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I La dieta pLant-based degLi atLeti francesco pignatti con flavia d’erasmo prefazione di joseph agu Una raccolta completa di evidenze scientifiche su una dieta che ha percorso la storia

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La dieta pLant-based degLi atLeti

francesco pignatticon flavia d’erasmo

prefazione di joseph agu

Una raccolta completa di evidenze scientifiche su una dieta che ha percorso la storia

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VI l’autore

VII foreword by joseph agu

Ix prefazIone dI joseph agu

2 Capitolo 1 la mIa storIa

16 Capitolo 2 un approccIo pragmatIco: “Il pIù Vegan possIbIle”

30 Capitolo 3 la dIeta deI popolI nella storIa

42 Capitolo 4 Il fabbIsogno proteIco dello sportIVo

46 Capitolo 5 un confronto crItIco fra proteIne anImalI e VegetalI

56 Capitolo 6 Il mIto delle proteIne nobIlI anImalI

62 Capitolo 7 esempI dI “proteIne nobIlI VegetalI”

70 Capitolo 8 Il mIto delle combInazIonI proteIche

74 Capitolo 9 I prodottI anImalI sono tuttI ugualI

82 Capitolo 10 VantaggI della dIeta plant-based per lo sportIVo

88 Capitolo 11 10 atletI e campIonI VeganI

100 Capitolo 12 falso mIto. fIbre e malassorbImento deI nutrIentI

120 Capitolo 13 falso mIto. Il potere estrogenIco della soIa

140 Capitolo 14 falso mIto. Il consumo dI lattIcInI per le “ossa fortI”

146 Capitolo 15 falso mIto. Il pesce è pIù sano della carne

152 Capitolo 16 falso mIto. ferro: dIeta Vegana ed anemIa

156 Capitolo 17 Il “Vegano grasso”

164 Capitolo 18 la dIeta a base dI alImentI VegetalI IntegralI

176 Capitolo 19 cosa mangIare per VIVere meglIo

(dr. greger’s daIly dozen)

238 Capitolo 20 IntegrazIone per una dIeta prIVa dI prodottI anImalI

252 conclusIone

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La mia storiaPerché ho scelto di diventare un atleta

plant-powered

CAPITOLO 1

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La mia storia

Non sono mai riuscito a tollerare i vegani estremisti o chiunque abbia come primo obiettivo quello di imporre il proprio pensiero o punto di vista a priori senza mai fermarsi ad ascoltare quello altrui. Negli ultimi anni, nel mondo del fitness, stanno emergendo personaggi di questo tipo sempre più numerosi. Bodybuilders od atleti vegan si sentono spesso superiori rispetto alla media, semplicemente perchè sono riusciti a raggiungere risultati ammirevoli senza il consumo di prodotti animali, quasi dando l’impressione di avere un handicap piuttosto che essere avvantaggiati.

Nella mia esperienza, scegliere di eliminare prodotti animali dalle proprie tavole, opponendosi allo sfruttamento animale, può portare a sentirsi più eticamente corretti, sani ed empatici ma questo non vuol dire che siamo autorizzati a sentirci superiori e porci su un piedistallo. Credo ancora fermamente nell’ideale utopistico di una community del fitness in cui ognuno possa imparare dall’altro, purché si riesca a rimanere obiettivi ed aperti di mente. Non mi è mai piaciuto il fazionismo estremo del tipo “o bianco o nero”, del “noi e loro”. Questo è uno dei motivi per cui non ho sottolineato né pubblicizzato più di tanto la mia transizione ad una dieta plant-based...

La svolta fu per me un viaggio a Bali (Indonesia) tra Maggio e Giugno del 2016, dove ho incontrato Flavia, la mia partner. Bali è anche la patria mondiale del tempeh, piatto tradizionale indonesiano a base di soia fermentata. Nonostante non fosse la mia prima volta a Bali ed avessi avuto già modo di apprezzare la cucina locale, questa volta, per rispetto nei confronti di Flavia, vegana da oltre 9 anni, ho voluto provare ad evitare prodotti di origine animale per la durata del mio soggiorno.

Allora mi trovavo a 10 settimane dall’English Grand Prix, la gara di selezione per l’Arnold Classic Europe di Settembre. Cambiare dieta, così drasticamente, a ridosso di una gara, non era di certo una scelta intelligente ma la curiosità e il desiderio di

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provare qualcosa di diverso da quello che avevo sempre fatto negli ultimi 16 anni, mi convinsero. Fu allora che, grazie a Flavia, scoprii il famoso tempeh indonesiano, in tutte le sue forme e sapori. Oggi posso affermare che grazie al tempeh sono diventato vegano.

Nel corso di quelle settimane notai subito degli incredibili miglioramenti nella mia già buona composizione corporea. Nonostante un minor controllo della dieta, trovandomi in vacanza, l’eliminazione totale delle proteine animali mi permise di perdere ancora un paio di punti percentuali di bodyfat, aumentare la vascolarizzazione e perdere ritenzione idrica, mettendo in evidenza diversi dettagli muscolari, nonostante il clima tropicale. Tuttavia il vantaggio più sconvolgente, al quale ormai mi sono abituato, ma che mi fece riflettere tanto in quel periodo, fu il palese miglioramento nel recupero muscolare. Allora, Flavia ed io ci allenavamo anche due volte al giorno e, nonostante l’alto volume ed intensità degli allenamenti, il recupero fra una sessione e l’altra era straordinario. Ogni giorno mi svegliavo energico e pronto a migliorare la performance del giorno precedente senza alcun DOMS o dolori muscolari. Era la prima volta, in tanti anni di allenamento, che mi sentivo così bene ed instancabile! La mia natura razionale tuttavia mi fece pensare che le energie ritrovate potessero essere anche una conseguenza della vacanza e dei bei momenti trascorsi insieme a Flavia. Al rientro a Londra ero comunque convinto di continuare a seguire questo approccio alimentare per gli altri innumerevoli benefici che avevo riscontrato a livello di miglioramento della composizione corporea. Ricordo che mi trovavo a circa 7.5 settimane dall’English Grand Prix e che, nonostante la vacanza a Bali, la mia preparazione alla gara era perfettamente in linea con la tabella di marcia che mi ero prefissato. Decisi così di continuare con la dieta vegan, non solo per le ritrovate energie, ma soprattutto perchè nelle ultime settimane avevo avuto degli incredibili miglioramenti fisici nel percorso verso il palco. Se all’inizio ero partito un po’ diffidente

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La mia storia

ma curioso di sperimentare (tanto ci sarebbe stato ancora il tempo sufficiente per “rimediare ai danni”), ora ero convinto che questo approccio mi avrebbe permesso di

arrivare sul palco di gara al massimo della forma.

Il rientro in Europa coincise pertanto anche con un primo periodo di ricerca e

raccolta di informazioni sulla dieta vegan per il bodybuilding. Il tempeh a Londra

non era così diffuso come in Indonesia e quindi cominciai a visitare diversi negozi

biologici ed etnici alla ricerca del mio nuovo cibo preferito. La ricerca non portò a

grandi risultati; è molto difficile trovare del vero tempeh indonesiano al di fuori del suo paese d’origine. Il tempeh che trovai a Londra non aveva nulla a che fare con il

sapore di quello consumato a Bali. Questa cosa però non mi scoraggiò più di tanto

e decisi di cominciare a sperimentare con piatti a base di legumi e cereali integrali,

semi e frutta secca. Nel giro di poche settimane, mi resi conto che le possibilità per

comporre i miei piatti con questi alimenti erano quasi infinite, sempre più colorate e gustose. A colazione consumavo fiocchi di grano saraceno con latte di cocco, noci, mirtilli congelati e blend di proteine in polvere vegane. In ufficio, a pranzo, il mio lunch box conteneva quinoa, lievito alimentare e fagioli all’occhio, a merenda

mangiavo un pudding a base di semi di chia, latte di mandorla, semi di zucca e cacao.

Concludevo con una cena a base di patate dolci, semi di canapa ed una porzione di

tofu o tempeh. Cercavo poi di consumare quanta più verdura possibile: a pranzo un

semplice contorno mentre a cena un mega insalatone con base di spinaci e rucola

alla quale aggiungevo poi peperoni, erba cipollina, aglio, pomodorini, broccoli cotti

al vapore, carote e sedano. Risulterà difficile da credere ma, sinceramente, non ho mai più provato il desiderio di consumare un “pezzo di carne” dopo il mio rientro

da Bali. Con i colleghi in mensa, cominciai a riflettere sull’effettivo sapore della carne di pollo che era stata mia abitudine consumare in grandi quantità quotidianamente

per tanti anni. Il petto di pollo al naturale, senza condimenti, non sa di nulla, non di

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rado possiede addirittura un retrogusto sgradevole. Sono le spezie, i condimenti ed

i metodi di cottura (i miei colleghi andavano matti per il pollo fritto) a rendere quella

carne più appetibile. Mangiare pollo per me era diventata quindi un’abitudine, quasi

più per la consistenza di quella pietanza che per il suo sapore. Con il senno di poi,

oggi posso pensare ad un centinaio di alimenti di origine vegetale 1000 volte più

saporiti della carne di pollo e che, tra l’altro, non hanno alcun bisogno di olii, spezie

e condimenti per risultare gradevoli al palato. Forse la mia passione per il tempeh

è nata dalla ricerca di un alimento vegetale che possedesse più o meno la stessa

consistenza del mio “amato” pollo, che ero abituato a consumare quasi ad ogni pasto.

L’unico piatto che ogni tanto desideravo, agli inizi del mio percorso da atleta vegano,

erano le uova all’occhio di bue. Ero solito cuocerle in padella con una porzione di

riso basmati e mi piaceva raccogliere il tuorlo con una galletta di mais, cosparsa di

sale e spezie. Nel mio caso, probabilmente il controllo e la disciplina richiestimi per

la preparazione alla gara, mi aiutarono a stare alla larga anche dalle uova, cercando

alternative più salutari come l’avocado toast con strisce di tempeh bacon o del tofu

strapazzato. Di una cosa ero diventato certo: più tempo trascorrevo lontano dai

prodotti animali e meno sentivo l’esigenza o il desiderio di consumarli. Da una parte

scoprivo nuovi sapori e sperimentavo nuovi e fantasiosi piatti, dall’altra la semplice

astensione dal portare sulla mia tavola alimenti di origine animale mi aveva condotto

a non pensarci minimamente.

Arrivò poi il giorno di salire sul palco dell’English Grand Prix, il mio debutto nella

categoria Men’s Physique e, senza mai averlo nemmeno lontanamente immaginato,

conquistai un terzo posto e l’invito all’Arnold Classic Europe, il palco piu’ prestigioso

di tutta la mia carriera agonistica. Questa fu per me un’ulteriore conferma di aver

intrapreso la strada giusta nel mio percorso da Natural Bodybuilder. Per chi conosce

la mia filosofia di vita ed il mio approccio alla Cultura Fisica, la transizione ad una dieta

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La mia storia

plant-based sarà sembrato un inevitabile e prevedibile step nella mia evoluzione di atleta, nel rispetto della coerenza portata avanti in tutti questi anni. In realtà non ci fu nulla di programmato e prevedibile. Se fino a pochi mesi prima qualcuno mi avesse detto che sarei diventato vegano e sarei salito sul palco dell’Arnold Classic come tale, probabilmente gli avrei riso in faccia chiedendogli se fosse impazzito. Io vegano? Ma quando mai?!?

Mio padre era veterinario, abbiamo sempre avuto tantissimi animali d’affezione in giro per casa ma, da perfetti emiliani, abbiamo anche sempre consumato carne in abbondanza, potendo pure attingere alla campagna di mia nonna. Con il bodybuilding, io e mio fratello, abbiamo consumato per anni prodotti di origine animale ad ogni pasto della giornata: uova a colazione, pollo a pranzo, pesce (per lo più tonno in scatola al naturale) a merenda e carne rossa a cena. In estate, durante le prime sperimentazioni con le diete chetogeniche, mangiavamo un pollo allo spiedo a testa, seduti in macchina nel parcheggio del supermercato. A Londra facevo ordini online di pollo e manzo biologico, compravo il salmone proveniente dalle Isole Faröe, il bufalo dalla Scozia e, sotto gara, ero arrivato addirittura a consumare regolarmente carne di alpaca poiché ritenuta più proteica rispetto a quella bianca. Oggi il solo pensiero di tali trascorsi alimentari mi fa rabbrividire. Come ho potuto continuare per tanti anni senza rendermi conto di quello che mangiavo? I miei ultimi progressi da atleta e i risultati sul campo di gara, seguendo una dieta plant-based mi fecero pensare che forse sarei riuscito a raggiungere i miei obiettivi da agonista anche senza mai più assaggiare prodotti di origine animale. Effettivamente ero riuscito a salire, per la prima volta nella mia carriera, sul palco dell’Arnold Classic Europe dopo soli pochi mesi di dieta plant-based. Dentro di me pensavo che se avessi dedicato più tempo a migliorare il mio approccio alimentare avrei potuto ottenere risultati ancora migliori! Era incredibile come, inizialmente scettico sul binomio bodybuilding e dieta vegana,

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ora fossi così entusiasta del nuovo approccio alimentare al punto da considerarlo il mio punto di forza per diventare ancora più competitivo nelle stagioni agonistiche a venire. Dopo parecchi anni di natural bodybuilding e consapevoli dei limiti genetici, molti colleghi sono passati all’altra scuola: quella del doping. Dopo quasi 20 anni io ero contento di aver trovato una nuova strada per continuare a migliorare il mio fisico nel modo più salutare possibile, continuando a rispettare i miei valori ed il mio personale approccio alla Cultura Fisica.

Fino a questo momento, le mie motivazioni per seguire una dieta vegana erano state principalmente salutistiche. Si può affermare che ognuno di noi segua percorsi di vita diversi, definiti dalle personali esperienze passate e presenti. Da atleta agonista, avendo sempre prestato un’attenzione maniacale alla mia alimentazione, era inevitabile che il mio punto di partenza fosse la salvaguardia della mia salute al fine di fornire al mio corpo il miglior “carburante” possibile, per raggiungere i miei obiettivi nel bodybuilding. Solo con il trascorrere del tempo ho compreso che non importa quali siano le motivazioni iniziali che ci conducono ad allontanarci da qualsiasi forma di sfruttamento animale, perché le stesse possono evolvere, mutare ed arricchirsi nel corso del nostro percorso di consapevolezza. Nel mio caso, questa fase ha coinciso con il periodo trascorso in Rajasthan, come volontario presso l’Ospedale per animali di strada dell’associazione no-profit Animal Aid Unlimited.

Nel corso di questi mesi, il contatto diretto con gli animali raccolti sofferenti e moribondi dalle strade, le loro storie di vita e di morte, i loro sguardi colmi di speranza e di paura hanno risvegliato in me un forte sentimento di empatia, che si era decisamente assopito nel corso degli ultimi anni. Non consumare carne per me aveva acquisito tutto un altro significato.

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La mia storia

La ragione per la quale avevo continuato a mangiare prodotti animali per tutti quegli anni era sicuramente da individuare nel fatto che non avevo mai avuto, o cercato, l’opportunità di “guardare negli occhi la mia bistecca.” Semplicemente, quasi per inerzia, avevo continuato a consumare quello che tutti mangiavano per abitudine e tradizione radicate, senza mai riflettere sulla provenienza delle mie pietanze.

Ad Animal Aid ho vissuto con e per gli animali, imparando, nel significato più profondo, che essi sono creature senzienti e che, come tali, hanno il pieno diritto di vivere su questo Pianeta quanto noi esseri umani. Il solo pensiero di aver mangiato in passato carne di capretto del tutto uguale ad Annabelle, la mia nuova piccola amica, mi faceva inorridire ed immaginare una scena macabra di qualche film di Kubrick. Nel corso dei mesi trascorsi in India, cominciai a documentarmi, in modo più approfondito e consapevole, sulla causa per la salvaguardia dei diritti degli animali ed a partecipare a diverse forme di attivismo portando la mia fisicità come chiaro esempio di come fosse possibile rimanere sani e forti anche eliminando i prodotti di origine animale dalla propria dieta. Continuai a leggere libri illuminanti tra cui How Not To Die del Dr. Michael Greger, The Starch Solution del Dr. McDougall, Veganomics di Nick Cooney, etc ed al mio ritorno in Europa mi iscrissi anche al corso Plant-based Nutrition della Cornell University, per iniziare a muovere i primi passi verso un nuovo percorso accademico per il mio futuro.

Se agli inizi ero passato ad una dieta vegana per ragioni meramente salutistiche, ora le mie motivazioni sono evolute e diventate principalmente etiche. Dopo le mie ultime esperienze, non riuscirei mai anche solo a pensare di tornare a consumare alimenti di origine animale, neanche se per qualche motivo scoprissi che “fanno bene” e/o che “ne ho bisogno.” Il mio attivismo in questo campo non vuole essere chiassoso ma silente. Non ho intenzione di imporre il mio credo a nessuno. Sono consapevole che ognuno di noi debba intraprendere il proprio percorso ed arrivare a quella “connessione” o consapevolezza con i propri tempi. Mi piacerebbe solo accendere una scintilla di curiosità, fornire un minimo aiuto per condurre veramente a riflettere, a non dare nulla per scontato.

Una volta pure io, come tanti, ero convinto che “esistesse una sola strada,” oggi ne conosco un’altra molto più bella e percorribile perché non è incentrata solo sui bisogni personali ma si rapporta ad un tutto

armonico e sinergico.

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Il mio attivismo racconta la mia storia, le mie esperienze quotidiane senza voler insegnare od indottrinare niente e nessuno, così come IronManager ha sempre fatto nel corso degli ultimi dieci anni. Non nego che la transizione al veganesimo abbia suscitato molta più polemica rispetto ad altre mie decisioni del passato ma per il sottoscritto rappresenta un cambiamento di importanza notevole. Non ho mai avuto paura di cambiare. Negli ultimi mesi ho pensato che se nel corso del tempo dovessi perdere 2, 3 o anche 5Kg di massa muscolare, continuando a seguire una dieta vegana, non riuscirei comunque mai più a tornare indietro, perché i guadagni netti su tutti gli altri fronti della mia vita sono inequiparabili. Nessuno di noi vive di Bodybuilding & Fitness. Troveremo sempre qualcuno, dall’altra parte del Pianeta, più forte, grosso e tirato di noi. Perché allora assumere certe prese di posizione ed intestardirsi con regimi alimentari stereotipati se nessuno potrà mai garantire un effettivo ritorno di investimento personale? Ho l’impressione che il Bodybuilding & Fitness stia diventando una richiesta di accettazione ed ostentazione della propria fisicità in una cultura di nicchia, piuttosto che uno stile di vita sano ed equilibrato. Salute ed equilibrio personali dovrebbero sempre essere il fine ultimo di questo nostro percorso. Le evidenze scientifiche sono chiare ormai da diversi anni: il consumo di prodotti di origine animale al fine di “far crescere i muscoli” è utile ma non indispensabile. Tutti gli aminoacidi essenziali, ovvero i mattoni delle nostre tanto amate proteine, sono di origine vegetale e consumati indirettamente quando mangiamo prodotti di origine animale.

La domanda che bisognerebbe porsi non è dunque quante uova o quanta carne rossa posso mangiare al giorno ma: il consumo di

prodotti animali è davvero necessario per conseguire il mio obiettivo?

Ad eccezione di alcune popolazioni che vivono in territori coperti dal ghiaccio, come gli eschimesi od in condizioni di estrema povertà, come in alcune zone rurali di India, Cina e Africa, nel mondo occidentale ipersviluppato, non correremo mai il rischio di morire di fame o di incorrere in carenze proteiche e di altri nutrienti. Gli scaffali dei nostri supermercati sono letteralmente stipati di opzioni di ogni tipo e nuovi prodotti sono lanciati sul mercato ogni minuto; per me, la difficoltà maggiore non è “trovare le proteine” ma riuscire a scegliere tra un’infinità di alternative. Nonostante molto spesso le nostre scelte ricadono nell’abitudine e nelle tradizioni, siamo fortunati perché possiamo scegliere, nonostante, nel dubbio, spesso preferiamo fare quello che fanno tutti gli altri. Se pratichiamo solo un po’ di jogging la mattina, il “problema del fabbisogno proteico” non dovrebbe nemmeno porsi. Al contrario, se siamo

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La mia storia

bodybuilders allora la scienza e la testimonianza di diversi atleti vegani dovrebbero averci convinto da tempo che é possibile costruire muscoli forti e possenti anche seguendo una dieta priva di proteine animali.

Quando decisi di prepararmi per la gara NGA Universe di Coral Springs, Florida a Febbraio del 2017, ero più che convinto della mia dieta nonostante si trattasse della mia prima preparazione da bodybuilder vegano. Ero consapevole che sarebbe stata un’esperienza molto differente dalla preparazione da Men’s Physique nel 2016. In quest’ultima categoria, è risaputo, i criteri di valutazione dei giudici vertono principalmente sull’estetica generale, la portanza sul palco e la muscolatura della sola parte superiore del corpo. Nella categoria Men’s Physique non vengono giudicate le gambe (coperte da dei board shorts fino alle ginocchia) e vengono penalizzati livelli estremi di body fat, conditioning e vascolarizzazione. Considerato il mio passato da bodybuilder, la preparazione alle gare del 2016 non fu particolarmente difficile e sofferta, pertanto nel 2017 ero di nuovo pronto ad affrontare una preparazione più estrema per tornare sul palco nella categoria bodybuilding.

Nel corso di questa preparazione, per avere un confronto aperto ed obiettivo sul mio percorso verso il palco, mi sono avvalso della consulenza di diversi nutrizionisti ed esperti di fama internazionale come: Joseph Agu, Alberto Nuñez, Menno Henselmans e Marco Zanetti. Il mio obiettivo era chiaro: riuscire a battere la miglior versione di me stesso, in particolare la condizione portata sul palco nella mia ultima gara di bodybuilding, nel Luglio del 2014 (National Physique Association South West, Taunton). Come nell’anno precedente, ho documentato il mio percorso alla gara in una timeline sul sito www.ironmanager.coach. Nei primi mesi di preparazione ho continuato a seguire la mia dieta di sempre. In quel periodo mi trovavo ancora in India, pertanto i miei pasti erano costituiti prevalentemente da riso, amaranto, piselli, fagioli, lenticchie, dahl, chapati di miglio integrale, idli, soya paneer (tofu), frutta e verdura fresca. Ero consapevole che nei mesi successivi avrei dovuto apportare un ulteriore taglio al mio introito calorico e, come tutti gli atleti vegani alle prime armi, ero spaventato di come sarei riuscito a mantenere le proteine alte ed i carboidrati più bassi, continuando a seguire il mio nuovo approccio alimentare. La mia esperienza degli anni precedenti si basava infatti sul consumo monotono ma efficace di petti di pollo e scatole di tonno in salamoia. Nel mese di maggio 2017, una volta trasferitomi a Berlino, il problema del rapporto proteine-carboidrati si risolse agevolmente. Con un po’ di ricerca sui prodotti proteici vegani disponibili sulla piazza e l’inaspettato ritrovamento dell’amato tempeh in un negozio vietnamita sotto casa, sono riuscito a completare la mia preparazione alla NGA Universe, mantenendo per alcune settimane anche questi macros: 60g Carboidrati, 230g Proteine e 75g di Grassi.

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Le mie “armi segrete” ovvero gli alimenti che, prevalentemente, alternavo nei miei pasti in quel periodo furono:

Tempeh di lupini (5C 24.8P 7F per 150g)Spaghetti di fagioli neri (18C 45P 4F per 100g)Pane proteico (6C 24P 15F per 100g)Lupini sgusciati (10c 16P 3F per 100g)Vegan Quorn (micoproteine) (4C 16P 1F per 100g)

La dieta, soprattutto negli ultimi mesi, fu alquanto monotona e ripetitiva ma questa, in realtá, è stata una costante anche delle preparazioni precedenti. Quando il budget calorico giornaliero si restringe, la flessibilità nella scelta delle fonti alimentari si limita a sua volta. Tuttavia, a differenza del passato, il nuovo approccio alimentare non ha posto limiti al gusto dei miei piatti. Il classico petto di pollo del passato è stato sostituito da tempeh saltato in padella con melassa, i filetti di tilapia cotti al microonde con degli spaghetti di fagioli neri saltati nel wok con zucchine spiralizzate e olio di cocco, la scatoletta di tonno con un pudding di semi di chia, semi di zucca e salsa di cacao amaro.

La soddisfazione più grande fu quando arrivò il momento di salire sul palco. Nonostante un titolo assoluto ed una Pro card mancati per un soffio, le foto sul palco e quelle scattate nei diversi photoshoot successivi parlavano chiaro: con quest’ultima preparazione ero decisamente riuscito a migliorare il mio fisico su tutti i fronti, dal livello di “tiraggio e conditioning” al volume e densità muscolare di tutti i distretti. Ogni giorno, guardandomi allo specchio, riflettevo: “se sono riuscito a migliorare così tanto negli ultimi mesi con la dieta plant-based, chi me lo fa fare di tornare a mangiare carne, uova e latticini? Non ne ho bisogno! E chissà quanto posso ancora migliorare proseguendo per questa strada!”

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La mia storia

Nel corso degli anni per me è diventato sempre più chiaro che costanza e progressione nell’allenamento in palestra sono i fattori che fanno davvero la differenza. Non è fondamentale da dove e come assumi le tue proteine, esistono diverse strade per raggiungere lo stesso obiettivo ma ognuno di noi dovrebbe essere sufficientemente informato per poter scegliere di intraprendere anche la strada cruelty-free. Per questa ragione, nel 2018 ho deciso di tornare all’Università iniziando un percorso di studi completamente diverso rispetto a quello della mia precedente vita da corporate manager: scienze della nutrizione. Fin da bambino sono sempre stato appassionato di nutrizione associata all’attivitá fisica: i miei genitori hanno gestito un’attività erboristica e di alimenti naturali fin dagli anni 70’, mio padre ha tenuto diversi corsi para-universitari di scienze dell’alimentazione. Recentemente, ho ritrovato il manoscritto di una tesina dal titolo Parliamo di Alimentazione?!! di oltre 200 pagine scritte a mano che scrissi alla tenera età di 12 anni, dopo un brutto incidente al coccige che mi costrinse a saltare per alcune settimane le lezioni di Educazione Fisica. Sono entusiasta di intraprendere questo nuovo percorso formativo. Credo sia anche un’evoluzione necessaria per IronManager. Di certo rimarró fedele alla mia promessa di continuare a “gareggiare finchè campo” ma probabilmente, in futuro, potró indirizzare le mie consulenze in modo approfondito ed esaustivo anche sull’aspetto alimentare.

Ora, terminate le gare, rimane davanti a me una promettente offseason durante la quale mi concentrerò a migliorare di settimana in settimana le mie performances in palestra e sperimenterò con nuove ricette plant-based. Spero di riuscire a controllare il mio insaziabile appetito, stimolato anche dalle infinite combinazioni di sapori possibili con la nuova dieta. Da atleta, penso che la mia transizione sia stata infatti da una parte la mia fortuna, dall’altra pure la mia condanna poiché rimanere a stecchetto con questa dieta sta diventando sempre più difficile!

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La mia storia

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La Dieta a base Di aLimenti vegetaLi integraLi

The Whole-Food Plant-Based Diet

CAPITOLO 18

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La Dieta a base Di aLimenti vegetaLi integraLi

Quali ingredienti inserire nella dieta e quali evitare? Non è facile rispondere senza riflettere sulla domanda “Quale alimento fa bene? Qual è salutare?” In quanto tutto è relativo, è importante contestualizzarlo, “in relazione/rispetto a quale altro alimento?” Se ci pensate, le uova fanno bene? Dipende. Se messe a confronto con una tazza di porridge certamente no ma rispetto a delle salsicce, certo. Le patate? Appartengono al regno vegetale quindi devono essere buone per la salute no? Rispetto alle patatine fritte certamente ma rispetto alle yams o patate dolci un pò meno.

Come scrive il Dr. Greger (2016), la riflessione su “salutare rispetto a cosa” non è solo necessaria per contestualizzare l’alimento in esame ma anche un esercizio mentale doveroso in quanto alimentarsi è essenzialmente un “gioco a somma zero”: quando decidiamo di mangiare qualcosa solitamente scegliamo di non mangiare qualcos’altro. Tutte le volte che portiamo qualcosa alla bocca perdiamo l’opportunità di mangiare qualcosa magari più salutare. Immaginate di avere un budget di 2000 Kcal al giorno. Come volete spenderlo? Come abbiamo visto le nostre scelte non sono solo una questione di macros e calorie. Le scelte alimentari che facciamo ogni giorno non si definiscono solo nelle opportunità mancate di introdurre più nutrienti essenziali ma anche nelle opportunità di evitare ogni giorno sostanze a lungo andare dannose e tossiche per il nostro organismo. Se ci pensate, quand’è stata l’ultima volta che ad un vostro amico è stata diagnosticata la kwashiorkor, lo scorbuto o la pellagra? Queste sono malattie del passato dovute a carenze di nutrienti, sulle quali la scienza della nutrizione si è fondata. Al giorno d’oggi, medici e nutrizionisti continuano a focalizzarsi sui nutrienti carenti o assenti nelle nostre diete pur se è indubbio che la maggior parte delle malattie croniche moderne sono determinate da un eccesso di alcuni nutrienti. Pensate per esempio a vere e proprie epidemie come obesità, diabete di tipo 2, pressione alta, malattie cardiovascolari, etc…

È più costoso mangiare sano?

In una ricerca dell’Harvard University si è confrontato il costo di vari alimenti presenti in diversi supermercati del Paese alla ricerca dei migliori affari. Si è trovato che, in base al rapporto densità di nutrienti e costo dei prodotti, le persone dovrebbero comprare più frutta secca, soia, fagioli, cereali integrali e meno carne e latticini. I ricercatori conclusero che “l’acquisto di alimenti integrali di origine vegetale è il miglior investimento per la propria salute.”1

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Gli alimenti meno sani battono alimenti più sani solo se si utilizza la scala costo-per-calorie impiegata agli inizi del Novecento per misurare il costo del cibo. Allora l’enfasi era sulle cheap calories o sulle calorie più economiche. Quindi anche se i fagioli e lo zucchero a quei tempi avevano il medesimo prezzo (circa 3 pence per una libbra), il Dipartimento dell’Agricoltura Americana promuoveva lo zucchero perchè forniva più calorie rispetto ai fagioli.2 La USDA può essere giustificata per non avere sottolineato le differenze nutrizionali fra fagioli e zucchero, in quanto allora non erano ancora state studiate le vitamine e si sapeva pochissimo di altri micronutrienti. Oggi possiamo invece confrontare il costo di diversi alimenti sulla base del loro contenuto nutrizionale.

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Una porzione di verdure per esempio può costare fino a 4 volte tanto una porzione di junk food, ma è stato calcolato che quel primo piatto ha 24 volte maggiore valore nutrizionale rispetto al secondo. Quindi, sulla base del costo per densità di nutrienti, le verdure offrono 6 volte più valori nutrizionali per libbra rispetto agli alimenti altamente processati come quelli del fast food. La carne costa circa 3 volte di più rispetto alle verdure e fornisce circa 16 volte meno valori nutrizionali rispetto ad un mix di prodotti di origine vegetale. Poiché la carne ha meno densità di nutrienti e costa di più, le verdure sono 40 volte più ricche di nutrienti per libbra rispetto alla carne.3

Se il tuo unico obiettivo è quello di ingurgitare quante più calorie possibili, spendendo il meno possibile allora gli alimenti più sani non sono la scelta migliore. Se invece vuoi introdurre quanti più nutrienti possibile ad un basso costo, allora fermati al banco di frutta e verdura. Secondo questa ricerca, spendendo solo 30 centesimi in più al giorno e comprando frutta e verdura puoi abbassare il tuo tasso di mortalità del 10%.4

Immagina se ci fosse una pillola che potesse ridurre il rischio di morte del 10% e avesse solo effetti collaterali positivi. A quanto pensi che un’azienda farmaceutica venderebbe quella pillola? Sicuramente non solo 30 centesimi!

ma i boDybuiLDers hanno bisogno anche Di più proteine!

Molto spesso, come abbiamo visto, gli aspiranti bodybuilders consumano quantità di proteine ben superiori a quelle consigliate dalla letteratura scientifica, persuasi che “più proteine si traducano in più muscoli.”

La necessità di ricorrere ad “alimenti iperproteici” ed a basso contenuto di carboidrati proviene dal fenomeno della dieta Atkins, diffusa negli anni 70’ dal cardiologo Americano Robert C. Atkins (paradossalmente egli morì poi nel 2002 di arresto cardiaco) o dalle pratiche alimentari diffuse negli spogliatoi delle palestre da altri bodybuilders, durante la cosiddetta Golden Age o periodo del boom del bodybuilding. I prodotti animali venivano privilegiati in quanto si credeva ancora al mito delle proteine nobili e alla inadeguatezza delle proteine vegetali che costringeva al consumo di grandi quantità di alimenti di origine vegetale per riuscire a raggiungere gli stessi quantitativi proteici che si raggiungevano consumando carne, uova, latte e derivati (vedi Capitolo 6).

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Come poi abbiamo visto più volte, non è solo una questione di calorie, proteine e macronutrienti. Questa sarebbe una visione troppo riduzionista della scienza della nutrizione. Come scrive il dott. Greger (2016), “You don’t eat food “components.” You eat Food!” - non mangiamo solo molecole o nutrienti a se stanti (come le proteine) ma cibo vero. Al supermercato non troviamo la corsia del magnesio e del potassio, così come è troppo semplicistico pensare ai prodotti animali solo come “proteine” e a frutta e verdura come alimenti che dobbiamo consumare come contorno dei nostri piatti. Food is a package deal - il cibo che portiamo alle nostre bocche è un pacchetto nutrizionale completo. Quando mangiamo i prodotti animali non mangiamo solo “proteine.”

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Sì è vero che il calcio è presente nel formaggio, le proteine nella carne di maiale, il ferro nel manzo, ma cos’altro introduciamo nel nostro corpo con questi nutrienti? Gli ormoni, i grassi saturi, micro-organismi patogeni, colesterolo, etc. I latticini sono la prima fonte di calcio in Europa e negli Stati Uniti ma sono anche la fonte principale di grassi saturi. Quali extra introduciamo invece quando consumiamo il calcio dagli ortaggi a foglia verde? Fibra, folati, ferro e antiossidanti, alcuni dei nutrienti che mancano appunto nel latte. Cercando di consumare la maggior parte dei nutrienti da prodotti di origine vegetale, si ottiene un bonus di extra nutrienti piuttosto che un fardello di sostanze dannose al nostro organismo. Negli Stati Uniti, quando il National Pork Board promuove il prosciutto come “fonte eccellente di proteine,”5 c’è da ricordare sempre la famosa citazione di un senior vice-president marketing di McDonald’s che, sotto giuramento in tribunale, descrisse la Coca-Cola come nutriente perché contenente l’acqua.6

che cos’È iL cibo processato?

Non è sempre scontato che gli alimenti di origine vegetale siano migliori di quelli di origine animale. Difatti uno dei prodotti più dannosi per il nostro organismo è la margarina o i grassi idrogenati di origine vegetale. Michael Pollan, l’autore di The

Omnivore’s Dilemma ha riassunto molto bene questo concetto: “If it came from a plant, eat it. If it was made in a plant, don’t.”7 Ovviamente la traduzione in italiano non rende quanto la forma inglese ma in poche parole: “se un alimento proviene da una pianta mangialo, se è stato prodotto in un “impianto”, evitalo.”

Cosa intendiamo per cibo processato? Il classico esempio è quello della lavorazione dei chicchi di frumento per fare la farina raffinata. È ironico che in realtà venga definita “raffinata,” assumendo la connotazione positiva di alimento migliorato quando in realtà si tratta di un depauperamento di molti principi nutritivi del cereale integrale. Nel Novecento, milioni di persone sono morte di beriberi, una sindrome dovuta ad una deficienza delle vitamine del complesso B, conseguente alla “raffinazione” del riso integrale, per trasformarlo in riso bianco (al giorno d’oggi il riso bianco è fortificato con vitamine per compensare questa “raffinazione”). Fu consegnato un premio Nobel allo scienziato che individuò la causa del beriberi e la sua cura - la crusca di riso che veniva eliminata durante la sua lavorazione per sbiancarlo.8

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Tuttavia, in alcuni casi la lavorazione di alcuni alimenti può renderli più sani. Forse non tutti sanno che il succo di pomodoro è più salutare dell’ortaggio stesso. La lavorazione del pomodoro incrementa la biodisponibilità dell’antiossidante licopene fino a 5 volte.9 In modo simile la rimozione del grasso dalle fave di cacao, per ottenere la polvere di cacao, ne migliora il profilo nutrizionale, perchè il burro di cacao è uno dei rari grassi saturi nel mondo vegetale che, insieme all’olio di cocco e olio di palma possono aumentare i livelli di colesterolo.10

Quindi la definizione migliore per cibo non-processato potrebbe essere: un cibo al quale “non è stato aggiunto nulla di nocivo o tolto nulla di salutare.” Utilizzando questa definizione, il succo di pomodoro potrebbe allora essere considerato un alimento non-processato, anche se molta fibra viene scartata nel processo di lavorazione. In realtà, in molti succhi di pomodoro che troviamo al supermercato viene aggiunto sale od altri conservanti e queste aggiunte categorizzano subito il succo di pomodoro come alimento processato. In modo simile la cioccolata (non la polvere di cacao) è un alimento processato perchè viene aggiunto zucchero.

Utilizzando la stessa definizione anche le mandorle sono un alimento non processato ma il latte di mandorla de-dolficificato è un alimento processato, perchè parte dei nutrienti vengono scartati nel processo di lavorazione. Questo non significa che il latte di mandorle risulti dannoso per il nostro organismo, semplicemente gli alimenti non processati tendono ad essere più salutari, pertanto è preferibile mangiare mandorle piuttosto che berne il latte. Alcuni alimenti parzialmente processati possono ovviamente essere inseriti nella dieta per massimizzare il consumo di nutrienti più sani. Se ad esempio bere il latte di mandorla de-dolcificato a colazione è un modo per consumare più fiocchi d’avena allora ben venga. Lo stesso vale anche per gli alimenti più processati come le salse commerciali. Se non mi piace il sapore dei broccoli o delle verdure a foglia verde ma aggiungendo un pò di salsa barbecue nel piatto ne consumo di più, allora ben venga. Ogni tanto, qualche inclusione di prodotti processati può essere strategica. È quel “poco di zucchero,” citando Mary Poppins, che fa “prendere la pillola” o acquisire migliori abitudini alimentari, dando più largo spazio agli alimenti non processati sulle nostre tavole. Prendiamo sempre come riferimento il grande schema delle cose, non diventiamo maniacali o iper-sensibili al mangiar sano e troviamo le soluzioni più sostenibili per noi, in base al nostro gusto e preferenze alimentari.

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verso più sane abituDini aLimentari...

Molto spesso diventiamo maniacali nelle nostre scelte alimentari e consideriamo la dieta come una sorta di religione. L’abbiamo sottolineato anche all’inizio del libro: molte persone non passano ad una dieta vegan perchè non riescono a rinunciare all’arrosto della nonna la domenica o alle proteine del siero del latte gusto cookies and cream dopo il workout, etc... Non è necessario essere così rigidi e severi con se stessi. Non esiste solo il bianco ed il nero. La nostra società ci ha abituato a questi estremismi, chi scende a compromessi una volta ogni tanto è visto come un debole, come un incapace di seguire un regime prestabilito. In realtá proprio questa rigidità mentale è uno dei fattori principali che scoraggia la gente ad abbracciare abitudini alimentari più salutari. Per alcuni il solo pensiero di non poter più mangiare una pizza con triplo formaggio e salame li porta a desistere dall’iniziare un nuovo percorso alimentare. Perchè non proviamo a concedercela una volta al mese o nelle occasioni speciali? Sforziamoci di evitare che la nostra ricerca di perfezione ci porti a stare alla larga da buone abitudini alimentari. Non è quello che facciamo una volta all’anno, una volta al mese o alla settimana che fa la differenza ma ciò che mangiamo ogni giorno, la nostra routine. Quello che mangiamo nelle occasioni speciali è insignificante rispetto a quello che mangiamo ogni giorno. Quindi non siate troppo severi con voi stessi se ogni tanto volete concedervi qualcosa di gratificante! Il nostro organismo possiede una capacità incredibile di riprendersi da sporadici insulti alla propria salute, questi non compromettono nulla rispetto ad uno spiluccare continuo.

Il mio approccio vegan non è abolizionista e la mia dieta è più whole-food plant-based piuttosto che una vegan diet. In Kaiser Permanente,

The Plant-based Diet: a Healthier Way to Eat, la dieta plant-based viene definita come “una dieta che esclude completamente prodotti di origine animale” ma in una nota precisano che “se non riesci a seguire una dieta plant-based il 100% delle volte allora prova per l’80%. Ogni allontanamento anche graduale da una dieta a base di prodotti animali

ad una vegetale è un passo verso la salute.”11

Dal punto di vista nutrizionale le definizioni vegetarianesimo e veganesimo prevedono quello che uno non mangia. Ma abbiamo visto come molti vegani siano in realtà “fat vegan” o sopravvivono solo con junk food dalla mattina alla sera. Per questo preferisco definire il mio tipo di dieta come whole-food plant-based. Sulla base delle evidenze scientifiche raccolte fino ad oggi è questo tipo di dieta, basata su prodotti di origine vegetale e non processati, ad essere la più salutare. Di giorno in giorno, più prodotti di origine vegetale e meno prodotti processati si consumano meglio è per la nostra salute.12

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come passare aD una whoLefooD pLant-baseD Diet

La transizione a qualsiasi nuova abitudine è strettamente condizionata dal tipo di personalità che ci contraddistingue. Se tendiamo a sviluppare dipendenze, se siamo quel tipo di persona che non conosce le mezze misure e procede per estremi, non beve o beve in eccesso per esempio, allora conviene cercare di cambiare abitudini radicalmente e in breve tempo. Al contrario ci sono persone, per esempio, che fumano solo in occasioni sociali e non sviluppano mai dipendenza da nicotina.13 La ragione principale per la quale i medici sconsigliano di fumare spesso non è soltanto per il danno indotto dal fumo ma perchè si conoscono i meccanismi psicologici che portano a sviluppare una vera e propria dipendenza dalla nicotina. Allo stesso modo, indipendentemente dalle vostre motivazioni etiche, non è un hamburger di manzo che vi uccide ma quello che si mangia tutti i giorni, spesso per abitudine, per tradizione o perché lo fanno tutti, quindi senza nemmeno sapere cosa si sta mettendo in bocca.

C’è un concetto in psicologia che si chiama decision fatigue che nel marketing viene utilizzato per sfruttare la debolezza dei consumatori. Tutti noi infatti, chi più chi meno, possediamo una capacità limitata di prendere una serie di decisioni in un breve lasso di tempo, pertanto spesso la qualità delle nostre scelte peggiora fino a condurci a prendere decisioni sciocche o irrazionali. Avete mai riflettuto sul perchè i supermercati espongono cioccolate e snacks proprio vicino alle casse, alla portata del nostro sguardo? Dopo diversi minuti trascorsi girovagando fra le corsie del supermercato osservando tanti ed accattivanti prodotti, spesso la nostra forza di volontà ci abbandona e non tratteniamo l’impulso di comprare junk food e schifezze.14

In alcuni casi stabilire delle proprie regole, cercando di rispettarle può aiutare a fare scelte migliori sul lungo termine. Decidere per esempio di non tenere più schifezze in casa, può aiutare a rimuovere la tentazione di junk food. Riempire il freezer di frutta congelata e la dispensa di semi e frutta secca può aiutare ad aver a disposizione velocemente uno snack salutare senza doversi mettere a cucinare.

Anche dal punto di vista fisiologico può essere una buona idea non allontanarsi troppo o completamente da una dieta bilanciata e salutare. Pensate, per esempio, a chi in vacanza si dimentica di mangiar sano e si ingozza con cibi ricchi di sale, zucchero e grassi. Dopo appena una settimana il nostro palato si è abituato così tanto a questo tipo di sapori forti che tornare ad una dieta sana potrà sembrare una tortura per molti! In questi casi è necessaria un’altra settimana o due di ritorno alla norma ma non di rado questa breve settimana di vacanza può condurre ad un punto di non ritorno

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verso una dieta sana. Ovviamente ben lungi da me raccomandare di trascorrere una settimana di vacanza all’insegna di sacrifici alimentari come un bodybuilder agonista, molto semplicemente si può solo stare più attenti e non deviare completamente dalla retta via che manteniamo durante il resto dell’anno, concedendoci qualcosa di “goloso” una o due volte al giorno ma senza esagerare.

Alcune persone preferiscono cambiare le loro abitudini alimentari radicalmente, altri invece gradualmente utilizzando diversi approcci. Uno dei metodi scientifici più efficaci utilizzati anche dal Dr. Greger o Dr. McDougall è il metodo a 3 steps di Kaiser Permanente.15 Questo medoto può essere riassunto così:1. Pensa a 3 pasti che consumi di solito, che ti piacciono e che sono a base di prodotti

di originale vegetale (es. pasta al sugo, riso con piselli, patate arrosto, etc..). Gli stessi possono essere resi ancora più nutrienti semplicemente sostituendo la pasta di grano duro con pasta integrale, il riso basmati con il riso venere, le patate con patate dolci, etc...)

2. In seguito pensa a 3 piatti che consumi spesso e che possono essere adattati in “versione FIT,” sostituendo gli alimenti di origine animale con quelli vegetali. Esempio: chili con carne con chili con un misto di fagioli, uova strapazzate con tofu strapazzato, etc…fai uno smart swap!

3. Scopri nuove opzioni FIT assaggiando per esempio altri cereali come quinoa e amaranto; creando insalatone con verdure, legumi, cereali e condimenti che preferisci; prendendo spunto da ristoranti e café vegani per i tuoi pasti a casa.

Al giorno d’oggi esistono centinaia di siti che presentano ricette bilanciate a base di prodotti di origine vegetale. Una volta individuati quei 5-6 piatti che ci piacciono, la strada è tutta in discesa e potete scatenare la vostra curiosità e creatività in cucina scoprendo nuovi sapori e nuove combinazioni.

Le nostre papille gustative si adattano di minuto in minuto. Se bevete ora un succo di arancia vi sembrerà dolce ma se lo bevete subito dopo aver mangiato caramelle lo troverete amaro. Sul lungo termine, più mangiate sano e più il cibo sano vi sembrerà buono al palato. In questo momento molti di voi hanno le papille gustative completamente assuefatte dalla triade micidiale di sale, zucchero e grassi.

Un paio di anni fa sul sito IronManager.coach abbiamo pubblicato anche un ebook SMART SWAPS che aiuta a trovare la versione FIT dei più classici piatti della tradizione italiana o degli alimenti che prediligiamo. All’interno di quell’ebook ci sono anche diverse ricette vegane.

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Altri siti interessanti sono:www.ForksOverKnives.comwww.StraightUpFood.comwww.HappyHealthyLongLife.com

Provare non costa nulla e spesso succede che, dopo appena poche settimane, si sta così bene che ci si rifiuta di tornare alla dieta precedente. In alcuni casi rimangono delle “voglie” particolari e conviene sempre soddisfarle. Come abbiamo detto, non fate un torto a nessuno se non siete 100% vegan, nessuno viene a controllarvi o a darvi un punteggio. Cercate solo di essere “il più vegan possibile” e di inserire gradualmente sempre più pasti a base di prodotti vegetali nell’arco della settimana. Rimanete curiosi e sperimentate con il cibo! Ci sono infinite possibilità e combinazioni, personalmente credo che nessuno dovrebbe ridursi a mangiare sempre le stesse cose per tutta la vita solo per abitudine, tradizione o perché nessuno gli ha mai fatto provare qualcosa di diverso dal solito!

Ovviamente non è mia intenzione imporre il mio modo di mangiare perchè i miei gusti e preferenze alimentari possono essere assai diversi dalle vostre. Molti dei miei followers sanno per esempio che sono un appassionato di mirtilli e che mangerei mirtilli a colazione, pranzo e cena ma forse molti di voi preferiscono quello che definisco l’insulso ribes, o le fragole, le amarene. Sono un amante dell’hummus ma per molti niente è meglio del baba ganoush a base di melanzane. Ognuno di noi ha gusti diversi.

Questo libro è un invito a riflettere sul valore di un’alimentazione bilanciata e a suscitare il desiderio di provare, sperimentare, ricercare e rimettere in discussione ciò in cui avete creduto fino ad oggi, cosi come ho fatto anch’io nel corso degli anni.

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bIbLIOgrAfIA

1 Bernstein AM, Bloom DE, Rosner BA, Franz M, Willett WC. Relation of food cost to

healthfulness of diet among US women. Am J Clin Nutr. 2010;92(5):1197–203.

2 Atwater WO. Foods: nutritive value and cost. U.S. Department of Agriculture Farmers’ Bulletin. 1894;23:1–30.

3 Connell CL, Zoellner JM, Yadrick MK, Chekuri SC, Crook LB, Bogle ML. Energy density,

nutrient adequacy, and cost per serving can provide insight into food choices in the

lower Mississippi Delta, J Nutr Educ Behav. 2012 Mar-Apr;44(2):148-53. doi: 10.1016/j.jneb.2011.02.003. Epub 2011 Sep 9.

4 Lo YT, Chang YH, Wahlqvist ML, Huang HB, Lee MS. Spending on vegetable and fruit

consumption could reduce all-cause mortality among older adults. Nutr J. 2012;11:113.

5 Pork Information Gateway. Quick facts—the pork industry at a glance. http://www.porkgateway.org/ FileLibrary/PIGLibrary/ References/

6 Green D. McDonald’s Corporation v. Steel & Morris [1997] EWHC QB 366

7 Parker-Pope T. Michael Pollan offers 64 ways to eat food. New York Times, January 8, 2010.

8 Arnold D. British India and the “beriberi problem,” 1798–1942. Med Hist. 2010;54(3):295–314.

9 Freeman BB, Reimers K. Tomato consumption and health: emerging benefits. Am J Lifestyle Med. 2010; 5(2):182–91.

10 Denke MA. Effects of cocoa butter on serum lipids in humans: historical highlights. Am J Clin Nutr. 1994;60(6 Suppl):1014S–1016S.

11 Kaiser Permanente. The plant-based diet: a healthier way to eat. http://mydoctor.kaiserpermanente.org/ ncal/ Images/ New%20Plant%20Based%20Booklet%201214_tcm28-781815.pdf 2013. Accessed April 10, 2015.

12 Campbell TC, Parpia B, Chen J. Diet, lifestyle, and the etiology of coronary artery

disease: the Cornell China study. Am J Cardiol. 1998;82(10B):18T–21T.

13 Schane RE, Glantz SA, Ling PM. Social smoking implications for public health, clinical

practice, and intervention research. Am J Prev Med. 2009;37(2):124–31.

14 Vohs KD, Heatherton TF. Self-regulatory failure: a resource-depletion approach. Psychol Sci. 2000;11(3):249–54.

15 Kaiser Permanente. The plant-based diet: a healthier way to eat. http://mydoctor.kaiserpermanente.org/ ncal/ Images/ New%20Plant%20Based%20Booklet%201214_tcm28-781815.pdf. 2013.Accessed April 10, 2015.