La Domenica Settimanale

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d'informazione con inchieste, reportage, cronaca, storie, interviste, cultura Cosentino alla sbarra La vita vale poco La pax dei padrini Rinviato a giudizio l’ex sottosegretario Leggi a pagina 6 Fu ucciso per errore confuso con un altro Leggi a pagina 8 Marano, stop ai ribelli firmato l’ “armistizio” Leggi a pagina 9 Terra dei fuochi Aumentano i tumori è emergenza infanzia Leggi a pagina 12 N. 6 | 24 Novembre 2012 - Anno I Diego Armando Maradona in una rara foto con i vertici del clan Giuliano. Quell’anno Il Napoli tra sospetti perse lo scudetto Diego Armando Maradona in una rara foto con i vertici del clan Giuliano. Quell’anno Il Napoli tra sospetti perse lo scudetto Diego Armando Maradona in una rara foto con i vertici del clan Giuliano. Quell’anno Il Napoli tra sospetti perse lo scudetto Diego Armando Maradona in una rara foto con i vertici del clan Giuliano. Quell’anno Il Napoli tra sospetti perse lo scudetto L’abbraccio

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è un periodico d'informazione con inchieste, reportage, cronaca, storie, interviste, cultura. E' il numero 6 - Novembre 2012 anno I°

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d'informazione con inchieste, reportage, cronaca, storie, interviste, cultura

Cosentino alla sbarra La vita vale poco La pax dei padrini

Rinviato a giudiziol’ex sottosegretario Leggi a pagina 6

Fu ucciso per errore confuso con un altro Leggi a pagina 8

Marano, stop ai ribelli firmato l’ “armistizio”Leggi a pagina 9

Terra dei fuochi

Aumentano i tumoriè emergenza infanziaLeggi a pagina 12

N. 6 | 24 Novembre 2012 - Anno I

Diego Armando Maradona in una rara foto con i vertici del clan Giuliano. Quell’annoIl Napoli tra sospetti perse lo scudetto

Diego Armando Maradona in una rara foto con i vertici del clan Giuliano. Quell’annoIl Napoli tra sospetti perse lo scudetto

Diego Armando Maradona in una rara foto con i vertici del clan Giuliano. Quell’annoIl Napoli tra sospetti perse lo scudetto

Diego Armando Maradona in una rara foto con i vertici del clan Giuliano. Quell’annoIl Napoli tra sospetti perse lo scudetto

L’abbraccio

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I Sicilianigiovani

"A CHE SERVE ESSERE VIVI, SE NON C'E' IL CORAGGIO DI LOTTARE?"www.isiciliani.it

SOTTOSCRIVI PER I SICILIANI GIOVANIIT 28 B 05018 04600 000000148119

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L'ARIADELLA

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La Domenica La Domenica Settimanale Settimanale N. 6 | 24 Novembre 2012 - N. 6 | 24 Novembre 2012 - Anno IAnno I 3

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Diego con il gotha del clan A Forcella business del calcio taroccato 4Il videolibro “Il Casalese” Immagini in esclusiva su Cosentino 7

Guai per la Romeo Spa Censurato affidamento10Teatro San Carlo a piccoL'appello: “Abbonatevi” 11Campania Infelix E' ecocidio 15Centri commerciali in kitTrucchetti e procedure opache16Caso Girolamini C'era un sistema criminale 17La mostra “Nero Scampia” Mario Spada al Mav20L'ultimo bunkerIl libro del pm Catello Maresca24

LA SVISTA Quella foto mette i brividi

***

a prima pagina della Domenicasettimanale.it riproduce una foto inquietante: Diego

Armando Maradona che brinda con il gotha del clan Giuliano di Forcella. Lo scatto risale alla fine degli Ottanta quando la squadra del Napoli lascio clamorosamente il suo secondo scudetto al Milan. Episodio doloroso che sono in tanti a non aver dimenticato. Anche alla luce di questa nuova immagine tornano i sospetti: quel Napoli delle meraviglie il campionato italiano lo perse davvero sul campo? Il clan Giuliano era specializzato nel totonero e nelle scommesse clandestine. Mentre il deputato Nicola Cosentino è stato rinviato a giudizio per l'inchiesta “il Principe”, la casa editrice Centoautori non si ferma e produce il videolibro “Il Casalese”, storia per immagini dell'ex sottosegretario all' Economia. Con il numero di questo mese raccontiamo con un articolo a firma di Antonio Di Costanzo la storia di Nicola Nappo, 23 enne, ucciso per errore tre anni fa. Vi segnalo la pax mafiosa sancita a Marano e i nuovi guai per la Romeo Spa. Il teatro San Carlo sempre più con i conti in rosso chiede ai napoletani di abbonarsi mentre da leggere tutto di un fiato il reportage di Filomena Indaco sulla “Terra dei Fuochi”. Interessante un'inchiesta di Ferdinando Bocchetti sui centri commerciali fatti in kit a Napoli e in provincia. Si annunciano novità nell'inchiesta dei libri trafugati alla biblioteca dei Girolamini e per sorridere lo scherzoso racconto per fotomontaggi su Sergio Merchionne. Sul fronte della cultura da vedere la mostra del fotografo Mario Spada al Mav di Ercolano e l'approfondimento di Giovanni Cardone su Pompei. Chiude come sempre la pagina dei libri. Vi auguro buona lettura.

L

Periodico d'informazione con inchieste, reportage, cronaca,

storie, interviste, cultura. Giornale in Pdf scaricabile da

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“Le cose più affascinanti

nascono soltanto con un pizzico di fantasia, con un

po’ di ardimento e di irresponsabilità.

Se si riflette troppo, si circola

soltanto nell’ambito dei progetti piatti”

Giuseppe(Joe)

Marrazzo

EditoreTUTTI GIU' X TERRA

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Arnaldo CapezzutoRedazione

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Lina AndreozziProgetto editoriale settimanale

GAJ - Graphic Art JuliaHanno collaborato gratuitamente:

Ferdinando Bocchetti, Filomena Indaco Antonio Di Costanzo, Giovanni Cardone,

Monica Capezzuto, Genny Attira, Pier Paolo Milanese,

Luigi Fonderico, Claudio Riccardi

N.6 - chiuso il 24 Novembre 2012 - Anno IReg. Stampa Tribunale di Napoli

n. 30 del 23 maggio 2012

Responsabile del trattamento dati(D.LGS- 30/06/2003 n.196)

Arnaldo Capezzuto

LA FOTO

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saltata fuori dopo 26 lunghi anni dall'oblio. Una foto che fa letteralmente

accapponare la pelle. É proprio un passato che non passa quello di Diego Armando Maradona, l'idolo del calcio mondiale, El pibe de oro, l'indimenticabile numero 10 del Napoli degli scudetti e delle coppe. L'asso argentino - nell'immagine - è attorniato dal gotha del clan Giuliano. Questo scatto - fin ad ora ignoto - farebbe parte di un book di settanta foto, molte delle quali dedicate alle feste private, organizzate a Forcella, tra i padrini del clan e il fuoriclasse Diego Armando Maradona, sequestrate il 27 febbraio del 1987, dalla Squadra mobile di Napoli, nel corso di un controllo nell’appartamento di Carmine Giuliano, 'o Lione all’epoca latitante. La cosca di Forcella fu il “socio di maggioranza” della Nf (nuova famiglia), un'alleanza che condusse una guerra spietata contro la Nco di Raffaele Cutolo disseminando le strade della città di morti ammazzati. Il clan Giuliano a cavallo degli anni Ottanta e Novanta comandava a Napoli come in provincia. L'attività illegale più lucrosa della cosca era il calcio scommesse, il traffico di droga, il contrabbando, senza dimenticare il lotto clandestino, la merce taroccata, il racket e l'usura. Il ricordo corre a quegli anni e di come il Napoli perse clamorosamente -

É contro tutti i pronostici - il suo secondo scudetto, dato già per vinto e strappato “inspiegabilmente” dal modesto Milan di Arrigo Sacchi. Diego Armando Maradona era di casa al rione Forcella. Frequentava i Giuliano, era in rapporti con loro, riceveva favori, faceva favori. Una pagina giudiziaria che non è stata mai davvero approfondita fino in fondo. Impressiona la foto che pubblichiamo, altro che “cattive amicizie”. Partendo da destra dietro il Pibe de oro c'è Luigi Giuliano, cugino omonimo del boss Lovigino ma più noto per essere il padre di quel Salvatore, che il 27 marzo del 2004, uccise nel corso di un conflitto a fuoco la 14enne Annalisa Durante. Si vedono Carmine 'o Lione e Raffaele 'o Zui Giuliano. Poi c'è un altro Luigi Giuliano detto Giggino 'a Zecchetella, figlio di Giuseppe (ammazzato in un agguato in vico Carbonari) e fratello di Pio Vittorio, padre di Lovigino e fratelli che costituirono l'architrave del clan. Infine c'è Enzo Guida, cognome altisonante e personaggio di spessore. Dalla foto - in modo postumo - si capisce che Diego conosceva bene i vertici del clan e li frequentava con disinvoltura e senza imbarazzo. La domanda è scontata: queste amicizie influirono, condizionarono i risultati del Napoli di quegli anni? E Maradona cosa ricorda ?

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Diego brinda con il gotha dei GiulianoLa foto inedita è saltata fuori dopo 26 anni dall'album segreto del clan El Pibe de oro festeggiò il suo compleanno con l'allegra combriccola Nel calcio scommesse, la cosca di Forcella aveva il suo business

É la celeberrima foto pubblicata in esclusiva dal quotidiano “Il Mattino” che ritrae Diego Armando Maradona, la leggenda del calcio di tutti i tempi, in una sontuosa vasca da bagno a forma di conchiglia in compagnia di Carmine 'o Lione e Raffaele 'o Zui Giuliano dell'omonimo clan-famiglia camorrista. Un'immagine choc che nel 1987 fece il giro del mondo. E dovevano vederla proprio tutti; il più forte calciatore, El Pibe de oro, che va a casa dei più potenti boss della camorra di allora. Un messaggio simbolico: “Perfino Diego deve omaggiarli”. Storia che si ripeterà in epoche diverse con altri calciatori del Napoli e nuovi capi emergenti della camorra.

di Arnaldo Capezzuto

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La Domenica La Domenica Settimanale Settimanale N. 6 | 24 Novembre 2012 -N. 6 | 24 Novembre 2012 - Anno IAnno I 5Un'attrazione fatale quella dei boss con i campioni del calcio. Del resto si farebbero cose da pazzi per farsi immortalare in una foto con il proprio beniamino. Non è sempre tutto oro quello che luccica. Fa davvero una certa impressione venire a sapere che gente osannata come Ezequiel Iván Lavezzi, Marek Hamsik, Fabio Cannavaro, Roberto Carlos, Mario Balotelli e altri, per curiosità, per superficialità, per casualità vengano a contatto con padrini, affiliati, latitanti, pregiudicati. Insomma ormai non ci si meraviglia più di nulla se escono fuori scatti compromettenti e storie che fanno davvero accapponare la pelle.

iego Armando Maradona ha fatto scuola. Dopo di lui, gli altri. Chi ha

vissuto e visto da vicino le frequentazioni de El Pibe de oro negli anni del suo interregno a Napoli, adesso non si meraviglia più di nulla. Che il calciatore Hamsik sia ritratto in un ristorante napoletano accanto al boss scissionista Domenico Pagano, appare quasi come un fatto normale. Si sa poi a Napoli c'è la camorra e bisogna pur conviverci. É la giustificazione che all'occorrenza si tira fuori dal cassetto delle scemenze per autoassolversi. Non fa notizia neppure se, nel corso di una perquisizione in un covo di Scampìa, gli investigatori trovano un paio di foto fatte in Spagna in cui sono ritratti il campione del mondo Fabio Cannavaro con un malavitoso e il calciatore Roberto Carlos con un personaggio di rango della camorra, quando entrambi i campioni militavano nel Real Madrid. L'obiezione è immediata: anche i camorristi sono dei tifosi. Nulla da eccepire. Ma ciò che inquieta è l'attrazione fatale tra mondi solo apparentemente distanti. Una prova è lo strano tour di Mario Balotelli nelle Vele di Scampìa con annesso incontro con i capi-piazza e sguardo alla mercanzia. Non colpisce neppure l'ex fuoriclasse del Napoli, Lavezzi, che durante un interrogatorio attinente al processo sul riciclaggio ammette di conoscere il latitante Antonio Lo Russo, figlio dell'ex boss e adesso collaboratore di giustizia Antonio O' capitone. Anzi si scopre che i due si frequentavano assiduamente. “Non sapevo che fosse un camorrista. Veniva da me perché sapevo essere un tifoso ultrà del Napoli. Con Antonio Lo Russo giocavo spesso con la play station”. Verità parziali. A volte agganciare ultrà estremisti e personaggi contigui alla camorra, serve agli stessi calciatori per giocare con minore pressione. A volte poi possono tornare utile certe frequentazioni, ad esempio quando bisogna andare a ridiscutere i contratti con la società.

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L'inchiesta è quella del “Principe e la scheda ballerina” che portò in cella 54 persone. Il deputato Pdl fu graziato dal voto del Parlamento che disse “no” al carcere con la Lega determinante

a somma di 23 accuse ha un risultato: Nicola Cosentino, deputato Pdl, già

sottosegretario all'Economia con delega al Cipe nel governo Berlusconi ed ex coordinatore del Pdl in Campania è stato rinviato a giudizio. La decisione è stata presa, martedì 20 novembre, dopo una breve camera di consiglio, dal giudice per l'udienza preliminare Eduardo De Gregorio, che ha anche fissato la data della prima udienza: il prossimo 23 gennaio. In quella data Cosentino comparirà in veste di imputato davanti ai giudici della prima sezione del Tribunale Collegio A. Ma torniamo all'inchiesta. Gli elementi di prova raccolti nel corso di questi mesi dai pm Antonello Ardituro e ed Henry John Woodcock hanno permesso al Gup di ritenere fondata la loro richiesta di rinvio a giudizio. Dalle carte emergerebbe, infatti, l'intero contesto collusivo in cui sarebbe maturato l'operazione “il Principe”, cioè la costruzione del centro commerciale (poi non realizzato) a Casal di Principe a opera della Vian srl con capitali, sostiene la Dda, della camorra e con lo sponsor politico di Nicola Cosentino. L'ex sottosegretario avrebbe partecipato all'affare intervenendo sui vertici romani di Unicredit, per sbloccare un finanziamento schermo da 5 milioni di euro. Soldi necessari per acquistare i terreni dove edificare il

L

complesso commerciale. A mettere nei guai l'ex coordinatore del Pdl campano sono anche stati alcuni assegni, il cui cambio si è tramutato in un'ipotesi reato: concorso esterno in associazione mafiosa, allo scopo di favorire gli uomini della cosca dei Casalesi. Alla luce di questo nuovo rinvio a giudizio (l'ex sottosegretario è già sotto processo a Santa Maria Capua Vetere per concorso esterno ad associazione di stampo mafioso, per aver agevolato ditte vicine al clan dei casalesi nello smaltimento rifiuti) per il Pdl e il segretario Alfano si pone ancora con più forza l'opportunità di ricandidare, per la quinta volta, Nicola Cosentino al Parlamento. Un politico sul quale pendono due richieste di arresto (entrambe respinte da Montecitorio) e il pronunciamento dei giudici della Suprema Corte che hanno bollato Cosentino come

persona "Socialmente pericolosa". Da ricordare, infine, la più volte censurata iniziativa giudiziaria assunta da Giovanni Cosentino all'indomani della pubblicazione del volume "Il Casalese - Ascesa e tramonto di un politico di Terra di Lavoro". A cominciare dalla richiesta di sequestro e distruzione delle copie in commercio con allegata una nota spese di

oltre 1,2 milioni di euro per danni. Iniziative che non sono evidentemente bastate per fermare l'editore del “Casalese”, che ha recentemente portato in libreria anche un videolibro che porta lo stesso titolo della più famosa inchiesta giornalistica. Inchiesta che, va ricordato, ha permesso ai nove giornalisti che hanno firmato il libro di

aggiudicarsi il premio “Paolo Giuntella” per la libertà d' informazione.

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di Arnaldo Capezzuto

L'udienza è fissata per il prossimo 23 gennaio al Tribunale di Napoli

Contestate all'ex sottosegretario Pdl ben 23 capi d'imputazione

Cosentino alla sbarraaccusato di aver usato soldi del clan

Un contesto collusivo dovecamorristi, imprenditori, impiegati pubblici infedeli e l'onorevole Cosentino tramavano per favorirei Casalesi

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l libro inchiesta “Il Casalese – ascesa e tramonto di un leader di terra di

lavoro”, pubblicato dalla casa editrice CentoAutori e scritto da nove giornalisti campani, la maggior parte di loro precari, è diventato un documentario ed anche una pièce teatrale scritta e diretta dal regista Riccardo De Luca e interpretata dagli attori di Experimenta Teatro. Il documentario parte dalle immagini dell’aula di Montecitorio, dove viene negata la richiesta di arresto di Cosentino. Il video consegna le immagini inedite della storia politica di Nicola Cosentino, uno spaccato nitido e a tratti avvilente degli intrecci e interessi economico-criminali che hanno fatto la fortuna dell’ex uomo forte del Pdl in Campania. Storie di corruzione politica e collusione camorristica. Personaggio controverso e definito dai giudici della Cassazione “Il referente nazionale del clan dei Casalesi”, nella sentenza di respingimento del ricorso contro la

I seconda richiesta d’arresto emessa dalla procura partenopea. All'ombra dell'enorme potere accumulato da Nick 'o Mericano si snoda una famiglia-azienda tentacolare con forti interessi economici: negli idrocarburi, nell'energia e

nel mercato immobiliare. E proprio Giovanni Cosentino, uno dei fratelli del deputato del Pdl, titolare delle aziende: Aversana Petroli e Ip Service, che sono considerate la cassaforte di famiglia, ha intentato una causa contro l'editore e gli autori de “Il Casalese”. Nei trenta minuti audio-video de “Il Casalese”

sono ricostruiti, attraverso una documentata ricerca d’archivio, le vicende politiche e giudiziarie dell’ex sottosegretario all’Economia con delega al Cipe, Nicola Cosentino e di tutta una serie di personaggi a lui vicini, a partire dal decaduto presidente della provincia di Napoli e deputato nazionale del Pdl, Luigi Cesaro -detto “Giggino a

purpetta”- fino a sindaci, imprenditori e testimoni di giustizia che con le loro

dichiarazioni hanno ricostruito la rete della corruzione all’ombra del Vesuvio, tra le province di Napoli e Caserta, lungo quelli che sono i luoghi simboli del potere politico-camorristico: Scampia e Casal di Principe. Tra poche settimane si aprirà il contenzioso giudiziario che vede quattro autori

del libro e l’editore citati in giudizio per una presunta diffamazione a mezzo stampa. Il libro “Il Casalese – ascesa e tramonto di un leader di Terra di Lavoro” Edito dalla edizioni CentoAutori fa parte della collana “Fatti e Misfatti” diretta e curata dal giornalista Nico Pirozzi. Per il lavoro di documentazione e ricerca, i nove autori del testo e la casa editrice Cento Autori, hanno ricevuto diversi riconoscimenti, tra cui il premio Giuntella per la libertà di informazione.

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Il videolibro “il Casalese”L'inchiesta che ha svelato gli affari della famiglia di 'o mericanoPer evitare le manette, scatta la corsa alla ricandidatura

di Claudio Riccardi

Nel documentario le immagini inedite della storia politica di Nicola Cosentino

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Nicola Nappo, 23 anni, fabbro, venne ucciso nel 2009 per uno sbaglio

I killer restano impunitiPreso l'uomo del commando che fornì l'auto per l'esecuzione

The Independent: “La vita a Napoli vale poco”

a vita di Nicola Nappo, fabbro di 23 anni, finisce il 9 luglio 2009. Nicola è

in via Roma a Poggiomarino quando due sicari scesi da una Fiat Punto lo massacrano a colpi di pistola a pochi passi dal Municipio. Nappo è una vittima innocente. I killer in realtà cercavano Carmine Amoruso, un giovane aspirante boss, legato al clan dei Giuliano. Era lui il vero obiettivo. Muore, invece, lo sfortunato fabbro che paga con la vita la sua somiglianza al camorrista. Nell'agguato resta ferita di striscio da un proiettile di rimbalzo anche una ragazza frequentata in passato da Amoruso. Il fatto che la donna fosse vicino a Nappo, forse, contribuisce allo scambio di persona. La vicenda del 23enne conferma che nelle terre di Gomorra si può morire per nulla, come denuncia anche The Independent in un reportage sulla nuova faida di Scampia: “La vita a Napoli vale poco, 160 morti per errore”, scrive il giornale inglese. Nappo è vittima inconsapevole di una “contro-ritorsione” tra gang di giovani malviventi. I killer

L vogliono uccidere Amoruso per vendicare l'affronto che il giovane ha compiuto nei confronti di uno dei rampolli della famiglia Sorrentino, i cosiddetti “campagnoli” di Scafati. Il 21 giugno del 2009, pochi giorni prima dell'agguato mortale, Amoruso si presenta a Scafati con alcuni suoi amici davanti alla chiesa di Sant'Antonio Vecchio. Anche lui deve compiere una ritorsione

contro i “campagnoli” che hanno malmenato un pusher passato tra le sue schiere. Il gruppo di Poggiomarino vuole mostrare i muscoli e imporsi sul territorio secondo l'unica legge della camorra: quella della violenza. Ne nasce una rissa brutale, durante la quale Amoruso colpisce alla testa con un cric a fisarmonica il figlio di un ergastolano dei “campagnoli”. L'affronto, secondo l'ottica della camorra, è

gravissimo e il clan di Scafati decide di presentare un conto di sangue. Il 9 luglio due killer piombano a Poggiomarino, ma sbagliano obiettivo e uccidono Nappo, incuranti della gente che riempie la strada nel centro della cittadina. A tre anni di

distanza dall'omicidio, i carabinieri arrestano Antonio Cesarano, 32 anni di Pompei. Nei suoi confronti il gip Ludovica Mancini emette un'ordinanza di custodia cautelare su richiesta dell'Antimafia. Secondo quanto emerso dalle indagini, Cesarano avrebbe fornito la sua auto, una Fiat Punto, ai sicari entrati in azione in via Roma a Poggiomarino e poi ne avrebbe denunciato falsamente il furto. L'auto è stata ritrovata bruciata poco dopo il raid. Da quanto appurato dagli investigatori l'uomo sarebbe stato cosciente del fatto che l'automobile sarebbe stata usata per un agguato, ma che è stato comunque costretto a cederla perché, così come promesso, non era riuscito a trovare un altro mezzo da fornire ai killer. La Dda, anche grazie al contributo di collaboratori di giustizia, riesce a chiarire così tutti i retroscena della tragedia del giovane fabbro finito senza colpe in un regolamento di conti nato da un rissa tra gang. “Questa vicenda dimostra che la procura e la polizia giudiziaria non dimenticano l'omicidio delle persone innocenti, ma continuano a indagare fino a quando il caso non è risolto - afferma il procuratore Giovanni Colangelo - il nostro impegno per risolvere anche questo caso è fortissimo”. Colangelo, però, sottolinea che spesso la collaborazione dei cittadini è scarsa o inesistente: “Ci sono casi in cui possiamo contare solo sulle nostre forze”, dice il numero uno della Procura.

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Un giovane in una lite colpì con un cric il figlio di un ergastolano.Per vendetta venne uccisoerroneamenteil fabbro, 23enne

Nappo restò vittima inconsapevole di una “contro-ritorsione” tra gang di giovani

malviventidi Antonio Di Costanzo

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hilometri di strade interdette al traffico veicolare. Controlli a tappeto

all'esterno o in prossimità di bar e locali e negli altri punti di ritrovo dell'area a nord di Napoli. Check point, pattuglie, militari armati fino ai denti, traffico in tilt, cittadini terrorizzati. Non è Beirut o Kabul, ma quel che accade - ormai con cadenza giornaliera - nelle città di Melito, Arzano, Mugnano e Marano e nei quartieri più prossimi a Scampia, Chiaiano e Marianella. Nelle zone calde della “faida” tra “scissionisti” e “girati”.Uno spiegamento di forze senza precedenti (centinaia le pattuglie impegnate nelle operazioni), supportate dalla presenza di elicotteri che sorvolano i territori per tutta la durata dei blitz. Operazioni altamente simboliche, insomma, per far sentire il fiato sul collo ai latitanti e rimarcare nel contempo la presenza dello Stato sul territorio. Nel corso delle attività, che proseguiranno anche nelle prossime settimane, le forze di polizia hanno effettuato centinaia di controlli, identificazioni, ma anche perquisizioni nelle abitazioni di pregiudicati, camorristi e di affiliati ai vari clan.

C

Controllo serrato del territorio

L'obiettivo numero uno, dopo la cattura di Rosario Guarino, detto “Joe Banana”, (foto accanto) è sempre lui: Mario Riccio (meglio conosciuto come Mariano), il golden boy della camorra napoletana inserito nella lista dei super ricercati d'Italia. Proprio lui, quel ragazzo di appena 21 anni figlio di un piccolo spacciatore affiliato ai Polverino, nipote di un ex dipendente del Comune di Marano e genero del boss scissionista Cesare Pagano. Riccio - secondo gli inquirenti - sarebbe il capo dei “ribelli” che nei mesi scorsi avevano tentato l'assalto alla città roccaforte dei Polverino, clan fortemente indebolito dopo gli arresti eseguiti nei mesi scorsi, nel tentativo di accaparrarsi nuovi spazi di manovra.Un' “impresa” di portata storica, quella

tentata da Riccio e dai suoi gregari, che sarebbe poi sfociata - complice l'intervento di importanti famiglie e di nuove leve pronte a subentrare ai vecchi padrini - in una pax basata sulla spartizione di alcuni

traffici. Famiglie di spicco nel panorama della camorra e personaggi della mala locale che - almeno secondo i rumors - sarebbero ritornati in gioco dopo anni di oblio.

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La strategia: É caccia ai giovani latitanti

Marano, la pax dei padrini stop ai ribelli della rottamazioneFallisce il sogno di Mario Riccio, il golden boy del clan

di Ferdinando Bocchetti

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La Domenica La Domenica Settimanale Settimanale N. 6 | 24 Novembre 2012 -N. 6 | 24 Novembre 2012 - Anno IAnno I 10

a Romeo Spa ha messo fuori l'artiglieria pesante. I bombardamenti avvengono su più

versanti. La strategia è di attaccare a testa bassa. La data è vicina: il 16 dicembre prossimo scadrà il contratto che lega da 22 anni la società di gestione immobiliare con Palazzo San Giacomo. La Giunta presieduta dal sindaco Luigi De Magistris ha deciso di non decidere, barcamenandosi tra bando di gara, proroga e qualche idea creativa. Mentre l'assessore al Patrimonio del Comune di Napoli sfoglia la margherita, il patron Alfredo Romeo muove le truppe e organizza la guerriglia. Per ora l'immobiliarista è alla fase dell'accerchiamento, una strategia ben appresa nel corso della Prima Repubblica quando i politici erano come delle cavallette fameliche e bisognava sfamarli per ottenere servigi. É crollata la prima Repubblica, della seconda ci sono soltanto le macerie e il sistema resta sempre quello. Certo qualche flop non è mancato. L'affare Global Service duole ancora. Gli assessori sfrantumati della Giunta guidata da Rosa Russo Iervolino non erano all'altezza, anzi per colpa loro il prenditore-imprenditore finì nuovamente nel carcere di Poggioreale beccandosi – in primo grado – anche una condanna a due anni per corruzione. Dietro l'angolo c'è imminente l'appello e il giudizio per gli abusi commessi da Romeo nella realizzazione del suo hotel extra-lusso in via Cristoforo Colombo, zona dell' “Antica Dogana”, che dà il nome ad un progetto tanto caro all'immobiliarista. Casualmente una serie di articoli comparsi su prestigiosi giornali nazionali accreditano Romeo come “un player di valore internazionale”. Sorprende il potere di preveggenza dell'attuale assessore al Patrimonio Tuccillo, infatti, il 21 agosto scorso, in un intervento pubblicato a pagina IX sul quotidiano “La Repubblica-Napoli”, elencò una serie di ipotesi strategici del Comune per gestire il patrimonio pubblico. In particolare l'assessore illustrò il punto C: “L'ipotesi dell'affidamento a Consip (organismo del ministero delle Finanze) non presenta controindicazioni. Questo ente, infatti organizza ed espleta gare su tutto il territorio nazionale, con players di assoluta affidabilità”. Alfredo Romeo

Lc'è e combatte. Bene, bravo, bis assessore. É stato chiarissimo. Neppure c'è da aggiungere altro. L'assessore Tuccillo ha una manifesta propensione all'annuncio di querele facili via ufficio stampa. Constatiamo che la giunta regionale della Campania diretta dal presidente Stefano Caldoro ha portato in dote 783 mila euro ad Alfredo Romeo aderendo alla convenzione tra Consip (che coincidenza, sic!) e l'immobiliarista. A quest'ultimo palazzo Santa Lucia gli ha affidato fino al 2016 la manutenzione degli impianti delle proprie sedi. Cioè la Romeo gestioni Spa nei fatti

è diventata (vedesi punto C) un “players di assoluta affidabilità” proprio dell'organismo del ministero delle Finanze. É solo uno dei tanti casi di profezia che si auto-adempie. É chiromanzia amministrativa. Peccato però che come riporta il sito http://www.italiaoggi.it l'autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, il 29 ottobre con decisione numero 87 ha stabilito che la Romeo gestioni Spa, capofila napoletana del raggruppamento temporaneo di imprese Rti Romeo

gestioni spa, al quale è stato affidato impropriamente uno dei contratti del lotto numero 9 di una delle due gare comunitarie (Fm1 e Fm2) a procedura aperta bandite da Consip Spa per la “fornitura di servizi di facility management per immobili in uso a qualsiasi titolo alle Pubbliche Amministrazioni, adibiti prevalentemente a uso ufficio”, abbia ricevuto in dono oltre 9 milioni di euro senza averne diritto. Un autentico cadeau, almeno così lo definisce l'Avcp, che scrive: “Si è configurato, nei fatti, un affidamento diretto che ha attribuito un ingiustificato vantaggio, pari a oltre 9 milioni di euro alla Romeo Gestioni spa, in quanto aggiudicataria di un lotto diverso da quello di pertinenza della commessa in esame, secondo le regole sancite dal capitolato tecnico predisposto dalla stessa Consip Spa”. Ma Romeo si consola con la sua Napoli: all'ombra della rivoluzione arancione l'imprenditore dorme sonni tranquilli: vende, compra, rivende e ricompra immobili, tappezza la città di manifesti, incassa milioni di credito dal Comune di Napoli e fiducioso aspetta il progetto “Dogana Antica”. Nel frattempo i suoi generali preparano le truppe per sferrare l'attacco finale e riprendersi con creatività la gestione del patrimonio immobiliare del Comune di Napoli.

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Questo matrimonio con il Consip non s' ha da fare

Guai per la Romeo spa L'Avcp censura un affidamento

Il Santo aggregatore

di Genny Attira

“Alfredo Romeo - News & info” è un aggregatore ufficiale di comunicati e news creato dal vulcanico imprenditore partenopeo. Un di più, visto che giornali e organi d'informazione sono ampiamente schierati con il patron dell'omonimo gruppo che generosamente ricompensa le redazioni con la solita pubblicità a pioggia. Consultando l'indirizzo Internet del blog curato dal suo staff Web http://alfredoromeo.wordpress.com/ alla voce “Chi sono” sembra di leggere la biografia di un Santo. Neppure un cenno agli insuccessi imprenditoriali e tanto meno ai guai giudiziari come la condanna a due anni di reclusione per corruzione. In compenso Romeo sembra aver conquistato la fiducia del direttore del “Sole 24 ore” che gli dedica endorsements quotidiani e imbarazzanti.

Ricordati che devi morire Il sindacato dell'Unione inquilini guidato da Domenico Lopresto ha lanciato mesi fa su Facebook un originale countdown quotidiano rivolto all'assessore al Patrimonio del Comune di Napoli Bernardino Tuccillo. “Mancano x giorni all'alba. Il contratto con Romeo gestione è quasi scaduto. Siamo qui a ricordare all'assessore alle dismissioni una scadenza imminente e importante del 3° contratto per la gestione del patrimonio immobiliare. In giro c'è chi dice, ma ormai è una certezza, che il committente privato avrà una proroga di 3 mesi. Il sindacato ha lanciato anche un'altra iniziativa: ha chiesto ufficialmente l'istituzione di una commissione d'indagine consiliare del comune di Napoli sui 20 anni di gestione privata del patrimonio pubblico da parte della Romeo gestioni Spa.

News & info

La Romeo Spaha schierato le truppe per condurre la “sua” guerra.In attesa dell'esito dell'Appello il patronsi preparaalla battaglia

Il Comune brancola nel buio, il 16 dicembre scadrà il contratto di gestione degli immobili e i rivoluzionari arancioni non sanno cosa fare. Dal cilindro di Tuccillo è uscito l'organismo del ministero delle Finanze da affiancare però da un player di valore. Chi sarà ?

Il countdown

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La Domenica La Domenica Settimanale Settimanale N. 6 | 24 Novembre 2012 - N. 6 | 24 Novembre 2012 - Anno IAnno I 11

Un botta e risposta tra il maestro De Simone e la soprintendente Purchia diventa occasione per parlare del Massimo napoletano e lanciare il grido d'allarme: “I conti sono in rosso per i troppi debiti ereditati dalle gestioni passate”. Nastasi denuncia: “I tagli incidono sul futuro dei teatri italiani”

orrei fare un appello a tutti i napoletani e campani: abbonarsi

ad un'istituzione culturale come è il teatro San Carlo è un atto civile e sociale. É il vero atto rivoluzionario che oggi possiamo fare. L'idea che il San Carlo sia per pochi, per un' élite, che costi tanto è da sfatare. C'è un pubblico nuovo che dobbiamo solo andare a cercare sul territorio”. A “comiziare” dalle colonne del “Corriere del Mezzogiorno” è Rosanna Purchia, soprintendente dell'Ente lirico partenopeo, per rispondere al maestro Roberto De Simone che aveva criticato gli attuali vertice del Teatro, il discutibilissimo livello di conduzione artistica e i guasti arrecati nei lavori di ristrutturazione del Massimo napoletano. La Purchia è una brava signora con amici importanti. Uno per tutti è Salvo Nastasi, (l'enfant prodige di Gianni Letta), dominus del ministero per i Beni e le Attività Culturali, ex commissario straordinario e ora consigliere del nuovo cda del San Carlo, nonché marito di Giulia Minoli, figlia del più famoso Mixer-Giovanni, casualmente nominata dall'allora commissario (il Nastasi cioè il

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consorte) responsabile del neonato “Museo e Archivio Storico del Lirico partenopeo”. La soprintendente snocciola cifre economiche da brivido del Teatro tra i più antichi d'Europa. “Abbiamo debiti per 19 milioni di euro, un mutuo di 7 milioni di euro contratto in passato per finanziare le attività, un milione e mezzo di interessi passivi all'anno. Ulteriori due milioni di euro di debiti nei confronti dei lavoratori che avevano una pensione aggiuntiva”. Numeri che mettono i brividi, dovuti principalmente a precedenti gestioni dissennate e alla significativa decurtazione di risorse statali come lo stesso Nastasi ha denunciato al Tg3 linea notte. Le domande - a questo punto - sono molte. Perché Nastasi nella sua funzione di commissario straordinario del San Carlo con una situazione economica così disastrosa ha creato strutture e dato vita ad iniziative poco remunerative per il Massimo napoletano? Perché e come sua moglie Giulia Minoli è

diventata tra i responsabili del “Museo e Archivio Storico del Lirico partenopeo”? Quando guadagna? Ecco, le critiche del maestro De Simone non sono proprio infondate, anzi al contrario meriterebbero rispetto e più che altro delle risposte documentate.

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Roberto De Simone: “Vertici inadeguati”

Rosanna Purchia: “Abbonatevi al lirico”

Teatro San Carloi conti non tornano

Giù il sipario: the family Con l''inchiesta “ Giù il sipario the family San Carlo” pubblicata sul numero 3 di agosto de “La domenica Settimanale” abbiamo raccontato fatti e misfatti all'ombra del Massimo napoletano.

http://www.ladomenicasettimanale.it/images/archivio/ladomenica_n3_24agosto2012.pdf

di Pier Paolo Milanese

La nostra inchiesta

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FOTOREPORTAGE

L'orrore quotidiano Terra dei Fuochi

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La Campania è avvelenata dallo bruciare perpetuo dei rifiuti. Un laboratorio di cancerogenesi dove i topi siamo noi accusano gli oncologi e denunciano l'aumento quasi epidemico delle patologie tumorali. Gli scienziati ipotizzano un progressivo indebolimento genetico per le popolazioni esposte a contaminazioni tossiche di Filomena Indaco

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La Domenica La Domenica Settimanale Settimanale N. 6 | 24 Novembre 2012 -N. 6 | 24 Novembre 2012 - Anno IAnno I 13L'avevano chiamato “Triangolo della morte”, facendo coincidere i suoi confini con le città di Acerra, Nola e Marigliano. Poi, forse quel nome non bastava più e per rafforzarne l’accezione negativa, l'hanno definita “Terra dei fuochi”: sono molti gli appellativi usati per descrivere la striscia di terra ed i Comuni che vanno da Nola al basso Casertano, lambendo la periferia Nord di Napoli. La linea di demarcazione si è estesa ed oggi abbraccia centinaia di Comuni, dalla zona Nolana fino alla zona Flegrea e Casertana. Qui, fin dal 1985, la camorra spadroneggia e interra carichi di rifiuti tossici provenienti dal Nord Italia e non solo.

a Campania avvelenata dai rifiuti è un laboratorio di cancerogenesi ed i

topi siamo noi. É l'allarme lanciato dagli oncologi che certificano l'aumento esponenziale delle patologie tumorali nei comprensori che ospitano discariche legali e illegali di rifiuti. Gli scienziati ipotizzano un indebolimento genetico per le popolazioni esposte a contaminazioni tossiche. C'è da condividere l'analisi anche se non si è scienziati: basta girare e guardare. La “terra dei fuochi” non ha confini geografici, ci sono i roghi continui, le colonne di fumo perenni, il crepitare della spazzatura, spesso accesa per abbassarla di volume, con la conseguente immissione di sostanze inquinanti e nubi tossiche, che avvelenano aria, terra e falde acquifere.

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L'ecomafia fa gli affari

Degrado ambientale, povertà e sullo sfondo migliaia di disperati che cercano di sopravvivere, avvelenando se stessi e gli altri: i rigattieri che bruciano ferraglie e fili di rame per estrarne i metalli, i nomadi che danno fuoco a masserizie nei lori campi, come denunciano i sindaci di Qualiano, Marigliano e Caivano. Sullo sfondo, auto rubate incenerite - come denuncia l'ex primo cittadino di Giugliano, Giovanni Pianese - che ha parlato di “presenza massiccia, non più sopportabile in termini di integrazione”.Si bruciano anche pneumatici per ricavarne il metallo interno e qualsiasi cosa possa diventare una fonte di guadagno perché il reale motore di quest'attività è lo smaltimento illecito, lo sversamento di qualsiasi tipologia di

rifiuti, urbani e industriali. Un affare dove l'ecomafia specula e ne approfitta offrendo un servizio: far scomparire fusti velenosi destinati allo smaltimento nei circuiti legali, nel “sistema” illegale. Ai colletti bianchi il compito di mettere le carte a posto. Pochi euro e c'è una marea di disperati pronta a tutto. Le normative, i controlli sono insufficienti. La presenza delle forze dell'ordine è insufficiente, le promesse di telecamere di videosorveglianza nei siti ritenuti a rischio restano parole al vento.

Denuncia-querela con 30mila firme

Il tutto avviene sotto gli occhi degli amministratori locali che neppure ordinano la rimozione dei rifiuti in modo da poter consentire poi, a chi sta dietro tutto questo, di recuperare i materiali ricavati dai roghi. Secondo i “Comitati dei fuochi”, quello dei roghi tossici in Campania, ha le dimensioni e la vastità di un dramma umanitario, causato “esclusivamente dallo smaltimento occulto dei rifiuti industriali”. Gran parte di questi rifiuti che ogni anno “scomparirebbe” nel nulla, sarebbe in realtà smaltita in Campania. La continua acquiescenza e celata condiscendenza a questo disastro, hanno spinto il “Coordinamento dei fuochi di Napoli e Caserta” ad un gesto estremo, quello di chiamare in giudizio tutte le Istituzioni che avrebbero dovuto vigilare per evitare il disastro che è ormai sotto gli occhi di tutti. Oltre 30 mila i firmatari della denuncia-querela che chiedono alla magistratura di accertare le responsabilità del governatore della Regione, dei Presidenti delle Province di Napoli e Caserta e dei rispettivi assessori competenti, oltreché dei sindaci dei Comuni interessati. Tra le accuse, anche quella di aver messo in discussione l'art. 32 della Carta Costituzionale che sancisce l'obbligo di tutela della salute dei cittadini come diritto dell'individuo ed interesse della collettività da parte dello Stato, oltre quella di aver violato l'art. 328 del Codice Penale, non avendo utilizzato tutti gli strumenti concessi dalla legge per affrontare e risolvere la questione. La denuncia è stata effettuata considerando anche come aggravante il fatto che i roghi non risultino essere un episodio sporadico ma siano, ormai, quotidiana realtà.

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Nelle foto le colonne di fumo denso e nero, i rifiuti dati alle fiamme, i bagliori della terra ,

fuochi che illuminano il buio della notte

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La Domenica La Domenica Settimanale Settimanale N. 6 | 24 Novembre 2012 - N. 6 | 24 Novembre 2012 - Anno IAnno I 14

“La Campania avvelenata dai rifiuti è un laboratorio di cancerogenesi ed i topi siamo noi”, l'accusa dell'oncologo Antonio Giordano, che da tempo denuncia la correlazione tra l'aumento delle patologie tumorali e i luoghi che ospitano discariche di rifiuti Ogni giorno vengono smaltite non meno di trentamila tonnellate di rifiuti tossici industriali, soprattutto attraverso i roghi. Nel 2010, il ricercatore Antonio Giordano, fondatore dello "Sbarro Institute" negli Stati Uniti, porta avanti il lavoro iniziato da suo padre quarant'anni

prima ed effettua studi che, superando il problema della mancanza di un registro tumori in Campania, riescono a dimostrare, utilizzando le schede di dimissione ospedaliera, l'incremento di tumori in età pre-screening (30/40 anni), nonché un’altra serie di danni che portano il ricercatore a parlare di un "dna colabrodo" per tutti gli abitanti delle province di Napoli e Caserta. Poi, nell'estate del 2012, arrivano i dati del dott. Maurizio Montella, direttore della struttura di epidemiologia al “Pascale” di Napoli, che parlano di un incremento della mortalità per neoplasie, a Napoli e

Caserta (proprio in quelle terre dove è maggiore l'esposizione agli sversamenti abusivi), del 47% per gli uomini e del 40% per le donne, mentre nel resto d'Italia il tasso di mortalità è addirittura diminuito. "Risulta impossibile ignorare il legame tra emergenza rifiuti, fumi tossici dei roghi e la crescita dei malati", sostengono i ricercatori della Fondazione Pascale di Napoli, che hanno condotto la ricerca, ipotesi, questa, avvalorata da una ricerca sul territorio che dura da più di vent’anni ormai e che non può più essere considerata inattendibile.

Processi giudiziari lunghi

Un vero e proprio grido d’allarme quello lanciato dal Dott. Montella. Ma in questo quadro, fortemente desolante, c’è un altro elemento che rende la questione ancor più problematica: la legge per l’istituzione di un registro tumori, in Campania, rischia di essere bloccata dalla spending-review del governo Monti perché sforerebbe il budget assegnato. Ma il registro tumori resta l’unico modo, reale e concreto, per dimostrare, in maniera scientifica, l’esistenza di un collegamento tra fattori ambientali e tumori. Molte sono le colpe, troppi i colpevoli della reiterazione di un fenomeno che non può più essere liquidato come “emergenza rifiuti” ma è ormai un’ecatombe a cui i cittadini chiedono che sia messa la parole fine, magari iniziando ad attribuire le giuste responsabilità a chi, per anni, invece dei roghi per strada, ha avuto solo fumo negli occhi. Di chi sono le responsabilità? Sono in corso una serie di procedimenti giudiziaria che vedono alla sbarra: politici, ex vertici delle istituzioni, manager, dirigenti d'azienda, camorristi e imprenditori borderline. Processi complessi e insidiosi con centinaia di testimoni: la minaccia seria è una prescrizioni generalizzata. A Napoli si dice : tutto finisce a tarallucci e vino chiaramente tranne per chi ogni giorno muore di cancro.

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Smaltimento di fusti e sostanze chimiche

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l dolore e la rabbia di chi, da troppo tempo, vive sulla propria pelle il più

grande omicidio di massa degli ultimi anni; parole forti, piene di commozione e prive di speranza quelle di don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, urlate con la consapevolezza di combattere contro un fuoco che sta bruciando la terra e le vite di chi, come lui, vive nella “Campania Infelix”, la Campania dei roghi e dei tumori. Diretto e sentito l’intervento del Parroco al convegno “Clan, rifiuti tossici e tumori” tenutosi all’Hotel Jolly di Caserta, lo scorso 19

I Novembre. Prima di essere un sacerdote, Don Maurizio è un uomo, che vede morire i suoi concittadini come vittime di una guerra che puzza di fumo e di rabbia, la rabbia di un popolo esasperato dall’indifferenza di chi avrebbe dovuto e potuto fare qualcosa, ma ha ignorato e fatto finta di non vedere i continui sversamenti illeciti di rifiuti nei territori Campani. “Sono stanco di celebrare funerali di bambini e giovani colpiti da tumore, questa mattanza deve finire”, queste le parole di don Patriciello, in un convegno che ha visto l’alternarsi di

figure istituzionali quali la 'signora' Prefetto di Caserta, Carmela Pagano, che ha sottolineato l’importanza di un lavoro di squadra e di una responsabilità delle istituzioni per la rigenerazione di un territorio in cui, però, non basterà più l’intervento unilaterale dello Stato ma occorrerà l’attribuzione di una responsabilità sociale anche ai cittadini. Il giudice Raffaele Cantone non ha nascosto le sue critiche alla struttura commissariale: “l’incapacità dei precedenti commissariamenti non ha portato ad un vero arretramento criminale ma solo allo 'spostamento' degli interessi della camorra dai rifiuti illegali a quelli legali e quindi, una conseguente monopolizzazione criminale dello smaltimento dei rifiuti”. Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente definisce questo scempio con un efficace neologismo da brivido 'ecocidio' e ricorda il debito che il Paese e le istituzioni hanno con queste terre per 25 anni di prolungati silenzi e connivenza con la criminalità.

Terre che sono inceneritori

Il convegno è stato fortemente voluto dalla deputata del Pd, Pina Picierno, che da anni si batte su questo versante: “in queste terre, non vi è più un’emergenza ma esistono i caratteri pericolosi di una normalità a cui la gente pare doversi abituare. C'è l'abitudine a veder morire persone giorno per giorno come se fossero i caduti di una guerra silenziosa e per questo ancora più insidiosa. Cittadini martoriati che restano, per alcuni, i soliti noti, solo freddi numeri di una statistica e di una correlazione tra roghi ed incremento di tumori”. Queste terre di morti e lutti, queste terre disperate, queste terre non più terre somigliano ad un grande unico inceneritore d’Italia.

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Don Maurizio Patriciello, il suo grido

Campania Infelix, è ecocidio famiglie martoriate da continui luttiDon Patriciello: “Stanco di celebrare funerali di bambini” di Filomena Indaco

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La Domenica La Domenica Settimanale Settimanale N. 6 | 24 Novembre 2012 - N. 6 | 24 Novembre 2012 - Anno IAnno I 16Il grande nuovo affare: megastore “pezzotti” alla conquista dei mercati

Centri commerciali fatti in kittrucchetti e procedure opache Acquisto di licenze: è boom

alano i consumi, chiudono i negozi, ma le strutture per la media e grande

distribuzione non conoscono crisi. A nord di Napoli, ma anche nei quartieri collinari del capoluogo partenopeo, Vomero e Arenella, è infatti un fiorire di centri commerciali, supermercati e alimentari: strutture che spesso sorgono in zone impervie, mal collegate, a ridosso dei centri storici, ma soprattutto di dimensioni “anomale”, cioè più grandi rispetto ai canoni imposti dalle normative comunali e regionali. Uno strano fenomeno su cui indagano forze di polizia e magistratura, che già da anni seguono con interesse il filone relativo al settore agro-alimentare. Un settore che, come volume di affari, secondo il rapporto Ecomafie di Legambiente, ha di gran lunga superato quelli tradizionali dell'edilizia e del traffico di stupefacenti.

C

Dietro il boomDietro il boom dei supermercati, in molti casi dichiarati come strutture di vicinato (meno di 250 metri quadri complessivi), si nascondono procedure amministrative al limite della regolarità. Il meccanismo per bypassare ordinanze e regolamenti è semplice quanto ingegnoso. Gli imprenditori, molti dei quali in odor di camorra, fanno leva principalmente su due tipi di espedienti. Primo espediente: dichiarano, anche grazie alla complicità di tecnici e funzionari comunali, superfici di vendita inferiori a quelle stabilite dalle normative,

scorporandole in pratica da quelle utilizzate per depositi e magazzini, ma con spazi che vengono ugualmente occupati da banchi vendita, frigoriferi e scaffali. Secondo espediente: acquisto e successivo accorpamento di più licenze, ma sempre finalizzate all'utilizzo di un unico esercizio commerciale.

Escamotage e “furbate”In pratica un assemblaggio di autorizzazioni (area vendita e area deposito) per aggirare lo scoglio dei fatidici mille metri quadri, soglia oltre la quale scatterebbe il parametro della grande distribuzione e che richiederebbe l'applicazione di procedure amministrative molto più complesse ossia il benestare della Regione o la preventiva attuazione di uno strumento di intervento per l'apparato

distributivo (Siad). In questi ultimi anni tuttavia, Siad o non Siad, si è assistito ugualmente al fiorire di negozi che, soltanto sulla carta, risultano essere di piccole dimensioni. Alcuni imprenditori infatti hanno sfruttato le vecchie normative, quelle antecedenti al 2000, altri invece si sono serviti di veri e propri escamotage, “furbate” di carattere burocratico, facendo leva sulla complicità degli amministratori locali. In questo modo molte attività commerciali sono sorte - in barba a tutti i criteri urbanistici e di buon senso - in zone della città e dell'hinterland di Napoli ad elevato rischio idrogeologico (collina dei Camaldoli e area flegrea in primis) e sprovviste di vie di fuga e infrastrutture previste dalla legge.

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Calano i consumi, chiudono i negozi, ma le strutture per la media e grande distribuzione non conoscono crisi. Sorgono in zone impervie, mal collegate, a ridosso di centri storici, ma soprattutto di dimensioni “anomale”, cioè più grandi rispetto ai canoni imposti dalle normative di Ferdinando Bocchetti

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Libri rubati, l'ira dei PmCaso Girolamini, si allarga l'inchiesta. C'era un vero sistema con ramificazioni internazionale con funzionari, politici e collezionisti

La giornata mondiale contro la violenza maschile sulle donne, si è celebrata

lo scorso 25 novembre, “non deve essere una

ricorrenza retorica e in qualche modo rituale”. Contro la barbarie del

femminicidio: sono 113 le donne uccise in Italia da inizio anno, di cui 73 dal

proprio partner.

Non serve condannare gli uomini all'ergastolo per

impedire che altri uomini commettano femminicidio,

serve lavorare sulla prevenzione

Per telefono Rosa le violenze quest'anno hanno fatto segnare un aumento all'interno dei rapporti

sentimentali, con una quota dell'85% sul totale, il 3%

in più rispetto al 2011.

il fenomeno della violenza contro le donne è trasversale e

multinazionale che va combattuto puntando

sull'educazione

n lupo a guardia degli agnellini. Era questa la battuta che circolava nel

ministero dei Beni artistici quando venne nominato Marino Massimo De Caro alla guida della biblioteca dei Girolamini. Il funzionario infedele che ha trafugato centinaia di libri antichi dal complesso monumentale è in carcere dallo scorso maggio. Alcuni libri di pregio e rare edizioni sono finite nelle mani anche del senatore – condannato per mafia – Marcello Dell'Utri. Quest'ultimo interrogato dal pool di magistrati che indaga sulla vicenda della scomparsa dei libri da Gerolamini ha fatto scena muta. Il fondatore di Publitalia e Forza Italia nonché sodale di Silvio Berlusconi risulta indagato con la sua segretaria nella vicenda. La procura ha accertato che diversi

U testi sono finiti nella biblioteca privata dell'esponente del Pdl noto per essere un appassionato bibliofilo. Tornando all'inchiesta e al suo principale protagonista De Caro, da sempre uomo di fiducia e consulente nei fatti di

Dell'Utri, ha ammesso e confessato di aver rubato “una ventina di antichi erbari (libri su temi botanici o agricoli) dalla biblioteca ministeriale dell'Agricoltura”. Stesso il metodo d'azione come ai Girolamini: l'investitura politica, l'amicizia con il

custode e gli scatoloni nel cuore della notte per trafugare roba pregiata. Appunto “il lupo a guardia degli agnellini”. Non solo libri scomparsi da Cassino, Padova, dai Girolamini

ma anche dal ministero in un contesto che potrebbe riguardare anche la biblioteca di Buenos Aires, città dove de Caro ha vissuto per anni. Qui al centro dell'attenzione c'è la libreria antiquaria “Imago mundi”. Lo scandalo si sta

allargando ed emergono a mano a mano che l'inchiesta va avanti nomi di personaggi insospettabili, complici e amici degli amici tutti a formare una rete di interessi internazionale. Il prossimo quattro gennaio, dinanzi alla quarta sezione del Tribunale di Napoli, collegio c, ci sarà la prima udienza del processo del processo immediato nel filone sul peculato. Oltre a De Caro ci saranno i suoi presunti complici. La storia non è finita. Altri filoni d'indagine

continuano a puntare sul ruolo di Dell'Utri.

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“Il senatore Dell'Utri di fronte alle domande dei Pm partenopei ha preferito fare scena muta. L'inchiesta va avanti e potrebbe riservare dei clamorosi colpi di scena. Il 4 gennaio si va in aula”

di Luigi Fonderico

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Il racconto per fotomontaggi di Monica Capezzuto

La “vendetta” contro l'Ad Sergio Marchionne Lo sberleffo, l'ironia, la satira corre sul web

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La Mostra

Nero Scampia

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Una realtà inquietante e assurda senza giudizio né condanna, anche negli aspetti più grotteschi. Si è inaugurata al Mav di Ercolano “Nero Scampia” di Mario Spada, il fotografo di scena del film “Gomorra”. La mostra rientra nel programma della rassegna “Movimenti per la fotografia” curata da Mariachiara Di Trapani. Ingresso libero fino al 9 dicembre di Monica Capezzuto

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I 25 scatti della mostra “Nero Scampia” non ritraggono solo i disarticolati corpi senza vita, ma anche il desiderio di riscatto di uomini, donne, bambini, eroinomani, spacciatori, poliziotti… fortemente attaccati all’idea di una vita migliore. Un documentario visivo che racconta in un denso bianco e nero le soffocate urla di esistenze che invocano dignità e bellezza.

Mario Spada ama la sua città, popolata di personaggi incredibili e di situazioni complesse. Ed ama fotografarla. Lo fa attraverso una personale capacità di penetrare questi mondi, di raccontare con le immagini molte vite possibili, quelle felici e quelle difficili. Ma sempre con occhio garbato e divertito, partecipe e fraterno. Risultato sono delle fotografie forti, acute e mai banali.

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I Sicilianigiovani

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I Siciliani giovani è un giornale, è un pezzo di storia,ma è anche diciotto testate di base ­ da Milano aModica, da Catania a Roma, da Napoli a Bologna, aTrapani, a Palermo ­ che hanno deciso di lavorareinsieme per costituire una rete.Non solo inchieste e denunce, ma anche il raccontoquotidiano di un Paese giovane, fatto da giovani, vissuto inprima persona dai protagonisti dell'Italia di domani. Fuori daipalazzi. In rete, e per le strade.

facciamorete!In rete, e per le strade

I Siciliani giovani che cos'è

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ompei crolla. Dei lavori di messa in sicurezza - più volte annunciati dai

governi - non c'è traccia. Passeggiare nel sito archeologico più importante al mondo mette tristezza, è disadorno, pericolante e privo dei più elementari servizi. Un addetto si sfoga: “Nessuno se ne accorge ma Pompei si sta sgretolando. Manca tutto: manutenzione, elettricisti, falegnami, restauratori”. Il Presidente del consiglio Mario Monti aveva annunciato: “É necessario che il sito rimanga in piedi con lavori di qualità e in sicurezza per i lavoratori” . Per Pompei sono stati stanziati

P105 milioni di euro, di cui 42 milioni sono risorse europee che verranno investite nei prossimi tre anni. Sono trascorsi sette mesi e ancora nessun cantiere è stato aperto. I primi interventi dovrebbero riguardare il restauro delle domus minacciate dalle infiltrazioni d’acqua: la Casa del Criptoportico, la Casa di Sirico, ed in seguito quella del Marinario, le Pareti rosse e la Casa dei Dioscuri. Certo l'Italia, a livello internazionale sotto il profilo della tutela e fruibilità dei beni antichi e monumentali, sta messa davvero male. Basta citare la gestione del ministro Sandro Bondi e di Guido Bertolaso: sperpero di

soldi pubblici, stipendi da record, consulenze generose, progetti inutili, bottiglie di vino e vuote operazioni di marketing. Se Pompei fosse un'azienda privata da tempo sarebbe già fallita. Il paradosso è che a Pompei si paga un biglietto di entrata di 11 euro e al Moma di New York si sborsano 15,50 euro. C'è però un particolare non da poco, Pompei resta il sito più visitato al mondo e non si fa nulla per valorizzarlo e metterlo in attivo basterebbe, ad esempio, una gestione manageriale e autonoma dalla politica.

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Il grande progetto?Il Consiglio Superiore per i Beni culturali e paesaggistici ha sviluppato il Grande Progetto Pompei. Si basa su cinque punti, il più importante riguarda il Piano delle Opere a progettualità avanzata: prevede la realizzazione dei 39 progetti già redatti dalla SANP relativi alla mitigazione del rischio idrogeologico, messa in sicurezza, restauro architettonico e restauro decorativo. Sarà anche un grande progetto ma quando sarà realizzato?

Il sito archeologico è a rischio chiusura

Pompei in macerie Crolli continui e cantieri fermi Infiltrazioni d'acqua e gravi cedimenti strutturali mettono a repentaglio la sopravvivenza degli scavi

L'iniziativa...

di Giovanni Cardone

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Blitz nell'ultimo bunker la cattura di Michele Zagaria

L'Anti-Stato diventa il vero Statol libro descrive uno scenario torbido, ma ormai consueto dove il confine tra bene e male è

molto sottile. È quello di un piccolo paese di provincia dove i servizi sono puntuali ed efficienti, la miseria è assente e il lavoro non manca. Un comune che si regge su di un principio: la vocazione al malcostume di chi lo amministra che trova riscontro nella complicità di chi è amministrato. Un modello perfetto di “Kallipolis”, una città ideale dove, come ne “La Repubblica” del filosodo greco Platone, ognuno svolge al meglio le mansioni assegnategli e nella quale tutti gli attori contribuiscono al benessere di ciascun individuo della comunità. “Tutti complici in quel grande ingannevole gioco di società… ”. Tra brogli e appalti pilotati, l'Anti-Stato sembra essere l'unico protagonista fino a farsi esso stesso Stato. Kallipolis edito dalla casa editrice “A&A” costo 12, 90 euro è il romanzo d'esordio del

I giornalista Giuseppe Porzio con prefazione d'autore di Don Tonino Palmese. Un viaggio ironico e a tratti tormentato quello compiuto da Giuseppe Porzio tra le “mura” del paese, coi suoi protagonisti contrassegnati da singolari alias. Ciccio Boicotta, consigliere comunale alla terza legislatura, si preoccupa di gestire gli appalti e di farli assegnare alla ditta giusta. Il dottorino, nipote di Peppe ’o Westérn, è il prescelto: sindaco per volere degli amici, per la sua faccia pulita e una spiccata capacità oratoria. Con la benedizione di Padre Raffaele, prete dalla riconosciuta abilità nel distribuire posti di lavoro. Il sindacalista Papele, tutore dei vessati dai padroni, è il collettore di imbasciate, messaggi da recapitare a quanti non si mettono in regola con gli amici. Il suo delitto, ufficialmente per mano di due rapinatori, rischia di minare gli equilibri del paese e alimenta sospetti in Carlo, giovane cronista.

a cattura di Michele Zagaria, le linee investigative, raccontate da chi è da

anni in prima linea nella lotta al clan più potente della camorra, quello dei casalesi, il pm Catello Maresca. L’ultimo bunker ci fa scoprire come ragionano i boss e come si difendono. Ci fa partecipare alla vita quotidiana di magistrati, poliziotti e carabinieri e ci guida passo passo in un’indagine meticolosa ed emozionante in cui alla fine scopriremo che a tradire Michele Zagaria sono stati tre indizi minimi, che poteva cogliere solo un investigatore ancora più astuto della sua invisibile preda: una foto scattata da tremila metri d’altezza, tre ricerche su internet apparentemente bizzarre e un maglione della taglia sbagliata. La lunga caccia, durata oltre 15 anni al superboss dei Casalesi, Michele Zagaria, è un libro scritto da uno dei pm che lo hanno catturato, Catello Maresca, il magistrato della Direzione distrettuale antimafia, insieme al giornalista Francesco Neri e si intitola “L'ultimo bunker” edito da Garzanti. La decisione di raccontare le ricerche e poi l'arresto di Zagaria, lungo braccio di ferro tra stato e antistato, deriva dal desiderio di “fissare” un momento particolarmente importante

L nella lotta ai clan in Campania. In duecento pagine confluiscono così le tensioni, le paure, i dubbi, le frustrazioni che hanno preceduto la cattura del boss, ma anche la determinazione e l'enorme energia che hanno animato gli artefici di quel successo. Si parla degli espedienti escogitati per aggirare la rete di protezione di cui Zagaria godeva, delle tecnologie sempre più avanzate impiegate per individuarlo: il boss

cambiava spesso nascondiglio, scegliendo sempre bunker impenetrabili (è a quelli che fa riferimento il titolo del libro). Ma “L'ultimo bunker” non è solo il racconto di un fatto di cronaca. É anche la ricostruzione dei crimini commessi da un uomo pericoloso, molti dei quali ingiustamente dimenticati. Uno dei più atroci è un triplice omicidio commesso nel 1992: “Per uccidere il loro obiettivo - racconta Maresca - gli uomini di Zagaria non esitarono a massacrare

altre due persone di cui un bambino di dodici anni”. Un capitolo del libro è dedicato anche all'inchiesta da cui poi è scaturito il processo a carico dell'ex capo della Squadra mobile di Napoli, Vittorio Pisani. Un segreto di pulcinella le indagini sul riciclaggio.

Eterne contraddizioni il paradiso dei diavoli

nni '70. Un sedicenne smaschera un professore del suo liceo che non fa il proprio dovere. Anni

'80. Due ragazzini prendono parte a un regolamento di conti che finisce nel sangue. Uno va dritto in riformatorio, l'altro sui banchi di scuola. Una dodicenne inguainata in un fuseaux nero partecipa al concorso Napoli, voci nuove. Ma arriva quarta. Oggi. Un killer spietato si diverte a sparare in faccia ai tossici. Ma si fa qualche pista pure lui. Un cronista di nera ha perso troppi treni nella vita. Però rischia di vincere il Pulitzer. Un professore universitario viene pestato selvaggiamente. E non denuncia il suo aggressore. Una donna sensuale e semianalfabeta vuole leggere “Il Piccolo Principe”. Un costruttore edile, un piccolo boss, un imprenditore tessile vengono ammazzati. Con la tecnica della botta 'nfaccia. Sempre. Una città ha due volti, l'uno chiaro l'altro oscuro. É bellissima e dolente. É il paradiso dei diavoli, secondo la definizione di un suo illustre figlio adottivo. Il nuovo romanzo di Franco Di Mare edito dalla Rizzoli (18 euro) è un doloroso inno d'amore a Napoli e insieme il racconto mozzafiato delle sue eterne contraddizioni. L'autore di “Non chiedere perché” dipinge ora un ritratto vivido e agghiacciante della città, un presepe dove hanno posto tutti, il borghese, 'o guaglione, il commerciante, il cronista di nera, la casalinga, l'intellettuale, e tutti sono in qualche misura contagiati dal Male che abita il golfo più bello del mondo.

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19822012

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