lalaringe, mette in moto la lingua. Vista e udito, specifica Sinesio nel De in-somniis, «non sono veramente sensi, ma strumenti del senso, ministri delsenso comune e quasi portieri dell’essere vivente, che riferiscono al pa-drone ciò che è percepito dall’esterno». Il meccanismo “spiritale” chepresiede alla percezione visiva regola anche quella uditiva. Allo stessomodo che dalla “cella fantastica” del cervello si dirama il nervo otticoche biforcandosi raggiunge gli occhi – e nella sua cavità passa lo spiritoanimale che stabilisce il canale di comunicazione con le immagini delmondo esterno – da essa parte anche il nervo acustico. Così come avvienenel processo visivo, lo spirito animale attua le informazioni acustichenella cella memoriale e in quella logistica. Il processo psicologico, deter-minato dalla circolazione pneumatica, produce gli stessi effetti nel casodi un immagine visiva o di una percezione sonora.

Ora, nel cielo del sole, cominciano a svilupparsi in parallelo i seguentifenomeni percettivi che porteranno ad una profonda alterazione dell’equi-librio sensoriale e corporeo del protagonista e ad una conseguente diversadescrizione dei luoghi e dei personaggi:

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1. potenziamento della vista;

2. indebolimento dell’udito rispetto alla ricezione del messaggio melo-dico;

3. scomparsa della voce di Dante agens;4. integrità dell’udito relativamente al messaggio verbale delle anime

non mediato dal supporto melodico.

Gli unici sensi rimasti al personaggio cominciano, quindi, dal cielo delSole in poi, a subire delle modificazioni che altereranno profondamentela conoscenza di questo regno e la sua riproduzione letteraria.

Il difetto percettivo che coinvolge la sfera sensoriale di Dante agens tra-duce importanti aspetti del nuovo regno (Par. XIV, 118-129; XIX, 97-99;XXI, 126-142; XXII, 10-15; XXXII, 60-62). Si tratta della cantica dellaluminosità e della vista, questo è indubbio. La mancanza di una piena per-cezione musicale significa, però, sia i limiti della comprensione del para-diso eplicitati costantemente dall’ampio ricorso alla retoricadell’inneffabile sia le trasformazioni che avvengono nel “corpo”, e nellecapacità intellettive del protagonista dell’azione. La riduzione di un canalepercettivo, privilegiato nella conoscenza dei due luoghi oltremondani pre-cedentemente visitati dal protagonista dell’azione, ha un significato pre-ciso nella costruzione del personaggio che agisce nel racconto.

Da questa situazione di deficenza percettiva derivano ulteriori conse-guenze all’interno della struttura del racconto e nell’impianto dell’opera eche riguardano, quindi, le alte diramazioni dell’io poetico della Commedia.

Avicenna, in un passaggio del De anima già frequentemente visitatodalla critica, espone i passaggi del processo conoscitivo distinguendo le di-verse funzioni celebrali, la cui sede prima è nel cuore, in cui si struttura ilrapporto tra l’individuo e la comprensione delle forme del mondo esteriore:

Il senso comune trasmette la forma a quella parte dello spirito cheè contigua allo spirito che lo porta e vi imprime codesta forma e lapone così nella virtù formale che è l’immaginativa…poi la formache è nell’immaginazione penetra nel ventricolo posteriore e si

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unisce con lo spirito che porta la virtù estimativa attraverso lo spi-rito che porta la virtù immaginativa, che, negli uomini, si chiamacogitativa, e la forma che era nell’immaginativa si esprime nellospirito della virtù estimativa… (De anima III, 8).

Se la percezione è limitata e distorta, il processo di elaborazione cele-brale sui dati forniti dal contatto sensoriale, subirà alterazioni profonde;la tavoletta di cera su cui si imprimono le percezioni trasformate da questoprocesso – metafora privilegiata per illustrare il fenomeno in questione dalpunto di vista ottico – non viene incisa in modo completo dall’ “imma-gine” sonora. La comprensione degli eventi sonori sarà, allora, limitata edi ruoli del narratore e dell’autore si adegueranno a tale trasformazione, ilprimo, registrando e comunicando al lettore costantemente tale difetto dimemoria – che parte dalla mancata impressione dell’immagine sonora at-tuata in modo corretto e completo – il secondo, chiosando retoricamenteil fenomeno con il sigillo allegorico delle grandi metafore musicali che in-vadono la scrittura della terza cantica e con lo spostamento del principioretorico dell’inneffabilità alla materia sonora.

La costruzione del personaggio a partire dalla funzione delle perce-zioni, in questo studio limitate a quelle musicali, non riguarda, dunque,solo quella del protagonista dell’azione ma anche quella delle figure au-toriali presenti nel tessuto della narrazione, che descrivono e rappresen-tano la materia musicale percepita dall’agens e la chiosanoallegoricamente all’interno della creazioni delle grandi metafore musicaliofferte dalla cantica.

Alla mancata “impressione” sensoriale di una corretta esecuzione melo-dica corrisponde la creazione delle grandi immagini musicali della cantica.

Su questo argomento torneremo, in modo più esaustivo, nel paragrafosuccessivo, non prima, però, di attuare un ultimo passaggio per il territoriodella penitenza.

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IL LINGUAGGIO MUSICALE DI DANTE, AUCTOR DEL PARADISO

Se nel Purgatorio l’uso del lessico musicale è usato in funzione de-scrittiva e connotativa dall’autore del testo per indicare di volta in voltale diverse esperienze melodiche sperimentate dal protagonista del rac-conto – e quindi i distinti paesaggi morali da lui conosciuti attraversol’immediatezza della percezione musicale – è nel Paradiso che la que-stione assume un livello ermeneutico più profondo, considerando che ildifetto percettivo dell’agens si traduce in difetto di narrazione dell’auctore nella conseguente trasformazione di una mancanza descrittiva nella co-struzione di un discorso musicale nuovo.

Nella cantica di mezzo l’autore costruisce un mondo di penitenza e pu-rificazione attraverso l’uso coerente e realistico di un linguaggio musicalesempre aderente alla realtà della descrizione. La rappresentazione musi-cale diventa uno strumento narrativo centrale nella presentazione delleanime e nella significazione dell’espiazione della pena e del riconosci-mento della colpa. Le cornici vengono descritte come distinti scenari mu-sicali all’interno dei quali Dante personaggio costruisce la propria ideadel luogo – che poi narrerà una volta finito il viaggio e diventato l’autoredell’opera – grazie alla percezione delle carattertistiche sematiche e mo-nodiche delle salmodie e delle innodie intonate dalle schiere delle anime.Inoltre, l’uso strutturale delle presenze musicali fa si che il protagonistariconosca la funzione di confine e passaggio tra una cornice ed un’altraaccordata alle intonazioni delle sette beatitudini evangeliche a carico degliangeli posti al controllo dei margini dei singoli domini.

Non solo, quindi, ogni cornice risuona di una diversa intonazione litur-gica, ma le linee di confine tra un territorio e l’altro sono distinte da unaltro tipo di musica: intonata da angeli e non da anime penitenti, il cantodelle sette beatitudini, non incarnando unicamente i valori di rinuncia pe-nitenziale affidata alle esecuzioni salmodiche delle anime, istituisce uncambio di registro costante tra uno scenario musicale ed un altro. Il pro-tagonista, al termine del viaggio purgatoriale, ha imparato che il percorso

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della penitenza si serve della musica come uno dei suoi strumenti princi-pali e che esistono diversi tipi di intonazioni e registri musicali per i dif-ferenti luoghi oltremondani.

Colui che narra gli eventi e organizza il testo costruisce un personaggiosempre più competente dal punto di vista dell’uso del lessico musicalenello strutturare i luoghi della penitenza in modo coerente con le strategiedella narrazione. Nell’antipurgatorio si pongono le premesse musicologi-che del percorso di purificazione dell’agens: dopo un incipitario confrontotra una canzone sacra e la solemne intonazione omofona e directanea diIn exitu Israel de Aegypto, una salmodia antifonale ed il Miserere stabi-liscono i parametri monodico-liturgici della cantica. Le sette cornici risuo-nano di salmodie penitenziali ed innodie di richiesta di ausilio alternatealle intonazioni delle beatitudini evangeliche e dalle proclamazioni degliexempla di peccati e virtù caratteristici dei diversi luoghi. Nel paradiso ter-restre, invece, i canti diventano più melismatici, inseriscono terminologieprofane e polifoniche e si concludono con la solenne intonazione delsalmo che canta la distruzione del tempio di Gerusalemme.

Nel Paradiso, invece, la sfera percettiva dell’agens comincia a subiredelle modificazioni che condizionano l’evoluzione della sensorialità inmodo distinto ed irregolare. I primi tre cieli, sui quali si estende il conod’ombra della terra e che sono, quindi, ancora informati da passioni ter-rene, producono una musicalità pienamente comprensibile alla percezionedel viaggiatore. Queste prime interpretazioni melodiche, ora solistiche enon più corali come nel regno precedente, comunicano al viaggiatorel’idea di una prospettiva ancora vicina alle esperienze terrene.

Le complesse circolarità armoniche del Paradiso non sono ancora co-minciate. L’agens comprende la musica che ascolta: gli incontri che siproducono in questa prima parte del viaggio paradisiaco sono caratteriz-zati dalla presenza di personaggi animati da passioni che riguardano lapropria vita passata: Piccarda, Giustiniano, Cunizza e Folchetto parlanoe cantano in una prospectiva ancora terrena.

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Dal cielo del sole in poi cominciano a stabilirsi i parametri della trasfor-mazione all’interno della dialettica delle percezioni. Le anime cantano incoro, creando danze circolari e producendo una luce che necessiterà unpotenziamento graduale della facoltà visiva del viaggiatore; Dante agensriesce a vedere anime più luminose dell’abbagliante luce solare, non le di-stingue bene ma può assorbire l’immagine. Contrariamente a quanto av-viene per ciò che percepisce attraverso l’organo della vista, egli cominciaa sperimentare ingenti difficoltà nell’individuazione della sostanza musi-cale-liturgica delle inebrianti intonazioni dei beati.

Gradualmente cominciano le diramazioni percettive cui si accennava,quella tra vista e udito e quella tra percezione sonora e musicale.

Il viator non comprende bene quello che ascolta, quindi, come spiegatoprecedentemente, non può imprimerlo correttamente nella memoria. Diconseguenza, Dante narratore non può ricordarsene bene perché la perce-zione non si è impressa correttamente.

Nel caso del cielo del Sole credo che l’intonazione riguardi l’esecu-zione del Gloria, ma il narratore ha bisogno del percorso narrativo costi-tuito da cinque canti per indicare, e comunque in modo velato, la materiadell’ascolto costantemente parziale e fallace del viator. Il narratore si ade-gua al nuovo tipo di percezione e comprensione musicale del protagonistae l’individuazione della sostanza liturgica delle esecuzioni diventa piùlenta e si struttura all’interno di più episodi, dal momento che, non assu-mendo le caratteristiche del narratore omnisciente, il narratore continuacon il resoconto puntuale delle percezioni sensoriali del protagonista.(Cappuccio, 2009:147-178).

La narrazione musicale del viaggio attraverso il regno dei beati speri-menta la costruzione delle grandi similitudini musicali in cui il narratorecompara costantemente gli effetti delle percezioni paradisiache a quelleterrene e polifoniche, in quanto simbolo di perfetta armonia e ricerca as-soluta dell’equilibrio fra le parti melodiche, ma anche come esempio diincomprensibilità del messaggio veicolato dalla musica.

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Il narratore attinge a piene mani dal lessico della nuova sperimenta-zione musicale polifonica riflettendo i momenti della costruzione del per-sonaggio, che impara la precisa sincronia e l’amonia suprema del rapportotra le anime del paradiso, disposte tra loro, anche musicalmente, con lastessa perfetta precisione tra le parti del canto polifonico.

Inoltre, sull’assenza di una percezione musicale completa e del suoconseguente sviluppo intelletivo l’autore costruisce un’altra grande figuraretorica, quella della costruzione di un’orizzonte di attesa musicale.

Caso esemplare è quello costituito dal Gloria intonato dalle anime delcielo del sole. Il protagonista dell’azione riceve percezioni musicali par-ziali e di difficile intendimento e per la prima volta l’auctor dedica cinquecanti ad un’unica descrizione musicale. All’interno di quest’arco narrativoil narratore semina indizi musicali che concorrono all’individuazione daparte del lettore della sostanza liturgica della rappresetazione musicale.L’impossibilità di una piena e immediata comprensione del messaggiomusicale dà vita alla costruzione di una nuova istanza narratoriale.

Su un difetto percettivo, abbiamo appena sottolineato, l’io poetico co-struisce la grande figura espressiva dell’inneffabilità musicale e della po-lifonia come chiave di interpretazione del testo. Il narratore, infatti, nondice mai di aver ascoltato, in quanto personaggio dell’azione, un cantointonato in base a strutture polifoniche; sono i principi dell’intonazionemusicale ad essere descritti dal narratore, una volta finita la sua esperienzaempirica e concentrato nello sforzo di ricordare e raccontare secondo unprincipio di veridicità, come simili a quelli del contrappunto terreno e,come tali, essi producono un effetto percettivo di perfetta e circolare sin-cronia tra le voci, ma anche di incomprensibilità.

Dal X canto in poi la costruzione dei protagonisti empirici e poeticidell’opera impegnati in un viaggio oltremondano, che è fatto anche dipaesaggi sonori e melodici, diventa di una asincronia perfetta. L’agensdell’azione sperimenta difetti sensoriali sempre più determinanti rispettoalla fruizione dei messaggi musicali ed il narratore si sforza di ricordareciò che ha ascoltato in modo difettoso e parziale. Lo sforzo descrittivo si

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innesta su un difetto originario che produce la creazione di un orizzonted’attesa legato alla comprensione e alla descrizione del sempre cambiantepaesaggio musicale.

Se il protagonista, mediante il blocco della fluida percezione musicale,che aveva finora caratterizzato il viaggio, registra un cambiamento so-stanziale che riguarda il nuovo paesaggio oltremondano, ma anche sestesso in quanto soggetto che percepisce, la figura autoriale, che il viaggiol’ha già compiuto, distribuisce nel testo elementi atti a creare un mecca-nismo narrativo di attesa, da parte del pubblico, di ulteriori informazionimusicali. Dal momento che gli episodi diventano sempre più lunghi, sfo-rando i limiti imposti dal numero di terzine dei singoli canti per arrivarea comprenderne gruppi di quattro o cinque, gli interventi musicali si ade-guano alla nuova tecnica della narrazione, invocando il principio di crea-zione di un desiderio di sapere melodico nei fruitori del testo. Così comela grande figura retorica utilizzata dal narratore per rendere chiaro il con-tenuto di un viaggio difficilmente rappresentabile verbalmente e poetica-mente è quella del paragone, il Paradiso, allora, diventa il regno dellacostruzione delle grandi similitudini polifoniche del narratore della Com-media. L’autore, inoltre, che sta sperimentando nel testo il principio reto-rico dell’inneffabilità ontologica riguardante i contenuti di questa partedel viaggio, costruisce la grande allegoria polifonica come clavis lecturae,insieme ad altre, degli accadimenti.

La polifonia si trasforma nel riflesso musicale della perfetta armonia;rappresenta la corrispondenza e la compiuta circolarità del canto ma di-venta anche la sede di un messaggio difficilmente percepibile dalla sen-sorialità, che occulta istanze semantiche sempre meno comprensibili,tanto da richiedere lo sforzo estremo della ricezione.

Le percezioni musicali, ed il loro trattamento retorico e poetico nel-l’architettura narrativa del Paradiso, contribuiscono sia alla creazione diun personaggio che acquisisce informazioni sui luoghi che visita graziealla fedele registrazione di un aumento dell’incapacità di ricezione melo-

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dica ma anche dei protagonisti della scrittura del viaggio dantesco che sicostruiscono come autori di un grande discorso retorico-musicale.

Nel cielo del Sole si produce la prima grande frattura nella narrazionemusicale del poema che, dagli esordi protopurgatoriali, si era andata de-finendo in modo parallelelo allo sviluppo dell’azione e alla costruzionedei suoi protagonisti. Da questo momento in poi la linea delle percezionimelodiche che hanno permesso la messa a fuoco di importanti momentidel racconto si torce, incurvandosi sino ai limiti del silenzio postulato dalcielo di Saturno. Qui si produce un altro importante fenomeno: per laprima volta il viaggio dantesco non è accompagnato dalla musica, qui“tace la dolce sinfonia del paradiso”. In un primo momento, la riduzionedel campo percettivo prevede anche un ridimensionamento dei messaggivisivi; Beatrice non sorride più a Dante.

La sfera sensoriale del protagonista non può più essere messa allaprova; ancora sguarnita di un potenziamento sostanziale delle sue capa-cità, le vengono sottratte le esperienze visive ed acustiche che avevano fi-nora scandito l’ultima parte del viaggio.

Il sorriso di Beatrice scompare, come tace la musica, perché il prota-gonista ha ancora «l’udir mortale sí come il viso» e non potrebbe soppor-tare le nuove sollecitazioni sensoriali postulate dal prosieguo del viaggio.Come si sa, però, la limitazione dei messaggi visivi è solo momentanea,Dante si riaccende di novella vista e può continuare il suo viaggio di co-noscenza. L’udito, invece, da questo punto in poi, subirà una radicaleesclusione dal processo di evoluzione che finora aveva riguardato le di-ramazioni ottiche e acustiche. Il linguaggio musicale, che ha sempre co-stituito nel viaggio dantesco un canale di comunicazione alternativo aquello purgamente verbale, spesso più immediato ed efficace degli altri,diventa una presenza sempre più smaterializzata e marginale nel viaggioattraverso il cielo delle stelle fisse, il primo mobile e l’empireo.

Si può concludere ipotizzando come, mentre nel Purgatorio sia l’agensa costruirsi come personaggio dell’opera attraverso la percezione musi-cale – canale diretto nella conoscenza della qualità delle colpe, delle pene

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e delle diverse zone che configurano il paesaggio rappresentato nella can-tica di mezzo – nel Paradiso sia l’auctor a strutturarsi attraverso la crea-zione di un grande discorso retorico musicale, mentre l’agens registradifetti di percezione ed il narratore difetti di memoria. A partire da questedue mancanze il narratore sperimenta il principio di orizzonte d’attesamusicale nel lettore, riflettendo le acquisizioni dell’agens fondate sullaseparazione tra il potenziamento visivo e quello acustico, nonché sullascissione tra parole, suoni e musica.

Il viaggio oltremondano, intriso dalla presenza costante di messaggisonori e melodici, comincia e finisce in silenzio, dal silenzio botanicodella selva a quello delle stelle fisse. Le ultime scene si svolgono, infatti,nel segno della quiete, che significa il punto di arrivo del percorso maanche la perfezione musicale postulata dal De musica di Agostino.

Il canale visivo continuerà a funzionare, insieme a quello uditivo rife-rito ai messaggi puramente verbali ma la musica lascia la funzione di pro-tagonismo che aveva assunto, se pur con finalità diverse, nelle ultime duecantiche.

La vista del protagonista è chiamata ad un processo intensivo delle pro-prie capacità di discernimento, fino alla penultima terzina, quando all’altafantasia viene meno la capacità di vedere. Spogliato dell’ultima capacitàsensoriale rimasta, il protagonista volge il suo disio e ‘l velle, ed il viaggiosi conclude sull’ultima mirabile visione proposta dall’opera come fine ul-timo dell’andare.

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NOTE

1. Sull’argomento esiste una nutrita bibliografia accuratamente riporta nel sag-gio di Picone più volte citato all’interno di questo contributo (Picone 2000:13-14). Ricordiamo qui almeno: Spitzer 1946:414-422 e Singleton 1978:16-35.

2. Come sottolineato da Picone, l’autore della Commedia include anche il let-tore nella tessitura semiotica dell’opera, avendo egli già riconosciuto, prima ditanta teoria e letteratura contemporanea, «che ogni processo di codificazione let-teraria deve racchiudere delle indicazioni che orientino la sua codificazione» (Pi-cone 2000:13).

3. Sulla presenza della letteratura oitanica nel testo dantesco, intesa sia comeromanzo cortese di Chrétien de Troyes che come quello allegorico di Guillaumede Lorris e Jean de Meun – che riguarda però principalmente il rapporto col Fiorepiù che con la Commedia – esiste una nota ed amplia bibliografia, riportata innota da Picone nelle sue linee essenziali (Picone 2000: 17). Ricordiamo almenoi saggi di: Picone (1982); Pioletti (1988); Delcorno Branca (1998).

4. L’argomento trae le sue origini dalle fondamentali riflessioni continiane sulconcetto di plurilinguismo dantesco (Contini 1970).

5. Sulla dottrina pneumatica, considerata finalmente imprescindibile per unacorretta lettura della poesia stilnovistica e dantesca, è doveroso ricordare almenoi due principali testi di riferimento generale, ormai classici sull’argomento, di R.Klein (1975) e G. Agamben (1977) che concentrano i loro sforzi sulla ricostru-zione di un’aspetto centrale per qualsiasi interpretazione riguardante la culturamedievale.

6. Accenno brevemente al nucleo della mia precedente analisi sui luoghi dan-teschi appena citati per permettere un’agevole comprensione dello sviluppo delpresente contributo. Nel II libro del Convivio, quando Dante compara i pianeti alledistinte discipline scientifiche, associa la musica a Marte. La comparazione ri-guarda principalmente il potere di attrazione che la produzione musicale ha suglispiriti e viene esemplata sul potere del pianeta di attirare e aspirare i vapori chelo circondano. Allo stesso modo si comportano le relazioni armoniche, attraendogli spiriti animali, le sostanze più sottili che attraversano il corpo. Quando un’or-gano è interamente partecipe di un’azione l’anima resta come incantata, tutte lealtre percezioni le vengono precluse. «Ancora, la Musica trae a sé li spiriti umani,

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che quasi sono principalmente vapori del cuore, sì che quasi cessano da ogni ope-razione: si è l’anima intera, quando l’ode, e la virtù di tutti quasi corre a lo spiritosensibile che riceve lo suono» (Cv. II, XIII, 24). Sia l’esperienza visiva, canalepercettivo che principia l’esperienza del desiderio, che quella uditiva, che dà ini-zio a quella musicale, producono il fenomeno della reducio ad unum: la concen-trazione dell’anima in un’unica facoltà. La stessa situazione si verificanell’episodio musicale che inaugura la cantica di mezzo. L’esecuzione del musicoCasella descritta sul finire del canto produce un incantamento, una sospensionecompleta dell’azione fino all’arrivo di Catone che rimprovera tutti e riconduce leanime al moto. Come appena specificato il II canto del Purgatorio porta sullascena narrativa la prima esecuzione salmodica del poema ed anche l’unica pro-fana. Si tratta del salmo 113 e dell’intonazione di Casella, musico amico di gio-ventù del poeta che il protagonista incontra sulla spiaggia dell’antipurgatorio e checostituisce il primo incontro della cantica. Come noto, l’amico sviluppa la suaesecuzione musicale sul testo della II canzone del trattato filosofico dantesco,Amor che nella mente mi ragiona. Da questo momento la descrizione musicaleacquista un ruolo di primaria importanza nella narrazione. La presenza di rappre-sentazioni musicali di tipo liturgico a carico delle anime penitenti è continua e illessico musicale utilizzato è preciso e chiaro nell’indicare il tipo di canto e le mo-dalità musicali che caratterizzano l’intonazione.

‘In exitu Isräel de Aegypto’cantavan tutti insieme ad una vocecon quanto di quel salmo è poscia scripto.

(Purg. II, vv. 46-48)

«In exitu Israel de Aegypto», viene descritto come cantato all’unisono (ad unavoce), nell’antica e austera forma directanea e collettiva (tutti insieme), nonchéper intero, senza nessun accorciamento riguardante il numero di versetti (conquanto di quel salmo è poscia scripto).

Ciò che si produce nel canto II del Purgatorio è, quindi, la condanna delladella funzione di appagamento del desiderio mediante un piacere sensoriale, de-siderio che invece Dante nel Convivio descrive come un processo ascendente chese non bloccato proprio dai sensi non orientati dalla ragione porta direttamentea Dio. La percezione musicale può allora produrre un piacere fisico (delectatiocorporalis) in grado di bloccare il percorso ascensionale della conoscenza o dicoadiuvarlo, come nel caso dell’intonazione salmodica.

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7. Il salmo, un’esortazione a intraprendere il cammino verso la beatitudine,«exhortatur nos ad beatitudinem», viene citato nel testo dantesco, come già spe-cificato, nel versetto più idoneo all’illustrazione della nuova pena, dal momentoche il resto del brano è incentrato su considerazioni affatto diverse, al punto digiustificare la varietà di posizioni interna all’esegesi sul testo in questione rias-sunta da Agostino nel suo commento (San Agustin 1967: 59-61; Enarrationes inPsalmos 118, X, 1): «Quomodo enim potest intellegi terrenis adhaesisse quidicit: Servus autem tuus exercebatur in tuis iustificationibus; nam et testimoniatua meditatio mea est, et consilium meum iustificatioones tuae?» Agostino, chenell’incipit del commento dichiara di aver lasciato per ultimo l’esegesi del salmoin questione a causa delle difficoltà d’interpretazione e la profondità di signifi-cato che lo caratterizzano, difende il carattere unitario e coerente del testo. Ilsuolo è il corpo stesso, che proviene dalla terra; il v. XXV, per tanto, non significal’unione di corpo e anima ma il suo contrario: «sed carnalem magis affectum,quo caro concupisci adversus spiritum significare mihi videtur. Quod si recteaccipitur, profecto qui dicit Adhaesit pavimento anima mea, vivifica me secun-dum verbum tuum, non id orat, ut de corpore mortis huius, qui propter eius bre-vitatem non potest esse diuturnus, quandoque facturus est: sed ut concupiscentiaqua concupiscitur adversus carnem, magis ac magis augeantur; donec ista con-sumatur in nobis et illa consumetur per Spiritum sanctum qui datus est nobis».(San Agustín 1967: 62; Enarrationes 118, X, 3) Arriverà il momento, commentaAgostino, in cui gli uomini si troveranno sempre con Dio con i loro corpi,quando essi non saranno più corruttibili né graveranno l’anima. Il senso del ver-setto citato da Dante era stato così interpretato da Agostino: «Mortus sum; vivi-fica me. Quid est ergo pavimentum? Si tanquam unam quandam domummagnam universum mundum velimus accipere, videmus velut eius cameramcaelum: terra erit igitur pavimentum. Vult itaque terrenis erui, et cum Apostolodicere, Conversio nostra in coelis est (Phil. 3, 20). Proinde terrenis adhaerereanimae est; cui malo contraria poscitur vita, cum dicitur, Vivifica me».

8. Il musicologo Guido Salvetti propone un’interessante interpretazione musi-cologica per i versi 73-74. Dante si riferirebbe alla tecnica polifonica dell’ho-quetus, stile compositivo introdotto in alcune forme polifoniche dell’Ars Antiquache consiste nella corrispondenza, all’interno della frase musicale, tra una pausae un suono per ottenere un effetto “a singhiozzo”. Francone da Colonia, così de-scrive il fenomeno musicale in questione: «cantus rectis obmissisque vocibus

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truncata prolatus». In Italia tale tecnica caratterizza il genere polifonico dellacaccia.

L’interpretazione produce però una contraddizione evidente all’interno dellacoerenza strutturale che guida le scelte musicali della seconda cantica: da un lato,un canto caratterizzato dall’austerità e parsimonia vocale, dall’altro il ricorso adun riferimento polifonico per identificare il tipo di esecuzione in questione. Letecniche polifoniche costituiscono, infatti, una forte complicazione del linguaggiomusicale anche dal punto di vista esecutivo e quindi la presenza di un possibile,anche se velatissimo, riferimento all’hoquetus polifonico potrebbe alterare lasemplice linearità dell’intonazione sottolineata dalla vicinanza tra il canto e la pa-rola parlata. L’ardita e suggestiva interpretazione di Salvetti potrebbe essere presain considerazione più verosimilmente da un punto di vista leggermente distinto.Il riferimento alla tecnica polifonica metterebbe, infatti, l’episodio in questionein relazione con l’unico altro che, all’interno della cantica, propone la presenzadel linguaggio musicale a più voci: l’intonazione del «Te Deum», ascoltata daDante a momenti alternati e in forma intermittente (Cappuccio 2007:31-64).Anche in questo caso Dante lamenta una scarsa capacità di percepire la linea me-lodica nella sua interezza e tale considerazione istaurerebbe una relazione tra idue episodi melodici. Il possibile, anche se molto meno esplicito, riferimento allinguaggio polifonico, vivrebbe solo della descrizione della percezione in formadi implicita figura di comparazione: gli alti sospiri che inframmezzano l’esecu-zione vocale causano la mancanza di una percezione lineare della sequenza me-lodica da parte dell’autore simile a quella causata dal ricorso alla tecnicadell’hoquetus.

La possibilità del riferimento al linguaggio musicale polifonico inserisce lapresenza di una figura retorica implicita, leggibile solo attraverso il ricorso allinguaggio musicale specialistico, all’interno della descrizione di un’immaginesensoriale del V girone.

Il riferimento polifonico, come nel caso precedente, significherebbe l’impos-sibilità di una chiara percezione del testo musicale nella linearità del suo sviluppo,ricorso narrativo che diventerà una tecnica retorica ricorrente nel Paradiso e cheè già presente nel paradiso terrestre, in cui la polifonia diventa spesso sinonimodi difficoltà o impossibilità di comprensione del testo musicale e di una sua suc-cessiva descrizione da parte dell’autore: il topos dell’ineffabile musicale.

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Dante non ascolta il salmo 118 in una sua interpretazione polifonica, così comenon ha ascoltato il «Te Deum» in forma discantistica; è la difficoltà di compren-sione del messaggio musicale a richiedere l’uso di figure di comparazione orga-nizzate nel linguaggio specialistico della musica polifonica. Nella descrizionedell’intonazione del «Te Deum» si tratterebbe di un caso esplicito dell’uso di talelinguaggio all’interno di una figura di comparazione per descrivere la difficoltàpercettiva di cui è protagonista Dante personaggio, mentre in quella del salmo118 rimarrebbero solo le tracce di questo procedimento, all’interno di una figuraretorica implicita nel testo, a garantire la presenza e, insieme, lo sviluppo di talericorso descrittivo che diventerà parte della poetica e della nuova epistemologiasensoriale dell’ultima parte del poema.

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