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Corriere della Sera Domenica 8 Febbraio 2015 ESTERI 17 La guerra delle tribù Iraq, Siria, Libia: le identità locali hanno un ruolo chiave nei conflitti È la crisi dello Stato-nazione E un assaggio del mondo che verrà DAL NOSTRO INVIATO AMMAN In Medio Oriente si sfasciano gli equili- bri, i confini, i parametri politici europei che avevano prevalso dalla fine dell’Impero Ottoma- no dopo la Prima guerra mondiale. Tornano a prevalere le antiche realtà tribali, i valori politici e sociali delle dimensioni regionali legate alle grandi famiglie, alle relazioni di parentela coi di- scendenti del Profeta. Lo Stato moderno così co- me importato dalla cultura occidentale è in crisi. Gli esempi si sprecano. In Iraq è da tempo una verità scontata che l’unico modo per battere i jihadisti dello Stato islamico (Isis) è tornare a co- optare le tribù sunnite di Al Anbar, la regione centrale allungata dalla capitale sino al confine con Siria e Giordania. Negli anni del terrorismo qaedista dal 2005 al 2008 furono proprio gli Abu Risha, i Dulaymi, i Tikriti e via dicendo che ac- cettarono di creare i «Comitati del Risveglio», pagati e armati dagli americani, che si batterono in prima linea. Oggi l’Isis sa bene che la sfida si consuma a casa propria, il cuore pulsante delle grandi tribù sunnite. E i suoi guerriglieri sono pronti a uccidere centinaia di giovani figli dei clan locali per costringere gli altri a restare nei loro ranghi. Nel nord del Paese le antiche tribù curde dettano il bello e cattivo tempo nelle re- gioni governate da Erbil. In Giordania proprio al- le tradizionali tribù della «sponda orientale» del Giordano è ricorso adesso re Abdallah per lan- ciare un segnale di sfida ai jihadisti. In Siria lo sfascio dello Stato vede tornare in auge le lealtà tribali, le uniche sopravvissute nel regime del terrore imposto dall’Isis. In Libia, sono le tribù che ora mettono a ferro e fuoco in battaglie in- terne quelle province prima zittite da Gheddafi. Lorenzo Cremonesi © RIPRODUZIONE RISERVATA Le linee di faglia sono quasi sempre sfruttate e attizzate da attori esterni per i propri interessi, moltiplicandone ancor più gli effetti distruttori N ei Paesi dove ancora esistono, le tribù so- no attori politici a parte intera. In alcuni casi, sono addirittura gli uni- ci attori locali capaci di azio- ne politica. La sopravvivenza delle tri- bù e, a maggior ragione, il lo- ro ruolo politico, sono di soli- to considerati retaggio di un passato remoto. Il che è vero, ma non è tutto: in una certa misura, infatti, potrebbero essere anche un’anticipazio- ne del futuro. In un mondo in cui le forme e le identità poli- tiche tradizionali sono in cri- si, altre forme e altre identità sono destinate a prenderne il posto, del tutto o in parte. La politica, come la natura, ha orrore del vuoto. La società tribale è una for- ma di organizzazione che ha occupato lunghi periodi della preistoria e della storia del- l’umanità. La forma politica dominante nell’era moderna, lo Stato-nazione, in quanto subordinazione (almeno in teoria) degli interessi partico- lari all’interesse generale, do- vrebbe averne rappresentato la negazione totale e definiti- va. Eppure non è così. La ragione è che lo Stato- nazione si è affermato nella fase di sviluppo industriale della società, quando interes- si diversi hanno dovuto trova- re un assetto condiviso per evitare di trascinare lo Stato nelle loro lotte di concorren- za senza esclusione di colpi. Moltissimi dei Paesi oggi esi- stenti sono nati prima di aver raggiunto quello stadio di sviluppo; ma i loro founding fathers hanno creduto che bastasse adottare le forme giuridiche dello Stato-nazio- ne per diventarne uno. Quel- l’eccesso di fiducia nel forma- lismo giuridico ha prodotto in quei Paesi un perenne sta- to d’instabilità, con una suc- cessione di volubili compro- messi tra interessi diversi (fe- nomeno che, nella versione italiana di fine Ottocento, ha preso il nome di trasformi- smo). Il tentativo di imporre il formalismo giuridico a Paesi in cui ancora sopravviveva l’organizzazione tribale ha dato luogo a un ibrido politi- co caratterizzato da equilibri precari tra tribù (come in Giordania), o dalla guerra tri- bale permanente (come nello Yemen), o, infine, da una sta- bilità imposta tirannicamen- te da una tribù (come in Ara- bia Saudita e nella Libia di Gheddafi) o da una coalizio- ne di tribù minoritarie (come in Iraq e in Siria) sulle altre. Nella situazione interna- zionale odierna, quei proble- mi sono ingigantiti e molti- plicati. L’indebolimento ge- neralizzato dello Stato-nazio- ne ha scatenato il disinibito ritorno in auge degli interessi particolari un poco ovunque; e, dove ancora sussistono le tribù, ha suonato l’ora della rivincita, o del regolamento di vecchi conti in sospeso. Se si considera la quantità di frontiere coloniali tracciate per dividere le tribù o per metterle le une contro le al- tre, le guerre tribali in corso in Nigeria, in Mali e nella Re- pubblica centrafricana po- trebbero essere solo un as- saggio del mondo che verrà. A questo occorre aggiunge- re che le motivazioni ideolo- giche e religiose di cui quei conflitti tribali sono spesso ammantati conferiscono loro un supplemento di fanatismo e di violenza. E, soprattutto, che quelle linee di faglia sono quasi sempre sfruttate e attiz- zate da attori esterni per inte- ressi loro, moltiplicandone ulteriormente gli effetti di- struttori, a corto, medio e for- se anche a lungo termine. Per questo, le tribù conti- nueranno ad essere parte del- le relazioni internazionali an- che nel prevedibile futuro. © RIPRODUZIONE RISERVATA Ibridi L’eccesso di fiducia nel formalismo giuridico ha portato in questi Paesi un perenne stato di instabilità Fanatismo Le motivazioni religiose e ideologiche danno poi ai conflitti tribali un supplemento di fanatismo e di violenza 9 anni fa Le tribù sunnite di Al Anbar (in Iraq) crearono i «Comitati del Risveglio» anti Al Qaeda. Ora sono la chiave contro l’Isis di Manlio Graziano Al Hasakah Raqqa Aleppo Idlib Latakia Tartus Hama Homs As Suwayda Deraa Al Karak Maan Aqaba Zarqua Madaba Deir Ezzor An Nukhayb REGIONE DI AL ANBAR As Salman Al Nassiriya An Najaf Al Kut Karbala Ar Ramadi Falluja Tikrit Samarra Sinjar Dahuk Mosul Erbil As Sulaimaniyah Kirkuk Bassora Al Buçayah Ar Rufibah Akashat 150 km Tripoli Touggourt Setif Bejaia Tindouf Laghouat Wargla El Qued Costantina Annaba Oran Sidi Bel Abbes Bechar Tamanrasset Tunisi Algeri Rabat EGITTO CIAD MALI MAURITANIA MAROCCO TUNISIA NIGER Ubeidat Magiabra Awaqir Magarha Werfalla Drassa Magiabra Bani Sliman Rjoubat Oulad Sidi Sheikh Oulad Naiel Gheraba 400 km Bengasi Al Bayda Derna Tobruk Sirte Ghashir Nalut Gadamis Awbari Sabha Murzuq Al-Jawf Misurata Ajdabie Zentan Tarhouna Gharyan Zuara Bani Walid Kuwait City Bagdad Amman Damasco Beirut TURCHIA LIBANO GOLAN IRAN KUWAIT ARABIA SAUDITA GRUPPI ETNICI Arabi, arabi-berberi Berberi Tuareg Tebu Città con forti milizie Le tribù più importanti GRUPPI ETNICI Arabi sunniti Curdi Arabi sciiti Arabi cristiani Imamiti Ismailiti Drusi Turcomanni sunniti Alawiti Assiri, caldei (cristiani) Circassi IRAQ GIORDANIA SIRIA LIBIA ALGERIA La mappa Etnie e tribù: le mille identità in Medio Oriente e in Nord Africa Corriere della Sera Le tribù più importanti Jiburi Jiburi Nijlis Shammar Tikriti Zubaydi Abu Risha Ubayd Khaza’l Unizah Ghalal Al Dulaymi Hassan Dufir Mutayrat Asdi Milan Barzani Diza’I Kaka’I Talabani Jaf Kalhur Naim Turki Al Zoubi Taie Shammar Baggara Ougadat Aneza Al Damaakhla Al Muwali Al Haddadine Beni Khalid Beni Khalid Sardiah Beni Sakhr Abbad Kasasbeh Bararsha Tarauna Rwallah Al Jabal Beni Hassan

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Corriere della Sera Domenica 8 Febbraio 2015 ESTERI 17

La guerra delle tribù

Iraq, Siria, Libia: le identità locali hanno un ruolo chiave nei conflittiÈ la crisi dello Stato-nazione E un assaggio del mondo che verrà

DAL NOSTRO INVIATO

AMMAN In Medio Oriente si sfasciano gli equili-bri, i confini, i parametri politici europei cheavevano prevalso dalla fine dell’Impero Ottoma-no dopo la Prima guerra mondiale. Tornano aprevalere le antiche realtà tribali, i valori politicie sociali delle dimensioni regionali legate allegrandi famiglie, alle relazioni di parentela coi di-scendenti del Profeta. Lo Stato moderno così co-me importato dalla cultura occidentale è in crisi.

Gli esempi si sprecano. In Iraq è da tempo unaverità scontata che l’unico modo per battere i

jihadisti dello Stato islamico (Isis) è tornare a co-optare le tribù sunnite di Al Anbar, la regionecentrale allungata dalla capitale sino al confinecon Siria e Giordania. Negli anni del terrorismoqaedista dal 2005 al 2008 furono proprio gli AbuRisha, i Dulaymi, i Tikriti e via dicendo che ac-cettarono di creare i «Comitati del Risveglio»,pagati e armati dagli americani, che si batteronoin prima linea. Oggi l’Isis sa bene che la sfida siconsuma a casa propria, il cuore pulsante dellegrandi tribù sunnite. E i suoi guerriglieri sonopronti a uccidere centinaia di giovani figli dei clan locali per costringere gli altri a restare nei

loro ranghi. Nel nord del Paese le antiche tribùcurde dettano il bello e cattivo tempo nelle re-gioni governate da Erbil. In Giordania proprio al-le tradizionali tribù della «sponda orientale» delGiordano è ricorso adesso re Abdallah per lan-ciare un segnale di sfida ai jihadisti. In Siria lo sfascio dello Stato vede tornare in auge le lealtàtribali, le uniche sopravvissute nel regime delterrore imposto dall’Isis. In Libia, sono le tribùche ora mettono a ferro e fuoco in battaglie in-terne quelle province prima zittite da Gheddafi.

Lorenzo Cremonesi© RIPRODUZIONE RISERVATA

Le linee di faglia sono quasi sempre sfruttate e attizzate da attori esterni per i propri interessi, moltiplicandone ancor più gli effetti distruttori

N ei Paesi dove ancoraesistono, le tribù so-no attori politici aparte intera. In alcuni

casi, sono addirittura gli uni-ci attori locali capaci di azio-ne politica.

La sopravvivenza delle tri-bù e, a maggior ragione, il lo-ro ruolo politico, sono di soli-to considerati retaggio di unpassato remoto. Il che è vero,ma non è tutto: in una certamisura, infatti, potrebberoessere anche un’anticipazio-ne del futuro. In un mondo incui le forme e le identità poli-tiche tradizionali sono in cri-si, altre forme e altre identitàsono destinate a prenderne ilposto, del tutto o in parte. Lapolitica, come la natura, haorrore del vuoto.

La società tribale è una for-ma di organizzazione che haoccupato lunghi periodi dellapreistoria e della storia del-l’umanità. La forma politicadominante nell’era moderna,

lo Stato-nazione, in quantosubordinazione (almeno inteoria) degli interessi partico-lari all’interesse generale, do-vrebbe averne rappresentatola negazione totale e definiti-va. Eppure non è così.

La ragione è che lo Stato-nazione si è affermato nellafase di sviluppo industrialedella società, quando interes-si diversi hanno dovuto trova-re un assetto condiviso perevitare di trascinare lo Statonelle loro lotte di concorren-za senza esclusione di colpi.Moltissimi dei Paesi oggi esi-stenti sono nati prima di averraggiunto quello stadio disviluppo; ma i loro foundingfathers hanno creduto chebastasse adottare le formegiuridiche dello Stato-nazio-ne per diventarne uno. Quel-l’eccesso di fiducia nel forma-lismo giuridico ha prodottoin quei Paesi un perenne sta-to d’instabilità, con una suc-cessione di volubili compro-

messi tra interessi diversi (fe-nomeno che, nella versioneitaliana di fine Ottocento, hapreso il nome di trasformi-smo).

Il tentativo di imporre ilformalismo giuridico a Paesiin cui ancora sopravviveval’organizzazione tribale hadato luogo a un ibrido politi-co caratterizzato da equilibriprecari tra tribù (come inGiordania), o dalla guerra tri-bale permanente (come nelloYemen), o, infine, da una sta-bilità imposta tirannicamen-te da una tribù (come in Ara-bia Saudita e nella Libia diGheddafi) o da una coalizio-ne di tribù minoritarie (comein Iraq e in Siria) sulle altre.

Nella situazione interna-zionale odierna, quei proble-mi sono ingigantiti e molti-plicati. L’indebolimento ge-neralizzato dello Stato-nazio-ne ha scatenato il disinibitoritorno in auge degli interessiparticolari un poco ovunque;e, dove ancora sussistono letribù, ha suonato l’ora dellarivincita, o del regolamento

di vecchi conti in sospeso. Se si considera la quantità

di frontiere coloniali tracciateper dividere le tribù o permetterle le une contro le al-tre, le guerre tribali in corsoin Nigeria, in Mali e nella Re-pubblica centrafricana po-trebbero essere solo un as-saggio del mondo che verrà.

A questo occorre aggiunge-re che le motivazioni ideolo-giche e religiose di cui queiconflitti tribali sono spessoammantati conferiscono loroun supplemento di fanatismoe di violenza. E, soprattutto,che quelle linee di faglia sonoquasi sempre sfruttate e attiz-zate da attori esterni per inte-ressi loro, moltiplicandoneulteriormente gli effetti di-struttori, a corto, medio e for-se anche a lungo termine.

Per questo, le tribù conti-nueranno ad essere parte del-le relazioni internazionali an-che nel prevedibile futuro.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

IbridiL’eccesso di fiducia nel formalismo giuridico ha portato in questi Paesi un perenne stato di instabilità

FanatismoLe motivazioni religiose e ideologiche danno poi ai conflitti tribali un supplemento di fanatismo e di violenza

9anni fa Le tribù sunnite di Al Anbar (in Iraq) crearono i «Comitati del Risveglio» anti Al Qaeda. Ora sono la chiave contro l’Isis

di Manlio Graziano

Al Hasakah

Raqqa

Aleppo

IdlibLatakia

Tartus Hama

Homs

As SuwaydaDeraa

Al Karak

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Zarqua

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An Nukhayb

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GRUPPI ETNICI Arabi, arabi-berberi Berberi Tuareg Tebu Città con forti milizie Le tribù più importanti

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