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La festa di Santo Eustachio edited by Nerida Newbigin Paratextual material © Nerida Newbigin 2011

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La festa di Santo Eustachio

edited by

Nerida Newbigin

Paratextual material © Nerida Newbigin 2011

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Personaggi, luoghi e cose L’ANGELO che annunzia PLACIDO, chiamato poi EUSTACHIO, capitano romano IPOLITO, MARCELLO, e ALTRI SERVI GESÙ CRISTO IN FORMA DI UN CERVO col Crocifisso fra le corna LA MOGLIE di Eustachio, detta poi EUPISTA I FIGLIUOLI di Eustachio, detti poi AGABITO e TEOPISTA UN PRETE che li battezza DUE CONTADINI SCAMBRILLA e GRILLLO, due ladroni EL NOCCHIERE L’ANGELO che sostiene Eustachio nel fiume BARBARI ARMATI L’IMPERADORE ATTILIO, SCIPIONE, PUBLIO e MARIO, baroni dell’Imperadore QUATTRO COMPAGNIE di soldati CURRADO, trombetto EL PECORAIO che libera Agabito dal leone EL CONTADINO che campa Teopista dal lupo L’IMPERADORE UN BARONE dell’Imperadore PETRONE, cavaliere dell’Imperadore FAMIGLI del cavaliere UNA VOCE dal cielo ROMA LA CASA di Eustachio LA CASA del sacerdote IL MONTE dove Eustachio va a caccia IL PORTO LA CORTE dell’Imperadore, col TRONO LA PRIGIONE IL MARE UNA BARCA EGITTO IL FIUME LA CAPANNA di Eustachio EL CASTELLO de’ barbari UNA FINESTRA nel castello UN CARRO TRIONFALE con due cavalli CANI da caccia VARI LEONI e UN LUPO UN TORO di rame UNA NUGOLA che porta le anime in cielo

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a1r 8

Questa è la festa di Santo Eustachio L’ANGELO annunzia: Per dua sole cagion son l’alme tratte alla virtù degli uomini eccellenti: o per memoria delle cose fatte o per essempio de’ nostri viventi. Son queste duo cagion valide e atte di far gl’ingegni nostri intelligenti del cielo: e di qual merto è premiato chi al ben far di di Dio è ispirato.

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Se la memoria adunque de’ passati ci suole alle virtù tutti ’nfiammare, voi che qui siate a veder congregati piacciavi con silenzio d’ascoltare qua’ d’Eustachio merti sieno stati che lo feron del mondo trionfare e poi fruir con gaudio alla partita el sommo Ben nella futura vita.

a1v 24

Chiami EUSTACHIO e sua parenti facendo segni d’andare a caccia. Esca di casa e dica così: Sanza tardar nïente, o servi mia, state sù presto! A caccia voglio andare. Ringraziati sien sempre e sommi iddei che sì giocondo dì ci voglion dare. Certo felice oggi mi chiamerei se non ci abbiamo invano a ’ffaticare, pur ho speranza che con qualche effetto cacciando piglierem sommo diletto.

EUSTACHIO, volto inverso e servi, dica così: Orsù, le reti e ’ cani apparechiate! Non siate lenti: el sole ha già vestito di chiaro lume il piano, e pur tardate! Ipolito, tu par del senso uscito! Chiama e compagni tua! Presto, che fate? Tu tardi ancora e par non abbi udito!

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UNO DE’ SERVI, chiamato IPOLITO, risponde: Signor, no’ siàn parati al tuo volere: piglia ’l cammin quando t’è di piacere.

UN ALTRO DE’ SERVI dica inverso il cane che gli fugge: Te’, te’ che sarà poi? Che diavol fia? Ha’mi tu sempre di man a fuggire? Malvagio can, non vedi tu la via?

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Tu cerchi qui la tuo vita finire.

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UN ALTRO DE’ SERVI si volti a Marcello: Deh, piglia un po’, Marcel, la cagna mia. Vedi che indrieto torna e non vuol ire? S’i’ me l’acosto, i’ le potré ’nsegnare partirsi dal padrone e ’ndietro andare.

a2r 48

EUSTACHIO dica a’ servi poi che sono giunti al monte: Vedesti voi già mai, o dolci servi, ne’ tempi vostri per selve o per monti la maggior moltitudine di cervi che van pascendo qua da queste fonti? Scioglete e can che mi s’incende e nervi. Orsù, compagni, al ferir siate pronti. Lasciate a me questo maggior seguire; voi attendete a far gli altri morire.

EUSTACHIO verso el cervo che solo era fuggito in sul monte: El fuggir non ti giova alcuna cosa, o infelice cervo: alle mie mani se’ capitato, e sanza alcuna posa morto sarai in questi luoghi strani.

56

Apparisca un Crocifisso fralle corna del cervo e parli così inverso Eustachio, el quale stia spaventato: O Placido, qual fama gloriosa n’acquisterai fra gl’intelletti umani? Se di mie morte piglierai diletto pene e dolor n’arai con gran dispetto.

a2v 64

EL CERVO seguiti e Placito per grande maraviglia caggia in terra: Cervo non è quel che va’ seguitando, o Placido fedele, ma el Signore dell’universo, el qual desiderando la salute di ciascun peccatore volsi morir, nel legno dimorando della sacrata croce per amore; ma tu, ingrato di tal benefici, cerchi di darmi pene e gran supplici.

EL CERVO ancora a Placido che era caduto in terra: Placido, leva sù, già non temere, drizza al mio parlar gli orechi tuoi.

PLACIDO rispondi e rìzzisi su: Di star ritto, Signor, non ho potere. Comanda al servo tuo ciò che tu vuoi.

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72

Ubbidir la tua voglia arò piacere: so che piatà ti moverà di noi, ché sempre il nome tuo in ogni lato come ignoranti abbiàn perseguitato.

80

EL CERVO risponda a Placido: Se contro alla mia legge rebbellante per ignoranza, o Placido, se’ stato, per l’avenir sarai ferm’e costante d’ardente chiarità tutto ’nfiammato. Sempre cultor po’ delle virtù sante sara’, che ’l ver cammin t’han dimostrato nel qual chi ben vivendo retto andràe el Ciel dopo la morte fruiràe.

a3r 88

Ma converratti, o Placido, sentire prima qual sieno e frutti della vita, e caldo e freddo e sete arai a patire, con lunghi affanni infin che sia finita la trionfal corona del martire che requie ti darà nella partita, e veramente a Giobbo equal sarai e con la patientia el ciel arai.

96

Tòrnati a casa, a’ tuo figliuo’ fa’ noto e alla donna questa visïone; dipo’ n’andate tutti al sacerdoto con umil core e gran contrizïone, el quale, acciò che s’empia el vostro voto vi darà prima suo benedizione. Da quel, poi che la legge intesa arete, el battesimo santo piglierete.

Sparisca el Cervo via, e PLACIDO chiami e servi e dica così: Assai felice più che non stimiamo in questa caccia, o servi, siamo stati. Chiamate e cani e le rete stendiamo e ’nverso casa ci siàn ritornati.

104

Vada dua passi e sèguiti la stanza: Di veder la mia donna molto bramo e mill’anni mi par d’aver baciati e mie figliuoli, e consolazïone riferir lor questa mie visïone.

Tornato PLACIDO a casa dice così alla moglie e a’ figliuoli: Tu sia la ben trovata, o donna mia. Porgi la mano al tuo fedel marito.

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a3v

Dolci figliuo’, cara speranza mia, al Bene eterno oggi tutti v’invito.

112

LA MOGLIE risponde a Placito così: Placito, e’ par che tutto allegro sia, tal che mi fa pigliar caldo infinito. Dimmi, dolce speranza, quale effetto ha così pien d’allegrezza el tuo petto.

120

EUSTACHIO alla moglie dice così: Io tel dirò, attendi al parlar mio: so che nel cuor ne pigliera’ conforto. I’ seguitavo un cervo con disio in su quel monte là, tu ’l vedi scorto, quando infra le suo corna il sommo Dio in croce m’apparì. Omè che morto e’ mi parea! E piè, le mani e ’l lato e ’l petto ancor di sangue era bagnato!

128

Po’ cominciò pietosamente a dire: “‹I’› ti creai per possedere il regno di vita eterna. Fa’mi tu mentire di mie promission, vuo’ farti indegno. Piglia ’l battesmo santo con ardire, seguita me che te ne farò degno, e teco chiama tutta tuo famiglia: dal prete poi la santa legge piglia.”

a4r

Andiamo adunque a trovar el pastore della sacrata legge de’ Cristiani che ci facci ferventi dell’amore di Gesù Cristo, e traghi delle mani de’ suo nimici, acciò che a tutte l’ore sien dritti al cielo e nostri sensi umani.

136

LA MOGLIE risponde così: Andiàn pur presto, mill’anni mi pare: stanotte queste cose ebbi a sognare.

144

Vadino tutti a quattro al prete con umiltà e dica così EUSTACHIO al sacerdote: O venerando santo sacerdote, con umiltà a te ci ’nginocchiamo, quatr’anime a Gesù fatte divote e ’l battesimo santo adomandiamo. Padre, non ci negar sì degne dote! Con molti prieghi a te le supplichiamo. Illumina, pastore, e nostri ingegni, che di veder Gesù diventiàn degni.

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152

EL SACERDOTE risponde a Placito così: Figliuo’, vo’ siate da Dio benedetti e dalla Madre Vergine pietosa che al suo santo regno v’ha eletti dove ricevon palma glorïosa tutti color che con suo’ buoni effetti vivon seguendo la via virtuosa. Priegovi in prima, se ’n voi è pietate, chi v’ha mandati qui a me? Diciate.

a4v 160

EUSTACHIO risponde al sacerdote: Noi siam insino a qui stati gentili né mai più conoscemo il vero Iddio el qual m’apparve e hacci fatti umìli. Come tu vedi, abbiàn messo in oblio ogni mondan piacer. Nostri disiri contenta omai: dacci ’l battesmo pio e con amor ci mostra quella legge la quale el sommo Iddio governa e regge.

168

Battezzigli el prete e dica così: Nome del Padre e del vero Figliuolo e dello Spirito Santo in una essenza, el qual pe’ peccator’ dall’alto polo discender volse, e per suo gran clemenza pigliar corpo mortal, con pena e duolo morire in croce per nostra fallenza, nel nome suo vo’ siate battezzati e delle pene eterne liberati.

176

Amaestrigli il prete, e muti loro il nome: Tu Eustachio omai sara’ chiamato e la tuo donna fia detta Eupista. Agabito el maggior fie nominato e l’altro figliuol sarà Teopista. Da voi un solo Dio fie sempre amato, come comanda chiaro el Vangelista, e ’l prossimo di poi sanz’altra posa sarà amato sopr’ogni altra cosa.

a5r 184

Se primamente questo osserverete come ci esorta Cristo benedetto, e agli altri precetti obedirete con vera carità e cuor perfetto, el reame del ciel possederete dov’abita chi è da Cristo eletto. Andate in pace, e Dio nel vostro cuore in ogni cosa abbiate a tutte lore.

Partinsi e mentre che tornano a casa dice così

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192

EUSTACHIO alla moglie: Tutto mi sento el cuor di caldo acceso, o cara donna, e del divino amore mi sento el petto ‹e› l’animo compreso né più del mondo temo alcun dolore. Ringraziàn sempre Iddio che ci ha difeso e luminati ci ha del suo splendore. Entriamo in casa, o dolce e cara donna, ed acostianci a Dio, ferma colonna.

a5v, 200

Entrino in casa e truovino tutti e servi e ancille morti. EUSTACHIO dolendosi dica così: Omè, presto si volta el gaudio in lutto! Omè, presto si muta ogni letizia! I’ mi sento mancar di dolor tutto e ’l petto e ’l cuore è pien di gran tristizia. Receviàn noi del ben far questo frutto? Acquistasi da Dio tale amicizia, che renda a noi per ben far tal‹i› merti, e servi morti e noi del caso incerti?

208

LA MOGLIE consolandolo risponde: Non spaventar per questo, o signor mio. Non ti turbar per questa leggier cosa. Non sa’ tu che ti disse il sommo Iddio che in questo mondo mai aresti posa? Sa’ tu che all’uom forte non è rio contrario alcun nella vita dubbiosa: prendi conforto che del mal che hai premio da Cristo ancor riceverai.

216

Mentre che tali conforti son fra la donna e il marito, venghino DUA CONTADINI, e l’uno dica così a Eustachio: Male novelle, signor, ti portiamo con molti pianti e sospiri infiniti. Iernotte el tuo bestiame guardavamo e da molti ladron fummo assaliti. Noi francamente ci difendavamo, ma gran parte di noi morti e feriti furon da loro, e vache e buo’ rubbati, apena che no’ duo siamo scampati.

a6r

EUSTACHIO dice inverso la donna dolendosi della seconda avversità: Chi si potré oma’ più contenere che contro alla fortuna non clamassi. Tu de’ pur oggi mai, donna, vedere che gran ragion arei s’i’ m’adirasti. Abbiam quasi perduto el nostro avere e d’ogni ben terren siàn privi e cassi,

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e servi morti e ’l bestiame furato, ma di tutto el Signor ne sia lodato.

232

LA MOGLIE consolandolo così dice: Deh, dolce sposo, drizza gli occhi al cielo e pensa ben che ’n quel debbi abitare chi lascia il mondo e con perfetto zelo con tutto el cuor vuol Gesù seguitare. Lieva da te d’ignoranza ogni velo che in tanta ciechità ti fà istare e pon fin oggimai al tuo languire: non può dar altro el mondo che martire.

EUSTACHIO risponde così: Di tutto ringraziato ne sia Cristo al qual dati ci siàn per suo serventi. Ma non ti pare questo un caso tristo ch’e nostri servi miseri e dolenti morti sien qui, come ‹tu› hai ben visto, né stimar posso per qual accidenti?

240

LA MOGLIE risponde a Eustachio: Orsù, tanti lamenti lascia stare. I’ ho gran sonno, andiànci un po’ a posare.

a6v

Vannosi a dormire, e in quello viene DUE LADRONI e rubbono, e dice così l’uno a l’altro: Buon guadagno stanotte noi faremo; fa’ ch’al menar le man non sia agranchiato. Scambrilla, sempre allegri viveremo se ’l pensier mio non resterà ingannato.

248

SCAMBRILLA risponde e dice: Di viver lieti altra volta diremo, Grillo, quando saremo in altro lato. Sa’ tu che no’ portiàn con noi il capresto: s’tu ha’ ’ far nulla, sanza dir fa’ presto.

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Destisi EUSTACHIO e figliuoli e dolendosi che era stato rubbato dica così: Questo restava all’aspro dolor mio; ancor questo restava al gran martire. Quest’è quel che ristora el mio disio! Misero a me, ragion ho di languire. Pietà di me ti muova, o sommo Iddio! Rivolta gli occhi al mio fedel servire e fammi forte nella tentazione, ch’io vinca ogni mia propria passione.

Tu vedi, o cara sposa, ch’a Dio piace

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che siàn privati d’ogni ben terreno; e io per suo amore portare in pace contento son, ma dimmi che faremo! Mendicar qui per Roma mi dispiace. Arte non sappiàn far: dove n’andremo?

a7r 264

LA MOGLIE risponda così: Abbi, Eustachio, a Cristo fisso il cuore: sempre sarà con noi a tutte l’ore.

EUSTACHIO risponda alla sua moglie: I’ ho, donna, nel cuore un pensier fatto che ’nverso Egitto ci siamo inviati e spero che quel luogo sarà atto dove noi viveren più riposati.

272

LA MOGLIE risponde così: Questo mi piace, sposo: a ogni patto seguir si vuol quel che ci ha consigliati. Ecomi da’ tuo figli accompagnata a camminar i’ son già preparata.

280

Partansi di casa e mentre che vanno ‹EUSTACHIO› dica alla moglie: Con noi sie sempre Cristo in nostro aiuto che ci difenda d’ogni casoocherso. Quest’è la via, i’ ho riconosciuto quella città che vedi qua traverso. Ha’ tu quel porto, donna, là veduto: un nostro amico fu quivi sommerso. Quivi a noi prima convien capitare se in Egitto vogliamo arrivare.

a7v

EUSTACHIO, quando giungono al mare, dica alla moglie: Io vego, donna, il mar a noi tranquillo e ogni rabbia ha giù posta il vento e quella nave ch’ha fuora il vessillo ci condurrà a porto a salvamento.

288

Giunghino al nocchiere e EUSTACHIO dica al nocchieri: El passarci, nocchiere, deh, non disdirlo, che ti faremo a tuo voglia contento. Le vele al vento da’, nocchier pregiato! Di tuo fatica non ti sarò ingrato.

EL NOCCHIERE risponde, e mentre che dice entrino nella barca: Contento son passarvi, ma sapere vo’ prima in qual paese andar volete.

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EUSTACHIO risponde al Nocchiere: In Egitto il cammin vogliàn tenere, così desideriàn là ci ponete.

296

EL NOCCHIERE risponde: De’ remi in acqua darò a tuo piacere. Presto, compagni, le fune sciogliete, inanzi che ’l vento muti suo faccia. Passeren presto con molta bonaccia.

Passino via, e quando sono giunti dall’altra ripa chiega EL NOCCHIERE danari e stieno cheti tutti: Chi di voi paga? Orsù, le mani a’ fianchi presto mettete, indrieto i’ vo’ tornare. Guarda che paian del cammino stanchi che non posson le borse ritrovare.

a8r 304

EUSTACHIO risponde al nocchiere: Nocchier, ch’al tuo disio mai nulla manchi, deh, vogli un po’ mie parole ascoltare. Noi non abbiàn né oro né argento e ogni ben terren per noi è spento.

312

EL NOCCHIERE si volti pieno d’ira e dica così a loro: Cotesto non ti gioverà nïente, che pagar ti conviene in ogni modo. Deh, guarda per tuo fé, malvagia gente: con mille inganni cercan far tal frodo. I’ ho pensato, e già nella mia mente deliberato l’ho e posto in sodo, che questa donna qui a noi lasciate e voi nella malora via n’andate.

320

Eschino della nave. EL NOCCHIERE, presa la donna, voltisi indrieto. EUSTACHIO, vedendosi privato della donna, dice così: Dolce speranza, o cara sposa mia, dove ti lasso sanza il tuo marito? Sara’ ma’ più in nostra compagnia? Saràe qui el nostro amor finito? A te la racomando, o Madre pia. Vattene in pace. Omè, quasi smarrito i’ son, né già più so che m’abbia a fare né che via mi tener, né dove andare.

a8v

EUSTACHIO, mentre camminano, dica così: Pur ho speranza nel Signor divino che la difenderà da male sorte. Seguitiàn pur, figliuo’, nostro cammino che Dio ci guardi da contraria morte.

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328

I’ vego qua per nostro mal destino un gran fiume che corre molto forte. Come lo passaremo o con qual arte? Qui non è nave né nocchier né sarte.

Giunghino al fiume ed EUSTACHIO dica così al maggiore: In sulle spalle mia tu monterai, Agabito, e di là ti passeròe. Tu, Teopista, qui sol rimarrai infin che poi per te ritorneroe, e per tuo aiuto Gesù chiamerai e ’l simile ancora io sempre faroe.

336

TEOPISTA MINORE FIGLIUOLO risponde al padre: Va’, padre, in pace col nome di Dio: passa costui ch’i’ vo’ passar po’ io.

b1r

Passa il fiume e, in mentre che vanno, EUSTACHIO dica così al Figliuol ch’egli ha adosso: Attienti ben, figliuolo, e non temere: abbi sempre Gesù nel tuo cospetto. Dammi la man che nel fiume cadere non possi, dolce figliuol benedetto.

344

Risponde IL FIGLIUOLO: Cammina pur ch’io sto ben a sedere e son già, padre, fuor d’ogni sospetto. No’ siàn pur giunti qua, grazia al Signore: torna indrieto pel mio fratel minore.

352

Ritorna Eustachio pel minore e quando è nel mezzo del fiume vede che è portato da un leone. ESSO FANCIULLO grida forte inverso il padre quando vide il leone: Omè presto, soccorri, o padre mio, el tuo figliuol, el qual tu tanto amavi, da questo fier leone! Vedi ch’io assalito son mentre che tornavi. Affretta il passo tuo, o padre pio! Aiuta me nel qual tanto speravi! O sommo Iddio, per la tua gran clemenzia libera me da questa pestilenzia.

Porta el lione Teopista, e EUSTACHIO in tal modo si duole: Omè, crudel fortuna, iniquo fato, o cielo, o terra, o mare a me contrario, ben hai al mio dolore accumulato d’ogni infilicità lo stato vario. Ogni diletto in tristizia ha’ mutato

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b1v 360

e or qui m’hai pur fatto solitario. Figliuol, dappoi ch’i’ non ti posso atare, ti potess’io almanco un po’ tocare.

368

Ritornisi Eustachio indrieto per tornare a l’altro figliuolo e, quando si volta, vede che n’era portato da un lupo, e AGABITO dica questa stanza quando il lupo va verso lui: Tòrnati indrieto, o padre, torna presto! Aiuta, aiuta me che morto sono. Un lupo vien verso me molto infesto, corre veloce che par quasi un tono. Misero a me ch’io non speravo questo far qui della mie vita cotal dono, ma poi che t’è in piacere, o sommo Iddio, ti raccomando lo spirito mio.

376

EUSTACHIO, vedendosi privato de’ figliuoli, inanzi che esca del fiume dice questa stanza: Chi vide mai tanta crudel‹i›tade a un misero padre intervenire? Chi vidde mai tanta infelicitade nel mondo ‹a› un mortal uom poter venire? Chi è colui che simile impietade nel tempo suo già mai potessi udire qual è l’alma che è sola in questo lato? Di donna, robba e figli i’ son privato.

b2r 384

Per gran dolore si vuole affogare inanzi che esca del fiume ma uno Angiolo lo so|stiene dirieto e non fu veduto da EUSTACHIO, e seguiti pure questa stanza: Omai rinunziar voglio alla mia vita ed affogar mi voglio in questo fiume. Da me è già ogni forza partita e pel dolore i’ non vego più lume. Tanta tristizia omai sarà finita: l’anima renderò come è costume, la terra del mio corpo pascerae e fortuna di me trionferae.

392

Esce EUSTACHIO del fiume e dice così: O Iddio che l’universo e il ciel creasti di nulla, sol con tuo gran sapienzia, e l’uomo a tua imagine formasti del luto della terra, e con prudenzia gli altri animali ancor tu generasti, l’erbe e le piante per tuo gran clemenzia, donami grazia che tanto mio danno con pazienzia sopporti ogni affanno.

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b2v 400

In questo mezzo il leone che n’avea po‹r›tato Teopista arriva da alcuni lavor‹a›tori e costoro fanno romore e il leon‹e› si fugge e lascia il fanciullo vivo e co‹sì› il lupo che ne portò Agabito arriva tr‹a› cacciatori e il lupo lascia el fanciullo e fugge via. EUSTACHIO seguita il parlar‹e› così: O sommo Iddio, tu mi dicesti bene che ancor a Giob, uom giusto, equal sarei, ma molto più son gravi le mie pene e nel dolore io lo supererei. Tolto a lui fu le sustanze terrene ed io misero ancor le mie perdei. Se lui perdé la robba e i figliuo’ suoi, doppo alcun tempo e’ gli riebbe poi.

408

Seguita EUSTACHIO nel dolore: Ma io, tapino, con quale speranza di riveder mie figli viver possa? O sposa di mia vita, sol fidanza, vivi tu, o pur morta giaci in fossa? Ma poi che piace a Dio, ch’è mia possanza, d’ogni error sie l’alma mia rimossa, disposto i’ ho di seguire il cammino né mai partirmi dal voler divino.

b3r 416

Seguiti Eustachio el cammino e truo‹v›i una capanna nella quale entri e fermisi, e in questo mezzo venghino molti barbari armati intorno alla città dov’era lo imperadore e fanno segni di battaglia, e LO IMPERADORE voltandosi a’ sua baroni dica così: Questa vigilia fie d’inganna-festa se noi non provediamo a questo assedio. Questa furia improvisa e gran tempesta m’arrecha nella mente dubio e tedio. Già la brigata è sbigottita e mesta, i’ non ci vego se non un rimedio: che gli eserciti nostri sieno armarti e da Placito in campo seguitarti.

LO IMPERADORE seguita: Di lui si cerchi presto, i’ vo vederlo, ché mai nol vidi son già molti giorni.

UNO DE’ SUA BARONI si lieva ritto e dice: Dove si sia non so e par ribello. Suo virtù non par più tuo corte adorni.

L’IMPERADORE a dua baroni dica cosi: Per lui si cerchi città e castello e sanza lui nessu di voi ci torni,

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ché in lui consiste la vittoria nostra.

424

E DUA BARONI rispondono così: Fatto sarà, signor, la voglia vostra.

b3v, 432

Vanno a cercare per Placido e lo Imperadore comanda che gli eserciti sieno messi in punto: O Attilio, Scipione, Publio e Mario, mettete in punto el fior de’ cavalieri. Dentro vedete quel che è necessario e presto provedete e volentieri. El popol sia unito e volontario e se non è, fate qualche mestieri accioché giunto Placido parato l’esercito sia tutto apparechiato.

Aspettino costoro l’esercito e quelli dua che andorono a cercare lo truovino fuori d’una cappanna con una vanga in mano e UNO DI LORO dica a Placito così: Salute, amico, tu sia il ben venuto. Sapresti tu insegnarci un uom divino el qual per tutto Placito è chiamato? Inteso abbiam che gli è in questo confino.

440

PLACITO risponde così: Io lavoro la terra in questo lato e non so chi si sia quel peregrino. Io nol conosco e non so se s’è quine, ma perché ne cercate e a che fine?

L’ALTRO BARONE dice così: Per volontà del nostro imperadore che da’ barberi in Roma è molto stretto e riceverà danno e disonore se non troviamo il cavalier perfetto. Da nessun altro speraocher favore sol perché egli era sopra tutti eletto.

448

PLACITO dice così: I’ non lo so: questa è la conclusione. Entrate drento a far collezione.

b4r

Entrino dentro e, mentre Placito truova da bere, dice L’UNO all’altro così: Placito costui par, non certo sollo, e pur mi par quando lo sguardo appresso.

L’ALTRO risponde così: Una margine gli ha proprio in sul collo. Deh, guarda se ella v’è e sarà desso!

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La festa di Santo Eustachio ❧ 16

456

Guardi se egli ve l’ha, e dica a Placito: Nessun saré di ringraziar satollo perché l’anima in corpo tu ci hai messo. Certo Dio ci mandò in questo piano! Tu se’ Placito el qual cercando andiàno.

464

Faccino festa grande e rivestinlo e venghino inverso Roma e uno di loro si parta innanzi per annunziarlo allo Imperadore come l’hanno trovato. EUSTACHIO a quello che rimane dica così: Poi ch’è piaciuto a Dio che così sia, e poi che ’l cielo el mio favor vi mostra, non più parole, orsù, mettianci in via: contenta fia la voglia mia e vostra. Veder lo imperador mio cor disia e tutti gli altri della corte nostra, che a tal vittoria Iddio ha posto mano per vendicar le ingiurie de’ Romani.

b4v

Giunga QUEL BARONE allo Imperadore e dice come ha trovato Placito: Buone novelle, o sacro imperadore! Placido, primo tuo fier cavalier, trovato abbiamo, e vien con grande amore a far la voglia tua e volentieri.

472

LO IMPERADORE comanda che se gli vada incontro: Presto, andategli incontro a fargli onore ed alla voglia sua siate leggieri. Che fate voi? Sù, presto, andate in fretta, dite che venga a pigliar la baccheta.

Vadino molti Baroni incontro a Placito e dica uno di loro così a Placito: Iddio e ’l ciel ti presti el favor loro. Per parte del signor noi ti preghiamo che presto venga a lui sanza dimoro perché, sanza te, tutti peravamo.

480

In questo giugne Placito allo IMPERADORE el quale gli parla così: Placito, tu se’ il primo ch’io onoro per più sicuro e franco capitano. Provedi tu riparo a tale stretta: lo ’mperio è tutto tuo, te’ la bacchetta.

E dia lo Imperadore la bacchetta a Placito, e LO IMPERADORE inverso Placito fatto capitano dica così: Questi barbari arroganti e superbi

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La festa di Santo Eustachio ❧ 17

b5r 488

come tu vedi ci han l’assedio posto. Gente crudel, importuni e acerbi, par lor l’imperioocher già sottoposto. Nessuna cosa a far non si riserbi a sbigottir la lor superbia e tosto. Presto, mettiti in punto, e priego adatti che sanza più parole io senta fatti.

496

PLACITO risponde allo Imperadore: O imperador, col mio debole ingegno io rendo grazie a te con puri effetti poi che di tanto onor m’hai fatto degno e dimostrato m’hai quanto m’accetti. Lo ’ntero animo tuo e il tuo disegno tutto scolpito abbiam ne’ nostri petti; arà la voglia tua ciò ch’ella brama. Presto sù, voi, che Marte già ci chiama.

Comanda PLACITO che un trombetto bandisca che chi vuole soldo venga a corte: Fatti davanti, o Currado trombetto. Presto, bandisci con parole scorte per tutta Roma e di fuor pel distretto: chiunche vuol soldo a Roma venga a corte.

EL TROMBETTO risponde a Placito così: Signor, fatto sarà quanto m’ha’ detto; per ubbidir mi metterei alla morte.

PLACITO dice così: Presto, va’ via! Orsù, che stai a vedere?

504

CURRADO risponde: Fatto fia in questo punto il tuo volere.

b5v 512

Fassi un bando e dice così: La maestà del sacro Imperadore notifica a ciascuno e fa bandire che chi vuol soldo e sia uom di valore presto alla corte sua debba venire. Soldo arà doppio, e fiegli fatto onore se mosterrà nell’animo il suo ardire. Chi ha sete di sé lasciar memoria si sforziocher de’ barbari vittoria.

In questo mezzo, COLUI CHEOCHEVA LIBERATO AGABITO DAL LIONE dica così a lui: Agabito, tu sai che ’l bando è ito che chi vuol soldo a Roma presto vada. Or si parrà se se’ d’animo ardito

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La festa di Santo Eustachio ❧ 18

e se speranza tu hai nella spada.

AGABITO risponde al suo padrone: Sempre son stato col gran Marte unito e non mi tenne mai viltà a bada, anzi vogl’ire a’ fatti egregi e magni.

520

EL PECORAIO a lui risponde così: Or va’, figliuol, che Marte t’acompagni.

Viene Agabito inverso Roma e TEOPISTA suo fratello dice così al contadino che lo campò: I’ ho inteso ch’egli è ito un bando che chi vuol soldo in Roma s’apresenti. El mio valor mostrar vorrei pugnando e comparir fra gli uomini eccellenti.

b6r

IL CONTADINO a Teopista dice così: I’ sono contento, anzi te lo comando perché il tuo degno aspetto a te non menti. Va’, Teopista, e mostra il tuo valore.

528

TEOPISTA risponde così: I’ voglio andare e spero aver onore.

Partisi Teopista e camminando s’accompagni con AGABITO: Ben trovato sie, amico pien d’ardire! Dove va’ tu, se ’l dirmelo è onesto?

TEOPISTA allora risponda: El bene è sempre onesto a riferire: per soldo a Roma i’ vo sì ratto e presto.

AGABITO dice a Teopista: Se t’è in piacere i’ vo’ teco venire perché in cammin sono ancor io per questo.

536

TEOPISTA risponde: Molto contento son, questo m’è gloria. Andiàn che Dio ci mostri sua vittoria.

Camminano insieme e TEOPISTA dice così: I’ t’ho esaudito, amico, ogni tuo priego; or non disdire a me un gran piacere.

AGABITO a lui risponde: Non ti farei della mia vita niego; parato son a ogni tuo volere. Per udir quel che vuoi a te m’impiego:

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La festa di Santo Eustachio ❧ 19

fa’ di me ogni pruova e non temere.

TEOPISTA allora dice così: I’ vo’ ci giuriam fede in vita e morte.

b6v 544

AGABITO risponde allegramente: Grazia m’è somma aver oggi tal sorte.

Piglinsi per mano e bacinsi insieme e allora giunghino al capitano e AGABITO dica: Salvi e mantenga Dio il sagro imperio e tutti abbatta e barbari leggieri. Accioché intenda il nostro desiderio, noi cerchiam soldo per tuo cavalieri.

552

EL CAPITANO che era loro padre non gli conosca per figliuoli e risponda così loro: Perché uomin parete atti al misterio i’ son contento e dò‹v›vel volentieri. Perché parete dua franchi campioni vògliovi per dua miei centurioni.

560

Divida ora EL CAPITANO le squadre e dica cosi a’ sua cavalieri: Qui si parrà, Marcel, la tuo virtute, se nelle prime squadre andar arai; né ancor le tuo laude saran mute se le seconde, o Regol, guiderai. Le tuo fatiche non saran perdute se queste terze, Attilio, condurrai. Marco, se il resto in campo arai guidato, di fama etterna sarai premiato.

b7r 568

Conforta qui EL CAPITANO ciascuno alla battaglia: Ricordisi ciascun ch’egli è romano e di virtù sopr’ogni’altro amatore; e ciascun mostri, con la spada in mano, con le lor forze e de’ cieli il favore, trionfar de’ nimici, e non in vano fra’ mortal’ han sortito il primo onor‹e›. Or oltre, accesi contro al popol crudo l’animo di ciascun sia spada e scudo.

Eschino i Romani bene armati fuori e faccino contro a’ nimici grande impeto in modo che i nimici spaventati si tornino indrieto e fughinsi nel loro castello, e i Romani gli seguino e piglino el castello e ogni loro cosa e quando questo cose sono fatte dica così IL CAPITANO: Poi ch’abbiam questi barbar’ superati facciàn che la vittoria sia sicura:

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576

vuolsi e feriti sien prima curati, e ’ morti dati poi a sepoltura, e alle guardie stien tremila armati ben assortiti ed abbin buona cura; e voi intanto adunate il tesoro e gli altri afflitti piglieran ristoro.

b7v

Vadino di poi e dua compagni appiè del castello e incomincino a ragionare della virtù del Capitano e la madre loro, la quale era stata venduta dal nocchiere in quello castello, a caso sia a una finestra sopra a | costoro e stia a udire e loro ragionamenti e Agabito così dice a Teopista: Compagnio mio, che dì di tanta gloria ch’acquistat’‹h›a oggi il nostro capitano. Prosperamente aùto egli ha vittoria de’ suo nim‹i›ci con la spada in mano. Infin ch’io viva arò sempre a memoria quanto inverso di noi è stato umano.

584

TEOPISTA risponde ad Agabito: Egli è così e vuolsi a ogni patto mostrargli grato del servizio fatto.

592

Seguita TEOPISTA così: Somma virtù è certo in grande altezza regnar in petto umano umilitate! Non vedi tu con quanta gentilezza ci ha ricevuti e grande umanitate? Già mai non ebbi simile allegrezza quant’or, po’ che ho le sue virtù provate. Costui mi rappresenta il mio buon padre all’opre sue magnifiche e leggiadre.

AGABITO lo dimanda chi fu il suo padre: Chi fu il tuo padre, s’egli è cosa onesta? Dillo, che di ciò son desideroso.

b8r 600

Risponde TEOPISTA: Omè, compagno, l’alma è fatta mesta, languido è il corpo e ’l cuore è doloroso e fugge ogni pensier fuor della testa quando ripenso al tempo lacrimoso, ché, per fortuna e non per mio peccato, di padre e madre e robba i’ fu’ privato.

AGABITO, disideroso di saperlo, dice così: Dimmel, ché di saperlo i’ ho gran voglia, ch’i’ ho provato ancora simil sorte.

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La festa di Santo Eustachio ❧ 21

608

TEOPISTA risponde: I’ tel dirò, ma io sento gran doglia e parmi quasi già sentir la morte. I’ triemo più che non fà al vento foglia, né so del cominciar trovar le porte; ma per far sazio il tuo buon desiderio dirò, benché mi sia molesto e tedio.

616

Seguita TEOPISTA: Fu el mio padre cittadin romano apresso dello imperio in sommo stato. Costui fu nell’altezza tanto umano che fu da tutti e cavalieri amato. Gentil fu prima e poi si fe’ cristiano, Placido già, Eustachio poi chiamato. Vide Roma più volte trionfare e gran vittoria allo ’mperio recare.

b8v 624

Seguita ancora TEOPISTA: Ebbe costui duo figli della moglie e fu copioso d’ogni ben terreno, ma la fortuna che spesso il ben toglie misse nel dolce suo molto veleno. Prima lo fe’ sentir molte aspre doglie e mutò in pianto el suo viso sereno. Perdé la robba e la suo fedel donna che di suo vita era ferma colonna.

AGABITO, che ben conosceva quello essere suo fratello non si volle ancora però scoprire ma vuole intendere più oltre che seguisse di loro, onde dice: E’ mi si schianta il cuor per gran dolore. Narra quel che seguisse poi di voi.

632

TEOPISTA dice: El padre mio, non sanza gran merore, el mio fratel e me condusse poi a un fiume che ancor n’ho gran tremore quando penso quel che fusse di noi. El mio fratello in sulle ispalle alzato per passarlo del fiume all’altro lato.

TEOPISTA seguita: E poi che gli ebbe di là lui condotto, inverso me pel fiume ritornava quand’un crudel lion, sanza far motto, subito a me correndo s’apressava e mi prese, volgendomi di sotto e me per boschi e selve stracinava. Se a me non davan cacciatori aiuto,

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La festa di Santo Eustachio ❧ 22

640 el termin di mie vita era compiuto.

c1r

Seguita TEOPISTA: D’allora in qua niente intesi mai che fussi di mie padre o mie fratello.

AGABITO, conosciuto questo essere la verità, lo domanda del nome suo e del fratello: Un gran piacer, compagno, a me farai; con tuo risposta tu porrai suggello: el tuo nome e poi il suo a me dirai, se molesto non t’è quel ch’io favello.

648

TEOPISTA risponde: Teopista mi chiamo a tutte l’ore ed Agabito il mio fratel maggiore.

656

AGABITO, udito il suo nome, con gran festa dica al fratello così: Qui non bisogna altra testimonanza: i’ son colui del quale ora parlavi. Dolce fratello, o cara mie speranza, Agabito questo è che tanto amavi. Perir non può chi ha in Gesù fidanza, ch’io fussi vivo qui tu non pensavi. I’ fu’ ben come tu a simil sorte, ma Gesù Cristo mi scampò da morte.

c1v 664

AGABITO narra come fu liberato dal lupo: Quando il mie padre al fiume ebbe passato, tu sai che indrieto per te ritornava. Un gran lupo allor fu quivi arrivato e me subitamente ne portava. Ma Gesù Cristo fu mio avvocato che me da tal pericol liberava e fu’ scampato da certi pastori: forte gridoron con molti romori.

TEOPISTA allora, alzando le mani al cielo, dica così: Sempre sie ringraziato il sommo Iddio ch’e servi suoi d‹a› ogni mal difende. Non sarà sazio mai l’animo mio di laudar Cristo che tutto comprende.

672

AGABITO a questo risponde: Egli è ragion ch’ogni nostro disio sia volto a lui che a’ nostri danni attende. Ben conosco or che chi in lui spera e crede d’ogni suo mal ristorato si vede.

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La festa di Santo Eustachio ❧ 23

680

LA MADRE che era stata a quella finestra a udire queste cose, conosciuto quegli essere suoi figliuoli, dice così in sé medesima: Ché tard’io più? Questi son figliuo’ miei, se bene il lor parlare i’ ho compreso! Felice son, ma più m’allegrerrei se di Placito nulla avessi inteso. Signor del ciel, contenta ben sarei se udissi lui da nulla esser offeso, ma spero ben che doppo tanti duoli vedrò lui san, sì come i mie figliuoli.

c2r 688

Discende la Madre a’ figliuoli e dice loro: Figliuoli di mie vita unica speme, onor e gloria d’opere leggiadre, molto m’allegro trovarvi qui insieme. Ec‹c›o la vostra tapinella madre, ma un gran dubbio il mie cuor preme, che nulla ho inteso mai del vostro padre. Intendo alquanto, figliuo’ benedetti, baciarvi in prima e tenervi un po’ stretti.

Seguita LA MADRE: Omè, che gli è tanto tempo passato che nïente di voi già mai ho inteso. Molta gente di voi ho dimandato e nulla mai da nessun ho compreso.

696

AGABITO risponde alla Madre: Difficil cosa egli era aver trovato chi ti dicessi i luoghi e vari paesi ne’ quali stati siam con mille affanni poi che ’l nocchier ti rapì con inganni.

Seguita AGABITO alla Madre: O madre pia, come potestu mai le servitù sostener di tal gente?

c2v, 704

LA MADRE risponde: Pensa, figliuol, che con sospiri e guai all’ubidir son stata paziente ed al voler di Dio ben m’accostai pel quale a me non mancò ‹mai› nïente. Ma lasciamo or queste parole stare: vuolsi un poco d’Eustachio investigare.

AGABITO alla Madre: O dolce madre, e’ fia difficil cosa intender di lui nulla o in qual parte menassi la suo vita dolorosa

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712

o con qual esercizio o con qual arte si sostentassi e sanza aver mai posa avesse per noi prece a Dio sparte, ma egli è qui nel campo un capitano che a noi si dimostra molto umano.

Seguita AGABITO: Andiamo a lui: io credo certamente d’Eustachio a noi qualcosa saprà dire.

LA MADRE dice così: A questo si vuol esser diligente e pregar che non voglia a noi disdire.

720

AGABITO alla Madre dice: Madre, egli è di virtù tanto eccellente che nulla cosa a noi vorrà mentire. Orsù, madre benigna, non tardiàno: i’ so che ’l nostro andar non sarà in vano.

c3r 728

Muovansi tutti a tre insieme e vanno al capitano e dice così LA MOGLIE: Doniti il sommo Iddio tanto favore, o capitan generoso e pregiato, che de’ nimici tua superiore sempre tu sia, e da ognuno amato. Chi è superbo a te sia inferiore, e chi contra te fà sie gastigato. Udistu mai nominar fra guerrieri Placito, capitan de’ cavalieri?

Risponde IL CAPITANO alla moglie: Donna, se ’l dire è lecito, i’ ti priego, dimmi perché di lui così dimandi, e di tal cosa a me non farai niego perch’e t‹u›a prieghi a me supplire spandi.

736

Risponde LA DONNA così: Al tuo voler, signore, ecco mi piego. Bene è ragion, poiché me lo dimandi. Questi dua son figliuoli ed io son sposa; perde’llo e mai ne seppi alcuna cosa.

Seguita pur LA DONNA: Molti anni son che che da Roma partimo. Entramo in mar per andar in Egitto e quando all’altra ripa noi venimo, s’aggiunse un gran dolor al core afflitto. Fu’ presa dal nocchier: quivi finimo la dolce compagnia com’io t’ho detto.

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La festa di Santo Eustachio ❧ 25

744

Rapita i’ fui e lui prese altra via con questi dua, né so dove si sia.

c3v

Conosciuto veramente EL CAPITANO quella essere sua sposa, prima che si manifesti vuole intendere da lei il nome suo e de’ figlioli, e dice così: Donna, se ’l dire non t’è assai molesto, dimmi il tuo nome e de’ tuo dolci figli. Certo forse riparo darò presto; del tuo dolor piglierai buon consigli.

752

LA DONNA risponde: Signor, benché il mie cuor sia ancor mesto dirottel purché sdegno non ne pigli. I’ son chiamata per nome Eupista, l’un Agabito e l’altro Teopista.

EL CAPITANO, riconosciutogli, fà gran festa dicendo: Tu se’ dunque colei che tanto amo! Tu sola se’ colei ch’io ho in disio, e questi mie figliuo’ ch’io tanto bramo, speranza e sol riposo del cor mio.

760

LA MOGLIE al Capitano dice: Se’ tu il mie sposo, el quale ogni ora chiamo? Tu se’ pur esso! Laudato sia Iddio! Quanti dolor’ per te e aspri affanni in servitù ho portati molt’anni.

EL CAPITANO verso i figliuoli: Figliuo’, mai rivedervi più credetti né di voi intender più alcuna cosa poi ch’io vi vidi dalle fiere stretti che dar vi vollon morte dolorosa.

c4r 768

AGABITO al Padre: Padre, stima qual erano e concetti del nostro cuor che non potea aver posa, ma Gesù Cristo che è nostro avvocato lui dal leon e me dal lupo ha scampato.

Rende IL CAPITANO laude a Dio che ha ritrovato la moglie e i figliuoli dicendo: Or conosco io ben manifestamente che chi diriza il pensier al Signore e chi lo serve diligentemente e chiamal’ sempre con tutto il suo cuore non perirà mai d’alcuno accidente e non temerà mai nel suo dolore. Sempre sia d’ogni cosa Iddio lodato

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776 poi ch’io v’ho ritrovato in questo lato.

784

EL CAPITANO si volta a tutto l’esercito confortando el tornare inverso casa: Tempo è omai tornarsi inverso Roma, o conti, o duchi, o cavalier pregiati. D’argento ed or vada innanzi ogni soma e drieto poi questi prigion armati, e chi l’ardir di questi barber’ doma prima appresso di me sieno esaltati. La donne e ’ figli allato a me verranno; trombe e stormenti a gloria soneranno.

c4v 792

Sia parato un carro trionfale in sul quale monti Eustachio e sia tirato da dua cavagli e inanzi vadino e suoni e poi e tesori acquistati, e poi i pregioni tutti leg|ati appresso di lui seguita giù di sotto tutti e signori e cavalieri seguitino el carro appresso a lui e allato a lui la moglie e i figliuoli; il resto dello esercito seguiti il carro. LO IMPERADORE, quando gli vede venire, scenda di sedia e viengli incontro e dice così a Placito quando è dismontato: Placito, onor dell’arte militare, sempre meritamente te amai. Di te sol sì de’ Roma glorïare per tal vittoria ch’oggi acquistata hai! Grazie infinite ognun ti debba dare; con gaudio e somma pace ognun star fai. Tutti e nimici del popol romano tremon quando tu se’ coll’arme in mano.

Meritamente la fama e l’onore di tal vittoria oggi a te si conviene. Tu hai del popol la grazia e il favore el qual sol con virtu s’acquista e tiene.

800

EL CAPITANO allo Imperadore dice: Non è cambiato, o sacro imperadore l’amor mio verso te com appartiene. Di tanto onor tutto il popol ringrazio; di ringraziarlo mai mi vedrò sazio.

c5r

LO IMPERADORE si volti a tutti e dica così: Giusto mi par, poi ch’abbiàn la vittoria, inverso degli idii non siamo ingrati. Dinanzi a Giove in perpetua memoria duo monton bianchi sieno appresentati; acciò che a’ nostri iddii sia festa e gloria con molti incensi sien sacrificati. In terra ginocchioni ognun si getti

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La festa di Santo Eustachio ❧ 27

808

e prieghi Giove che tal doni accetti.

816

Inginocchisi ognuno. Placito con la moglie e co’ figliuoli si stiano in una parte separati, e non diano laude a Giove. LO IMPERADORE fa questa orazione ginocchioni: Onnipotente Giove, o padre eterno, el qual colla tua destra guidi e reggi la mortal gente, e con maggior governo tutti gli dëi superior correggi, dona a’ Romani stato sempiterno e chi contro a lor fà presto sommergi acciò ch’e tuo fedel’ sieno esaltati e da te sol si chiamon liberati.

c5v 824

Tornato lo ’Mperadore a sedere, UNO DE’ SUA BARONI accusa Placito che non ha sacrificato a Giove: I’ vego in questo giorno, o signor mio, la gloria degli dei forte abbassare. Quando oggi davi laude al sommo Iddio e poi facesti ognuno inginocchiare, Placito e ’ figli e la moglie vidd’io lungi dal tempio in altra parte stare. Parea che degli dei non si curasse e Giove e Marte e gli altri disprezzasse.

832

LO IMPERADORE comanda a’ cavalieri che menino Placito e la moglie e i figliuoli a lui, e dice così: Placito e ’ figli e la moglie menato sie presto qui dinanzi al mio cospetto. Petrone, abbimel qui appresentato e se non vuol, menal‹o› al suo dispetto. I’ ho al sommo Giove già giurato e così ho disposto nel mio petto che chi non vuol gli dei nostri adorare, sia chi si vuol, morrà con pene amare.

EL CAVALIERE allo Imperadore dice: Sarà, signor, fornito il tuo volere: ec‹c›o per ubidire il cammin piglio.

EL CAVALIERE voltisi a’ famigli e dica: Brutta canaglia, che state a vedere, vaga più del vin bianco che vermiglio?

840

Giunghino a Placito e dica: Altri costumi ti convien tenere, o Placito, e mutar il tuo consiglio. Mettiti presto co’ tuo figli in via; presto allo imperador venuto sia.

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c6r 848

Placito colla moglie e ’ figliuoli sono menati dinanzi allo’Mperadore. LO IMPERADORE dice: Son questi e merti che tu rendi a dio? Se’ tu de’ benefici così grato? Ha’ tu messo la tuo virtù in oblio? O fingi pure, over se’ impazzato, che tu non degni con tutto il disio a Giove e Marte aver sacrificato. Credea che come sopra ognun ti stimo così nel divin culto fussi il primo.

856

Risponde PLACITO: Al divin culto i’ son vero amatore e di quel certo i’ son servo fedele, ma odi ben ch’i’ dico del Signore, Figliuol di Dio, che con pena crudele morì per gran piatà e sommo amore per dar la gloria a’ suo servi fedele. Fra’ suo servi noi siàn già numerati, cristian perfetti e siànci battezzati.

LO IMPERADORE adirato a Placito: Omè, chi è colui? Che mai stimassi che tu, nel qual avea posto ogni speranza, delle mie legge mai ti discostasti, la quale per bontà ogni altra avanza!

Risponde PLACITO allo Imperadore: Signor, se a te sempre non m’acostassi, mostro d’avere in te poco fidanza.

864

LO IMPERADORE risponde: Mal lo dimostri, anzi ne se’ ingrato! Vedi che sopra ogni altro t’ho onorato.

c6v 872

Seguita LO IMPERADORE a Placito: Orsù che ’l perder tempo è gran mattezza. Placito, il mio parlar intenderai: o tu, sanza parlar più, con prestezza a Giove e Marte sacrificherai, o tu la morte con pena e asprezza co’ tuo figli e donna sentirai. Pensaci bene e piglia buon consiglio: ischifa el male e al ben dà di piglio.

PLACITO risponde così: Detto già t’ho il pensier del mio core; altra risposta non bisogna fare. Seguir vo’ Cristo nostro redentore e lui con puro cor vo’ sempre amare.

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La festa di Santo Eustachio ❧ 29

880

Se morir ci farai con gran dolore, o nostri corpi farai tormentare, tal premio da Gesù riceveremo che in sempiterno contenti saremo.

LO IMPERADORE a Placito dice: O infuriato padre, che ti giova, poi ch’alla morte te stesso condanni, metter la tuo famiglia a cotal pruova e sentir con tormento tanti affanni? La tenerella età di lor ti muova: non voler tôrre a loro i debiti anni.

888

Risponde PLACITO così: Fa’ di noi quel che vuoi e non t’incresca del viver nostro e di lor età fresca.

c7r 896

L’IMPERADORE con grande ira comanda che sieno messi fra’ leoni e dice così a Petrone: I’ mosterrò come il diavol v’aloppia, bestie ignoranti, vili, stolti e ingrati. Presto, Petron, vien qua che ’l cor mi scoppia e prendi questi quattro infuriati e fra’ leon’ gli metti a coppia a coppia e stienvi tanto che sien divorati. Non vo’ cener di lor né fiamma avanzi. Presto, che fai? Levamegli dinanzi.

EL CAVALIERE dica a’ famigli: Presto, canaglia! Qua sù, poltronieri! Quel che avete a far non lo vedete?

904

Piglino Placito con la moglie e co’ figliuoli e PLACITO umilmente dice loro: Contra noi non bisogna esser sì fieri però che non verrem dove vorrete, lieti, costanti, pronti e volentieri, sì che scandol per noi non prenderete. Or siate ubbidienti al vostro ufficio: noi, di grazia, chieggiàn questo supplicio.

c7v

PLACITO, mentre che ne va preso, dice alla moglie e a’ figliuoli: O sfortunata donna, afflitta e mesta, o sventurati figliuo’ miei sì cari, per voi gaudio mai fu, piacer né festa, sempre al mondo gustasti cibi amari. Questo è tutto favor che Dio vi presta per farvi in ciel co’ martiri poi pari Spirai il Signor mio ch’io vi conforti:

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La festa di Santo Eustachio ❧ 30

912 abbiate pazïenza e state forti.

Sono messi fra’ leoni e nessuno de’ leoni mai fece segno di fare loro male. PLACITO gli conforta dicendo: Tenete tutti il core al cielo attento ché in gaudio vertiransi i vostri lutti.

AGABITO risponde: I’ non fu’ mai almondo sì contento, Placito padre, o buon timon di tutti!

TEOPISTA dice: Ed io nel cuor tanta allegrezza sento che par che ’l ciel ci porga e suo frutti!

920

LA MADRE ancora dice: Ed io lieta a Gesù vengo davanti che ’l ciel ci mena fra’ martiri santi.

Gittonsi ginocchioni e PLACITO fa questa orazione: 928

O luce immensa, o Gesù nazareno, dal Padre eterno a salvarci mandato, sì come se’ di grazia sempre piano e se’ di Spirito Santo incarnato, sì come mai tu non venisti meno al cor contrito e ben umilïato, così ti priego che in tal martir ci accetti: serbaci nel tuo regno e tua diletti.

c8r UNO va allo Imperadore e dice così: O sacro imperador, que’ tuo cristiani che si messon fra’ leoni affamati stanno fra lor cantando lieti e sani: noi ci stimiam che gli abbino incantati.

936

LO IMPERADORE con furia e con ira risponde: Può fare il ciel che con gl’incanti vani sien dalla fame lor così scampati? E’ non fia ver perché vuol la lor sorte ch’io apparechi lor più dura morte.

944

LO IMPERADORE ancora seguita: I’ ho pensato un nuovo e gran tormento: andate a far far di rame un toro e questi incantator messi poi drento vi sieno, e date fuoco sotto loro. Intendo che così muoino a stento. Or cavategli fuor sanza dimoro, fate che sentin presto el lor fin tristo: vedren se gioverà gl’incanti o Cristo.

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La festa di Santo Eustachio ❧ 31

EL CAVALIERE allo Imperadore:

Fatto sarà, sereno imperadore in questo punto ciò che comandate.

EL CAVALIERE voltasi a’ famigli e dica: Presto sù qua, poltron’, sanza romore e que’ cristian di prigion fuor cavate.

c8v 952

Giunghino alla prigione, e dica a Placi‹to›: Qua fuor, cristiani, al supplicio maggiore: el signor v’ha le pene radoppiate. La pazzia vostra non è ancor satolla: areste voi mai il diavol nell’ampolla?

PLACITO risponde al Cavaliere poi che sono fuora della prigione: Per amor di Gesù el quale adoro, non temo il radoppiare delle tuo pene però che ’l ciel sempre adoppia ristoro a’ servi di Gesù che muoion bene.

960

EL CAVALIERE risponde a Placito: Non tanto cicalar! Non più dimoro! La pazzia tua tardita non sostiene. Chi a sé stesso rimuove cagione non merita trovar redenzïone.

Voltisi IL CAVALIERE a’ famigli e dica così: Sanza tardar più fate il vostro ufficio! Non vi curate di suo van parlare.

PLACITO al Cavaliere dice: In questo estremo un sommo beneficio certo, per grazia, i’ voglio addimandare, che inanzi che io senta tal supplicio a Gesù Cristo orazione vorre’ fare.

968

EL CAVALIERE risponde: Orsù, fàlla pur presto e con buon zelo, ch’alla brieve orazione penetra il cielo.

c9r

EUSTACHIO alla moglie e a’ figliuoli: Se nella avversità già mai costanza dell’umane miserie avete avuto, or è bisogno di perseveranza, or sarà il nostro termine compiuto. O donna, o figli, se già mai speranza col cuor ponesti nel divino aiuto, credete a me che nel celeste gremio

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976

da Dio riceverem con degno premio.

LA DONNA risponde a lui: Sposo diletto, del divino amore è già l’animo mio tutto infiamato.

AGABITO al padre: O padre, benché la carne dolore senta, il mio cor a Dio è già levato.

TEOPISTA dice: E io ho già gustato tal sapore che mai d’amare Iddio sarò sazio.

984

EUSTACHIO confortandogli dice: State, figliuoli, nella fé costanti: oggi corona arem fra tutti e santi.

c9v 992

Mettansi ginocchioni tutti quanti inanzi al toro, e PLACITO dica così verso il cielo: O vero Iddio che l’umana natura col tuo Verbo santissimo creasti, e quella poi come tuo creatura col sangue prezioso comperasti, e noi ancora del tuo man fattura dall’error idolatrio rivocasti, preghiam che ’l martir nostro ti sia accetto sì come incenso a te nel tuo cospetto.

PLACITO ancora segue l’orazione: Non imputar, Gesù, a grande errore se a conoscerti tardi siamo stati. Pensa alla nostra cechità, Signore, che eravam dal diavol ingannati. Attendi, Iddio, l’umiliato cuore, ‹e› non guardare a’ nostri gran peccati.

1000

UNA VOCE venga da cielo e dica così: Placito, l’orazione tua è esaudita. Vieni a fruire il ben dell’Altra vita.

Sono messi nel toro e una nugola viene da cielo, e l’anime loro ne porti cantando.

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Apparato 15 fruire 48 gliatri 56 did. Elceruio 172 figliuolo 264 sarai 291 cammino 292 desideriamo 299 paiam 301 Nochiere 302 pocho 303 abbiamo 304 terreno 315 sara tu mapiu 319 isono:ne 320 tenere 323 figliuoli 328 nochiere 339–342 Le cinque righe in fondo alla c. a8v sono ripetute in più corretta all’inizio della c. b1r, indicazione che il secondo fascicolo era già in composizione prima ancora che il primo fascicolo fosse già stampato. A c. a8v si legge: dammi la mano che nel fiume cadere | non possa figliuol dadio benedecto | Risponde il figliuolo ad Eustachio | Chammina padre chisto sto bene assedere | e son gia padre fuor dogni sospecto 339 lamano 347 leone:tu uedi 383 terta 395 molto piu graui son 409 Questa fie uigilia 415 gliexercitii nostri sieno armarci 416 seguitarci 424 did. Vanna a 427 quello che 435 elquale 449 pare 456 did. sipartino innanzi 473 lefauore loro 479 ripara 484 par loro 590 quantora:poche 592 allopere 622 alsuo 643 piacere 662 pericolo 673 son ifigliuo 675 no 677 cielo 681 O figliuoli 682 dellopere 695 siamo 698 potesti tu 726 udisti tu 734 ragione 738 mare 748 dolore 753 dunque quella che 755 figliuoli 761 Figliuoli 779 & oro lardire diquesti barberi 785 honore 815 fedeli lomp(er)adote 840 imperadore 841 emeriti 847 ogniuno 867 parlare 878 tormentate 891 petrone 893 leoni 895 loro 929 imperadore 931 loro 933 cielo 935 uero 936 loro 947 poltroni 948 christiani 950 elsignore 955 chelcielo 976 receueremo 996 diadouol The r and the t of Buonaccorsi’s font are very similar, and have occasionally been distributed into the wrong compartment of the lower case. They are confused in vv. 375, 807, 870.

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Note The text occupies the first three gatherings (a–b8 c10) of the volume is usually called the “Seconda Raccolta Fiorentina”, but which is contemporaneous with the “Prima Raccolta Fiorentina.” The two volumes were printed simultaneously by Antonio Miscomini in ca. 1485. These first three gatherings are interchangeable with the first play (Domitilla) of that volume, and certainly contemporary. Furthermore, the first two sections of Eustachio were being composed simultaneously, because there is an five-line overlap of text between c. a8v and c. b1r. It appears that type on c. b1r had already been composed when the compositor found himself with more space than expected on c. a8v, and he used five lines of unrevised copy to fill the space. The physical aspects of this edition will be treated elsewhere. The vita of St Eustace is found in the Legenda Aurea, CLXI. There are various prose translations of the Legenda Aurea and also a cantare, Historia di Santo Stagio (inc. Ne la città di Roma antichamente | al tempo di Trayano imperatore; expl. dentro di Roma la cu(m) gra(n)de amore | sepulti sotto son l’altar magiore, BNCF E.6.3.912. Eustace is not a particularly Florentine devotion. In Florence, the feast of St Eustace (Sant’Eustachio, Sant’Eustagio, Santo Stagio) was celebrated in San Simone, San Paolo, and Santa Maria Novella on 20 May.1 A play of Santo Stagio was performed “in Lorenzo’s garden” by the youth company of the Purification in Florence on 22 February 1476/7,2 but there is no trace of the considerable expense that it would have entailed in the Purification company’s account books, only payment for the repair of a piece of panno rovescio (‘baize’) that was torn during the performance. The expenses must have been met from another source.3 It seems likely that this text, in print less than a decade later, was the one performed in Lorenzo’s garden. The author of the play is an accomplished poet, and the play has been extensively revised for publication. A sonnet by Bernardo Bellincioni (Florence, 1452–Milan, 1492) may provide a clue to authorship:

Sonetto LIX PER UNA CERTA FESTA CHE SI FECE AL GIARDINO DI LORENZO DE’ MEDICI DA UNA CERTA COMPAGNIA I’ ti mando un sonetto pien di risa d’una nuova gabbiata di pippioni con certi nostri, e sai, pinzocheroni, che fan del collo il campanil di Pisa. Ma non intendo ben la lor divisa, ch’ e gonnellin conformin co’ ciopponi; e lodar rugginosi gli schiedoni, e saper poi che cosa è la pernisa. Però vien a vedere costoro in tresca ch’alla franciosa bacian l’Agnus Deo, poi fanno a pie’ di Cristo la moresca. El nome non vo’ dir d’un gabbadeo, che l’anima ’n un nocciolo ha di pesca,

1 BNCF, MS Strozzi XXXVI. 71, Calendario delle feste e sacre delle chiese di Firenze, late fourteenth century, fols. 14r–v. 2 ASF, Compagnie Religiose Soppresse da Pietro Leopoldo, 1654, P.XXX.30, fol. 130r. 3 On Lorenzo’s Garden at piazza San Marco, see Caroline Elam, “Il Palazzo nel contesto della città: strategie urbanistiche dei medici nel Gonfalone del Leon d’oro, 1415–1430,” in Il Palazzo Medici Riccardi, ed. Giovanni Cherubini and Giovanni Fanelli (Forence: Giunti, 1990), 44–57 (48–51).

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come ’n forzarin l’ha proprio Feo. Per non parer giudeo, ti direi cosa d’un guancial sì bella che rider ti fare’ più che ’l Gonnella.4

Just as Feo (Belcari, registrar of the Monte delle Graticole) keeps his soul in his cash-box (forzarin), so our god-bothering author (gabbadeo) has a mind the size of a peach-stones (nòcciolo di pesca). In the “tail” of this sonnet, the poet, so as not to seem miserly (parer giudeo), promises Lorenzo future details of one of the fanciulli, here called a guanciale, literally ‘pillow’, or ‘something soft to lie on’.5 I suspect that Bellincioni himself may be the author of the play. Bellincioni’s Rime, published posthumously in 1493,6 contain three more or less complete rappresentazioni (his Festa del Paradiso, the Egloga o vero Pasturale, and the Ripresentazione di Pavia), as well as frequent references to plays and characters of Plautus and Terence, and to numerous other feste and performances.7 After a youth spent as part of Lorenzo’s brigata, along with Luigi Pulci, but also in contact with mature humanists like Cristoforo Landini, Bellincioni left Florence in 1482, following Cardinal Francesco Gonzaga to the Gonzaga court in Mantua, but moved within to years to the Milanese court of Ludovico il Moro.8 The poems of his Rime are not printed

4 Bernardo Bellincioni, Rime, ed. Pietro Fanfani, 2 vols., Scelta di curiosità inedite e rare, 151 and 160 (Bologna: Romagnoli, 1876–1878), 2:64–5, sonnet LIX; noted by Elam, p. 48. 5 Fanelli repeats Salvini’s gloss, 2:65, n. 2; the same metaphor is used again in Sonnet LXIII: “Non dite più Teseo facessi male | Per amare una Federe, o Brachieri; | Mal fa chi s’innamora del guanciale,” 2:67–8, and n. 3. 6 Bernardo Bellincioni, Rime, ed. Francesco Tanzi, with additions by Antonio Vinci (Milan: Philippus de Mantegatiis, Cassanus, 15 July 1493). 7 See Bellincioni, Rime, ed. Fanfani, for Sonetto XXI, “Fatto quando si rappresentò la comedia d’Anfitrione a Ferrara,” 2:23–24; Canzone della Pazienza, “la quale fu fatta per una festa ossia rappresentazione molto bella, composta dal poeta stesso a contemplazione del reverendissimo monsignore Federigo Sanseverino; di questa festa si è potuto unicamente trovare questa canzone la quale si cantò in fine di detta rappresentazione,” 2:202–3; Canzonetta della Fatica, “composta dal Bellincioni a contemplazione del signor Antonio Maria Sanseverino il quale fece fare una bellissima rappresentazione della fatica e in fine fu cantata questa canzone la sola che fu trovata di tutta la festa,” 2:204–5; and Festa ossia rappresentazione chiamata Paradiso “che fece fare il signore Ludovico in laude della duchessa di Milano, e così chiamasi, perché vi era fabbricato con il grande ingegno ed arte di maestro Lionardo Vinci Fiorentino il Paradiso con tutti li sette pianeti che giravano, e li pianeti erano rappresentati da uomini nella forma ed abiti che si descrivono dai poeti, e tutti parlano in lode della prefata duchessa Isabella,” 2:208–220. See Teatro del Quatttrocento: le corti padane, ed. Antonia Tissoni Benvenuti and Maria Pia Mussini Sacchi (Turin: UTET, 1983) for a critical edition of the other two plays: the Egloga o vero Pasturale, “Questa seguente operetta fece fare il sig. conte da Caiaza a uno certo suo proposto. Se chiama Egloga, o vero Pasturale, però che in questa s’introducono certi pastori, che parlano e disputano d’amore, delli quali prima ne parla uno chiamato SILVANO, che seco così parlando si lamenta d’amore,” Teatro 1983, 263–275; cf. Bellincioni 1878, 2:225–237; and concluding Tanzi’s 1493 anthology, the Ripresentazione di Pavia, “ripresentazione composta per Il Belinzon ripresentata e recitata a Pavia nel famosissimo dottorato del reverendo Monsignore Della Torre, nella quale magnifica e splendidissima festa di eterna memoria degna, gli intervenne li illustrissimi Duca di Milan, e Signor Ludovico con le sue illustrissime consorte, e lo illustrissimo Duca di Ferrara. In questa ripresentazione gli fu prima l’autore in forma di Mercurio, il quale per avere avuto poco tempo, lo quale tutto consumpse in componere quello aveano a dir gli altri, lui promptissimo disse le sue stanze a l’improviso, delle quale io ne notai solamente cinque. Teatro 1983, 275–290; cf. Bellincioni 1878, 2: 238–252. 8 For a short biography see R. Scrivano, “Bellincioni, Bernardo,” http://www.treccani. it/enciclopedia/bernardo-bellincioni_(Dizionario-Biografico)/.

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in chronological order and it is not possible to construct a narrative of Bellincioni’s life as a poet in the service of noble masters and their ladies.