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MERCOLEDÌ 23 MAGGIO 2018 primo piano .5 La festa religiosa del quartiere Noce nelle mani della mafia: undici arresti I l 23 maggio 1992, lungo l’autostrada che porta dall’aeroporto di Punta Rai- si a Palermo, all’altezza dello svincolo per Capaci, il tritolo faceva innalzare e – subito dopo – sprofondare una lunghis- sima lingua d’asfalto, come quando un terremoto tremendo spacca la terra e in- gurgita ogni cosa che gli si para davanti. Con l’asfalto volarono anche le automobi- li blindate in cui viaggiavano Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e la sua scorta. Una strage: morti sul colpo Francesca, anche lei magistrato, e gli a- genti Antonio Montinaro, Rocco Dicilio, Vito Schifani. L’ultimo a spirare il giudice, nelle braccia dei soccorritori. Tra le la- miere incandescenti rimasero feriti gli a- genti Paolo Capuzza, Angelo Corbo e Ga- spare Cervello, assieme all’autista Giu- seppe Costanza. Una sorta di litania del dolore, scandita con timbro orante dal cardinale Salvatore Pappalardo, sull’altare di San Domenico, il giorno del funerale. Ad essa fa da sini- stro controcanto la lista nera dei mafiosi, esecutori e mandanti (anche quelli che sinora forse non sono stati ancora rag- giunti da una giusta punizione), che ordi- rono quell’attentato. Troppo onore sareb- be rievocare qui anche i loro nomi, molti dei quali sono del resto sottolineati nelle carte processuali e risuonano nella conta che i secondini fanno ogni mattina nelle carceri di mezz’Italia. Falcone non è esplicitamente citato nella lettera che i vescovi siciliani hanno distribuito con le loro stesse mani, scen- dendo in mezzo alla folla dei fedeli radu- nati per la messa, all’ombra del Tempio della Concordia, lo scorso 9 maggio, a venticinque anni dal “grido agrigentino” di san Giovanni Paolo II. Ma la sua foto- grafia, che lo ritrae sorridente accanto a Paolo Borsellino, spicca tra le pagine della lettera, insieme alle foto di altre vittime della mafia, come Peppino Impastato, Piersanti Mattarella e don Pino Puglisi. Di certo, dunque, anche a lui e ai suoi assas- sini hanno pensato i pastori delle diocesi siciliane nel prolungare l’appello alla con- versione che il papa polacco rivolse ai mafiosi dell’Isola nella Valle dei Templi: «È la conversione la meta verso cui tutti dobbiamo puntare e verso cui anche i ma- fiosi devono avere l’umiltà e il coraggio di muovere i loro passi. Una conversione sincera, sperimentata in prima persona e in intima relazione con il Signore. Ma non intimistica, bensì vissuta secondo le rego- le penitenziali della Chiesa e i cui frutti di vita nuova siano inequivocabilmente percepibili e pubblicamente visibili». Sono parole – queste dei vescovi sicilia- ni – che riecheggiano la straziante pre- ghiera singhiozzata dalla moglie di uno dei poliziotti morti con Falcone ventisei anni fa: «Io, Rosaria Costa, vedova dell’a- gente Vito Schifani (mio), battezzata nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, a nome di tutti coloro che hanno dato la vita per lo Stato (lo Stato…), chie- do innanzitutto che venga fatta giustizia. Adesso, rivolgendomi agli uomini della mafia (perché ci sono qua dentro e non), ma certamente non cristiani, sappiate che anche per voi c’è possibilità di per- dono (io vi perdono, però vi dovete met- tere in ginocchio), se avete il coraggio di cambiare (ma loro non vogliono cam- biare loro, loro non cambiano), di cam- biare radicalmente i vostri progetti, pro- getti mortali che avete. Tornate a essere cristiani. Per questo preghiamo nel no- me del Signore che ha detto sulla croce: ‘Padre perdona loro perché loro non lo sanno quello che fanno’. Pertanto vi chiediamo, per la nostra città di Palermo (o Signore, non ce la faccio), che avete reso città di sangue (troppo sangue), di operare anche voi per la pace, la giusti- zia, la speranza e l’amore per tutti (ma non c’è amore, non ce n’è amore qui, non c’è amore per niente!». Parole che già allora annunciavano la possibilità del perdono e la necessità del- la conversione. I vescovi siciliani di certo se le sono ricordate, mentre redigevano la loro lettera, lasciandosi interpellare an- che dalle aggiunte (le espressioni tra pa- rentesi) fatte da Rosaria al testo scritto della preghiera che, sorretta da un suo amico sacerdote, lesse durante la liturgia esequiale. La speranza è che, una buona volta, se ne lascino scuotere e convincere pure i mafiosi. LEONE ZINGALES PALERMO. Chiesa e mafia. Ancora una volta l’equazione che sembra- va impossibile, si è materializzata a Palermo. I clan hanno fatto brec- cia nel quartiere della Noce per la gestione di una festa religiosa che serviva a raccogliere le offerte dei fedeli per finanziare i soldati della cosca finiti in carcere. L’ex parroco della chiesa del Sacro Cuore di via Noce, padre Antonino Benvenuto - in pensione da pochi mesi, dopo 15 anni trascorsi alla guida della parrocchia - nel settembre 2015 diede il proprio consenso allo svolgimento della festa, dopo le pressioni di due uomini del “fami- glia” mafiosa di riferimento, Calo- gero Cusumano detto Gino ‘U Pa- nillaru e Salvatore Pecoraro. Nel- l’ambito dell’indagine della Squa- dra mobile di Palermo ben 18 per- sone sono finite sul registro degli indagati e di queste, undici, sono finite agli arresti. Tra coloro che sono stati colpiti da un’ordine d’arresto figura un 48enne indica- to come il boss emergente del quartiere, Giovanni Musso. La festa del Sacro Cuore di Gesù si era interrotta per un anno, nel 2015, perché il suo storico orga- nizzatore era finito nelle patrie ga- lere. Gestore di un supermercato in piazza Noce, era stato arrestato nel quadro di una indagine della Dda per mafia ed estorsione. Don Antonino aveva resistito per qualche alle pressioni di Cusu- mano e Pecoraro, ma aveva finito per cedere quando era intervenu- to il titolare di un patronato della Noce e presidente della confrater- nita del Sacro Cuore. Le parole u- sate dall’uomo per ottenere il sì del frate furono semplici e convin- centi: «Non è il caso di metterci in contrasto con l'ambiente della No- ce, meglio firmare l’autorizzazio- ne alla festa». Passarono pochi giorni e padre Benvenuto appose la sua firma nel documento. «Il parroco, che non è indagato, non ha collaborato subito con le forze dell’ordine - ha spiegato il capo della Squadra mobile di Pa- lermo Rodolfo Ruperti - per via dei condizionamenti che subiva. Sol- tanto dopo ha confermato quanto noi avevamo ricostruito». La festa di quartiere è stata poi effettuata secondo i programmi degli organizzatori. Sono state ac- quistate luminarie ed è stata irra- diata tanta buona musica. Durante i festeggiamenti è stato richiesto un «obolo» ai titolari delle banca- relle, denaro destinato alle fami- glie dei detenuti. Nel corso della manifestazione sono stati evocati gli uomini in carcere, ai quali i par- tecipanti rivolgevano simbolici saluti, mentre Musso partecipava alla festa. Il nuovo capocosca, an- che se con un ruolo piuttosto mar- ginale, aveva fatto parte del grup- po di malavitosi che nel 1995 ra- piò la sede delle Poste centrali di Palermo, in via Roma. Una scalata che, gradino dopo gradino, lo ha portato ai vertici del clan della Noce. Ai suoi ordini un gruppo di “fedelissimi” che gli fa- cevano arrivare, con discrezione, le richieste che la gente del quar- tiere gli rivolgeva. Il sistema di “protezione” di cui ha goduto il ca- poclan ha reso più difficili le inda- gini della Mobile, coordinate dal procuratore Francesco Lo Voi, dal- l’aggiunto Salvo De Luca e dai pm Roberto Tartaglia, Annamaria Pi- cozzi e Amelia Luise. La centrale operativa del boss è stata localizzata in un’agenzia di scommesse in via Girolamo Brand, dove dava appuntamento alla po- polazione del quartiere; ma gli in- contri si svolgevano all’esterno e mai al chiuso, per evitare le inter- cettazioni. STASERA SU RAIUNO “PRIMA CHE LA NOTTE” DI DANIELE VICARI Il coraggio di Fava nella Catania buia degli anni Ottanta NICOLETTA TAMBERLICH ROMA. Giornalista dalla schiena drit- ta, ma anche scrittore, drammaturgo, sceneggiatore per il cinema. Non si è mai spenta la voce di Pippo Fava, 34 anni dopo il suo barbaro omicidio, freddato dalla mafia catanese con cinque colpi di pistola alla nuca. La sua storia, le sue battaglie, ma anche il suo rapporto con i giovani cui ha in- segnato tanto, rivivono in tv (stasera su Raiuno dalle 21,10) nel film tv “Prima che la notte”. A prestare il vol- to al giornalista, personaggio cari- smatico e sempre controcorrente e indomito che ha sposato la causa del- la ricerca e della denuncia pubblica della verità fino alle sue estreme con- seguenze, è uno straordinario Fabri- zio Gifuni, tra gli attori più poliedrici e intensi di questa generazione. Coprodotto da Rai Fiction con Ful- vio e Paola Lucisano il film è aperto dalle immagini di Fava che torna a Catania sulle note di “Call me di Blon- die”, stessa canzone scelta per “Ame- rican Gigolò”. «Perché siamo negli anni 80» dice il regista Daniele Vica- ri. Il film ripercorre la storia del gior- nalista fondatore della rivista “I Sici- liani”, ucciso dalla mafia il 5 gennaio 1984. Il rapporto con la moglie (Lo- renza Indovina) da cui è separato ma che continuerà a condividere il suo sogno di giustizia. Gifuni fa notare: «Fava aveva la passione e una voca- zione istintiva per raccontare le cose che vedeva. Le raccontava in maniera molto fedele, era la sua caratteristica, ma essendo un artista, uno scrittore, un drammaturgo, un pittore, era in grado di renderle profondamente in- teressanti per chiunque». «La legalità - sottolinea il fondatore di Libera, don Ciotti nel corso della presentazione a Viale Mazzini - non può essere una parola astratta, deve essere una pa- rola di vita. La legalità non deve esse- re un idolo». «Una bandiera, questa parola sventolata anche da chi la cal- pesta» dice Don Ciotti, che aggiunge: «Sono stanco di sentire dire l’etica nella professione dobbiamo parlare invece di etica come professione. De- ve essere alla base delle nostre scelte, dei noi progetti e percorsi». UN LIBRO DI FRANCESCO DELIZIOSI Il racconto del coraggio di Don Pino Puglisi PALERMO. 15 settembre 1993: nel quartiere Brancaccio, a Palermo, don Pino Puglisi viene ucciso da due sicari mentre sta rientrando a casa. È il giorno del suo 56° compleanno. “Predicava troppo” e la mafia decise di farlo stare zitto. Oggi a cinque dalla sua beatificazione come primo martire della criminalità organizzata, le parole del “sa- cerdote con il sorriso” sono ancora vive e attuali. Il libro “Se ognuno fa qualcosa si può fare molto” (Bur Rizzoli) a cura di Francesco Deli- ziosi, opera di chi l’ha conosciuto e amato, raccoglie con dedizione i suoi scritti e i suoi insegnamenti. E lo restituisce nella sua fede e nel suo impegno civile, mai disgiunti, perché “non ha senso riempirsi la bocca di belle frasi se poi alle parole non seguono i fatti”. Riflessioni “catturate” nei numerosi incontri con i ragazzi e i fedeli. Documenti (pochi), testimonianze (molte) del suo operato: da quelle dei suoi assassini – poi pentiti – ai riconoscimenti dei vertici della Chiesa. A Palermo il parroco del Sacro Cuore di Gesù aveva ceduto alle pressioni La riflessione LA CONVERSIONE UNA NECESSITÀ IL PERDONO UNA POSSIBILITÀ MASSIMO NARO E’ andato in onda ieri sera su Sky Tg24 il film “Follow the money, Giuseppe Ayala racconta il metodo Falcone”, nato da un’idea di Stefano Pistolini, Giuseppe Ayala e Claudio Corbino, con la regia di Stefano Pistolini e Massimo Salvucci. Il film sarà argomento di dibattito nell’ambito del Festival di Geopolitica, Mare Liberum, che per il secondo anno consecutivo è organizzato a Catania dalla rivista East West. L’appuntamento a Mare Liberum è per venerdì alle ore 10 nell’Aula magna del Rettorato dell’Università di Catania e vedrà la partecipazione, accanto a Giuseppe Ayala, Claudio Corbino, Stefano Pistolini, del Procuratore capo della Repubblica di Catania, Carmelo Zuccaro. Ayala e il “metodo Falcone” venerdì a Mare Liberum

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LA SICILIALUNEDÌ 22 FEBBRAIO 2016

.57la PPOLITICA

MERCOLEDÌ 23 MAGGIO 2018

primo piano4.MERCOLEDÌ 23 MAGGIO

LA SICILIALUNEDÌ 22 FEBBRAIO 2016

.57la PPOLITICA

2018

primo piano .5

Capaci 26 anni dopotra bugie e buchi neri

Resta nell’ombrail livello managerialedell’organizzazioneche ha pianificatogli attentati del 1992

«IL POOLDELLE FIAMMEGIALLE»Presentato ieripomeriggio alPalazzo digiustizia diPalermo ilvideo-documentario,intitolato “LeFiamme delPool….sulletracce deitesori di cosanostra”.L’iniziativa diricordo dellafigura diGiovanniFalcone èstatapromossadalla SezioneDistrettualepalermitanadell’AssociazioneNazionaleMagistrati edal ComandoRegionaleSicilia dellaGuardia diFinanza. Eranopresenti ilPresidentedell’AssociazioneNazionaleMagistratiFrancescoMinisci e ilComandanteGenerale dellaGuardia diFinanzaGiorgio Toschi.

LEONE ZINGALES

PALERMO. Buche neri. Mezze verità.Depistaggi. Sulle due stragi che in-sanguinarono le strade siciliane trail 23 maggio ed il 19 luglio 1992 siconosce quasi tutto degli esecutorimateriale e di un buon numero dimandanti dell’ala militare. Ma nonsi sa praticamente nulla di chi hapianificato i due attentati, di chi haordinato alla commissione regiona-le di Cosa nostra e all’ala “militare”della mafia siciliana di portare a ter-mine il più duro attacco allo statodel dopoguerra.

Sì, è vero, le indagini non si sonomai fermate. La Procura di Caltanis-setta, pur tra mille difficoltà, ha se-guito diversi filoni investigativi. Mala verità finale, quella che dovrebbeoffrirci i volti, i nomi e i cognomidella cosiddetta “zona grigia”, non èvicina. Il 23 maggio del 1992, neltratto dell’autostrada A29, da PuntaRaisi a Palermo, alle 17.58, oltrequattrocento chili di tritolo hannofatto esplodere il corteo di autoblindate (tre Fiat Croma ministeria-li). Oltre a Falcone nell’attentato so-no morti la moglie Francesca Mor-villo e gli uomini della scorta RoccoDi Cillo, Vito Schifani, Antonio Mon-tinaro. Feriti gli agenti Paolo Capuz-za, Angelo Corbo, Gaspare Cervelloe l’autista Giuseppe Costanza. Fal-cone, trasportato d’urgenza in o-spedale, è morto poco dopo le 19. Loscenario che si è presentato agli oc-chi dei primi soccorritori è stato de-vastante. La violenta esplosionecausò un’ampia voragine sull'asfal-to dell’autostrada a pochi centinaiadi metri dallo svincolo di Capaci main territorio di Isola delle Femmine.Una colonna di fumo nero e denso sialzò nel cielo e si è vista a distanza dimolti chilometri sino alle porte di

Bagheria. Per un chilometri di A29c’erano detriti e macerie. A meno didue mesi dopo, il 19 luglio del 1992,la scia di sangue è proseguita in viaMaria d’Amelio, dove gli “artificeri”di Cosa nostra hanno ucciso Paolo

Borsellino e gli uomini della scortaEmanuela Loi, Agostino Catalano,Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Co-sina e Claudio Traina.

Una prima svolta nelle indagini siè avuta nel 1993 quando la Direzio-

ne Investigativa Antimafia riuscì adindividuare e ad intercettare, nelcovo di via Ughetti a Palermo, Anto-nino Gioè e Gioacchino La Barbera, iquali nelle loro telefonate facevanoriferimento all'attentato di Capaci

(“unni ci ficimu l’attentatuni”). Do-po essere stato catturato, Gioè sitolse la vita nella sua cella del carce-re romano, forse perché aveva com-preso di essere stato localizzatomentre parlava dell'attentato di Ca-paci e faceva i nomi di alcuni “uomi-ni d’onore”. Gioè avrebbe temutouna vendetta trasversale e, una vol-ta scritta una lunga lettera, si è im-piccato e ancora oggi la sua morterimane un mistero. Santo Mario DiMatteo “mezzanasca” e GioacchinoLa Barbera hanno deciso di saltare ilfosso e di collaborare con la giusti-zia. Al giudice Caselli e ai magistratinisseni, i due mafiosi pentiti hannorivelato per primi i nomi degli altriesecutori della strage del 23 mag-gio. Per costringere Di Matteo a ri-trattare le dichiarazioni, GiovanniBrusca, Leoluca Bagarella, GiuseppeGraviano e Matteo Messina Denarohanno deciso il sequestro di Giu-seppe, il figlio dodicenne di “mez-zanasca” che è stato poi strangolatoe sciolto nell'acido dopo 779 giornidi prigionia. Malgrado ciò, Di Mat-teo ha continuato la sua collabora-zione con lo Stato. Tra il 1993 ed il1994 la Procura di Caltanissetta haaperto un secondo filone d'indagineparallelo per accertare le responsa-bilità nelle stragi di Capaci e via d'A-melio di eventuali concorrenti e-sterni all'organizzazione mafiosa. Imagistrati nisseni hanno cercato didare un nome ed un volto ai cosid-detti "mandanti occulti". Nel 2002 ilgiudice per le indagini preliminaridi Caltanissetta ha archiviato l'in-chiesta su “Alfa” e “Beta” a conclu-sione di minuziose indagini preli-minari in quanto le rivelazioni derelato non hanno trovato conferme.Nel 2013 la Procura di Caltanissettaha archiviato l'inchiesta sui “man-danti occulti” in quanto non sonostati trovati riscontri investigativi.

Oggi lo sbarco dei mille... studentiCarico di speranza nel nome di Giovanni

UN CITTADINO, NINO GIORDANO, HA ORGANIZZATO LA SINGOLARE INIZIATIVA

In un condominio dell’Albergheria esposte le foto di Falcone

FRANCO NICASTRO

PALERMO. Nel giorno della memoria un interocondominio di Palermo ricorda Giovanni Falco-ne con una mostra fotografica. «Non sono imma-gini di stragi e di delitti ma tracce di vita degliuomini che hanno lottato contro la mafia», diceNino Giordano: è lui ad avere organizzato la mo-stra ma anche una fitta sequenza di attività chehanno ormai trasformato il condominio di viaGiovanni Di Cristina 10, nel popolare quartieredell’Albergheria, in un luogo di cultura e di resi-stenza civile.

Giordano ha 84 anni. Negli anni Cinquanta fa-ceva il "proiezionista» nelle sale cinematografi-che. Come l’Alfredo di "Nuovo Cinema Paradi-so», montava le pellicole, le avvolgeva nelle «piz-ze», ricomponeva il nastro che spesso si spezza-va interrompendo la proiezione. Poi la crisi delcinema lo ha portato all’Opera universitaria (oraErsu), dove ha continuato a occuparsi di pellico-le ma anche di fotografia. E qui è cominciata lasua seconda vita come operatore culturale e co-me fotografo. Il suo obiettivo ha colto e raccon-tato la vita quotidiana, i colori e i personaggi deiquartieri popolari come il suo. Nel 1990 la svolta.

Giordano non ha avuto bisogno di allontanarsida casa, che si trova a pochi passi dal pensionatouniversitario San Saverio, e ha coinvolto l’interocondominio (55 famiglie) in un fitto programmaculturale: mostre, incontri, perfino concerti del-l’orchestra del teatro Massimo nell’androne delpalazzo che ha «un’acustica perfetta».

«Il sindaco Leoluca Orlando - dice Giordano -ha creduto in quello che facciamo e ci ha datouna mano». Ma anche la Provincia regionale, 23anni fa, organizzò con le sue foto un evento inpiazza Verdi come parte della rassegna «Le gior-nate della legalità».

PALERMO. La "Nave della Legalità", conoltre 1000 studenti a bordo, è salpataieri sera dal porto di Civitavecchia eapproderà a Palermo questa mattina.In tutta Italia saranno 70 mila gli stu-denti coinvolti nelle iniziative in me-moria della Strage di Capaci, con 7 re-gioni protagoniste, oltre alla Sicilia.Sono 700 le scuole in tutta Italia chehanno partecipato al concorso "Ange-li custodi: l’esempio del coraggio, ilvalore della memoria", indetto dalMiur, dalla Fondazione Falcone, incollaborazione con la Polizia di Stato.A Palermo oggi si terranno anche unaserie di iniziative come quelle in pro-gramma al Villaggio della Legalità, e aPiazza Magione. Le celebrazioni nel-l’Aula Bunker dell’Ucciardone di Pa-lermo, le iniziative nelle piazze e nellescuole della città, i due cortei pomeri-diani che , nel pomeriggio, confluiran-no sotto l'albero intitolato a Falcone,in via Notarbartolo, saranno il cuorepulsante di #PalermoChiamaItalia,manifestazione per commemorare igiudici Giovanni Falcone, FrancescaMorvillo, Paolo Borsellino e le donne egli uomini delle loro scorte, AgostinoCatalano, Walter Eddie Cosina, RoccoDicillo, Vincenzo Li Muli, EmanuelaLoi, Antonio Montinaro, Vito Schifani,Claudio Traina.

Durante la cerimonia, Franco Ga-brielli, Maria Falcone e Tina Montina-ro, vedova di Antonio, caposcorta delgiudice Falcone, premieranno le stu-dentesse e gli studenti vincitori delconcorso "Angeli custodi: l’esempiodel coraggio, il valore della memoria»,

mentre il coro dell’Istituto Compren-sivo «Sperone Pertini» di Palermo in-tonerà il brano rap dal titolo «In questacittà», preparato per l’occasione. I pri-mi classificati avranno l'opportunitàdi volare negli Stati Uniti, dal 23 al 30giugno, per un viaggio della legalitàtra Washington e New York che li por-terà anche a Quantico, sede dell’Acca -demia dell’FBI.

Ma tante altre saranno le manife-stazioni spontanee in tutto il Paesededicate agli uomini e alle donne dellescorte, eroi silenziosi che rischianoquotidianamente la vita.

«Da tanti anni la Fondazione - ha af-fermato Maria Falcone - ha come sco-po fondamentale quello di educare igiovani. Ogni anno andiamo nellescuole, perchè crediamo, come hasempre sosteniovanni, che per scon-figgere radicalmente la mafia occorreun salto generazionale, per un’operadi risanamento della società. Noi ab-biamo cercato di continuare a farememoria delle persone che hannocreduto in determinati valori, come ilsenso dello Stato, la giustizia, l’amoreper la patria».

Il presidente della Regione sicilianaNello Musumeci intervenendo all’Arsalla vigilia delle commemorazioni perla strage di Capaci. ha detto:«Da annidenunciamo in Sicilia l'industria del-l’antimafia, un circolo vizioso, unacorte di privilegiati che pensava di u-sare l’antimafia come salvacondottoper le proprie carriere, imprenditoria-li e politiche».

L. Z.

CLAUDIO FAVAAL GIARDINODELLA MEMORIAIl presidente dellaCommissioneregionaleantimafia ClaudioFava, haomaggiato tuttele vittime dellamafia nel Giardinodella Memoria divia Ciaculli aPalermo, gestitoda Unci e Anm

Il «no» allemafieverràinoltrerilanciatoin 10regioni

MAXIPROCESSOLA SENTENZAMaxiprocesso diPalermo è ladenominazioneche fu data, alivellogiornalistico, adun processopenalecelebrato aPalermo percrimini dimafiatra cuiomicidio,traffico distupefacenti,estorsione,associazionemafiosa e altri.Durò dal 10febbraio 1986(giorno di iniziodel processo diprimo grado) al30 gennaio1992 (giornodella sentenzafinale, il terzogrado digiudizio, dellaCorte diCassazione).Tuttavia spessopermaxiprocesso siintende il soloprocesso diprimo grado,durato fino al 16dicembre 1987.Il processo diprimo grado siconcluse conpesanticondanne: 19ergastoli

La giornata della legalità

LE CELEBRAZIONI ISTITUZIONALI. APPUNTAMENTO NELL’AULA BUNKER

La festa religiosa del quartiere Nocenelle mani della mafia: undici arresti

Il 23 maggio 1992, lungo l’autostradache porta dall’aeroporto di Punta Rai-si a Palermo, all’altezza dello svincoloper Capaci, il tritolo faceva innalzare e

– subito dopo – sprofondare una lunghis-sima lingua d’asfalto, come quando unterremoto tremendo spacca la terra e in-gurgita ogni cosa che gli si para davanti.Con l’asfalto volarono anche le automobi-li blindate in cui viaggiavano GiovanniFalcone, sua moglie Francesca Morvillo ela sua scorta. Una strage: morti sul colpoFrancesca, anche lei magistrato, e gli a-genti Antonio Montinaro, Rocco Dicilio,Vito Schifani. L’ultimo a spirare il giudice,nelle braccia dei soccorritori. Tra le la-miere incandescenti rimasero feriti gli a-genti Paolo Capuzza, Angelo Corbo e Ga-spare Cervello, assieme all’autista Giu-seppe Costanza.

Una sorta di litania del dolore, scanditacon timbro orante dal cardinale SalvatorePappalardo, sull’altare di San Domenico,il giorno del funerale. Ad essa fa da sini-stro controcanto la lista nera dei mafiosi,esecutori e mandanti (anche quelli chesinora forse non sono stati ancora rag-giunti da una giusta punizione), che ordi-rono quell’attentato. Troppo onore sareb-be rievocare qui anche i loro nomi, moltidei quali sono del resto sottolineati nellecarte processuali e risuonano nella contache i secondini fanno ogni mattina nellecarceri di mezz’Italia.

Falcone non è esplicitamente citatonella lettera che i vescovi siciliani hannodistribuito con le loro stesse mani, scen-dendo in mezzo alla folla dei fedeli radu-nati per la messa, all’ombra del Tempiodella Concordia, lo scorso 9 maggio, aventicinque anni dal “grido agrigentino”di san Giovanni Paolo II. Ma la sua foto-grafia, che lo ritrae sorridente accanto aPaolo Borsellino, spicca tra le pagine dellalettera, insieme alle foto di altre vittimedella mafia, come Peppino Impastato,Piersanti Mattarella e don Pino Puglisi. Dicerto, dunque, anche a lui e ai suoi assas-sini hanno pensato i pastori delle diocesisiciliane nel prolungare l’appello alla con-versione che il papa polacco rivolse aimafiosi dell’Isola nella Valle dei Templi:«È la conversione la meta verso cui tuttidobbiamo puntare e verso cui anche i ma-fiosi devono avere l’umiltà e il coraggio dimuovere i loro passi. Una conversionesincera, sperimentata in prima persona ein intima relazione con il Signore. Ma nonintimistica, bensì vissuta secondo le rego-le penitenziali della Chiesa e i cui frutti divita nuova siano inequivocabilmentepercepibili e pubblicamente visibili».

Sono parole – queste dei vescovi sicilia-ni – che riecheggiano la straziante pre-ghiera singhiozzata dalla moglie di unodei poliziotti morti con Falcone ventiseianni fa: «Io, Rosaria Costa, vedova dell’a-gente Vito Schifani (mio), battezzata nelnome del Padre, del Figlio e dello SpiritoSanto, a nome di tutti coloro che hannodato la vita per lo Stato (lo Stato…), chie-do innanzitutto che venga fatta giustizia.Adesso, rivolgendomi agli uomini dellamafia (perché ci sono qua dentro e non),ma certamente non cristiani, sappiateche anche per voi c’è possibilità di per-dono (io vi perdono, però vi dovete met-tere in ginocchio), se avete il coraggio dicambiare (ma loro non vogliono cam-biare loro, loro non cambiano), di cam-biare radicalmente i vostri progetti, pro-getti mortali che avete. Tornate a esserecristiani. Per questo preghiamo nel no-me del Signore che ha detto sulla croce:‘Padre perdona loro perché loro non losanno quello che fanno’. Pertanto vichiediamo, per la nostra città di Palermo(o Signore, non ce la faccio), che avetereso città di sangue (troppo sangue), dioperare anche voi per la pace, la giusti-zia, la speranza e l’amore per tutti (manon c’è amore, non ce n’è amore qui, nonc’è amore per niente!».

Parole che già allora annunciavano lapossibilità del perdono e la necessità del-la conversione. I vescovi siciliani di certose le sono ricordate, mentre redigevano laloro lettera, lasciandosi interpellare an-che dalle aggiunte (le espressioni tra pa-rentesi) fatte da Rosaria al testo scrittodella preghiera che, sorretta da un suoamico sacerdote, lesse durante la liturgiaesequiale. La speranza è che, una buonavolta, se ne lascino scuotere e convincerepure i mafiosi.

LEONE ZINGALES

PALERMO. Chiesa e mafia. Ancorauna volta l’equazione che sembra-va impossibile, si è materializzataa Palermo. I clan hanno fatto brec-cia nel quartiere della Noce per lagestione di una festa religiosa cheserviva a raccogliere le offerte deifedeli per finanziare i soldati dellacosca finiti in carcere. L’ex parrocodella chiesa del Sacro Cuore di viaNoce, padre Antonino Benvenuto- in pensione da pochi mesi, dopo15 anni trascorsi alla guida dellaparrocchia - nel settembre 2015diede il proprio consenso allosvolgimento della festa, dopo lepressioni di due uomini del “fami-glia” mafiosa di riferimento, Calo-gero Cusumano detto Gino ‘U Pa-nillaru e Salvatore Pecoraro. Nel-l’ambito dell’indagine della Squa-dra mobile di Palermo ben 18 per-sone sono finite sul registro degliindagati e di queste, undici, sonofinite agli arresti. Tra coloro chesono stati colpiti da un’ordined’arresto figura un 48enne indica-to come il boss emergente delquartiere, Giovanni Musso.

La festa del Sacro Cuore di Gesùsi era interrotta per un anno, nel2015, perché il suo storico orga-nizzatore era finito nelle patrie ga-

lere. Gestore di un supermercatoin piazza Noce, era stato arrestatonel quadro di una indagine dellaDda per mafia ed estorsione.

Don Antonino aveva resistitoper qualche alle pressioni di Cusu-mano e Pecoraro, ma aveva finitoper cedere quando era intervenu-to il titolare di un patronato dellaNoce e presidente della confrater-nita del Sacro Cuore. Le parole u-

sate dall’uomo per ottenere il sìdel frate furono semplici e convin-centi: «Non è il caso di metterci incontrasto con l'ambiente della No-ce, meglio firmare l’autorizzazio-ne alla festa». Passarono pochigiorni e padre Benvenuto apposela sua firma nel documento.

«Il parroco, che non è indagato,non ha collaborato subito con leforze dell’ordine - ha spiegato il

capo della Squadra mobile di Pa-lermo Rodolfo Ruperti - per via deicondizionamenti che subiva. Sol-tanto dopo ha confermato quantonoi avevamo ricostruito».

La festa di quartiere è stata poieffettuata secondo i programmidegli organizzatori. Sono state ac-quistate luminarie ed è stata irra-diata tanta buona musica. Durantei festeggiamenti è stato richiesto

un «obolo» ai titolari delle banca-relle, denaro destinato alle fami-glie dei detenuti. Nel corso dellamanifestazione sono stati evocatigli uomini in carcere, ai quali i par-tecipanti rivolgevano simbolicisaluti, mentre Musso partecipavaalla festa. Il nuovo capocosca, an-che se con un ruolo piuttosto mar-ginale, aveva fatto parte del grup-po di malavitosi che nel 1995 ra-piò la sede delle Poste centrali diPalermo, in via Roma.

Una scalata che, gradino dopogradino, lo ha portato ai vertici delclan della Noce. Ai suoi ordini ungruppo di “fedelissimi” che gli fa-cevano arrivare, con discrezione,le richieste che la gente del quar-tiere gli rivolgeva. Il sistema di“protezione” di cui ha goduto il ca-poclan ha reso più difficili le inda-gini della Mobile, coordinate dalprocuratore Francesco Lo Voi, dal-l’aggiunto Salvo De Luca e dai pmRoberto Tartaglia, Annamaria Pi-cozzi e Amelia Luise.

La centrale operativa del boss èstata localizzata in un’agenzia discommesse in via Girolamo Brand,dove dava appuntamento alla po-polazione del quartiere; ma gli in-contri si svolgevano all’esterno emai al chiuso, per evitare le inter-cettazioni.

STASERA SU RAIUNO “PRIMA CHE LA NOTTE” DI DANIELE VICARI

Il coraggio di Fava nella Catania buia degli anni OttantaNICOLETTA TAMBERLICH

ROMA. Giornalista dalla schiena drit-ta, ma anche scrittore, drammaturgo,sceneggiatore per il cinema. Non si èmai spenta la voce di Pippo Fava, 34anni dopo il suo barbaro omicidio,freddato dalla mafia catanese concinque colpi di pistola alla nuca. Lasua storia, le sue battaglie, ma ancheil suo rapporto con i giovani cui ha in-segnato tanto, rivivono in tv (staserasu Raiuno dalle 21,10) nel film tv“Prima che la notte”. A prestare il vol-to al giornalista, personaggio cari-smatico e sempre controcorrente eindomito che ha sposato la causa del-la ricerca e della denuncia pubblicadella verità fino alle sue estreme con-seguenze, è uno straordinario Fabri-zio Gifuni, tra gli attori più poliedricie intensi di questa generazione.

Coprodotto da Rai Fiction con Ful-vio e Paola Lucisano il film è aperto

dalle immagini di Fava che torna aCatania sulle note di “Call me di Blon-die”, stessa canzone scelta per “Ame-rican Gigolò”. «Perché siamo neglianni 80» dice il regista Daniele Vica-ri.

Il film ripercorre la storia del gior-nalista fondatore della rivista “I Sici-liani”, ucciso dalla mafia il 5 gennaio1984. Il rapporto con la moglie (Lo-

renza Indovina) da cui è separato mache continuerà a condividere il suosogno di giustizia. Gifuni fa notare:«Fava aveva la passione e una voca-zione istintiva per raccontare le coseche vedeva. Le raccontava in manieramolto fedele, era la sua caratteristica,ma essendo un artista, uno scrittore,un drammaturgo, un pittore, era ingrado di renderle profondamente in-teressanti per chiunque». «La legalità- sottolinea il fondatore di Libera, donCiotti nel corso della presentazione aViale Mazzini - non può essere unaparola astratta, deve essere una pa-rola di vita. La legalità non deve esse-re un idolo». «Una bandiera, questaparola sventolata anche da chi la cal-pesta» dice Don Ciotti, che aggiunge:«Sono stanco di sentire dire l’eticanella professione dobbiamo parlareinvece di etica come professione. De-ve essere alla base delle nostre scelte,dei noi progetti e percorsi».

UN LIBRO DI FRANCESCO DELIZIOSI

Il racconto del coraggio di Don Pino PuglisiPALERMO. 15 settembre 1993: nel quartiere Brancaccio, a Palermo,don Pino Puglisi viene ucciso da due sicari mentre sta rientrando acasa. È il giorno del suo 56° compleanno. “Predicava troppo” e lamafia decise di farlo stare zitto. Oggi a cinque dalla sua beatificazionecome primo martire della criminalità organizzata, le parole del “sa-cerdote con il sorriso” sono ancora vive e attuali. Il libro “Se ognunofa qualcosa si può fare molto” (Bur Rizzoli) a cura di Francesco Deli-ziosi, opera di chi l’ha conosciuto e amato, raccoglie con dedizione isuoi scritti e i suoi insegnamenti. E lo restituisce nella sua fede e nelsuo impegno civile, mai disgiunti, perché “non ha senso riempirsi labocca di belle frasi se poi alle parole non seguono i fatti”. Riflessioni“catturate” nei numerosi incontri con i ragazzi e i fedeli. Documenti(pochi), testimonianze (molte) del suo operato: da quelle dei suoiassassini – poi pentiti – ai riconoscimenti dei vertici della Chiesa.

A Palermo il parroco del Sacro Cuore di Gesù aveva ceduto alle pressioni

La riflessioneLA CONVERSIONEUNA NECESSITÀIL PERDONOUNA POSSIBILITÀ

MASSIMO NARO

LE VITTIMEDa sinistraFrancesca Morvilloe GiovanniFalcone, VitoSchifani, AntonioMontinaroe Rocco Dicillo

E’ andato in onda ieri sera su Sky Tg24 il film “Follow themoney, Giuseppe Ayala racconta il metodo Falcone”, natoda un’idea di Stefano Pistolini, Giuseppe Ayala e Claudio

Corbino, con la regia di StefanoPistolini e Massimo Salvucci. Il filmsarà argomento di dibattitonell’ambito del Festival di Geopolitica,Mare Liberum, che per il secondo annoconsecutivo è organizzato a Cataniadalla rivista East West.L’appuntamento a Mare Liberum è pervenerdì alle ore 10 nell’Aula magna del

Rettorato dell’Università di Catania e vedrà lapartecipazione, accanto a Giuseppe Ayala, ClaudioCorbino, Stefano Pistolini, del Procuratore capo dellaRepubblica di Catania, Carmelo Zuccaro.

Ayala e il “metodo Falcone”venerdì a Mare Liberum

Page 2: La festa religiosa del quartiere Noce nelle mani della ...€¦ · della Memoria di via Ciaculli a Palermo, gestito da Unci e Anm Il no alle mafie verr¿ inoltre rilanciato in 10

LA SICILIALUNEDÌ 22 FEBBRAIO 2016

.57la PPOLITICA

MERCOLEDÌ 23 MAGGIO 2018

primo piano4.MERCOLEDÌ 23 MAGGIO

LA SICILIALUNEDÌ 22 FEBBRAIO 2016

.57la PPOLITICA

2018

primo piano .5

Capaci 26 anni dopotra bugie e buchi neri

Resta nell’ombrail livello managerialedell’organizzazioneche ha pianificatogli attentati del 1992

«IL POOLDELLE FIAMMEGIALLE»Presentato ieripomeriggio alPalazzo digiustizia diPalermo ilvideo-documentario,intitolato “LeFiamme delPool….sulletracce deitesori di cosanostra”.L’iniziativa diricordo dellafigura diGiovanniFalcone èstatapromossadalla SezioneDistrettualepalermitanadell’AssociazioneNazionaleMagistrati edal ComandoRegionaleSicilia dellaGuardia diFinanza. Eranopresenti ilPresidentedell’AssociazioneNazionaleMagistratiFrancescoMinisci e ilComandanteGenerale dellaGuardia diFinanzaGiorgio Toschi.

LEONE ZINGALES

PALERMO. Buche neri. Mezze verità.Depistaggi. Sulle due stragi che in-sanguinarono le strade siciliane trail 23 maggio ed il 19 luglio 1992 siconosce quasi tutto degli esecutorimateriale e di un buon numero dimandanti dell’ala militare. Ma nonsi sa praticamente nulla di chi hapianificato i due attentati, di chi haordinato alla commissione regiona-le di Cosa nostra e all’ala “militare”della mafia siciliana di portare a ter-mine il più duro attacco allo statodel dopoguerra.

Sì, è vero, le indagini non si sonomai fermate. La Procura di Caltanis-setta, pur tra mille difficoltà, ha se-guito diversi filoni investigativi. Mala verità finale, quella che dovrebbeoffrirci i volti, i nomi e i cognomidella cosiddetta “zona grigia”, non èvicina. Il 23 maggio del 1992, neltratto dell’autostrada A29, da PuntaRaisi a Palermo, alle 17.58, oltrequattrocento chili di tritolo hannofatto esplodere il corteo di autoblindate (tre Fiat Croma ministeria-li). Oltre a Falcone nell’attentato so-no morti la moglie Francesca Mor-villo e gli uomini della scorta RoccoDi Cillo, Vito Schifani, Antonio Mon-tinaro. Feriti gli agenti Paolo Capuz-za, Angelo Corbo, Gaspare Cervelloe l’autista Giuseppe Costanza. Fal-cone, trasportato d’urgenza in o-spedale, è morto poco dopo le 19. Loscenario che si è presentato agli oc-chi dei primi soccorritori è stato de-vastante. La violenta esplosionecausò un’ampia voragine sull'asfal-to dell’autostrada a pochi centinaiadi metri dallo svincolo di Capaci main territorio di Isola delle Femmine.Una colonna di fumo nero e denso sialzò nel cielo e si è vista a distanza dimolti chilometri sino alle porte di

Bagheria. Per un chilometri di A29c’erano detriti e macerie. A meno didue mesi dopo, il 19 luglio del 1992,la scia di sangue è proseguita in viaMaria d’Amelio, dove gli “artificeri”di Cosa nostra hanno ucciso Paolo

Borsellino e gli uomini della scortaEmanuela Loi, Agostino Catalano,Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Co-sina e Claudio Traina.

Una prima svolta nelle indagini siè avuta nel 1993 quando la Direzio-

ne Investigativa Antimafia riuscì adindividuare e ad intercettare, nelcovo di via Ughetti a Palermo, Anto-nino Gioè e Gioacchino La Barbera, iquali nelle loro telefonate facevanoriferimento all'attentato di Capaci

(“unni ci ficimu l’attentatuni”). Do-po essere stato catturato, Gioè sitolse la vita nella sua cella del carce-re romano, forse perché aveva com-preso di essere stato localizzatomentre parlava dell'attentato di Ca-paci e faceva i nomi di alcuni “uomi-ni d’onore”. Gioè avrebbe temutouna vendetta trasversale e, una vol-ta scritta una lunga lettera, si è im-piccato e ancora oggi la sua morterimane un mistero. Santo Mario DiMatteo “mezzanasca” e GioacchinoLa Barbera hanno deciso di saltare ilfosso e di collaborare con la giusti-zia. Al giudice Caselli e ai magistratinisseni, i due mafiosi pentiti hannorivelato per primi i nomi degli altriesecutori della strage del 23 mag-gio. Per costringere Di Matteo a ri-trattare le dichiarazioni, GiovanniBrusca, Leoluca Bagarella, GiuseppeGraviano e Matteo Messina Denarohanno deciso il sequestro di Giu-seppe, il figlio dodicenne di “mez-zanasca” che è stato poi strangolatoe sciolto nell'acido dopo 779 giornidi prigionia. Malgrado ciò, Di Mat-teo ha continuato la sua collabora-zione con lo Stato. Tra il 1993 ed il1994 la Procura di Caltanissetta haaperto un secondo filone d'indagineparallelo per accertare le responsa-bilità nelle stragi di Capaci e via d'A-melio di eventuali concorrenti e-sterni all'organizzazione mafiosa. Imagistrati nisseni hanno cercato didare un nome ed un volto ai cosid-detti "mandanti occulti". Nel 2002 ilgiudice per le indagini preliminaridi Caltanissetta ha archiviato l'in-chiesta su “Alfa” e “Beta” a conclu-sione di minuziose indagini preli-minari in quanto le rivelazioni derelato non hanno trovato conferme.Nel 2013 la Procura di Caltanissettaha archiviato l'inchiesta sui “man-danti occulti” in quanto non sonostati trovati riscontri investigativi.

Oggi lo sbarco dei mille... studentiCarico di speranza nel nome di Giovanni

UN CITTADINO, NINO GIORDANO, HA ORGANIZZATO LA SINGOLARE INIZIATIVA

In un condominio dell’Albergheria esposte le foto di Falcone

FRANCO NICASTRO

PALERMO. Nel giorno della memoria un interocondominio di Palermo ricorda Giovanni Falco-ne con una mostra fotografica. «Non sono imma-gini di stragi e di delitti ma tracce di vita degliuomini che hanno lottato contro la mafia», diceNino Giordano: è lui ad avere organizzato la mo-stra ma anche una fitta sequenza di attività chehanno ormai trasformato il condominio di viaGiovanni Di Cristina 10, nel popolare quartieredell’Albergheria, in un luogo di cultura e di resi-stenza civile.

Giordano ha 84 anni. Negli anni Cinquanta fa-ceva il "proiezionista» nelle sale cinematografi-che. Come l’Alfredo di "Nuovo Cinema Paradi-so», montava le pellicole, le avvolgeva nelle «piz-ze», ricomponeva il nastro che spesso si spezza-va interrompendo la proiezione. Poi la crisi delcinema lo ha portato all’Opera universitaria (oraErsu), dove ha continuato a occuparsi di pellico-le ma anche di fotografia. E qui è cominciata lasua seconda vita come operatore culturale e co-me fotografo. Il suo obiettivo ha colto e raccon-tato la vita quotidiana, i colori e i personaggi deiquartieri popolari come il suo. Nel 1990 la svolta.

Giordano non ha avuto bisogno di allontanarsida casa, che si trova a pochi passi dal pensionatouniversitario San Saverio, e ha coinvolto l’interocondominio (55 famiglie) in un fitto programmaculturale: mostre, incontri, perfino concerti del-l’orchestra del teatro Massimo nell’androne delpalazzo che ha «un’acustica perfetta».

«Il sindaco Leoluca Orlando - dice Giordano -ha creduto in quello che facciamo e ci ha datouna mano». Ma anche la Provincia regionale, 23anni fa, organizzò con le sue foto un evento inpiazza Verdi come parte della rassegna «Le gior-nate della legalità».

PALERMO. La "Nave della Legalità", conoltre 1000 studenti a bordo, è salpataieri sera dal porto di Civitavecchia eapproderà a Palermo questa mattina.In tutta Italia saranno 70 mila gli stu-denti coinvolti nelle iniziative in me-moria della Strage di Capaci, con 7 re-gioni protagoniste, oltre alla Sicilia.Sono 700 le scuole in tutta Italia chehanno partecipato al concorso "Ange-li custodi: l’esempio del coraggio, ilvalore della memoria", indetto dalMiur, dalla Fondazione Falcone, incollaborazione con la Polizia di Stato.A Palermo oggi si terranno anche unaserie di iniziative come quelle in pro-gramma al Villaggio della Legalità, e aPiazza Magione. Le celebrazioni nel-l’Aula Bunker dell’Ucciardone di Pa-lermo, le iniziative nelle piazze e nellescuole della città, i due cortei pomeri-diani che , nel pomeriggio, confluiran-no sotto l'albero intitolato a Falcone,in via Notarbartolo, saranno il cuorepulsante di #PalermoChiamaItalia,manifestazione per commemorare igiudici Giovanni Falcone, FrancescaMorvillo, Paolo Borsellino e le donne egli uomini delle loro scorte, AgostinoCatalano, Walter Eddie Cosina, RoccoDicillo, Vincenzo Li Muli, EmanuelaLoi, Antonio Montinaro, Vito Schifani,Claudio Traina.

Durante la cerimonia, Franco Ga-brielli, Maria Falcone e Tina Montina-ro, vedova di Antonio, caposcorta delgiudice Falcone, premieranno le stu-dentesse e gli studenti vincitori delconcorso "Angeli custodi: l’esempiodel coraggio, il valore della memoria»,

mentre il coro dell’Istituto Compren-sivo «Sperone Pertini» di Palermo in-tonerà il brano rap dal titolo «In questacittà», preparato per l’occasione. I pri-mi classificati avranno l'opportunitàdi volare negli Stati Uniti, dal 23 al 30giugno, per un viaggio della legalitàtra Washington e New York che li por-terà anche a Quantico, sede dell’Acca -demia dell’FBI.

Ma tante altre saranno le manife-stazioni spontanee in tutto il Paesededicate agli uomini e alle donne dellescorte, eroi silenziosi che rischianoquotidianamente la vita.

«Da tanti anni la Fondazione - ha af-fermato Maria Falcone - ha come sco-po fondamentale quello di educare igiovani. Ogni anno andiamo nellescuole, perchè crediamo, come hasempre sosteniovanni, che per scon-figgere radicalmente la mafia occorreun salto generazionale, per un’operadi risanamento della società. Noi ab-biamo cercato di continuare a farememoria delle persone che hannocreduto in determinati valori, come ilsenso dello Stato, la giustizia, l’amoreper la patria».

Il presidente della Regione sicilianaNello Musumeci intervenendo all’Arsalla vigilia delle commemorazioni perla strage di Capaci. ha detto:«Da annidenunciamo in Sicilia l'industria del-l’antimafia, un circolo vizioso, unacorte di privilegiati che pensava di u-sare l’antimafia come salvacondottoper le proprie carriere, imprenditoria-li e politiche».

L. Z.

CLAUDIO FAVAAL GIARDINODELLA MEMORIAIl presidente dellaCommissioneregionaleantimafia ClaudioFava, haomaggiato tuttele vittime dellamafia nel Giardinodella Memoria divia Ciaculli aPalermo, gestitoda Unci e Anm

Il «no» allemafieverràinoltrerilanciatoin 10regioni

MAXIPROCESSOLA SENTENZAMaxiprocesso diPalermo è ladenominazioneche fu data, alivellogiornalistico, adun processopenalecelebrato aPalermo percrimini dimafiatra cuiomicidio,traffico distupefacenti,estorsione,associazionemafiosa e altri.Durò dal 10febbraio 1986(giorno di iniziodel processo diprimo grado) al30 gennaio1992 (giornodella sentenzafinale, il terzogrado digiudizio, dellaCorte diCassazione).Tuttavia spessopermaxiprocesso siintende il soloprocesso diprimo grado,durato fino al 16dicembre 1987.Il processo diprimo grado siconcluse conpesanticondanne: 19ergastoli

La giornata della legalità

LE CELEBRAZIONI ISTITUZIONALI. APPUNTAMENTO NELL’AULA BUNKER

La festa religiosa del quartiere Nocenelle mani della mafia: undici arresti

Il 23 maggio 1992, lungo l’autostradache porta dall’aeroporto di Punta Rai-si a Palermo, all’altezza dello svincoloper Capaci, il tritolo faceva innalzare e

– subito dopo – sprofondare una lunghis-sima lingua d’asfalto, come quando unterremoto tremendo spacca la terra e in-gurgita ogni cosa che gli si para davanti.Con l’asfalto volarono anche le automobi-li blindate in cui viaggiavano GiovanniFalcone, sua moglie Francesca Morvillo ela sua scorta. Una strage: morti sul colpoFrancesca, anche lei magistrato, e gli a-genti Antonio Montinaro, Rocco Dicilio,Vito Schifani. L’ultimo a spirare il giudice,nelle braccia dei soccorritori. Tra le la-miere incandescenti rimasero feriti gli a-genti Paolo Capuzza, Angelo Corbo e Ga-spare Cervello, assieme all’autista Giu-seppe Costanza.

Una sorta di litania del dolore, scanditacon timbro orante dal cardinale SalvatorePappalardo, sull’altare di San Domenico,il giorno del funerale. Ad essa fa da sini-stro controcanto la lista nera dei mafiosi,esecutori e mandanti (anche quelli chesinora forse non sono stati ancora rag-giunti da una giusta punizione), che ordi-rono quell’attentato. Troppo onore sareb-be rievocare qui anche i loro nomi, moltidei quali sono del resto sottolineati nellecarte processuali e risuonano nella contache i secondini fanno ogni mattina nellecarceri di mezz’Italia.

Falcone non è esplicitamente citatonella lettera che i vescovi siciliani hannodistribuito con le loro stesse mani, scen-dendo in mezzo alla folla dei fedeli radu-nati per la messa, all’ombra del Tempiodella Concordia, lo scorso 9 maggio, aventicinque anni dal “grido agrigentino”di san Giovanni Paolo II. Ma la sua foto-grafia, che lo ritrae sorridente accanto aPaolo Borsellino, spicca tra le pagine dellalettera, insieme alle foto di altre vittimedella mafia, come Peppino Impastato,Piersanti Mattarella e don Pino Puglisi. Dicerto, dunque, anche a lui e ai suoi assas-sini hanno pensato i pastori delle diocesisiciliane nel prolungare l’appello alla con-versione che il papa polacco rivolse aimafiosi dell’Isola nella Valle dei Templi:«È la conversione la meta verso cui tuttidobbiamo puntare e verso cui anche i ma-fiosi devono avere l’umiltà e il coraggio dimuovere i loro passi. Una conversionesincera, sperimentata in prima persona ein intima relazione con il Signore. Ma nonintimistica, bensì vissuta secondo le rego-le penitenziali della Chiesa e i cui frutti divita nuova siano inequivocabilmentepercepibili e pubblicamente visibili».

Sono parole – queste dei vescovi sicilia-ni – che riecheggiano la straziante pre-ghiera singhiozzata dalla moglie di unodei poliziotti morti con Falcone ventiseianni fa: «Io, Rosaria Costa, vedova dell’a-gente Vito Schifani (mio), battezzata nelnome del Padre, del Figlio e dello SpiritoSanto, a nome di tutti coloro che hannodato la vita per lo Stato (lo Stato…), chie-do innanzitutto che venga fatta giustizia.Adesso, rivolgendomi agli uomini dellamafia (perché ci sono qua dentro e non),ma certamente non cristiani, sappiateche anche per voi c’è possibilità di per-dono (io vi perdono, però vi dovete met-tere in ginocchio), se avete il coraggio dicambiare (ma loro non vogliono cam-biare loro, loro non cambiano), di cam-biare radicalmente i vostri progetti, pro-getti mortali che avete. Tornate a esserecristiani. Per questo preghiamo nel no-me del Signore che ha detto sulla croce:‘Padre perdona loro perché loro non losanno quello che fanno’. Pertanto vichiediamo, per la nostra città di Palermo(o Signore, non ce la faccio), che avetereso città di sangue (troppo sangue), dioperare anche voi per la pace, la giusti-zia, la speranza e l’amore per tutti (manon c’è amore, non ce n’è amore qui, nonc’è amore per niente!».

Parole che già allora annunciavano lapossibilità del perdono e la necessità del-la conversione. I vescovi siciliani di certose le sono ricordate, mentre redigevano laloro lettera, lasciandosi interpellare an-che dalle aggiunte (le espressioni tra pa-rentesi) fatte da Rosaria al testo scrittodella preghiera che, sorretta da un suoamico sacerdote, lesse durante la liturgiaesequiale. La speranza è che, una buonavolta, se ne lascino scuotere e convincerepure i mafiosi.

LEONE ZINGALES

PALERMO. Chiesa e mafia. Ancorauna volta l’equazione che sembra-va impossibile, si è materializzataa Palermo. I clan hanno fatto brec-cia nel quartiere della Noce per lagestione di una festa religiosa cheserviva a raccogliere le offerte deifedeli per finanziare i soldati dellacosca finiti in carcere. L’ex parrocodella chiesa del Sacro Cuore di viaNoce, padre Antonino Benvenuto- in pensione da pochi mesi, dopo15 anni trascorsi alla guida dellaparrocchia - nel settembre 2015diede il proprio consenso allosvolgimento della festa, dopo lepressioni di due uomini del “fami-glia” mafiosa di riferimento, Calo-gero Cusumano detto Gino ‘U Pa-nillaru e Salvatore Pecoraro. Nel-l’ambito dell’indagine della Squa-dra mobile di Palermo ben 18 per-sone sono finite sul registro degliindagati e di queste, undici, sonofinite agli arresti. Tra coloro chesono stati colpiti da un’ordined’arresto figura un 48enne indica-to come il boss emergente delquartiere, Giovanni Musso.

La festa del Sacro Cuore di Gesùsi era interrotta per un anno, nel2015, perché il suo storico orga-nizzatore era finito nelle patrie ga-

lere. Gestore di un supermercatoin piazza Noce, era stato arrestatonel quadro di una indagine dellaDda per mafia ed estorsione.

Don Antonino aveva resistitoper qualche alle pressioni di Cusu-mano e Pecoraro, ma aveva finitoper cedere quando era intervenu-to il titolare di un patronato dellaNoce e presidente della confrater-nita del Sacro Cuore. Le parole u-

sate dall’uomo per ottenere il sìdel frate furono semplici e convin-centi: «Non è il caso di metterci incontrasto con l'ambiente della No-ce, meglio firmare l’autorizzazio-ne alla festa». Passarono pochigiorni e padre Benvenuto apposela sua firma nel documento.

«Il parroco, che non è indagato,non ha collaborato subito con leforze dell’ordine - ha spiegato il

capo della Squadra mobile di Pa-lermo Rodolfo Ruperti - per via deicondizionamenti che subiva. Sol-tanto dopo ha confermato quantonoi avevamo ricostruito».

La festa di quartiere è stata poieffettuata secondo i programmidegli organizzatori. Sono state ac-quistate luminarie ed è stata irra-diata tanta buona musica. Durantei festeggiamenti è stato richiesto

un «obolo» ai titolari delle banca-relle, denaro destinato alle fami-glie dei detenuti. Nel corso dellamanifestazione sono stati evocatigli uomini in carcere, ai quali i par-tecipanti rivolgevano simbolicisaluti, mentre Musso partecipavaalla festa. Il nuovo capocosca, an-che se con un ruolo piuttosto mar-ginale, aveva fatto parte del grup-po di malavitosi che nel 1995 ra-piò la sede delle Poste centrali diPalermo, in via Roma.

Una scalata che, gradino dopogradino, lo ha portato ai vertici delclan della Noce. Ai suoi ordini ungruppo di “fedelissimi” che gli fa-cevano arrivare, con discrezione,le richieste che la gente del quar-tiere gli rivolgeva. Il sistema di“protezione” di cui ha goduto il ca-poclan ha reso più difficili le inda-gini della Mobile, coordinate dalprocuratore Francesco Lo Voi, dal-l’aggiunto Salvo De Luca e dai pmRoberto Tartaglia, Annamaria Pi-cozzi e Amelia Luise.

La centrale operativa del boss èstata localizzata in un’agenzia discommesse in via Girolamo Brand,dove dava appuntamento alla po-polazione del quartiere; ma gli in-contri si svolgevano all’esterno emai al chiuso, per evitare le inter-cettazioni.

STASERA SU RAIUNO “PRIMA CHE LA NOTTE” DI DANIELE VICARI

Il coraggio di Fava nella Catania buia degli anni OttantaNICOLETTA TAMBERLICH

ROMA. Giornalista dalla schiena drit-ta, ma anche scrittore, drammaturgo,sceneggiatore per il cinema. Non si èmai spenta la voce di Pippo Fava, 34anni dopo il suo barbaro omicidio,freddato dalla mafia catanese concinque colpi di pistola alla nuca. Lasua storia, le sue battaglie, ma ancheil suo rapporto con i giovani cui ha in-segnato tanto, rivivono in tv (staserasu Raiuno dalle 21,10) nel film tv“Prima che la notte”. A prestare il vol-to al giornalista, personaggio cari-smatico e sempre controcorrente eindomito che ha sposato la causa del-la ricerca e della denuncia pubblicadella verità fino alle sue estreme con-seguenze, è uno straordinario Fabri-zio Gifuni, tra gli attori più poliedricie intensi di questa generazione.

Coprodotto da Rai Fiction con Ful-vio e Paola Lucisano il film è aperto

dalle immagini di Fava che torna aCatania sulle note di “Call me di Blon-die”, stessa canzone scelta per “Ame-rican Gigolò”. «Perché siamo neglianni 80» dice il regista Daniele Vica-ri.

Il film ripercorre la storia del gior-nalista fondatore della rivista “I Sici-liani”, ucciso dalla mafia il 5 gennaio1984. Il rapporto con la moglie (Lo-

renza Indovina) da cui è separato mache continuerà a condividere il suosogno di giustizia. Gifuni fa notare:«Fava aveva la passione e una voca-zione istintiva per raccontare le coseche vedeva. Le raccontava in manieramolto fedele, era la sua caratteristica,ma essendo un artista, uno scrittore,un drammaturgo, un pittore, era ingrado di renderle profondamente in-teressanti per chiunque». «La legalità- sottolinea il fondatore di Libera, donCiotti nel corso della presentazione aViale Mazzini - non può essere unaparola astratta, deve essere una pa-rola di vita. La legalità non deve esse-re un idolo». «Una bandiera, questaparola sventolata anche da chi la cal-pesta» dice Don Ciotti, che aggiunge:«Sono stanco di sentire dire l’eticanella professione dobbiamo parlareinvece di etica come professione. De-ve essere alla base delle nostre scelte,dei noi progetti e percorsi».

UN LIBRO DI FRANCESCO DELIZIOSI

Il racconto del coraggio di Don Pino PuglisiPALERMO. 15 settembre 1993: nel quartiere Brancaccio, a Palermo,don Pino Puglisi viene ucciso da due sicari mentre sta rientrando acasa. È il giorno del suo 56° compleanno. “Predicava troppo” e lamafia decise di farlo stare zitto. Oggi a cinque dalla sua beatificazionecome primo martire della criminalità organizzata, le parole del “sa-cerdote con il sorriso” sono ancora vive e attuali. Il libro “Se ognunofa qualcosa si può fare molto” (Bur Rizzoli) a cura di Francesco Deli-ziosi, opera di chi l’ha conosciuto e amato, raccoglie con dedizione isuoi scritti e i suoi insegnamenti. E lo restituisce nella sua fede e nelsuo impegno civile, mai disgiunti, perché “non ha senso riempirsi labocca di belle frasi se poi alle parole non seguono i fatti”. Riflessioni“catturate” nei numerosi incontri con i ragazzi e i fedeli. Documenti(pochi), testimonianze (molte) del suo operato: da quelle dei suoiassassini – poi pentiti – ai riconoscimenti dei vertici della Chiesa.

A Palermo il parroco del Sacro Cuore di Gesù aveva ceduto alle pressioni

La riflessioneLA CONVERSIONEUNA NECESSITÀIL PERDONOUNA POSSIBILITÀ

MASSIMO NARO

LE VITTIMEDa sinistraFrancesca Morvilloe GiovanniFalcone, VitoSchifani, AntonioMontinaroe Rocco Dicillo

E’ andato in onda ieri sera su Sky Tg24 il film “Follow themoney, Giuseppe Ayala racconta il metodo Falcone”, natoda un’idea di Stefano Pistolini, Giuseppe Ayala e Claudio

Corbino, con la regia di StefanoPistolini e Massimo Salvucci. Il filmsarà argomento di dibattitonell’ambito del Festival di Geopolitica,Mare Liberum, che per il secondo annoconsecutivo è organizzato a Cataniadalla rivista East West.L’appuntamento a Mare Liberum è pervenerdì alle ore 10 nell’Aula magna del

Rettorato dell’Università di Catania e vedrà lapartecipazione, accanto a Giuseppe Ayala, ClaudioCorbino, Stefano Pistolini, del Procuratore capo dellaRepubblica di Catania, Carmelo Zuccaro.

Ayala e il “metodo Falcone”venerdì a Mare Liberum