LA FORMAZIONE nei Documenti della Chiesa · • VC 28: Maria, modello di consacrazione e sequela...

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LA FORMAZIONE nei Documenti della Chiesa (pubblicati negli ultimi anni: dopo l’approvazione delle Costituzioni attuali) I Documenti e le Sigle Testi selezionati da fra Lindor Alcides Tofful, ofmconv. CIVCSVA, Direttive sulla formazione negli Istituti Religiosi, 1990 (PI) Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Post-Sinodale Pastores dabo Vobis, 1992 (PdV) CIVCSVA, La vita fraterna in comunità, 1994 (VFC) Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Post-Sinodale Vita Consecrata, 1996 (VC) Pontificia Opera per le Vocazioni Ecclesiastiche, Nuove vocazioni per una nuova Europa (In verbo tuo…), 1997 (NVNE). CIVCSVA, La collaborazione inter-Istituti per la formazione, 1998 (CIF) Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Novo Millennio Ineunte, 2001 (NMI) CIVCSVA, Ripartire da Cristo: un rinnovato impegno della Vita Consacrata nel terzo millennio, 2002 (RC) CIVCSVA, Il servizio dell’autorità e l’obbedienza, 2008 (SAO) Nota 1: Questo contributo risponde alla richiesta che mi è stata fatta da parte dei membri del Comitato Esecutivo per la Revisione delle Costituzioni (Riunione, 7 ottobre 2009) Nota 2: I testi corrispondono ai principali documenti ufficiali della Chiesa pubblicati negli ultimi 20 anni. Nota 3 : Il tema che interessa specificamente è “la formazione” (in corrispondenza al Capitolo II delle nostre Costituzioni). Sono tanti i temi che riguardano “la formazione”, per cui, ho volutamente trascurato quelli che riguardano più direttamente altri Capitoli delle Costituzioni: per es. la vita fraterna, la missione, il governo. Nota 4 : Prima di fare la lettura dei documenti, mi sono fatto una griglia o schema, riguardo ai “temi” che ho creduto importanti e che volevo cercare. Corrisponde alla struttura generale del “testo” proposto. All’interno della struttura i contenuti si mescolano e si integrano. Nota 5 : sebbene la raccolta dei testi è “sempre” soggettiva (in quanto a preferenze o sottolineature, ecc.), ho cercato di conservare “l’oggettività” dei testi attraverso la citazione testuale. Il negretto nel testo è una sottolineatura mia per evidenziare il tema principale. Nota 6 : all’inizio i documenti sono citati secondo l’ordine cronologico di pubblicazione; ma il testo non segue questo stesso ordine, quanto piuttosto l’ordine di lettura che ho fatto. Nota 7 : qualche volta la citazione è “lunga”, altre volte viene riferito solo “il titolo” di un punto o tema in modo che se si vuole ancora approfondire si può andare direttamente al Documento, che si trova in internet, attraverso Google, con il titolo del Documento che interessa. Nota 8 : obiettivo di questo contributo, di questa raccolta è offrire al lettore i principali testi sulla VC riguardo alla Formazione, per facilitare un’ulteriore sintesi e riflessione personale, nonché scambio fraterno nelle diverse istanze previste, sui temi che secondo la Chiesa, fanno parte di questo settore della nostra forma di vita. Sono degli “orientamenti” per la revisione delle Costituzioni, Capitolo II, che abbiamo cominciato a fare. Buona lettura e riflessione!

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LA FORMAZIONE nei Documenti della Chiesa (pubblicati negli ultimi anni: dopo l’approvazione delle Costituzioni attuali)

I Documenti e le Sigle Testi selezionati da fra Lindor Alcides Tofful, ofmconv.

• CIVCSVA, Direttive sulla formazione negli Istituti Religiosi, 1990 (PI) • Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Post-Sinodale Pastores dabo Vobis, 1992

(PdV) • CIVCSVA, La vita fraterna in comunità, 1994 (VFC) • Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Post-Sinodale Vita Consecrata, 1996 (VC) • Pontificia Opera per le Vocazioni Ecclesiastiche, Nuove vocazioni per una nuova

Europa (In verbo tuo…), 1997 (NVNE). • CIVCSVA, La collaborazione inter-Istituti per la formazione, 1998 (CIF) • Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Novo Millennio Ineunte, 2001 (NMI) • CIVCSVA, Ripartire da Cristo: un rinnovato impegno della Vita Consacrata nel terzo

millennio, 2002 (RC) • CIVCSVA, Il servizio dell’autorità e l’obbedienza, 2008 (SAO) Nota 1: Questo contributo risponde alla richiesta che mi è stata fatta da parte dei membri del Comitato Esecutivo per la Revisione delle Costituzioni (Riunione, 7 ottobre 2009) Nota 2: I testi corrispondono ai principali documenti ufficiali della Chiesa pubblicati negli ultimi 20 anni. Nota 3: Il tema che interessa specificamente è “la formazione” (in corrispondenza al Capitolo II delle nostre Costituzioni). Sono tanti i temi che riguardano “la formazione”, per cui, ho volutamente trascurato quelli che riguardano più direttamente altri Capitoli delle Costituzioni: per es. la vita fraterna, la missione, il governo. Nota 4: Prima di fare la lettura dei documenti, mi sono fatto una griglia o schema, riguardo ai “temi” che ho creduto importanti e che volevo cercare. Corrisponde alla struttura generale del “testo” proposto. All’interno della struttura i contenuti si mescolano e si integrano. Nota 5: sebbene la raccolta dei testi è “sempre” soggettiva (in quanto a preferenze o sottolineature, ecc.), ho cercato di conservare “l’oggettività” dei testi attraverso la citazione testuale. Il negretto nel testo è una sottolineatura mia per evidenziare il tema principale. Nota 6: all’inizio i documenti sono citati secondo l’ordine cronologico di pubblicazione; ma il testo non segue questo stesso ordine, quanto piuttosto l’ordine di lettura che ho fatto. Nota 7: qualche volta la citazione è “lunga”, altre volte viene riferito solo “il titolo” di un punto o tema in modo che se si vuole ancora approfondire si può andare direttamente al Documento, che si trova in internet, attraverso Google, con il titolo del Documento che interessa. Nota 8: obiettivo di questo contributo, di questa raccolta è offrire al lettore i principali testi sulla VC riguardo alla Formazione, per facilitare un’ulteriore sintesi e riflessione personale, nonché scambio fraterno nelle diverse istanze previste, sui temi che secondo la Chiesa, fanno parte di questo settore della nostra forma di vita. Sono degli “orientamenti” per la revisione delle Costituzioni, Capitolo II, che abbiamo cominciato a fare.

Buona lettura e riflessione!

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1. ASPETTI BIBLICI E TEOLOGICI

• VC 14: “Il fondamento evangelico della vita consacrata va cercato nel rapporto speciale che Gesù (…) stabilì con alcuni dei suoi discepoli, invitandoli non solo ad accogliere il Regno di Dio nella propria vita, ma a porre la propria esistenza a servizio di questa causa, lasciando tutto e imitando da vicino la sua forma di vita.” Si dice “da vicino” non “più da vicino”.

• VC 14: parla di “speciale vocazione”; di “una risposta radicale nella sequela di Cristo mediante l'assunzione dei consigli evangelici”, sempre a partire dall’iniziativa del Padre.

• VC 14 ss. parla dell’icona della Trasfigurazione come l’icona della VC. • VC 16: “Alla vita consacrata è affidato il compito di additare il Figlio di Dio fatto uomo

come il traguardo escatologico a cui tutto tende, lo splendore di fronte al quale ogni altra luce impallidisce, l'infinita bellezza che, sola, può appagare totalmente il cuore dell'uomo. Nella vita consacrata, dunque, non si tratta solo di seguire Cristo con tutto il cuore, amandolo «più del padre e della madre, più del figlio o della figlia» (cfr Mt 10, 37), come è chiesto ad ogni discepolo, ma di vivere ed esprimere ciò con l'adesione «conformativa» a Cristo dell'intera esistenza, in una tensione totalizzante che anticipa, nella misura possibile nel tempo e secondo i vari carismi, la perfezione escatologica”.

• VC 16: Attraverso la professione dei consigli evangelici “… la vita consacrata realizza a titolo speciale quella confessio Trinitatis che caratterizza l'intera vita cristiana”

• VC 17 : il senso della vocazione alla VC: “un'iniziativa tutta del Padre (cfr Gv 15, 16), che richiede da coloro che ha scelti la risposta di una dedizione totale ed esclusiva. L'esperienza di questo amore gratuito di Dio è a tal punto intima e forte che la persona avverte di dover rispondere con la dedizione incondizionata della sua vita, consacrando tutto, presente e futuro, nelle sue mani”

• VC 18: Il Figlio “chiama tutti coloro che il Padre gli ha dato (cfr Gv 17, 9) ad una sequela che ne orienta l'esistenza. Ma ad alcuni — le persone di vita consacrata, appunto — Egli chiede un coinvolgimento totale, che comporta l'abbandono di ogni cosa (cfr Mt 19, 27), per vivere in intimità con Lui e seguirlo dovunque Egli vada (cfr Ap 14, 4)”.

• VC 19: “È lo Spirito che suscita il desiderio di una risposta piena; è Lui che guida la crescita di tale desiderio, portando a maturazione la risposta positiva e sostenendone poi la fedele esecuzione (…) Lasciandosi guidare dallo Spirito in un incessante cammino di purificazione, essi diventano, giorno dopo giorno, persone cristiformi, prolungamento nella storia di una speciale presenza del Signore risorto”

• VC 20: “La vita consacrata è annuncio di ciò che il Padre, per mezzo del Figlio, nello Spirito compie con il suo amore, la sua bontà, la sua bellezza (…) Cosi la vita consacrata diviene una delle tracce concrete che la Trinità lascia nella storia, perché gli uomini possano avvertire il fascino e la nostalgia della bellezza divina”

• VC 24: dimensione pasquale della VC • VC 26: dimensione escatologica della VC: “Fissa nelle cose del Signore, la persona

consacrata ricorda che «non abbiamo quaggiù una città stabile» (Eb 13, 14), perché «la nostra patria è nei cieli» (Fil 3, 20). Sola cosa necessaria è cercare «il Regno di Dio e la sua giustizia» (Mt 6, 33), invocando incessantemente la venuta del Signore”.

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• VC 27: “La tensione escatologica si converte in missione , affinché il Regno si affermi in modo crescente qui ed ora. Alla supplica: «Vieni, Signore Gesù!», si unisce l'altra invocazione: «Venga il tuo Regno» (Mt 6, 10)”.

• VC 28: Maria, modello di consacrazione e sequela • VC 35: Chiamata alla conversione, ad una esistenza “trasfigurata”: “la vocazione delle

persone consacrate a cercare innanzitutto il Regno di Dio è, prima di ogni altra cosa, una chiamata alla conversione piena, nella rinuncia a se stessi per vivere totalmente del Signore, affinché Dio sia tutto in tutti”

• VC 36: parla della “fedeltà al carisma fondazionale”, al proprio patrimonio spirituale, nel suo triplice orientamento o relazione: verso il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Secondo la Regola, le Costituzioni e gli Statuti.

• VC 37: parla della “fedeltà creativa” e dinamica, di dare risposta ai segni dei tempi, di adattare “le forme, quando è necessario, alle nuove situazioni e ai diversi bisogni, in piena docilità all'ispirazione divina e al discernimento ecclesiale”

• VC 37: nella ricerca continua di conformazione a Cristo “sta la garanzia di ogni rinnovamento che intenda rimanere fedele all'ispirazione originaria”, in un rinnovato riferimento alla Regola. In questa e nelle Costituzioni “è racchiuso un itinerario di sequela, qualificato da uno specifico carisma autenticato dalla Chiesa”.

• VC 93: “Tendere alla santità: ecco in sintesi il programma di ogni vita consacrata, anche nella prospettiva del suo rinnovamento alle soglie del terzo millennio. Il punto di avvio del programma sta nel lasciare tutto per Cristo (cfr Mt 4, 18-22; 19, 21.27; Lc 5, 11) preferendo Lui ad ogni cosa, per poter partecipare pienamente al Suo mistero pasquale (…) Possiamo dire che la vita spirituale, intesa come vita in Cristo, vita secondo lo Spirito, si configura come un itinerario di crescente fedeltà, in cui la persona consacrata è guidata dallo Spirito e da Lui configurata a Cristo, in piena comunione di amore e di servizio nella Chiesa..”

• VC 104: l'episodio evangelico dell'unzione di Betania, la sovrabbondanza della gratuità…, senso della VC

VFC 2: sviluppo teologico per una riflessione sulla “vita fraterna in comunità” VFC 8-10: la comunità religiosa come dono dello Spirito. VFC 71: “La comunità religiosa, come espressione di Chiesa, è frutto dello Spirito e

partecipazione alla comunione trinitaria. Di qui l'impegno di ogni religioso e di tutti i religiosi a sentirsi corresponsabili della vita fraterna in comune, affinché essa manifesti in modo chiaro l'appartenenza a Cristo, che sceglie e chiama fratelli e sorelle a vivere insieme nel suo nome."Tutta la fecondità della vita religiosa dipende dalla qualità della vita fraterna in comune. Più ancora, il rinnovamento attuale nella Chiesa e nella vita religiosa è caratterizzato da una ricerca di comunione e di comunità."

PI 8: “All'origine della consacrazione religiosa c'è una chiamata di Dio che si piega solo con l'amore che Egli nutre per la persona chiamata. Questo amore assolutamente gratuito, personale ed unico. Investe la persona al punto che essa non appartiene più a se stessa ma appartiene a Cristo (…) Il dono dello Spirito lo manifesta e lo esprime. Questo dono impegna la persona che Dio chiama, a seguire Cristo mediante la pratica dei consigli evangelici di castità, povertà ed obbedienza.”

PI 9: la risposta personale, unica, totale, di amore.

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o RC 3: “L'Esortazione Apostolica Vita consecrata ha saputo esprimere con chiarezza e profondità la dimensione cristologica ed ecclesiale della vita consacrata in una prospettiva teologica trinitaria che illumina di nuova luce la teologia della sequela e della consacrazione, della vita fraterna in comunità e della missione”

o RC 8: “Nel mondo attuale si rende urgente una testimonianza profetica che poggia «sull'affermazione del primato di Dio e dei beni futuri, quale traspare dalla sequela e dall'imitazione di Cristo casto, povero e obbediente, totalmente votato alla gloria del Padre e all'amore dei fratelli e delle sorelle». Dalle persone consacrate si espande sulla Chiesa un persuasivo invito a considerare il primato della grazia e a rispondervi mediante un generoso impegno spirituale.”

o RC 20: “Si tratta di puntare sulla spiritualità intesa nel senso più forte del termine, ossia la vita secondo lo Spirito. La vita consacrata oggi ha bisogno soprattutto di un rilancio spirituale, che aiuti a passare nel concreto della vita il senso evangelico e spirituale della consacrazione battesimale e della sua nuova e speciale consacrazione.”

o RC 21 ss.: Ripartire da Cristo…, significa… o RC 22: “Tutta la vita di consacrazione può essere compresa solo da questo punto di partenza: i consigli

evangelici hanno senso in quanto aiutano a custodire e favorire l'amore per il Signore in piena docilità alla sua volontà; la vita fraterna è motivata da lui che raduna attorno a sé ed è finalizzata a goderne la sua costante presenza; la missione è il suo mandato e muove alla ricerca del suo volto nel volto di quelli a cui si è inviati per condividere con loro l'esperienza di Cristo.”

o RC 23 ss.: Spiritualità come vita secondo lo spirito… “Possiamo richiamare alcuni luoghi privilegiati in cui si può contemplare il volto di Cristo, per un rinnovato impegno nella vita dello Spirito.”: la Parola di Dio (n. 24), preghiera e contemplazione (n. 25), l’Eucaristia come luogo privilegiato (n. 26), il volto di Cristo nella prova (n. 27)

NVNE 14: “Davvero la cristologia sta a fondamento di ogni antropologia ed ecclesiologia.

Cristo è il progetto dell'uomo.” NVNE 15: “La Chiesa dunque riflette, come icona, il mistero di Dio Padre, di Dio Figlio e di

Dio Spirito Santo; ed ogni vocazione reca in sé i tratti caratteristici delle tre Persone della comunione trinitaria. Le Persone divine sono sorgente e modello d'ogni chiamata. Anzi, la Trinità, in se stessa, è un misterioso intreccio di chiamate e risposte.”

NVNE 16: il Padre chiama alla vita NVNE 17: il Figlio chiama alla sequela; n. 17c. Gesù, il formatore: “Per questo è il Signore

Gesù il formatore di coloro che chiama, l'unico che può plasmare in loro i Suoi stessi sentimenti. Ogni discepolo, rispondendo alla Sua chiamata e lasciandosi da Lui formare, esprime i tratti più veri della propria scelta. (…) La vita cristiana per essere vissuta in pienezza, nella dimensione del dono e della missione, ha bisogno di motivazioni forti, e soprattutto di comunione profonda con il Signore: nell'ascolto, nel dialogo, nella preghiera, nella interiorizzazione dei sentimenti, nel lasciarsi ogni giorno formare da Lui e soprattutto nel desiderio ardente di comunicare al mondo la vita del Padre.”

NVNE 18: lo Spirito chiama alla testimonianza; n. 18c. Lo Spirito animatore e accompagnatore vocazionale: “In tal modo lo Spirito diventa il grande animatore di ogni vocazione, Colui che accompagna il cammino perché giunga alla meta, l'iconografo interiore che plasma con fantasia infinita il volto di ciascuno secondo Gesù. La Sua presenza è sempre accanto ad ogni uomo e donna, per condurre tutti al discernimento della propria identità di credenti e di chiamati, per plasmare e modellare tale identità esattamente secondo il modello dell'amore divino. Questo «stampo divino» lo Spirito santificatore cerca di riprodurre in ciascuno, quale paziente artefice delle anime nostre e «consolatore perfetto»”. n. 18c: la santità, vocazione di tutti.

NVNE 23: Maria, madre e modello di ogni vocazione PdV 5: “La Lettera agli Ebrei afferma chiaramente l'« umanità » del ministro di Dio: egli viene dagli

uomini ed è al servizio degli uomini, imitando Gesù Cristo « lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato ».

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PdV 11 ss.: la natura e la missione del sacerdozio ministeriale PdV 12: l’identità sacerdotale: “« L'identità sacerdotale — hanno scritto i Padri sinodali —, come ogni

identità cristiana, ha la sua fonte nella Santissima Trinità »,(40) che si rivela e si autocomunica agli uomini in Cristo, costituendo in Lui e per mezzo dello Spirito la Chiesa come « germe e inizio del Regno » (…) Si può così comprendere la connotazione essenzialmente « relazionale » dell'identità del presbitero: mediante il sacerdozio, che scaturisce dalle profondità dell'ineffabile mistero di Dio, ossia dall'amore del Padre, dalla grazia di Gesù Cristo e dal dono dell'unità dello Spirito Santo, il presbitero è inserito sacramentalmente nella comunione con il Vescovo e con gli altri presbiteri,(45) per servire il Popolo di Dio che è la Chiesa e attrarre tutti a Cristo (…) Non si può allora definire la natura e la missione del sacerdozio ministeriale, se non in questa molteplice e ricca trama di rapporti, che sgorgano dalla Santissima Trinità e si prolungano nella comunione della Chiesa, come segno e strumento, in Cristo, dell'unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano. In questo contesto l'ecclesiologia di comunione diventa decisiva per cogliere l'identità del presbitero, la sua originale dignità, la sua vocazione e missione nel Popolo di Dio e nel mondo. Il riferimento alla Chiesa è, perciò, necessario, anche se non prioritario nella definizione dell'identità del presbitero (…) Il presbitero trova la verità piena della sua identità nell'essere una derivazione, una partecipazione specifica ed una continuazione di Cristo stesso, sommo e unico sacerdote della nuova ed eterna Alleanza: egli è un'immagine viva e trasparente di Cristo sacerdote.”

PdV 15: “… i presbiteri sono chiamati a prolungare la presenza di Cristo, unico e sommo pastore, attualizzando il suo stile di vita e facendosi quasi sua trasparenza in mezzo al gregge loro affidato (…) I presbiteri sono, nella Chiesa e per la Chiesa, una ripresentazione sacramentale di Gesù Cristo Capo e Pastore, ne proclamano autorevolmente la parola, ne ripetono i gesti di perdono e di offerta della salvezza, soprattutto col Battesimo, la Penitenza e l'Eucaristia, ne esercitano l'amorevole sollecitudine, fino al dono totale di sé per il gregge, che raccolgono nell'unità e conducono al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito. In una parola, i presbiteri esistono ed agiscono per l'annuncio del Vangelo al mondo e per l'edificazione della Chiesa in nome e in persona di Cristo Capo e Pastore.”

PdV 16: “Il sacerdote ha come sua relazione fondamentale quella con Gesù Cristo Capo e Pastore: egli, infatti, partecipa, in modo specifico e autorevole, alla « consacrazione unzione » e alla « missione » di Cristo (…) « In quanto rappresenta Cristo capo, pastore e sposo della Chiesa, il sacerdote si pone non soltanto nella Chiesa ma anche di fronte alla Chiesa. Il sacerdozio, unitamente alla Parola di Dio e ai segni sacramentali di cui è al servizio, appartiene agli elementi costitutivi della Chiesa. Il ministero del presbitero è totalmente a favore della Chiesa; è per la promozione dell'esercizio del sacerdozio comune di tutto il popolo di Dio; è ordinato non solo alla Chiesa particolare, ma anche alla Chiesa universale, in comunione con il Vescovo, con Pietro e sotto Pietro. Mediante il sacerdozio del Vescovo, il sacerdozio di secondo ordine è incorporato nella struttura apostolica della Chiesa. Così il presbitero come gli apostoli funge da ambasciatore per Cristo. In questo si fonda l'indole missionaria di ogni sacerdote » (…) La relazione del sacerdote con Gesù Cristo e, in Lui, con la sua Chiesa si situa nell'essere stesso del sacerdote, in forza della sua consacrazione unzione sacramentale, e nel suo agire, ossia nella sua missione o ministero. In particolare « il sacerdote ministro è servitore di Cristo presente nella Chiesa mistero, comunione e missione…”

PdV 17: la “forma comunitaria” del sacerdozio ministeriale PdV 18: l’identità sacerdotale: “« La nostra identità ha la sua sorgente ultima nella carità del Padre. Al

Figlio da Lui mandato, Sacerdote Sommo e buon Pastore, siamo uniti sacramentalmente con il sacerdozio ministeriale per l'azione dello Spirito Santo. La vita e il ministero del sacerdote sono continuazione della vita e dell'azione dello stesso Cristo. Questa è la nostra identità, la nostra vera dignità, la sorgente della nostra gioia, la certezza della nostra vita ».”

PdV 19 ss.: la vita spirituale del sacerdote… PdV 21: “Mediante la consacrazione sacramentale, il sacerdote è configurato a Gesù Cristo in quanto

Capo e Pastore della Chiesa e riceve in dono un « potere spirituale » che è partecipazione all'autorità con la quale Gesù Cristo mediante il suo Spirito guida la Chiesa.”

PdV 23: la carità pastorale del presbitero: “Il principio interiore, la virtù che anima e guida la vita spirituale del presbitero in quanto configurato a Cristo Capo e Pastore è la carità pastorale, partecipazione della stessa carità pastorale di Gesù Cristo: dono gratuito dello Spirito Santo, e nello stesso tempo compito e appello alla risposta libera e responsabile del presbitero. Il contenuto essenziale della carità pastorale è il dono di sé, il totale dono di sé alla Chiesa, ad immagine e in condivisione con il dono di Cristo. « La carità pastorale è quella virtù con la quale noi imitiamo Cristo nella sua donazione

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di sé e nel suo servizio. Non è soltanto quello che facciamo, ma il dono di noi stessi, che mostra l'amore di Cristo per il suo gregge. La carità pastorale determina il nostro modo di pensare e di agire, il nostro modo di rapportarci alla gente. E risulta particolarmente esigente per noi... » Il dono di sé, radice e sintesi della carità pastorale, ha come destinataria la Chiesa (…) Questa stessa carità pastorale costituisce il principio interiore e dinamico capace di unificare le molteplici e diverse attività del sacerdote.”.

PdV 24: consacrazione e missione: “Lo Spirito del Signore ha consacrato Cristo e lo ha mandato ad annunciare il Vangelo.150 La missione non è un elemento esteriore e giustapposto alla consacrazione, ma ne costituisce la destinazione intrinseca e vitale: la consacrazione è per la missione. Così, non solo la consacrazione, ma anche la missione sta sotto il segno dello Spirito, sotto il suo influsso santificatore.”

PdV 26 (tutto il numero): triplice ministero: “… le condizioni e le esigenze, le modalità e i frutti dell'intimo rapporto che esiste tra la vita spirituale del sacerdote e l'esercizio del suo triplice ministero: della Parola, del Sacramento e del servizio della Carità.”

PdV 28 ss.: le virtù necessarie nel ministero dei presbiteri: l’obbedienza “apostolica” e “comunitaria”; la castità (verginità e celibato); la povertà evangelica

2. ASPETTI ECCESSIOLOGICI

• VC 3: afferma: “la vita consacrata si pone nel cuore stesso della Chiesa come elemento

decisivo per la sua missione, giacché «esprime l'intima natura della vocazione cristiana» e la tensione di tutta la Chiesa-Sposa verso l'unione con l'unico Sposo (…) è dono prezioso e necessario anche per il presente e per il futuro del Popolo di Dio, perché appartiene intimamente alla sua vita, alla sua santità, alla sua missione.”

• VC 4: “La comunione nella Chiesa non è infatti uniformità, ma dono dello Spirito che passa anche attraverso la varietà dei carismi e degli stati di vita. Questi saranno tanto più utili alla Chiesa e alla sua missione, quanto maggiore sarà il rispetto della loro identità…”

• VC 5: le diverse forme di vita consacrata nella Chiesa, “affonda le sue radici nel Vangelo”

• VC 13: “… la Chiesa ha bisogno dell'apporto spirituale e apostolico di una vita consacrata rinnovata e rinvigorita.”

• VC 13: il Papa auspica “che la riflessione continui per l'approfondimento del grande dono della vita consacrata nella triplice dimensione della consacrazione, della comunione e della missione…”

• VC 19: La VC diventa “un'espressione particolarmente profonda della Chiesa Sposa, la quale, condotta dallo Spirito a riprodurre in sé i lineamenti dello Sposo”

• VC 29: La VC “… non potrà mai mancare alla Chiesa come un suo elemento irrinunciabile e qualificante, in quanto espressivo della sua stessa natura”

• VC 31: “Tutti nella Chiesa sono consacrati nel Battesimo e nella Cresima, ma il ministero ordinato e la vita consacrata suppongono ciascuno una distinta vocazione ed una specifica forma di consacrazione, in vista di una missione peculiare (…) I ministri ordinati, oltre a questa consacrazione fondamentale, ricevono quella dell'Ordinazione per continuare nel tempo il ministero apostolico. Le persone consacrate, che abbracciano i consigli evangelici, ricevono una nuova e speciale consacrazione che, senza essere sacramentale, le impegna a fare propria — nel celibato, nella povertà e nell'obbedienza — la forma di vita praticata personalmente da Gesù, e da Lui proposta ai discepoli. Pur essendo, queste diverse categorie, manifestazione dell'unico mistero di Cristo, i laici hanno come caratteristica peculiare, anche se non esclusiva, la secolarità, i pastori la ministerialità, i consacrati la speciale conformazione a Cristo vergine, povero, obbediente.”

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• VC 32: “Quanto alla significazione della santità della Chiesa, un'oggettiva eccellenza è da riconoscere alla vita consacrata, che rispecchia lo stesso modo di vivere di Cristo”

• VC 34: la dimensione sponsale della VC. • VC 41: “In realtà, la Chiesa è essenzialmente mistero di comunione, «popolo adunato

dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». La vita fraterna intende rispecchiare la profondità e la ricchezza di tale mistero, configurandosi come spazio umano abitato dalla Trinità, che estende così nella storia i doni della comunione propri delle tre Persone divine”

• VC 42: “La vita fraterna, intesa come vita condivisa nell'amore, è segno eloquente della comunione ecclesiale”

• VC 43: il compito dell’autorità • VC 45: Sentire cum Ecclesia • VC 46: La VC nella Chiesa universale • VC 47: La VC e la Chiesa particolare • VC 60: I fratelli religiosi: “Secondo la dottrina tradizionale della Chiesa, la vita

consacrata per natura sua non è né laicale né clericale, e per questo la «consacrazione laicale», tanto maschile quanto femminile, costituisce uno stato in sé completo di professione dei consigli evangelici. Essa perciò ha, sia per la persona che per la Chiesa, un valore proprio, indipendentemente dal ministero sacro (…) Ciò esige una formazione appropriata e integrale: umana, spirituale, teologica, pastorale e professionale (…) Diversa è la vocazione dei fratelli in quegli Istituti che sono detti «clericali» perché, secondo il progetto del fondatore oppure in forza di una legittima tradizione, prevedono l'esercizio dell'Ordine sacro, sono governati da chierici e come tali sono riconosciuti dall'autorità della Chiesa. In questi Istituti il ministero sacro è costitutivo del carisma stesso e ne determina l'indole, il fine, lo spirito. La presenza di fratelli costituisce una partecipazione differenziata alla missione dell'Istituto, con servizi svolti sia all'interno delle comunità che nelle opere apostoliche, in collaborazione con coloro che esercitano il ministero sacerdotale.”

• VC 61: sugli Istituti “misti”: “Alcuni Istituti religiosi, che nel progetto originario del fondatore si configuravano come fraternità, nelle quali tutti i membri — sacerdoti e non sacerdoti — erano considerati uguali tra di loro, col passare del tempo hanno acquistato una diversa fisionomia. Occorre che questi Istituti, chiamati «misti», valutino, sulla base dell'approfondimento del proprio carisma fondazionale, se sia opportuno e possibile tornare all'ispirazione originaria. I Padri sinodali hanno espresso il voto che in tali Istituti sia riconosciuta a tutti i religiosi parità di diritti e di obblighi, eccettuati quelli che scaturiscono dall'Ordine sacro. Per esaminare e risolvere i problemi connessi con questa materia è stata istituita un'apposita commissione, le cui conclusioni conviene attendere, per fare poi le opportune scelte secondo quanto sarà autorevolmente disposto.”

• VC 105: “La Chiesa non può assolutamente rinunciare alla vita consacrata, perché essa esprime in modo eloquente la sua intima essenza «sponsale».”

VFC 1b: “La vita religiosa è parte vitale della Chiesa e vive nel mondo.” VFC 2: sviluppo dell’ecclesiologia per una riflessione sulla “vita fraterna in comunità”: Dalla

Chiesa-Mistero alla dimensione misterica della comunità religiosa; Dalla Chiesa-Comunione alla dimensione comunionale-fraterna della comunità religiosa; Dalla Chiesa animata dai Carismi alla dimensione carismatica della comunità religiosa; Dalla Chiesa-Sacramento di unità alla dimensione apostolica della comunità religiosa.

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VFC 5: cambiamenti nella VR (il Documento parla di VR e non di VC): Nuova configurazione nelle comunità religiose (dovuto alla diminuzione vocazionale, al fatto che, in molti luoghi, lo Stato fa quello che faceva la VR – scuola, ospedale, ecc…); la crescita di richieste di intervento per rispondere alle sollecitazioni dei bisogni più urgenti; una nuova concezione della persona (valore del singolo e sue iniziative); le nuove strutture di governo (partecipazione, dialogo comunitario, corresponsabilità, sussidiarietà)

VFC 7: Guardare “lo schema di fondo”: Dio, Fraternità, Missione… La comunità religiosa come dono (nn. 8-10), come luogo ove si diventa fratelli (nn. 11-57), come luogo e soggetto della missione (nn. 58-70)

VFC 12: il senso della preghiera in comune, della Liturgia delle ore, dell’Eucaristia e del sacramento della Riconciliazione, la Lectio divina, la riflessione sulla Parola di Dio

PI 10: “Nell'atto della professione religiosa, che è un atto della Chiesa, tramite l'autorità di colui

o di colei che riceve i voti, convergono l'azione di Dio e la risposta della persona. Questo atto incorpora in un istituto.”

o RC 28: “Se «la vita spirituale deve essere al primo posto nel programma delle Famiglie di vita consacrata» essa dovrà essere innanzi tutto una spiritualità di comunione, come si addice al momento presente: «Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo». In questo cammino di tutta la Chiesa si attende il decisivo contributo della vita consacrata per la sua specifica vocazione alla vita di comunione nell'amore.”, prima “ad intra” e poi anche “ad extra”.

o RC 29: cosa è “la spiritualità della comunione” … o RC 30: “L'unità della Chiesa non è uniformità, ma integrazione organica delle legittime diversità. È la

realtà di molte membra congiunte in un corpo solo, l'unico Corpo di Cristo (cfr. 1 Cor 12, 12)»”. o RC 31: “Soltanto in una ecclesiologia integrale, dove le diverse vocazioni sono colte all'interno

dell'unico Popolo di convocati, la vocazione alla vita consacrata può ritrovare la sua specifica identità di segno e di testimonianza (…) Si domanda quindi un'adeguata formazione dei consacrati come dei laici ad una reciproca ed arricchente collaborazione.”

o RC 32: “In questo rapporto di comunione ecclesiale con tutte le vocazioni e gli stati di vita, un aspetto del tutto particolare è quello dell'unità con i Pastori. Invano si pretenderebbe di coltivare una spiritualità di comunione senza un rapporto effettivo ed affettivo con i Pastori, prima di tutto con il Papa, centro dell'unità della Chiesa, e con il suo Magistero”

• TMI 43: “Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione (…) Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione, facendola emergere come principio educativo in tutti i luoghi dove si plasma l'uomo e il cristiano, dove si educano i ministri dell'altare, i consacrati, gli operatori pastorali, dove si costruiscono le famiglie e le comunità.”; spiritualità della comunione significa …

NVNE 18d.: “… le vocazioni nella Chiesa sono necessarie nella loro varietà per realizzare la vocazione della Chiesa, e la vocazione della Chiesa — a sua volta — è quella di rendere possibili e praticabili le vocazioni della e nella Chiesa. Tutte le diverse vocazioni sono dunque protese verso la testimonianza dell'agape, verso l'annuncio di Cristo unico salvatore del mondo.”

NVNE 19: dalla Trinità alla Chiesa nel mondo, per la Chiesa e per il mondo …: “Ogni vocazione nasce in un luogo preciso, in un contesto concreto e limitato, ma non torna su se stessa, non tende verso la privata perfezione o l'autorealizzazione psicologica o spirituale del chiamato, bensì fiorisce nella Chiesa, in quella Chiesa che cammina nel mondo verso il Regno compiuto, verso la realizzazione d'una storia che è grande perché è di salvezza (…) la fedeltà vocazionale d'una comunità credente è la prima e fondamentale condizione per il fiorire della vocazione nei singoli credenti, specie nei più giovani.”

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PdV 2: importanza della formazione: “In realtà la formazione dei futuri sacerdoti, sia diocesani sia

religiosi, e l'assidua cura, protratta lungo tutto il corso della vita, per la loro santificazione personale nel ministero e per l'aggiornamento costante del loro impegno pastorale, sono considerate dalla Chiesa come uno dei compiti di massima delicatezza e importanza per il futuro dell'evangelizzazione dell'umanità.”

PdV 3: “In questi anni più recenti e da più parti è stata avvertita la necessità di ritornare sul tema del sacerdozio, affrontandolo da un punto di vista relativamente nuovo e più adatto alle presenti circostanze ecclesiali e culturali. L'attenzione si è spostata dal problema dell'identità del prete ai problemi connessi con l'itinerario formativo al sacerdozio e con la qualità di vita dei sacerdoti. In realtà le nuove generazioni di chiamati al sacerdozio ministeriale presentano caratteristiche notevolmente diverse rispetto a quelle dei loro immediati predecessori e vivono in un mondo per tanti aspetti nuovo e in continua e rapida evoluzione. E di tutto ciò non si può non tener conto nella programmazione e nella realizzazione degli itinerari educativi al sacerdozio ministeriale. I sacerdoti poi, già inseriti da un tempo più o meno lungo nell'esercizio del ministero, sembrano oggi soffrire di eccessiva dispersione nelle sempre crescenti attività pastorali e, di fronte alle difficoltà della società e della cultura contemporanea, si sentono costretti a ripensare i loro stili di vita e le priorità degli impegni pastorali, mentre avvertono sempre più la necessità di una formazione permanente.”

3. ASPETTI ANTROPOLOGICI e CULTURALI

• VC 20: “Primo compito della vita consacrata è di rendere visibili le meraviglie che Dio opera nella fragile umanità delle persone chiamate…”

• VC 38: parla di alcuni rischi: in una “formazione spirituale più elevata”, in una “doverosa qualificazione”, nel “farsi vicino” al mondo attuale, nell’attaccamento alla propria nazione/cultura. Parla del bisogno del “combattimento spirituale”, dell’ascesi…

• VC 98: evangelizzare la cultura, l’impegno culturale (lo studio come parte della formazione integrale)

VFC 4: lo sviluppo nella società per una comprensione della “vita fraterna in comunità”: I

movimenti di emancipazione politica e sociale nel Terzo Mondo e l'accresciuto processo di industrializzazione; la rivendicazione della libertà personale e dei diritti umani; la promozione della donna; l'esplosione delle comunicazioni; il consumismo e l'edonismo.

o RC 1: “Certamente i drammatici avvenimenti del mondo di questi ultimi anni, hanno imposto ai popoli

nuovi e più pesanti interrogativi che si sono sommati a quelli già presenti, sorti in rapporto all'orientamento di una società globalizzata, ambivalente nella realtà, nella quale «non si sono globalizzate solo tecnologia ed economia, ma anche insicurezza e paura, criminalità e violenza, ingiustizie e guerre»”.

o RC 19: VR e inculturazione: “Molto vive sono anche le tematiche dell'inculturazione. Esse riguardano il modo di incarnare la vita consacrata, l'adattamento delle forme di spiritualità e di apostolato, le modalità di governo, la formazione, la gestione delle risorse e dei beni economici, lo svolgimento della missione (…) Ascoltando l'invito rivolto da Giovanni Paolo II a tutta la Chiesa, la vita consacrata deve decisamente ripartire da Cristo, contemplando il suo volto, privilegiando le vie della spiritualità come vita, pedagogia e pastorale.”

o RC 45: Alcune sfide odierne. PI 80 ss.: formazione e cultura

• TMI 51: “E come poi tenerci in disparte di fronte alle prospettive di un dissesto ecologico, che rende inospitali e nemiche dell'uomo vaste aree del pianeta? O rispetto ai problemi della pace, spesso minacciata con l'incubo di guerre catastrofiche? O di fronte al vilipendio dei diritti umani fondamentali di tante persone, specialmente dei bambini?

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(…) Mi riferisco al dovere di impegnarsi per il rispetto della vita di ciascun essere umano dal concepimento fino al suo naturale tramonto. Allo stesso modo, il servizio all'uomo ci impone di gridare, opportunamente e importunamente, che quanti s'avvalgono delle nuove potenzialità della scienza, specie sul terreno delle biotecnologie, non possono mai disattendere le esigenze fondamentali dell'etica, appellandosi magari ad una discutibile solidarietà, che finisce per discriminare tra vita e vita, in spregio della dignità propria di ogni essere umano.”

NVNE 11: Alcune caratteristiche della “nuova Europa”: diversificata e complessa NVNE 11: “Un altro aspetto caratterizza l'attualità socio-culturale europea: l'eccedenza di

possibilità, di occasioni, di sollecitazioni, a fronte della carenza di focalizzazione, di propositività, di progettualità (…) « Valori » diversi e contrastanti sono copresenti e coesistenti, senza una gerarchizzazione precisa; codici di lettura e di valutazione, d'orientamento e di comportamento del tutto dissimili tra loro. Risulta difficile, in tale contesto, avere una concezione o una visione del mondo unitaria, e diventa dunque debole anche la capacità progettuale della vita. Quando una cultura, infatti, non definisce più le supreme possibilità di significato, o non riesce a creare convergenza attorno ad alcuni valori come particolarmente capaci di dar senso alla vita, ma pone tutto sullo stesso piano, cade ogni possibilità di scelta progettuale e tutto diviene indifferente e piatto”

NVNE 11: i giovani e l’Europa: “I giovani europei vivono in questa cultura pluralista e ambivalente, « politeista » e neutra. Da un lato cercano appassionatamente autenticità, affetto, rapporti personali, grandezza d'orizzonti, dall'altro sono fondamentalmente soli, « feriti » dal benessere, delusi dalle ideologie, confusi dal disorientamento etico.”

NVNE 11: “Due aspetti, comunque, ci sembrano centrali per capire l'atteggiamento giovanile odierno: la rivendicazione della soggettività e il desiderio di libertà. Sono due istanze degne d'attenzione e tipicamente umane. Spesso tuttavia in una cultura debole e complessa quale l'attuale, danno luogo — incontrandosi — a combinazioni che ne deformano il senso: la soggettività diventa allora soggettivismo, mentre la libertà degenera in arbitrio.”

NVNE 11c: “Questo gioco di contrasti si riflette inevitabilmente sul piano della progettazione del futuro, che è visto — da parte dei giovani — in un'ottica conseguente, limitata alle proprie vedute, in funzione d'interessi strettamente personali (l'autorealizzazione). È una logica che riduce il futuro alla scelta d'una professione, alla sistemazione economica, o all'appagamento sentimentale-emotivo, entro orizzonti che di fatto riducono la voglia di libertà e le possibilità del soggetto a progetti limitati, con l'illusione d'esser liberi. Sono scelte senza alcun'apertura al mistero e al trascendente, e fors'anche con scarsa responsabilità nei confronti della vita, propria e altrui, della vita ricevuta in dono e da generare negli altri. È, in altre parole, una sensibilità e mentalità che rischia di delineare una sorta di cultura antivocazionale. Come dire che nell'Europa culturalmente complessa e priva di precisi punti di riferimento, simile a un grande pantheon, il modello antropologico prevalente sembra esser quello dell'«uomo senza vocazione» (…) « Una cultura pluralista e complessa tende a generare dei giovani con un'identità incompiuta e debole con la conseguente indecisione cronica di fronte alla scelta vocazionale. Molti giovani non hanno neppure la « grammatica elementare » dell'esistenza, sono dei nomadi: circolano senza fermarsi a livello geografico, affettivo, culturale, religioso, essi « tentano »! In mezzo alla grande quantità e diversità delle informazioni, ma con povertà di formazione, appaiono dispersi, con poche referenze e pochi referenti. Per questo hanno paura del loro avvenire, hanno ansia davanti ad impegni definitivi e si interrogano circa il loro essere. Se da una parte cercano autonomia e indipendenza ad ogni costo, dall'altra, come rifugio, tendono a essere molto dipendenti dall'ambiente socioculturale ed a cercare la gratificazione immediata dei sensi: di ciò che « mi va », di ciò che « mi fa sentire bene » in un mondo affettivo fatto su misura » (…)Se è vero che il giovane d'oggi rischia d'essere disorientato e di ritrovarsi senza un

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preciso punto di riferimento, la « nuova Europa » che sta nascendo potrebbe forse diventare un traguardo e offrire un adeguato stimolo a giovani che, in realtà, « hanno nostalgia di libertà e cercano la verità, la spiritualità, l'autenticità, la propria originalità personale e la trasparenza, che insieme hanno desiderio di amicizia e di reciprocità », che cercano « compagnia » e vogliono « costruire una nuova società, fondata su valori quali la pace, la giustizia, il rispetto per l'ambiente, l'attenzione alle diversità, la solidarietà, il volontariato e la pari dignità della donna ».(10) In ultima analisi, le più recenti ricerche descrivono i giovani europei come smarriti, ma non disperati; impregnati di relativismo etico, ma anche desiderosi di vivere una « vita buona »; coscienti del loro bisogno di salvezza, sia pur senza sapere dove cercarla”.

NVNE 12: “Di qui dipendono l'immagine d'uomo che si vuole realizzare e le grandi decisioni della vita, del futuro della persona e dell'umanità: dal significato della libertà, del rapporto tra soggettività e oggettività, del mistero della vita e della morte, dell'amare e del soffrire, del lavoro e della festa. Occorre chiarire la relazione tra prassi e verità, tra istante storico personale e futuro definitivo universale o tra bene ricevuto e bene donato, tra coscienza del dono e scelta di vita. Noi sappiamo che è proprio attorno a questi punti che si concentra anche una certa crisi di significato, da cui derivano poi una cultura antivocazionale e un'immagine d'uomo senza vocazione.”

NVNE 13: in Europa, c’è una certa “cultura di morte” e “della distrazione”: “In particolare fa riferimento a valori forse un po' dimenticati da certa mentalità emergente (« cultura di morte », secondo alcuni), come la gratitudine, l'accoglienza del mistero, il senso dell'incompiutezza dell'uomo e assieme della sua apertura al trascendente, la disponibilità a lasciarsi chiamare da un altro (o da un Altro) e a farsi interpellare dalla vita, la fiducia in sé e nel prossimo, la libertà di commuoversi di fronte al dono ricevuto, di fronte all'affetto, alla comprensione, al perdono, scoprendo che quello che si è ricevuto è sempre immeritato ed eccedente la propria misura, e fonte di responsabilità verso la vita (…) Alla cultura della distrazione, che rischia di perder di vista e annullare gl'interrogativi seri nel macero delle parole, va opposta una cultura capace di ritrovare coraggio e gusto per le domande grandi, quelle relative al proprio futuro: sono le domande grandi, infatti, che rendono grandi anche le risposte piccole. Ma son poi le risposte piccole e quotidiane che provocano le grandi decisioni, come quella della fede; o che creano cultura, come quella della vocazione.”

NVNE 14: “Non va però dimenticato che nella cultura della distrazione, in cui si trovano imbarcati soprattutto i giovani di questo tempo, le domande fondamentali corrono il rischio di essere soffocate, o di essere rimosse. Il senso della vita, oggi, più che cercato viene imposto: o da ciò che si vive nell'immediato o da ciò che gratifica i bisogni, soddisfatti i quali, la coscienza diventa sempre più ottusa e gli interrogativi più veri restano elusi.”

SAO 19: “Una rinnovata concezione antropologica, in questi ultimi anni, ha messo molto più in evidenza l'importanza della dimensione relazionale dell'essere umano. Tale concezione trova ampie conferme nell'immagine di persona umana che emerge dalle Scritture, e, senza dubbio, ha influito anche sul modo di concepire la relazione all'interno della comunità religiosa, rendendola più attenta al valore dell'apertura all'altro- da-sé, alla fecondità del rapporto con la diversità e all'arricchimento che ne deriva ad ognuno. Tale antropologia relazionale ha pure esercitato un influsso almeno indiretto, come abbiamo già ricordato, sulla spiritualità di comunione, e ha contribuito a rinnovare il concetto di missione, intesa come impegno condiviso con tutti i membri del popolo di Dio, in uno spirito di collaborazione e corresponsabilità.”

PdV 6: “Molteplici fattori sembrano favorire negli uomini d'oggi una più matura coscienza della dignità della persona e una nuova apertura ai valori religiosi, al Vangelo e al ministero sacerdotale.” Questi fattori… nella società, nel campo religioso e cristiano

PdV 7: elementi problematici e difficili…: il razionalismo, il soggettivismo, l’ateismo pratico ed esistenziale (visione secolarista), la disgregazione familiare, l'oscuramento o il travisamento del vero senso della sessualità umana, le ingiustizie sociali; nel campo ecclesiale… l’individualismo, la soggettivizzazione della fede; appartenenza alla Chiesa sempre più parziale e condizionante…

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PdV 8: l’influsso della nostra società e cultura sui giovani… , specialmente: il fascino della cosiddetta « società dei consumi », in particolare, sulla visione della sessualità umana; un'esperienza distorta della libertà

PdV 9: situazioni e stimoli positivi sui giovani… PdV 10: “Come formare sacerdoti che siano veramente all'altezza di questi tempi, capaci di

evangelizzare il mondo di oggi?” Importanza della conoscenza della situazione attuale, il discernimento evangelico o interpretazione della situazione.

4. ALCUNI PRINCIPI DELLA FORMAZIONE

• VC 15: parla del “carattere totalizzante” del dinamismo profondo della vocazione alla vita consacrata. Cfr. anche PI 9.

• VC 65: il principio di totalità e d’integrazione armonica: “La formazione, per essere totale, comprenderà tutti i campi della vita cristiana e della vita consacrata. Va prevista, pertanto, una preparazione umana, culturale, spirituale e pastorale, ponendo ogni attenzione perché sia favorita l'integrazione armonica dei vari aspetti.” (cfr. tutto il numero); cfr. n. 71: la totalità del essere umano: mente, cuore, volontà.

• VC 67: la formazione comunitaria e pastorale (tutto il numero) “Poiché la formazione deve essere anche comunitaria, il suo luogo privilegiato (…) è la comunità (…) la vita comunitaria deve, sin dalla prima formazione, mostrare l'intrinseca dimensione missionaria della consacrazione.”

• VC 92: la dimensione comunitaria della VC PI 34: Il principio dell’integralità: “La formazione integrale della persona comporta una

dimensione fisica, morale, intellettuale e spirituale.” PI 35: “Nonostante l'insistenza che il presente documento pone sulla dimensione culturale ed

intellettuale della formazione, la dimensione spirituale rimane prioritaria.” CIF 9: Alcuni principi da considerare nei centri inter-istituti: la formazione è un processo integrale i cui

elementi si compenetrano a vicenda; la preparazione intellettuale è una dimensione insostituibile della formazione; il carattere inter-istituti dei centri richiede una speciale valorizzazione degli aspetti che sono comuni a tutti. Nello stesso tempo la collaborazione e la solidarietà domandano il rispetto e la valorizzazione delle diversità.

5. LIVELLO DEI CONTENUTI

5.1. I consigli evangelici:

• VC 1: parla di “professione dei consigli evangelici”, “i tratti caratteristici di Gesù” (vergine, povero e obbediente); attraverso i quali “acquistano una tipica e permanente «visibilità» in mezzo al mondo”, segno scatologico per i fedeli. La professione dei consigli evangelici è “parte integrante della vita della Chiesa” (VC 3)

• VC 15: in riferimento ai religiosi … “La professione dei consigli evangelici li pone quale segno e profezia per la comunità dei fratelli e per il mondo”

• VC 16: dice che la professione dei consigli evangelici “prima e più che una rinuncia, sono una specifica accoglienza del mistero di Cristo, vissuta all'interno della Chiesa”

• VC 16: “Attraverso la professione dei consigli, infatti, il consacrato non solo fa di Cristo il senso della propria vita, ma si preoccupa di riprodurre in sé, per quanto possibile, «la forma di vita, che il Figlio di Dio prese quando venne nel mondo». Abbracciando la verginità , egli fa suo l'amore verginale di Cristo e lo confessa al mondo quale Figlio

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unigenito, uno con il Padre (cfr Gv 10, 30; 14, 11); imitando la sua povertà, lo confessa Figlio che tutto riceve dal Padre e nell'amore tutto gli restituisce (cfr Gv 17, 7.10); aderendo, col sacrificio della propria libertà, al mistero della sua obbedienza filiale, lo confessa infinitamente amato ed amante, come Colui che si compiace solo della volontà del Padre (cfr Gv 4, 34), al quale è perfettamente unito e dal quale in tutto dipende”.

• VC 18: I consigli evangelici “richiedono e manifestano, in chi li accoglie, il desiderio esplicito di totale conformazione a Lui (…) i consacrati confessano che Gesù è il Modello in cui ogni virtù raggiunge la perfezione. La sua forma di vita casta, povera e obbediente, appare infatti il modo più radicale di vivere il Vangelo su questa terra, un modo — si può dire — divino, perché abbracciato da Lui, Uomo-Dio, quale espressione della sua relazione di Figlio Unigenito col Padre e con lo Spirito Santo. È questo il motivo per cui nella tradizione cristiana si è sempre parlato della obiettiva eccellenza della vita consacrata (…) un modo particolarmente intimo e fecondo di prendere parte anche alla missione di Cristo”

• VC 19: È lo Spirito che “forma e plasma l'animo dei chiamati, configurandoli a Cristo casto, povero e obbediente e spingendoli a far propria la sua missione”

• VC 20: “I consigli evangelici sono dunque prima di tutto un dono della Trinità Santissima”

• VC 21: La Trinità rivela il senso più profondo dei consigli evangelici, “espressione dell'amore che il Figlio porta al Padre nell'unità dello Spirito Santo. Praticandoli, la persona consacrata vive con particolare intensità il carattere trinitario e cristologico che contrassegna tutta la vita cristiana”

• VC 21: “La castità dei celibi e delle vergini, in quanto manifestazione della dedizione a Dio con cuore indiviso (cfr 1 Cor 7, 32-34), costituisce un riflesso dell'amore infinito che lega le tre Persone divine nella profondità misteriosa della vita trinitaria (…) La povertà confessa che Dio è l'unica vera ricchezza dell'uomo. Vissuta sull'esempio di Cristo che «da ricco che era, si è fatto povero» (2 Cor 8, 9), diventa espressione del dono totale di sé che le tre Persone divine reciprocamente si fanno (…) L' obbedienza, praticata ad imitazione di Cristo, il cui cibo era fare la volontà del Padre (cfr Gv 4, 34), manifesta la bellezza liberante di una dipendenza filiale e non servile, ricca di senso di responsabilità e animata dalla reciproca fiducia, che è riflesso nella storia dell' amorosa corrispondenza delle tre Persone divine”

• VC 21: “La vita consacrata è chiamata ad approfondire continuamente il dono dei consigli evangelici con un amore sempre più sincero e forte in dimensione trinitaria : amore al Cristo, che chiama alla sua intimità; allo Spirito Santo, che dispone l'animo ad accogliere le sue ispirazioni; al Padre, prima origine e scopo supremo della vita consacrata. Essa diventa così confessione e segno della Trinità, il cui mistero viene additato alla Chiesa come modello e sorgente di ogni forma di vita cristiana”

• VC 22: fondamento trinitario, teologico dei consigli evangelici: “Gesù stesso, infatti, è colui che «Dio ha consacrato in Spirito Santo e potenza» (At 10, 38), «colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo» (Gv 10, 36). Accogliendo la consacrazione del Padre, il Figlio a sua volta si consacra a Lui per l'umanità (cfr Gv 17, 19): la sua vita di verginità, di obbedienza e di povertà esprime la sua filiale e totale adesione al disegno del Padre (cfr Gv 10, 30; 14, 11). La sua perfetta oblazione conferisce un significato di consacrazione a tutti gli eventi della sua esistenza terrena. Egli è l' obbediente per eccellenza, disceso dal cielo non per fare la sua volontà, ma la volontà di Colui che lo ha mandato (cfr Gv 6, 38; Eb 10, 5.7). Egli rimette il suo modo di essere e di agire nelle

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mani del Padre (cfr Lc 2, 49). In obbedienza filiale, adotta la forma del servo: «Spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo [...], facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di Croce» (Fil 2, 7-8). È in tale atteggiamento di docilità al Padre che, pur approvando e difendendo la dignità e la santità della vita matrimoniale, Cristo assume la forma di vita verginale e rivela così il pregio sublime e la misteriosa fecondità spirituale della verginità. La sua piena adesione al disegno del Padre si manifesta anche nel distacco dai beni terreni: «Da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2 Cor 8, 9). La profondità della sua povertà si rivela nella perfetta oblazione di tutto ciò che è suo al Padre. Veramente la vita consacrata costituisce memoria vivente del modo di esistere e di agire di Gesù come Verbo incarnato di fronte al Padre e di fronte ai fratelli. Essa è vivente tradizione della vita e del messaggio del Salvatore.”

• VC 29: “… la professione dei consigli evangelici appartiene indiscutibilmente alla vita e alla santità della Chiesa.”

• VC 30: “la professione religiosa viene considerata come un singolare e fecondo approfondimento della consacrazione battesimale in quanto, per suo mezzo, l'intima unione con Cristo, già inaugurata col Battesimo, si sviluppa nel dono di una conformazione più compiutamente espressa e realizzata, attraverso la professione dei consigli evangelici (…) Ma il battesimo non comporta per se stesso la chiamata al celibato o alla verginità, la rinuncia al possesso dei beni, l'obbedienza ad un superiore, nella forma propria dei consigli evangelici. Pertanto la professione di questi ultimi suppone un particolare dono di Dio non concesso a tutti, come Gesù stesso sottolinea per il caso del celibato volontario (cfr Mt 19, 10-12). A questa chiamata corrisponde, peraltro, uno specifico dono dello Spirito Santo, affinché la persona consacrata possa rispondere alla sua vocazione e alla sua missione.”

• VC 30: “La professione dei consigli evangelici è uno sviluppo anche della grazia del sacramento della Confermazione, ma va oltre le esigenze normali della consacrazione crismale in forza di un particolare dono dello Spirito, che apre a nuove possibilità e frutti di santità e di apostolato …”

• VC 30: “Nel presbitero la vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata convergono in profonda e dinamica unità”

• VC 32: “… l'eccellenza della castità perfetta per il Regno, a buon diritto considerata la «porta» di tutta la vita consacrata”

• VC 35: “La Chiesa ha sempre visto nella professione dei consigli evangelici una via privilegiata verso la santità.”

• VC 36: “…l'obbedienza è fonte di vera libertà, la castità esprime la tensione di un cuore insoddisfatto di ogni amore finito, la povertà alimenta quella fame e sete di giustizia che Dio ha promesso di saziare (cfr Mt 5, 6)”

• VC 87: “Il compito profetico della vita consacrata viene provocato da tre sfide principali rivolte alla stessa Chiesa: sono sfide di sempre, che vengono poste in forme nuove, e forse più radicali, dalla società contemporanea, almeno in alcune parti del mondo. Esse toccano direttamente i consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza, stimolando la Chiesa e, in particolare, le persone consacrate a metterne in luce e a testimoniarne il profondo significato antropologico. La scelta di questi consigli, infatti, lungi dal costituire un impoverimento di valori autenticamente umani, si propone piuttosto come una loro trasfigurazione. I consigli evangelici non vanno considerati come una negazione dei valori inerenti alla sessualità, al legittimo desiderio di disporre di beni materiali e di

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decidere autonomamente di sé. Queste inclinazioni, in quanto fondate nella natura, sono in se stesse buone. La creatura umana, tuttavia, debilitata com'è dal peccato originale, è esposta al rischio di tradurle in atto in modo trasgressivo. La professione di castità, povertà e obbedienza diventa monito a non sottovalutare le ferite prodotte dal peccato originale e, pur affermando il valore dei beni creati, li relativizza additando Dio come il bene assoluto. Così coloro che seguono i consigli evangelici, mentre cercano la santità per se stessi, propongono, per così dire, una «terapia spirituale» per l'umanità, poiché rifiutano l'idolatria del creato e rendono in qualche modo visibile il Dio vivente.”

• VC 88 (tutto il numero): la sfida della castità consacrata in una cultura edonistica … • VC 89 (tutto il numero): la sfida della povertà davanti ad un materialismo avido di

possesso • VC 90 (tutto il numero): povertà e servizio ai poveri • VC 91 (tutto il numero): la sfida della libertà nell’obbedienza • VC 92 (tutto il numero): l’obbedienza e la dimensione comunitaria della VC VFC 44 (tutto il numero): parla della dimensione comunitaria dei consigli evangelici …

PI 12: “I consigli sono come l'asse portante della vita religiosa; essi esprimono in maniera

completa e significativa il radicalismo evangelico che la caratterizza (…) Essi raggiungono la persona umana a livello delle tre componenti essenziali della sua esistenza e delle sue relazioni: l'affettività, l'avere e il potere.”

PI 13: la castità, la pedagogia della castità PI 14: la povertà, l’educazione alla povertà evangelica PI 15: l’obbedienza, la pedagogia dell’obbedienza (cfr. anche n. 18)

o RC 13: “I consigli evangelici di castità, povertà ed obbedienza, vissuti da Cristo nella pienezza della sua

umanità di Figlio di Dio, abbracciati per suo amore, appaiono come una via per la piena realizzazione della persona in opposizione alla disumanizzazione, un potente antidoto all'inquinamento dello spirito, della vita, della cultura; proclamano la libertà dei figli di Dio, la gioia del vivere secondo le beatitudini evangeliche (…) Se infatti è vero che tutti i cristiani sono chiamati «alla santità e alla perfezione del proprio stato», le persone consacrate, grazie ad una «nuova e speciale consacrazione» hanno la missione di far risplendere la forma di vita di Cristo, attraverso la testimonianza dei consigli evangelici, a sostegno della fedeltà di tutto il Corpo di Cristo.”

o RC 20: modello trinitario dei consigli evangelici: “Si tratta, prima di tutto, di vivere in pienezza la teologia dei consigli evangelici a partire dal modello di vita trinitario, secondo gli insegnamenti di Vita consecrata, con una nuova opportunità di confrontarsi con le fonti dei propri carismi e dei propri testi costituzionali, sempre aperti a nuove e più impegnative interpretazioni.”

o RC 22: interessante il rapporto e la distinzione tra “voti” e “consigli evangelici”: “I voti con cui i consacrati si impegnano a vivere i consigli evangelici, conferiscono tutta la loro radicalità alla risposta d'amore. La verginità dilata il cuore sulla misura del cuore di Cristo e rende capaci di amare come lui ha amato. La povertà rende liberi dalla schiavitù delle cose e dei bisogni artificiali a cui spinge la società dei consumi, e fa riscoprire Cristo, l'unico tesoro per il quale valga la pena di vivere veramente. L'obbedienza pone la vita interamente nelle sue mani perché egli la realizzi secondo il disegno di Dio e ne faccia un capolavoro. Occorre il coraggio di una sequela generosa e gioiosa.”

o RC 33: “Un'esistenza trasfigurata dai consigli evangelici diventa testimonianza profetica e silenziosa, ma insieme eloquente protesta contro un mondo disumano. Essa impegna alla promozione della persona e risveglia una nuova fantasia della carità.” (cfr. anche n. 36: sulla fantasia della carità)

SAO 3: “A tutto ciò si deve aggiungere la constatazione che in questi anni il modo di sentire e di vivere l'autorità e l'obbedienza è mutato sia nella Chiesa che nella società. Ciò è dovuto, tra l'altro: alla presa di coscienza del valore della singola persona, con la sua vocazione e i suoi doni intellettuali, affettivi e spirituali, con la sua libertà e capacità relazionale; alla centralità della spiritualità di comunione,5 con la

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valorizzazione degli strumenti che aiutano a viverla; a un modo diverso e meno individualistico di concepire la missione, nella condivisione con tutti i membri del popolo di Dio, con le conseguenti forme di concreta collaborazione. Considerando, tuttavia, alcuni elementi del presente influsso culturale, va ricordato che il desiderio della realizzazione di sé può entrare a volte in conflitto con i progetti comunitari; la ricerca del benessere personale, sia spirituale che materiale, può rendere difficoltosa la dedizione totale a servizio della missione comune; le visioni troppo soggettive del carisma e del servizio apostolico possono indebolire la collaborazione e la condivisione fraterna. Ma non è da escludere che in taluni ambienti prevalgano problemi opposti, determinati da una visione dei rapporti sbilanciata sul versante della collettività e dell'eccessiva uniformità, con il rischio di mortificare la crescita e la responsabilità dei singoli. È un equilibrio non facile quello tra soggetto e comunità, e dunque anche tra autorità e obbedienza.”

SAO 5: l’obbedienza come ascolto SAO 7: l’obbedienza alla Parola di Dio SAO 8: alla sequela di Gesù, il Figlio obbediente SAO 9: obbedienti a Dio attraverso mediazioni umane SAO 10: imparare l’obbedienza nel quotidiano SAO 11: nella luce e nella forza dello Spirito SAO 12: autorità al servizio dell’obbedienza alla volontà di Dio SAO 14a.: l’obbedienza del superiore SAO 17: l’autorità a servizio della comunità, la comunità a servizio del Regno SAO 20 (tutto il numero): il servizio dell’autorità “…l'autorità promuove la crescita della vita fraterna

attraverso il servizio dell'ascolto e del dialogo, la creazione di un clima favorevole alla condivisione e alla corresponsabilità, la partecipazione di tutti alle cose di tutti, il servizio equilibrato al singolo e alla comunità, il discernimento, la promozione dell'obbedienza fraterna.”

SAO 20 e.f.g.: il discernimento comunitario; discernimento, autorità e obbedienza; l’obbedienza fraterna. SAO 26: le difficili obbedienze SAO 27: obbedienza e obiezione di coscienza SAO 20: la difficile autorità SAO 21: obbedienti fino alla fine.

PdV 28: la castità … attenzione ai termini utilizzati (verginità, celibato, castità) e il “rapporto” fra di loro: “Nella verginità e nel celibato la castità mantiene il suo significato originario, quello cioè di una sessualità umana vissuta come autentica manifestazione e prezioso servizio all'amore di comunione e di donazione interpersonale. Questo significato sussiste pienamente nella verginità, che realizza, pur nella rinuncia al matrimonio, il « significato sponsale » del corpo mediante una comunione e una donazione personale a Gesù Cristo e alla sua Chiesa che prefigurano e anticipano la comunione e la donazione perfette e definitive dell'al di là: « Nella verginità l'uomo è in attesa, anche corporalmente, delle nozze escatologiche di Cristo con la Chiesa, donandosi integralmente alla Chiesa nella speranza che Cristo si doni a questa nella piena verità della vita eterna » (…) la Chiesa di Occidente ha fatto e che ha mantenuto, nonostante tutte le difficoltà e le obiezioni sollevate lungo i secoli, di conferire l'ordine presbiterale solo a uomini che diano prova di essere chiamati da Dio al dono della castità nel celibato assoluto e perpetuo (…) « Ferma restante la disciplina delle Chiese Orientali, il Sinodo, convinto che la castità perfetta nel celibato sacerdotale è un carisma, ricorda ai presbiteri che essa costituisce un dono inestimabile di Dio per la Chiesa e rappresenta un valore profetico per il mondo attuale. Questo Sinodo nuovamente e con forza afferma quanto la Chiesa Latina e alcuni riti orientali richiedono, che cioè il sacerdozio venga conferito solo a quegli uomini che hanno ricevuto da Dio il dono della vocazione alla castità celibe (…) Il Sinodo non vuole lasciare nessun dubbio nella mente di tutti sulla ferma volontà della Chiesa di mantenere la legge che esige il celibato liberamente scelto e perpetuo per i candidati all'ordinazione sacerdotale nel rito latino. Il Sinodo sollecita che il celibato sia presentato e spiegato nella sua piena ricchezza biblica, teologica e spirituale, come dono prezioso dato da Dio alla sua Chiesa e come segno del Regno che non è di questo mondo, segno dell'amore di Dio verso questo mondo nonché dell'amore indiviso del sacerdote verso Dio e il Popolo di Dio, così che il celibato sia visto come arricchimento positivo del sacerdozio » (…) In quanto legge, esprime la volontà della Chiesa, prima ancora che la volontà del soggetto espressa dalla sua disponibilità. Ma la volontà della Chiesa trova la sua ultima motivazione nel legame che il celibato ha con l'Ordinazione sacra, che configura il sacerdote a Gesù Cristo Capo e Sposo della Chiesa. La Chiesa, come Sposa di Gesù Cristo, vuole essere amata dal

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sacerdote nel modo totale ed esclusivo con cui Gesù Cristo Capo e Sposo l'ha amata. Il celibato sacerdotale, allora, è dono di sé in e con Cristo alla sua Chiesa ed esprime il servizio del sacerdote alla Chiesa in e con il Signore.”

PdV 30: la povertà evangelica “… come « sottomissione di tutti i beni al Bene supremo di Dio e del suo Regno » (…) Personalmente inserito nella vita della comunità e responsabile di essa, il sacerdote deve offrire anche la testimonianza di una totale « trasparenza » nell'amministrazione dei beni della comunità stessa, che egli non tratterà mai come fossero un patrimonio proprio, ma come cosa di cui deve rendere conto a Dio e ai fratelli, soprattutto ai poveri. La coscienza poi di appartenere all'unico presbiterio spingerà il sacerdote ad impegnarsi per favorire sia una più equa distribuzione dei beni tra i confratelli, sia un certo uso in comune dei beni.”

PdV 50: particolarmente il celibato: “… preparare il futuro sacerdote a conoscere, stimare, amare e vivere il celibato nella sua vera natura e nelle sue vere finalità, quindi nelle sue motivazioni evangeliche, spirituali e pastorali. Presupposto e contenuto di questa preparazione è la virtù della castità, che qualifica tutte le relazioni umane e che conduce « a sperimentare e a manifestare... un amore sincero, umano, fraterno, personale e capace di sacrifici, sull'esempio di Cristo, verso tutti e verso ciascuno ». Il celibato dei sacerdoti connota la castità di alcune caratteristiche, grazie alle quali essi « rinunziando alla vita coniugale per il regno dei cieli, possono aderire a Dio con un amore indivisibile rispondente intimamente alla nuova legge, danno testimonianza della futura risurrezione e ricevono un aiuto grandissimo per l'esercizio continuo di quella perfetta carità che li renderà capaci nel ministero sacerdotale di farsi tutto a tutti ». In tal senso il celibato sacerdotale non è da considerarsi come semplice norma giuridica, né come una condizione del tutto esteriore per essere ammessi all'ordinazione, bensì come un valore profondamente connesso con l'ordinazione sacra, che configura a Gesù Cristo buon Pastore e Sposo della Chiesa, e quindi come la scelta di un amore più grande e senza divisioni per Cristo e per la sua Chiesa nella disponibilità piena e gioiosa del cuore per il ministero pastorale. Il celibato è da considerare come una grazia speciale, come un dono: « Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso ». Certamente una grazia che non dispensa, ma esige con singolare forza la risposta cosciente e libera da parte di chi la riceve. Questo carisma dello Spirito racchiude anche la grazia perché colui che lo riceve rimanga fedele per tutta la vita e compia con generosità e con gioia gli impegni che vi sono connessi. Nella formazione al celibato sacerdotale dovrà essere assicurata la coscienza del « prezioso dono di Dio », che condurrà alla preghiera e alla vigilanza perché il dono sia custodito da tutto ciò che lo può minacciare (…) « I Vescovi insieme ai rettori e ai direttori spirituali dei seminari stabiliscano principii, offrano criteri e diano aiuti per il discernimento in questa materia. Di massima importanza per la formazione alla castità nel celibato sono la sollecitudine del Vescovo e la vita fraterna tra i sacerdoti. In seminario, durante il periodo di formazione, il celibato deve essere presentato con chiarezza, senza alcuna ambiguità e in modo positivo. Il seminarista deve avere un adeguato grado di maturità psichica e sessuale, nonché una vita assidua ed autentica di preghiera, e deve porsi sotto la direzione di un padre spirituale. Il direttore spirituale deve aiutare il seminarista perché egli stesso giunga ad una decisione matura e libera, che sia fondata nella stima dell'amicizia sacerdotale e dell'autodisciplina, come pure nell'accettazione della solitudine e in un retto stato personale fisico e psicologico (…) Perché il seminarista possa abbracciare con decisione libera il celibato sacerdotale per il Regno dei cieli è necessario che conosca la natura cristiana e veramente umana nonché il fine della sessualità nel matrimonio e nel celibato. È necessario anche istruire ed educare i fedeli laici circa le motivazioni evangeliche, spirituali e pastorali proprie del celibato sacerdotale così che aiutino i presbiteri con l'amicizia, la comprensione e la collaborazione »”.

5.2. Altri temi: • VC 63: difficoltà del numero delle vocazioni, della riorganizzazione delle opere (alcuni

criteri per…); la vera sconfitta della VC “nel venir meno dell'adesione spirituale al Signore e alla propria vocazione e missione.”

• VC 68: tentativo di una definizione di formazione: “La formazione è un processo vitale attraverso il quale la persona si converte al Verbo di Dio fin nelle profondità del suo essere e, nello stesso tempo, impara l'arte di cercare i segni di Dio nelle realtà del mondo.”

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VFC 34: esigenza di “una approfondita formazione alla recezione e all'uso critico e fecondo di tali mezzi”, dei mass media.

VFC 35: maturità della persona: “Il cammino verso la maturità umana, premessa per una vita di irradiazione evangelica, è un processo che non conosce limiti, perché comporta un continuo "arricchimento" non soltanto dei valori spirituali, ma anche di quelli di ordine psicologico, culturale e sociale”

VFC 36: tema dell’identità VFC 37: l’affettività: “La vita fraterna in comune esige da parte di tutti un buon equilibrio

psicologico, entro cui possa maturare la vita affettiva del singolo. Componente fondamentale di tale maturazione è, come abbiamo ricordato più sopra, la libertà affettiva, grazie alla quale il consacrato ama la sua vocazione, e ama secondo la sua vocazione. E' proprio questa libertà e maturità che consente di vivere bene l'affettività, all'interno come all'esterno della comunità (…) E' necessaria, allora, una formazione specifica dell'affettività, che integri l'aspetto umano con quello più propriamente spirituale. A tal proposito appaiono ampiamente opportune le direttive del Potissimum Institutioni circa il discernimento "sull' equilibrio dell' affettività, particolarmente dell' equilibrio sessuale" e sulla "capacità di vivere in comunità". Tuttavia le difficoltà in questa area sono spesso la cassa di risonanza di problemi nati altrove: un'affettività-sessualità vissuta con atteggiamento narcisistico-adolescenziale o rigidamente represso, può essere conseguenza di esperienze negative anteriori all'ingresso nella comunità, ma anche conseguenza di disagi comunitari o apostolici. Rilevante è dunque la presenza di una ricca e calda vita fraterna, che "porta il peso" del fratello ferito e bisognoso d'aiuto.”

VFC 38: i disagi…: “C'è innanzitutto da chiedersi da che cosa derivi tale sofferenza: da deficienza caratteriale, da impegni sentiti come troppo gravosi, da gravi lacune della formazione, dalle troppo rapide trasformazioni di questi anni, da forme troppo autoritarie di governo, da difficoltà spirituali (…) Tuttavia esistono situazioni e casi in cui è necessario il ricorso alle scienze umane, soprattutto là ove i singoli sono chiaramente incapaci di vivere la vita comunitaria per problemi di maturità e fragilità psicologica o per fattori prevalentemente patologici”.

VFC 40: necessità di un vero discernimento sulle attitudini per la vita fraterna: “Durante il tempo di formazione, può succedere che, nonostante la buona volontà, riesca impossibile far convergere i doni personali di una persona consacrata nella fraternità e nella comune missione. E' allora il caso di porsi la domanda: "I doni di Dio in questa persona (...) producono unità e approfondiscono la comunione? Se sì, possono essere ben accolti. In caso contrario, quantunque buoni possano apparire in se stessi, quantunque desiderabili possano sembrare ad alcuni membri, essi non sono adatti per questo particolare istituto”.

VFC 47 ss.: sul servizio dell’autorità alla fraternità: “Lo sforzo di costruire comunità meno formaliste, meno autoritarie, più fraterne e partecipate, è considerato, in generale, uno dei frutti più evidenti del rinnovamento di questi anni.”

VFC 49: “Il rinnovamento di questi anni ha contribuito a ridisegnare l'autorità, con l'intento di ricollegarla più strettamente alle sue radici evangeliche e quindi al servizio del progresso spirituale del singolo e della edificazione della vita fraterna nella comunità (…) Sempre l'autorità è evangelicamente un servizio”

VFC 50: su alcuni aspetti dell’autorità: autorità spirituale, operatrice di unità, che sa prendere la decisione finale e ne assicura l'esecuzione

PI 1: Formazione e rinnovamento; finalità della formazione: “Il rinnovamento degli Istituti

religiosi dipende principalmente dalla formazione dei loro membri. La vita religiosa raduna discepoli di Cristo che vanno aiutati ad accogliere «quel dono divino che la Chiesa ha ricevuto dal suo Signore e che essa conserva mediante la grazia». È per questo che le migliori forme di adeguamento non porteranno i loro frutti se non sono animate da un profondo rinnovamento spirituale. La formazione dei candidati, che ha per fine immediato quello di iniziare la vita

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religiosa e di far prendere loro coscienza della specificità della vita religiosa nella Chiesa, deve dunque mirare soprattutto, attraverso l'armonica fusione dei suoi elementi, spirituale, apostolico, dottrinale e pratico, ad aiutare i religiosi a realizzare la loro unità in Cristo per mezzo dello Spirito”

PI 6: fine primario della formazione: “Il fine primario della formazione è quello di permettere ai candidati alla vita religiosa ed ai giovani professi di scoprire prima, di assimilare ed approfondire poi, in che cosa consista l'identità del religioso”.

PI 19 ss.: attori della formazione: lo Spirito Santo; la Vergine Maria; la Chiesa e il “senso della Chiesa”, la comunità, la persona stessa, educatori/formatori/Superiori

PI 29: la responsabilità della persona PI 30: i formatori: “Loro compito è di discernere l'autenticità della chiamata alla vita reli-giosa

nella fase iniziale di formazione e di aiutare i religiosi a ben condurre il loro dialogo personale con Dio, scoprendo nello stesso tempo le vie nelle quali sembra che Dio voglia farli progredire. Spetta anche a loro di accompagnare il religioso sulle strade del Signore attraverso un dialogo diretto e regolare, nel rispetto della competenza del confessore e del direttore spirituale propriamente detto (…) Essi devono offrire ai religiosi un solido nutrimento dottrinale e pratico, in funzione delle tappe di formazione in cui si trovano. Infine, devono verificare e valutare progressivamente il cammino compiuto da coloro di cui essi hanno cura, alla luce dei frutti dello Spirito, e giudicare pure se il chiamato ha le capacità richieste in quel momento dalla Chiesa e dall'istituto.”

PI 31: esigenze (qualità) per i formatori: “capacità umane d'intuito e di accoglienza; esperienza sviluppata di Dio e della preghiera; sapienza derivante dall'attento, prolungato ascolto della parola di Dio; amore della liturgia e comprensione del suo ruolo nell'educazione spirituale ed ecclesiale; competenza culturale necessaria; disponibilità di tempo e buona volontà per dedicarsi alla cura personale dei singoli candidati e non soltanto del gruppo». Questo compito dunque richiede serenità interiore, disponibilità, pazienza, comprensione ed un vero affetto per coloro che sono stati affidati alla responsabilità pastorale dell'educatore”

PI 32: l’équipe formativa: “Se, sotto la responsabilità personale del responsabile di formazione, esiste un'équipe formatrice, i membri devono agire d'accordo, vivamente coscienti della loro comune responsabilità. «Sotto la guida del superiore siano in strettissima unità di spirito e di azione e formino una famiglia unita fra loro e con quelli che devono formare». Non meno necessarie sono la coesione e la collaborazione continua tra i responsabili delle diverse tappe della formazione. L'intera opera di formazione è il frutto della collaborazione tra i responsabili di formazione e i loro discepoli.”

PI 33 ss.: La dimensione umana e cristiana della formazione: “Molti fallimenti della vita religiosa possono infatti essere attribuiti a delle falle non percepite e non colmate in questo campo. Non soltanto deve essere verificata l'esistenza di questa base umana e cristiana all'entrata nella vita religiosa, ma bisogna assicurarne la messa a punto utile durante il ciclo di formazione, in funzione della evoluzione delle persone e degli avvenimenti.”

PI 101: “…la formazione dei religiosi ha come fine primario di iniziarli alla vita religiosa e di aiutarli a prender coscienza della loro identità di consacrati per la professione dei consigli evangelici di castità, di povertà e di obbedienza, in un istituto religioso. Tra gli agenti della formazione, viene dato il primato allo Spirito Santo, poiché la formazione dei religiosi è un'opera essenzialmente teologale, nella sua sorgente e nel suo obiettivo. Vi si insiste sulla necessità di formare guide qualificate, senza attendere che coloro i quali attualmente sono in carica abbiano finito il loro mandato.”

o RC 14: compito dell’autorità: “Esso richiede una presenza costante, capace di animare e di proporre, di

ricordare la ragion d'essere della vita consacrata, di aiutare le persone affidate per una fedeltà sempre rinnovata alla chiamata dello Spirito. Nessun superiore può rinunciare alla sua missione di animazione, di aiuto fraterno, di proposta, di ascolto, di dialogo (…) Ad ognuno dei suoi membri è richiesta una partecipazione convinta e personale alla vita e alla missione della propria comunità. Anche se in ultima

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istanza, e secondo il diritto proprio, appartiene all'autorità prendere le decisioni e fare le scelte, il quotidiano cammino della vita fraterna in comunità richiede una partecipazione che consente l'esercizio del dialogo e del discernimento. Ognuno e tutta la comunità possono, così, confrontare la propria vita con il progetto di Dio, facendo insieme la sua volontà.”

NVNE 13: vocazione e vocazioni: NVNE 14 ss. teologia della vocazione NVNE 19c.: triplice dimensione della vocazione: “Pertanto ogni vocazione, come scelta stabile

e definitiva di vita, si apre in una triplice dimensione: in rapporto a Cristo ogni chiamata è « segno »; in rapporto alla Chiesa è « ministero »; in rapporto al mondo è « missione » e testimonianza del Regno”.

NVNE 22 a.: il ministero ordinato: “Questa modalità vocazionale si può esprimere secondo tre gradi: episcopale (cui è legata la garanzia della successione apostolica), presbiterale (che è la « ripresentazione sacramentale di Cristo come pastore ») (49) e diaconale (segno sacramentale di Cristo servo).(50) Ai vescovi è affidato il ministero della chiamata nei riguardi di coloro che aspirano agli Ordini sacri, per divenire loro cooperatori nell'ufficio apostolico.”

6. LIVELLO METODOLOGICO

• VC 65: “Si tratta di un itinerario di progressiva assimilazione dei sentimenti di Cristo

verso il Padre. Se questo è lo scopo della vita consacrata, il metodo che ad essa prepara dovrà assumere ed esprimere la caratteristica della totalità . Dovrà essere formazione di tutta la persona, in ogni aspetto della sua individualità, nei comportamenti come nelle intenzioni.”

• VC 66: “Strumento precipuo di formazione è il colloquio personale, da tenersi con regolarità e con una certa frequenza, come consuetudine di insostituibile e collaudata efficacia.”

• VC 68: raccomanda di “elaborare quanto prima una ratio institutionis, cioè un progetto formativo ispirato al carisma istituzionale, nel quale sia presentato in forma chiara e dinamica il cammino da seguire per assimilare appieno la spiritualità del proprio Istituto. La ratio risponde oggi a una vera urgenza: da un lato essa indica il modo di trasmettere lo spirito dell'Istituto, perché sia vissuto nella sua genuinità dalle nuove generazioni, nella diversità delle culture e delle situazioni geografiche; dall'altro, illustra alle persone consacrate i mezzi per vivere il medesimo spirito nelle varie fasi dell'esistenza progredendo verso la piena maturità della fede in Cristo Gesù. Se dunque è vero che il rinnovamento della vita consacrata dipende principalmente dalla formazione, è altrettanto vero che questa è, a sua volta, legata alla capacità di proporre un metodo ricco di sapienza spirituale e pedagogica che conduca progressivamente chi aspira a consacrarsi ad assumere i sentimenti di Cristo Signore”.

• VC 94: la Parola di Dio, la lectio divina, la meditazione comunitaria della Parola • VC 95: la liturgia, la celebrazione Eucaristica, la liturgia delle ore, il sacramento della

Riconciliazione, la direzione spirituale PI 36-38: la necessità e il valore dell’ascesi nella formazione PI 39-41: sessualità e formazione: educare alla pratica della castità PI 41: identità di genere: “«Uno studio approfondito dei fondamenti antropologici della

condizione maschile o femminile» porterà a «precisare l'identità personale propria della donna nella sua relazione di diversità e di complementarietà reciproca con l'uomo; e ciò non solo per

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quanto riguarda i ruoli da ricoprire e le funzioni da assicurare, ma anche e più profondamente per quanto riguarda la struttura della persona e il suo significato.”

• TMI 31: le esigenze metodologiche nel cammino alla santità: “… i percorsi della santità

sono personali, ed esigono una vera e propria pedagogia della santità, che sia capace di adattarsi ai ritmi delle singole persone. Essa dovrà integrare le ricchezze della proposta rivolta a tutti con le forme tradizionali di aiuto personale e di gruppo e con forme più recenti offerte nelle associazioni e nei movimenti riconosciuti dalla Chiesa.”: l’arte della preghiera (n. 32-34), l’Eucaristia domenicale (n. 35-36), il Sacramento della Riconciliazione (n. 37), il primato della grazia (n. 38), l’ascolto della Parola (n. 39), l’annunzio della Parola (n. 40)

NVNE 30 ss.: pedagogia delle vocazioni… NVNE 30: “Molte volte, nelle nostre Chiese, sono chiari gli obiettivi e le strategie di fondo, ma

restano un po' indefiniti i passi da fare, per suscitare nei nostri giovani la disponibilità vocazionale (...) dovrebbe poi offrire, assieme alla precisione dell'obiettivo da raggiungere, anche i percorsi pedagogici che vi conducono (…) La crisi vocazionale è certamente anche crisi di proposta pedagogica e di cammino educativo. Si cercherà di indicare allora, sempre a partire dalla Parola di Dio, proprio questa convergenza tra fine e metodo, nella convinzione che una buona teologia normalmente si lascia tradurre nella pratica, diviene pedagogia, fa intravedere dei percorsi, col desiderio sincero di offrire ai vari operatori pastorali un aiuto, uno strumento utile a tutti”

NVNE 31-32: il vangelo della vocazione; la pedagogia della vocazione. n. 32.“Se punto di riferimento della pedagogia vocazionale è il mistero di Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, vi sono molti aspetti e significative dimensioni nel suo agire « vocazionale »”.

NVNE 32: caratteristiche del ministero vocazionale e dimensioni del ministero della chiamata: “Anzitutto Gesù ci è presentato nei vangeli molto più come formatore che come animatore, proprio perché opera sempre in strettissima unione col Padre, che sparge il seme della Parola ed educa (traendo dal nulla), e con lo Spirito che accompagna nel cammino di santificazione. Tali aspetti aprono prospettive importanti a chi lavora nella pastorale delle vocazioni ed è chiamato, perciò stesso, a esser non solo animatore vocazionale, ma ancor prima seminatore del buon seme della vocazione, e poi accompagnatore nel cammino che conduce il cuore ad « ardere », educatore alla fede e all'ascolto del Dio che chiama, formatore degli atteggiamenti umani e cristiani di risposta all'appello di Dio; (96) ed è chiamato infine a discernere la presenza del dono che viene dall'alto. Sono le cinque caratteristiche centrali del ministero vocazionale o le cinque dimensioni del mistero della chiamata che da Dio giunge all'uomo attraverso la mediazione d'un fratellosorella o d'una comunità.”

NVNE 33: Seminare: a) Due libertà in dialogo; b) Il coraggio di seminare ovunque; c) La semina al tempo giusto; d) Il più piccolo di tutti i semi

NVNE 34: Accompagnare: “Il primo passo, o la prima attenzione in questo cammino, è il porsi accanto: il seminatore, o colui che ha risvegliato nel giovane la coscienza del seme seminato nel terreno del suo cuore, diventa ora accompagnatore.”: a) Itinerario vocazionale; b) I pozzi d'acqua viva; c) Condivisione e con-vocazione

NVNE 35: Educare: “Dopo la semina, lungo il cammino d'accompagnamento, si tratta di educare il giovane. Educare nel senso etimologico del verbo, come un tirar fuori (e-ducere) da lui la sua verità, quel che ha in cuore, anche ciò che non sa e non conosce di sé: debolezze e aspirazioni, per favorire la libertà della risposta vocazionale.”: a) Educare alla conoscenza di sé; b) Educare al mistero; c) Educare a leggere la vita; d) Educare a in-vocare

NVNE 36: Formare: “La formazione è in qualche modo il momento culminante del processo pedagogico, perché è il momento in cui al giovane viene proposta una forma, un modo di essere,

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nel quale egli stesso riconosce la sua identità, la sua vocazione, la sua norma.”: a) Riconoscimento di Gesù; b) Riconoscimento della verità della vita; c) La vocazione come riconoscenza; d) Riconoscimento di Gesù e autoriconoscimento del discepolo

NVNE 37: Discernere: “Affinché il cammino di Emmaus divenga itinerario vocazionale ci vuole un passaggio conclusivo dopo la serie di « riconoscimenti » e « autoriconoscimenti »: la scelta effettiva da parte del giovane, cui corrisponde, da parte di colui che lo ha accompagnato lungo il cammino vocazionale, il processo di discernimento. Un discernimento che certo non finirà nel tempo dell'orientamento vocazionale, ma dovrà poi continuare fino alla maturazione d'una decisione definitiva, « per tutta la vita ».”: a) La scelta effettiva del chiamato: – Capacità decisionale – « Ritorno a casa » – Testimonianza personale; b) Il discernimento da parte della guida: – L'apertura al mistero – L'identità nella vocazione – Un progetto vocazionale ricco di memoria credente – La docibilitas vocazionale

7. LE TAPPE DELLA FORMAZIONE PI 42 ss. sulle tappe della formazione… PdV 42: linguaggio e rapporto tra FI e FP; dimensioni della formazione: “In questa Esortazione si

considera distintamente la formazione « iniziale » e la formazione « permanente », senza però mai dimenticare il profondo legame che le unisce e che deve fare delle due un unico organico percorso di vita cristiana e sacerdotale. L'Esortazione si sofferma sulle diverse dimensioni della formazione, umana, spirituale, intellettuale e pastorale, come pure sugli ambienti e sui soggetti responsabili della formazione stessa dei candidati al sacerdozio.” 7.1. La formazione iniziale in genere

• VC 65: “Obiettivo centrale del cammino formativo è la preparazione della persona alla

totale consacrazione di sé a Dio nella sequela di Cristo, a servizio della missione (…) La formazione dovrà raggiungere in profondità la persona stessa, così che ogni suo atteggiamento o gesto, nei momenti importanti e nelle circostanze ordinarie della vita, abbia a rivelarne la piena e gioiosa appartenenza a Dio. Dal momento che il fine della vita consacrata consiste nella configurazione al Signore Gesù e alla sua totale oblazione, è soprattutto a questo che deve mirare la formazione”.

• VC 65: “Alla formazione iniziale, intesa come processo evolutivo che passa per ogni grado della maturazione personale — da quello psicologico e spirituale a quello teologico e pastorale — si deve riservare uno spazio di tempo sufficientemente ampio. Nel caso delle vocazioni al presbiterato, esso viene a coincidere e ad armonizzarsi con uno specifico programma di studi, come parte di un più ampio percorso formativo.”

• VC 67: e la formazione missionaria: “Per questo, durante il periodo della formazione iniziale, negli Istituti di vita consacrata sarà utile procedere ad esperienze concrete e prudentemente accompagnate dal formatore o dalla formatrice, per esercitare, in dialogo con la cultura circostante, le attitudini apostoliche, le capacità di adattamento, lo spirito di iniziativa.”

• VC 68: Si raccomanda un periodo esplicitamente formativo fino alla professione perpetua…

VFC 24: “La formazione iniziale deve allora condurre anche ad una presa di coscienza dei

sacrifici richiesti dal vivere in comunità, ad una loro accettazione in vista di una relazione gioiosa e veramente fraterna e a tutti gli altri atteggiamenti tipici di un uomo interiormente libero. Perché quando ci si perde per i fratelli, si ritrova sé stessi.”

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o RC 18: “Le nuove vocazioni che bussano alle porte della vita consacrata presentano profonde diversità e necessitano di attenzioni personali e metodologie adatte ad assumere la loro concreta situazione umana, spirituale e culturale. Per questo è necessario mettere in atto un discernimento sereno, libero dalle tentazioni del numero o dell'efficienza, per verificare, alla luce della fede e delle possibili controindicazioni, la veridicità della vocazione e la rettitudine delle intenzioni. I giovani hanno bisogno di essere stimolati agli ideali alti della sequela radicale di Cristo e alle esigenze profonde della santità, in vista di una vocazione, che li supera e forse va al di là del progetto iniziale che li ha spinti ad entrare in un determinato Istituto. La formazione, perciò, dovrà avere le caratteristiche dell'iniziazione alla sequela radicale di Cristo. Dal momento che il fine della vita consacrata consiste nella configurazione al Signore Gesù, è necessario mettere in atto un itinerario di progressiva assimilazione dei sentimenti di Cristo verso il Padre. Ciò aiuterà ad integrare conoscenze teologiche, umanistiche e tecniche con la vita spirituale e apostolica dell'Istituto e conserverà sempre la caratteristica di scuola di santità.” Le sfide più impegnative che la formazione si trova ad affrontare provengono dai valori che dominano la cultura globalizzata dei nostri giorni. L'annuncio cristiano della vita come vocazione, sgorgata, cioè, da un progetto d'amore del Padre e bisognosa di un incontro personale e salvifico con Cristo nella Chiesa, si deve confrontare con concezioni e progetti dominati da culture e storie sociali estremamente diversificate. C'è il rischio che le scelte soggettive, i progetti individuali e gli orientamenti locali prendano il sopravvento sulla regola, lo stile di vita comunitaria e il progetto apostolico dell'Istituto. È necessario mettere in atto un dialogo formativo capace di accogliere le caratteristiche umane, sociali e spirituali di cui ognuno è portatore, di discernere in esse i limiti umani che chiedono il superamento, e le provocazioni dello Spirito, che possono rinnovare la vita del singolo e dell'Istituto. In un tempo di profonde trasformazioni, la formazione dovrà essere attenta a radicare nel cuore dei giovani consacrati i valori umani, spirituali e carismatici necessari per renderli idonei ad attuare una «fedeltà creativa», nel solco della tradizione spirituale e apostolica dell'Istituto”.

o RC 18: l’interculturalità formativa: “L'interculturalità, le differenze di età e la diversa progettualità caratterizzano sempre di più gli Istituti di vita consacrata. La formazione dovrà educare al dialogo comunitario nella cordialità e nella carità di Cristo, insegnando ad accogliere le diversità come ricchezza e a integrare i diversi modi di vedere e sentire. Così la ricerca costante dell'unità nella carità diventerà scuola di comunione per le comunità cristiane e proposta di fraterna convivenza tra i popoli. Particolare attenzione dovrà essere data poi ad una formazione culturale al passo con i tempi e in dialogo con le ricerche di senso dell'uomo d'oggi. Per questo si domanda una maggiore preparazione nel campo filosofico, teologico, psico-pedagogico e un orientamento più profondo alla vita spirituale, modelli più adeguati nel rispetto delle culture in cui nascono le nuove vocazioni, itinerari ben definiti per la formazione permanente …”

• PdV 42: attenzione alla terminologia… si parla di “seminario” per il clero diocesano e, in modo “analogo”, di “casa” di formazione per i religiosi (cfr. anche n. 60): “Sono state, e in parte lo sono tuttora, molto diverse le forme concrete secondo cui la Chiesa si è impegnata nella pastorale vocazionale, destinata non solo a discernere ma anche ad « accompagnare » le vocazioni al sacerdozio. Ma lo spirito, che le deve animare e sostenere, rimane identico: quello di portare al sacerdozio solo coloro che sono stati chiamati e di portarli adeguatamente formati, ossia con una risposta cosciente e libera di adesione e di coinvolgimento di tutta la loro persona a Gesù Cristo che chiama all'intimità di vita con lui e alla condivisione della sua missione di salvezza. In questo senso il seminario nelle sue diverse forme e in modo analogo la « casa » di formazione dei sacerdoti religiosi, prima che essere un luogo, uno spazio materiale, rappresenta uno spazio spirituale, un itinerario di vita, un'atmosfera che favorisce ed assicura un processo formativo così che colui che è chiamato da Dio al sacerdozio possa divenire, con il sacramento dell'Ordine, un'immagine vivente di Gesù Cristo Capo e Pastore della Chiesa.”

o PdV 43 ss.: le dimensioni della formazione sacerdotale: umana, spirituale, intellettuale, pastorale. o PdV 43: una “adeguata formazione umana”: “Non solo, dunque, per una giusta e doverosa maturazione

e realizzazione di sé, ma anche in vista del ministero i futuri presbiteri devono coltivare una serie di qualità umane necessarie alla costruzione di personalità equilibrate, forti e libere, capaci di portare il peso delle responsabilità pastorali. Occorre allora l'educazione all'amore per la verità, alla lealtà, al rispetto per ogni persona, al senso della giustizia, alla fedeltà alla parola data, alla vera compassione, alla coerenza e, in particolare, all'equilibrio di giudizio e di comportamento (…) Di particolare importanza è la capacità di relazione con gli altri, elemento veramente essenziale per chi è chiamato ad essere responsabile di una comunità e ad essere « uomo di comunione ». Questo esige che il sacerdote non sia

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né arrogante né litigioso, ma sia affabile, ospitale, sincero nelle parole e nel cuore,284 prudente e discreto, generoso e disponibile al servizio, capace di offrire personalmente, e di suscitar in tutti, rapporti schietti e fraterni, pronto a comprendere, perdonare e consolare (…) In questo contesto si inserisce, come momento qualificante e decisivo, la formazione del candidato al sacerdozio alla maturità affettiva, quale esito dell'educazione all'amore vero e responsabile”.

o PdV 44: la maturazione affettiva: “La maturazione affettiva suppone la consapevolezza della centralità dell'amore nell'esistenza umana (..) Si tratta di un amore che coinvolge l'intera persona, nelle sue dimensioni e componenti fisiche, psichiche e spirituali, e che si esprime nel « significato sponsale » del corpo umano, grazie al quale la persona dona se stessa all'altra e la accoglie. Alla comprensione e alla realizzazione di questa « verità » dell'amore umano tende l'educazione sessuale rettamente intesa. Si deve, infatti, registrare una situazione sociale e culturale diffusa « che "banalizza" in larga parte la sessualità umana, perché la interpreta e la vive in modo riduttivo e impoverito, collegandola unicamente al corpo e al piacere egoistico ». Spesso le stesse situazioni familiari, dalle quali provengono le vocazioni sacerdotali, presentano al riguardo non poche carenze e talvolta anche gravi squilibri. In un simile contesto si fa più difficile, ma diventa più urgente, un'educazione alla sessualità che sia veramente e pienamente personale e che, pertanto, faccia posto alla stima e all'amore per la castità, quale « virtù che sviluppa l'autentica maturità della persona e la rende capace di rispettare e di promuovere il "significato sponsale" del corpo ». Ora l'educazione all'amore responsabile e la maturazione affettiva della persona risultano del tutto necessarie per chi, come il presbitero, è chiamato al celibato, ossia ad offrire, con la grazia dello Spirito e con la libera risposta della propria volontà, la totalità del suo amore e della sua sollecitudine a Gesù Cristo e alla Chiesa. In vista dell'impegno celibatario la maturità affettiva deve saper includere, all'interno di rapporti umani di serena amicizia e di profonda fraternità, un grande amore, vivo e personale, nei riguardi di Gesù Cristo (…) Poiché il carisma del celibato, anche quando è autentico e provato, lascia intatte le inclinazioni dell'affettività e le pulsioni dell'istinto, i candidati al sacerdozio hanno bisogno di una maturità affettiva capace di prudenza, di rinuncia a tutto ciò che può insidiarla, di vigilanza sul corpo e sullo spirito, di stima e di rispetto nelle relazioni interpersonali con uomini e donne. Un aiuto prezioso può essere dato da un'adeguata educazione alla vera amicizia, ad immagine dei vincoli di fraterno affetto che Cristo stesso ha vissuto nella sua esistenza. La maturità umana, e quella affettiva in particolare, esigono una formazione limpida e forte ad una libertà che si configura come obbedienza convinta e cordiale alla « verità » del proprio essere, al « significato » del proprio esistere, ossia al « dono sincero di sé » quale via e fondamentale contenuto dell'autentica realizzazione di sé. Così intesa, la libertà esige che la persona sia veramente padrona di sé stessa, decisa a combattere e a superare le diverse forme di egoismo e di individualismo che insidiano la vita di ciascuno, pronta ad aprirsi agli altri, generosa nella dedizione e nel servizio al prossimo (…) Intimamente congiunta con la formazione alla libertà responsabile è l'educazione della coscienza morale: questa, mentre sollecita dall'intimo del proprio « io » l'obbedienza alle obbligazioni morali, rivela il significato profondo di tale obbedienza, quello di essere una risposta cosciente e libera, e dunque per amore, alle richieste di Dio e del suo amore.”

o PdV 45: formazione spirituale: “…per ogni presbitero la formazione spirituale costituisce il cuore che unifica e vivifica il suo essere prete e il suo fare il prete. In tal senso, i Padri del Sinodo affermano che « senza la formazione spirituale la formazione pastorale procederebbe senza fondamento » e che la formazione spirituale costituisce « come l'elemento di massima importanza nell'educazione sacerdotale ». Il contenuto essenziale della formazione spirituale in un preciso itinerario verso il sacerdozio è bene espresso dal decreto conciliare « Optatam Totius »”

o PdV 46: alcuni valori ed esigenze del cammino spirituale: « vivere intimamente uniti » a Gesù Cristo; la ricerca di Gesù …

o PdV 47: … la lettura meditata e orante della Parola di Dio (lectio divina), conoscere e a sperimentare il senso autentico della preghiera cristiana; il silenzio…

o PdV 48: … l'Eucaristia, l'educazione liturgica, la bellezza e la gioia del Sacramento della Penitenza… o PdV 49: … cercare Cristo negli uomini; l'educazione all'obbedienza, al celibato e alla povertà. o PdV 51: formazione intellettuale o PdV 52: lo studio della filosofia. “Per una più profonda comprensione dell'uomo e dei fenomeni e delle

linee evolutive della società, in ordine all'esercizio il più possibile « incarnato » del ministero pastorale, di non poca utilità possono essere le cosiddette « scienze dell'uomo », come la sociologia, la psicologia, la pedagogia, la scienza dell'economia e della politica, la scienza della comunicazione sociale.” Ma specialmente lo studio della sacra doctrina, della teologia.

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o PdV 55: alcuni problemi: “La formazione teologica attuale deve prestare attenzione ad alcuni problemi che non poche volte sollevano difficoltà, tensioni, confusioni all'interno della vita della Chiesa. Si pensi al rapporto tra i pronunciamenti del Magistero e le discussioni teologiche, un rapporto che non sempre si configura come dovrebbe essere, all'insegna cioè della collaborazione (…) Un altro problema, avvertito soprattutto là dove gli studi seminaristici sono affidati ad istituzioni accademiche, riguarda il rapporto tra il rigore scientifico della teologia e la sua destinazione pastorale, e pertanto la natura pastorale della teologia (…) Un ulteriore problema è dato dall'esigenza, oggi fortemente sentita, dell'evangelizzazione delle culture e dell'inculturazione del messaggio della fede”.

o PdV 56: la serietà degli studi: “È necessario contrastare con decisione la tendenza a ridurre la serietà e l'impegno degli studi, che si manifesta in alcuni contesti ecclesiali, come conseguenza anche di una preparazione di base insufficiente e lacunosa degli alunni che iniziano il curricolo filosofico e teologico. È la stessa situazione contemporanea ad esigere sempre più dei maestri che siano veramente all'altezza della complessità dei tempi e siano in grado di affrontare, con competenza e con chiarezza e profondità di argomentazioni, le domande di senso degli uomini d'oggi, alle quali solo il Vangelo di Gesù Cristo dà la piena e definitiva risposta”.

o PdV 57: finalità pastorale della formazione: “Il testo conciliare insiste sulla profonda coordinazione che esiste tra i diversi aspetti della formazione umana, spirituale, intellettuale e, nello stesso tempo, sulla loro specifica finalizzazione pastorale. In tal senso il fine pastorale assicura alla formazione umana, spirituale e intellettuale determinati contenuti e precise caratteristiche, così come unifica e specifica l'intera formazione dei futuri sacerdoti”.

o PdV 58-59: formazione pastorale: “Poiché l'azione pastorale è destinata per sua natura ad animare la Chiesa, che è essenzialmente « mistero », « comunione », « missione », la formazione pastorale dovrà conoscere e vivere queste dimensioni ecclesiali nell'esercizio del ministero”.

o PdV 60 ss.: gli ambienti della formazione sacerdotale o PdV 65-69: i protagonisti della formazione sacerdotale: la Chiesa, lo S. Santo (protagonista per

antonomasia), il Vescovo, i diversi formatori (rettore, direttore spirituale, superiore, professori), i fedeli laici, la famiglia, la comunità parrocchiale, le associazione e i movimenti giovanili, e lo stesso candidato: “lo stesso candidato al sacerdozio deve dirsi protagonista necessario e insostituibile della sua formazione: ogni formazione, anche quella sacerdotale, è ultimamente un'autoformazione. Nessuno, infatti, può sostituirci nella libertà responsabile che abbiamo come singole persone”.

7.2. Pastorale giovanile e vocazionale:

• VC 64: il problema delle vocazioni. Alcuni mezzi proposti: la preghiera, l’annuncio

esplicito, una catechesi adeguata, la proposta coraggiosa dell’ideale della sequela di Cristo, la direzione spirituale, l’impegno di tutta la Chiesa. “L'invito di Gesù: «Venite e vedrete» (Gv 1, 39) rimane ancora oggi la regola d'oro della pastorale vocazionale”.

• VC 109: “L'amore appassionato per Gesù Cristo è una potente attrazione per gli altri giovani, che Egli nella sua bontà chiama a seguirlo da vicino e per sempre.”

PI 86 ss.: i giovani candidati alla VR

o RC 16: “Uno dei primi frutti di un cammino di formazione permanente è la capacità quotidiana di vivere la vocazione come dono sempre nuovo da accogliere con cuore grato. Un dono a cui rispondere con un atteggiamento sempre più responsabile, da testimoniare con maggior convinzione e capacità di contagio perché anche gli altri possano sentirsi chiamati da Dio in quella vocazione particolare o per altre strade. Il consacrato è, per sua natura, anche animatore vocazionale; chi è chiamato, infatti, non può non divenire chiamante. C'è dunque un legame naturale tra formazione permanente e animazione vocazionale. Il servizio alle vocazioni è una delle ulteriori nuove e più impegnative sfide che la vita consacrata si trova oggi ad affrontare. Da un lato la globalizzazione della cultura e la complessità delle relazioni sociali rendono difficili le scelte di vita radicali e durature; dall'altro il mondo vive una crescente esperienza di sofferenze materiali e morali che minano la dignità stessa dell'essere umano e chiedono, con tacita invocazione, chi annunci con forza un messaggio di pace e di speranza, chi porti la salvezza di Cristo (…) Il primo impegno della pastorale vocazionale resta sempre la preghiera (…) La

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via maestra della promozione vocazionale alla vita consacrata è quella che il Signore stesso ha iniziato, quando ha detto agli apostoli Giovanni ed Andrea: « Venite e vedrete» (Gv 1, 39). Questo incontro, accompagnato dalla condivisione della vita, chiede alle persone consacrate di vivere profondamente la loro consacrazione per diventare un segno visibile della gioia che Dio dona a chi ascolta la sua chiamata. Di qui la necessità di comunità accoglienti e capaci di condividere il loro ideale di vita con i giovani, lasciandosi interpellare dalle esigenze di autenticità, pronte a camminare con loro. Ambiente privilegiato per questo annuncio vocazionale è la Chiesa locale”.

o RC 17: “La cura delle vocazioni è un compito cruciale per l'avvenire della vita consacrata. La diminuzione delle vocazioni particolarmente nel mondo occidentale e la loro crescita in Asia e in Africa sta disegnando una nuova geografia della presenza della vita consacrata nella Chiesa e nuovi equilibri culturali nella vita degli Istituti (…) La pastorale delle vocazioni richiede di sviluppare nuove e più profonde capacità di incontro; di offrire con la testimonianza della vita caratteristici itinerari di sequela di Cristo e di santità; di annunciare, con forza e chiarezza, la libertà che sgorga da una vita povera, che ha come unico tesoro il Regno di Dio; la profondità dell'amore di un'esistenza casta, che vuol avere un solo cuore: quello di Cristo; la forza di santificazione e rinnovamento racchiusa in una vita obbediente, che ha un unico orizzonte: dare compimento alla volontà di Dio per la salvezza del mondo. Oggi la promozione delle vocazioni è un compito che non può essere delegato in maniera esclusiva ad alcuni specialisti, né separato da una vera e propria pastorale giovanile che fa sentire soprattutto l'amore concreto di Cristo verso i giovani. Ogni comunità e tutti i membri dell'Istituto sono chiamati a farsi carico nel contatto con i giovani, di una pedagogia evangelica della sequela di Cristo e della trasmissione del carisma; i giovani attendono chi sappia proporre stili di vita autenticamente evangelici e cammini di iniziazione ai grandi valori spirituali della vita umana e cristiana. Sono quindi le persone consacrate che devono riscoprire l'arte pedagogica di suscitare e liberare le domande profonde, troppo spesso nascoste nel cuore della persona, dei giovani in particolare. Esse, accompagnando il cammino di discernimento vocazionale, saranno provocate a mostrare la sorgente della loro identità. Comunicare la propria esperienza di vita è sempre un farne memoria ed un rivedere quella luce che ha guidato la personale scelta vocazionale”

• TMI 46: “Certamente un impegno generoso va posto — soprattutto con la preghiera insistente al padrone della messe (cfr Mt 9,38) — per la promozione delle vocazioni al sacerdozio e di quelle di speciale consacrazione. È questo un problema di grande rilevanza per la vita della Chiesa in ogni parte del mondo. In certi Paesi di antica evangelizzazione, poi, esso si è fatto addirittura drammatico a motivo del mutato contesto sociale e dell'inaridimento religioso indotto dal consumismo e dal secolarismo. È necessario ed urgente impostare una vasta e capillare pastorale delle vocazioni, che raggiunga le parrocchie, i centri educativi, le famiglie, suscitando una più attenta riflessione sui valori essenziali della vita, che trovano la loro sintesi risolutiva nella risposta che ciascuno è invitato a dare alla chiamata di Dio, specialmente quando questa sollecita la donazione totale di sé e delle proprie energie alla causa del Regno”

NVNE 6: “… non c'è nulla di più esaltante d'una testimonianza così appassionata della propria

vocazione da saperla rendere contagiosa. Nulla è più logico e coerente d'una vocazione che genera altre vocazioni e vi rende a pieno titolo « padri » e « madri » (…) la cosiddetta crisi vocazionale è prima di tutto legata alla latitanza di qualche testimone che rende debole il messaggio. In una Chiesa tutta vocazionale, tutti sono animatori vocazionali”.

NVNE 8: “O la pastorale vocazionale è mistagogica, e dunque parte e riparte dal Mistero (di Dio) per ricondurre al mistero (dell'uomo), o non è”.

NVNE 11: “…in Occidente è indispensabile una diversa attenzione. Ci si deve interrogare sulla reale consistenza teologica e sulla linearità applicativa di certi progetti vocazionali, sul concetto di vocazione che ne è alla base e sul tipo di vocazioni che ne derivano”.

NVNE 13c.: pastorale delle vocazioni: il “salto di qualità”

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NVNE 19d.: “La crisi vocazionale dei chiamati è anche crisi, oggi, dei chiamanti, a volte latitanti e poco coraggiosi”.

NVNE 25 (tutto il numero): aspetti teologici della pastorale vocazionale… NVNE 26 (tutto il numero): principi generali della pastorale vocazionale: a) La pastorale

vocazionale è la prospettiva originaria della pastorale generale; b) La pastorale vocazionale è la vocazione della pastorale oggi; c) La pastorale vocazionale è graduale e convergente; d) La pastorale vocazionale è generica e specifica; e) La pastorale vocazionale è universale e permanente; f) La pastorale vocazionale è personale e comunitaria; g) La pastorale vocazionale è la prospettiva unitario-sintetica della pastorale

NVNE 27 (tutto il numero): itinerari pastorali vocazionali: a) La liturgia e la preghiera; b) La comunione ecclesiale; c) Il servizio della carità; d) La testimonianza-annuncio del Vangelo

NVNE 28 (tutto il numero): dagli itinerari pastorali alla chiamata personale: “Sarà allora importante che l'educatore vocazionale provochi nel senso d'un impegno che non sia su misura dei gusti del giovane, ma sulla misura oggettiva dell'esperienza di fede, la quale non può, per definizione, esser qualcosa di addomesticabile. È solo il rispetto di questa misura oggettiva che può lasciar intravedere la propria misura soggettiva. L'oggettività, in tal senso, precede la soggettività, e il giovane deve imparare a darle la precedenza, se vuole davvero scoprire se stesso e quello che è chiamato a essere. Ovvero, deve prima realizzare ciò che è richiesto a tutti se ci tiene a essere se stesso. Non solo, ma ciò che è oggettivo, regolato sulla base d'una norma e d'una tradizione e mirante a un obiettivo preciso che trascende la soggettività, ha una notevole forza di attrazione e di trazione vocazionale. Naturalmente l'esperienza oggettiva dovrà pure divenire soggettiva, o esser riconosciuta dall'individuo come sua. Sempre tuttavia a partire da una fonte o da una verità che non è il soggetto a determinare e che s'avvale della ricca tradizione della fede cristiana. In definitiva « la pastorale vocazionale ha le tappe fondamentali di un itinerario di fede ». E anche questo sta a dire la gradualità e poi la convergenza della pastorale vocazionale”.

NVNE 29 (tutto il numero): dagli itinerari alle comunità cristiane: a) La comunità parrocchiale; b) I « luoghi-segno » della vita-vocazione; c) I luoghi pedagogici della fede; d) Figure di formatori e di formatrici; e) Gli organismi della pastorale vocazionale

PdV 31 ss.: la vocazione sacerdotale nella pastorale della Chiesa: “…vieni e seguimi. È sollecitata a decifrare e a percorrere il dinamismo proprio della vocazione, il suo svilupparsi graduale e concreto nelle fasi del cercare Gesù, del seguirlo e del rimanere con lui. La Chiesa coglie in questo « Vangelo della vocazione » il paradigma, la forza e l'impulso della sua pastorale vocazionale, ossia della sua missione destinata a curare la nascita, il discernimento e l'accompagnamento delle vocazioni, in particolare delle vocazioni al sacerdozio (…) Sì, la dimensione vocazionale è connaturale ed essenziale alla pastorale della Chiesa”.

PdV 36: “La storia di ogni vocazione sacerdotale, come peraltro di ogni vocazione cristiana, è la storia di un ineffabile dialogo tra Dio e l'uomo, tra l'amore di Dio che chiama e la libertà dell'uomo che nell'amore risponde a Dio. Questi due aspetti indissociabili della vocazione, il dono gratuito di Dio e la libertà responsabile dell'uomo, emergono in modo splendido e quanto mai efficace nelle brevissime parole con le quali l'evangelista Marco presenta la vocazione dei dodici: Gesù « salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che volle ed essi andarono da lui ». Da un lato sta la decisione assolutamente libera di Gesù, dall'altro l'« andare » dei dodici, ossia il loro « seguire » Gesù.” (…) Ma del tutto prioritario, anzi preveniente e decisivo è l'intervento libero e gratuito di Dio che chiama. Sua è l'iniziativa del chiamare (…) La libertà, dunque, è essenziale alla vocazione, una libertà che nella risposta positiva si qualifica come adesione personale profonda, come donazione d'amore, o meglio come ri-donazione al Donatore che è Dio che chiama, come oblazione. « La chiamata — diceva Paolo VI — si commisura con la risposta. Non vi possono essere vocazioni, se non libere; se esse non sono cioè offerte spontanee di sé, coscienti, generose, totali... Oblazioni, diciamo: qui sta praticamente il vero problema... È la voce umile e penetrante di Cristo, che dice, oggi come ieri, più di ieri: vieni. La libertà è posta al suo supremo cimento: quello appunto dell'oblazione, della generosità, del sacrificio »”.

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PdV 38: “La Chiesa, nella sua dignità e responsabilità di popolo sacerdotale, ha nella preghiera e nella celebrazione della liturgia i momenti essenziali e primari della pastorale vocazionale”.

PdV 40: la direzione/accompagnamento spirituale personale nella pastorale vocazionale PdV 41: responsabilità di tutti: “… tutti i membri della Chiesa, nessuno escluso, hanno la grazia e la

responsabilità della cura delle vocazioni”, cominciando dal Vescovo, i sacerdoti, la famiglia, la scuola, i fedeli laici, gruppi, movimenti, associazioni di fedeli laici

PdV 63-64: circa il “seminario minore” (in chiave diocesana)…: “La loro proposta educativa tende a favorire in modo tempestivo e graduale quella formazione umana, culturale e spirituale che condurrà il giovane a intraprendere il cammino nel Seminario Maggiore con una base adeguata e solida”

PdV 64: “vocazioni adulte”: “Non è sempre possibile, e spesso non è neppure conveniente, invitare gli adulti a seguire l'itinerario educativo del Seminario Maggiore. Si deve piuttosto provvedere, dopo un accurato discernimento dell'autenticità di queste vocazioni, a programmare una qualche forma specifica di accompagnamento formativo così da assicurare, mediante opportuni adattamenti, la necessaria formazione spirituale e intellettuale”. 7.3. Postulato

PI 42: “… si può dire che la diagnosi della Renovationis causam 1 conserva tutta la sua

attualità: «La maggior parte delle difficoltà incontrate ai nostri giorni nella formazione dei novizi derivano dal fatto che essi, al momento della loro ammissione al noviziato, non possedevano quel minimo di maturità necessaria (…) Il poter giudicare su tale capacità giustifica che si diano il tempo e i mezzi per giungervi. Questo è lo scopo della tappa preparatoria al noviziato, qualunque sia il nome che le si dia: postulato, prenoviziato, ecc. Spetta unicamente al diritto proprio degli istituti precisarne le modalità di esecuzione ma, comunque sia, "nessuno può essere ammesso senza una adeguata preparazione»”

PI 43: “… questa tappa preparatoria, che non bisogna temere di prolungare, dovrà applicarsi a verificare e a chiarire alcuni punti che permettano ai superiori di pronunciarsi sull'opportunità e il momento dell'ammissione al noviziato. Si baderà a non precipitare la data di questa ammissione né a differirla indebitamene, purché si giunga a un giudizio certo sulle garanzie offerte dalla persona dei candidati.” Stabilire le condizioni per l’ammissione al noviziato, tra cui: il grado di maturità umana e cristiana, la cultura generale di base; “l'equilibrio dell'affettività, particolarmente l'equilibrio sessuale, che suppone l'accettazione dell'altro, uomo o donna, nel rispetto della sua differenza. Sarà bene ricorrere ad un esame psicologico, rispettando il diritto di ciascuno a preservare la propria intimità”; la capacità di vivere in comunità sotto l'autorità dei superiori.

PI 44: le diverse forme possibili di realizzazione…: “Uno o più religiosi provvisti della necessaria qualifica, saranno designati dai superiori a seguire i candidati e a discernere la loro vocazione. Collaboreranno attivamente con il maestro o la maestra dei novizi”

7.4. Noviziato

PI 45: scopo: “« Il noviziato, con il quale si inizia la vita nell'istituto, è ordinato a far sì che i

novizi possano prendere meglio coscienza della vocazione divina, quale è propria dell'istituto, sperimentarne lo stile di vita, formarsi mente e cuore secondo il suo spirito; e al tempo tesso siano verificate le loro intenzioni e la loro idoneità” (…) un tempo di iniziazione integrale alla forma di vita che il Figlio di Dio ha abbracciato ed ha proposto a noi nel Vangelo ».

PI 46: contenuto del noviziato: “« I novizi devono essere aiutati a coltivare le virtù umane e cristiane; introdotti in un più impegnativo cammino di perfezione, mediante l'orazione e il rinnegamento di sé; guidati alla contemplazione del mistero della salvezza e alla lettura e meditazione delle sacre Scritture; preparati a rendere culto a Dio nella sacra liturgia; formati alle esigenze della vita consacrata a Dio e agli uomini in Cristo, attraverso la pratica dei consigli

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evangelici; informati infine sull'indole e lo spirito, la finalità e la disciplina, la storia e la vita dell'istituto, ed educati all'amore verso la Chiesa ed i suoi sacri Pastori»”.

PI 47: altri contenuti specifici del noviziato… “Il programma di formazione del noviziato deve essere stabilito dal diritto proprio (…) È sconsigliabile che il noviziato sia trascorso in un luogo estraneo alla cultura e alla lingua di origine dei novizi…”

PI 49: alcune condizioni da osservare nell’ammissione al noviziato… per la liceità e validità PI 51: il maestro e i suoi collaboratori: “La direzione dei novizi è riservata solo al maestro dei

novizi sotto l'autorità dei suoi superiori maggiori. Egli dovrà essere liberato da tutti gli altri impegni che gli impedirebbero di compiere pienamente il suo incarico di educatore. Se ha dei collaboratori, essi dipendono da lui per ciò che riguarda il programma di formazione e la direzione del noviziato. Essi hanno con lui una parte importante nel discernimento e nella decisione (…) Il maestro dei novizi è l'accompagnatore spirituale chiamato a questo scopo per tutti e per ciascuno dei novizi. Il noviziato è il luogo del suo ministero, e per conseguenza quello di una permanente disponibilità accanto a coloro che gli sono affidati. Egli non potrà facilmente adempiere al suo compito se i novizi non danno prova nei suoi riguardi di un'apertura libera e completa. Tuttavia, né lui né il suo aiutante, negli istituti clericali, possono ascoltare le confessioni sacramentali dei novizi, a meno che in casi particolari essi non lo chiedano spontaneamente”.

PI 54: la professione religiosa: “Durante la celebrazione liturgica, la Chiesa riceve, attraverso i legittimi superiori, i voti di coloro che emettono la professione, ed associa la loro oblazione al sacrificio eucaristico”.

PI 55: “La qualità di una persona si può giudicare dalla natura dei suoi vincoli”

7.5. Postnoviziato PI 56: “La professione perpetua suppone una preparazione prolungata ed un tirocinio

perseverante. Questo giustifica che la Chiesa la faccia precedere da un periodo di professione temporanea (…) Questo tempo di professione temporanea ha dunque lo scopo di confermare la fedeltà dei giovani professi e professe, quali che siano le soddisfazioni di cui la vita quotidiana «al seguito di Cristo» può gratificarli o no. La celebrazione liturgica distingue con cura la professione perpetua della professione temporanea che deve essere celebrata «senza alcuna solennità particolare». La professione perpetua si svolgerà invece «con la solennità dovuta e con il concorso dei religiosi e del popolo» poiché «essa è segno dell'unione indissolubile di Cristo con la Chiesa sua sposa (cf. LG 44)»”.

PI 58: “… il diritto proprio deve stabilire il programma e la durata di questa formazione, tenendo presenti le necessità della Chiesa e le condizioni delle persone e dei tempi, secondo quanto esigono le finalità e l'indole dell'istituto». «La formazione deve essere sistematica, adeguata alla capacità dei membri, spirituale e apostolica, dottrinale e insieme pratica, e portare anche al conseguimento dei titoli convenienti, sia ecclesiastici sia civili, secondo l'opportunità. Durante il periodo di questa formazione non si affidino ai religiosi compiti ed opere che ne ostacolino l'attuazione»”.

PI 60 ss.: contenuto e mezzi di formazione: “L'istituto ha la grave responsabilità di prevedere l'organizzazione e la durata di questa fase della formazione e di fornire al giovane religioso le condizioni favorevoli per una reale crescita della donazione al Signore. Anzitutto, offrirà una vigorosa comunità formatrice e la presenza di educatori validi”.

PI 63: il direttore o consigliere spirituale: “Le loro responsabilità principali sono: discernere l'azione di Dio, accompagnare il fratello nelle vie del Signore, nutrire la vita di solida dottrina e la pratica della preghiera. In modo particolare, alle prime fasi occorre anche valutare il cammino percorso»”

PI 101 ss.: i religiosi candidati al ministero diaconale e presbiterale PI 102 ss.: la formazione… accademica e pastorale

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PI 108: la specificità religiosa del religioso sacerdote o diacono PI 109: il posto del religioso sacerdote nel clero diocesano

o PdV 42 ss.: la formazione dei candidati al sacerdozio o PdV 60-61: la casa religiosa, come luogo di formazione per i futuri sacerdoti: “In quanto comunità

educante, l'intera vita del seminario, nelle sue più diverse espressioni, è impegnata nella formazione umana, spirituale, intellettuale e pastorale dei futuri presbiteri: è una formazione che, pur avendo tanti aspetti comuni con la formazione umana e cristiana di tutti i membri della Chiesa, presenta contenuti, modalità e caratteristiche che discendono in modo specifico dal fine perseguito di preparare al sacerdozio. Ora i contenuti e le forme dell'opera educativa esigono che il seminario abbia una sua precisa programmazione, un programma di vita cioè che si caratterizzi, sia per la sua organicità-unità, sia per la sua sintonia o corrispondenza con l'unico fine che giustifica l'esistenza del seminario: la preparazione dei futuri presbiteri”.

7.6. Formazione Permanente

• VC 65: “E chiaro che, proprio per il suo tendere alla trasformazione di tutta la persona, l'impegno formativo non cessa mai.”

• VC 69 (tutto il numero): “La formazione permanente (…) è un'esigenza intrinseca alla consacrazione religiosa. Il processo formativo, come s'è detto, non si riduce alla sua fase iniziale, giacché, per i limiti umani, la persona consacrata non potrà mai ritenere di aver completato la gestazione di quell'uomo nuovo che sperimenta dentro di sé, in ogni circostanza della vita, gli stessi sentimenti di Cristo. La formazione iniziale deve, pertanto, saldarsi con quella permanente, creando nel soggetto la disponibilità a lasciarsi formare in ogni giorno della vita sarà molto importante, di conseguenza, che ogni Istituto preveda, come parte della ratio institutionis , la definizione, per quanto possibile precisa e sistematica, di un progetto di formazione permanente, il cui scopo primario sia quello di accompagnare ogni persona consacrata con un programma esteso all'intera esistenza. Nessuno può esimersi dall'applicarsi alla propria crescita umana e religiosa; così come nessuno può presumere di sé e gestire la propria vita con autosufficienza. Nessuna fase della vita può considerarsi tanto sicura e fervorosa da escludere l'opportunità di specifiche attenzioni per garantire la perseveranza nella fedeltà, così come non esiste età che possa vedere esaurita la maturazione della persona”

• VC 70: le diverse fasi nella formazione permanente (tutto il numero) e i suoi rischi. • VC 71: le diverse dimensioni della formazione permanente (tutto il numero): “Se

soggetto della formazione è la persona in ogni fase della vita, termine della formazione è la totalità dell'essere umano, chiamato a cercare e amare Dio «con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze» (Dt 6, 5) e il prossimo come se stesso (cfr Lv 19, 18; Mt 22, 37-39). L'amore a Dio e ai fratelli è dinamismo potente che può costantemente ispirare il cammino di crescita e di fedeltà. La vita nello Spirito ha un suo ovvio primato.” Inoltre: la dimensione umana e fraterna, apostolica, culturale e professionale, carismatica

• VC 72 (tutto il numero) (cfr. anche 73 ss.): la missione… “La missione, infatti, prima di caratterizzarsi per le opere esteriori, si esplica nel rendere presente al mondo Cristo stesso mediante la testimonianza personale. E questa la sfida, questo il compito primario della vita consacrata! Più ci si lascia conformare a Cristo, più lo si rende presente e operante nel mondo per la salvezza degli uomini. Si può allora dire che la persona consacrata è «in missione» in virtù della sua stessa consacrazione, testimoniata secondo il progetto del proprio Istituto (…) La vita religiosa, inoltre, partecipa alla missione di

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Cristo con un altro elemento peculiare e proprio: la vita fraterna in comunità per la missione. La vita religiosa sarà perciò tanto più apostolica quanto più intima ne sarà la dedizione al Signore Gesù, più fraterna la forma comunitaria di esistenza, più ardente il coinvolgimento nella missione specifica dell'Istituto”

• VC 76: “Il contributo specifico di consacrati e consacrate alla evangelizzazione sta innanzitutto nella testimonianza di una vita totalmente donata a Dio e ai fratelli, a imitazione del Salvatore che, per amore dell'uomo, si è fatto servo.”

• VC 79 ss.: annunzio evangelico e inculturazione; l’inculturazione della VC; la nuova evangelizzazione; la predilezione per i poveri e la promozione della giustizia; il profetismo della VC; le grande sfide della VC.

• VC 96 ss. Alcuni areopaghi della missione. VFC 24: “E' bene preparare fin dall'inizio ad essere costruttori e non solo consumatori di

comunità, ad essere responsabili l'uno della crescita dell'altro come pure ad essere aperti e disponibili a ricevere l'uno il dono dell'altro, capaci d'aiutare ed essere aiutati, di sostituire ed essere sostituiti”.

VFC 43: la vita fraterna luogo di formazione permanente: Una delle finalità di tali iniziative è di formare comunità mature, evangeliche, fraterne, capaci di continuare la formazione permanente nel quotidiano. La comunità religiosa infatti è il luogo ove i grandi orientamenti diventano operativi, grazie alla paziente e tenace mediazione quotidiana. La comunità religiosa è la sede e l'ambiente naturale del processo di crescita di tutti, ove ognuno diviene corresponsabile della crescita dell'altro. La comunità religiosa inoltre è il luogo ove, giorno per giorno, ci si aiuta a rispondere da persone consacrate portatrici di un comune carisma, alle necessità degli ultimi e alle sfide della nuova società.

VFC 44-45: formazione permanente e la dimensione comunitaria dei consigli evangelici e il carisma.

VFC 54: vita fraterna e missione: “E' necessario ricordare a tutti che la comunione fraterna, in quanto tale, è già apostolato, contribuisce cioè direttamente all'opera di evangelizzazione. Il segno per eccellenza lasciato dal Signore è infatti quello della fraternità vissuta: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,35) (…) Per questo "tutta la fecondità della vita religiosa dipende dalla qualità della vita fraterna in comune"”

VFC 55: “Senza essere il "tutto" della missione della comunità religiosa, la vita fraterna ne è un elemento essenziale. La vita fraterna è altrettanto importante quanto l'azione apostolica. Non si possono allora invocare le necessità del servizio apostolico, per ammettere o giustificare una carente vita comunitaria. L'attività dei religiosi deve essere attività di persone che vivono in comune e che informano di spirito comunitario il loro agire, che tendono a diffondere lo spirito fraterno con la parola, l'azione, l'esempio”

VFC 57: “La qualità della vita fraterna ha una forte incidenza anche sulla perseveranza dei singoli religiosi”.

PI 66: “«Per tutta la vita, i religiosi proseguono assiduamente la propria formazione spirituale, dottrinale e pratica; i superiori poi procurino loro i mezzi e il tempo necessari» «Ogni istituto religioso, quindi, ha il dovere di progettare e di realizzare un programma di formazione permanente adeguato per tutti i suoi membri. Un programma che tenda non soltanto alla formazione dell'intelligenza, ma anche di tutta la persona, principalmente nella sua missione spirituale, affinché ogni religioso possa vivere in tutta la sua pienezza la propria consacrazione a Dio, nella missione specifica che la Chiesa gli affida»”.

PI 67: motivazione: “La formazione continua è motivata anzitutto dalla chiamata di Dio, il quale chiama ciascuno dei suoi in ogni momento ed in nuove circostanze (…) La formazione

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permanente esige che si presti un'attenzione particolare ai segni dello Spirito nel nostro tempo e che ci si lasci sensibilizzare, per poter dare loro una risposta appropriata. Inoltre, la formazione continua è un dato sociologico che, ai nostri giorni, riguarda tutti i rami dell'attività professionale. Essa condiziona molto spesso la permanenza in una professione o il passaggio obbligato da una professione ad un'altra”.

PI 68: contenuto… “La formazione continua è un processo globale di rinnovamento che si estende a tutti gli aspetti della persona del religioso ed all'insieme dello stesso istituto. Essa si deve svolgere tenendo conto che i suoi diversi aspetti sono inseparabili e che si influenzano mutuamente nella vita di ogni religioso e di ogni comunità”.

PI 70: i tempi forti della formazione continua…: il passaggio tra formazione iniziale e permanente; verso i 10 anni di professione perpetua; i momenti di forte crisi; al momento del ritiro dell’azione

o RC 9: “la stessa vita consacrata, sotto l'azione dello Spirito Santo, diventa missione. Più i consacrati si lasciano conformare a Cristo, più lo rendono presente e operante nella storia per la salvezza degli uomini.”

o RC 15: è interessante vedere che RC pone prima la FP (n. 15) e poi parla dell’animazione vocazionale (n. 16) e dei percorsi formativi (n. 17)… “Se, infatti, la vita consacrata è in se stessa una «progressiva assimilazione dei sentimenti di Cristo», sembra evidente che tale cammino non potrà che durare tutta l'esistenza, per coinvolgere tutta la persona, cuore, mente e forze (cfr. Mt 22, 37), e renderla simile al Figlio che si dona al Padre per l'umanità. Così concepita la formazione non è più solo tempo pedagogico di preparazione ai voti, ma rappresenta un modo teologico di pensare la vita consacrata stessa, che è in sé formazione mai terminata «partecipazione all'azione del Padre che, mediante lo Spirito, plasma nel cuore (...) i sentimenti del Figlio». Sarà allora importante che ogni persona consacrata sia formata alla libertà d'imparare per tutta la vita, in ogni età e stagione, in ogni ambiente e contesto umano, da ogni persona e da ogni cultura, per lasciarsi istruire da qualsiasi frammento di verità e bellezza che trova attorno a sé. Ma soprattutto dovrà imparare a farsi formare dalla vita di ogni giorno, dalla sua propria comunità e dai suoi fratelli e sorelle, dalle cose di sempre, ordinarie e straordinarie, dalla preghiera come dalla fatica apostolica, nella gioia e nella sofferenza, fino al momento della morte. Decisivi diventano, allora, l'apertura verso l'altro e l'alterità, e, in particolare, il rapporto con il tempo. Le persone in formazione continua si riappropriano del tempo, non lo subiscono, lo accolgono come dono ed entrano con sapienza nei vari ritmi (quotidiano, settimanale, mensile, annuale) della vita stessa, cercando la sintonia tra essi e il ritmo fissato da Dio immutabile ed eterno, che segna i giorni, i secoli e il tempo. In modo del tutto particolare la persona consacrata impara a lasciarsi plasmare dall'anno liturgico, alla cui scuola rivive progressivamente in sé i misteri della vita del Figlio di Dio con i suoi stessi sentimenti, per ripartire da Cristo e dalla sua pasqua di morte e risurrezione ogni giorno della vita”.

PdV 70 ss.: la formazione permanente dei sacerdoti… PdV 70: fondamento teologico della FP. Anche “La formazione permanente trova così il suo

fondamento proprio e la sua motivazione originale nel dinamismo del sacramento dell'Ordine. Certo non mancano ragioni anche semplicemente umane che sollecitano il sacerdote a realizzare una formazione permanente. Questa è un'esigenza della sua progressiva realizzazione: ogni vita è un cammino incessante verso la maturità, e questa passa attraverso la continua formazione (…) Ma queste ed altre ragioni vengono assunte e specificate dalle ragioni teologiche ora ricordate e che si possono ulteriormente approfondire (…)I Padri sinodali hanno espresso la ragione che giustifica la necessità della formazione permanente e che nello stesso tempo ne rivela la natura profonda, qualificandola come « fedeltà » al ministero sacerdotale e come « processo di continua conversione » (…) Anima e forma della formazione permanente del sacerdote è la carità pastorale: lo Spirito Santo, che infonde la carità pastorale, introduce e accompagna il sacerdote a conoscere sempre più profondamente il mistero di Cristo che è insondabile nella sua ricchezza 422 e, di riflesso, a conoscere il mistero del sacerdozio cristiano (…) A tutto questo tende la formazione permanente intesa come cosciente e libera proposta al dinamismo della carità pastorale e dello Spirito Santo, che ne è la sorgente prima e l'alimento continuo. In questo senso la formazione permanente è un'esigenza intrinseca al dono e al ministero sacramentale ricevuto e si rivela necessaria in ogni tempo”.

PdV 71: “La formazione permanente dei sacerdoti, sia diocesani sia religiosi, è la continuazione naturale e assolutamente necessaria di quel processo di strutturazione della personalità presbiterale che si è iniziato e sviluppato in Seminario o nella Casa religiosa con il cammino formativo in vista

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dell'Ordinazione. È di particolare importanza avvertire e rispettare l'intrinseco legame che esiste tra la formazione precedente l'ordinazione e quella successiva”.

PdV 72: FP, nella dimensione umana e spirituale, intellettuale e pastorale PdV 73: “Le diverse e complementari dimensioni della formazione permanente ci aiutano a coglierne il

significato profondo: essa tende ad aiutare il prete ad essere e a fare il prete nello spirito e secondo lo stile di Gesù buon Pastore (…) Nel contesto ecclesiologico più volte ricordato si può considerare il significato profondo della formazione permanente del sacerdote in ordine alla sua presenza e azione nella Chiesa mysterium, communio et missio”.

PdV 74: tema della “solitudine del sacerdote”: “La capacità di reggere una buona solitudine è condizione indispensabile alla cura della vita interiore. Si tratta di una solitudine abitata dalla presenza del Signore, che ci mette in contatto, nella luce dello Spirito, con il Padre (…) In questo senso ancora, si può affermare che non è capace di vera e fraterna comunione chi non sa vivere bene la propria solitudine”.

PdV 76: “La formazione permanente, proprio perché « permanente », deve accompagnare i sacerdoti sempre, quindi in ogni periodo e condizione della loro vita, come pure ad ogni livello di responsabilità ecclesiale: evidentemente con quelle possibilità e caratteristiche che si collegano al variare dell'età, della condizione di vita e dei compiti affidati”, anzitutto per i giovani sacerdoti…

PdV 77: per i presbiteri di “mezza età” e di “età avanzata” (anziani) PdV 78: alcune difficoltà e possibilità: “Le condizioni in cui spesso e in più parti si svolge attualmente

il ministero dei presbiteri non rendono facile un impegno serio di formazione: il moltiplicarsi dei compiti e dei servizi, la complessità della vita umana in genere e di quella delle comunità cristiane in particolare, l'attivismo e l'affanno tipico di tante aree della nostra società privano spesso i sacerdoti del tempo e delle energie indispensabili a « vigilare su se stessi » (…)la formazione permanente, mentre assicura la maturità umana, spirituale, intellettuale e pastorale dei sacerdoti, si risolve in un bene di cui è destinatario lo stesso Popolo di Dio. Del resto, lo stesso esercizio del ministero pastorale conduce ad un continuo e fecondo scambio reciproco tra la vita di fede dei presbiteri e quella dei fedeli. Proprio la condivisione di vita tra il presbitero e la comunità, se sapientemente condotta e utilizzata, costituisce un fondamentale contributo alla formazione permanente, peraltro non riconducibile a qualche episodio o iniziativa isolata, ma estesa e attraversante tutto il ministero e la vita del presbitero”.

PdV 79: la responsabilità del singolo sacerdote e altri … : “In un certo senso, è proprio lui, il singolo sacerdote, il primo responsabile nella Chiesa della formazione permanente: in realtà su ciascun sacerdote incombe il dovere, radicato nel sacramento dell'Ordine, di essere fedele al dono di Dio e al dinamismo di conversione quotidiana che viene dal dono stesso (…) Fondamentale è la responsabilità del Vescovo, e con lui del presbiterio (…) Nell'ambito della Chiesa particolare un posto significativo è riservato alle famiglie”

PdV 80: diversi momenti della FP: gli incontri del Vescovo con il suo presbiterio, gli incontri di spiritualità sacerdotale, gli incontri di studio e di riflessione comune…

PdV 81: Alcuni aiuti e mezzi di FP: le diverse forme di vita comune tra i sacerdoti, le associazioni sacerdotali, la pratica della direzione spirituale,

8. I FORMATORI/LA FORMAZIONE DEI FORMATORI

• VC 66 (tutto il numero): “Dio Padre, nel dono continuo di Cristo e dello Spirito, è il

formatore per eccellenza di chi si consacra a Lui. Ma in quest'opera Egli si serve della mediazione umana, ponendo a fianco di colui che Egli chiama alcuni fratelli e sorelle maggiori. La formazione è dunque partecipazione all'azione del Padre che, mediante lo Spirito, plasma nel cuore dei giovani e delle giovani i sentimenti del Figlio. I formatori e le formatrici devono perciò essere persone esperte nel cammino della ricerca di Dio, per essere in grado di accompagnare anche altri in questo itinerario”.

• VC 66: Il colloquio come strumento formativo privilegiato. • VC 66: la formazione dei formatori idonei: “Sarà opportuno creare adeguate strutture

per la formazione dei formatori, possibilmente in luoghi dove sia consentito il contatto con la cultura in cui sarà poi esercitato il proprio servizio pastorale”.

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CIF 23: “Il servizio della formazione, autentico « ministero ecclesiale » (Paolo VI), è un'arte: « l'arte delle arti ».

Per i formatori e le formatrici comporta lo sforzo costante di conoscere la realtà giovanile, insieme con la capacità pedagogica e spirituale di accompagnare e guidare i giovani e le giovani. Il loro servizio è una mediazione qualificata da un preciso riferimento trinitario: « la formazione è partecipazione all'azione del Padre che, mediante lo Spirito, plasma nel cuore dei giovani e delle giovani i sentimenti del Figlio ». Per esercitare tale « mediazione partecipativa », « i formatori e le formatrici devono perciò essere persone esperte nel cammino della ricerca di Dio, per essere in grado di accompagnare altri in questo itinerario. (...) « Nonostante i bisogni apostolici e la situazione di urgenza in cui le Famiglie religiose operano, rimane prioritaria un'attenta cura nella scelta e nella preparazione dei formatori e delle formatrici. Si tratta di uno dei ministeri più difficili e delicati... I giovani e le giovani hanno soprattutto bisogno di maestri che siano per loro uomini di Dio, conoscitori rispettosi del cuore umano e delle vie dello Spirito, capaci di rispondere alle loro esigenze di maggiore interiorità, di esperienza di Dio, di fraternità, e in grado di iniziarli alla missione. Formatori che sappiano educare al discernimento, alla docilità e all'obbedienza, alla lettura dei segni dei tempi e dei bisogni della gente, e a rispondervi con sollecitudine e audacia in piena comunione ecclesiale »”.

CIF 24: Gli istituti “Essi offriranno loro programmi e opportunità che assicurino la necessaria formazione teologica, pedagogica, spirituale e nelle scienze umane, come anche una precisa competenza relativa ai compiti da svolgere lungo l'itinerario di formazione. I formatori devono essere esperti in modo particolare negli argomenti che si riferiscono al patrimonio spirituale del Fondatore o della Fondatrice”.

o RC 18: “Dobbiamo essere altamente generosi per dedicare il tempo e le miglior energie alla formazione. Le

persone dei consacrati, infatti, sono fra i beni più preziosi della Chiesa. Senza di esse tutti i piani formativi ed apostolici restano teoria, desideri inefficaci. Senza dimenticare che in un'epoca frettolosa come la nostra occorre più che mai tempo, perseveranza e paziente attesa per raggiungere gli scopi formativi. In circostanze nelle quali prevale la rapidità e la superficialità, abbiamo bisogno di serenità e profondità perché in realtà la persona si costruisce molto lentamente”.

9. SITUAZIONI DIFFICILI e/o PARTICOLARI

VC 24: Nelle situazioni difficili, “La loro fedeltà all'unico Amore si mostra e si tempra

nell'umiltà di una vita nascosta, nell'accettazione delle sofferenze per completare ciò che nella propria carne «manca ai patimenti di Cristo» (Col 1, 24), nel sacrificio silenzioso, nell'abbandono alla santa volontà di Dio, nella serena fedeltà anche di fronte al declino delle forze e della propria autorevolezza. Dalla fedeltà a Dio scaturisce pure la dedizione al prossimo, che le persone consacrate vivono non senza sacrificio nella costante intercessione per le necessità dei fratelli, nel generoso servizio ai poveri e agli ammalati, nella condivisione delle difficoltà altrui, nella sollecita partecipazione alle preoccupazioni e alle prove della Chiesa”

VFC 63 ss.: alcune situazioni particolari…: inserimento negli ambienti popolari; piccole comunità; religiosi che vivono da soli; nei territori di missione; la riorganizzazione delle opere; religiosi anziani; rapporto con i laici

o RC 11 ss.: le prove e le sfide della VC: la diminuzione; l’invecchiamento o RC 12: “Accanto allo slancio vitale, capace di testimonianza e di donazione fino al martirio, la vita consacrata

conosce anche l'insidia della mediocrità nella vita spirituale, dell'imborghesimento progressivo e della mentalità consumistica. La complessa conduzione delle opere, pur richiesta dalle nuove esigenze sociali e dalle normative degli Stati, insieme alla tentazione dell'efficientismo e dell'attivismo, rischiano di offuscare l'originalità evangelica e di indebolire le motivazioni spirituali. Il prevalere di progetti personali su quelli comunitari può intaccare profondamente la comunione della fraternità”.

o RC 20: “Soltanto la consapevolezza di essere oggetto di un amore infinito può aiutare a superare ogni difficoltà personale e dell'Istituto. Le persone consacrate non potranno essere creative, capaci di rinnovare l'Istituto e aprire nuove vie di pastorale, se non si sentono animate da questo amore. È questo amore che rende forti e coraggiosi, che infonde ardimento e fa tutto osare.”

o RC 27 (tutto il numero): il volto di Cristo nella prova

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PdV 37: le crisi sacerdotali: “Il contesto culturale ora ricordato, il cui influsso non è assente tra gli stessi cristiani e specialmente tra i giovani, aiuta a comprendere il diffondersi della crisi delle stesse vocazioni sacerdotali, originate e accompagnate da più radicali crisi di fede. Lo hanno dichiarato esplicitamente i Padri sinodali, riconoscendo che la crisi delle vocazioni al presbiterato ha profonde radici nell'ambiente culturale e nella mentalità e prassi dei cristiani”.

Fra Lindor Alcides Tofful, ofmconv. Segretario Generale per la Formazione

Membro del Comitato Esecutivo per la Revisione delle Costituzioni

Convento “S. Antonio alle Terme” (Vigna) Roma, 15 ottobre 2009