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1 La Fertilizzazione del Pero nella Frutticoltura Sostenibile Giovambattista Sorrenti e Adamo Domenico Rombolà Dipartimento di Colture Arboree, Università di Bologna, viale G. Fanin 46, 40127 Bologna Tel. 051 2096426 Fax 051 2096401 e-mail: [email protected] Riassunto La nutrizione rappresenta una tecnica agronomica capace di influenzare il comportamento vegeto-produttivo degli alberi di pero. La gestione sostenibile del pereto presuppone la necessità di incrementare la fertilità del suolo calibrando gli apporti di fertilizzante in funzione delle reali esigenze degli alberi e delle disponibilità del suolo (monitoraggio) limitando le perdite di nutrienti (es. azoto) nell’ambiente. Il presente contributo, riesaminando concetti consolidati, discute alcune delle recenti acquisizioni scientifiche in materia di fertilizzazione sostenibile del pero, valutandone le possibili implicazioni agronomiche Parole chiave: Pyrus communis, azoto, monitoraggio, clorosi ferrica, diagnostica fogliare

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La Fertilizzazione del Pero nella Frutticoltura Sostenibile

Giovambattista Sorrenti e Adamo Domenico Rombolà

Dipartimento di Colture Arboree, Università di Bologna, viale G. Fanin 46, 40127

Bologna

Tel. 051 2096426

Fax 051 2096401

e-mail: [email protected]

Riassunto

La nutrizione rappresenta una tecnica agronomica capace di influenzare il

comportamento vegeto-produttivo degli alberi di pero. La gestione sostenibile del pereto

presuppone la necessità di incrementare la fertilità del suolo calibrando gli apporti di

fertilizzante in funzione delle reali esigenze degli alberi e delle disponibilità del suolo

(monitoraggio) limitando le perdite di nutrienti (es. azoto) nell’ambiente. Il presente

contributo, riesaminando concetti consolidati, discute alcune delle recenti acquisizioni

scientifiche in materia di fertilizzazione sostenibile del pero, valutandone le possibili

implicazioni agronomiche

Parole chiave: Pyrus communis, azoto, monitoraggio, clorosi ferrica, diagnostica fogliare

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Sustainable fertilization strategies in pear orchards

Abstract

Fertilization greatly influences the vegetative-productive behaviour of pear trees.

Sustainable fertilization in commercial pear orchards implies enhancing soil fertility,

supplying fertilizers according to nutritional needs of trees and nutrient availability in

the soil (soil monitoring) and limiting nutrient losses (e.g. nitrogen) in the environment.

The article resumes fundamental concepts on pear nutrition and discusses recent

advances on sustainable pear fertilization strategies, assessing their possible agronomic

applications.

Key words: Pyrus communis, nitrogen, soil monitoring, iron chlorosis, leaf index

Introduzione

La nutrizione rappresenta una tecnica agronomica fondamentale per garantire un

corretto equilibrio vegeto-produttivo degli alberi di pero, aumentare la loro tolleranza ai

patogeni ed agli stress ambientali nonché ottenere produzioni di elevata qualità

organolettico-nutrizionale e serbevolezza. In linea con i principi della frutticoltura

sostenibile, gli interventi di fertilizzazione del pereto devono essere definiti in un'ottica

di tutela ambientale, nel rispetto dei vincoli imposti dai Disciplinari di Produzione

(Integrata, Biologica) o dalla legislazione vigente (es. “Direttiva Nitrati” 91/676/CEE).

L’applicazione delle conoscenze scientifiche sulla fisiologia della nutrizione e

sull’ecosistema frutteto (Tonon et al., 2006) consente di calibrare l’apporto dei nutrienti

in funzione della loro disponibilità nel suolo e delle esigenze nutrizionali degli alberi,

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riducendo il rischio di dispersione dei fertilizzanti nelle acque di falda e nell’ambiente

(Scudellari et al., 1998).

Le principali problematiche nutrizionali che interessano la pericoltura in ambiente

mediterraneo, sono riconducibili alla necessità di mantenere una buona dotazione di

sostanza organica nel terreno e alla gestione della nutrizione azotata e dei

micronutrienti, con particolare riferimento al ferro.

I principi generali di concimazione del pero sono stati illustrati in precedenti

lavori (Marangoni e Cobianchi, 1993, Nyéki et al., 1993); il presente contributo,

riesaminando concetti già consolidati, discute alcune delle recenti acquisizioni

scientifiche in materia di fertilizzazione sostenibile del pero, proponendone le possibili

implicazioni agronomiche.

La fertilizzazione del pereto

La concimazione di pre-impianto, definita sulla base delle caratteristiche chimico-

fisiche del suolo, si prefigge di costituire nel terreno un’adeguata dotazione di sostanza

organica e di elementi minerali. L’apporto di sostanza organica (fino a 50-80 t ha-1

di

letame maturo), oltre a rappresentare una fonte diretta di nutrienti, stimola la crescita

dell’apparato radicale e contribuisce a migliorare la struttura nonché la ritenzione idrica

del suolo. In alternativa al letame si può convenientemente ricorrere ad un ammendante

compostato misto (compost), che presenta una maggiore concentrazione di sostanze

umo-simili (C/N superiore a 15; Toselli et al., 2004). Effettuata la concimazione

organica, eventuali apporti di fertilizzanti a base di fosforo (P) e potassio (K) vanno

eseguiti solo se la loro disponibilità nel suolo risulti limitante per la specie (Toselli et al.,

2004). Sulla base della dotazione del suolo, per definire i quantitativi di P e K da

apportare è utile consultare i Disciplinari di Produzione Integrata e Biologica.

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La concimazione nella fase di allevamento ha lo scopo di accelerare l’entrata in

produzione degli alberi predisponendoli a fornire livelli produttivi costanti ed elevati. In

pratica, se è stata effettuata una buona concimazione di fondo, l'adeguato sviluppo dei

giovani astoni può essere ottenuto mediante la somministrazione esclusiva di acqua ed

azoto (N). Apporti azotati si renderanno necessari qualora la concentrazione nel suolo

delle forme di N assimilabili (NO3- e NH4

+) nelle diverse fasi fenologiche degli alberi,

non dovesse risultare soddisfacente. In questa fase, adeguate disponibilità di P (16-18

mg P kg-1

), la cui biodisponibilità può essere sensibilmente incrementata dall’apporto di

fertilizzanti organici (Mazzanti, 2002), promuovono la rapida formazione delle strutture

scheletriche della pianta (Rombolà et al., 2000). Un contributo essenziale per

l’acquisizione del P da parte delle radici, soprattutto nei suoli a reazione acida, è offerto

dalle micorrize. Durante la fase di allevamento, caratterizzata da scarsa produttività, le

necessità di K da parte degli alberi di pero sono molto contenute (12-18 kg ha–1

anno-1

);

inoltre, la maggior parte (65-85 %) del K assimilato dalle giovani piantine viene allocata

nelle foglie, le quali, una volta abscisse cedono rapidamente l’elemento nelle prime fasi

della decomposizione. É stato stimato che, ad un anno dall’abscissione, le foglie di melo

rilasciano circa l’80% del contenuto di K iniziale (Tonon et al., 2006). Considerazioni

analoghe possono essere formulate anche per il magnesio (Mg). Per quanto riguarda il

calcio (Ca), nonostante le quantità relativamente elevate asportate dalle giovani

piantine, questo non rappresenta un elemento limitante negli areali di coltivazione

mediterranei caratterizzati da buoni livelli di Ca scambiabile. Negli impianti a rischio

(suoli alcalino-calcarei), già dalla fase di allevamento sarà necessario prevenire la

comparsa dei sintomi di clorosi ferrica, che potrebbe pregiudicare il regolare sviluppo

degli alberi, mediante l’apporto chelato di ferro (es. Fe-EDDHA) preferibilmente in

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fertirrigazione, dal germogliamento e fino alla fase di rapida crescita dei germogli, o in

alternativa ricorrendo a strategie che verranno approfondite meglio nel proseguo

dell’articolo. Fin dai primi anni dall’impianto, qualora la risorsa idrica non sia limitante,

il ricorso all’inerbimento controllato del filare con specie graminacee o miscugli

graminacee/leguminose risulta essenziale per incrementare il contenuto di sostanza

organica ed il livello di biodiversità nel terreno. Inoltre, esso crea le condizioni ideali

affinché l’elevata quantità di residui colturali (foglie e legno di potatura) prodotti nella

successiva fase di maturità, possano essere rapidamente decomposti e riciclati nel suolo.

Le esigenze nutrizionali del pero durante la fase di piena produzione (Stassen e

North, 2005), risultano limitate rispetto a quelle di altre specie arboree (es. pesco;

Baldini, 1987) e variano sensibilmente in funzione della combinazione d’innesto e

dell’entità della produzione. In questa fase, le asportazioni dell’albero sono determinate

dalla crescita degli organi perenni, che definisce l'incremento annuale di biomassa del

frutteto e dalle parti decidue ed asportate (legno di potatura, foglie e frutti) che

costituiscono la frazione più importante del consumo di elementi minerali.

La gestione dei macroelementi

L’assorbimento di N da parte degli alberi di pero varia in funzione delle diverse

fasi fenologiche e del materiale vegetale. Di conseguenza, per gestire razionalmente la

fertilizzazione azotata è necessario considerare la dinamica di assorbimento e la

disponibilità di N minerale nel suolo nel corso della stagione vegetativa. La corretta

individuazione delle epoche e delle dosi di N da apportare nel pereto rappresentano,

unitamente alla scelta dei volumi irrigui, requisiti fondamentali per massimizzare

l’efficienza d’uso del fertilizzante e ridurre le perdite di N per lisciviazione (Neilsen et

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al., 1995a). Queste ultime, sono state recentemente quantificate in circa 6 kg ha-1

anno-1

in un pereto in allevamento (Abate Fétel/Cotogno C) impiantato su suolo argilloso-

limoso e gestito in accordo con il Disciplinare di Produzione Integrata (Ventura et al.,

2005).

Gli studi che hanno caratterizzato il ciclo interno dell’azoto negli alberi di pero

evidenziano che questa specie è in grado di rimobilizzare considerevoli quantità di

riserve azotate (Quartieri et al., 2002). Infatti, dalla fioritura e fino al germogliamento,

circa il 90-95% dell’N presente negli organi di neo-formazione, proviene dagli organi di

riserva (radici, tronco, branche), mentre, successivamente (fase di rapido accrescimento

dei germogli e di citochinesi dei frutti allegati), i quantitativi di N provenienti da

assorbimento radicale assumono un’importanza crescente fino a raggiungere, 2 mesi

dopo la ripresa vegetativa, circa il 50 e il 40% sul totale presente rispettivamente nelle

foglie e nei frutti (Quartieri et al., 2002). Di conseguenza, eventuali apporti azotati

effettuati prima della fioritura possono risultare poco efficienti; tuttavia, nei pereti ad

elevata densità, gli alberi possono avvantaggiarsi della presenza nel suolo di N minerale

disponibile per l'assorbimento anche prima della fioritura in virtù dell’esiguo contributo

delle riserve e degli apparati radicali poco espansi. Il ripristino delle riserve azotate

negli organi perenni dell’albero si avvantaggia della concimazione azotata tardiva, che

nel caso del pero può essere effettuata al suolo anche in pre-raccolta (fino a 30-40

giorni) senza il rischio di pregiudicare la qualità e l’idoneità alla frigo-conservazione dei

frutti (Tab. 1; Sànchez, 2002; Toselli et al., 1998b) in virtù dello scarso accumulo di N

nel frutto in questa fase (4-5 %; Toselli et al., 1998a). In alternativa, è possibile ricorrere

ad apporti di urea per via fogliare eseguiti in post-raccolta (Khemira et al., 1998). Le

maggiori richieste di azoto da parte del pereto (circa l’80% del totale) sono comprese

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nel periodo tra metà maggio e la fine di luglio, in coincidenza della fase di

ingrossamento dei frutti e del massimo accrescimento dei germogli. In questa fase, il

ricorso alla fertirrigazione consente di ripartire gli apporti di N e degli altri nutrienti in

funzione della loro disponibilità nel suolo. I vantaggi della fertilizzazione azotata

mediante fertirrigazione appaiono particolarmente evidenti su alberi giovani (anticipo

dell’entrata in produzione, aumento delle rese, maggiore efficienza d’uso del

fertilizzante, riduzione delle perdite per lisciviazione), soprattutto quando si impiegano

portinnesti con apparati radicali poco espansi.

Anche la scelta della forma azotata da impiegare appare importante per l’effetto

che può indurre sulla fisiologia della pianta. La diversa disponibilità di azoto nitrico e

ammoniacale nel suolo può, infatti, influenzare la fertilità degli organi riproduttivi. Ad

esempio, il numero di gemme a fiore è risultato più elevato su piante di melo fertilizzate

con azoto ammoniacale o con azoto ammoniacale e nitrico rispetto a quelle concimate

con solo azoto nitrico (Gao et al., 1992). Tuttavia, il ricorso reiterato alla fertilizzazione

ammoniacale può provocare un impoverimento nel medio periodo (3-5 anni) delle basi

di scambio (Ca, Mg, K) specie sotto ai gocciolatori (Neilsen et al., 1995b). Nei suoli

alcalino-calcarei, la concentrazione di azoto nitrico è largamente prevalente rispetto a

quella ammoniacale (Tagliavini et al., 1995) a seguito dei rapidi processi di

nitrificazione che possono essere rallentati mediante il ricorso ad inibitori della

nitrificazione.

Inoltre, anche in fertirrigazione e in alternativa ai tradizionali concimi minerali è

possibile ricorrere all’utilizzo di concimi azotati organici, i quali aumentano la

disponibilità di N per l’assorbimento da parte dell’albero evidenziando

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contemporaneamente effetti positivi sulla biomassa microbica del suolo (Quartieri et al.,

2006).

La definizione della dose di azoto per ogni intervento di fertilizzazione del

frutteto, può avvalersi del ricorso a tecniche di monitoraggio semplici ed economiche in

grado di verificare la disponibilità di azoto minerale nel suolo e/o nella soluzione

circolante prima di ogni intervento (Scudellari et al., 1998). Con tale indicazione, la

dose di N da apportare risulterà pari alla differenza tra la quantità di N necessaria

all’albero per ogni fase fenologica e la disponibilità dello stesso elemento nel suolo

(Tagliavini et al., 1995). Ad esempio, per le specie arboree coltivate in Pianura Padana

viene ritenuta adeguata una concentrazione di azoto nitrico nel suolo (la forma di azoto

minerale prevalente nei suoli alcalino-calcarei) superiore a 8-10 ppm. Nei terreni non

alcalini è, invece, opportuno monitorare unitamente all'azoto nitrico anche la

concentrazione della frazione ammoniacale.

Il potassio è l’elemento maggiormente asportato dai frutti di pero (1,3-1,6 kg K

ton-1

; Tagliavini et al., 2000a), nei quali contribuisce significativamente a definire le

caratteristiche organolettiche e commerciali. Carenze di potassio possono verificarsi sia

nei terreni leggeri (sabbiosi), soggetti a lisciviazione, sia in quelli argillosi caratterizzati

da un'elevata capacità di fissazione dello ione K+. Gli apporti di K si rendono necessari

nei casi in cui la dotazione del suolo sia inferiore a 100-130 mg kg-1

di K scambiabile

(valori ritenuti normali). Sperimentazioni condotte su diverse specie arboree, hanno

evidenziato i vantaggi della fertirrigazione sulla nutrizione potassica degli alberi da

frutto, in particolare nei suoli argillosi nei quali il K si muove limitatamente lungo il

profilo (Malaguti et al., 2006; Rombolà et al., 2006). Tuttavia, l’eccessiva disponibilità

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di K nel terreno oltre a peggiorare sensibilmente la conservazione dei frutti, può indurre

fenomeni di antagonismo, con riduzione sull’assorbimento di calcio e magnesio.

Il pero asporta quantitativi limitati di fosforo, che raramente superano i 15 kg P

ha-1

anno-1

. La dinamica di questo elemento nel suolo appare meno complessa rispetto a

quella dell’N, rendendone più agevole la tecnica di fertilizzazione, soprattutto

considerando sia la buona dotazione di questo elemento nei suoli italiani sia la capacità

dei colloidi di trattenerlo limitandone la lisciviazione.

Nonostante il calcio sia l’elemento maggiormente asportato dagli alberi di pero,

generalmente, questo non rappresenta un elemento limitante negli areali mediterranei

vocati alla pericoltura, essendone questi ben dotati (il Ca rappresenta oltre il 60% delle

basi di scambio). Le esperienze condotte mediante il ricorso a trattamenti alla chioma al

fine di incrementarne la concentrazione nel frutto non sempre hanno fornito i risultati

attesi, anche considerando che il calcio, essendo un elemento poco mobile per via

floematica, è difficilmente traslocato dalle foglie ai frutti. Irrorazioni con prodotti a base

di Ca su alberi della cv. Conference, hanno determinato un aumento della sua

concentrazione solo negli strati più esterni (buccia), senza influire sui principali

parametri qualitativi e/o di commerciabilità del prodotto (Toselli et al., 1998b). Gli

apporti alla chioma di Ca sono risultati efficaci nella prevenzione dell’imbrunimento

interno dei frutti della cv Passacrassana e del riscaldo da senescenza su Abate Fétel e

Kaiser (Gorini, 1988; Raese e Drake, 1993). Tuttavia, solo la somministrazione ripetuta

di una soluzione di calcio cloruro (CaCl2) al suolo, ha incremento la concentrazione di

Ca nelle foglie e ha ridotto della metà l’incidenza percentuale delle foglie con sintomi

da maculatura bruna (Stemphylium vesicarium) su alberi della cv Abate Fétel, mentre,

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l’apporto di Ca alla chioma non ha indotto differenze significative su tali parametri

(Toselli et al., 2002).

La gestione dei microelementi

Il ferro è il micronutriente che più di ogni altro condiziona la crescita e la

produttività degli alberi di pero soprattutto quando innestati su cotogno, notoriamente

poco efficienti nell’assorbimento di questo microelemento. I pereti dell’area

mediterranea sono spesso impiantati su suoli alcalino-calcarei, che ostacolando

l’assorbimento ed il metabolismo del ferro, favoriscono l’insorgenza dei sintomi di

clorosi ferrica. Tale squilibrio nutrizionale, può pregiudicare l’idoneità dei frutti alla

commercializzazione, influenzare la suscettibilità ai patogeni (es. colpo di fuoco

batterico; Rombolà e Tagliavini, 2006) e compromettere la durata economica

dell’impianto.

Nonostante l’apporto di ferro in forma chelata da utilizzarsi sia per interventi al

suolo (es. Fe-EDDHA) sia per applicazioni fogliari (es. Fe-DTPA) sia ammesso, previa

autorizzazione dell’organismo di controllo, anche nei sistemi produttivi a basso impatto

ambientale (es. biologico), essi non rappresentano un approccio sostenibile, risultando

potenzialmente dannosi per l’ambiente poiché lisciviabili nel suolo (Rombolà et al.,

2002), scarsamente degradabili (Nörtemann, 1999) e deleteri per la flora e la fauna

tellurica (Grčman et al., 2001). I chelati di ferro sintetici, inoltre, presentano un costo

elevato ed inducono un effetto rinverdente di durata transitoria (Rombolà e Tagliavini

2006).

Tra le strategie a basso impatto ambientale per contrastare l’insorgenza della

clorosi ferrica del pero, l’impiego di portinnesti tolleranti risulta quella maggiormente

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efficace e duratura ed è noto come i franchi (Pyrus communis), sebbene inducano una

elevata vigoria, siano più tolleranti rispetto ai cotogni (Cydonia oblonga) (Sansavini e

Musacchi, 2002). Alcuni programmi di miglioramento genetico condotti presso

l’Università di Bologna (Dipartimento di Colture Arboree), hanno permesso di

selezionare nuovi portinnesti di pero dal vigore contenuto (es. Fox 11 e Fox 16; Bassi et

al., 1998). Inoltre, tra le strategie sostenibili per il controllo della clorosi ferrica del pero

si menzionano l’apporto di sostanza organica, l’applicazione al suolo vivianite (Iglesias

et al., 2000) e l’inerbimento del filare con specie graminacee (Tagliavini et al., 2000b).

In particolare, l’apporto di compost in un impianto di pero adulto (cv Abate Fétel / BA

29), ha influenzato positivamente sia il livello di clorofilla fogliare sia la produttività

degli alberi e la pezzatura dei frutti determinando una maggiore incidenza percentuale

delle classi di pezzatura di maggior pregio commerciale (> 75 mm) (Tab. 2; Sorrenti et

al., 2005). L’apporto di sostanza organica, infatti, migliora la nutrizione ferrica degli

alberi da frutto sia incrementando la disponibilità di ferro nel suolo sia stimolando

l’attività e la crescita radicale.

L’apporto al suolo di vivianite (Fe3(PO4)2·8H2O), un fosfato ferroso scarsamente

cristallino esistente in natura ma che può prepararsi in azienda (Rombolà e Sorrenti,

2006), ha permesso di prevenire l’insorgenza della clorosi ferrica in impianti di pero

adulto (Iglesias et al., 2000). Tale tecnica si è contraddistinta per la persistente efficacia

nel tempo imputabile alla sua lenta trasformazione in altri minerali che rilasciano più

facilmente il ferro (es. ferridrite e lepidocrocite) (Rosado et al., 2002). E’ importante

sottolineare che con la sospensione di vivianite si apportano anche azoto e, soprattutto,

fosforo che vanno valutati nei piani di concimazione del pereto al fine di rispettare i

parametri fissati dai Disciplinari di Produzione Integrata.

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La nutrizione ferrica del pero si avvantaggia della consociazione con specie

graminacee, le quali sono in grado di aumentare la disponibilità di ferro nel suolo a

seguito della secrezione di fitosiderofori (chelanti naturali del ferro) nella rizosfera (Ma

e Nomoto, 1996). L’inerbimento effettuato lungo il filare in condizioni di campo con un

miscuglio di specie graminacee permanenti (Poa spp., Lolium spp. e Festuca spp.) ha

ridotto i sintomi di clorosi ferrica su piante di pero ottenendo un effetto “rinverdente”

simile all’impiego di Fe-EDDHA (Tagliavini et al., 2000b). Inoltre, la presenza del

cotico erboso nel frutteto, oltre ad incrementare il contenuto di sostanza organica e di

nutrienti nel terreno (Giovannini et al., 2003) esercita un’azione di contenimento delle

perdite per lisciviazione.

In condizioni di campo, la scelta delle specie da impiegare per l’inerbimento

deve considerare diversi fattori quali: attitudine a secernere fitosiderofori nella rizosfera,

compatibilità con la specie arborea, disponibilità idrica, adattabilità alle tecniche di

coltivazione, temperatura, struttura del suolo e capacità di tollerare le condizioni di

ombreggiamento tipiche dei frutteti.

Infine, per il controllo della clorosi ferrica del pero, risultati promettenti sono

stati ottenuti anche dall’utilizzo di estratti vegetali (es. Amaranthus retroflexus)

mescolati con solfato ferroso ed applicate al suolo su piante allevate in vaso (Rombolà

et al., 2001). Tale effetto è imputabile alla presenza di sostanze chelanti negli estratti

vegetali.

Il boro (B) è un microelemento essenziale per il pero, la cui deficienza può influire

negativamente sull’allegagione, sulla produttività e sulla pezzatura dei frutti (Raese,

1989). Al fine di prevenire condizioni di carenza, le applicazioni fogliari effettuate sia

in pre-fioritura (Wojcik e Wojcik, 2003) sia in post-raccolta (Sànchez et al., 1998),

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risultano maggiormente efficaci rispetto alla distribuzione al suolo. Inoltre, l’efficacia

del trattamento in post-raccolta è stata ulteriormente incrementata (Tab. 3), quando il B

è stato miscelato con urea (Sànchez et al., 1998). Wojcik e Wojcik, (2003), infine,

hanno osservato come le irrorazioni di B alla chioma in pre-fioritura, abbiano indotto

nelle foglie e nei frutti della cv Conference un incremento della concentrazione di Ca

con conseguente miglioramento della qualità del prodotto in post-raccolta.

In ambiente mediterraneo le quantità di microelementi (es. Cu, S, Zn) apportate

mediante i consueti trattamenti antiparassitari, generalmente soddisfano le esigenze

della coltura. Tuttavia, il ricorso a ripetuti trattamenti antiparassitari con prodotti cuprici

può, nel lungo periodo, determinare un accumulo di Cu nel suolo tale da ridurre,

soprattutto in terreni sabbiosi, la fertilità del suolo e l’assorbimento di altri

microelementi da parte dell’albero (Toselli et al., 2006). Accertate condizioni di

carenza, comunque, possono essere efficacemente prevenute ricorrendo alla

fertilizzazione fogliare. In particolare, per il manganese (Mn) e lo zinco (Zn), sono

efficaci gli apporti effettuati durante il periodo di crescita dei germogli (Marcolini et al.,

2004).

Piante della cv Abate Fétel innestate su franco o autoradicate (Pyrus communis)

tollerano meglio lo stress salino rispetto a quelle innestate su cotogno (Cydonia

oblonga) perché in grado di limitare l’accumulo degli ioni sodio e cloro

compartimentandoli a livello radicale (Musacchi et al., 2006).

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La diagnostica fogliare

La diagnostica fogliare rappresenta uno strumento conoscitivo essenziale per

indirizzare gli interventi di fertilizzazione. Tuttavia, la composizione minerale delle

foglie è condizionata da diversi fattori di cui i più importanti sono: il genotipo (cultivar

e portinnesto), l’età della foglia, la carica produttiva dell’albero, l’ambiente

pedoclimatico e le tecniche colturali applicate.

L’utilità del ricorso alla diagnostica fogliare dipende dalla disponibilità di valori di

riferimento affidabili e ottenuti a livello locale, in grado di rappresentare le peculiari

caratteristiche pedo-climatiche del comprensorio frutticolo. La maggior parte dei valori

di riferimento per l’interpretazione della diagnostica fogliare si riferisce a prelievi

eseguiti in luglio-agosto, quando la concentrazione degli elementi minerali nelle foglie

di pero è stabile e il confronto tra diversi campioni risulta meno influenzato dalla

variabilità indotta dall’età della foglia. Per il pero, al fine di poter correggere

tempestivamente eventuali carenze nutrizionali è necessario disporre di indici fogliari di

riferimento per epoche molto precoci. Ad esempio in Italia, le epoche di riferimento per

le analisi fogliari precoci del pero sono la fase di caduta petali e di allegagione; a titolo

di esempio, in tabella 4 si riportano i valori di concentrazione fogliare dei macro e

microelementi ritenute ottimali per la cv Abate Fétel coltivata in Emilia-Romagna.

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Conclusioni

Conciliare gli aspetti produttivi ed ecologici nella moderna pericoltura rappresenta

un binomio imprescindibile. La gestione sostenibile del pereto presuppone la necessità

di incrementare la fertilità del suolo calibrando gli eventuali apporti di fertilizzante in

funzione delle reali esigenze degli alberi e delle disponibilità del suolo (monitoraggio)

limitando le perdite di nutrienti nell’ambiente. L’affinamento delle pratiche di

fertilizzazione del pereto si avvale delle continue acquisizioni sperimentali sulla

fisiologia della nutrizione che contribuiscono a sviluppare strategie agronomiche

integrate, incentrate sull’adozione di tecniche di distribuzione flessibili (es.

fertirrigazione) e ad un’oculata gestione del suolo (es. inerbimento). Nel pero, il ricorso

alla concimazione fogliare, si rivela uno strumento efficace che, pur affiancando le

tecniche “tradizionali”, assume un ruolo importante soprattutto nella gestione dei

micronutrienti.

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Tabella 1. Effetto dell’epoca della concimazione azotata sul peso, concentrazione di N, consistenza e percentuale commerciabile di frutti

della cv Conference.

Table 1. Influence of nitrogen timing fertilization on weight, N concentration, firmness and marketable percentage of fruits (cv

Conference).

I° anno II° anno

TESI Peso

frutto

N

frutto

Durezza

(kg)

Frutti

Commercializzabili Peso

frutto

N

frutto

Durezza

(kg)

Frutti

Commercializzabili

(g) (%o) Mesi dalla raccolta (%) (g) (%o) Mesi dalla raccolta (%)

0 4 7 0 6

Controllo (non concimato) 186 b 2,46 b 5,8 5,3 b 4,6 66 176 2,23 5,7 5,2 80

Concimazione Primaverile

(200 kg N ha, post-

allegagione)

211 a 2,89 a 5,5 5,2 b 4,7 71 186 2,48 5,5 5,1 87

Concimazione Pre-raccolta

(200 kg N ha, fine luglio)

206 a 2,45 b 5,8 5,8 a 4,8 77 179 2,56 5,5 5,4 82

Significatività ** * ns ** ns ns ns ns Ns ns ns

da Toselli et al., 1998b

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Tabella 2. Effetto dell’apporto di compost al suolo (7,5 kg/pianta), su contenuto di clorofilla

fogliare, produzione per pianta e ripartizione percentuale in classi di pezzatura su alberi adulti (cv

Abate Fétel /BA29)

Table 2. Effect of soil compost supply (7,5 kg/tree), on chlorophyll content, yield and fruit size

classes of pear trees (cv Abbe Fétel /BA29).

1Percentuale calcolata sul peso totale 2Percentuale calcolata sul peso della produzione totale di calibro > 65 mm

(da Sorrenti et al., 2005)

TRATTAMENTO Clorofilla

fogliare

(Unità Spad)

Produzione

pianta

(kg)

Ripartizione percentuale della produzione

in classi di pezzatura

(diametro in mm)

< 65

65/70 70/75 75/80 > 80

Controllo 37 b 31,0 b

36 a 1 42 a

2 33 20 5 b

Fe-chelato 41 a 49,0 a 32 a 40 a 40 17 3 b

Compost 40 a 47, 8 a 15 b 16 b 33 31 20 a

Significatività *** ***

* * ns ns **

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Tabella 3. Effetto dell’apporto di boro in post-raccolta al suolo ed alla chioma sulla concentrazione

di B nei differenti organi del pero (cv Decana del Comizio/BA29). I valori si riferiscono alla

percentuale di boro marcato proveniente dal fertilizzante.

Table3. Effect of post-harvest foliar and soil boron fertilization on B concentration in different

organs of pear trees (cv Comice/BA29).Values are percent of boron derived from labelled fertilizer.

(da Sànchez et al., 1998)

Percentuale di B proveniente dal fertilizzante

Epoca Organo Apporto di

B al suolo (8 g ac. borico /albero)

Apporto di

B fogliare (500 ppm)

Apporto di

B fogliare (500 ppm)

+ urea (2,5%)

(%) (% ) (%)

Novembre Foglie senescenti 0.0 c 1.5 b 20.0 a

Dicembre Gemma mista 0.5 c 21.9 b 29.9 a

Ramo 1.3 c 15.9b 28.7 a

Corteccia 0.2 b 6.2 a 8.2 a

Legno 1.6 c 6.5 b 11.4 a

Radici 61.0 a 7.9 b 9.7 b

Marzo Corimbi 1.8 b 17.7 a 22.9 a

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Tabella 4. Concentrazione fogliare di macro e microelementi ritenute ottimali per la cv Abate Fétel

coltivata in Emilia-Romagna in tre diverse epoche.

Table 4. Reference values of leaves mineral concentration for pear trees (cv Abbe Fétel) growing in

the Po valley (Italy) at 3 different phenological stages (% dw).

ELEMENTO EPOCA

Caduta petali Allegagione Metà luglio

N % ss 2.80 - 3.40 1.95 - 2.70 2.00 - 2.45

P % ss 0.30 - 0.40 0.16 - 0.22 0.14 - 0.20

K % ss 1.60 - 2.20 1.25 - 2.00 0.80 - 1.50

Ca % ss 0.70 - 1.10 0.90 - 1.70 1.10 - 1.90

Mg % ss 0.25 - 0.40 0.30 - 0.60 0.35 - 0.50

B ppm 30 - 65 20 - 60 15 - 50

Fe ppm 50 - 90 60 - 120 60 - 95

Mn ppm 20 - 50 10 - 60 20 - 60

Cu ppm 20 - 30 5 - 50 25 - 50

Zn ppm 30 - 50 15 - 50 30 - 50

(da Baldi et al., 2004)

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