la frusta n.4 ottober 2014 v1 - informazione.it · ghèla, che la Madonina e Sant Ambroeus guardenn...

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Ottober 2014 ____________________________________________ Anno II numero 4 1 Mensile di informazione culturale – Anno II N. 4 – ottober 2014 Aut. Tribunale Milano n. 151 del 20/05/2013 Cara la mè gent, questa volta non mi sento di trattare dei nostri argomenti classici di studio e ricerca, di informazione sulle nostre sempre vive iniziative, sempre protese al futuro, troverete tutto nel seguito di questo numero della Frusta. Gli ultimi mesi estivi sono stati percorsi da eventi e da un turbinio di avvenimenti spesso gravi. Ripercorrere la relativa rassegna stampa, nonostante le notizie siano state molto filtrate, mi ha lasciato profonde rughe di preoccupazione. La crisi economica è più grave di quanto ci viene raccontato, molte famiglie vanno avanti con le pensioni ed i loro giovani non hanno lavoro, le banche non danno più credito o meglio lo danno a chi ha già, la disoccupazione è a livelli record, abbiamo una classe politica “minore” senza coraggio appiattita su una burocrazia-casta autoreferente intoccabile. Dopo anni di battaglie, dette progressiste, la famiglia sta per- dendo identità, si parla di pace e le guerre nel mondo imperversano, gli estremismi religiosi fanno stragi di uomini e culture e parliamo di rispetto, e mentre aumentano i migranti la nostra società non è in grado di soccorrere questi popoli a casa loro salvaguardandone usi, costumi, tradizioni e storia, si ha paura di svergo- gnare i loro governanti indegni guerrafondai integralisti ebloccare il commercio di armi: tutto divenuto è li- quido, tutto revisionabile, il così detto“politicamente corretto” si esercita soprattutto cambiando nome alle cose e ai fatti con sinonimi o nuovi vocaboli. Sempre più estesi buonismi a pioggia si ritorcono contro i più deboli e non risolvono i problemi, una pietà che fà le piaghe inguaribili, puzzolenti. Nel mondo del lavoro ci sono tabù inespugnabili: Enti vari che non si possono ridimensionare o chiudere per evitare licenziamenti di persone, spesso assunte clienteralmente, ma mai veramente necessarie. Penso ai sindacati, che avrebbero un loro specifico ruolo sociale, ma di cui non si sa nulla sui bilanci, mentre continuano ad operare in realtà nel vecchio ruolo di vecchie cinghie di trasmissione politica, i sindacalisti impiegati politicamente a vario titolo e mansione in Italia sono (mi si dice) oltre 900.000 mila (! ): distaccati, impegnati nelle trattative intermina- bili, nei congressi, nei cortei di sciopero, ma servono proprio tutti? E quanto ci costano in lavoro non real- mente produttivo? Per non parlare della cultura in senso esteso. Apriamo i musei gratis! Bene! Qualche giorno, e poi? Anche se ritengo che oggi nulla può essere più “a gratis AUF”. Poco, magari 1 euro, ma deve esser riconosciuto un costo che viene sostenuto dal pubblico servizio. Dice un amico: …ma per contabilizza- re 1 euro costa almeno il doppio! Non conviene”. Le iniziative culturali specie se identitarie sono considerate inutili o di terza classe lasciate senza risorse. Torna il problema delle procedure, del giro delle scartoffie inu- tili. Semplifichiamo, già! Ma allora non serve più tutto quel personale oggi presente negli uffi- ci…Riconvertiamoli, ma molti sono anziani, vecchi per rinnovarsi, si oppongono al computer, oggetto inco- noscibile. Parliamo della scuola. Nei primi anni di lavoro dopo la laurea ho insegnato negli istituti tecnici e per un dieci anni sono stato, quello che allora si chiamava “assistente” al docente nelle preparazioni delle tesi di laurea ed a volte negli esami del quarto o quinto anno. L’esperienza universitaria personale è stata tutto sommato positiva, anche professionalmente, un po’ meno umana, anche se non ne ho mai condivisa la ge- stione didattica e come erano offerte prospettive di crescita al suo interno: baronie, mancanza di mezzi eco- nomici, gelosie etc. Allora le esercitazioni si svolgevano su vecchi tavoli da disegno, consunti, incisi da scritte e disegni di ogni tipo, le sedie erano sgabelli senza schienale, non esistevano computer, i conti si face- vano a mano, molti testi non esistevano, o si usavano gli appunti o le dispensine scritte dai docenti più attivi, ovvero si ricorreva ai testi stranieri. Oggi constato che la situazione è molto migliorata, anni luce da allora. Così dicasi per gli istituti tecnici. Ma la burocrazia, i livelli effettivi di insegnamento non mi risulta siano migliorati, non so se sia così anche per le storiche baronie. Dico questo in quanto, quando ho occasione di intervistare giovani tecnici in cerca di lavoro, pochissimi presentano livelli culturali sufficienti, dico nozioni di base (sto pensando preliminarmente di chiedere ai candidati di scrivere, sul posto, una lettera o un temino in italiano). Quei pochi validi, per presenza e titoli, mi dicono: “Aspetto ancora un po’, qualche mese, poi vado all’estero.” Queste che vi propongo sono domande e riflessioni che rileggendo un mio articolo nel usci- to nel 1976, su un quotidiano di provincia, ritrovo nella sostanza uguali: insolute. Procedendo senza dare ri- sposte e non bla-bla non se ne esce. E così sia. Giuseppe Frattini

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Mensile di informazione culturale – Anno II N. 4 – ottober 2014 Aut. Tribunale Milano n. 151 del 20/05/2013 Cara la mè gent, questa volta non mi sento di trattare dei nostri argomenti classici di studio e ricerca, di informazione sulle nostre sempre vive iniziative, sempre protese al futuro, troverete tutto nel seguito di questo numero della Frusta. Gli ultimi mesi estivi sono stati percorsi da eventi e da un turbinio di avvenimenti spesso gravi. Ripercorrere la relativa rassegna stampa, nonostante le notizie siano state molto filtrate, mi ha lasciato profonde rughe di preoccupazione. La crisi economica è più grave di quanto ci viene raccontato, molte famiglie vanno avanti con le pensioni ed i loro giovani non hanno lavoro, le banche non danno più credito o meglio lo danno a chi ha già, la disoccupazione è a livelli record, abbiamo una classe politica “minore” senza coraggio appiattita su una burocrazia-casta autoreferente intoccabile. Dopo anni di battaglie, dette progressiste, la famiglia sta per-dendo identità, si parla di pace e le guerre nel mondo imperversano, gli estremismi religiosi fanno stragi di uomini e culture e parliamo di rispetto, e mentre aumentano i migranti la nostra società non è in grado di soccorrere questi popoli a casa loro salvaguardandone usi, costumi, tradizioni e storia, si ha paura di svergo-gnare i loro governanti indegni guerrafondai integralisti ebloccare il commercio di armi: tutto divenuto è li-quido, tutto revisionabile, il così detto“politicamente corretto” si esercita soprattutto cambiando nome alle cose e ai fatti con sinonimi o nuovi vocaboli. Sempre più estesi buonismi a pioggia si ritorcono contro i più deboli e non risolvono i problemi, una pietà che fà le piaghe inguaribili, puzzolenti. Nel mondo del lavoro ci sono tabù inespugnabili: Enti vari che non si possono ridimensionare o chiudere per evitare licenziamenti di persone, spesso assunte clienteralmente, ma mai veramente necessarie. Penso ai sindacati, che avrebbero un loro specifico ruolo sociale, ma di cui non si sa nulla sui bilanci, mentre continuano ad operare in realtà nel vecchio ruolo di vecchie cinghie di trasmissione politica, i sindacalisti impiegati politicamente a vario titolo e mansione in Italia sono (mi si dice) oltre 900.000 mila (! ): distaccati, impegnati nelle trattative intermina-bili, nei congressi, nei cortei di sciopero, ma servono proprio tutti? E quanto ci costano in lavoro non real-mente produttivo? Per non parlare della cultura in senso esteso. Apriamo i musei gratis! Bene! Qualche giorno, e poi? Anche se ritengo che oggi nulla può essere più “a gratis AUF”. Poco, magari 1 euro, ma deve esser riconosciuto un costo che viene sostenuto dal pubblico servizio. Dice un amico: …ma per contabilizza-re 1 euro costa almeno il doppio! Non conviene”. Le iniziative culturali specie se identitarie sono considerate inutili o di terza classe lasciate senza risorse. Torna il problema delle procedure, del giro delle scartoffie inu-tili. Semplifichiamo, già! Ma allora non serve più tutto quel personale oggi presente negli uffi-ci…Riconvertiamoli, ma molti sono anziani, vecchi per rinnovarsi, si oppongono al computer, oggetto inco-noscibile. Parliamo della scuola. Nei primi anni di lavoro dopo la laurea ho insegnato negli istituti tecnici e per un dieci anni sono stato, quello che allora si chiamava “assistente” al docente nelle preparazioni delle tesi di laurea ed a volte negli esami del quarto o quinto anno. L’esperienza universitaria personale è stata tutto sommato positiva, anche professionalmente, un po’ meno umana, anche se non ne ho mai condivisa la ge-stione didattica e come erano offerte prospettive di crescita al suo interno: baronie, mancanza di mezzi eco-nomici, gelosie etc. Allora le esercitazioni si svolgevano su vecchi tavoli da disegno, consunti, incisi da scritte e disegni di ogni tipo, le sedie erano sgabelli senza schienale, non esistevano computer, i conti si face-vano a mano, molti testi non esistevano, o si usavano gli appunti o le dispensine scritte dai docenti più attivi, ovvero si ricorreva ai testi stranieri. Oggi constato che la situazione è molto migliorata, anni luce da allora. Così dicasi per gli istituti tecnici. Ma la burocrazia, i livelli effettivi di insegnamento non mi risulta siano migliorati, non so se sia così anche per le storiche baronie. Dico questo in quanto, quando ho occasione di intervistare giovani tecnici in cerca di lavoro, pochissimi presentano livelli culturali sufficienti, dico nozioni di base (sto pensando preliminarmente di chiedere ai candidati di scrivere, sul posto, una lettera o un temino in italiano). Quei pochi validi, per presenza e titoli, mi dicono: “Aspetto ancora un po’, qualche mese, poi vado all’estero.” Queste che vi propongo sono domande e riflessioni che rileggendo un mio articolo nel usci-to nel 1976, su un quotidiano di provincia, ritrovo nella sostanza uguali: insolute. Procedendo senza dare ri-sposte e non bla-bla non se ne esce. E così sia.

Giuseppe Frattini

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EL SCIOR CARERA L’E’ TORNAA E’finita l’estate e non ho più avuto occasione di passare dalla Corsia dei Servi. Qualche giorno addietro ero in San Babila e mi sono detto: Voo a trovà el mè amis l’Òmm de Prèja. Appena giunto in luogo sono stato coperto da un fiume di contumelie: “Doe te see staa, te spettavi. Cosa sta succedendo? Sont inc...inrabbii! Gh’hoo on ròdigh in del fidègh! Ma l’EXPO la se farà? “ Per l’appunto stavo proprio tornado da un incon-tro per un progetto di un padiglione e ghé disi: “ Càr el mè Òmm, l’è on rèbèlòtt, tucc che còrren, tucc che lavoren, ma el lavorà va minga innaz spédii. Si, on quai-còss se moeuv, ma nisun sa bén la verità vera. Tuscòss l’è secrètt. Speremm de fa-ghèla, che la Madonina e Sant Ambroeus guardenn giò! Per intant tiremm innanz, come se dis”. E lù: “ Va ben, ma in gir tira on aria…vun ròbba, l’alter gratta senza avègh la rògna, i tecnici se sa minga se sarann pagaa, e l’acqua… i noeuv navili hinn anmò de scavà, i Stati forestèe stann citto, deven rivà milion de forestèe e ch’el me disa lù indoè che i mettomm, e i stràa e i parchegg sarann assèe?” E mi: Ch’el stia alégher, védarà che ghé la farèmm! Se vedom, sont de pressa vègnaroo prest a troala! E intant ch’el fagha ballà l’oeucc.” Così me la sono battuta. Non avevo risposte certe, solo speranze. Dentro di me non potevo che dare ragione al nostro amico. Il mio pensiero ritornava a quattro anni fa e a tutto ciò che non è ancora stato fatto, ed il tempo perso a decidere le poltrone ed i loro occupanti e relativi stipendi, per non parlare della scelta dell’area.

Fioeu ! l’è minga ancamò finida! Dàghen ona man a la Credenza che ghe n’ha de bisogn Sostenete la cultura Milanese e Lombarda. Un piccolo contributo: un grande cuore!

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La frusta de sant Ambroeus periodico mensile registrato presso il Tribunale di Milano il 20-05-2013 con il n. 151 stampato in proprio Direttore responsabile Giuseppe Frattini - Redattore Giovanni Staccotti - Impaginazione Bruno Colombo Collaboratori: Pierluigi Crola, Milo de Angelis, Giulio Piacentini Editore Antica Credenza di Sant’Ambrogio Via Rivoli, 4 20121 Milano tel 02 45487985

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SCARPETTE ROSSE / 1 I scarpett ross hinn tornaa Cronaca di un trionfo (quasi) annunciato. 27 giugno 2014, ore 23 circa. Finalmente la lunga attesa durata 18 lunghissimi anni è finita. La Milano cesti-stica (EA7 Armani, per intenderci) torna, dopo aver sfortunatamente perso la Coppa Italia e la Finale di Cop-pa Campioni, giocata proprio a Milano, al posto che più le si addice, ovvero al vertice del campionato: vitto-ria sofferta, ma meritata di un campionato psicologicamente e fisicamente sfibrante, pieno di colpi di scena incredibili, che regalano però alla nostra città lo scudetto numero 26, se non contiamo gli altri 8 scudetti con-secutivi (dal 1920 al 1927) della Milano pre-Olimpia, che è nata solo, si fa per dire, nel 1936. Tralasciando gli aspetti tecnici ed agonistici di una EA7 che ha sfatato finalmente il tabù Siena, dominatrice indiscussa degli ultimi 7 campionati e che dall’anno prossimo “fortunatamente” (per Milano) non ci sarà più perché fallita, vorrei fare alcune considerazioni di contorno, apparentemente marginali, su questo incontro. Partiamo dalla trasmissione dell’evento. Ieri mattina la Gazzetta dello Sport, annunciava dalle sue pagine la presenza di due maxischermi, dal momento che i 12.000 biglietti del Forum di Assago sono andati esauriti in soli 20 minuti !!! I maxischermi avrebbero dovuto essere sul barcone dei Navigli e in Piazza Castello. Essen-do più vicino quest’ultimo, mi reco con mia figlia in loco verso le 20.30 (la partita cominciava verso le 21.15, perché, essendo trasmessa su Rai tre, dovevano prima far finire lo sceneggiato napoletano Un posto al sole). Già il fatto che un evento così importante debba essere soggetto alle bizze di una soap opera da quat-tro soldi, la dice lunga sull’importanza dello sport e del basket in particolare. Ma lassemm bui. Arrivati al maxischermo, gli organizzatori mi dicono che c’è stato un cambiamento di programma: il maxischermo ve-drà la performance live della cantante Noemi. Telefonando al Comune mi dicono che il maxischermo per la partita per loro c’è: che organizzazione! Fortunatamente un chiosco vicino, aveva appeso al tetto un minu-scolo televisore: è il famoso maxischermo del Comune, di un comune, il cui sindaco era in tribuna al Forum, fregandosene bellamente degli appassionati di uno sport pulito e soprattutto vincente per la sua città. Se ci fosse stata l’italia che giocava ai mondiali avrebbe messo i maxischermi anche nei cessi!!!

Ma el nòst Milan meritava senza dubbio di meno. Meno male che almeno la partita è andata bene: non poteva che essere così, dal momento che a me i ma-xischermi mènen bon. L’ultima volta che mi son trovato davanti ad un maxischermo, infatti, era il 22 maggio 2010 all’Arena, finale di Champions Lea-gue. Ed ancora una volta ho portato bene a Milano. Per quanto riguarda la coreografia una nota positiva ed una un po’ meno: la nota meno positiva erano le magliette rosse dei tifosi biancorossi con la scritta Red shoes are back: podeven minga scriv I scarpett ross hinn tornaa? Meno male che, alla fine dell’incontro, tutti i tifosi, il cui accento più meri-dionale era quello toscano, si son messi a cantare spontaneamente in coro Ò mia bella Madonina!

Pierluigi Crola SCARPETTE ROSSE / 2 Le scarpette rosse. Il trionfo di uno stile.

Finalmente la gloriosa Olimpia Basket Milano, ora con il mar-chio EA7 Emporio Armani, è di nuovo campione d’Italia, dopo 18 lunghissimi anni caratterizzati anche da sconfitte clamorose e dopo sette palpitanti partite. E’ il 26° scudetto. Un trionfo che mette fine ad un digiuno apparso infinito. Oggi il cielo di Mila-no e del basket italiano torna a tingersi di rosso: quello delle mi-tiche scarpette della storica Olimpia Milano, arrivate verso la metà degli anni ’50, converse rosso fuoco. A volerle ai piedi dei

suoi giocatori fu Adolfo Bogoncelli, fondatore dell’Olimpia Milano. Quella dell’Olimpia, con il suo alternarsi di vittorie e sconfitte, non è una storia limitata ai soli tifosi di basket: è una storia di vite, di uomini che hanno saputo votarsi a una causa comune e ad una città unica come Milano.

Il maxischermo del Comune

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Bogoncelli, trevigiano di nascita, appassionato di basket, forte dell’appoggio economico della fami-glia, nel 1936 decide di diventare presidente e finanziatore dell’Olimpia Milano, gettando le basi di quella che diventerà la leggenda delle Scarpette Rosse. La nascita della Pallacanestro Olimpia Mi-lano è datata ufficialmente 1936. In realtà la data originaria è un'altra, e va ricercata nell’anno della fusione della "Triestina Milano", composta da giovani promettenti scappati da Trieste, con il "Do-polavoro Borletti". Nasce la mitica società di basket destinata ad attraversare la storia d’Italia, spor-tiva e non, con gioie e dolori, trionfi e delusioni, ma sempre con il suo inequivocabile stile dato da grandi personaggi come ad esempio lo stesso Bogoncelli e Cesare Rubini detto «Il Principe» per la sua eleganza e signorilità. Sul suo campo, in asfalto e all’aperto, di via Costanza, sede per molti an-ni delle partite casalinghe (in seguito disputate al Palalido), hanno giocato diversi miti del basket meneghino. L'Olimpia Milano è sempre stata una società all'avanguardia e capace di imporre il pro-prio stile e le proprie idee innovative in campo e fuori. Proprio con Bogoncelli abbiamo la prima sponsorizzazione nel mondo della pallacanestro italiana, con il marchio Borletti. Fu sempre Bo-goncelli con Rubini a portare una mentalità professionistica: dalle divise alle calze, dalle scarpette rosse all’allenamento. Il salto di qualità in Italia avvenne per merito loro. Sempre per merito loro il 1956 divenne l’anno storico per la storia del basket meneghino. Grazie alle amicizie di Bogoncelli con il proprietario della Simmenthal, la storica azienda alimentare subentra alla Borletti come spon-sor, dando vita a un binomio assolutamente vincente, in Italia e in Europa. In panchina l’allenatore é Cesare Rubini. E inizia anche la leggenda della indimenticabile sede dell’Olimpia di via Caltanis-setta 3 oggi, purtroppo, dismessa, che ha visto generazioni di ragazzi crescere dal punto di vista umano e affermarsi come giocatori ma che soprattutto ha creato un forte senso di appartenenza all’Olimpia e a Milano. Il 1966 è l’anno del trionfo. La Simmenthal conquista infatti a Bologna la prima vittoria italiana in campo internazionale, battendo nella finale di Coppa Campioni lo Slavia Praga. Ricorda Pieri, uno dei punti di forza di quella squadra "Abbiamo attraversato tutta Bologna con la Coppa piena di champagne e ce la passavamo per berne un po' a turno. Tutta Bologna tifava per noi, nonostante la grande rivalità, e questo testimonia come, ai quei tempi, esistevano le grandi contrapposizioni di tifo, ma sul piano sportivo quando giocava una squadra italiana, tutti si tifava in una sola direzione". La fine degli anni sessanta e i primi anni settanta vengono caratterizzati dalla grande rivalità tra le scarpette rosse milanesi e la valanga gialla dei varesini sponsorizzati dalla I-gnis del mitico imprenditore Borghi, rivalità che culminò con cinque spareggi per lo scudetto. Nel 1972 la Simmenthal abbandona la sponsorizzazione dell’Olimpia. Si chiude per sempre un’epoca gloriosa, un’epoca in cui la marca di una famosa carne in scatola era, per tutti, solo il nome di una squadra di pallacanestro che indossava delle bellissime Scarpette Rosse. Dopo le delusioni della fi-ne degli anni settanta l’Olimpia trova il vecchio spirito combattente e vincente con il basket moder-no proposto dal pirotecnico Dan Peterson e perfettamente interpretato da tanti campioni di quegli anni. Nasce l’epoca del tifo di tipo calcistico con le carovane di macchine con le bandiere bianco-rosse che seguono e segnano i nuovi trionfi della squadra. Il resto, tra alti e bassi è storia recente.

Bruno Colombo E per finire … alla ricerca dei milanesi doc!

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Buseccca pre e post colombiana La busecca prende il nome dal germanico butz = stomaco nel senso dell’addome prominente che dà fiducia, da cui anche “ di buzzo buono” Mi ci metto di buzzo buono, significa con lo stesso impegno che metto nel riempirmi la pancia di cose buone. Busecca spesso si usa invece di fojoeu e viceversa. Ma si tratta di due preparazioni cu-linarie differenti : come minestra o come stufato propendiamo per assegnare busecca alla versione stufata , costituita da più parti , fra le quali el fojoeu della più povera minestra. Carlo Porta, nel suo Brindes de Meneghin all’osteria, scritto in occa-sione dell’entrata a Milano di Francesco I d’Austria, definisce “bu-

seccona” la sua consorte Maria Ludovica d’Asburgo-Este, figlia del governatore austriaco di Milano dove trascorse la sua gioventù fino al momento in cui sfuggì con i genitori all’invasione di Napoleone, andando a vivere a Vienna dove, appena ventunenne, sposò l’imperatore Francesco I. Dopo la caduta di Napoleone, la Lombardia tornò sotto il dominio austriaco, nel gennaio 1816 l’imperatore Francesco I decise di visitare Mi-lano assieme alla moglie

Viva, viva la nostra Patronna Busecconna

Tant lée come nun, che intuitù

de bellezza e virtù per brio bacco le zed a nissun!

(Viva, viva la nostra Padrona – buseccona – tanto lei come noi, – che in quanto – a bellezza e virtù – per brio bacco – non la cede a nessuno.) In tempi più recenti Alfredo Bracchi scrisse i versi della canzone Lassa pur ch’el mond el disa:

On bel piatt de busecca cont dent i borlott ( licenza poetica) On oss bus cont intorna el risott

E on litrott de quel bon cont on bel minestron Fan content ogni milaneson.

Anche questa musicata da Giovanni Danzi, compositore dell’inno milanese O mia bèla Madonina. Fra gli ingredienti della busecca alcuni cuochi indicano i bianchi di Spa-gna, i poeti i borlotti che hanno preso il nome “borlott” con cui i milanesi definiscono un uomo piccolo e grasso di forma tondeggiante come il fa-giolo borlotto,appunto. Ma prima dell’arrivo dei fagioli come si preparava la Busecca? ma con i ceci! sciscer dal latino cicer. Le diverse varietà di trippe stufate con i ceci costituivano un connubio tanto consolidato da far nascere il detto " "vess el scisger (cece) di soeu budej " per indicare due amici per la pelle affiatati fino ad essere, a volte, imbroglioni. Da questo detto deriva l’espressione infantile Scisciabôbô nel significato di leccarsi le dita per la gioia. Tutto sta nel saper scegliere le parti del bovino, destinate alla pre digestione dei vegetali, che si trovano tra l’esofago e lo stomaco propriamente detto. La trippa è costituita dal voluminoso rumine e dal reticolo o cuf-fia, la cui superficie interna è formata da intricati rilievi a forma di lamine. Tra il reticolo e l’abomaso si tro-

va l’omaso chiamato millefoglie, foiolo o centopelli per le innumerevoli celle della mucosa, considerato in alcuni casi trippa come l’intestino tenue del vitello che entra nella preparazione della busecca milanese con il nome di riccia o francese e che nel Lazio è conosciuta come pajata. Tutte le varietà di trippa devono essere sbiancate con l’asportazione delle mucose interne e sottoposte a successivi lavaggi. Il conte-nuto in proteine è del 16%, pari alla carne bianca, mentre i grassi sono limitati al 4% . La busecchina: è costituita da castagne secche sbucciate (i castegn pest) bollite dolcemente in acqua, scolate e immerse in latte, che diventa rosa mischiandosi al sugo delle castagne

Giovanni Staccotti

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VIE E PIAZZE DELLA CITTA’ MILANESE Viale Romagna collega piazza Piola a piazza Susa. Lungo la sua lunghezza si aprono tre piazze: la più gran-de e famosa è piazza Leonardo da Vinci, successivamente piazza Rio de Janeiro e poi la più piccola piazza Ferravilla.

Chi era costui? Era un ragioniere, secondo l’imposizione famigliare. Edoardo Ferravilla, figlio di ignoto e di una attrice portoghese di teatro, secondo l’anagrafe comunale, ma secondo l’interessato, la madre era l’attrice Maria Luisa Ferrari e il padre il marchese Filippo Villani (il nome Ferravilla deriverebbe dalla fusione dei due cognomi). Ferravilla nacque a Milano il 18 ottobre 1856. Orfano di madre a sei anni e abbandonato, dal padre, che sposò una ballerina, fu adottato dal suo tutore: il ragioniere Vigliezzi. Carlo Righetti, fondatore del teatro milanese, lo scoprì come attore e recitò con lui dal 1870. Righetti, famoso con lo pseudonimo di Cleto Arrighi anagrammando il suo nome, fu un personaggio di primo piano della vita cittadina. Contribuì alla diffusione della Scapigliatura in cui, nelle riforme del romanzo popolare, fa conoscere il popolo scontento e ribelle, descrivendo il clima politico e sociale dell’epoca, Scrisse ben 39 commedie in dialetto e fu inoltre direttore della compagnia del Teatro Milanese in cui recitò anche Edoardo Ferravilla, che ebbe un successo strepitoso con

centinaia di repliche. Divenne il beniamino del pubblico, cosa che gli permise di rendere la direzione artistica della compagnia teatrale a partire dal 1876. Edoardo Ferravilla creò diversi personaggi, i principali dei quali furono: El sur Pedrin – Mamo, un povero imbecille inamorato di una bella ragazza che lo prende in giro. Marinelli della clas di asen. Un ragazzo cresciuto troppo in fretta, idiota e presuntuoso, precocemente voglioso. Sur Panera – un vecchio timido e tuttavia spavaldo. Maester Patrizza: un musicista che dice di essere l’ispiratore delle musiche più belle, ma poco sa di musica. Gigione. Un cantante ed è lo e sfiatato, millantatore, sempre in cerca di scritture. Il dottore Pistagn. Furbo, che sa il fatto suo e sa ingannare il prossimo. Zio Camola. Bietolone di campagna; è più facile a dargliela ad intendere ed è lo zimbello di tutti. El sur Pancrazi della luna de mel. Personaggio più tragico che comico, marito sfortunato. Tecoppa. L’Ultimo personaggio elaborato da Ferravilla e quello più caratte-ristico e interessante. Uomo strisciante con i ricchi, superbo con i poveri, gaudente e nemico del lavoro. Il nome viene dalla sua frase ricorrente “Dio te coppa”. Tutto il 1874 è un susseguirsi di successi, il Teatro Milanese diventa l’unica consolazione dei milanesi in questi anni dominati da una grande crisi economica e dalle pesanti tasse di Quintino Sella. Persino Giuseppe Verdi con l’amico Arrigo Boito assiste alle commedie milanesi divertendosi molto alle battute di Ferravilla. La rivolta del 1898 e la repressione del Generale Bava Beccaris tolgono ai milanesi la voglia di ridere. Non c’è stato un grande ricambio di attori e di scrittori del Teatro milanese. Anche Ferravilla ha rallentato la sua attività. Vive serenamente nella sua casa di via Cesare Correnti dove muore il 26 ottobre 1916 ed è sepolto al cimitero Monumentale nella sua “villetta”, come era solito dire mentre andava a sorvegliare i lavori della cappella che si era premurato di farsi costruire. Altre forme di spettacolo hanno portato alla quasi estinzione del teatro milanese. Soprattutto il cinema, ma anche il teatro in lingua italiana, sempre più apprezzato da chi milanese non era. Tuttavia nella seconda metà del secolo scorso si è avuto un sussulto grazie all’ingegno artistico di Piero Mazzarella, milanese di adozio-ne, il quale tra le tante commedie milanesi rappresentate dalla sua compagnia, inserì e chiuse la sua carriera di uomo di teatro con il personaggio di Tecoppa rinnovando la memoria di Ferravilla.

Silvio Monti

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Corsi 2014/2015 Come ogni anno cominciano i corsi dell’Antica Credenza che, tra varie discipline e argomenti, ci condurran-no alla manifestazione di EXPO 2015. Pubblichiamo i corsi fino alla fine del 2014.

Evento “Riapriamo la Conca Dell'Incoronata” Il 12 ottobre 2014 si svolgerà in via San Marco l'iniziativa “Riapriamo la Conca dell'Incoronata” promosso dal-l'Associazione Amici della Martesana, dai Circoli Legambiente Milano, dall'Associazione Riaprire i Navigli, unitamente a varie associazioni milanesi ed in collaborazione con il Consiglio Regionale della Lombardia e Il Comune di Milano Zona 1. L'evento si propone come un momento di sensibilizzazione verso un'opera del-l'ingegneria medioevale a cui ha contribuito il genio di Leonardo Da Vinci, su tale importante manufatto al momento regna l'incuria, e certo non sembra questo il modo migliore per presentare ai visitatori dell'expo' un gioiello tutelato dalla Sovraintendenza ai beni culturali che in tanti ci invidiano. Il prof. Antonello Boatti illustrerà i progetti di fattibilità in corso di elaborazione da parte del Politecnico di Mi-lano sulla riapertura della Conca dell'Incoronata. L'iniziativa intende svolgersi come un momento di convivialità, tramite il vicino ristorante si offriranno assaggi di alcuni piatti della antica cucina milanese curati da Gianni Staccotti dell'Associazione Antica Credenza di Sant'Ambrogio che terrà una conferenza presso il CAM di via San Marco 45 alle ore 12 sulla cucina milane-se pre e post colombiana; si porrà inoltre l'attenzione sulle tematiche ambientali e culturali, patrimonio di cui l'ambito del Naviglio Martesana che alimenta la conca è ricco, attraverso una mostra multimediale e fotogra-fica nell'intento si cercherà di dare ai visitatori una visione d'insieme del sistema dei Navigli, quale rete di comunicazione e, una volta, di trasporto merci e che oggi costituisce un ambito di sviluppo per un turismo sensibile all'ambiente, alla cultura e all'enogastronomia di cui la nostra regione è ricca. Associazione Amici della Martesana via Zuretti, 59 20125 Milano www.amicidellamartesana.it

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