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UNIVERSITÀ DI ZURIGO ROMANISCHES SEMINAR LA DANIA DI ELENA BONZANIGO Felicity Brunner Manifesto per l’ultima rappresentazione di Dania, conservato presso l’Archivio di Stato di Bellinzona.

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UNIVERSITÀ DI ZURIGO

ROMANISCHES SEMINAR

LA DANIA DI ELENA BONZANIGO

Felicity Brunner

Manifesto per l’ultima rappresentazione di Dania, conservato presso l’Archivio di Stato di Bellinzona.

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INDICE

Introduzione 3

Dania – Libretto 8

Atto Primo 10

Atto Secondo 21

Atto Terzo 27

Parte Prima – Un percorso filologico attraverso il testo librettistico 42

1. Problemi generali riguardo alla trasmissione del testo librettistico 43

2. I testimoni di Dania 46

3. Un percorso a tappe attraverso i luoghi testuali di Dania 52

3.1. Il frontespizio 52

3.2. La suddivisione in atti e quadri 54

3.3. Le due scene d’apertura 57

3.4. Atto primo, scena VII 59

3.5. Il «Finale Ultimo» 60

4. Alcune conclusioni 63

Intermezzo – Alcune questioni di genere 64

1. Che cos’è questa composizione? 65

2. In conclusione 73

Parte Seconda – Un percorso tematico attraverso il testo librettistico 75

1. Prologo 76

2. La commedia 86

2.1. Atto Primo 88

2.2. Atto Secondo 99

2.3. Atto Terzo 101

3. Epilogo 104

Conclusioni e spunti per il futuro 110

Bibliografia 118

Ringraziamenti 125

Figure 126

Appendici 130

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“È famosa la dichiarazione di Ludwig Wittgenstein che i luoghi migliori per risolvere le questioni filosofi-

che sono le stazioni ferroviarie” Z. Bauman, Intervista sull’identità

I n t r o d u z I o n e

“Come sempre suole accadere in un lungo viaggio, alle prime due o tre stazioni l’immaginazione resta ferma nel luogo di dove sei partito, e poi d’un tratto, col primo mattino incontrato per via, si volge verso la meta del viaggio e ormai costruisce là i castelli dell’avvenire”.

L. Tolstoj, I cosacchi

Claude Monet, La gare de Saint-Lazare, 1877

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INTRODUZIONE – «QUANTO A GIUDICAR DI BRUTTO E BELLO, ASPETTIAMO CHE L’OPRA SIA FINITA»

Che cos’è Dania?

Cos’è questa composizione? È difficile classificarla. Non è un’opera, non foss’altro che

per la larga parte recitata oltre che per tutta la costruzione. Non è un’operetta, neppur

quando sembra ne abbia l’allure perché la linea classica si vede sempre e vi sono scene

come quella tra Dania e Floriano nel terzo atto che hanno tutto il colore lirico. Non è una

commedia buffa, anche se, volta a volta, si potrebbe crederlo, perché non manca qualche

momento drammatico e perché nell’orchestra v’è più d’una volta, l’altezza della preghiera

o l’ampiezza dell’inno.1

Che cos’è Dania? Nel corso di un anno di lavoro la seguente domanda ha orientato la ricerca svolta

intorno alla «commedia musicale in tre atti» andata in scena nel 1930 al Teatro Sociale di Bellinzona

e nata dalla collaborazione fra l’autrice Elena Bonzanigo2 e il compositore Luigi Tosi3: ricerca che,

infine, è stata raccolta e assestata nelle pagine qui proposte. La domanda esprime una difficoltà affine

a quella formulata dallo sconosciuto giornalista nella recensione alla Prima esecuzione di “Dania”

al Sociale apparsa sul numero di «Popolo e Libertà» del 30 maggio 1930, con cui si è deciso di aprire

il capitolo d’introduzione: la difficoltà è riconducibile al tentativo di definire, classificare e

contestualizzare Dania. Rispetto al giornalista di «Popolo e Libertà» le lettrici e i lettori

contemporanei che pongono la domanda «che cos’è?» tuttavia devono tener conto di un fattore

1 «Popolo e Libertà». 30 maggio 1930. P. 3.

2 Elena Bonzanigo nacque a Bellinzona nel 1897 e visse fra Bellinzona, Londra, Zurigo e Locarno Monti, dove morì nel

1974. Collaborò con Cenobio e con il Corriere del Ticino, oltre che con la RSI, curando radiodrammi, radiocommedie e

adattamenti dall’inglese. Si batté, inoltre, per l’ottenimento del suffragio femminile nel canton Ticino e per anni ricoprì

la carica di presidente nel Movimento Sociale Femminile di Locarno. Curò il volume Donne della Svizzera italiana. Dalla

Saffa 1928 alla Saffa 1958, per il quale scrisse un capitolo dedicato all’arte figurativa. Dal 1962 al 1967 fu presidentessa

della sezione Belle Lettere del Lyceum della Svizzera italiana. In seguito fondò la sezione ticinese del PEN Club (Poets,

Essayists, Novelists). La prima pubblicazione letteraria risale al 1928 con il racconto breve Le memorie di un campanile,

edito dal periodico «Adula», a cui si accennerà nel capitolo 3 del presente lavoro. Nel 1944 vinse il premio Schiller per

il romanzo storico Serena Serodine, mentre nel 1963 La Conchiglia le valse il premio del Giubileo del Lyceum svizzero.

Per ulteriori informazioni riguardo a Elena Bonzanigo si legga: FAZIOLI FOLETTI Maria, Elena Bonzanigo, in Tracce di

donne, Biografie femminili ticinesi del XIX e del XX secolo, 2015, a c. dell’AARDT (Archivi Riuniti delle Donne Ticino),

link: http://www,archividonneticino,ch/hoppeler-bonzanigo-elena-1897-1974/ (ultima visita: 10 dicembre 2016).

3 Luigi Tosi nacque a Grosseto nel 1881. Studiò al liceo musicale di Roma con Giacomo Settaccioli e alla Scuola nazionale

di Musica di Roma sotto la direzione di Pietro Mascagni, dove nel 1906 ottenne il diploma di composizione e di maestro

concertatore e direttore d’orchestra. Si laureò al Conservatorio di Milano, diventando maestro di banda e insegnante di

canto. Incominciò la sua carriera in qualità di direttore del corpo bandistico di Portogruaro; nel medesimo periodo sostituì

Mascagni nella direzione di Iris e Le Maschere al Teatro Goldoni di Livorno. Diresse stagioni d’opera al Teatro Nuovo

di Bergamo, al Teatro Sociale di Roma e al Politeama di Lecce. Nel 1919 venne nominato direttore della Civica

Filarmonica di Bellinzona (che negli anni sotto la sua direzione si esibì a Zurigo, a Berna, a Basilea e a Losanna) e un

anno più tardi fondò la corale femminile Santa Cecilia, sempre a Bellinzona. Nei 37 anni di attività (dal 1919 fino al

1956) va ricordata la direzione delle associazioni Musica dei Ferrovieri di Bellinzona e Armonia Elvetica di Mesocco. Fu

anche direttore della corale maschile Melodia di Bellinzona. Per ulteriori informazioni riguardo a Luigi Tosi si legga la

voce: <Luigi Tosi>, in I principali attori del campo musicale della Svizzera italiana, La musica della Svizzera italiana,

a c. della Fonoteca Nazionale Svizzera, link: http://www,fonoteca,ch/gallery/chiMusic/chiMusic_PA_TosiL_it,htm

(ultima visita 16 dicembre 2016).

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importante: sulla recita, a partire dal 1930, unico anno in cui è stata rappresentata, è calato

inesorabilmente il velo polveroso dell’oblio. L’unico testimone, reperibile nelle biblioteche pubbliche

del canton Ticino, a disposizione di chi ha desiderato conoscere Dania negli scorsi otto decenni, è un

fascicolo, pubblicato da Salvioni in occasione della messinscena del 1930, che riassume la trama della

commedia e che contiene solamente alcuni frammenti di dialogo.4 Tuttavia non esistono edizioni di

alcun tipo del libretto integrale e della partitura, come non esiste una registrazione sonora dello

spettacolo. A questa mancanza desideriamo ora porre rimedio (almeno parzialmente) tramite

l’edizione critica del libretto della commedia: in questo modo vogliamo offrire alle lettrici e ai lettori

odierni la possibilità di conoscere un esempio operistico più unico che raro proveniente dalla Svizzera

italiana.

Rispondere all’interrogativo «cos’è?» ha innanzitutto comportato un lavoro di indagine pari a quello

del detective dilettante: assumendo una veste equivalente a quella di Miss Marple sulle tracce

dell’assassino, la ricercatrice ha dovuto rintracciare il maggior numero di informazioni riguardo

all’oggetto di indagine. Tramite svariate ricerche via internet e con il telefono alla mano si sono

individuati i luoghi in cui sono conservati i documenti che testimoniano le fasi del lavoro creativo

della librettista e del compositore: l’Archivio di Stato di Bellinzona conserva nella collana

«Collezione Tosi» tre unità archivistiche nelle quali si trovano i materiali utilizzati nel 1930 per

portare in scena il lavoro.5 Grazie agli eredi di Tosi, i quali alla morte del maestro hanno ordinato e

catalogato i suoi documenti per farne un fondo pubblico consultabile presso l’archivio bellinzonese,

ci sono pervenute la partitura per l’orchestra, la riduzione per pianoforte e gli spartiti per gli strumenti,

per i cori e per le parti cantate dai protagonisti. Inoltre tra i materiali del compositore sono state

rinvenute una versione manoscritta del libretto e due versioni dattiloscritte, fondamentali per l’analisi

letteraria della pièce. Infine, una serie di carte sciolte, tra cui appunti, riscritture di singole scene,

frammenti di spartiti e altro, sono altresì accuratamente raccolti e classificati nelle tre unità

archivistiche, e formano un sottobosco di materiali fondamentali a orientare (e talvolta disorientare)

4 BONZANIGO Elena, (adattamento scenico e versi); TOSI Luigi (musica), Dania, commedia musicale in tre atti, Arti

Grafiche Salvioni, Bellinzona, 1930.

5 Le tre unità archivistiche portano le seguenti segnature: UNA 154 contiene la partitura per orchestra (PB), la riduzione

per pianoforte (PA), il manoscritto del libretto (M), il dattiloscritto con alcuni frammenti di testo (DA), il dattiloscritto

per la riduzione radiofonica della commedia, risalente agli anni ‘50 e svolta in sede alla RSI, il riassunto delle scene

pubblicato da Salvioni (L), il dattiloscritto del libretto completo (DB), un fascicolo di carte sparse, tra le quali figurano

alcuni appunti di Tosi e di Bonzanigo; UNA 155 contiene gli spartiti musicali per gli strumenti, per i cantanti e per i cori;

UNA 156 contiene una partitura chiamata Dania brutta copia, un fascicolo di carte sparse, una rivista («La coiffure

Parisienne illustree», del mese di maggio dell’anno 1930, in cui figurano le fotografie di una riduzione scenica dell’Amour

peintre di Molière, fonte dichiarata di Dania), il manifesto per la rappresentazione di Dania del 2 giugno 1930, un

quaderno dal titolo Commenti della stampa ticinese ed estera, nel quale Tosi ha trascritto alcune recensioni su Dania, una

fotografia dell’orchestra di Bellinzona del 1923. I documenti denominati nel seguente lavoro con le abbreviazioni M, DA,

DB, PA, PB e L rappresentano i testimoni utilizzati nella ricostruzione filologica del testo. Per maggiori approfondimenti

rimandiamo alla parte prima del presente lavoro.

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la ricercatrice-detective. Le biblioteche del canton Ticino, invece, offrono la possibilità di consultare

l’archivio digitalizzato dei periodici e dei quotidiani pubblicati nella Svizzera italiana a partire dalla

seconda metà dell’Ottocento. Tramite la lettura di svariate recensioni, trovate nei maggiori quotidiani

del cantone, è stato, perciò, possibile ricostruire un’idea delle modalità di ricezione di Dania.6

La ricerca svolta intorno ai materiali d’archivio ha fin da subito assunto la dimensione di un viaggio:

un viaggio fisico (e molto spesso non lineare) attraverso svariate stazioni, che ha condotto all’archivio

di Bellinzona, al Teatro Sociale, alle biblioteche pubbliche del canton Ticino, ma anche alla

Zentralbibliothek di Zurigo, al Romanisches Seminar e al Musikwissenschaftliches Seminar

dell’Università di Zurigo, e, infine, direttamente nel salotto di un direttore d’orchestra in pensione;7

e soprattutto un viaggio metafisico che ha assunto un carattere culturale e letterario attraverso i

documenti ritrovati e letteralmente rispolverati. Un viaggio di scoperta, insomma, di cui si vogliono

riassumere le stazioni principali in questo lavoro: un percorso che non ha nulla di conclusivo, in primo

luogo perché negli archivi privati, nelle biblioteche più piccole e tra le carte lasciate in eredità da

Bonzanigo e Tosi potrebbero essere rimasti conservati materiali pertinenti ancora inesplorati, e

secondariamente perché il testo librettistico di Dania, riportato in luce dopo gli anni di sterile oblio,

potrà ora continuare il suo cammino all’interno della letteratura, in relazione al contesto culturale e

letterario coevo. Un viaggio che ha reso necessario formulare svariate domande. Domande di metodo,

in particolare riguardo al lavoro filologico necessario per ricostruire una versione del testo il più

vicina possibile al libretto composto dall’autrice bellinzonese, ripulito dagli errori di battitura e

corretto nei luoghi in cui una svista da parte del trascrittore ha creato delle incongruenze.8 Domande,

poi, di carattere critico-letterario, pensate per approfondire le analisi della struttura del testo, del

confronto con la fonte dichiarata (L’amour peintre di Molière) e dei temi principali riscontrati nella

lettura.9 La domanda, soltanto in apparenza semplice, «che cos’è Dania?» andava dunque affrontata

con cura e decostruita in svariati frammenti: ogni pezzo ha rappresentato una problematica specifica

6 La lista completa dei numeri di giornale che hanno dedicato uno spazio alla recita di Bonzanigo e Tosi è presente nella

bibliografia annessa al presente lavoro.

7 Il riferimento (accompagnato da un grande ringraziamento) è ad Armin Brunner, che per anni ha diretto con passione

svariate orchestre in teatri, opere, sale da concerto di diverse città della Svizzera.

8 Nella parte prima di questo lavoro si leggerà il resoconto del percorso filologico svolto attraverso l’intricata selva delle

varianti individuate tramite l’attento confronto di cinque testimoni di Dania (M, DB, DA, L, PB): il lavoro è servito per

ricostruire il testo atto alla lettura e all’analisi del contenuto. La filologia librettistica si inserisce in un ambito specifico,

originato da un’attenzione nuova rivolta da parte delle studiose e degli studiosi della letteratura e della musica al genere

dell’opera lirica: il nuovo interesse sviluppato nei confronti del testo librettistico sovverte il punto di vista della critica

tradizionale, che, come vedremo, lo considerò un genere di secondo ordine.

9 Nella parte seconda di questo lavoro verrà proposta una lettura del libretto svolta con lo scopo di inserire Dania nel

contesto sociale e politico della Svizzera italiana degli anni immediatamente precedenti il 1930. Il periodo storico è

estremamente interessante per comprendere alcuni importanti dibattiti culturali vivi nel cantone nei decenni a cavallo tra

la prima e la seconda guerra mondiale: un dibattito in cui Elena Bonzanigo, vedremo, ha ricoperto un ruolo che dai critici

non è mai stato preso in considerazione.

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incontrata durante il periodo di ricerca, una stazione necessaria nel viaggio di scoperta di un testo

curioso, perché caso unico nell’ambito inesplorato del teatro musicale operistico della Svizzera

italiana.

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DaniaCommedia musicale in tre atti

Testo di Elena BonzanigoMusica di Luigi Tosi

L i b r e t t o

Jean-Léon Gérôme, Le bain maure, 1880-1885

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I TESTIMONI DI DANIA

M: si tratta di un manoscritto, redatto a penna, da Elena Bonzanigo. Esso è composto da 50 fogli,

numerati e slegati. Rappresenta una fase di lavoro embrionale di Dania.

DB: si tratta di un dattiloscritto che contiene, con parecchie varianti, il testo di M. Esso è composto

da 22 fogli, numerati, rilegati in un unico fascicolo, racchiuso da una copertina di cartone,

decorata da un collage. È il testimone scelto come base per svolgere l’analisi critico-interpretativa

del testo di Dania.

DA: si tratta di un dattiloscritto, di 13 fogli, non numerati e slegati. Si tratta di una versione composta

dalla maggioranza delle parti musicate, da alcuni recitativi e da poche didascalie. Di questa

versione sono conservate tre identiche copie.

L: si tratta dell’opuscolo pubblicato dagli autori Bonzanigo e Tosi, presso Salvioni nel 1930

(segnalato in bibliografia: BONZANIGO Elena, (adattamento scenico e versi); TOSI Luigi (musica),

Dania, commedia musicale in tre atti, Arti Grafiche Salvioni, 1930).

PB: si tratta della partitura orchestrale di Dania. Il volume è composto da 522 pagine, rilegate e

protette da una copertina in cartone.

PA: si tratta della riduzione per pianoforte delle musiche contenute in PB. La versione del testo

trascritta tra lo spartito è identica a PB, perciò si è deciso di non contare PA tra il numero dei

testimoni collazionati per editare il testo.

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DANIA

COMMEDIA IN TRE ATTI10

Adattamento scenico: ELENA BONZANIGO

Musiche: LUIGI TOSI

La vicenda è tratta da un atto di Molière, “L’Amour Peintre”

(L’atto originale fu rappresentato nel 1667 a Saint-Germain dalla compagnia di Molière. Luigi XIV,

la Regina, Mlle de la Vallière ed altri personaggi della Corte presero parte ai balletti).

Personaggi

MUSTAFA padrone di

DANIA schiava greca

FLORIANO gentiluomo veneziano

ALÌ suo servo

ZAIDA giovane schiava

IL PASCIÀ

Baritono

Soprano

Tenore

Tenore

Soprano

Basso

MUSICI

CANTORI

SCHIAVE

DANZATORI

MORETTI

CANTATORI

SERVI

ATTO PRIMO

SCENA I11

Luce rossa di tramonto. La scena rappresenta un cortile di una casa orientale. A destra un balcone

a sinistra un pozzo circondato da un’aiuola di fiori. Al levarsi del sipario DANIA ed alcune altre

SCHIAVE si avvicinano al pozzo per attingere.12

CORO Passa la primavera sul13 deserto

come colomba sull’immenso mare,

né sa dove posare14. Ah…

10 L: commedia musicale in tre atti. M: Commedia musicale in 2 atti e 3 quadri. Per approfondimenti riguardo al problema

della suddivisione in atti e quadri si veda «Parte Prima – Un percorso filologico attraverso il testo librettistico».

11 Le Scene I e II sono assenti in M (per ulteriori approfondimenti si legga il capitolo 2. di questo lavoro). In M, oltre

all’indicazione Atto 1, è presente anche l’indicazione Quadro 1. A questa segue la didascalia di scena (cfr. nota 12).

12 In DA la didascalia è tagliata. In M sono presenti delle varianti: La scena rappresenta il cortile di un palazzo orientale.

A destra un balcone. In mezzo al cortile, un pozzo circondato da un’aiuola di fiori. È una bella notte di plenilunio, ma di

quando in quando nubi vagabonde velano la luna.

13 DA: nel.

14 DA: passare.

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11

C’è una sorgente15 sola nel deserto

e primavera vi si posa accanto 5

e scioglie il suo bel canto. Ah…

Ecco, ridono fiori nel deserto

E primavera se ne fa corona

all’ombra delle palme s’abbandona,

all’ombra delle palme s’addormenta. Ah… 10

Mentre cantano e attingono Zaida si è avvicinata dall’altra parte del

muricciuolo e sta in ascolto.

1. SCHIAVA Indicandola a un'altra.

Chi è quella fanciulla di là dal muro?

2. SCHIAVA Non l’ho mai vista.

3. SCHIAVA Mi sembra la Greca che vende fiori presso la Grande Moschea.

DANIA Vivamente.

Una Greca?

ZAIDA Avvicinandosi ancora.

Posso chiedere una grazia?

DANIA Di’ pure.

ZAIDA La fonte è lontana ancora e sono così stanca. Mi permettete di attingere al

vostro pozzo?

DANIA Sì davvero.

1. SCHIAVA Certamente. Dammi la tua anfora.

ZAIDA Oh, vi ringrazio. Eseguisce.

Mentre la schiava attinge, Dania si avvicina al muricciuolo.

DANIA A Zaida:

Il tuo accento è stranamente famigliare. Sei di questo paese?

ZAIDA No, son nativa d’un villaggio presso Micene.

DANIA Con grazia:

Allora sei greca come me.

L’abbraccia.

Dimmi il tuo nome e la tua storia.

ZAIDA Il mio nome è Zaida. La mia storia è tristezza.

DANIA Racconta!

ZAIDA Nell’Eubea

presso al mare un villaggio

ridea piccolo e bianco.

Là vivevo, nel raggio

dolce della famiglia 15

la mia infanzia beata.

Ma un giorno di terrore,

come lupi affamati,

calarono i briganti,

i Turchi! Il mio paesello 20

fu un orrido macello

tra rovine fumanti.

Uccisi i vecchi, i bimbi.

Ah! La mia mamma!

15 L: fontana.

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Si copre gli occhi.

LE SCHIAVE Sottovoce:

Orrore!16 25

ZAIDA Noi fanciulle, vendute

sul mercato di Stamboul17

come pecore, all’asta!

Da allora sono schiava.

DANIA Oh come la tua storia 30

alla mia s’assomiglia!

Io pur crescevo lieta,

idolatrata, inconscia,

del destino crudele.

Viveva la mia famiglia 35

presso Atene. Il mio babbo

era un ricco mercante:

volle condurmi seco

in un suo villaggio a Cipro,

ma i pirati dell’Islam

assalirono la nave…18 40

Che terrore! Che sangue!

E non lo vidi più, povero babbo

e la mamma che forse19 ci attende

in Grecia, nella nostra dolce casa.

ZAIDA Oh! La Mamma, la patria, la famiglia 45

a volte sembran sogni troppo belli

per avere mai potuto essere veri!

DANIA Bella Grecia, mia patria lontana,

a te vola il pensier!

ZAIDA Bella Grecia distesa nel sole 50

Come pigra sirena!

DANIA Tutt’avvolta nel manto del mare,

odorosa di timo e viole,

orgogliosa di grazia sovrana

o dolce patria ellena 55

il nostro cuore rivederti vuole.

ZAIDA Il nostro cuore rivederti vuole,

o dolce patria ellena!

DANIA e Il più dolce ricordo è in te raccolto

ZAIDA e la mamma ci guarda col tuo volto. 50

Ma chiuse nella triste schiavitù

non ti vedremo mai più, mai più.20

16 DA: che orrore.

17 DA: Istanbul.

18 In DA sono assenti i versi [ma i pirati dell’Islam / assalirono la nave].

19 DA: che forse ancor.

20 In L i versi del duetto presentano delle varianti sostanziali: Bella Grecia distesa nel sole / come pigra sirena, / odorosa

di timo e viole, / orgogliosa di grazia sovrana! / Il nostro cuore rivederti vuole, / o dolce patria ellena, / dolce patria

lontana!

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13

Nel frattempo alcune schiave ascoltano, altre passeggiano discorrendo

tra loro.

2. SCHIAVA Com’è bello il tramonto!

1. SCHIAVA Ma sta quasi spegnendosi. In questa stagione la luce cala rapidamente.

ZAIDA Si, è già tardi. Devo rientrare in fretta prima che scenda la sera, Addio.

DANIA Addio. ma ritorna dobbiamo rivederci presto.

ALCUNE SCHIAVE Sì21, ritorna. Puoi sempre attingere qui, purché Mustafà non ti veda!

ZAIDA Oh, Mustafà

Comico gesto di orrore. Esce.

SCENA II

1. SCHIAVA Come si sta bene qui al fresco!

DANIA Riprendiamo la nostra canzone?

SCHIAVE Sì, cantiamo.22

Ripresa del coro.

MUSTAFÀ Esce sbuffando, interrompendo il coro.

Come, come? È l’ora della preghiera e siete ancora qui a cantare e danzare,

gazze d’inferno? Presto, portate l’acqua per le abluzioni e sbrigatevi. Volete

che vi paghi a staffilate, per la barba di Maometto!

Le fanciulle raccolgono le anfore e rientrano in fretta. Scena vuota. La

luce si fa violetta. Si sente dall’interno la preghiera della sera intonata

da Mustafà e ripresa dal Coro: cantilena. Annotta.23

SCENA III24

Entra ALÌ con alcuni MUSICI.

ALÌ Pian pianino, cautamente,

senza far rumore25

qui venite, brava gente, 55

qui attendete il mio signor. 26

Accennando col dito sulla bocca:

Sst! Sst!

CORO Pian pianino, cautamente,

senza far rumore

tutti qui pazientemente

attendiamo il tuo Signor.27 60

Sst! Sst!

21 DA: sì sì.

22 DA: cantiamo ancora.

23 DA: annotta rapidamente.

24 L’indicazione di Scena III è preceduta in DB dall’indicazioni [Atto I] e le direttive di scena [è una bella notte di

plenilunio, ma di quando in quando nuvole vagabonde velano la luna]. Per ragioni di coerenza strutturale le indicazioni

di scena incoerenti sono state tagliate. Per approfondimenti riguardo alla strutturazione degli atti si legga «Parte Prima –

Un percorso filologico attraverso il testo librettistico».

25 DA e PB rumore alcuno.

26 DA e PB: qui venite brava gente, brava gente, qui attendete il mio signor.

27 DA e PB: qui attendiam il tuo signor, qui aspettiamo, qui attendiamo il tuo signor.

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14

ALI Tu rimani qui28 appiattato,

tu nasconditi laggiù,

voi qui dietro al29 colonnato,

dietro alla fontana, tu.

Sst! Sst!

CORO 1. Guai se alcuno ci scoprisse! 65

CORO 2. Sarian busse30 in quantità.

CORO 3. Oh. Se almeno presto venisse!

CORO 4. Chissà mai31 quando verrà!

Sst! Sst!

Si nascondono.

ALÌ Silenzio! Non vi movete prima che io vi chiami.

Solo.

Che amara parodia32 è la sorte dello schiavo! Non mai vivere per sé ma essere

aggiogati alle passioni ed ai capricci33 del padrone34. Così adesso, perché il mio

signore ha il ghiribizzo di innamorarsi, devo passare io la notte e il giorno senza

riposo.

SCENA IV35

Entra FLORIANO

FLORIANO Sei tu Alì?

ALÌ E chi mai se non io, padrone? A queste ore notturne chi, all’infuori di voi e me,

gira per i cortili degli altri invece di andarsene a letto?

FLORIANO Nessuno, dici bene. Perché nessuno soffre le pene che mi tormentano. Dover

combattere l’indifferenza della donna amata è ben lieve cosa36, per la speranza

di piegarla ai nostri voti, o il refrigerio, almeno, di lamentarci e di sospirare.

Ma non poter trovare mai occasione di parlarle, non poter sapere se l’amore

nato dai suoi begli occhi le sia caro o discaro è per me la peggiore delle

sofferenze! Ed ecco, appunto, che la feroce sorveglianza di quell’orco di

Mustafà mi vi condanna!

ALÌ Ma in amore, padrone mio, ci sono diversi linguaggi: e mi sembra che i vostri

occhi e quelli della bella Dania da oltre due mesi si dicano molte cose!

FLORIANO Giustissimo, Alì. Però come sapere se ciascuno di noi abbia interpretato bene

tale linguaggio? Se la mia diletta intende tutto ciò che i miei occhi vogliono

dirle? Se i suoi occhi dicono tutto ciò che io credo intendere?

ALÌ E allora, padrone mio, la cosa è semplice, bisognerà trovare il mezzo di parlarsi

altrimenti. 28 DA: là

29 M: il.

30 DA e PB: botte.

31 DA e PB: chi sa mai, chi sa mai.

32 M: che amara e scipita parodia.

33 M: guai.

34 M continua con: e dover scervellarsi per tutti i capricci che frullano per il capo!

35 In DB è indicata con [Scena 2]: dunque, da Scena IV fino a Scena VI, le indicazioni originali di DB seguono la

numerazione a partire da 2. Per ragioni di coerenza, la numerazione qui riportata è stata modificata e corretta rispetto

all’originale

36 M: è lieve cosa.

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15

FLORIANO Ah! Presto detto… Hai condotto i musici?

ALÌ Sì, padrone. Ma…

Accennando alla finestra del balcone.

Nascondiamoci ed attendiamo.

Si ritirano nell’ombra.

SCENA V

La luna è svelata completamente e i suoi raggi d’opale illuminano la facciata37 della casa e il

balcone, lasciando mezzo cortile nell’ombra. La finestra si apre, sulle parole38 di Alì, e sul balcone

appare una figura biancovestita: DANIA. Si appoggia al verone e resta un momento assorta e

pensierosa.

Poi quasi a se stessa canta:

DANIA Notte lunare, piena d’incanto39

versa il tuo balsamo sull’alma40 mia. 70

Pietosa tergine l’amaro pianto,41

fa ch’io dimentichi la sorte ria.

I dì lontani di fanciullezza,

fa che risorgano nel mesto42 cuore,

quando ancor libera godea l’ebrezza 75

dell’ineffabile materno43 amore.

Fammi scordare che schiava sono,44

che a ignoto45 harem mi si destina.

Dammi la pace! L’alma abbandona

nel tuo bel sogno, notte divina! 80

Rimane al verone pensosa.

ALÌ Sottovoce a Floriano.

Non potevamo capitar meglio.

Chiamando coi cenni i musici.

Avanti. Voialtri! Tenetevi pronti e fatevi onore.

FLORIANO Ai musici:

Io canterò, voi mi accompagnerete e sosterrete nel ritornello.

Escono dall’ombra e si dispongono sotto il balcone.

DANIA Fa un movimento di sorpresa e si ritira dal balcone.

FLORIANO Canta:

37 M: la facciata visibile.

38 M: sulla parola.

39 DA e PB: incanti.

40 Si è scelto di inserire [alma], variante di M, DA, PB, poiché la variante [anima] di DB renderebbe il verso ipermetro.

41 DA e PB: gli amari pianti.

42 M: muto.

43 DA: tenero.

44 M: schiava io sono. DA e PB: schiava or sono.

45 M: ingiusto.

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16

Torna ancora al verone46, o mia diletta,

e ascolta il canto della mia passione,

Come il tuo cor, tutto il mio core47 aspetta

Il dolce dì della liberazione.

Spera, mio core! 85

L’alba è già vicina,

alba di libertà, luce d’amore.48

Asciuga il pianto dai begli occhi neri

E il cor riapri a fulgida speranza.

La regina tu sei49 dei miei pensieri,

prendi tutto me stesso in sudditanza. 90

Spera, mio core.

L’alba è50 già vicina,

alba di libertà, luce d’amore.

Avvicinandosi al verone.

Dania…

DANIA Si sporge un poco, poi subitamente si ritrae e si pone in ascolto. Fa

quindi un cenno a Floriano e gli dice in fretta:

Fuggite in fretta, sento rumore in casa!

Si ritira e chiude la finestra, mentre Floriano col suo piccolo seguito si

nasconde dietro le quinte, figuranti colonne.

SCENA VI

La porta si apre. Esce MUSTAFA in vestaglia e berretto da notte con una scimitarra sotto il braccio.

MUSTAFÀ Avanzando cauto:

Chi va là? Chi va là?

Silenzio.

Ho inteso suonare e cantare davanti alla mia porta e sono cose che non si fanno

senza ragione. Bisogna che io sappia…

Avanza ancora cautamente.

ALÌ Rientrando in scena con Floriano e parlandogli sottovoce:

Vedete padrone, la porta è aperta e mi pare che qualcuno si muova la presso;

Bisogna che io sappia…

FLORIANO Certo, ma bada di far piano. Io resto qui per ogni buon conto. Piacesse al Cielo

che fosse la mia bella Dania!

MUSTAFÀ Dando uno schiaffo ad Alì:

Chi va là?

ALÌ Rendendo lo schiaffo:

Amici.

MUSTAFÀ Rientrando:

46 Variante presente sia in M, che in DA e PB. Il testo originale di DB invece recita: Torna al verone. Ritengo che la

mancanza dell’avverbio ancora in DB sia causa di una svista dell’autore del testo: infatti il verso, così come appare in

DB, non corrisponde strutturalmente agli endecasillabi seguenti. È stata dunque integrata la variante di M, DA e PB.

47 DA e PB: il mio core.

48 DA e PB: luce e amore. In DA e in PB segue un’aggiunta: In alto i cuori l’alba è già vicina, alba di libertà luce

d’amore.

49 M, DA e PB: sei tu.

50 DB presenta un errore (assente in DA e in M): L’alba già vicina.

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17

Servi, olà accorrete!

Presto, per Allah! 95

Ibrahim, Omar, Talete,

Sham-el-Nassim, Abdullah!

Accorrete presto, olà!

L’alabarda ed il fucile,

la pistola e lo staffile 100

su portatemi, poltroni!

Con le fruste, con bastoni,

scimitarre e sciaboloni

accorrete presto, olà

per Allah! 105

Rientra.

ALÌ Signor mio, qui ci conviene

lasciar presto queste scene,

che far mostra di coraggio

non darebbe alcun vantaggio.

FLORIANO Ah! Mi bruciano le mani! 110

ALÌ Ed a me?! Ma se quei cani

or ci rompono la testa,

padron bello, che ci resta

per finire la partita?

FLORIANO Hai ragione. Troppo bella 115

è la speme che mi invita,

troppo fulgida è la stella

che m’illumina la vita

perch’io possa rinunciare

a volerla conquistare.51 120

SCENA VII52

Esce MUSTAFÀ, seguito da un codazzo di SERVI a mezzo svestiti e armati nel modo più vario e

bizzarro, chi con randelli, chi con scope, chi con vecchie sciabole e con grossi fucili.

MUSTAFÀ Dando bruscamente gli ordini.

Tutti fuori uscite subito,

se qualcuno vedete muovere!

Come nell’estate grandine,

come in uragano fulmini,

frecce allora fate piovere, 125

bastonate fate scendere!

Botte! Giù senza pietà!

Per Allah!

Qual vittoria mai sarà!

La luna poco a poco si vela, e la scena è tutta al buio. 53

51 [A volerla conquistare] è un verso mancante in DB, ma presente sia in M, che in DA e PB. Per ragioni di completezza

sintattica e semantica è stato aggiunto.

52 L’indicazione di scena è assente sia in DB che in DA, ma è presente in M. Per ragioni di completezza è stata aggiunta.

53 La didascalia scenica di apertura è assente in DB e in DA, compare solamente in M: la scelta di inserirla qui nel testo

è dettata da un criterio di logica narrativa, poiché, dopo la precedente battuta, MUSTAFÀ è uscito di scena. La battuta di

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CORO Adagino sorprendiamoli, 130

acciuffiamoli, scanniamoli,

sul terren scaraventiamoli,

tutti in briciole facciamoli!54

Io di qua… e tu di là…

Tu di là… e io di qua… 135

MUSTAFÀ Ricordate, per Allah!

Botte giù! Senza pietà!

Rientra stropicciandosi le mani.

Qual vittoria mai sarà!

Un momento di silenzio. Non vedendo più nulla, spinto dalla curiosità,

Mustafà esce fuori a vedere che succede; camminando circospetto si

dirige a sinistra della scena, dov’è il pozzo. I servi scorgendolo lo

scambiano per un nemico.

1. SERVO Sotto voce:

Guarda! Vedi presso il pozzo?

2. SERVO Sotto voce:

Pare un’ombra…

1. SERVO Sotto voce:

Con quel gozzo? 140

Pare un otre grosso e tozzo.

3. SERVO Dalla parte opposta, sotto voce:

Chi sarà quello nascosto?

4. SERVO C.s.:

Certo niun di noi fu posto

dietro al pozzo…

3. SERVO C.s.:

Ora l’appesto.

1. SERVO Più forte:

Pagherà quello per tutti! 145

3. SERVO C.s.:

Passerà momenti brutti!

Lo circondano, pian piano, poi d’un tratto, minacciosi,55 l’assalgono.

SERVI T’abbiam colto, ora birbone!

A te! Prendi!

MUSTAFÀ Ahimè! Furfanti!

Ah! Lasciatemi.

SERVI Il bastone non ti piace mascalzone? 150

Botte giù senza pietà!

Baccano indiavolato.

MUSTAFÀ Ahi! La pagherete cara!

Ahi le spalle! Ahi la mia testa!

SERVI Botte giù senza pietà!

Qual vittoria per Allah! 155

Ma il padrone ove sarà?

MUSTAFÀ è assente in DB, ma è presente in M, e con qualche variazione in DA e in L. Per ragioni di coerenza narrativa

si è preferito inserire la versione di M, la quale, al termine della battuta, reca anche la didascalia.

54 [tutti in briciole facciamoli] è un verso mancante in DB, ma presente sia in M, che in DA e PB.

55 Variante scelta da M, poiché in DB la didascalia presenta delle ridondanze: Lo circondano pian piano poi d’un tratto,

minacciosi lo circondano, l’assalgono.

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MUSTAFÀ Profittando della piccola pausa per liberarsi un poco:

Ah! Che storia è mai questa?

Imbecilli, scimuniti,

Urlando:

Il padrone eccolo qua! 160

SERVI Sentendosi spaventati

Il padrone? È qua il padrone?

Ah noi miseri pietà!

Cosa mai succederà?

MUSTAFÀ Palpandosi:

Ohi! Ohi! Ohi!

La vedrete, in verità. 165

Per Allah!

Servi fuggono impauriti.

Mustafà li segue, un po’ minacciando col pugno, un po’

palpandosi, e gemendo:

Qual vittoria! Qual vittoria!

Disgraziato Mustafà!56

Sipario.

INTERMEZZO

CORO INTERNO Con l’ala sua bruna

la notte discende: 170

la pallida luna

sul Bosforo splende.

Un solco si stende

di vivida luce,

un ponte di stelle 175

che ai sogni conduce.

Divini, ineffabili

istanti ci attendono.

Deh! Vieni fanciulla!

Nel sogno fuggiam! 180

Il mare ci culla;

la notte ci vela;

il vento diffonde

profumi di fior.

56 DA, in relazione a questo luogo del testo, mostra un’incongruenza importante, che interessa le ultime sette battute della

scena e che è stata discussa approfonditamente nel capitolo 2. Di seguito i versi: M Ahimé furfanti! Ahi lasciatemi! – S Il

bastone non ti piace? Ho un pugnaletto che lardella a perfezione. – M Ahi! La pagherete cara! Basta, basta, per

Maometto. Basta, basta per Allah. (Urlando:) son Mahomed, il padrone! – (I servi arrestandosi un poco:) La sua voce

in verità… - M (Riprendendo fiato:) Imbecilli, scimuniti. Mascalzoni, sciagurati! Ah sarete ben premiati, ah sarete ben

serviti! (Palpandosi:) Ahi, ohi, ahi. Povero me! – S È il padrone. Gran mercè. Cosa mai succederà? (Fuggono spaventati.)

– M La vedrete, in verità. (Palpandosi:) Ohi ohi, sono conciato per le feste, son conciato! (Rientrando mormora fra sé

malinconicamente:) Che vittoria! Che vittoria! Che vittoria mai sarà… (Esce zoppicando). Per un quadro completo delle

diverse varianti presenti in DB, in M e in DA si confronti la tavola sinottica raccolta nell’Appendice (appendice 1.)

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20

Le stelle han fulgor, 185

profumo hanno i fior;

e il core ha l’amor.57

57 L’Intermezzo in M presenta una strofa cassata [>Lontan dalle sponde / ci adducono l’onde / nel regno d’amor<]. In

PB le strofe 4 e 5 presentano delle modifiche sostanziali di forma, lunghezza e contenuto: Il mare ci culla, / la notte ci

vela, / Lontan dalle sponde / ci adducono l’onde. // Il vento diffonde / il canto del mar / le stelle han fulgor, / profumo

hanno i fior, / il core ha l’amor. In PB si osservano, quindi, la presenza di un verso assente sia da DB che da M e la

ricomposizione di sei versi di DB con due dei tre versi cassati da M.

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ATTO SECONDO58

SCENA I

Entra MUSTAFÀ tutto bendato e zoppicante appoggiandosi a un bastone.

MUSTAFÀ Oh! Che povera vittoria!

Eh!59 Che dolorosa storia!

Uh! Il mio fianco! Ah! Le mie gambe!60 190

M’han conciato per la festa!

M’hanno rotto ben la testa!61

Ah! Che banda di briganti

che furfanti tutti quanti!

Ma la pagheranno cara.62 195

Chi è padrone si vedrà!

O non son più Mustafà.

Che disgrazia! Ahimè che guaio!

M’han picchiato,

m’han pestato 200

come chicco nel mortaio!

M’han battuto come il grano

sopra l’aia a mezz’agosto.

M’han schiacciato,

calpestato, 205

come l’uva per il mosto!

Ah! Che banda di briganti!

Che furfanti.

Seguita a girellare zoppicando e a gemere. A un certo punto si ferma e

si mette a chiamare irosamente:

Dania! Dania!

DANIA Dentro la scena:

Vengo!

Appare.

Eccomi. Bel gusto obbligarmi a questa levataccia proprio oggi che volete ch’io

posi per il ritratto da mandare all’eccellentissimo Pascià.

Fa una riverenza ironica.

Se gli occhi mi si chiuderanno e il mio viso sembrerà di cera molle, affar vostro,

e non venite63 poi a rimbrottarmi quando quelle tali famose combinazioni

andranno in fumo…

MUSTAFÀ Non mi far la pettegola adesso, greca del malaugurio! Già per causa tua

stanotte…

58 M: Quadro II (La stessa scena, al mattino). Per approfondimenti riguardo al problema della suddivisione in atti e quadri

si veda il capitolo 2. di questo lavoro.

59 M: Oh!

60 M: Ih! La mia testa!

61 [M’han rotto ben la testa] è un verso mancante in M.

62 DA e PB: Canaglie, furfanti tutti quanti! Ma la pagherete cara.

63 M: non mi state.

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DANIA Maliziosamente:

Stanotte, già me lo diceste, avete combattuto come un leone.64

MUSTAFÀ Sicuro, e guai, guai chi si attentasse di affermare il contrario.

Si eccita e strepita con la voce grossa.

Gli….

Fa un movimento brusco che gli inacerbisce le ammaccature.

Ohi! Ohi! Ohi, povero me!

DANIA Ridendo:

Come siete ridotto, povero leone!

MUSTAFÀ Nuovamente furibondo:

E a te più che a tutti gli altri proibisco di riderne, vermiciattola! Anzi mi dirai

subito chi è che si permette di penetrare in casa mia, in casa mia? Dico, per

farti la serenata!

DANIA Sarà certamente una persona di buon gusto, e dovreste esserne fiero e profittare

dell’avventura65 presso il vostro Gran Pascià66: la sposa che vi offro è così bella

che…

MUSTAFÀ Non è il momento né il caso di scherzare, e non tollero che una schiava si faccia

innanzi a darmi consigli. Ma se credi che t’abbia comperata, allevata, curata

per restarmene con un pugno di mosche e vederti fuggire con un giaurro

qualunque, ti sbagli di grosso! Dopo tutto le mie attenzioni un po’ di

riconoscenza…

DANIA Sì, sì, sì, non v’arrabbiate!

Maliziosamente sorridendo:

Vi potreste ancora far dolere tutte quelle ammaccature…

MUSTAFÀ Ah le donne, le donne!

Rientra zoppicando, sulla soglia si volge e, alzando comicamente al

cielo le braccia e il bastone esclama:

Allah misericordioso! Soltanto alla vostra onnipotenza era dato far capire in

così piccolo cervello così tanta malignità.

Esce.

SCENA II

DANIA Sola.

Oh! Ineffabile Mustafà!

Si dirige verso il pozzo.

Bontà sua che non m’abbia addirittura rimproverata l’ingratitudine! Come

pretende67 la riconoscenza della gazzella catturata per il miglior offerente!

Attinge l’acqua al pozzo.68

64 Nel luogo del testo delimitato da [Eccomi. Bel gusto … avete combattuto come un leone] DA presenta una versione

incongruente rispetto a DB: in essa compaiono le indicazioni [Quadro II / La stessa scena che al mattino. / Mohamed

tutto bendato e zoppicante e Dania], incoerenti in relazione al testo che le precede, inoltre, al posto del nome di Mustafà,

si legge Mohamed. La parte di testo coinvolta è scritta su un unico foglio, probabilmente inserito in un secondo momento

nel fascicolo. Infine in esso si contano due ulteriori battute (una di MUSTAFÀ e una di DANIA), mentre le restanti battute

presentano delle varianti sostanziali di forma e contenuto rispetto a DB. Per un confronto delle diverse versioni si veda la

tavola sinottica allegata in appendice al lavoro (appendice 1).

65 M: sfruttare l’avventura.

66 [Gran Pascià] è variante scelta da M, poiché DB presenta la variante incompleta [Pascià].

67 M: pretendere.

68 M: Attinge l’acqua al pozzo e la versa nell’anfora […] Si accinge ad innaffiare i fiori che formano l’aiuola intorno al

pozzo stesso.

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Povera Dania! E poveri fiori! Hanno sofferto anch’essi stanotte… Ah! Se

davvero potessi fuggire! Ah! Signore se fosse possibile!69 Purché non

accadesse anche a me come nella vecchia canzone, la leggenda di Leila-Dakar.

Sulla montagna che tocca il cielo,

e a cui le nubi sempre fan velo 210

c’è un gran palazzo tutto di gelo,

di marmo e di cristallo. Aha…

Ivi il crudele Sher-el-Nakir

Leila la bella fece rapir,

Leila flessuosa come una palma, 215

Leila viso di perla. Aha…

Dakar l’amante, Dakar lo sposo,

sul suo destriero70 balza impetuoso,71

a sé diniega cibo e riposo

finché l’abbia raggiunta. Aha… 220

Ahimè! Il crudele Shar-el-Nakir

dai72 suoi sicari li fa inseguir,73

nel gran Deserto voglion fuggir,

son, nel Deserto, uccisi! Aha…

Ma dove scorre lor sangue ardente, 225

prodigio! Sgorga fresca sorgente.

L’oasi più bella74 sorge repente,

l’Oasi Leila-Dakar. Aha…

MUSTAFÀ Uscito alle ultime parole della canzone.

Non hai di meglio che queste sciocche leggende da cantare? Però la tua voce

non è brutta e sarà bene coltivarla. Il Gran Pascià è molto amante della musica.

DANIA Interrompendolo.

Per quel che mi importa del vostro Gran Pascià…

SCENA III

ALÌ travestito da mercante cinese, entra con molti inchini.

MUSTAFÀ Dopo aver guardato un po’ tutti quei salamelecchi, e vedendo che non

smette:

Uffa! Basta con quelle cerimonie! Cosa volete?

ALÌ Onoratissimo signore: (col permesso della dama) vi dirò (col permesso della

dama) che vengo da voi (col permesso della dama) per pregarvi (col permesso

della dama) di volere (col permesso della dama)…

69 [Se davvero potessi fuggire! Ah! Signore se fosse possibile] è variante scelta da M, poiché DB è incompleta.

70 L: cavallo.

71 DA e PB: furioso.

72 DB presenta la variante dei, che viene qui sostituita dalla variante dai, presente in M e in DA.

73 DA: seguir.

74 DA: verde.

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MUSTAFÀ Col permesso della dama passate un po’ da questa parte.

Si mette fra Dania e Alì.

ALÌ Magnifico signore, sono un virtuoso.

MUSATFÀ Me ne rallegro. Ma non ho nulla da dirvi.

ALÌ Non è questo che chiedo alla grazia vostra. Signore magnifico. Siccome mi

intendo un pochino di musica, ho istruito nel canto e nella danza alcuni bambini

e alcune schiave che vorrebbero trovare un padrone, cui queste cose

interessino. Siccome so che siete una persona ornata di tanti meriti…

Inchino.

Vorrei pregarvi di vederli ed udirli per comperarli, se vi piacessero, o per

indicarmi qualche amico vostro che li volesse acquistare.

DANIA Battendo le mani:75

Benissimo, benissimo! Vediamoli presto! Se non altro ci divertiranno un poco!

ALÌ Senza attendere altro si ritira a chiamare le schiave.76

MUSTAFÀ A Dania:

Vorrei sapere chi ti insegna a dar ordini in mia voce!

Entra danzando un gruppo di moretti.

DANIA Come sono carini!

Danza dei moretti.

Come ballano bene!

MUSTAFÀ Non c’è male… Ma i bambini77 mi interessano poco.

Ad Ali:

Non parlavate78 di schiave?

ALÌ Eccole, onoratissimo signore.

Entrano le schiave.

Danza delle schiave.

MUSTAFÀ Lisciandosi la barba:

Sì belloccie, belloccie!

DANIA Che bellezza! Che bravura.

Le schiave la circondano e parlano fra loro.

ALÌ L’onoratissimo signore è contento? Il Cinese ha buon naso?

MUSTAFÀ Sì non c’è male. Ne vedo qualcuna che non mi spiacerebbe79, ma non è proprio

il momento di caricarmi di altre donne…. Ne ho fin d’avanzo! Più tardi

vedremo. Quanto al tuo naso non so se sia buono, ma è lungo certamente!

Ride a crepapelle soddisfatto del suo spirito.

ALÌ Con un inchino:

Allora… Non per ficcare il mio povero e lungo naso nei vostri eccelsi affari,

onoratissimo signore, ma dovreste80 far subito la vostra scelta, per non farmi

poi la concorrenza, rimanendo pur voi… Con un palmo di naso.

MUSTAFÀ Che intendi dire?

ALÌ Potrei vendere altrove quella che vi piace e…

con un’occhiata a Dania

Se la vostra Dama vi piantasse come a lume di naso mi pare…

75 M: battendo le mani infantilmente.

76 M: Senz’attendere altro s’inchina ed esce a chiamare le schiave.

77 M: bimbi.

78 M: Parlavate.

79 M: dispiacerebbe.

80 M: dovete.

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MUSTAFÀ Cinese maledetto! Sai cosa pare a me? Che coi tuoi nasi tu mi voglia prendere

in giro. Ma bada che non mi salti la mosca…81

ALÌ Umilmente:

La mosca al naso?

MUSTAFÀ Sbuffa con gesto furibondo.82

ALÌ Non sia mai detto, onoratissimo signore; io sono il più umile dei vostri servi e

mai non mi attenterei di menarvi per il naso…

Profondo inchino.

DANIA Ridendo:

Bravo cinese! Non ti manca lo spirito! Che altro sai fare?

ALÌ So cantare.

MUSTAFÀ Canta allora, e non dire altre sciocchezze.

ALÌ Agli ordini vostri; Chiribiri Mustafà.

MUSTAFÀ Scattando:

Che dici?!

ALÌ Il titolo di una canzone bellissima, all’ultima moda cinese. Magnifica signore

e voi leggiadrissima dama, udite:

Chiribiri Mustafà

Fa cenno alle schiave di accompagnarlo coi tamburelli.

Rivolto a Dania:

Ogni dove ardente core

la sua bella vuol seguir, 230

vuol parlarle del suo amore

mane e sera.

Ma la bella è prigioniera.

Egli geme a tutte l’ore

né può dirle il suo martir. 235

Volgendosi con uno sberluffo a Mustafà:

Chiribiri Mustafà,

cin-cinese è qua.83

Non aver danara,

ti voler comprara?

Ti pagar per mi 240

mi servir a ti.84

CORO Chiribiri Mustafà ecc.

ALÌ Rivolgendosi nuovamente a Dania:85

È un tormento senza pace

che consuma l’agro cor.

Se sapesse almen che piace 245

all’amata

la sua pena appassionata,

ei sarebbe allor capace

81 M: bada che non mi salti…

82 M: furioso.

83 DA: stare stare bon turcà.

84 M presenta alcuni versi ulteriori, che completano la strofa, assenti da DB: Fa bona cucina, / mi levar mattina, / far

bollir caldara. / Parlara, parlara, / ti voler comprara?

85 M: Fa alcuni buffi passi di danza, poi si rivolge nuovamente a Dania.

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di sfidar ogni dolor!

A Mustafà con un inchino burlesco

Chiribiri Mustafà, 250

cin-cinese è qua.

Non aver denara,

ti voler comprara?86

CORO Idem.

ALÌ A Dania:

È un tormento senza pace…

MUSTAFÀ Caricando:

Senza pace…. 255

Sai tu, caro mio,87

che questa canzone

sente, affeddiddio,88

di colpi di bastone?

Chiribiri Mustafà, 260

mi non ti comprerà

ma ti bastonerà!

Ingrossando la voce:

Cin-cinese via di qua,

via di qua, via di qua,

altrimenti si vedrà 265

chi le piglia e chi le da’!

I ballerini fuggono danzando.

Sipario.

86 [Chiribiri Mustafà, / cin-cinese è qua. / Non aver danara, / ti voler comprara?] è variante scelta da M, poiché DB

presenta l’indicazione [ecc.].

87 M: bellimbusto.

88 M: parmi abbia gran gusto.

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ATTO TERZO89

SCENA I

Interno alla casa di Mustafà. Una sala. DANIA seduta su un divano si fa vento, circondata da altre

giovani SCHIAVE. Tutte insieme cantano.

SCHIAVE Quando tramonta il sole

il cielo è come un mare,

un mare di corallo.

Vi stanno a navigare 270

con vele d’oro giallo

gran navi90 di viole.

Il cielo è come un mare

quando tramonta il sole.

Quando tramonta il sole 275

il cuore è come un mare,

un mar di nostalgia.

Vi stanno a navigare

con vele di poesia91

sogni senza parole. 280

Il cuore è come un mare

quando tramonta il sole.

DANIA Quanto mi piace questa canzone! Anche il mio cuore è come un mare pieno di

sogni…

1. SCHIAVA Sfido, fortunata Dania! Sarai la sposa di un Pascià! Noi invece, poverette,

chissà a quale sorte e a qual padrone siamo riserbate!92

DANIA Non invidiatemi! Se sapeste come vi cederei volentieri il Pascià con la sua

ricchezza e il suo fasto, se fosse in mio potere di farlo! Il mio sogno è ben

diverso.

3. SCHIAVA Oh! Raccontacelo!

DANIA Non posso. È il mio segreto.

TUTTE Oh! Oh! Dania ha un segreto!

DANIA E chi non ne ha? Guardate bene in fondo al vostro cuore: non c’è una

malinconia, un sogno,93 una speranza che non confessate forse neppure a voi

stesse?

ALCUNE SCHIAVE È vero…

89 In DB l’inizio dell’atto è indicato con [ATTO SECONDO]. M, poiché testimonia una fase della composizione in cui la

commedia è diviso in due atti, presenta in questo luogo l’indicazione [ATTO II]. Mentre in DA l’atto nuovo è indicato

con la cifra romana [III]. Con lo scopo di rendere coerente la numerazione degli atti si è scelto di correggere l’indicazione

errata. Per maggiori approfondimenti riguardo al problema della strutturazione in atti si veda «Parte Prima – Un percorso

filologico attraverso il testo librettistico».

90 L: paranze.

91 DA, PB, M e L: malia.

92 M: serbate.

93 M: un desiderio.

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2. SCHIAVA Oh! Io non ho malinconie né sogni né segreti!94 Desideri sì! Vorrei uno sposo

ricco, che mi desse tanti gioielli, tanti profumi, tanti dolci, e mi lasciasse tutto

il giorno a fumare senza far nulla!

DANIA Uh! Pigrona!

2. SCHIAVA Chi lo dice! Non stai forse in ozio tutto il giorno? Mustafà teme che il lavoro ti

sciupi le mani, e per la Favorita di un Pascià…

DANIA Finitela anche voi, con quel Pascià! Tutto il giorno mi si canta la stessa solfa!

Come se quel nome non mi fosse odioso abbastanza!

3. SCHIAVA Eh! Come ti riscaldi!

1. SCHIAVA Che dovremmo dir noi allora? La nostra sorte non è peggiore della tua?

4. SCHIAVA Tu, nella casa sei libera di andare e venire; hai le più belli vesti, i più gustosi

manicaretti, 95 gli unguenti più odorosi. Sai che più tardi sarai onorata…

DANIA Io non so nulla. Potrebbe darsi anche96 che il Pascià non mi comperi, e allora?

Sarebbe forse il vostro turno!

2. SCHIAVA Allah lo volesse! Non faremmo certo le schizzinose come Dania, è vero?

LE ALTRE Ridendo:

No certo!97

MUSTAFÀ Entrando:

Che fate qui, cicale che non siete altro? È così che accudite alle vostre

mansioni? Per la barba di Maometto, pettegole, vi farò cantar io! E tu, Dania,

che fai ancora con codesti abiti?

Mentre le schiave salutano e se ne vanno:

Quante volte devo ripeterti che a momenti sarà qui il pittore? E che non si può

far aspettare una celebrità di quella sorta?

DANIA Alzandosi di malavoglia:

Vado signore.

MUSTAFÀ Richiamandola:

Metterai le perle che ti ho comperato ieri, mi raccomando! Sono finte ma in

pittura tanto fa…

DANIA Va bene, signore.

Si avvia di nuovo.

MUSTAFÀ Richiamandola ancora:

E… che vestito?

DANIA Ci penserò, signore.

MUSTAFÀ Signore, signore, signore. E non lo sai ancora! L’ho sempre detto io che questa

donna mi farà impazzire, e non vedo l’ora di liberarmene! Basta, verrò io a

vedere! Hai capito che devi figurare bene, sì o no?

Escono insieme.

SCENA II

Entrano FLORIANO ed ALÌ con due servi recanti l’occorrente per dipingere. Sono preceduti da un

SERVO di Mustafà.98

94 M: io non ho malinconie né segreti.

95 [i più gustosi manicaretti] è una variante presente soltanto in M, inserita qui poiché, in questo modo, l’affermazione

della 4. SCHIAVA riprende gli stessi elementi citati dalla 2. SCHIAVA [Vorrei uno sposo ricco … a fumare senza far

nulla.

96 M: essere.

97 M: Mah! Certo no!

98 Didascalia assente in DB, ma presente in M. Per ragioni di completezza e coerenza si è scelto di aggiungerla al testo.

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IL SERVO Annunziando:

L’illustre pittore…

Si accorge che non c’è nessuno.

Ah! L’eccellentissimo Mustafà era qui… Non c’è più… Vado a cercarlo…

Esce.

FLORIANO Non potevo davvero trovare un’occasione più bella! Con la lettera di Damone

e con quel99 po’ di conoscenza della pittura che ho acquistato100 a Venezia,

tutto andrà bene… Almeno per la prima volta!

ALÌ Speriamo che basti e si riesca!

FLORIANO Quello che mi preoccupa è l’implacabile sorveglianza di Mustafà.

ALÌ Quel cocomero!

FLORIANO Come parlare alla bella Dania e spiegarle il nostro stratagemma?

ALÌ Lasciate fare a me e saprò trovare il modo di intrattenere il vecchio. Non sarà

mai detto che in questa faccenda il fedele Alì non sia riuscito a nulla. Vado a

prepararmi.

Esce.

SCENA III

MUSTAFÀ Che cercate cavaliere, in questa casa?

FLORIANO Cerco l’illustre Mustafà.

MUSTAFÀ Inutile allora cercare. Eccolo qui davanti a voi.

FLORIANO Con un profondo inchino.

Vogliano allora i suoi occhi degnar il percorrere questa lettera.

MUSTAFÀ Leggendo:

Vi mando in vece mia per il noto ritratto, questo gentiluomo veneziano che,

dietro mia preghiera ha accettato di incaricarsene, essendo io infermo. Egli è

incontestabilmente il più felice ritrattista del mondo, e certo non potrei meglio

servirvi che affidandogli questo importante lavoro. Egli saprà far rifulgere sulla

tela tutta la bellezza dell’affascinante modello, e il grande Pascià vi sarà grato

di una tale opera d’arte. Ma guardatevi bene dal parlare di alcuna ricompensa

al nostro artista, perché certamente se ne offenderebbe: è uomo che lavora

solamente per la gloria e per l’amore dell’arte.

A Floriano:

Come dice il vostro proverbio? “Veneziani, gran Signori”. Mi fate davvero una

grazia insigne e ve ne sono molto obbligato.

Inchino.

FLORIANO È mia ambizione servire persone101 di illustre merito, qual è il mio amico

Damone e quale siete voi.

Inchino.

MUSTAFÀ Farò immediatamente venire la giovane che ci interessa.

Fa un cenno al servo.

SCENA IV

Entra DANIA riccamente abbigliata. Floriano la contempla estatico.

99 M: e quel.

100 M: acquistata.

101 M: le persone.

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MUSTAFÀ A Dania:

Ecco il gentiluomo inviato da Damone perché eseguisca in sua vece il ritratto.

A Floriano, che fa un lungo baciamano a Dania:

Olà, signor veneziano, che modo di salutare è questo?

FLORIANO Signor mio, è il modo che si usa a Venezia.

MUSTAFÀ Il modo di Venezia tenetelo per le vostre donne, ma per le nostre è troppo

confidenziale e non mi garba.

DANIA A Floriano, sorridendogli:

Ma garba a me, signore, e vi assicuro che sono molto onorata. Non sapevo che

avrei avuto un pittore così illustre!

FLORIANO Chi non ambirebbe poter fare un simile ritratto? La mia abilità non è grande,

ma il soggetto è così ricco di bellezza, che dovrà uscirne un lavoro degno

dell’originale.

DANIA L’originale è poca cosa; ma l’abilità dell’artista saprà valerne i difetti.

FLORIANO Canta:

L’artista in voi difetto alcun non vede,

e dell’opera sua degna mercede

sarà di poter pingere, perfetto 285

quale il cielo lo fece, il vostro aspetto.

DANIA Con civetteria.

Signore, se sarà questo102 pennello

al pari del103 linguaggio104 adulatore

mi farete un ritratto tanto bello105

che più nessuno mi conoscerà! 290

FLORIANO Dania, soave e bella senza uguale

opra perfetta in voi compì natura

e impossibile rese a me mortale

il potervi adulare.106

DANIA Signor se quanto dite fosse vero, 295

degna dell’arte vostra inver sarei.

Ma il vostro dire è tanto lusinghiero,

che darvi troppo trotto non vorrei.107

MUSTAFÀ Che da un pezzo sbuffa.

Adesso poi, basta coi complimenti, per Allah! Mettiamoci al lavoro, ser pittore,

o questo quadro mai si finirà.108

FLORIANO Ai servi:

Disponete ogni cosa.

102 L: se sarete col.

103 L: come con il.

104 M: ritratto.

105 In DB manca il vocabolo [bello] al termine del verso, esso è tuttavia presente in M e in DA.

106 DA: La natura compiendo, Dania, in voi / opra di bellezza senza eguale, / impossibile rende a me mortale / il potervi

adulare. Variante che corrisponde a una variante cassata in M.

107 [Signor … non vorrei] è una battuta assente in M e in DA. In PB è presente una versione con qualche variante di forma:

Signor se quanto dite fosse vero / dell’arte vostra inver degna sarei. / Parlate in modo tanto lusinghiero, / che darvi

troppo torto non saprei.

108 In PB compare una variante della battuta: Adesso basta coi complimenti / mettiamoci al lavoro signor pittore / o questo

quadro mai si finirà.

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Mentre i servi eseguiscono, Floriano si avvicina ancora a Dania.

Mustafà sbuffa.

DANIA Dove devo mettermi?

FLORIANO La conduce verso il divano.

Ecco, qui. È il punto dove la luce è migliore per l’effetto che vorrei

raggiungere.

DANIA Sedendo:

Va bene così?

FLORIANO Va bene.109

Si allontana per osservare l’effetto, poi si riavvicina.

Il corpo un po’ piegato

A destra, leggermente. 300

Il braccio abbandonato.

Sul grembo, mollemente.

MUSTAFÀ A Dania:

Per Maometto, non sapreste fare

da sola i cambiamenti della posa?

Lo fate inutilmente faticare, 305

e vi mostrate sciocca e neghittosa.

DANIA A Mustafà:

Che volete è per me una cosa110

d’una tale novità…

A Floriano:

Il signor di me disponga

come meglio crederà.111 310

Dopo un tenero sguardo abbassa gli occhi arrossendo.

FLORIANO Giubilante si appressa al cavalletto.

Sì, va tutto a meraviglia.

Con dolcezza:

Sol dovreste112 un po’113 rialzare

verso me le belle ciglia….

DANIA Sorridendo eseguisce.

FLORIANO Approva con un cenno del capo.

Or possiamo incominciare.114

Sospiro di sollievo di Mustafà.

Il posare non è cosa facile come comunemente si crede, e la scelta

dell’atteggiamento e delle luci ha un’importanza enorme per la riuscita del

quadro.

MUSTAFÀ Certo, certo.

FLORIANO Chi posa deve interpretare con finezza le intenzioni del artista, perché un

cattivo modello è assai più dannoso che un cattivo pennello.115

109 PB: va bene, sì.

110 M: è per me cosa.

111 DA, PB e M: gli parrà.

112 M: dovete.

113 [un po’] è variante assente in DB, ma presente in DA e in M. Per ragioni di correttezza metrica è stata accolta la

variante di M e di DA.

114 M: cominciare.

115 DA: perché un cattivo modello è assai di maggior danno che un pessimo pennello. PB: perché un cattivo modello

guasta più che un cattivo pennello.

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MUSTAFÀ Certo, certo.116

DANIA Cantando:117

Io non sono una di quelle 315

vanitose scioccherelle,

che vorrebbero vedersi

più del sole chiare e belle.

E se il povero pittore

non le finge uno118 splendore, 320

di bellezza senz’eguale,

entran subito in furore.

FLORIANO Ridendo:

Voglion tutte istesse cose,

carnagion di latte e rose,

una bocca piccolina, 325

due pupille luminose

come stelle in notte oscura.119

MUSTAFÀ Ridendo:

Quando l’occhio è da babbeo!120

FLORIANO Assentendo col capo.

Un visino da cameo,

anche se l’originale… 330

MUSTAFÀ … Assomiglia ad un cinghiale!

Ride.

DANIA Un ritratto sol par tutte

Ben sarebbe gran ventura!

FLORIANO Tal ritratto in fede mia

di voi degno non saria! 335

È la bellezza vostra senza pari,

come fiore bizzarro e prodigioso;

ha un fascino sottil, misterioso,

che nessun’altra in terra può vantare.

Vedendo che Mustafà ricomincia a sbuffare, si riprende e dice rivolto

a lui, con aria più professionale:

Non è bellezza fatta ad esemplari… 340

MUSTAFÀ Beffardo:

Il naso infatti è grosso non c’è male,

mi par!

FLORIANO Scuote il capo.

DANIA Ride.

FLORIANO Lessi non so più dove in pergamena antica,

ch’ebbe Alessandro il Grande una splendida amica,

116 In PB le precedenti quattro battute [Or possiamo cominciare … Certo, certo.] presentano delle abbreviazioni,

funzionali all’andamento ritmico della musica: F Il posare non è cosa facile – M Certo certo – F Un cattivo modello

guasta più che un cattivo pennello – M Certo certo.

117 Didascalia assente da DB e in M, presente tuttavia in DA. Per ragioni di completezza è stata aggiunta al testo.

118 DA e PB: pinge con.

119 Il verso finale della battuta di FLORIANO è incompleto in DB [come in notte oscura]. Si riporta qui la variante di M,

che corrisponde a DA e PB.

120 DA: quando l’occhio è di babbeo.

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una giovine schiava di Tessaglia.

“Pingi, -egli disse- Apollo,121 pittore unico al mondo, 345

questa beltà divina che nulla al mondo122 eguaglia!”

Obbedì Apollo123, e presto in quell’occhio profondo

smarrì l’anima e il cuore e sì perdutamente

s’innamorò, che pallido e languente

ne fu presso a morir. Gemea la bella… 350

Ed il Grande Alessandro, punto il cuore

di pietà per quel disperato amore,

l’oggetto dei suoi voti gli concesse.124

A Mustafà

E se tale mercé vi si chiedesse?125

MUSTAFÀ Con buffa cadenza:

Vi direi che Alessandro, ahimè non sono! 355

Guarda il ritratto.

Ne voi, da quanto vedo,126 siete Apollo!127

Forse potreste fare opre più belle

Se chiacchieraste meno.

FLORIANO Ah! No, signore!

S’io parlo è per tener di buon umore,

vivace d’espressione, il mio modello. 360

E quanto a giudicar di brutto e bello128

aspettiamo che l’opra sia finita!

DANIA È ver!

MUSTAFÀ Se continuiam di questo passo

ci sarà da aspettar tutta la vita.

SCENA V

Entra ALÌ, travestito da ufficiale turco.

MUSTAFÀ Seccato.

Ma cosa vuole adesso costui?

Ad Alì:

Chi vi insegna ad entrare senz’esservi invitato?

ALÌ Se entro qui liberamente, tra noi questa libertà è pur lecita, poiché certo mi

conoscete.

MUSTAFÀ Vi ingannate, signor mio, non vi conosco affatto.

ALÌ Possibile? Allora sappiate che io sono…

121 L: Apelle.

122 PB: al mondo nulla.

123 L: Apelle.

124 M, DA e PB: concede.

125 M, DA e PB: e s’io chiedessi a voi tal mercede?

126 DA: pare. PB: parmi.

127 L: Apelle.

128 DA: del brutto e del bello.

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Con grande prosopopea:129

Maruk-Mahomed-Ibrahim-Serwar Pascià! La storia ha già esaltato le mie gesta

e quelle dei miei grandi antenati!

MUSTAFÀ Si stringe nelle spalle, poi, brusco:

E cosa desiderate?

ALÌ Un consiglio. So che nessuno è meglio qualificato di voi, per la luminosa

saggezza che vi distingue. Ma si tratta di cosa delicata. Se non vi spiace,

eccellentissimo signore, tiriamoci un poco in disparte.

Eseguisce.

MUSTAFÀ Eccoci abbastanza lontani, spero.

Si volge a guardare.

FLORIANO Sorpreso a parlar paino a Dania:

Osservavo da vicino la tinta degli occhi…

ALÌ Tirando Mustafà per allontanarlo maggiormente:

Figuratevi che ho ricevuto uno schiaffo! Voi dovete sapere cosa significa uno

schiaffo quando è dato a mano aperta proprio in mezzo alle guance,130 così!

Eseguisce.

MUSTAFÀ Ohi! Badate a quel che fate, mascalzone!

ALÌ Oh, non volevo offendervi! Era per spiegarvi…

MUSTAFÀ Spiegatevi a parole che sarà meglio.

ALÌ Dunque capirete come uno schiaffo simile mi sia sceso dalle guance al cuore,131

accendendolo di implacabile ira. Ma sono incerto se, per vendicare l’offesa, mi

convenga meglio affrontare il nemico in duello oppure farlo assassinare.

MUSTAFÀ In generale assassinare mi par più sicuro e più spiccio. Chi è il vostro nemico?

ALÌ Sst! Per carità! Parlate piano!

Lo trascina, parlando, fuori dalle quinte.

FLORIANO Posa i pennelli e si inginocchia ai piedi di Dania.

Bella Dania, finalmente 365

un istante soli siamo!

Posso dirvi alfin che v’amo132

Pazzamente!

DANIA Commossa:

Dite il vero?

FLORIANO Nol sentite?

Accendendosi:

L’ideal per me sei tu!133 370

Per un bacio tuo darei

mille vite!

DANIA Teneramente:

Troppo, troppo!134 A me basta solo135 una,

ma per me! Sol per me!

FLORIANO Appassionatamente:

129 M: importanza.

130 M: alla guancia.

131 M: Dunque, capirete come un simile schiaffo mi abbia bruciato le guance, e come il bruciore mi sia sceso dalle guance

al cuore.

132 L: t’amo.

133 M: tu sei! DA e PB: tu sei, tu sola.

134 M: Mille?! DA e PB: troppe.

135 M: pur.

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Sol per te! Di quanto sono, 375

Dania dolce ti fo’ dono,

e nessuna

cosa l’alma più desia

che appagar il tuo desir136

dolcezza mia 380

dimmi sol che m’ami!

DANIA Con slancio:

T’ama l’alma mia!137

FLORIANO Oh! Dolcezza! Oh! Incanto!

DANIA Oh dolcezza! Oh! Incanto!138

Folle ebbrezza! M’ami tanto? 385

FLORIANO T’amo tanto!

DANIA …tanto! Guardami gli occhi e ripeti!

FLORIANO T’amo!

DANIA Ancora!

FLORIANO T’amo! 390

DANIA Col tuo sguardo, col tuo canto,

m’hai ravvolta in un incanto.

Nella mesta prigionia

per te solo vive139 il core;

per te soltanto la vita mia 395

ancor s’infiora di speme140 e d’amor.

FLORIANO Insiem fuggirem questi lidi.141

Alla mia patria bella e luminosa

ti condurrò mia sposa.

DANIA Tua sposa! 400

FLORIANO Per sempre sei mia!142

DANIA Ah! Per sempre!

Col tuo sguardo, col tuo canto,

m’hai ravvolta in un incanto.

Nella mesta prigionia 405

per te solo visse il cor,

per te soltanto la vita mia

ancor s’infiora di speme, d’amor!

FLORIANO T’involerò da questa prigionia,

alla mia patria bella e luminosa 410

136 DA e PB: ogni tua brama.

137 In DA mancano le battute che completano il duetto. La dichiarazione degli affetti termina con una battuta di DANIA:

l’alma, l’alma mia oh dolcezza oh incanto! / Col tuo sguardo, col tuo canto / m’ai ravvolta in un incanto, / nella mesta

prigionia / per te solo vive il core. Per te soltanto la vita mia / ancor s’infiora di speme, d’amore.

138 M: il duetto di DANIA e FLORIANO è composto da uno scambio di battute caratterizzato da alcune variante di forma

e contenuto, che si differenziano da DB: D Incanto! Dolcezza! /Folle ebrezza – F M’ami tanto? – D T’amo tanto. / Col

tuo sguardo, col tuo canto / M’hai ravvolta in un incanto. / Nella mesta prigionia / Per te solo visse il core; / per te

soltanto / la vita mia / ancor s’infiora di speme e d’amore. – F Insieme fuggiamo questi lidi / alla mia patria bella e

luminosa / ti condurrò, mia sposa. – D Tua sposa! – F Per sempre mia. – D Per sempre! (D’un tratto come svegliandosi:

parlato) Ma come, ahimè, potremo sfuggire a Mustafà? – F Ascolta, amore (parlano piano).

139 PB e M: visse.

140 PB: luce.

141 PB: t’involerò da questa prigionia.

142 In PB lo scambio di battute è più corposo: D Tua sposa? – F Mia sposa! – D Per sempre? – F Per sempre.

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ti condurrò, mia sposa!143

DANIA Ma come, ahimè, potremo sfuggire a Mustafà?

FLORIANO Ascolta, amore.

Parlano piano.

MUSTAFÀ Ancora tra le quinte:

Ecco il parer mio; adesso vi saluto.

ALÌ Cercando tuttavia di trattenerlo e ponendosi in modo di nascondergli

Floriano e Dania

Il vostro consiglio è davvero prezioso!144 Quando riceverete degli schiaffi,

servitor vostro! Vi renderò la pari col mio consiglio.

MUSTAFÀ Vi lascio andare senza accompagnarvi: tra noi questa libertà è permessa.

Alì esce.145

FLORIANO A Dania:

Nulla potrà più separarci.

Vedendo che Mustafà l’osserva:

Guardavo questa fossetta che ha sul mento e che dapprima mi era parsa una

macchiolina. Ma per oggi basta. Finiremo un’altra volta.

A Mustafà, che vuol vedere il ritratto:

No, non guardate ancora!

Ai servi:

Portate via tutto!

A Dania:

Vi prego, graziosissima, state serena, non perdete146 coraggio, e così

condurremo a buon fine quello che abbiamo cominciato.

DANIA Non temete, sto di buon animo.

MUSTAFÀ E quando finirete il ritratto?

FLORIANO Avrete prima d’allora mie notizie.

S’inchina profondamente ed esce.

SCENA VI

DANIA Che ne dite? Questo pittore è davvero una persona straordinaria. Bisogna

riconoscere che i veneziani hanno una gentilezza, una genialità superiore a

quella degli altri popoli.

MUSTAFÀ Mi sembra che abbiano specialmente una sfacciataggine superiore.

Sbuffa.

DANIA Che dite? Sanno così bene rendersi accetti!

MUSTAFÀ Alle donne, concedo! Ma quanto agli uomini, ti assicuro che accade l’opposto

e per conto mio, li manderei tutti a mille diavoli, cominciando dal tuo famoso

pittore!

SCENA VII

143 In PB, in luogo delle ultime due battute di DANIA e FLORIANO, vi è uno scambio più denso di battute, più brevi e

più concise: D Con te solo visse il core, per te solo ogni gioia, ogni dolore ha il tuo nome, amore. Ogni respiro ogni

palpito del cor vien da te soltanto. Per sempre tua. – F Per sempre tuo. – D Dimmi per sempre. – F Per sempre – D e F

Per sempre.

144 M: Il vostro consiglio è davvero più prezioso che il fuoco d’inverno, che la pioggia d’estate! (Inchino.)

145 M: Exit Alì.

146 M: perdetevi di.

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Entra affannosamente ZAIDA.

ZAIDA Si getta ai piedi di Mustafà e gli si attacca alle vesti.

Signore, signore buono, salvatemi, per l’amore di Allah!

MUSTAFÀ Ma chi è costei? Oggi mi succedono tutte! Cosa c’è ancora?

ZAIDA Con voce e gesti di terrore:147

Salvatemi signore, da un marito geloso che mi perseguita e mi vuole uccidere!

La sua gelosia è frenetica e sorpassa ogni immaginazione. Egli esige che mi

copra perfino gli occhi, e per avermi scorta col viso leggermente scoperto, ha

sguainata la spada, mi ha inseguita e ridotta a rifugiarmi qua148 e ad invocare

la vostra protezione. Ahimè, che lo sento venire! Ah! Per carità, per pietà,

signore, salvatemi!

MUSTAFÀ A Dania:

Conducila nelle tue stanze.

A Zaida:

Non temere149 nulla.

SCENA VIII

Entra, con la spada sguainata, FLORIANO.

MUSTAFÀ Come, siete voi, il marito geloso?

FLORIANO Dov’è, quella sciagurata?

MUSTAFÀ Un veneziano geloso come un turco?!

FLORIANO I veneziani sanno fare di tutto, e quando vogliono esser gelosi, lo sono venti

volte meglio di un turco.

MUSTAFÀ Caspita! Dite davvero?

FLORIANO Non cercate di tergiversare: l’infame crede di aver trovato qui un rifugio sicuro,

ma voi siete troppo ragionevole per opporvi al mio risentimento. Lasciate

dunque che la tratti come si merita.

MUSTAFÀ Che diavolo! Fermatevi! L’offesa è troppo piccola per un’ira così grande!

FLORIANO L’importanza dell’offesa non sta nell’entità della cosa in sé stessa,150 ma

nell’ordine trasgredito. La disobbedienza che irride ai miei divieti aggrava

qualsiasi piccolezza.

MUSTAFÀ Dal modo in cui la donna parlava, posso accertarvi che sbagliò senza malizia e

per pura dimenticanza.

FLORIANO Come? Pigliate151 la sua parte contro di me?

MUSTAFÀ Senz’altro. E se desiderate essermi grato, dimenticate la vostra collera e

riconciliatevi con lei. È una grazia che vi domando.

FLORIANO In questo caso…

Gesto significativo.

Non posso rifiutare. La vostra saggezza, poi è lodata da tutti: farò come mi

consigliate.

MUSTAFÀ Avvicinandosi a Zaida nascosta:

147 [voce] è variante assente in DB: è scelta da M, a completare la frase.

148 M: qui.

149 M: temete.

150 M: L’entità dell’offesa non sta nell’importanza della cosa in sé stessa.

151 [Pigliate] è variante scelta da M, poiché DB presenta un’incongruenza lessicale: parlate.

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Venite, venite pure senza timore. Ho fatto la pace per voi. Le belle che si

rivolgono a me ottengono sempre tutto quanto desiderano.

ZAIDA La riconoscenza che vi debbo è infinita, signore. Ma lasciate che io vada a

riprendere il mio velo, perché non oserei ricomparirgli dinanzi così.

Succederebbe un vero pandemonio.

MUSTAFÀ Riavvicinandosi a Floriano:

Eccola che sta per venire. Se aveste visto come appariva felice quando le dissi

che tutto era accomodato!

SCENA IX

Entra DANIA avvolta tutta nel velo di Zaida.

MUSTAFÀ Poiché avete dimenticato il vostro risentimento, ser Pittore, fate la pace qui

davanti a me. Datevi la mano e promettete di vivere d’ora innanzi nella più

perfetta unione!

FLORIANO Per la grande amicizia che ci lega…

Con enfasi:

Vi prometto, eccellentissimo Mustafà, che vivrò con lei d’amore e d’accordo!

MUSTAFÀ Trattatela bene, caro pittore.

FLORIANO La tratterò il meglio che mi sarà possibile, ve l’assicuro!

Escono.

MUSTAFÀ Ah! Ah! Ah!

Ride di gusto.

Guardate un po’ quel pittore! Cosa ne dirà Dania? Temevo quasi che se ne

innamorasse, ma così tutto è accomodato. Dania! Dania! Dania!

Cercando Dania trova Zaida.

SCENA X

MUSTAFÀ A Zaida:

Come?! Siete ancora qui? Cosa vuol dire?

ZAIDA Senza velo:

Vuol dire che un venditore di schiave è odiato da tutti, e che tutti sono contenti

di nuocergli. Vuol dire che Dania è fuggita col cavaliere che l’ama, per essere

sua sposa. Vuol dire che siete gabbato, e gabbato coi fiocchi!

Fugge via ridendo.

MUSTAFÀ Con furia sempre crescente:

A me un tale affronto? A me, Mustafà? Ma chiederò giustizia e la vedremo!

Cane miscredente! Ti farò impalare, per la barba di Maometto! Ti farò

impalare!

Chiamando a gran voce:

Omar! Talete! Ibrahim! Servi! Schiavi! Qui subito!

I servi accorrono urtandosi.

Se volete che rimetta i castighi promossi alla vostra scempiaggine di stanotte,

dovete, ora, fulmineamente, raggiungere Dania e il pittore fuggitivi, e

portarmeli qui, vivi o morti. Via!

SERVI Dopo essersi inchinati all’ordine, secondo l’usanza orientale, fuggono

poi come frecce per adempierlo.

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MUSTAFÀ Si butta a sedere sul divano, e tira boccate furiose dalla sua lunga pipa.

Poi, sempre irosamente sbuffando, fumando e ruggendo, fa alcuni giri

per la stanza ed esce.

SCENA XI

Per un istante la scena resta vuota. Poi, preceduto da MUSTAFÀ, che ha messo una maschera

d’esequie sulla sua rabbia, senza tuttavia completamente celarla, entra il gran PASCIÀ.

MUSTAFÀ Con profondi inchini.

Eccellenza, degnatevi di entrare nella mia modesta abitazione.

PASCIÀ Ridendo e battendogli sulle spalle:

Modesta, mi pare che diventi davvero: non ho incontrato manco l’ombra di un

servo. Che ne avete fatto! Li avete mangiati tutti?

MUSTAFÀ Ah! Se l’eccellenza vostra sapesse! Ho una grande grazia da chiederle…

PASCIÀ Anch’io per l’appunto vi cercavo.

MUSTAFÀ Aiuto e giustizia, eccellenza, per un affronto mortale!

PASCIÀ Senza badare affatto alle querimonie di Mustafà:

Dunque vi cercavo per annunziarvi che ho combinato una mascherata, una festa

magnifica. Ci verrete con qualche bella schiava. Ne avete sempre qualcuna in

serbo, eh, briccone?!

MUSTAFÀ Appunto, vi volevo dire…

PASCIÀ Me lo direte poi, amico mio. Sarà uno spettacolo magnifico, eclisserà tutti gli

altri!

MUSTAFÀ Eccellenza, quel traditore mi ha giocato la152 commedia.

PASCIÀ Sempre più distratto, pensando solo ai casi suoi.

Ma che commedia! Una mascherata, vi dico! Ne faremo una prova prima di

presentarla al Sultano!

MUSTAFÀ Ma, Eccellenza, io chiedevo il vostro appoggio…

SCENA XII153

Entrano i servi con FLORIANO, DANIA, ALÌ, e ZAIDA, prigionieri.

MUSTAFÀ Eccoli! Eccoli! Ah! Briganti! Ora ci siete! Eccellenza…

PASCIÀ Toh! Toh! Ma questo è il cavalier Floriano! Amico mio, che piacere di

incontrarvi qui!

FLORIANO Ma sono davvero felicissimo, Eccellenza! Permettete che io vi presenti la mia

sposa.

MUSTAFÀ Macché sposa d’Egitto!

PASCIÀ Senza badargli.

Oh! Complimenti benissimo! Vi invito ambedue alla mia festa. Vedrete! Una

festa magnifica!

MUSTAFÀ Completamente fuori dai gangheri.

152 M: una.

153 In DB la scena è indica con [Scena XIa] e in M con [scena 11a]. Per ragioni di coerenza, la numerazione viene qui

sostituita con [Scena XII].

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Per la barba di Maometto, non ve la passerete liscia così,154 furfanti!

Eccellenza, ma questa è la schiava che vi avevo promesso, e quel traditore l’ha

rapita e ha tentato di fuggire155 con lei!

FLORIANO Un Missionario ci ha sposati or ora secondo il rito cristiano. È mia moglie e la

difenderò a spada tratta.

Sguaina la spada e i servi lo trattengono.

DANIA Piangendo si getta ai piedi del Pascià:

Eccellenza, pietà, pietà! Ci amiamo tanto!

Singhiozza.

PASCIÀ Lasciateli liberi. Ah! Che bella commedia!

MUSTAFÀ Alza le braccia al cielo disperato.

PASCIÀ In verità comprendo che Mustafà si disperi! Che tiro birbone! Ah! Ah! Che tiro

birbone! Cavaliere Floriano, l’avete rischiata bella!

FLORIANO Tutto si arrischia, Eccellenza, quando si ama.

Prende per mano Dania e l’attira a sé.

PASCIÀ E l’oggetto di tanto fuoco ne è ben degno! Pensare che era destinata a me!

Vecchio Mustafà, ti ringrazio egualmente per il buon gusto che mi attribuite.

In altra circostanza vi avrei appoggiato, ma oggi… Mi spiegherò: ho fatto la

pace con la mia moglie favorita: un fiore di bellezza, ma un carattere…

Insomma, quando si dice le donne… Deliziosa però e sono al colmo della gioia.

Le ho offerto una perla156 ed è precisamente in suo onore che voglio dare questa

festa. Ma se portassi un’altra donna nell’Harem, e una donna di così grande

bellezza, mi capirete…

FLORIANO Troppo giusto!

MUSTAFÀ Però chi ci va di mezzo sono io!

PASCIÀ Eh! Vecchia volpe! Oggi a me, domani a te! Prendi intanto questa borsa, se ti

può consolare!

MUSTAFÀ Inchinandosi:

Grazie, grazie, Eccellenza! Sono vostro servo umilissimo, sempre agli ordini

vostri!

PASCIÀ Allora, bando alle malinconie e pensiamo alla nostra festa! Avanti, danzatrici

e danzatori!

Entrano danzando.

Su venite, gaio157 stuolo,

danzatrici e danzatori!

Fuggan lungi noia e duolo

E la gioia regni ognor. 415

No, pensieri non vogli’io

Che non siano di piacer,

poiché breve è il giorno158 mio

vo’ trascorrerlo a giocar.159 420

CORO Ove giunge il Gran Pascià

154 M: così liscia.

155 M: fuggirsene.

156 M: una perla meravigliosa.

157 L: in gaio.

158 PB: viver.

159 M, DA, PB e L: goder.

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regna160 la felicità;

in dolce sogno vivete ognor

voi che congiunse nodo d’amor.161

PASCIÀ Sapete, giovani amici, cosa vagheggio? Che le vostre mogli162 siano

regalmente festeggiate in casa mia. E per questo vi invito tutti.

FLORIANO Eccellenza, la mia amicizia per voi cresce a mille doppi e non so dirvi la mia

riconoscenza.

DANIA Grazie, magnifico signore, grazie!

Si inchina a baciargli la veste.

PASCIÀ La rialza sorridendo e la conduce a Floriano:

Non siate geloso della163 mia veste, giovane amico. Lascio a voi la restituzione

del bacio.

Dania e Floriano si abbracciano.

DANIA e Cadono alfin le lugubri catene 425

FLORIANO E ne ricinge in dolci nodi amor!

La vita schiude a noi le sue serene

Visioni di dolcezza e di splendor.

In alto i cuori! L’alba è giunta alfine,

alba di libertà, luce d’amore!164 430

PASCIÀ Evviva gli sposi!

MUSTAFÀ Agitando la borsa.

Evviva noi!

CORO Viva! Viva!165 Viva gli sposi!

Tutti sono trascinati nella vorticosa ronda finale.

DANIA e Abbracciati e dimentichi di tutto:

FLORIANO Luce d’amor!

Sipario.

160 L: giunge.

161 In PB il CORO riprende la strofa finale del PASCIÀ, con una variante nel verso finale [No pensieri non vogli’io … vo

trascorrerlo a goder], segue poi la strofa presente in DB.

162 PB in luogo di [mogli] reca un vuoto. La variante è presa da M.

163 M: anche della.

164 PB, in luogo di [In alto i cuori! L’alba è giunta alfine, / alba di libertà, luce d’amore!], presenta un duetto più sostenuto,

completato dal canto del CORO: D e F cadono alfin le lugubri catene / e ne ricinge in dolci nodi amor. / La vita schiude

a noi le sue serene / visioni di dolcezza e di splendor. / Risuona ancora nell’anima / il tuo canto che aprì il core alla

speranza. – D Spera mio core, l’alba è già vicina / alba di libertà, luce d’amor. – CORO Ove giunge il Gran Pascià /

regna la felicità. / Liete danze intrecciati a lieti canti (il testo è indecifrabile). / In dolce sogno vivete ognor / voi che

congiunse nodo d’amor. / Viva gli sposi! Per maggiori approfondimenti riguardo al “Finale Ultimo” di PB si veda il

capitolo 2.

165 M e DA: Urrah! Urrah!

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“Importante è la deontologia professionale del filolo-go, che deve sempre esibire tutti i materiali e tutte le

induzioni su cui fonda le sue ipotesi”.

C. Segre, L’edizione critica tra testo musicale e testo letterario

“Per una tale arte [la filologia] non è tanto facile sbri-gare una qualsiasi cosa, essa insegna a leggere bene, cioè a leggere lentamente, in profondidtà, guardandosi avanti e indietro, non senza secondi fini lasciando por-

te aperte, con dita ed occhi delicati”.

F. Nietzsche. Aurora.

P a r t e P r i m a

George Braque, The Violin, 1912

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PARTE PRIMA – «UDIAMO I TESTIMONI»

UN PERCORSO FILOLOGICO ATTRAVERSO IL TESTO LIBRETTISTICO

1. PROBLEMI GENERALI RIGUARDO ALLA TRASMISSIONE DEL TESTO LIBRETTISTICO

La ricercatrice o il ricercatore che voglia proporre un’analisi culturale, storica e sociale della

forma e del contenuto di un testo letterario dovrà innanzitutto accertarsi di essere in possesso di

un’edizione autorevole: filologicamente accurata, anche qualora l’opera fosse inedita. Trovandosi di

fronte al libretto di un’opera lirica, dovrebbe dunque sorgere una fondamentale domanda: a quali

requisiti deve rispondere il testo librettistico per essere atto a un’analisi letteraria? In tal senso le

condizioni di trasmissione del testo di Dania sono certamente peculiari e perciò degne di essere

menzionate: di Dania, infatti, non solo non esiste un’edizione critica, ma neppure esiste una stampa

del libretto, sia essa pubblicata dall’autrice Elena Bonzanigo, dal compositore delle musiche Luigi

Tosi oppure, infine, da una persona esterna, quale potrebbe essere un editore. Tuttavia il testo è

pervenuto a noi integralmente e in diverse versioni. Le condizioni in cui il testo si presenta non sono

tanto diverse da quelle di altri libretti appartenenti al genere del teatro operistico: come nota Giovanna

Gronda, curatrice del volume I libretti d’opera italiani: dal Seicento al Novecento, riferendosi

precisamente al proprio lavoro filologico, operato su una trentina di libretti di carattere ed epoche

diversi:

Il pregiudizio comune che i libretti d’opera appartengano a un genere letterario minore,

di natura popolare e per ciò stesso privo di norme se non di valore, che essi siano composti

da improvvisatori – poeti di poco conto, i librettisti appunto –, non è stato privo di

conseguenze sulle edizioni di questi testi.166

I testi a disposizione sono spesso edizioni singole o miscellanee, che raccolgono i libretti delle opere

in maniera disordinata ed errata e dove le versioni dei libretti originali vanno a mischiarsi a versi

estrapolati dagli spariti o alle versioni stampate di seconda e terza mano. Gronda cita un caso

esemplare, a dimostrazione delle condizioni editoriali di questo genere: l’accademico Andrea Della

Corte, sicuro di pubblicare nella raccolta Drammi per musica da Rinuccini allo Zeno, del 1958, il

libretto di Zeno-Pariati Don Chisciotte in Sierra Morena, stampa invece Don Chisciotte in corte della

Duchessa, di Pasquini.

166 GRONDA Giovanna, Nota filologica, in AA.VV., Libretti d’opera italiani, dal Seicento al Novecento, a c. di Giovanna

Gronda e Paolo Fabbri, Mondadori, Milano, 1997, pp. 1807-12, p. 1807.

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Trovandosi confrontata con le problematiche peculiari al lavoro di ricostruzione del testo

librettistico, la ricercatrice, indossate le vesti di filologa, dovrà ideare dei percorsi coerenti per

muoversi tra le innumerevoli varianti testuali che ogni testimone si porta appresso: il prodotto finale

dell’analisi critica, infatti, dovrà rispondere ai criteri specifici che contraddistinguono il genere del

libretto d’opera. Paolo Fabbri, nel capitolo introduttivo all’edizione de I libretti d’opera italiani,

caratterizza il principale problema filologico in ambito librettistico come segue:

Varianti introdotte di sua iniziativa dal compositore, o concordate col poeta in corso

d’opera, oppure migliorie apportate dopo il debutto, concorrono a spiegare questo o quel

caso di difformità tra il testo letterario sottoposto al musicista (e poi al lettore), e quello

offerto a sua volta dal musicista all’ascoltatore/spettatore. Anche se molto simili, quando

talora non identici, quei testi obbediscono in realtà a due statuti profondamente diversi e

che è opportuno tener distinti: l’uno di natura prevalentemente letteraria e tutto sommato

relativamente autonomo; l’altro subordinato e duttile nei confronti delle esigenze

musicali. Insomma: un conto è il testo verbale come lo presenta il libretto, il quale vive

anche di vita propria (risponde a un sistema letterario compiuto, che attende di

perfezionarsi nel canto ma che esibisce coerenza e presentabilità pure in sua assenza, e lo

divulga tramite un manufatto che può circolare per proprio conto); un altro quello inserito

dal compositore tra i pentagrammi della partitura (e poi restituito dagli esecutori),

impastato più che altro di note e ad esse soggetto.167

Scopo del volume di Gronda e Fabbri è, quindi, di restituire ai libretti il loro statuto esecutivo: il

prodotto finale del lavoro filologico è una versione del testo che si avvicini il più possibile alla forma

e al contenuto del componimento che il librettista affidò al musicista, il quale ne fece un utilizzo tale

da privarlo della sua «natura letteraria», legandolo indissolubilmente alla musica. Per editare il testo

i curatori hanno fatto uso degli esemplari stampati dei libretti risalenti alla prima rappresentazione

dell’opera, o a rappresentazioni seguenti nel caso in cui queste rivelino modifiche sostanziali

all’aspetto dell’opera. L’esemplare utilizzato come base per l’edizione è poi stato confrontato con

eventuali versioni manoscritte. Il testo unito alle note musicali, privato dalla propria autonomia e

trascritto dal musicista sotto i pentagrammi della partitura non è invece direttamente funzionale alla

costruzione dell’edizione critica, tranne in caso di lacune o corruttela del libretto.

Nonostante la convinzione secondo cui l’opera lirica sia un genere che, nel suo insieme, non

possa essere analizzato scindendolo nelle sue singole parti – poiché le dimensioni del testo letterario,

della musica e del teatro si fondano in una forma ibrida – si vuole qui dimostrare che il testo

librettistico possiede in sé un valore drammaturgico importante, analizzabile criticamente e

contestualizzabile nella storia della letteratura. Per questa ragione il lavoro di ricostruzione filogica

167 FABBRI Paolo, La musica è sorella di quella poesia che vuole assolversi seco, in AA.VV., Libretti d’opera italiani,

dal Seicento al Novecento, cit., pp. LVII-LXXX, p. LXXVI.

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qui operato sul testo di Dania ricalca le scelte operate dai curatori de I libretti d’opera italiani: con

l’assemblaggio di un’edizione critica-interpretativa si vuol restituire al testo librettistico una forma

quanto più possibile fedele alla sua versione letteraria, quella che precede, dunque, il momento in cui

esso viene iscritto, nota dopo nota, nello spartito del musicista, andando ad adempiere alla sua

funzione operistica. Si intende dunque fornire «un testo che si avvicini il più possibile

all’originale»168, pur tenendo sempre presente la domanda posta da Segre: «E poi, che cos’è

l’originale? […] L’originale resta, più che un obbiettivo irraggiungibile, un’astrazione.»169

168 MAAS Paul, Critica del testo, Trad. it. Nello Martinelli, Le Monnier, Firenze, 1972, p. 1. Cit. da: SEGRE Cesare,

Riflessioni sulla critica testuale, in AA.VV., L’edizione critica tra testo musicale e testo letterario, Atti del convegno

internazionale (Cremona 4-8 ottobre 1992), a c. di Renato Borghi, Pietro Zappalà, Libreria musicale italiana, 1995, pp.

3-8, pp. 4-5.

169 SEGRE Cesare, Riflessioni sulla critica testuale, in AA.VV., L’edizione critica tra testo musicale e testo letterario, Atti

del convegno internazionale (Cremona 4-8 ottobre 1992), cit., p. 5.

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2. I TESTIMONI DI DANIA

I testimoni reperiti nel corso del lavoro investigativo su Dania sono cinque, uno solo dei quali

è quasi certamente di mano della librettista. Si tratta di un manoscritto, qui chiamato M, redatto a

penna con una calligrafia nettamente distinguibile da quella del musicista Tosi, raccolto in 50 fogli,

numerati. Il manoscritto indubbiamente risale a uno stadio di lavoro iniziale, poiché presenta delle

particolarità di carattere strutturale che nelle altre versioni sono state progressivamente elaborate:

innanzitutto è privo delle due scene che aprono il primo atto, inoltre in esso l’azione non si articola

su tre atti, bensì soltanto su due. Il testo, che presenta alcuni luoghi marcati da cancellazioni e

correzioni (in parte operate dalla stessa mano e in parte dalla mano del musicista), potrebbe essere

stato scritto da Bonzanigo stessa con lo scopo di consegnare a Tosi una prima versione del libretto:

in questo caso le correzioni potrebbero risalire a una fase del lavoro comune, in cui musicista e

librettista hanno rielaborato insieme l’opera. Riguardo a ciò si ritornerà più avanti nel capitolo.

Il secondo testimone è un dattiloscritto, che denomineremo DB, il quale contiene, con parecchie

varianti, il testo del manoscritto, con l’aggiunta delle due scene iniziali del primo atto là assenti. Resta

incerta l’identità di chi abbia battuto il testo a macchina: è plausibile credere che sia stata la stessa

Bonzanigo, con l’intento di redigere una versione definitiva del libretto, formalmente più ufficiale,

da consegnare, eventualmente, agli esecutori del pezzo. I 22 fogli, numerati, non si presentano slegati,

come invece accade per quanto concerne il manoscritto, ma sono bensì rilegati in un unico fascicolo,

protetto da un rivestimento in cartone rigido e ornato da un collage decorativo, che gli fa da

copertina.170 Tuttavia, a causa di un numero corposo di incongruenze formali con il testo del

manoscritto, non si esclude l’ipotesi secondo cui l’artefice del testo possa essere stato Tosi, il quale,

spinto dal desiderio di avere a sua disposizione un testo dattiloscritto, potrebbe aver copiato a

macchina il lavoro di Bonzanigo. Determinare chi abbia scritto DB è funzionale alla possibilità di

stabilire il carattere delle varianti collazionate: tali varianti possono essere o una conseguenza di

accidenti casuali oppure interventi frutto di scelte autonome dell’autrice, o, ancora, dipendere da

suggerimenti e imposizioni. Nel caso in cui fosse stata Bonzanigo a trascrivere il testo, ci troveremo

di fronte a una serie di varianti d’autore.

Insieme ai primi due testimoni, sono state rinvenute tre identiche copie (di 13 fogli, non

numerati, ma sempre in forma dattiloscritta), di una versione, DA, la quale è composta dalla maggior

parte delle parti musicate, da alcuni recitativi e da alcune didascalie: in DA sono trascritte per intero

le prime due scene del primo atto, per i restanti atti, invece, si osserva come di norma siano assenti i

170 Le fotografie delle copertine dei diversi esemplari sono riprodotte nell’appendice delle figure.

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dialoghi in prosa, tranne in casi eccezionali, dove due o tre battute sono segnate quando fanno da

cornice alle parti destinate al canto. DA, tuttavia, è un testimone pieno di contraddizioni e, nonostante

di regola raccolga il testo delle parti cantate, in due luoghi queste sono mancanti: nel primo atto,

all’altezza del duetto «Bella Grecia mia lontana», al testo in versi è sostituita l’annotazione Duetto,

allo stesso modo nel terzo atto il duetto «Bella Dania, finalmente» è indicato con l’annotazione Duetto

ed i versi che ne compongono il pezzo sono trascritti solamente in parte. È probabile che questa

versione servisse al musicista per lavorare sulle parti selezionate per essere destinate al canto, facendo

uso di un testo non appesantito dalle lunghe parti recitate. Inoltre, l’esistenza di tre copie della stessa

versione potrebbe significare che i fascicoli siano stati consegnati agli interpreti, una volta composte

le musiche.

Tra questi tre testimoni, che si possono definire come tre momenti dell’elaborazione del testo

librettistico – quel testo dunque che, come spiega Fabbri, si differenzia dal testo inserito dal

compositore tra le note della musica171 –, è stato necessario scegliere l’esemplare più atto a essere

utilizzato come base per l’edizione critica-interpretativa. DA è escluso dal principio a causa della sua

incompletezza contenutistica. Tra DB e M, infine, è stato scelto DB poiché, posizionandosi

cronologicamente in una fase di lavoro successiva, mostra la strutturazione scenica definitiva del

pezzo e contiene le due scene iniziali, che, nella fase di lavoro in cui è stato scritto M, non erano

ancora state elaborate. Nonostante ciò DB non è privo di errori di vario genere: refusi, omissioni

lessicali, errori di battitura e di punteggiatura e, soprattutto, incongruenze interne, sia formali che

contenutistiche. Tali errori sono assenti nella versione del testo di M, che è stato utilizzato per venire

in soccorso alle mancanze di DB quando queste riguardino il testo in prosa, destinato a essere recitato.

Nei casi in cui è stata necessaria una correzione del testo, basata su ciò che è leggibile in M, se ne è

fatta menzione in nota. Il lavoro di correzione è più complesso per quanto riguarda le parti del testo

in versi, destinate a essere trasposte in canto: nel caso fosse risultata evidente la necessità di sostituire

a DB una variante estranea, prima della sostituzione sono state confrontate puntualmente le varianti

di M e di DA; la più idonea, infine, è stata accolta nel testo criticamente editato. Anche in questo caso

la sostituzione di singole varianti è indicata in nota.

Oltre a queste tre versioni inedite del testo è pervenuta a noi l’edizione di un opuscolo, L,

pubblicato dagli autori con la funzione di presentare allo spettatore un riassunto dello spettacolo

inscenato. La forma del testo ricorda quella di un canovaccio: infatti le azioni svolte dai personaggi

in ogni atto sono narrate, mentre i principali dialoghi tra i personaggi sono resi in forma di discorso

171 Cfr.: FABBRI Paolo, La musica è sorella di quella poesia che vuole assolversi seco, cit., p. LXXVI.

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indiretto. La differenza rispetto al canovaccio è che il testo è stato pubblicato e messo in circolazione

tra gli spettatori della recita. Inoltre, intercalati nella narrazione riassuntiva della storia si trovano

alcuni versi delle singole parti cantate: ogni brano cantato è indicato con tre o quattro versi iniziali o

finali. In quanto testimone, L è utile per comprendere quale fosse la definitiva suddivisione in atti

dello spettacolo e del libretto. La trascrizione dei pochi versi cantati, tuttavia, presenta delle varianti

che nella maggioranza dei casi riprendono la versione della partitura.

La versione del testo trascritta negli spartiti va a formare l’ultimo testimone collazionato per

portare a termine l’edizione critica di Dania: essa è presente nella Partitura, PB, e nella riduzione per

pianoforte, PA. Poiché tra i due esemplari non intercorrono differenze di sorta in relazione al testo

trascritto direttamente nello spartito, si è deciso di citare solamente PB, dando per scontato che il

lettore sappia che PA non si discosta da esso. Come nel caso di DA è da puntualizzare che si tratta di

un testo incompleto, poiché non contiene i dialoghi recitati e le didascalie. Un’ulteriore osservazione

riguarda la suddivisione dei pezzi musicati: a ogni pezzo trasposto in musica viene dato un nome, che

ne indica il carattere e il genere. Le parti dialogate vengono perciò denominate duetti o terzetti, mentre

le arie portano il nome del genere di cui fanno parte: «Notte lunare piena d’incanto» ad esempio reca

il titolo Romanza di Dania.

Nel corso del lavoro filologico operato sul libretto di Dania, il testo trascritto nello spartito ha

la stessa funzione che hanno avuto le partiture per l’edizione critica dei libretti italiani a cura di

Gronda e Fabbri: solamente nel caso in cui DB, l’esemplare scelto come base, presenti delle lacune,

dei luoghi corrotti o delle incongruenze si è ricorso all’aiuto di PB, il quale, in molti casi, ha potuto

confermare l’autorevolezza delle varianti presenti in M, oppure quelle presenti in DA. Accade con

grande frequenza che nel testo di PB siano inserite delle ripetizioni di singole parole o di interi

sintagmi: ovviamente ciò è determinato dalla sensibilità del musicista, che trasponendo i dialoghi in

musica, risente la necessità di enfatizzare certi luoghi maggiormente di altri. Quando, nel lavoro di

collazione, ci si è trovati di fronte a questo tipo di ripetizione, si è deciso di non segnalarlo

nell’apparato critico posto in nota al testo edito, poiché ciò non è di interesse per la ricostruzione del

testo librettistico.

Infine per il lettore potrebbe essere interessante sapere che, insieme ai cinque testimoni che

riportano una fase dell’elaborazione testuale completa, si sono conservate delle singole carte sparse

e raccolte in un unico fascicolo, conservato anch’esso all’Archivio di Stato di Bellinzona172: questi

fogli sono dei preziosi testimoni che potranno aiutare i ricercatori e le ricercatrici che in futuro

172 Il fascicolo è conservato nell’unità archivistica UNA 156, all’Archivio di Stato di Bellinzona.

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desidereranno analizzare più a fondo le diverse fasi di lavoro dell’autrice sul testo e della sua

collaborazione con il musicista. Tuttavia nessuno di questi frammenti reca una versione completa del

libretto: piuttosto essi contengono singole scene e appunti. Essendo frammentari, e rappresentando

uno stadio di elaborazione testuale primordiale, non sono stati presi in considerazione durante il

lavoro di collazione. Inoltre, a rendere la loro contestualizzazione ancora più difficoltosa, si aggiunge

il fatto che essi sono conservati in una mappa di cartone, che reca l’indicazione: Elena Bonzanigo /

DANIA / Commedia musicale / in 4 Atti e 3 Quadri / Musica / del / M. Luigi Tosi. Essi appartengono

dunque a uno stadio di elaborazione del testo in cui la strutturazione della commedia si presentava

divisa in quattro atti e tre quadri: una scelta che non si è riscontrata in nessun altro testimone.

Si vuole ora offrire al lettore alcuni spunti di riflessione riguardo ai problemi che hanno

interessato la ricostruzione del libretto a livello macrotestuale: dopo il primo approccio ai testimoni,

infatti, è nata la necessità di compiere delle scelte che potessero aiutare a rendere il testo, nel suo

complesso, più coerente a livello linguistico e formale. Tali problemi riguardano la grafia, le forme

metriche e la numerazione.

Grafia

La redazione dei libretti per musica avviene, come è noto, nel segno della fretta: i tempi

stretti degli allestimenti teatrali ai quali questi sono destinati condizionano librettisti,

copisti e stampatori, nella stesura come nella trascrizione e nella stampa.173

I problemi grafico-formali, riscontrati in ognuno dei cinque testimoni, sono stati un ostacolo

importante nel percorso filologico che ha portato alla cura di un’edizione critica del libretto di Dania.

Similmente ai casi su cui ha lavorato Gronda, infatti, anche DB, l’esemplare selezionato per fare da

base al lavoro critico, mostra di aver risentito le conseguenze, non trascurabili, dei tempi stretti degli

allestimenti teatrali, che hanno influito sulla correttezza della grafia del testo a tutti i livelli.

Refusi e omissioni, innanzitutto, sono riscontrabili in ogni pagina: essi sono stati corretti con

un puntuale confronto con M e, quando necessario e possibile, con DA e PB. Oltre alla caduta di

singole parole si osservano in alcuni luoghi cadute di versi, di didascalie e, in un unico caso che verrà

approfondito in seguito, l’omissione di tre battute: anche in questo caso agli errori è stato rimediato

facendo un confronto con le varianti di M e, se possibile e necessario, con DA e PB.

La punteggiatura si è rivelata essere il livello testuale che presenta maggiori scorrettezze: infatti

è stato necessario rivederla di battuta in battuta, poiché il testo presenta una frequente oscillazione fra

173 GRONDA Giovanna, Nota filologica, cit., p. 1808.

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segni interrogativi ed esclamativi, una collocazione imprecisa e sintatticamente insensata di punti e

virgole e spesso ha richiesto un intervento per sfoltire la quantità eccessiva di punti esclamativi (i

quali certamente adempiono ad una funzione espressiva, ma rendono difficoltosa una lettura

scorrevole).

In vari luoghi del testo è stato necessario un intervento di normalizzazione di accenti e apostrofi,

soprattutto nei casi in cui la loro mancanza desse luogo a una parola semanticamente ambigua. Inoltre

si è regolarizzato l’uso di maiuscole e minuscole, in accordo con la nuova punteggiatura introdotta

nel testo critico.

Infine, è stato notato un ulteriore fenomeno ricorrente in DB e ascrivibile alla fretta del copista,

a cui si è rimediato con un confronto fra varianti: si tratta della collocazione e della denominazione

errata di certe indicazioni sceniche, specialmente per quanto riguarda la numerazione delle singole

scene. L’assenza di indicazioni sceniche è stata integrata, quando possibile, facendo ricorso al

testimone M; la numerazione, quando incoerente, è stata aggiustata in nome della coerenza strutturale

del testo.

Forme metriche

Il testo di Dania, come si è detto, si suddivide in parti recitate e in parti musicate e cantate. Il

testo destinato al canto è versificato e raccolto in strofe, in cui si alternano sequenze di settenari ed

endecasillabi, oppure di senari e ottonari. In DB la suddivisione in strofe è indicata con chiarezza:

quando l’inizio di una strofa nuova è segnalato graficamente, esso è stato considerato nel lavoro di

ricostruzione e segnalato con un a capo. Spesso tali suddivisioni coincidono con ciò che si osserva

in M, più raramente invece tale coincidenza riguarda anche DA.

Sono inoltre state conservate le originali scansioni metriche di DB, in modo da mettere in risalto

i versi spezzati a cavallo di due distinte battute. Tale realizzazione grafica dei versi corrisponde a M,

mentre è mancante da DA, il quale, di norma, presenta una versione del testo in cui la scansione

metrica è andata persa del tutto: intere strofe sono state raccolte in un’unica riga, come se si trattasse

di uno scritto in prosa.

I dialoghi recitati, invece, sono sempre in prosa. Come è stato detto, essi sono presenti per intero

in BD e in M, mentre sono soltanto in parte trascritti in DA. In PB, invece, il musicista di regola ha

annotato, in testa alla pagina, le ultime battute in prosa che precedono le parti cantate, per

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contestualizzare i pezzi musicati in modo da sapere quando, nel corso dello spettacolo, tenersi pronto

per dirigere gli strumenti e il canto.

Numerazione

«La numerazione dei versi teatrali è prassi utile» sostiene Gronda174, che ha applicato una

numerazione continua dei versi dal primo all’ultimo atto di ogni libretto. Dania, come si è detto, non

presenta un libretto costruito interamente in versi, tuttavia per essere in grado di facilmente situare

ogni verso si è scelto di apporre una numerazione continua, omettendo dal computo le battute in

prosa. Oltretutto, in questo modo le parti versificate vengono utilmente messe in evidenza, da un

punto di vista grafico, rispetto alla prosa.

174 GRONDA Giovanna, Nota filologica, cit., p. 1810.

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3. UN PERCORSO A TAPPE ATTRAVERSO I LUOGHI TESTUALI DI DANIA

La tavola sinottica, allegata come Appendice al lavoro175, mostra, battuta per battuta, le

coincidenze e le discordanze tra i tre testimoni DB, DA e M, ciascuno dei quali rappresenta una fase

di elaborazione del libretto: essi sono stati trascritti diplomaticamente, in modo da conservare anche

eventuali errori. La tavola aiuterà il lettore o la lettrice curiosi a comprendere come l’assenza o la

presenza di una battuta determini lo statuto di ciascuna versione. L’apparato di note, che accompagna

puntualmente il testo criticamente trascritto di DB, ha invece la funzione di mettere a confronto le

varianti dei testimoni M, DA, L e PB: l’esito della collazione viene segnalato quando il luogo del

testo critico concerne una differenza rispetto ad una delle versioni diverse da DB. Nonostante

nell’apparato si sia dato conto di tutti i luoghi problematici, alcuni di essi necessitano un

approfondimento, o perché coinvolgono l’intera strutturazione della commedia musicale, o perché

relativi a parti di testo estese, che interessano più di una singola battuta. Essi verranno perciò

analizzati separatamente qui di seguito. Inoltre tali luoghi spiegano esemplarmente la decisione di

eleggere DB a testimone più fedele alla forma originale del libretto.

3.1. IL FRONTESPIZIO

Nel riprodurre il frontespizio del libretto è stato adottato un criterio semidiplomatico: DB infatti

non possiede un frontespizio, quanto piuttosto un cappello introduttivo in cui sono elencati il titolo

della commedia, le indicazioni strutturali e i personaggi presenti in scena, compresa la lista delle

comparse. Tale elenco è stato trascritto nell’edizione critica, ma integrato con le informazioni

riguardanti i vari registri di voce necessari a interpretare le singole parti. Inoltre si è scelto di

aggiungere le indicazioni relative alla fonte da cui Dania è stata tratta (la commedia di Molière

L’amour Peintre). Il solo testimone che ci abbia trasmesso le informazioni riguardo ai timbri delle

voci degli interpreti e il titolo della fonte molieriana è L.

DA non possiede un frontespizio, né un’introduzione nella quale siano indicati i nomi e le

funzioni dei personaggi. Il faldone nel quale sono contenute le tre copie di DA, ognuna tenuta insieme

da una graffetta, reca la sola indicazione del titolo: DANIA.

M, invece, possiede un frontespizio, in cui sono indicati i nomi dell’autrice e del compositore,

il titolo e le indicazioni sceniche: Elena Bonzanigo / DANIA / Commedia musicale / in 2 atti e 3

quadri / Musica del / M. Luigi Tosi. Inoltre, in M l’inizio della commedia è preceduto da

175 Cfr.: appendice 1.

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un’introduzione, simile a quella presente in DB: vi sono infatti indicati il titolo, le indicazioni di

genere e di struttura, l’elenco dei nomi dei personaggi e delle reciproche funzioni nel pezzo (segnati

a matita e tra parentesi tonde si leggono, inoltre, i nomi degli interpreti dei sei personaggi principali)

e la lista delle comparse: DANIA / commedia musicale <in> 2 atti e 3 quadri / >operetta in 3 quadri

e 2 atti< / Personaggi / Mustafà – padrone di (Vidoli) / Dania – schiava greca (Borellini) / Floriano

– gentiluomo veneziano (Melesa) / Alì – suo servo (Rusconi) / Zaida – schiava greca (Taddei) / Il

Pascià (Carugo) / musici, cantori, schiave, danzatrici, moretti, cantatrici, servi.176

L, come si è scritto sopra, è il testimone più affidabile per quanto riguarda le informazioni

relative alla strutturazione in atti, essendo l’unica versione del testo stampata. Esso possiede una

copertina e un frontespizio. La copertina reca le informazioni relative al titolo, al genere del pezzo e

alla strutturazione in atti, inoltre riporta i nomi dell’autrice e del compositore, e infine il prezzo del

volume: DANIA / Commedia musicale in tre atti / adattamento scenico / e versi / di Elena Bonzanigo

/ musica di / Luigi Tosi / prezzo cent. 50. Il secondo, invece, oltre a titolo e autori, fornisce preziose

informazioni riguardo agli esecutori, al luogo e all’anno di stampa: DANIA / commedia musicale in

tre atti / adattamento scenico e versi / di / Elena Bonzanigo / musica di / Luigi Tosi / La vicenda è

tratta da un atto di Molière, “L’amour peintre”. / (L’atto originale fu rappresentato nel 1667 a Saint-

Germain dalla compagnia di Molière. Luigi XIV, la Regina, Mlle de la Vallière ed altri personaggi

della Corte presero parte ai balletti. / Bellinzona – Arti Grafiche A. Salvioni & Co. – 1930.

Segue infine una pagina dedicata agli esecutori del pezzo: ESECUTORI / Dania (schiava greca)

Soprano Sig.na Anna Borellini / Floriano (Cavaliere veneziano) Tenore Sig. GIUSEPPE LAVEZZO

/ Mustafà (Venditore di schiave) Baritono Sig. Ettore Vidoli / Alì (Servo di Floriano) Tenore Sig.

Guido Rusconi / Zaida (Schiava) Soprano Sig.na Bice Antonini / Il Pascià Basso Sig. Luigi Paris /

Schiave – Servi – Musici – Moretti – Danzatrici. / Direttore di scena: Dott. Rinaldo Pico /

Scenografo: Sig. Enrico Mariani / Messa in scena: INNOVAZIONE / I costumi furono disegnati dal

compianto Pittore Baldo Carugo / Orchestra: Società Orchestrale Bellinzonese (30 esecutori) / Cori:

Corale “S. Cecilia” / Maestro Concertatore e Direttore d’Orchestra Luigi Tosi.

I due spartiti PB e PA non possiedono un frontespizio, tuttavia recano alcune indicazioni

relative all’opera sulla copertina rigida di cartone. La riduzione per pianoforte PA reca, oltre al titolo,

176 Dei cantanti si hanno a disposizione le informazioni lette sulle recensioni allo spettacolo. Esemplare è l’articolo

apparso sul numero di «Il Dovere» del 2 giungo 1930: «La signorina Borellini, nella difficile parte di Dania, si rivelò vera

e provetta artista. Ottima pure signorina Bice Antonini. Il tenore Giuseppe Lavezzo, artista ben noto, che tutti conosciamo,

fu veramente insuperabile in Floriano. Sicuro della scena e felice interprete della sua parte fu il baritono Vidoli, artista

dilettante che già più volte ebbimo campo di udire, e l’unico Guido Rusconi, buffo impareggiabile nella parte di Alì;

ottimo pure il basso signor L. Paris nel ruolo del Pascià».

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l’indicazione del compositore e del genere dell’opera: L. Tosi / DANIA / Commedia Musicale. La

partitura PB invece reca solamente il nome del musicista e il titolo: L. Tosi / DANIA.

3.2. LA SUDDIVISIONE IN ATTI E QUADRI

Nell’arco di tempo tra la scrittura manoscritta del libretto e la stampa dell’opuscolo che

riassume l’azione scenica sono state operate delle modifiche importanti all’assetto strutturale della

commedia, che hanno comportato un ridimensionamento della suddivisione in atti e quadri. Infatti,

solamente L testimonia una divisione della commedia musicale in tre atti, priva di ambiguità e

interventi correttivi da parte degli autori. Rilevare le modifiche operate in relazione alla suddivisione

strutturale del pezzo ha reso possibile ricostruire l’ordine cronologico in cui si posizionano i cinque

testimoni analizzati.

Sul frontespizio e in antiporta M reca l’indicazione Dania / commedia musicale in 2 atti e 3

quadri (in antiporta l’indicazione operetta in 3 quadri e 2 atti è stata cassata e sostituita da commedia

musicale in 2 atti e 3 quadri). Proseguendo la lettura e inoltrandosi nel corpo del testo di M si

incontrano titolazioni interne per gli atti primo e secondo e per i quadri primo e secondo. Manca,

tuttavia, l’indicazione del punto di avvio del quadro terzo. Per svelare il mistero intorno a questa

assenza è necessario partire da un’osservazione importante, inerente la prima scena del secondo atto.

La scena, infatti, ha subìto degli interventi di modifica e, soprattutto, ad essa sono state apportate

delle aggiunte durante la stesura del manoscritto. Ciò è innanzitutto deducibile dalla numerazione

delle pagine: l’atto precedente termina a pagina 19 e ci si aspetterebbe, dunque, che il nuovo atto

avesse inizio a pagina 20, tuttavia la pagina seguente reca la numerazione 19 bis, a cui seguono 19

tris, 20A e 20B (la numero 20 non esiste). È solo quest’ultima pagina che mostra, ma tuttavia cassate,

le (tanto attese) indicazioni relative al terzo quadro: Atto II° / Quadro 3° / Scena 1, a cui segue la

didascalia di scena: Si alza: / Interno della casa di Mustafà. Una sala, Dania, sdraiata sul divano, si

fa vento e guarda il soffitto. Entra Mustafà. Il testo scritto in seguito alla didascalia cassata, riprende

là dove si era interrotto al termine della pagina 20A. La mancanza dell’indicazione del quadro terzo

a pagina 19 bis è da attribuire, quindi, a una svista dell’autrice.

Il dattiloscritto DB è diviso invece in 3 atti. Sulla prima pagina del fascicolo figura l’indicazione

relativa a tale suddivisione, che risulta da una modifica apportata nel corso della stesura, per la quale

la cifra 3 è stata sostituita a matita alla cifra 2: ciò significa che originariamente il testo deve

considerarsi nato come una commedia in due atti (cosa che rispecchia la suddivisione presente nel

manoscritto) e che solo in seguito sarebbe poi stato trasformato in una commedia in tre atti. Inoltre,

nel dattiloscritto la stessa matita di colore blu che opera la prima correzione cassa anche l’indicazione

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e 3 Quadri. A conferma dell’evoluzione strutturale ora individuata, che porta i due atti originali a

diventare tre, la collazione di ulteriori varianti fornisce poi altri elementi. In DB il secondo atto inizia

dopo l’intermezzo cantato dal coro, Intermezzo – Coro interno. Nel corpo del testo, invece,

l’indicazione Atto Secondo è collocata più avanti, nella stessa posizione in cui si trova in M, ovvero

in quel luogo che diventerà l’atto terzo della versione definitiva. Tutto ciò significa che DB è stato

inizialmente concepito come fedele trascrizione del testo manoscritto, tuttavia su di esso si

riscontrano interventi di revisione operati in momenti successivi, i quali hanno progressivamente

determinato la forma finale della commedia. Ciò elegge pertanto DB a testimone fondamentale: esso

non soltanto rende manifesta la volontà ultima degli autori ma, per mezzo dei luoghi cassati,

rappresenta concretamente il processo creativo che ha portato dalla prima redazione alla versione

definitiva di Dania.

Il dattiloscritto DA, non avendo né un frontespizio, né un’introduzione, non presenta nessuna

indicazione esplicita inerente alla suddivisione strutturale della commedia. Tuttavia il corpo del testo

risulta suddiviso in tre atti e le indicazioni relative ai luoghi di inizio di ciascun atto sono leggibili in

testa alle pagine, collocate prima che lo svolgimento dell’azione incominci. Come si è scritto più

sopra DA è un testimone interessante per interpretare le varianti riscontrate di DB e di M, ma si

presenta, tuttavia, come una versione incompleta del pezzo, poiché contiene solamente la

maggioranza delle parti messe in musica e qualche battuta in prosa. In questa redazione l’estensione

del primo atto si accorda alla versione di DB. Necessita invece di una maggiore attenzione la

strutturazione del secondo atto. Esso incomincia con il monologo cantato da Mustafà, presente anche

in DB: «Oh che povera vittoria! Oh che dolorosa storia!» Terminati i versi di Mustafà, seguono, sulla

stessa pagina (la numero 7) le parti cantate intitolate Leggenda di Dania, La danza dei moretti e delle

schiave e le strofe di Alì Ogni dove ardente core. La pagina 8 contiene alcune incongruenze rispetto

all’intreccio dell’azione: su questa pagina, infatti, è trascritto il dialogo tra Mustafà e Dania, che in

DB e in M invece segue il monologo di Mustafà «Oh che povera vittoria! Che dolorosa storia!» e

precede La leggenda di Dania, la danza dei moretti e delle schiave e le strofe di Alì. Un’ulteriore

incongruenza coinvolge il nome del commerciante di schiavi che in questo luogo del testo è chiamato

per quattro volte Mohamed al posto di Mustafà. Per di più, il breve estratto presenta cinque battute,

due delle quali non sono presenti né nel manoscritto né in DB, mentre le restanti battute coincidono

contenutisticamente, ma differiscono formalmente dalla redazione conservata da M e da DB. Infine,

la pagina è introdotta, oltre che con la didascalia scenica «la stessa scena che al mattino»,

dall’indicazione quadro secondo. Terminata la pagina ne segue un’altra (pagina 9) che riprende il

flusso della narrazione, dal punto in cui è stato interrotto a pagina 7. In relazione a questa

incongruenza strutturale si possono fare alcune osservazioni. Innanzitutto la didascalia di scena e

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l’indicazione quadro secondo coincidono con un luogo del manoscritto che è stato cassato (in M,

infatti, il quadro II incomincia in testa alla pagina 11a, segue poi una pagina, 11b, che reca le

indicazioni cassate «Quadro II° (La stessa scena, al mattino.) (Esce Mustafà, tutto bendato e

zoppicante, appoggiandosi a un bastone:)»). Dopo la cancellazione nel manoscritto si riprende

l’azione scenica rimasta interrotta in 11a, con le battute, insomma, che coincidono con quelle presenti

nel luogo problematico di DA. L’ipotesi più plausibile parte dal presupposto che la pagina 8 di DA

sia stata aggiunta arbitrariamente e in un secondo momento al fascicolo, e che si tratti di un frammento

di testo risalente a una fase di composizione del testo anteriore sia a DB che ad M, poiché il nome

Mohamed non compare in nessuno di questi testimoni, neppure in forma cassata.

Problematica è, infine, anche l’indicazione relativa al terzo atto: infatti essa è segnalata

esplicitamente con la cifra romana «III» in testa alla pagina 9, tuttavia il testo che segue fa ancora

parte del finale del secondo atto: si tratta della didascalia «I ballerini danzando e sberleffandolo lo

circondano: Mustafà li rincorre armato di ---una scopa». Immediatamente sotto segue il canto

intonato dal coro delle schiave «Quando tramonta il sole», che apre il terzo atto in DB.

Il confronto con la partitura PB e la riduzione per pianoforte PA, infine, ci conferma la divisione

in tre atti, poiché i due testimoni certamente si collocano in una fase di lavoro in cui il libretto aveva

raggiunto la sua forma definitiva. Sia PA che PB non possiedono un frontespizio, né un paragrafo

introduttivo in cui possa figurare l’indicazione relativa al genere del pezzo e alla sua strutturazione

in atti. Nonostante ciò, si può constatare, sfogliando le pagine degli sparititi, come il musicista abbia

diviso i singoli pezzi cantati in tre atti, ognuno dei quali è delimitato da una o due pagine vuote. La

partitura PB, inoltre, al termine di ogni atto e in due altri luoghi del testo, presenta la data, annotata

da Tosi, del giorno in cui le parti musicali sono state composte. Il primo atto presenta due date: la

prima, ore 2 antim. del 22 maggio 1930177, al termine delle due prime scene; la seconda, Fine atto 1°

/ 16 febbraio 1930 / Luigi Tosi, al termine dell’atto. Il secondo atto reca la data: 3 marzo 1930. Il

terzo atto, invece, reca due date: la prima, 18 aprile 1930 (Venerdì santo), apposta al termine

dell’introduzione musicale, la seconda, invece, al termine dell’ultima scena, Fine della commedia /

12.5.1930.

Si può concludere, dunque, che la scelta di dividere la commedia in tre atti è stata presa in un

momento avanzato della scrittura del pezzo: inizialmente, nella fase di lavoro corrispondente a M,

che si rispecchia nella prima trascrizione del testo per macchina rimasta leggibile sotto le svariate

cancellature che costellano DB, il pezzo era diviso in due atti, disposti su tre quadri. L’intermezzo

177 La cronologia dell’elaborazione dell’opera verrà trattata più avanti.

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musicale, indicato già nel manoscritto come appartenente al genere della Barcarola orientale, ha in

M la funzione di dividere il primo dal secondo quadro. In un secondo momento quello che

originariamente era considerato un unico atto diviso in due quadri è dunque stato diviso in due atti.

All’intermezzo in questo modo viene affidata la funzione di dividere, non più due quadri, bensì due

atti, con la logica conseguenza che quello che era, in origine, il secondo atto viene a costituire il terzo.

3.3. LE DUE SCENE D’APERTURA

Anche per quanto concerne i contenuti narrativi dell’opera, M corrisponde, quasi battuta per

battuta, a DB, fatta eccezione per le prime due scene del primo atto. Si tratta della messa in scena

dell’incontro tra Dania e Zaida: le due scene hanno un’importante funzione, sia in relazione alla

narrazione, in quanto rappresentano la nascita dell’amicizia tra i due personaggi (sentimento che

giustifica la partecipazione di Zaida all’inganno escogitato da Floriano e Dania, che verrà perpetuato

ai danni di Mustafà nel terzo atto), sia, soprattutto, per quanto riguarda la caratterizzazione dei

personaggi, poiché in esse vengono approfondite le conseguenze emotivo-psicologiche della

condizione di schiavitù delle due donne. Il manoscritto, dunque, ha inizio con la Scena III, in cui Alì,

incaricato dal padrone, dà ordini ai musici, posizionandoli sul palco, con lo scopo di allestire una

serenata per Dania.

Nel dattiloscritto DB la vicenda incomincia, dunque, con una scena che precede

cronologicamente l’inizio del manoscritto: infatti le due scene iniziali si svolgono poco prima del

tramonto e terminano quando il sole è completamente calato, mentre il manoscritto prende avvio dalla

scena notturna. La situazione rappresentata nelle prime due scene coincide con i preparativi per la

preghiera serale islamica (la ṣalāt al-maghrib, quarta delle cinque preghiere islamiche canoniche): le

schiave, prima che il sole sia definitivamente calato, devono portare l’acqua per il lavacro a Mustafà

che, scomparso l’ultimo spiraglio di sole, potrà adempiere al rito di purificazione. La scena, dunque,

si sviluppa sullo sfondo di un importante momento spirituale della tradizione religiosa islamica:

tuttavia non sono né il rito del lavacro, né la successiva preghiera a rappresentare il fulcro dell’azione;

questi sono, piuttosto, visti dalla prospettiva esterna delle schiave e offrono l’occasione di delineare

i rapporti di potere instaurati tra esse e il padrone.

Al termine delle due scene, in testa al foglio seguente, a pagina 4, si può osservare

un’incongruenza: vi si legge l’indicazione Atto I e la didascalia «è una bella notte di plenilunio, ma

di quando in quando nuvole vagabonde velano la luna», entrambe inserite nel testo. L’indicazione

errata precede la scena III, il che ci aiuta a formulare un’ipotesi per spiegare l’incongruenza. M, si è

visto, non contiene le due scene d’apertura: esso incomincia dalla scena III. In seguito all’indicazione

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errata Atto I[…] si nota come anche la numerazione delle scene risulta essere stravolta: all’indicazione

Scena III segue infatti l’indicazione Scena 2, a cui a sua volta segue Scena 3. «Atto I / è una bella

notte di plenilunio, ma di quando in quando nuvole vagabonde velano la luna» presente su DB è stato

copiato da M ed è dunque da attribuire a una fase di lavoro embrionale, mentre le due scene iniziali

sono state inserite nel corpo del testo quando la trascrizione del primo atto già era terminata.

Allo stesso modo di DB, anche DA contiene le due scene iniziali del primo atto: i due scritti,

tranne in pochi luoghi, combaciano, e le rare varianti non hanno conseguenze sul contenuto dei

dialoghi. Si osserva che DA non copia l’incongruenza di DB e, infatti, al termine delle due scene non

si trova l’arbitraria indicazione di inizio atto. Nel testo non è indicata neppure la didascalia Scena III,

ma solo la denominazione del pezzo musicale, Ronda, che accompagna il canto di Alì e dei musici

che entrano sul palco, terminate le Scene I e II. Tuttavia è bene rimarcare che DA riproduce soltanto

in casi eccezionali le indicazioni di scena che suddividono il testo: l’assenza dell’incongruenza

osservata in DB non deve, dunque, essere interpretata come un indizio a favore della maggiore

correttezza di DA.

La partitura PB si apre con il Preludio per musica: un pezzo sinfonico durante il quale il sipario

è ancora abbassato. Il sipario si apre, terminato il Preludio, rivelando sulla scena, intorno al pozzo, il

gruppo di schiave intente a prelevare l’acqua e a cantare. L’atto, dunque, incomincia con la Cantata

per coro «Passa la primavera sul deserto». La musica tace al termine della Cantata cedendo il posto

al dialogo (assente dalla partitura), recitato in prosa, delle schiave, che pian piano si avvicinano alla

sconosciuta Zaida. Segue, quindi, il Duetto tra questa e Dania. Si è scritto sopra che PB reca, in certi

luoghi del testo, l’indicazione della data di composizione: al termine del duetto si osserva la prima

data, ore 2 antim. del 22 maggio 1930, posteriore alla composizione delle restanti parti del primo atto,

le quali, Tosi ci lascia capire, sono state musicate prima del 16 febbraio, e posteriori anche alla

trasposizione in musica del secondo atto, terminata nel mese di aprile, e, addirittura, del terzo atto,

conclusa il 12 maggio. La musica per le parti in versi delle Scene I e II è, dunque, stata composta per

ultima. Ciò conferma l’ipotesi per cui il primo atto abbia trovato la sua forma definitiva in una fase

del lavoro in cui il testo di M già era stato trascritto in DB: questo poiché si parte dal principio che

DB fosse il testimone a cui Tosi ha guardato per attingere i versi da musicare (i quali sono stati poi

raccolti in DA). Una seconda ipotesi, che andrebbe confermata, è che l’inserimento di due nuove

scene all’inizio della commedia abbia comportato la decisione da parte di Bonzanigo o di Tosi (o di

entrambi) di dividere il primo atto originale in due atti: che la scelta sia stata fatta subito dopo

l’inserzione delle due scene iniziali, in una commedia già precedentemente portata a termine,

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potrebbe spiegare le innumerevoli incongruenze relative alla numerazione di scene ed atti che

caratterizzano il testo di DB.

Il libretto L riassume il primo atto, includendo le prime due scene, come conferma il seguente

estratto: «Il sipario si alza mentre l’orchestra preludia la melodia nostalgica, cantata poi dalle schiave

che in vari gruppi si dirigono al pozzo ad attingere l’acqua per le abluzioni serali».178

3.4. ATTO PRIMO, SCENA VII:

Si è detto che l’esemplare scelto come base per il lavoro di edizione del testo è DB: questo

poiché DB è generalmente il testimone più completo, nonostante contenga, come si è dimostrato nei

paragrafi precedenti, parecchi errori, determinati da sviste da parte dell’autore/copista o dalla fretta

di trascrivere il testo a macchina. Questi errori, nella maggioranza dei casi, si limitano a coinvolgere

singole parole e, solo in alcuni casi isolati, interi versi, oppure le didascalie sceniche. Tuttavia in un

luogo del testo di DB è stata rilevata una differenza importante rispetto sia a DA che a M: tale

differenza non è imputabile né a una svista, né a un errore da parte dell’autore del dattiloscritto, ma,

come si tenterà di dimostrare, dipende da una scelta consapevole di Tosi e, forse, di Bonzanigo. Il

luogo in questione coinvolge alcune battute della Scena VII che concludono il primo atto.

Il dialogo tra Mustafà e i servi, infatti, è costruito diversamente in ognuno dei tre testimoni DB,

M e DA: ciò dimostra come esso sia un luogo del testo che ha subìto costanti modifiche nel corso

dell’elaborazione della commedia, fino ad approdare alla versione dalla quale Tosi ha estratto i versi

da mettere in musica. Proprio in relazione alla Scena VII del primo atto si è deciso di non seguire la

testimonianza di DB per prediligere la versione del testo di M, che riporta quattro battute, una a inizio

scena, le altre tre a conclusione, e qualche didascalia scenica assenti dall’esemplare dattiloscritto. La

scelta è sostenuta da un confronto con la partitura PB, che rappresenta la volontà finale del musicista,

anche se i versi in essa contenuti fanno parte di quel testo «subordinato e duttile nei confronti delle

esigenze musicali» che si è deciso di non voler ricostruire in questa sede: nonostante ciò, infatti, è

bene ricordare che PB può essere utilizzato come testimone utile a confermare o smentire la scelta di

prediligere una variante del testo discordante dall’esemplare base DB.

Si proceda con ordine. Il testimone PB concorda con M per quanto riguarda la battuta,

pronunciata da Mustafà, che apre la scena VII:179 essa infatti, nonostante non sia presente in DB, è

178 BONZANIGO, TOSI, Dania, commedia musicale in tre atti, cit., p. 3.

179 Cfr.: BONZANIGO, Dania, atto primo, scena VII: «MUSTAFÀ - Dando bruscamente gli ordini. / Tutti fuori uscite

subito, / se qualcuno vedete muovere! / Come nell’estate grandine, / come in uragano fulmini, / frecce allora fate piovere,

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stata, tuttavia, musicata; l’assenza dal dattiloscritto potrebbe, quindi, essere ricondotta a una

disattenzione da parte di chi trascrive il manoscritto a macchina. In M, inoltre, la battuta di Mustafà

è introdotta da una didascalia, anch’essa assente da DB.180 La scelta di inserire nel testo critico la

didascalia e la battuta è del resto dettata da un criterio di logica narrativa, poiché Mustafà, poc’anzi,

terminato l’appello agli schiavi, è uscito di scena e necessita, ora, di rientrare.

Le tre battute che terminano la scena VII e le corrispettive didascalie, presenti soltanto in M,

mancano in DB e da PB. Tuttavia in M risultano essere state cancellate dalla mano di Tosi, il quale

sopra al testo cassato ha scritto: Sipario. L’ipotesi più plausibile è che il musicista abbia scelto di

abbreviare la scena per soddisfare il desiderio di guadagnare tempo, accorciando il finale del primo

atto. Resta invece incerto il ruolo avuto da Bonzanigo nella scelta di cassare queste parti. Da parte

nostra, il reinserimento delle ultime tre battute nel testo critico soddisfa il desiderio di completare

l’atto e di chiuderlo con l’uscita di tutti i personaggi dalla scena.

In relazione a questi stessi luoghi testuali, anche la versione di DA risulta essere problematica.

In DA le ultime sette battute della scena VII sono trascritte su un foglio a sé stante, il numero 6, che

presenta un’importante incongruenza: il nome di Mustafà, come nel caso del foglio 8, è cambiato in

Mohamed. Se prendiamo per certa l’ipotesi che la variante del nome Mohamed risale a una fase di

lavoro primordiale, se ne può concludere che il foglio 6, come il numero 8, siano stati estratti dal

proprio contesto originario e aggiunti al fascicolo in un secondo momento. Le sette battute di DA

sono caratterizzate dall’infittirsi di varianti discordanti sia dalla lezione di M che da quella di DB e

che sono state puntualmente indicate nell’apparato critico trascritto in nota.

3.5. IL «FINALE ULTIMO»

Si è scelto di terminare la discussione dei luoghi testuali problematici con alcune osservazioni

riguardo alla Scena XII del terzo atto: il finale della commedia. A un primo confronto tra DB e M il

finale non presenta varianti particolarmente interessanti, tranne la presenza di una battuta del coro,

assente in M e aggiunta in DB, tra due affermazioni del Pascià. La situazione cambia quando in gioco

entra DA: il testimone monco, infatti, porta con sé un numero non indifferente di varianti e soprattutto

/ bastonate fate scendere! / Botte! Giù senza pietà! / Per Allah! / Qual vittoria mai sarà! / La luna poco a poco si vela, e

la scena è tutta al buio»

180 Cfr.: ivi. «Esce MUSTAFÀ, seguito da un codazzo di SERVI a mezzo svestiti e armati nel modo più vario e bizzarro,

chi con randelli, chi con scope, chi con vecchie sciabole e con grossi fucili».

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di tagli, che vanno ad incidere sul numero di battute versificate di quella parte di testo, dunque, che

nella partitura forma il concertato finale.

L’interesse per il Finale ultimo nasce dal confronto tra DA e la partitura. È necessario aprire

una breve parentesi: affiancando DB, DA e PB e analizzando le singole varianti che man mano si

notano durante la lettura incrociata si può affermare che il testo di PB coincide in un numero maggiore

di casi alla versione di DA. Ciò sostiene l’ipotesi per cui la funzione di DA sarebbe strettamente

legata alle esigenze musicali di Tosi: potrebbe essere stato il testo utilizzato dal compositore per

musicare le parole delle parti versificate, un testo cioè su cui il compositore è intervenuto avendo

presente le note della propria musica. Ciò lo rende un testimone inaffidabile, di cui le ricercatrici e i

ricercatori dovrebbero diffidare, poiché esso, piuttosto che rappresentare una versione del libretto

uscita dalla mano dell’autrice, potrebbe avere la funzione di far da tramite tra il libretto e la partitura

musicale ed essere dunque un testo fortemente elaborato dal compositore. Quando la ricercatrice,

fattasi filologa, giunge infine alla Scena XII, immediatamente dovrà constatare un’eccezione al

rapporto di dipendenza tra DA e PB fin qui delineato: PB, infatti, in luogo del Finale ultimo presenta

un’esplosione di varianti contrastanti e innovative non soltanto rispetto a DB, ma anche allo stesso

DA. Si tratta di varianti contenutistiche, come per esempio l’inserimento di versi, in particolare nelle

battute pronunciate dal coro, e di varianti di tipo strutturale/posizionale, che riguardano l’ordine delle

battute. In questo specifico caso, dunque, il dialogo della scena XII verrà qui riprodotto in una forma

semidiplomatica e interpretata, poiché nel testo che compare sugli spariti sono state introdotte la

punteggiatura e la suddivisione in versi. Inoltre sono state tralasciate le svariate ripetizioni di singole

parole o di interi sintagmi, che nello svolgimento della musica hanno la funzione di enfatizzare un

luogo preciso del testo:

PASCIÀ Su venite gaio stuolo,

danzatrici e danzatori!

Fuggan lungi noia e duolo

e la gioia regni ognor.

No pensieri non vogli’io

che non siano di piacer:

poiché breve è il giorno mio,

vo trascorrerlo e goder.

CORO No pensieri non vogl’io

che non siano di piacer:

poiché breve è il viver mio

vo trascorrerlo a goder.

PASCIÀ [In prosa:] Sapete, giovani amici, cosa vagheggio? Che le vostre nozze

siano regalmente festeggiate in casa mia.

DANIA E Cadono alfin le lugubri catene

FLORIANO e ne ricinge in dolci nodi amor.

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La vita schiude a noi le sue serene

visioni di dolcezza e di splendor.

Risona ancora nell’anima il tuo canto,

che aprì il core alla speranza.

DANIA Spera mio core, l’alba è già vicina, alba di libertà, luce d’amor!

DANIA Godi, o mio core, l’alba è giunta alfine,

E FLORIANO alba di libertà, luce d’amor!

CORO Ove giunge il Gran Pascià,

regna la felicità

Liete danze intrecciam,

lieti canti ci scioglian.

Tutti di rosa scorrano i dì

a chi Amore benedì.

In dolce sogno vivete ognor,

voi che congiunse nodo d’amor.

Viva gli sposi!

PASCIÀ Evviva gli sposi!

MUSTAFÀ Evviva noi!

TUTTI Viva gli sposi!

DANIA Luce d’amor…

E FLORIANO

Un’ultima osservazione, dunque, chiude questo capitolo che ha preso in esame quei luoghi del testo

problematici – quei luoghi per cui è stato necessario soffermarsi a spiegare e valutare le scelte che si

rispecchiano nel testo critico che è proposto in questo lavoro. Il testo della partitura, nonostante sia

stato riconosciuto come un insieme di parole assoggettate alla musica e da essa dipendenti, contiene

alcuni elementi interessanti anche per l’analisi letteraria: esemplare, infatti, è la battuta cantata da

Dania, che si trova al centro del concertato finale, evidenziata dal testo in grassetto nell’estratto

riportato qui sopra «Spera, o mio core, l’alba è già vicina, / alba di libertà, luce d’amor!», ripresa e

sviluppata nel canto con Floriano «Godi, o mio core, l’alba è giunta alfine, / alba di libertà, luce

d’amor!», e composta dagli stessi versi cantati da Floriano nella Serenata del primo atto: «Spera, mio

core! / L’alba è già vicina, / alba di libertà, luce d’amore».181 I due versi cantati da Dania nel Finale

ultimo formano una ripresa testuale che, oltre a legare e suggellare l’incontro tra i due amanti, lega

anche il primo e il terzo atto, concludendo la commedia all’insegna di una circolarità che invece

risulta assente sia nel testo librettistico trascritto da DB, sia nei testimoni M e DA.

181 Cfr. Ibidem, atto primo, scena V.

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4. ALCUNE CONCLUSIONI

Prima di giungere ad alcune conclusioni – che non hanno nulla di conclusivo, tranne il fatto di

trovarsi al termine del capitolo e che vorrebbero, bensì, essere degli ulteriori spunti di riflessione –

ricordiamo la domanda, formulata da Segre e citata all’inizio di questo percorso: «E poi, che cos’è

l’originale?»182 La ricercatrice nel porsi questa domanda di fronte al plico di documenti diversi che

nel loro insieme hanno portato alla creazione di un’opera lirica non potrà trovare una risposta

soddisfacente. Un primo aiuto è stato offerto dall’utile, sebbene estremamente arbitraria divisione tra

testo letterario del libretto e testo musicale. Tale divisione aiuta a definire una linea di lavoro e a fare

alcune importanti scelte, tra cui quella di porre in secondo piano l’autorità del testo presente tra i

pentagrammi della partitura. Ciononostante, il tentativo di ricostruire un testo critico resta

estremamente problematico. Sempre Segre giunge a formulare un’affermazione che riassume le

difficoltà inerenti al lavoro di critica testuale librettistica:

L’operazione critica legittima può solo essere quella di presentare nel modo più

trasparente tutti i materiali in nostro possesso, e aiutarci con approfondite disamine a

percorrere il breve o lungo tratto di strada verso una ricostruzione mentale che i dati a

disposizione autorizzano.183

La ricostruzione del testo di Dania svolta in questo lavoro non può e non vuole essere un risultato

inoppugnabile: le ipotesi formulate per giustificare talune scelte sono soltanto parzialmente

attendibili, e, per mancanza di dati, non prendono in considerazione dimensioni quali l’intervento di

forze esterne, quali ad esempio le critiche del pubblico (si ricorda che lo spettacolo è andato in scena

per quattro sere di fila e non è stato possibile accertare che i cambiamenti operati in seno al testo non

dipendano dalla reazione degli e delle astanti durante le prime rappresentazioni), le prestazioni degli

interpreti (più o meno adatti a interpretare una parte) o le capacità del Teatro Sociale di Bellinzona

(un teatro di provincia, caratterizzato da certi limiti spaziali e strutturali). Inoltre non è da escludere

l’intervento critico di istituzioni quali i giornali o la Chiesa.

Il lavoro di edizione che si vuole ora proporre, insomma, piuttosto che avere la pretesa di

obbedire a criteri oggettivi, imponendosi al modo di una scienza esatta, segue il bisogno e il desiderio

di ricostruire un testo che sia scorrevole per chi legge, ripulito dagli errori grossolani – causati dalla

fretta, dalla distrazione e dalla stanchezza dell’autrice o di chi per lei batte a macchina il manoscritto

– e che sia, tutto sommato, apprezzabile per il proprio valore letterario.

182 SEGRE Cesare, Riflessioni sulla critica testuale, cit., p. 5.

183 Ibidem, p. 6.

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“Voi signori poeti siete matti.amico, persuadetevi; chi maicredete che dar voglia attenzionealle vostre parole?Musica in oggi, musica ci vuole”.

G. B. Casti. Prima la musica poi le parole.

“Presto. questi intermezzi fanno morire d’inedia”.

Giacosa, Illica. La Bohème

I n t e r m e z z o

Copertina di uno spartito per voce per l’Aida del 1872

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INTERMEZZO – PRIMA LE PAROLE POI LA MUSICA

ALCUNE QUESTIONI DI GENERE

1. CHE COS’È QUESTA COMPOSIZIONE?

Riprendiamo la citazione con la quale abbiamo voluto dare avvio all’introduzione di questo

lavoro: il giornalista di «Popolo e Libertà» al termine della prima rappresentazione di Dania si pone

la domanda: «cos’è questa composizione?»184 La reazione del giornalista è da interpretare come

sintomatica della difficoltà con cui si trova confrontato nel momento in cui tenta di classificare lo

spettacolo a cui ha appena assistito. Infatti il testo della commedia (come si è visto nella prima parte

del presente lavoro) è diviso tra parti in prosa, recitate e funzionali all’avanzamento dell’azione

scenica, e parti in versi, musicate dal compositore e cantate sulla scena. Alla propria domanda,

l’autore dell’articolo trova una risposta significativa che ci permette di svolgere alcune considerazioni

importanti. Leggiamola:

[Dania] è una composizione sui generis, dove c’è un po’ di tutto, ma dove sempre si vede

l’ispirazione: musica semplice ma sempre contenuta nella linea classica anche se non

cercata; musica che il popolo senta, ma così che non possa trascinarne i motivi fischiettati,

poi, sulle piazze: musica che sfrutti le risorse degli artisti e dei cori senza sfiatare; musica

che trasfonde nell’orchestra, in un lavoro grandioso, il commento, non solo, ma tutto

quello che non è detto, né cantato sulla scena.185

Il giornalista arriva a una definizione interessante: Dania è una commedia sui generis, un prodotto

artistico, quindi, che, non corrispondendo ai tratti normativi186 relativi al genere più prossimo, non

può essere ricondotto a una categoria librettistico-operistica stabile. L’autore del testo formula la

propria opinione sul genere della pièce considerando esclusivamente la musica del compositore,

infatti propone una breve panoramica dei brani musicali della commedia, tralasciando di coinvolgere

il testo librettistico nella propria riflessione. Nell’articolo viene menzionato il libretto, tuttavia a esso

viene dato un giudizio di valore isolato, come se fosse un oggetto diverso, separabile dalla

184 Cfr.: «Cos’è questa composizione? È difficile classificarla. Non è un’opera, non foss’altro che per la larga parte recitata

oltre che per tutta la costruzione. Non è un’operetta, neppur quando sembra ne abbia l’allure perché la linea classica si

vede sempre e vi sono scene come quella tra Dania e Floriano nel terzo atto che hanno tutto il colore lirico. Non è una

commedia buffa, anche se, volta a volta, si potrebbe crederlo, perché non manca qualche momento drammatico e perché

nell’orchestra v’è più d’una volta, l’altezza della preghiera o l’ampiezza dell’inno». Estratto da «Popolo e Libertà», 30

maggio 1930, p. 3.

185 Ivi. Il corsivo è nostro.

186 Normativo è inteso nel significato di relativo a una norma.

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composizione musicale.187 Tentare di classificare lo spettacolo separando il testo letterario dalla

composizione musicale significa, però, non comprendere l’intrinseco legame tra le svariate parti – il

libretto e la musica, ma anche le scenografie, i costumi, la recitazione degli interpreti, tutto ciò che,

quindi, appartiene propriamente alla dimensione visiva dello spettacolo teatrale – aspetti che formano

nel loro insieme l’opera musicale.

In risposta all’attenzione limitata rivolta al libretto il seguente capitolo desidera proporre alcune

riflessioni nate dalla lettura del testo di Bonzanigo, alla ricerca di elementi che possano indicare le

caratteristiche del genere a cui esso appartiene: la riflessione sul genere librettistico di Dania, inoltre,

ci permette di creare un ponte tra la prima parte del lavoro, dedicata all’intervento filologico sul testo,

e la seconda parte che affronta invece il contenuto della pièce con un’attenzione rivolta al contesto

storico. Un capitolo, dunque, che nell’assetto del presente lavoro svolge la funzione di intermezzo.

La lacuna interpretativa del giornalista bellinzonese è soltanto un’eco lontana dell’approccio

tradizionale assunto sia dalla critica musicale e letteraria, sia dal grande pubblico, nei confronti degli

spettacoli operistici: lo conferma Giovanna Gronda, che osserva come la figura del librettista nel

corso dei secoli assume una posizione di secondo rango rispetto a quella del compositore.188 È un

approccio che è prevalso a lungo anche nella letteratura specialistica: l’opera – termine che

comprende l’opera seria, l’opera buffa, l’opéra comique francese, il melodramma ottocentesco

italiano, il Singspiel tedesco, l’operetta parigina e viennese e altri sottogeneri189 –, infatti, finisce per

essere intimamente legata alla personalità del compositore. Vorremmo citare un caso che

esemplarmente aiuterà a rendere evidente il punto della situazione: il critico letterario Bruno

Traversetti si spinge a dichiarare che «Offenbach, “inventando” l’operetta satirica a propria

immagine, edificò una tipologia che, pur così spesso imitata, resta sostanzialmente inimitabile, legata

alle articolazioni umorali della sua personalità e del suo singolare talento».190 Il ruolo svolto dai

librettisti, con cui il compositore di brani celebri quali il cancan infernale ha collaborato, è oscurato

nel giudizio di Traversetti dall’assoluta attenzione rivolta al genio musicale di Offenbach, nonostante

siano i libretti a manifestare la dimensione satirica delle operette offenbachiane.

187 Cfr.: «Il libretto è steso in lingua eletta (con una sola eccezione per una buffa cantata)». «Popolo e Libertà», 30 maggio

1930, p. 3.

188 Cfr. in particolare il capitolo II. Ruoli, funzioni, figure di librettisti di GRONDA, Il libretto d’opera fra letteratura e

teatro, in AA.VV., Libretti d’opera italiani, cit., pp. XI-LIV, Pp. XV-XX.

189 Rimandiamo a MIOLI Piero, Manuale del melodramma, Rizzoli, Milano, 1993 per approfondimenti riguardo alla

terminologia dell’opera lirica.

190 TRAVERSETTI Bruno, L’operetta, Mondadori, Milano, 1985, p. 62

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La conclusione a cui il giornalista di «Popolo e Libertà» giunse, dunque, è che la drammaturgia

musicale di Dania, essendo inclassificabile, rende il lavoro di Bonzanigo e Tosi una composizione

sui generis. Il giornalista, come si è detto, lo afferma prendendo in considerazione la dimensione

musicale dello spettacolo, un aspetto che per le lettrici e i lettori odierni, incapaci di leggere lo spartito

musicale, è inafferrabile.191 L’ipotesi che ora si vuole proporre è che, nonostante la tessitura musicale

della pièce rimanga muta alle orecchie delle lettrici e dei lettori contemporanei, il testo librettistico,

loquace a dispetto del silenzio melodico, fornisca alcuni indizi rilevanti per la contestualizzazione di

Dania nel genere operistico.

Innanzitutto è fondamentale prendere in considerazione l’indicazione di genere presente sui

testimoni del libretto della pièce. Il fascicolo pubblicato da Salvioni192 che riassume narrativamente

le scene della commedia reca sulla copertina la dicitura commedia musicale in tre atti, indicazione

presente anche nei restanti testimoni. Un’eccezione è tuttavia osservabile nel manoscritto della

commedia (che, come abbiamo visto nella prima parte del lavoro, rappresenta una fase del lavoro

iniziale): esso, infatti, presenta la formula operetta in 3 quadri e 2 atti, cassata e rimpiazzata dalla

definizione commedia musicale in 2 atti e 3 quadri. La cancellazione rende evidente come gli autori

dell’opera si siano distanziati, già all’altezza redazionale della versione manoscritta, dal genere

dell’operetta, nonostante il testo condivida con esso diversi aspetti di tipo formale e musicale:

innanzitutto il rapporto tra prosa recitata e canto. In relazione a ciò si legga la definizione di ‘operetta’

data da Mioli:

[Operetta] piccola opera, opera simpatica e degna del vezzeggiativo. Ultima fra le tante

forme di teatro musicale con brani parlati, l’operetta nasce e s’afferma a metà ‘800 in

Francia con i favori della società del secondo Impero, trionfa a Vienna, prospera in Italia

e in Inghilterra, si diffonde poi dovunque mediante l’istituto del repertorio, infine

lentamente decade dopo la Grande Guerra […]. Le parti cantate, strofette brillanti o

affettuose, sono più semplici di quelle dell’opera, e a voci autentiche affiancano cantanti

di carattere, soubrettes e “brillanti”. Gli argomenti sono dapprima parodistici, poi

sentimentali e fiabeschi, infine anche realistici e popolari.193

191 Dania, ricordiamo, è stata messa in scena per quattro sere consecutive al Teatro Sociale di Bellinzona nei giorni a

cavallo tra i mesi di maggio e giugno del 1930. Nell’unità archivistica UNA 154, conservata nell’Archivio di Stato a

Bellinzona, è presente la copia di un dattiloscritto che testimonia la riduzione radiofonica della commedia di Bonzanigo

e Tosi, curata da Luciano Sgrizzi per la RSI. Purtroppo nel dattiloscritto non è segnata alcuna data: sui fogli compaiono

solamente il testo per lo speaker (che introduce la commedia, citando i nomi degli autori e l’anno della rappresentazione

in scena) e il testo per il lettore/narratore (che man mano riassume la vicenda della commedia, intercalandosi alla

riproduzione di un numero ridotto dei brani originali, che nel dattiloscritto sono indicati tramite un breve titolo e con le

indicazioni della durata dei pezzi). Della registrazione radiofonica non c’è traccia nell’archivio della RSI.

192 Il riferimento è al testimone L: BONZANIGO, TOSI, Dania, commedia musicale in tre atti, cit.

193 MIOLI, Manuale del melodramma, cit., pp. 257-258.

Si tenga presente la definizione altrettanto significativa tratta dall’Enciclopedia Italiana (1935) di Treccani: «In un altro

senso, divenuto proprio e definitivo durante il sec. XIX, operetta designa uno spettacolo di musica (orchestra, soli, duetti,

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Si tratta dunque di un genere in cui scene di recitazione si intercalano a brani musicati. Il testo recitato

tuttavia non corrisponde al recitativo tipico dell’opera settecentesca: esso è infatti privo

dell’accompagnamento musicale, ed è scritto in prosa. Oltre a ciò Dania ha in comune con l’operetta

anche un altro aspetto importante: la presenza nel tessuto musicale di brani di danza ne La danza dei

moretti e delle schiave dell’atto secondo. Zimmerschied, in relazione all’importanza delle danze nel

genere, infatti sostiene:

Es ist nicht leicht, den vielen Werken, die man unter dieser Gattungsbezeichnung

zusammenfasst, in gleicher Weise gerecht zu werden. Was aber die Operette zwischen

Offenbach und Nico Dostal verbindet, ist der Tanz. Mit nur wenigen Ausnahmen besteht

die Gattung “Operette” aus Tanzmusik, gleichgültig ob sie gespielt, gesungen oder

getanzt wird, ob der Gesang ein einfaches Couplet oder eine der Oper nachempfundene

Arie ist oder ob ein Rezitativ die Handlung weitertreibt und anschliessend vielleicht Chor

oder Ensemble auftreten.194

Quindi, l’operetta si distingue da altri generi operistici per via della presenza importante di musica da

danza.195 Zimmerschied riconosce in questa caratteristica un motivo che rende l’operetta un genere

estremamente popolare, il cui principio fondamentale «ist Volkstümlichkeit und leichte

Verständlichkeit».196 Tornando a rivolgere l’attenzione a Dania si pone ora la domanda relativa alla

pertinenza dell’etichetta operetta. Si è osservato che gli autori Bonzanigo e Tosi hanno rifiutato tale

definizione, preferendo un termine dai connotati più neutri: commedia musicale197 pare essere

sintomatico del desiderio di distanziarsi dal genere dell’operetta, percepito come minore.

Riprendiamo il tentativo avanzato dal giornalista di «Popolo e Libertà»:

concertati, coro, danze) intercalato da dialoghi in prosa, il quale, prescindendo da ogni severa stilizzazione e da ogni

profondità di pathos, per il suo carattere leggiero contrapposto con l'opera seria e la grande opera comica, trova nella

frivola gaiezza talvolta lasciva, nelle esplosioni di rumorosa buffoneria e nella capricciosa fantasia della sua vicenda

scenica, motivo di divertimento per lo spettatore. Coefficiente importantissimo ne è inoltre lo sfarzo dell'allestimento

scenico». CAGGIANO Roberto, Voce <Operetta>, in Treccani, Enciclopedia italiana (1935), link:

http://www,treccani,it/enciclopedia/operetta_%28Enciclopedia-Italiana%29/ (ultima visita: 10 dicembre 2016).

Un’ulteriore tratto fondamentale che caratterizza il genere dell’operetta è rintracciabile nel contesto sociale e storico in

cui essa si è sviluppata ed evoluta: «Il genere dell’operetta non si identifica solamente con la forma, ma anche con un

gusto e una dimensione culturale, quella della borghesia francese e austriaca fin de siècle, con la sua predilezione per le

storie sentimentali ambientate nella buona società del tempo». Cfr.: CIMA Alberto, Filosofia ed Estetica della Musica,

Casa Musicale Eco, Monza, 2014, pp. 183-193, p. 183.

194 ZIMMERSCHIED Dieter, Operette, Phänomen und Entwicklung, Breitkopf & Härtel, Wiesbaden, 1988, pp. 9-10.

195 La danza caratterizza l’operetta fin dagli inizi parigini di Offenbach: si pensi all’Orphée aux Enfers, dove nel corso

del secondo atto risuona il famoso cancan, chiamato anche Galop infernal.

196 ZIMMERSCHIED, Operette, Phänomen und Entwicklung, cit., p. 10.

197 La definizione commedia musicale non è da intendere come musical, bensì come termine generico utilizzato a partire

dal «XVIII per designare le manifestazioni di teatro musicale comico-sentimentale». Cfr.: voce <c. musicale>, in

Treccani, Enciclopedia Online, link: http://www.treccani.it/enciclopedia/commedia/ (ultima consultazione: 18 dicembre

2016). Si legga anche la definizione di MIOLI, Manuale del melodramma, cit., p. 90: «A parte la napoletana commedia

per musica, a parte il musical americano, più d’un opera teatrale di Richard Strauss si chiama così o circa così».

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Non è un’opera, non foss’altro che per la larga parte recitata oltre che per tutta la

costruzione. Non è un’operetta, neppur quando sembra ne abbia l’allure perché la linea

classica si vede sempre e vi sono scene come quella tra Dania e Floriano nel terzo atto

che hanno tutto il colore lirico. Non è una commedia buffa, anche se, volta a volta, si

potrebbe crederlo, perché non manca qualche momento drammatico e perché

nell’orchestra v’è più d’una volta, l’altezza della preghiera o l’ampiezza dell’inno.198

L’autore dell’articolo riconosce in Dania elementi che allontanano la pièce dal genere dell’operetta:

una «linea classica»199 che attraversa l’intera commedia ed è osservabile secondo il giornalista ad

esempio in quel «colore lirico» nel duetto dei protagonisti nel terzo atto. La linea classica, tuttavia,

piuttosto che essere circoscritta al lirismo dei personaggi, è, a nostro avviso, riscontrabile nei richiami

intertestuali presenti in diversi luoghi del testo. L’autrice del libretto, infatti, mentre scrive i brani

destinati a essere tradotti in musica da Tosi, dimostra di possedere un’ottima conoscenza del canone

operistico tardo settecentesco e ottocentesco italiano, inserendo nel testo richiami a opere celebri,

talvolta in modo più esplicito, altre volte invece con più sottigliezza. Verranno di seguito elencati

alcuni luoghi del testo in cui la presenza di rimandi operistici è più evidente: prima di soffermarsi a

considerare gli esempi è da osservare che i richiami interoperistici si manifestano principalmente

nelle parti del testo che non riprendono la fonte dichiarata L’amour peintre di Molière. Si tratta,

quindi, dei luoghi del testo in cui Bonzanigo è intervenuta con maggiore intensità.

Gli esempi più lampanti sono presenti nell’atto primo. Innanzitutto si osservi la Romanza di

Dania «Notte lunare, piena d’incanto»200: la protagonista Dania rivolge il proprio canto malinconico

alla notte lunare, vedendo in essa una consolazione per la propria condizione di schiavitù. Il motivo

della luna, divenuto centrale nella lirica ottocentesca per via del gusto romantico predominante, è

riscontrabile nella celebre aria cantata da Norma nel primo atto dell’opera belliniana: «Casta diva,

che inargenti / queste sacre antiche piante».201 Gli elementi testuali non presentano un richiamo

esplicito al libretto di Felice Romani, e tanto meno il tempo della musica della romanza di Dania

corrisponde a quello della cavatina di Norma. Tuttavia, in un pubblico che conosca il repertorio

operistico tradizionale il ricordo di «Casta diva» sarà stato risvegliato con facilità dal lamento

198 «Popolo e Libertà», 30 maggio 1930, p. 3. Il corsivo è nostro.

199 L’interpretazione da attribuire all’aggettivo classico, utilizzato nell’articolo del 1930 di «Popolo e Libertà», non è una

questione semplice. La nostra ipotesi vi legge soltanto in parte il significato specialistico di «attributo che qualifica, in

senso lato, la musica dei grandi compositori, spec. strumentalisti, d’ogni tempo e paese, e in senso stretto i grandi

compositori operanti tra la fine del barocco e il principio del romanticismo (Haydn, Mozart, Boccherini, Clementi,

Cherubini, Beethoven)». Mentre riteniamo che il giornalista possa aver utilizzato l’aggettivo classico riferendosi piuttosto

alla definizione comune di: «musica cólta dei secoli passati, contrapposta alla cosiddetta musica leggera». Entrambe le

definizioni sono presa dalla voce <Classica>, in Treccani, Enciclopedia Online, link:

http://www,treccani,it/vocabolario/classico/ (ultima visita:15 dicembre 2016).

200 BONZANIGO, Dania, atto primo, scena V.

201 ROMANI, Felice, Norma, atto primo, scena IV, in Bellini Vincenzo, Tutti i libretti d’opera, a c. di Piero Mioli, Grandi

Tascabili Economici Newton, Roma, 1997, p. 258-295, p. 270.

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notturno di Dania. Oltre al richiamo belliniano, il testo riecheggia un’altra aria conosciuta oggi, come

anche nel 1930: «O cieli azzurri, o dolci aure native»202, che esprime il sentimento di Aida, rapita

dalla famiglia etiope per esser fatta schiava presso Amneris, la figlia del re d’Egitto. Il paragone fra

Dania e Aida verrà approfondito nel capitolo incentrato sull’analisi del libretto.

Elementi specifici dell’aria di Floriano, cantata nell’atto primo in seguito alla romanza di Dania,

sono invece rintracciabili nel libretto del Don Giovanni di Da Ponte: il richiamo concerne la serenata

cantata dal libertino Don Giovanni, vestito con gli abiti di Leporello, alla serva di Donna Elvira, nella

scena III dell’atto secondo. Innanzitutto è da notare che il primo verso della serenata di Don Giovanni

fa da modello sintattico e semantico al verso iniziale del canto di Floriano:

DON GIOVANNI

Deh vieni alla finestra, o mio tesoro,

deh vieni a consolar il pianto mio.203

FLORIANO

Torna ancora al verone, o mia diletta,

e ascolta il canto della mia passione.

La serenata a Dania non soltanto riprende in attacco la struttura dei versi dapontiani, ma si trova

inserita in un contesto drammaturgico simile alla scena III dell’atto secondo dell’opera mozartiana:

Don Giovanni canta una serenata con lo scopo di attirare l’attenzione della donna desiderata, mentre

il servo Leporello, complice del padrone, distrae Donna Elvira. La scena dunque mette in scena una

beffa a spese di Donna Elvira, la quale si ritrova suo malgrado a duettare con Leporello travestito da

Don Giovanni, mentre quest’ultimo può liberamente tentare la seduzione della serva di lei. Il richiamo

sintattico e semantico di «Torna ancora al verone, o mia diletta» è sostenuto dal richiamo

contenutistico al Don Giovanni: il tema della beffa, infatti, struttura la pièce di Dania, ed è funzionale

a unire gli amanti. Sull’analisi tematica si tornerà nel seguito del lavoro: ciò che importa dimostrare

qui è la maniera in cui Bonzanigo lavora per intessere i diversi livelli della propria commedia con

richiami a modelli operistici significativi.

Sempre nell’aria di Floriano è riconoscibile un calco lessicale che, in questo caso, rasenta la

citazione letterale. L’aria, infatti, termina sui versi:

La regina tu sei dei miei pensieri,

202 GHISLANZONI Antonio, Aida, atto terzo, scena III, a c. di Dario Zanotti, in AA.VV., Librettidopera, 2002, p. 20, link:

http://www,librettidopera,it/zpdf/aida,pdf (Ultima visita: 17 dicembre 2016)

203 DA PONTE Lorenzo, Don Giovanni, atto secondo, scena III, in AA.VV., Libretti d’opera italiani, cit., pp. 777-842, p.

819.

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prendi tutto me stesso in sudditanza.

Spera mio core.

L’alba è già vicina,

alba di libertà luce d’amore.204

Si riprenda nuovamente il libretto di Ghislanzoni, questa volta per leggere il testo della romanza che

Radamez canta nell’atto primo in nome della «celeste Aida»: «del mio pensiero tu sei regina».205 Il

richiamo testuale ad Aida è evidente.

Il Don Giovanni e l’Aida non sono gli unici libretti a trovare un’eco nel testo di Bonzanigo. Un

terzo richiamo interessante è osservabile nel confronto con Il barbiere di Siviglia: si prenda l’inizio

dell’opera rossiniana, l’attacco dell’atto primo, in cui il Conte d’Almaviva organizza, tramite l’aiuto

del fedele servitore Fiorello, una serenata per Rosina. L’uomo, appostato ai piedi della casa, dove la

donna è «in sua camera serrata» dallo zio geloso che desidera sposarla, intona la serenata «Ecco

ridente in cielo». Ciò che accomuna Dania al Barbiere di Siviglia è l’azione scenica che crea la

situazione della scena I: il conte, come Floriano, vorrebbe prender contatto con la donna, di cui non

conosce i sentimenti. Come Dania, Rosina è rinchiusa in casa da un uomo che ha una forte autorità

su di lei. Il richiamo al testo di Sterbini non è solamente riconoscibile nella struttura drammaturgica

della scena, ma concerne il testo librettistico. Come Alì, il personaggio di Fiorello è incaricato dal

padrone di preparare il gruppo di musicisti che accompagneranno la serenata del Conte d’Almaviva

per Rosina:

FIORELLO

Piano pianissimo,

senza parlar,

tutti con me

venite qua.

CORO

Piano pianissimo,

eccoci qua.

TUTTI

Tutto è silenzio.

Nessuno qui sta

che i nostri canti

possa turbar.206

204 BONZANIGO, Dania, atto primo, scena V.

205 GHISLANZONI, Aida, atto primo, scena V, cit., p. 5.

206 STREBINI Cesare, Il barbiere di Siviglia, atto primo, scena I, in AA.VV., Libretti d’opera italiani, cit., pp. 1001-1074,

p. 1009.

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L’apertura «piano pianissimo / senza parlar / tutti con me / venite qua» fornisce un calco lessicale per

la sequenza cantata da Alì nella scena III dell’atto primo di Dania:

ALÌ

Pian pianino, cautamente,

senza far rumore

qui venite, brava gente,

qui attendete il mio signor.

CORO

Pian pianino, cautamente,

senza far rumore

tutti qui pazientemente

attendiamo il tuo Signor.207

Il parallelismo tra Il barbiere di Siviglia e Dania acquisisce maggiore rilevanza dopo aver constatato

che Bonzanigo, nella fase di lavoro iniziale testimoniata dal manoscritto, non ha ancora elaborato le

prime due scene della pièce: Dania, dunque, originariamente sarebbe dovuta incominciare con il

«Pian pianino, cautamente» di Alì, aprendosi in questo modo con lo stesso intreccio drammaturgico

del Barbiere di Siviglia (la scena di preparazione alla serenata notturna diretta dal servo forma

l’apertura dell’opera, ad essa seguita la serenata dell’innamorato e la fuga precipitosa dei

musicisti).208

Essere sui generis è una caratteristica non solo riscontrabile nella tessitura musicale del lavoro

di Bonzanigo e Tosi (come si è visto, per le lettrici e i lettori odierni la partitura musicale composta

da Tosi resta inesplorata), ma anche nel libretto. La forma del testo manifesta tratti propri del genere

dell’operetta (la commistione tra parti in versi, destinate a essere musicate, e parti in prosa, recitate),

a costituire un libretto costellato da rimandi a modelli dell’opera lirica buffa e del melodramma

ottocentesco.

207 BONZANIGO, Dania, atto primo, scena III,

208 Ringrazio Matteo Giuggioli per avermi indicato il parallelismo tra la struttura drammaturgica della scena I dell’atto

primo del Barbiere di Siviglia e la scena III dell’atto primo di Dania.

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2. IN CONCLUSIONE

Al termine del breve excursus sulla contestualizzazione di Dania nel genere testuale del libretto,

si presti attenzione ad alcune questioni significative poste dall’opera in quanto genere che riunisce

aspetti musicali, letterari e teatrali. Si leggano le parole del musicologo Lorenzo Bianconi, il cui

contributo ci aiuta a raccogliere le fila del discorso critico nato in seno allo studio dell’opera lirica.

Lo studioso nota un cambiamento nell’approccio con cui la musicologia affronta il genere operistico:

Dopo una lunga tradizione disciplinare che ha considerato l’opera in musica come un

genere musicale tra tanti – la sinfonia, la sonata, l’oratorio, la messa eccetera –, e che però

s’è concentrata sull’esame della musica operistica, delle sue forme, dei suoi stili, delle

sue tecniche, a discapito delle componenti letterarie, drammaturgiche, gestuali,

spettacolari, gli storici della musica, da una ventina d’anni in qua, hanno man mano

riscoperto la complessità multiforme del teatro d’opera e l’hanno investigato in tutte le

sue funzioni. Il rango preminente tenuto dalla musica tra le arti che concorrono alla

produzione operistica non risulta sminuito dall’attenzione che, ora, lo storico tributa a

quell’anomalo genere letterario ch’è il libretto d’opera, oppure alla vocalità, oppure alle

forme della scenografia e della mess’in scena, nel loro rapporto di convivenza e di

differenziata corrispondenza con la musica.209

Che cosa significa il cambiamento notato vent’anni fa da Bianconi nell’atteggiamento rivolto dai

musicologi al prodotto operistico? Si è scritto più sopra che il teatro d’opera non può essere

considerato soltanto in quanto genere musicale oppure genere letterario. Perciò analizzare le diverse

forme dell’opera, le sue tradizioni, la sua ricezione e diffusione richiede un approccio

interdisciplinare che soltanto negli ultimi decenni sta lentamente prendendo piede in seno alla critica.

Lo sviluppo di una disciplina specifica dedicata allo studio accademico del genere operistico in

quanto forma d’arte a sé – i cosiddetti Opera Studies – denota la necessità di osservare il prodotto

operistico in ogni sua parte, rivolgendo l’attenzione verso «modes of study that consider the social

and historical contexts of a work, and engage not only with dramatic texts but with the materiality of

performance practices and events, and with the institutions and cultural discourses that sustain them.

To study opera we have to study more than operas».210

Il viaggio di scoperta intrapreso nel lavoro di ricerca su Dania è un viaggio complesso, pieno

di sorprese, svolto con la consapevolezza di avere fra le mani un prodotto artistico ibrido. A partire

dal testo librettistico, ricostruito tramite un attento lavoro filologico, si è instaurato, dunque, un

percorso che ha condotto chi scrive a prestare attenzione ai libretti d’opera che hanno influenzato

209 BIANCONI Lorenzo, introduzione, in AA.VV., La drammatrugia musicale, a c. di Lorenzo Bianconi, Il Mulino,

Bologna, 1986, pp. 7-50, p. 7.

210 TILL Nicholas, Opera studies today, in AA.VV., The Cambridge Companion to Opera Studies, a c. di Nicholas Till,

Cambridge university press, Cambridge, 2012, pp. 1- 22, p. 2.

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l’autrice e il compositore della pièce. Al termine di questo intermezzo dedicato alla

contestualizzazione di Dania nel genere operistico, si apre la seconda parte del lavoro, incentrata

sull’analisi dei temi, letti tenendo presente il contesto sociale, culturale e letterario della Svizzera

italiana degli anni Venti e Trenta.

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“Jeder Text ist immer mehr Einflüssen ausgesetzt, als er in seiner eigenen Sprache rekonstruieren kann”.

S. Hark, Deviante Subjekte.

“L’imagination c’est le pouvoir que chaque être sensi-ble sent en soi de se représenter dans son cerveau les

choses sensibles”.

Voltaire, Dictionnaire philosophique.

P a rt e S e c o n d a

Edgar Degas, L’Orchestre de l’Opéra, 1868

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PARTE SECONDA – «AMOR DI PATRIA FAVELLA IN ME»

UN PERCORSO TEMATICO ATTRAVERSO IL TESTO LIBRETTISTICO

1. PROLOGO

Immaginiamo di essere nel 1930. È la sera del 2 giugno,211 un tiepido lunedì d’estate sta

volgendo al termine e fra poche ore avrà inizio l’ultima rappresentazione di Dania, commedia

musicale in tre atti, scritta da Elena Bonzanigo e musicata da Luigi Tosi. Ci troviamo di fronte

all’ingresso brulicante di donne e uomini in abito da sera del Teatro Sociale di Bellinzona, uno dei

più antichi «teatri di provincia»212 , ancora oggi agibile, della Svizzera. L’edificio ospita le

rappresentazioni dirette dal maestro Tosi da ben undici anni: un arco di tempo in cui l’affezionato

pubblico della regione ha potuto assistere a un discreto numero di spettacoli corali ed operistici, tra

cui ricordiamo la Bohème e La Favorita nel 1925, e La cavalleria rusticana e La Tosca nel 1927.213

Dalla curiosità non riusciamo a stare nella pelle: stropicciando nervosamente il biglietto, acquistato

alla cassa del Caffè del Teatro per 1.70 franchi, ci dirigiamo, insieme ad altri 700 spettatori, in

fibrillazione come noi, verso il nostro posto in platea.214 Varcando le porte del teatro e attraversando

l’atrio illuminato dalle decine di lampadine elettriche,215 ripensiamo al gran numero di recensioni

lette sui quotidiani del cantone negli scorsi giorni, che con elogi di ogni sorta promettono al pubblico

211 La prima di Dania è avvenuta giovedì 29 maggio 1930. A questa sono seguite le recite di sabato 31 maggio, di

domenica 1 giugno e infine di lunedì 2 giugno. La cronologia è stata ricostruita tramite la lettura dei quotidiani «Libera

Stampa», 28 maggio 1930 e «Il Dovere», 29 maggio 1930.

212 Cfr. REICHLIN Renato, Le ambizioni di un teatro di provincia dell’ottocento, in AA.VV., Il Teatro Sociale di

Bellinzona, uno spettacolo di teatro, a c. di Renato Reichlin, pp. 139-167, p. 139.

213 Luigi Tosi venne nominato direttore della «Civica Filarmonica di Bellinzona» nel 1919. Nel 1920 fondò, sempre a

Bellinzona, la corale femminile «Santa Cecilia», e negli stessi anni ricostruì l’orchestra di Bellinzona: in definitiva «Egli

riuscì a guidare i complessi musicali locali di dilettanti in impegnativi allestimenti operistici al Teatro Sociale». Cfr.: voce

<Luigi Tosi>, in I principali attori del campo musicale della Svizzera italiana, La musica della Svizzera italiana, cit.

214 I prezzi indicati sul manifesto della rappresentazione di lunedì 2 giugno sono più bassi rispetto a quanto è indicato

sull’edizione de «Il Dovere» del 29 maggio 1930 riguardo al costo dei posti per la prima dello spettacolo.

215 Il Teatro Sociale di Bellinzona, costruito nel 1847 dall’architetto Giacomo Moraglia, venne restaurato tre volte nel

corso di quasi 200 anni. Il primo restauro avvenne nel 1891, anno in cui viene installato il sistema di illuminazione

elettrico. Sotto la direzione dell’architetto Antonio Barera al teatro vengono annesse due aggiunte sulla fiancata

occidentale dell’edificio: la nuova ala ospita un ristorante e viene completata nel 1897. Altri importanti interventi di

restauro risalgono al 1919. Nel 1951 il teatro viene trasformato in sala cinematografica, per poi chiudere i battenti

vent’anni più tardi ed essere abbandonato al degrado. Nel 1990, infine, l’architetto Giancarlo Durisch è incaricato di

presentare un progetto per il restauro completo dell’edificio, da poco iscritto nell’elenco dei monumenti protetti dal

Dipartimento dell’Ambiente del Cantone. I lavori, iniziati nel 1990, terminano nel 1997: al Teatro è stata restituita la

forma originale, risalente al 1847. Per maggiori informazioni riguardo alla storia del Teatro Sociale di Bellinzona si

leggano: MARTINOLI Simona, Il teatro Sociale di Bellinzona, Guide di monumenti svizzeri SSAS, Edito in collaborazione

con la Fondazione Mario Della Valle, Bellinzona, SSAS (Società di Storia dell’Arte in Svizzera), Berna, 1997; e

soprattutto il volume: AA.VV., Il Teatro Sociale di Bellinzona, uno spettacolo di teatro, cit.

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una serata eccellente. Il «Dovere» incalza i cittadini ad accorrere numerosi alle porte del Teatro per

assistere alle repliche dello spettacolo e per «rendere il dovuto omaggio ai nostri bravi artisti e degni

maestri, coronando così la loro ferrea volontà di voler sempre eseguire lavori atti a tener alto il buon

nome di Bellinzona».216 Da parte sua, invece, il giornalista di «Libera Stampa» conclude l’articolo

alludendo agli «applausi frenetici al finale d’ogni atto» che «dimostrano l’entusiasmo col quale è

stato approvato il magnifico lavoro», per cui «possono farsi un vanto gli ideatori, gli esecutori della

commedia, l’orchestra, il tutto combinato con elementi nostri tolti dalle diverse società cittadine di

canto e musica».217 Infine «Popolo e Libertà», dopo aver lodato il libretto «steso in lingua eletta» che

«sempre si mantiene lontano da quelle bassezze alle quali troppo sovente discendono le composizioni

moderne di musica leggera», conclude con l’augurio che «un lavoro così poderoso e così variato non

finirà la sua vita sulla scena di Bellinzona. Avrà vita vasta e lunga».218

Mentre prendiamo posto su una delle sedie nelle prime file della platea ci mettiamo a osservare

il libretto, pubblicato da Salvioni219 per l’occasione, sul quale leggiamo a grandi lettere il titolo dello

spettacolo, seguito dal nome dell’autrice: cerchiamo a fatica di rammentare quali opere scritte da

Elena Bonzanigo abbiamo già letto, poiché della donna ricordiamo soltanto l’attività pittorica. Infatti,

nel febbraio di quest’anno, a Bellinzona, abbiamo visitato una mostra, della quale ha parlato anche la

stampa locale, dei dipinti di Bonzanigo, allieva prima di Regina Conti e poi di Augusto Sartori.220

Ascoltando alcuni stralci di conversazione intorno a noi, per caso sentiamo i nostri vicini parlare della

librettista: una voce sopra le altre improvvisamente dichiara di ricordare un racconto breve, dal titolo

Memorie di un campanile, risalente al 1924, ristampato dalla redazione dell’«Adula» in forma di

opuscolo nel 1927.221 Così, finalmente, ricordiamo che Bonzanigo da sette anni pubblica

sporadicamente recensioni, ma anche racconti brevi e poesie per il periodico bellinzonese «l’Adula».

216 «Il Dovere», 30 maggio 1930, p. 7.

217 «Libera Stampa», 1-2 giugno 1930, p. sconosciuta.

218 «Popolo e Libertà», 30 maggio. 1930, p. 3.

219 Il riferimento è al testimone L: BONZANIGO, TOSI Luigi, Dania, commedia musicale in tre atti, cit.

220 Si confrontino i dati biografici su Elena Bonzanigo ricostruiti da Maria Fazioli Foletti: «Nel 1920, per sei mesi, prese

lezioni dalla pittrice luganese Regina Conti. Tra il 1921 e il 1922 frequentò la Scuola di disegno di Bellinzona e divenne

allieva di Augusto Sartori (1880-1957). Nel 1925 e nel 1929 ebbe modo di soggiornare nuovamente a Londra, dove

approfondì la prima formazione artistica seguendo dei corsi di ritratto e di nudo. A partire dal 1924 espose regolarmente

alle mostre annuali della Società ticinese per le belle arti. […] Nel 1929 a Bellinzona le venne dedicata una personale,

insieme a Baldo Carugo e allo scultore Agostino Balestra». FAZIOLI FOLETTI Maria, Elena Bonzanigo, cit. Si confronti,

inoltre, l’articolo dal’«Adula», 31 gennaio 1933, p. sconosciuta: «[…] L’Adula riprodusse inoltre alcuni dipinti di Elena

Bonzanigo, il 16 febbraio 1930, nella circostanza di una riuscitissima esposizione di quadri della delicata pittrice a

Bellinzona».

221 I numeri del periodico, stampato a Bellinzona settimanalmente, poi bisettimanalmente e trisettimanalmente, dal 1912

al 1935, e ora conservati all’Archivio di Stato di Bellinzona, confermano che Bonzanigo scrisse per «l’Adula»

sicuramente a partire dal 1923: infatti nel numero del 24 giugno troviamo un suo un breve racconto dal titolo Impressioni

fiorentine. Il testo è la prima pubblicazione in assoluto dell’autrice. Nel numero dell’«Adula» del 31 gennaio 1933

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Dunque Bonzanigo è una figura di discreto rilievo nell’ambiente editoriale dell’«Adula». Il

periodico, per iniziativa di Teresa Bontempi e Rosetta Colombi, venne fondato nel 1912: grazie alla

collaborazione di diverse figure di rilievo nel panorama giornalistico, politico e letterario del primo

decennio del secolo, quali Francesco Chiesa o Carlo Salvioni,222 il progetto editoriale assunse la

forma di un preciso programma culturale e letterario. L’obiettivo era quello di contrapporre al

presunto elvetismo, della confederazione e dello stesso canton Ticino, un punto di vista contrario,

incentrato sulla natura italiana delle terre e della tradizione culturale ticinese: avendo orientato la

linea editoriale verso questi argomenti Bontempi e Colombi si inserirono in un dibattito vivo in

Ticino. Una serie di rivendicazioni, simili a quelle articolate dai collaboratori del periodico

bellinzonese, erano già state formulate ancor prima dello scadere del primo decennio del Novecento:

infatti, dietro l’impulso di molti esponenti del mondo intellettuale cantonale (tra cui i già citati Chiesa

e Salvioni), si promosse la necessità di rivolgere l’attenzione al sostrato profondamente italiano insito

nella cultura del Ticino, in quanto esso era una zona di confine la cui linea di demarcazione

settentrionale, così si riteneva, stava svanendo a discapito di quella meridionale che veniva a

rafforzarsi sempre di più. Gli autori aduliani caldeggiarono il dibattito avanzato dall’élite intellettuale

del cantone e diedero battaglia, attraverso la redazione, secondo una chiara strategia culturale. Il

confine con l’Italia fu letto come una linea di demarcazione tra due entità politiche, privo, tuttavia, di

una ragione linguistica, religiosa, geografica o culturale, mentre l’elvetismo di cui, si riteneva, il

cantone fosse impregnato, assunse i tratti di un’osmosi percepita come imposta dall’alto tra il canton

Ticino e i restanti cantoni della confederazione, in modo particolare dai cantoni di lingua tedesca. Le

accuse lanciate in numerosi articoli del periodico furono direttamente rivolte alla sede governativa a

Berna: la confederazione, secondo tale interpretazione, avrebbe sostenuto soltanto gli interessi dei

cantoni germanofoni e avrebbe tentato, con sempre maggiore forza, di incidere in profondità nel

tessuto politico, economico e sociale del canton Ticino, senza riguardo per i reali bisogni della società

vengono ricordati altri sette interventi curati dall’autrice, oltre a diverse poesie, pubblicati dal periodico nell’arco di dieci

anni. Sull’Almanacco della Svizzera Italiana pubblicato dai collaboratori dell’«Adula» nel 1931, a p. 144, a Bonzanigo è

dedicata una pagina biografica: «Il nome di questa patrizia ticinese non deve essere ignoto a quanti seguono nel nostro

paese, le manifestazioni di cultura italiana. La Bonzanigo, infatti, è scrittrice e pittrice. Sa adoperare la penna come

pochissime donne della nostra terra. L’abbiamo vista nel volumetto ‘Le memorie di un campanile’ pubblicato, a cura

dell’Adula, nel 1927, intessuto su di una chiara coscienza etnica ed una bella preparazione storica, resa artistica da uno

stile a spiccate intonazioni personali. Come poetessa, ricordiamo numerose liriche apparse in giornali e riviste, e il libretto

‘Dania’, melodramma, musicato dal maestro Tosi. Pittrice, s’impongono all’attenzione i suoi quadri fatti di studio, di

passione, di volontà. Notevoli anche gli scritti d’arte che viene a mano a mano pubblicando e che piacciono per le

induzioni originali». Sempre nell’Almanacco della Svizzera Italiana compare la poesia Bellinzona (pp. 181-82), di cui

verrà proposta una lettura nelle pagine seguenti. Cfr. AA.VV., Almanacco della Svizzera italiana, a c. di «Adula»,

Varesina Grafica, Varese, 1930.

222 L’Almanacco della Svizzera Italiana ricorda nel novero dei collaboratori più noti dell’«Adula», insieme a Bonzanigo:

Carlo Salvioni, Giacomo Bontempi, Luigi Ressiga, considerati i padri spirituali del giornale, Eligio Pometta, Maria Valli.

Inoltre vanno citati gli scrittori Emilio Bontà, Lauretta Rensi Perucchi e Maria Luisa Boschetti Alberti: tutti nomi legati

al mondo dell’istruzione e della cultura del cantone nel Novecento.

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e della tradizione culturale del popolo.223 La direttrice Teresa Bontempi spiega così, in apertura del

primo numero dell’«Adula», le origini e gli scopi del foglio:

Abbiamo sentito allora noi donne, come sentono le madri quando il figlio agonizza, il

dovere di escire dall’ombra, di scrivere sui giornali, di reagire contro uno stato di cose di

giorno in giorno più opprimente e malsicuro. La nostra lotta contro il pangermanesimo

voleva essere occasionale e saltuaria. Ci sarebbe bastato qualche articolo schietto di

quando in quando, ospitato da uno o dall’altro dei giornali.224

Alla sua nascita, dunque, il giornale voleva promuovere il legame intellettuale e linguistico del Ticino

con l’Italia e tematizzare il problema della comune cultura italiana, nonché le minacce di una presunta

contaminazione etnica e identitaria tedesca a scapito dei ticinesi. I collaboratori e le collaboratrici

dell’«Adula» vedevano nel Ticino uno dei figli errabondi della Grande Madre Italia. Le loro posizioni

politiche, più o meno trasparenti negli articoli pubblicati dal foglio, erano accolte di volta in volta con

diverso grado di inquietudine da parte delle autorità svizzere: tant’è che negli anni la confederazione

diede ordine di aprire svariate inchieste sul periodico.225 Esso venne accusato innumerevoli volte di

irredentismo, a causa dell’ostilità esplicita verso i cantoni germanofoni: il giornale ribadì

continuamente la necessità di difendersi dall’«invasione teutonica»226 tramite un contatto più stretto

e deciso con l’Italia.227 «L’Adula» col tempo si costruì un nemico: il tedesco, residente nelle terre

223 Per un approfondimento riguardo alla storia editoriale dell’«Adula» e una contestualizzazione socio-culturale delle

principali figure coinvolte nel dibatto a sfondo politico sorto intorno al progetto editoriale, si legga il volume: CRESPI

Ferdinando, Ticino Irredento, La frontiera contesa, Dalla battaglia culturale dell’«Adula» ai piani d’invasione,

FrancoAngeli Storia, Milano, 2004. Sui primi anni di vita del periodico si legga inoltre il volume di BONALUMI Giovanni,

La giovane Adula (1912-1920), Saggio introduttivo e antologia dei testi più significativi, a c. dell’Istituto di relazioni

letterarie italosvizzere, Elvetica, Chiasso, 1970. Per approfondire il quadro storico fra gli anni Venti e Quaranta e la

presenza del fascismo italiano nella Svizzera italiana si consultino: CODIROLI Pierre, L’ombra del duce, Lineamenti di

politica culturale del fascismo nel Canton Ticino (1922-1943), FrancoAngeli Storia, Milano, 1988; e BIANCHI Roberto,

Il Ticino politico contemporaneo, 1921-1975, Armando Dadò Editore, Locarno, 1989.

224 Primo numero dell’«Adula, organo svizzero di coltura italiana», 4 luglio 1912, citato da: CRESPI Ferdinando, Ticino

Irredento, La frontiera contesa, Dalla battaglia culturale dell’«Adula» ai piani d’invasione, cit., pp. 16-17.

225 Crespi mostra con puntualità i conflitti che vennero a formarsi intorno agli articoli pubblicati dal periodico: «Col tempo

il giornale pretese di diventare una sorta di organo della coscienza ticinese, avviandosi sui binari di un radicalismo

combattivo e sincero, ma che avrebbe procurato anche molti e potenti nemici. Il preteso monopolio della moralità cui si

faceva carico l’Adula iniziò a provocare la reazione stizzita anche dei giornali ticinesi, sempre presi di mira

dall’intransigenza delle due donne, per le quali essi non erano altro che i portavoce dello “sciovinismo ticinese […] pago

di accettare qualunque cosa accada intorno a lui”. I veri nemici dell’italianità erano pertanto i “politicanti, gli ignoranti,

gli scettici, i vili”». Ibidem, p. 26.

226 Ibidem, p. 29.

227 Intorno alla redazione del periodico circolarono negli anni della sua pubblicazione voci di ogni genere: negli anni

iniziali le accuse furono quelle di un blando irredentismo; tuttavia, con l’avvento del fascismo in Italia e l’ascesa di

Mussolini al potere, il peso delle accuse assunse nuove dimensioni. Crespi analizza a fondo la posizione culturale e

politica della redazione bellinzonese, nonché i motivi per cui del periodico in tempi più recenti si hanno poche

informazioni chiare: «Quella dell’‘Adula’ e di tutto il suo contorno è una vicenda sulla quale una coltre polverosa si è nel

tempo sedimentata, mescolata a pudori, pruriti e censure. E mistificazioni, a cominciare dalle origini stesse del giornale,

troppo spesso spinte a forza in un cunicolo di suggestioni prestabilite in fondo al quale, però, non s’intravede luce. Il

giornale non nacque irredentista e, probabilmente, neppure morì tale. Il giornale non fu il frutto di decisioni prese

dall’‘alto’ e neppure godette di finanziamenti illeciti. Quelli leciti, poi, furono ben scarsi e comprensibili». Ibidem, p. 11.

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ticinesi, il quale, con la propria cultura barbara e rozza, avrebbe rischiato di contaminare l’identità

italiana del cantone:

L’istruzione elementare, per esempio, è di dominio cantonale; ma siccome vi ha un esame

federale dei coscritti con programma, s’intende, federale, così i cantoni si vedono costretti

a uniformare i loro programmi a questo. La Confederazione non ha scuole elementari

proprie. Ma nel Ticino infrange questa norma, istituisce pel Ticino un regime d’eccezione,

col sussidiare tre o quattro scuole […] tedesche, avvalendosi della ragione che esse scuole

erano state fondate dalla Società del Gottardo per i suoi impiegati e che, riscattata quella

ferrovia, lo Stato doveva mantenere gli impieghi contratti da quella. […] La massa di

tedeschi venuti a insediarsi nel Ticino, al seguito della Ferrovia del Gottardo, sono

cittadini che sanno far valere il loro voto, che vengono a patti, per concederlo, coi partiti

politici del paese, imponendo così la loro volontà. […] Hanno un loro organo, la “Tessiner

Zeitung”, che aveva un colore spiccatamente pangermanico. Sono un nucleo pericoloso,

in ordine etnico, già per la forza numerica, ma che lo diventa tanto più per la forza morale

ed economica.228

Nel corso della Prima Guerra Mondiale le tensioni tra «l’Adula» e le vigili autorità cantonali e federali

aumentarono: infatti tramite Teresa Bontempi, Rosetta Colombi e altri collaboratori, quali Adolfo

Carmine (le cui azioni e polemiche furono sostenute da un vasto e anonimo circolo studentesco229 e

infransero svariate volte la sottile linea divisoria tra uno spinto localismo e la propaganda

secessionista), il periodico prese una posizione politica nettamente a favore dell’Italia:

Coll’anima più che sempre rivolta ai destini della Gran Madre, che l’imperialismo del

despota, fino a ieri sapientemente truccato, offese nel più profondo cuore, al di sopra di

ogni confine fedeli, italianissimi nello spirito e nel sangue, ignoti ma ferventi come quelli

228 L’articolo è tratto dall’«Adula», 25 aprile, 1914, Le condizioni della cultura italiana nel cantone Ticino. Citato da

ibidem, p. 30.

229 I giovani studenti, a cui Crespi dedica un capitolo in Ticino irredento, fondarono la Federazione Goliardica Ticinese

(FGT): è probabile, ma non accertato, che da questo organo provenne l’iniziativa di pubblicare un volume anonimo dal

titolo La questione ticinese e dalla fasulla indicazione di stampa «edito e stampato a Fiume, 1923», distribuito

gratuitamente nel 1924. L’intento del volume, sequestrato dalla confederazione nel marzo del 1924, era evidenziare

l’anomalia del ticinese, esteriormente svizzero, ma interiormente italiano: nel volume viene ipotizzata una sorta di

complotto da parte degli svizzeri tedeschi, un «piano svizzero-tedesco» (p. 8), dei quali anche molti politici del cantone

italofono sarebbero esecutori e che tenderebbe a creare una distanza tra svizzera italiana e Italia. I toni antidemocratici,

filo-fascisti e altamente polemici sono osservabili fin dalla prima pagina del volume, in cui i giovani ticinesi riassumono

in poche righe lo scopo della pubblicazione: «L’Associazione Giovani Ticinesi, che sente di dover vincere ogni ignoranza

distratta di ticinesi e di italiani con una sempre più tenace continuazione della propria opera; ma che vuole risolutamente

respingere ogni avversa e maligna diffamazione, che si risolve in trista violenza, in una dolorosa verità, la verità del

Canton Ticino minacciato nelle sue tradizioni e nei suoi valori essenziali di stirpe, ha deliberato questa pubblicazione,

diretta a far conoscere un problema. Che invano si tenta di sopprimere. Questa pubblicazione è un dovere per noi, non

per conoscere noi stessi e la nostra azione, ma la causa, che noi serviamo in fedeltà e in obbedienza, e che non è causa

nostra, ma della italianità millenaria, che ovunque risorge per riconsacrare la sua missione di civiltà nel mondo. Questa

pubblicazione – ci sentiamo di affermarlo – indica il dovere per altri di conoscere, intendere, sostenere non l’azione nostra,

ma la difesa ticinese, di cui noi siamo promotori schietti e custodi inflessibili. La questione ticinese è. Basta apprenderla

nei suoi termini essenziali, per collegarne i motivi e gli scopi in una solidarietà politica, che noi invochiamo nel Ticino e

in Italia, e che non ci mancherà. Noi oggi le diamo la parola, franca, libera. Sarà parola di sicura, immancabile

persuasione». AA.VV., La questione ticinese, Con ceno alla situazione del Canton Grigioni, a c. di Associazione Giovani

Ticinesi, Edito e stampato in Fiume, 1923, p. 7.

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che vivono in esilio, ad essa diamo oggi la solidarietà del nostro cuore, pronti a dare

domani l’impeto del nostro braccio.230

Con affermazioni simili i collaboratori e le collaboratrici dell’«Adula», nel periodo immediatamente

seguente la fine della guerra, riuscirono a farsi notare da alcune importanti testate italiane, quali il

mussoliniano «Popolo d’Italia», il quale nel 1920 sosteneva che il canton Ticino «pare non voglia più

saperne della Svizzera. Altro pezzo d’Italia all’orizzonte».231

Le tensioni nate in seno alla confederazione vanno lette e interpretate alla luce dei grandi conflitti a

livello europeo e internazionale. Alla Prima Guerra Mondiale infatti seguì il disfacimento di molte

strutture politiche e istituzionali facenti parte del tradizionale assetto europeo: ai disagi causati dal

conflitto seguirono la nascita di nuove istituzioni politiche basate su radicati sentimenti nazionalisti

e patriottici, quali il fascismo, e la profonda trasformazione geografica di stati quali l’Italia e l’Austria,

tant’è che la geopolitica continentale mutò sostanzialmente i propri connotati e gli equilibri di

potenza. La Svizzera si trovava in una posizione geografica centrale: essa si profilò dunque come un

centro diplomatico privilegiato, uno snodo commerciale unico, un «innovativo laboratorio politico in

grado di reggere diversità – anche religiose – potenzialmente disgreganti».232 La confederazione

perciò risentì delle «striscianti tensioni continentali»;233 in rapporto a ciò il canton Ticino ricoprì una

posizione particolarmente interessante, trovandosi sulla rotta nord-sud che collega la nazione italiana

all’area germanofona. Le tensioni tra Italia e Austria/Germania, manifestatesi chiaramente durante la

prima guerra mondiale, non si assopirono neppure in seguito ai trattati di pace, anzi, non fecero che

crescere man mano che il fascismo prese piede nello spazio politico italiano degli anni Venti. Anche

dal punto di vista elvetico le condizioni politiche erano profondamente mutate e la confederazione

notò come una nuova ideologia imperialista – immediatamente interpretata come in contrasto con la

tradizione democratica svizzera, legata al principio di neutralità – si stesse profilando nella vicina

Italia. Nella penisola il nuovo approccio politico andatosi a consolidare negli anni successivi alla

guerra provocò nel popolo italiano un nuovo approccio alla cultura e all’identità nazionale. Tutto ciò

ebbe delle importanti ripercussioni sul trattamento riservato dalla politica svizzera alla questione

dell’italianità del canton Ticino: Berna, infatti, divenuta più cauta e sospetta nei confronti dello stato

230 «Adula», 10 maggio 1919, Un telegramma. Citato da CRESPI Ferdinando, Ticino Irredento, La frontiera contesa, Dalla

battaglia culturale dell’«Adula» ai piani d’invasione cit., p. 56.

231 «Popolo d’Italia», 26 novembre 1920. Citato da ibidem, p. 59.

232 Ibidem, p. 8.

233 Ivi.

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confinante, promosse una politica atta a soddisfare le richieste, soprattutto economiche, espresse dal

cantone.234

Mentre il contesto politico e sociale mutava di anno in anno, la redazione aduliana, affascinata

dai progressi economici e sociali osservati nella vicina Italia, si accostò notevolmente all’ideologia

patriottica del discorso fascista. Gli scrittori e le scrittrici del foglio bellinzonese con sempre maggiore

frequenza si espressero con toni di biasimo nei confronti della Svizzera, incolpandola di mostrare un

marcato disinteresse per l’«anima italiana» delle terre ticinesi: si sviluppò sempre più quello che si

può definire un «irredentismo a gradazione variabile», che attraversava le pagine dei numeri aduliani

di anno in anno.235 I rimproveri lanciati dagli aduliani, tuttavia, non vennero accolti dalla maggioranza

della popolazione ticinese, né tanto meno vennero presi sul serio dagli organi rappresentativi della

confederazione. «L’Adula» in tal senso andò gradatamente incontro a un lento e inesorabile declino:

i toni eccessivamente zelanti e filofascisti con cui si commentarono gli eventi e le glorie del regno

italiano riuscirono soltanto a sollecitare le antipatie della maggioranza dei lettori.236

Questo è il contesto politico e culturale in cui l’autrice Elena Bonzanigo si mosse tra il 1923 e

il 1930: la Svizzera sul piano internazionale condivide i confini con quattro grandi potenze uscite da

una sanguinosa guerra durata oltre quattro anni; in Ticino, d’altro canto, vengono riconosciute in quel

periodo una serie di problematiche connesse all’economia, alle istituzioni e alla cultura del cantone,

affrontate con diversi gradi di interesse dalla sede governativa bernese; nonostante ciò, la

maggioranza della popolazione cantonale si rispecchia negli ideali promossi dalla confederazione.

Resta tuttavia evidente che vi è nella Svizzera italiana la coscienza di problemi culturali e identitari

radicati nella storia della propria terra.

234 Crespi rende in forma precisa e riassuntiva lo sfondo politico in cui si mosse la Svizzera negli anni Venti: «Il tutto,

poi, dagli anni Venti, sarebbe stato complicato dall’atteggiamento del potente vicino meridionale e del suo Duce, che

peraltro paragonava la democrazia elvetica a un ‘eunuco’: entro i confini federali si sostanziarono e si consumarono i forti

contrasti ideologici che fecero assumere al problema sempre attuale dell’italianità ticinese un aspetto diverso, perché

mutato era il punto di vista. Italianità ed elvetismo, una volta scremati dei loro connotati culturali, furono assorbiti dallo

scontro lacerante tra il fascismo e l’antifascismo, tra la cortesia diplomatica e le prove di forza, tra le tendenze

espansionistiche da un lato – quello italiano, ma dalla metà degli anni Trenta lo stesso fenomeno interessò in ugual misura

i confini settentrionali della Svizzera – e la necessità di compattamento a fronte di qualsiasi ipotesi di Anschluss dall’altro.

Dall’analisi dei fatti emerge un quadro che contempla più questioni: non solo e non tanto quella aduliana in senso stretto,

ma quella ticinese e, di seguito (o sopra, come mantello) quella delle relazioni tra la Confederazione Elvetica plurietnica,

plurilingue, democratica, federale, armata e neutrale e il Regno d’Italia belligerante, ‘proletario’, in via di fascistizzazione,

alla ricerca di spazi vitali, antidemocratico». Ibidem, p. 9.

235 Cfr.: Ibidem, p. 10.

236 «L’Adula, malgrado i propositi iniziali, non riuscì a diventare l’espressione più vera e sincera della coscienza ticinese.

Non ne fu in grado, in primo luogo; né le fu permesso di esserlo: in seguito alle rotture redazionali, alle accese polemiche

anticonfederate e antitedesche, il giornale finì sotto processo più volte, costretto a difendersi dal sospetto di essere un

organo della propaganda irredentista dell’Italia fascista». Ivi.

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Riprendiamo ora le nostre fantasticherie: torniamo nel 1930, comodamente sedute al nostro

posto, nelle prime file del Teatro Sociale di Bellinzona, in attesa che il sipario si alzi. Da anni

seguiamo le vicende che hanno determinato l’assetto politico svizzero a livello nazionale e

internazionale e conosciamo le posizioni culturali e politiche dei membri principali della redazione

dell’«Adula». Il ruolo svolto da Bonzanigo nel progetto aduliano, invece, si definisce con minore

chiarezza: il numero quantitativamente ridotto di articoli pubblicati dell’autrice – Bonzanigo ha

scritto delle recensioni per «l’Adula», delle poesie e dei racconti brevi – rendono evidente un suo

interesse relativo alla questione identitaria della Svizzera italiana. Emblematica in tal senso è la poesia

Bellinzona, lirica pubblicata nel 1926 sul periodico,237 un testo profondamente intriso delle figure

metaforiche tipiche del discorso politico, che, come abbiamo visto, è adottato dalle pagine più

polemiche del periodico:238

Inserta come chiave preziosa

nel piano verde, a piè dell’ondulante

Ceneri, o Bellinzona, o della mia

piccola terra cuor piccolo e forte!

sdegnosa delle facili lusinghe,

ravvolta nella tua bellezza fiera,

guardi pensosa verso il ciel d’Italia

e custodisci il sogno del passato.

e ancora, forse, da’ tuoi verdi colli

scender vedi le vittoriose

legioni, vedi il Simbolo romano

alto librarsi per il cielo azzurro.

e i secoli di lotte acerbe, e il sangue

sparso, e la gloria, e l’ignominia, e l’ira

ardere vedi nei tramonti rossi.

Senti, ne l’albe chiare, ancor la voce

di Carmagnola.

E quando a vespro cantan le campane,

e da Daro al Convento dolce e grave

un coro di rintocchi si risponde,

trasvolar vedi come bianca nube

la stola bianca di San Bernardino.

237 Sono state individuate tre edizioni del testo di Bellinzona. Il testo compare nell’Almanacco della Svizzera Italiana,

pubblicato nel 1931. In esso è indicata la prima pubblicazione della poesia: infatti essa è comparsa in un numero del 1926.

La terza edizione corrisponde a quella presente nella raccolta di liriche BONZANIGO Elena, La sorgente, Eroica, Milano,

1931, pp. 74-6.

238 L’impostazione fortemente politica del periodico è particolarmente interessante se analizzata dal punto di vista

dell’analisi discorsiva: infatti in essa si riconosce il modus operandi del discorso nazional-patriottico italiano, individuato

e descritto da BANTI Alberto Mario, Sublime madre nostra, La nazione italiana dal Risorgimento al fascismo, Laterza,

Roma-Bari, 2011. Banti riconosce nel discorso nazional-patriottico italiano tre figure profonde, che ricorrono

costantemente in svariati contesti letterari nei decenni dall’Unità al fascismo: prima figura è la nazione come

parentela/famiglia, seconda è la nazione come comunità sacrificale, terza infine è la nazione come comunità sessuata.

L’ipotesi secondo cui sarebbe possibile riscontrare in alcuni articoli aduliani una traccia delle tre figure nel discorso

nazional-patriottico italiano andrebbe certamente approfondita.

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Guardi il Ticino scender placato

dal suo nido montano, verde come

il riflesso dei ghiacci, ancor spumoso

per la lotta nei gorghi, per il gioco

delle candide folli cascatelle.

E nei giorni di calma, sotto il cielo

ferrigno, vedi l’acqua sua brillare

fredda nel pianto, presso le tue mura,

come la fida lama presso il casco

del buon guerriero.

Bellinzona, il tuo volto pensieroso

arde come una lampada votiva

nell’anima dei tuoi figli errabondi.

Un po’ chiuso, un po’ pallido, ad estranei

sguardi ritroso forse,

ma pe’ tuoi figli fresco di sorrisi,

dolce volto, così simile a quello

di vecchia madre, sotto la corona

grigia de’ tuoi Castelli!

Morbide braccia d’edera, lucenti

di foglioline nuove, le tue mura

cingono; rosei mandorli sui colli

a primavera cantano nel sole,

e cespi di ginestre d’oro, e azzurri

giaggioli, e rosse bacche sol le gemme

olezzanti del tuo serto merlato,

il serto dei lontani glorïosi

tuoi giorni, o Bellinzona,

quando di fronte al nordico invasore

fiera t’ergevi, tu «Chiave d’Italia!»

Si pensi alla definizione «nordico invasore» scelta da Bonzanigo per riferirsi ai confederati che nel

1422 si scontrarono con le truppe di Carmagnola nella battaglia di Arbedo.239 Il testo della poesia non

soltanto si riferisce alla tradizione profondamente italiana del cantone, ma è ricolmo di allusioni alla

simbologia più prettamente fascista: l’io lirico, rivolto a Bellinzona, interlocutrice diretta del testo, si

rammenta dell’epoca in cui il «Simbolo romano» si librava in alto nel cielo sopra le terre della città,

chiamata con l’appellativo «chiave d’Italia».240

L’interpretazione in chiave ideologica dei temi di Bellinzona, che un’attenta lettura del testo

rende innegabile, rende necessaria la formulazione di alcune domande riguardo alla commedia a cui

239 Per maggiori approfondimenti riguardo alle vicende di Arbedo nel 1422 si legga: BERLINCOURT Alain François,

Arbedo, battaglia di, in Dizionario storico della Svizzera, 2015, link: http://www,hls-dhs-dss,ch/textes/i/I8899,php

(ultima visita: 25 novembre 2016).

240 Bellinzona «da Sud era vista come la ‘chiave delle Alpi’, da chi scendeva da Nord come la ‘porta d’Italia’». Cfr.:

AA.VV., Bellinzona, una città tre castelli, in Bellinzona turismo, a c. di Organizzazione Turistica Regionale Bellinzonese

e Alto Ticino, link: http://www2,bellinzonaturismo,ch/it/citt%C3%A0,aspx (ultima visita: 17 dicembre 2016).

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la spettatrice del 1930 sta per assistere. Innanzitutto è lecito chiedersi in che modo il testo librettistico

di Dania si posizioni nel contesto sociale e culturale fin qui ricostruito: il libretto, ambientato in

Turchia – una Turchia storicamente e spazialmente imprecisata – inscena le vicende di una giovane

donna fatta schiava e sottomessa al comando del barbaro padrone Mustafà. Il conflitto tra i personaggi

si costruisce sulla scena intorno al tema, fortemente connotato in senso politico, della libertà delle

due donne (Dania e Zaida) schiave. Considerando l’attualità del motivo della sottomissione del canton

Ticino al volere della Confederazione, in seno al discorso del giornale bellinzonese – giornale che,

come si è visto, a tratti manifesta un’argomentazione filoirredentista –, ci si interroga su quali rapporti

la commedia Dania possa intrattenere con l’ideologia degli aduliani: la domanda si rivela

particolarmente significativa qualora venga esaminato il discorso formulato intorno al concetto di

identità ticinese, a cui Bonzanigo e gli altri collaboratori dell’«Adula» dedicano un attento interesse.

Un’identità, ricordiamo, che viene identificata come naturalmente radicata nella tradizione italiana:

infatti, secondo questo punto di vista, il Ticino è diviso dall’Italia da un confine artificiale, politico,

imposto della confederazione, ma non di certo culturale, etnico, linguistico o religioso.

Mentre le luci lentamente si abbassano, gli esecutori terminano velocemente di accordare i

propri strumenti sotto lo sguardo vigile del direttore e mentre il brusio del pubblico si attenua sempre

più, non ci resta che metterci comode, per goderci, finalmente, lo spettacolo. Al cenno del direttore

attacca la musica del preludio e il sipario si alza: la scena è gremita di donne vestite con abiti orientali

e un coro di voci femminili intona il primo canto. La commedia ha inizio.

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2. LA COMMEDIA

Dania è divisa in tre atti di lunghezza diversa,241 ognuno dei quali, nonostante sia la

conseguenza e lo sviluppo cronologico del precedente (l’insieme delle scene nei tre atti ricopre l’arco

di una giornata e si svolge nel cortile e all’interno della casa di Mustafà, rispettando, dunque, l’unità

di tempo, di luogo e di azione), ha regole proprie e una strutturazione interna autonoma, sebbene non

autosufficiente. Ogni atto, infatti, contiene un microcuore comico, diviso in un esordio, uno sviluppo

e una fine: in essi si assiste a tre situazioni distinte, nelle quali l’antagonista Mustafà subisce ogni

volta uno scacco da parte degli eroi. Nonostante la relativa autonomia dei tre atti, essi vanno letti e

interpretati solamente nel loro insieme, in quanto formano un’unica commedia, in cui la beffa ai danni

dell’antagonista è il tema portante dell’azione.242 Bonzanigo riprende i modi operandi della beffa

direttamente dalla commedia di Molière L’amour peintre, ou Le Sicilien. Nonostante l’evidente

vicinanza contenutistica fra i due testi è fondamentale notare che la commedia molieriana, essendo

composta da un atto solo, presenta una struttura comica più semplice e lineare rispetto alla

rielaborazione di Bonzanigo.243

Il rapporto tra Dania e la fonte molieriana è dichiarato in maniera esplicita dall’autrice

bellinzonese, in quanto essa sul frontespizio del libretto L, dato alle stampe per essere venduto agli

spettatori la sera dello spettacolo, scrive: «La vicenda è tratta da un atto di Molière ‘L’AMOUR

241 In UNA 156 è archiviato un involto che contiene alcuni appunti di Tosi; tra questi si trova un biglietto su cui il direttore

ha segnato l’orario di inizio e di fine dello spettacolo e la durata dei singoli atti: l’atto primo avrebbe avuto inizio alle

20.25 e sarebbe terminato alle 20.58 (35 minuti di spettacolo); dalle 21.00 fino alle 21.30 avrebbe avuto luogo l’atto

secondo (30 minuti); infine l’atto terzo sarebbe iniziato alle 21.40 per finire alle 22.25 (45 minuti). La commedia nel suo

complesso sarebbe durata due ore.

242 La beffa ai danni dell’antagonista è costruita sul principio del travestimento e del fraintendimento. Mustafà è il

personaggio che in ogni atto subisce le conseguenze negative delle proprie azioni e di quelle degli altri personaggi, poiché

non è in grado di identificare uno o più degli altri personaggi, o perché a sua volta viene erroneamente identificato con

qualcun altro. Da questi malintesi dipendono le tre diverse sconfitte dell’antagonista, ognuna delle quali rappresenta il

cuore comico di un atto.

243 Molière scrive una commedia in un atto, divisa in 22 scene, che rispetta le unità di tempo (le scene si svolgono nell’arco

di un’unica giornata), di luogo (le prime sette scene sono ambientate all’esterno della casa di Don Pèdre, mentre le

seguenti al suo interno) e infine d’azione (l’intreccio delle scene è lineare, non presenta quindi analessi o prolessi, né

tantomeno fenomeni di accelerazione importanti, quali l’ellissi). In seguito alla scène 4 si trova un inserto, Fragment de

comèdie: un teatro nel teatro, che rappresenta le effusioni patetiche di due figure della tradizione bucolica, Philène e

Tricis, le quali si lamentano del loro amore insoddisfatto per Climène e Cloris. Il pezzo è cantato dai musicisti, che il

servo Hali ha condotto sotto alle finestre della casa di Don Pèdre per ordine del padrone Adraste. Nonostante si tratti di

un frammento di commedia musicato, posto a livello intradiegetico, esso non va ad intaccare l’intreccio lineare delle

azioni della commedia principale, essendo funzionale al piano di Adraste di attirare l’attenzione della donna, Isidore, su

di sé e mettersi in comunicazione con lei: «Je veux jusques au jour les faire ici chanter; et voir si leur musique n'obligera

point cette belle à paraître à quelque fenêtre». L’inserto non va interpretato, dunque, come un’interruzione dell’azione,

ma come parte di essa: infatti oltre ad essere un momento giustificato dal protagonista nella trama stessa, esso svolge la

funzione a livello macrotestuale di mise en abîme dei sentimenti di Adraste per Isidore. Nel presente lavoro, qualora si

faccia riferimento alle scene del testo molieriano, si è optato di scrivere l’indicazione scenica in francese, in modo da

distinguerle nettamente dalle indicazioni di scena di Dania e per evitare, dunque, malintesi. L’edizione di riferimento è:

MOLIÈRE, Le sicilien ou l’amour peintre, comédie-ballet en un acte, in ID. Oevres complètes, nouvelle édition, a c. di

Felix Lemaistre, Libraire Garnier Frères, Parigi, 1946, vol. 2, pp. 283-306.

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PEINTRE’».244 Il confronto tra Dania e la fonte245 permette di individuare alcuni elementi innovativi

che rendono la versione di Bonzanigo un testo sostanzialmente diverso dalla commedia molieriana:

le innovazioni sono state individuate principalmente in quattro scene dell’atto primo, una scena

dell’atto secondo e una scena dell’atto terzo, che non trovano alcun luogo corrispondente ne L’amour

peintre. Inoltre, paragonando le restanti scene della versione italiana con la versione francese, sono

state individuate delle differenze di carattere contenutistico in rapporto ad alcune battute dei

personaggi.

I luoghi del testo assenti dalla fonte presentano degli aspetti comuni: analizzando queste scene,

infatti, si è riscontrata una marcata unità tematica, presente soprattutto nelle parti del testo in versi.

La forma metrica è usata nella commedia innanzitutto per rappresentare i momenti salienti della

vicenda, essendo destinata a essere trasposta in musica; inoltre essa rappresenta un luogo del testo

privilegiato per esprimere un discorso di tipo lirico. L’analisi del testo versificato ha determinato una

prima fondamentale deduzione: le innovazioni di Bonzanigo sono funzionali all’elaborazione del

carattere della protagonista della commedia. Infatti, Dania – nome che dà il titolo al testo di

Bonzanigo – presenta una psicologia più complessa della figura di Isidore ne L’amour peintre. Da un

lato ciò ha delle ripercussioni importanti sui rapporti che la protagonista intrattiene con le altre figure

nella costellazione dei personaggi della commedia. Il personaggio femminile di Molière assume la

funzione di oggetto del desiderio amoroso maschile, conteso tra due uomini: il geloso padrone Don

Pèdre, il quale desidera prendere in sposa la schiava, e il cavaliere francese Adraste, innamorato della

donna, il quale al termine della commedia riuscirà a scappare con lei, tramite l’abile beffa ideata

insieme al servo Hali. Bonzanigo, si è detto, riprende il motivo della beffa dalla fonte, senza

modificarne la forma, tuttavia rigetta il carattere del rapporto che unisce la protagonista femminile al

padrone: Mustafà infatti non è innamorato di Dania, ma desidera venderla al ricco e potente Gran

Pascià, da cui spera di ottenere un degno compenso. Il triangolo amoroso originario in questo modo

si frantuma: l’unione tra Dania e il cavaliere veneziano Floriano, che ricalca il personaggio di Adraste,

non è ostacolata dalla gelosia dell’antagonista, bensì dalla condizione di schiavitù della donna. Dania,

244 Per maggiori approfondimenti riguardo alla composizione del frontespizio si leggano i capitoli dedicati alla descrizione

dei testimoni di Dania compresi nella prima parte di questo lavoro.

245 Per svolgere un confronto analitico intertestuale, le due commedie sono state trascritte nella forma di una tavola

sinottica, in cui a ogni scena di Dania è stata accostata la corrispondente scena del testo francese. In questo modo sono

state individuate le somiglianze e soprattutto le differenze tra le due commedie. Queste ultime hanno portato alla luce i

tratti più marcatamente interessanti di Dania, poiché rappresentano i luoghi del testo dove Bonzanigo è intervenuta con

più libertà nell’assetto della commedia musicale. Nel confronto diretto è stata osservata inizialmente la struttura in atti e

scene delle due commedie, maggiormente complessa nella versione italiana, e funzionale a reggere il tema della beffa.

Dopo di che ci si è soffermati su ciascun atto, analizzandone la struttura interna, ideata dall’autrice a reggere i cambiamenti

operati a partire dalla fonte e fondamentale per introdurre la vicenda nel suo insieme e i nuovi rapporti tra i personaggi.

La tavola sinottica è compresa nell’appendice al lavoro (appendice 2.).

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dunque, nell’omonima commedia di Bonzanigo non ha solamente la funzione di essere oggetto del

desiderio (amoroso), ma è soggetto di un desiderio proprio: la libertà.

2.1. ATTO PRIMO

Nell’assetto della commedia il primo atto di Dania ha la funzione di esporre la psicologia e le

passioni dei personaggi: esso, non a caso, è quello che presenta il maggior numero di interventi operati

dall’autrice. In esso vengono definite le dinamiche insite nelle relazioni tra Dania, Floriano, Mustafà,

Zaida e Alì: i rapporti tra i cinque personaggi principali246 si formano in base ai desideri dei due

protagonisti Dania e Floriano. Ciò ha come conseguenza che ogni azione svolta dai personaggi

all’interno della commedia ha come fine di appoggiare tali desideri oppure di ostacolarli: Mustafà è

l’antagonista dei due protagonisti, dunque rappresenta la forza contraria ai loro desideri, mentre Zaida

e Alì ricoprono la funzione di aiutanti e grazie a loro i protagonisti riusciranno a concretizzare i propri

desideri.

Inoltre il primo è l’atto che introduce gli antefatti e prepara lo sviluppo della commedia.

L’esposizione dei personaggi e dei loro affetti è fondata sulla struttura interna dell’atto, ed è messa

in risalto dall’intreccio a coppie delle scene, che formano tre momenti distinti: il primo momento,

composto dalle prime due scene, è incentrato sull’incontro di Dania e Zaida. Il secondo momento,

formato dalle scene III e IV, introduce le figure di Alì e Floriano, mentre protagonista del terzo

momento – le scene VI e VII – è Mustafà. La scena V, invece, rappresenta uno spazio riservato alle

due arie cantate dai protagonisti Dania e Floriano. L’atto nel suo complesso è denso di personaggi,

che entrano ed escono svariate volte di scena: infatti ognuno dei tre momenti, oltre a introdurre le

figure principali (eroi, aiutanti e antagonista), è costellato da parti corali, le quali si intrecciano ai

dialoghi e alle arie cantate dai singoli personaggi. Le parti del testo musicate dell’atto primo sono

dense di rimandi a libretti quali il Barbiere di Siviglia di Sterbini e il Don Giovanni di Da Ponte,

conosciute e apprezzate negli anni ’30 dal pubblico operistico, anche della Svizzera italiana: i rimandi

in questione coinvolgono sia il testo letterario del libretto (singoli versi presentano una forma che

ricalca i versi dei libretti di Da Ponte e di Sterbini), sia la struttura drammaturgica musicale

(l’intreccio delle scene).247

246 Il Pascià, sesto personaggio della commedia, è una figura che non compare in scena fisicamente prima del termine

dell’atto terzo. Egli, in rapporto alle altre figure, ricopre la funzione dell’autorità suprema, che ha il potere di determinare

il lieto fine della vicenda: tramite la sua benedizione, infatti, il conflitto tra Mustafà e gli amanti Dania e Floriano viene

sciolto e l’antagonista viene messo a tacere.

247 Il tema è stato approfondito nel capitolo sui generi teatrali e operistici che hanno influenzato Dania e non verrà trattato

oltre in questa parte del lavoro.

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In relazione all’atto primo sono state analizzate in maniera approfondita le scene I e II, insieme

alla V: queste si contraddistinguono rispetto alle altre poiché sono i luoghi innovativi della commedia

di Bonzanigo, in cui è profilato il personaggio di Dania.

Scene I e II

Le scene d’apertura hanno la funzione di presentare le protagoniste femminili Dania e Zaida,

circondate dal coro formato dalle compagne schiave, mentre attingono l’acqua dal pozzo del giardino:

si tratta di un momento in cui, tramite il predominio assoluto delle voci femminili, viene tematizzata

la condizione di schiavitù delle donne all’interno della commedia. Tema centrale delle due scene è il

sentimento di malinconia per la ormai lontana terra natia, espresso principalmente nel duetto cantato

dalle protagoniste. La predominanza del duetto nella prima scena è fondamentale, poiché Dania e

Zaida manifestano nel canto la propria individualità: in quanto individui si posizionano, nella struttura

della commedia e nella costellazione dei rapporti con gli altri personaggi, come soggetti autonomi

che anelano a soddisfare un proprio desiderio. Mustafà, che viene percepito dalle schiave come una

potenziale minaccia, è definito fin da subito nella funzione di antagonista: infatti, il coro di schiave

incita Zaida a tornare ad attingere l’acqua al pozzo, purché il padrone non la veda.248 Il contrasto con

Mustafà, inoltre, è funzionale alla costruzione di rapporti di solidarietà tra Dania e Zaida: tale rapporto

tornerà ad essere centrale al termine dell’atto terzo, quando Zaida ricoprirà il ruolo di complice nella

fuga di Dania e Floriano.

Per comprendere l’importanza e l’originalità della riscrittura di Bonzanigo, si proporrà un

confronto approfondito tra le figure di Dania e Isidore. Si è osservato in precedenza che le scene

iniziali sono assenti dalla fonte francese: in essa l’azione prende avvio con l’entrata in scena del servo

Hali e dei musici, seguiti dal cavaliere Adraste. Nella prima parte del presente lavoro è stato notato

che nella prima fase del lavoro su Dania, Bonzanigo non aveva ancora ideato le scene I e II, per cui

l’inizio della commedia avrebbe coinciso con la scena d’apertura di L’amour peintre: infatti il

manoscritto M prende avvio con l’entrata in scena di Alì e del coro, che insieme cantano il brano

«Pian pianino, cautamente», il quale nella versione definitiva si trova nella scena III. In una fase di

lavoro successiva, Bonzanigo amplia l’estensione dell’atto, inserendovi le due scene iniziali. Sempre

nella prima parte si è ipotizzato che sia l’aggiunta delle scene iniziali a determinare la scelta di

248 Cfr.: BONZANIGO. Dania, atto primo, scena I: «Sì, ritorna. Puoi sempre attingere qui, purché Mustafà non ti veda!».

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dividere la commedia in tre atti, e si è anche osservato come Tosi abbia musicato per ultime proprio

le due scene iniziali, dopo il termine non solo dell’atto primo, ma di tutti gli atti.249

Le due scene iniziali, oltre a rappresentare un’innovazione di Bonzanigo, dunque, ricoprono

due importanti funzioni a livello macrotestuale. Esse innanzitutto introducono la soggettività della

protagonista, costruita intorno a un desiderio specifico: essere liberata dalla condizione di schiavitù,

per poter ritornare in patria. Bonzanigo, sviluppando un personaggio originale rispetto alla figura di

Isidore, introduce nella commedia una tematica totalmente innovativa. Lo svolgimento delle azioni

nel testo in italiano, infatti, non deriva esclusivamente dal desiderio amoroso del protagonista

maschile – desiderio volto alla conquista della donna, la quale si trova in scena principalmente come

oggetto, che non può far altro che accettare o rifiutare tale desiderio – ma presenta la donna, oltre che

come oggetto del desiderio maschile, anche come soggetto di un desiderio proprio. Il carattere di

questo desiderio diventa uno dei temi principali della commedia. Nelle due scene d’apertura esso

viene introdotto in questo modo:

DANIA

Tutt’avvolta nel manto del mare,

odorosa di timo e viole,

orgogliosa di grazia sovrana

o dolce patria ellena

il nostro cuore riviverti vuole.

ZAIDA

Il nostro cuore rivederti vuole,

o dolce patria ellena!

INSIEME

Il più dolce ricordo è in te raccolto

e la mamma ci guarda col tuo volto.

Ma chiuse nella triste schiavitù

non ti vedremo mai più, mai più.

Il desiderio espresso dalle due donne, dunque, è quello di poter rivedere la patria. In primo luogo è

da notare come il desiderio della protagonista sia condiviso dalla seconda figura femminile della

commedia, Zaida, con la quale Dania instaura un legame di comunanza sulla base dell’origine etnica

della donna, greca anch’essa e rapita dai «pirati dell’Islam».250 Zaida, dunque, viene rappresentata

249 Nella parte prima del presente lavoro è stato mostrato come Tosi, nella partitura PB, al termine di ogni atto e in due

altri luoghi del testo, abbia annotato la data del giorno in cui le parti sono state composte. Il primo atto presenta due date:

la prima, ore 2 antim. del 22 maggio 1930, al termine, per l’appunto, delle due prime scene, la seconda, Fine atto 1° / 16

febbraio 1930 / Luigi Tosi, al termine dell’atto. Il secondo atto reca la data: 3 marzo 1930. Il terzo atto, invece, reca due

date: la prima, 18 aprile 1930 (Venerdì santo), apposta al termine dell’introduzione musicale, la seconda, invece, al

termine dell’ultima scena, Fine della commedia / 12.5.1930.

250 BONZANIGO. Dania, atto primo, scena I, vv. 29.

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come un doppio della protagonista: «come la tua storia / alla mia s’assomiglia».251 Fatte queste

considerazioni, si può giungere a una prima conclusione: la forte comunanza che si è instaurata fra le

due protagoniste nella commedia, insieme all’esclusiva presenza di figure femminili nel coro delle

schiave delle scene iniziali, rendono evidente il fatto che il desiderio di libertà è qui connotato al

femminile. Ciò viene confermato da un passo presente nella scena III dell’atto primo: il personaggio

di Alì, nonostante si riconosca totalmente soggiogato alla volontà del signore, non esprime in alcun

modo il desiderio di liberarsi da tale condizione; al contrario, egli in ogni momento è disposto a

esaudire le volontà di Floriano.252 Confrontando le affermazioni di Dania e Zaida con il monologo

pronunciato da Alì nella scena III risulta, dunque, evidente come il desiderio di libertà sia connotato

nella commedia con un tratto marcatamente femminile.

Si osservi ora il personaggio di Molière. La figura femminile di L’amour peintre compare

fisicamente in scena solamente in un secondo momento, nel dialogo con don Pèdre della scène 7,

dopo che l’intreccio amoroso tra i personaggi è stato definito nel dialogo tra Adraste e Hali della

scène 3. La protagonista femminile è definita esclusivamente in relazione al desiderio maschile e in

esso realizza la propria trama:

Qui qu’on en puisse dire, la grande ambition des femmes est, croyez-moi, d’inspirer de

l’amour. Tous les soins qu’elles prennent ne sont que pour cela; et l’on n’en voit point de

si fière qui ne s’applaudisse en son cœur des conquêtes que font ses yeux.253

L’affermazione di Isidore, in risposta alle domande insistenti di Don Pèdre, ha un carattere

generalizzante e fa riferimento alla natura del genere femminile: si sostiene infatti che l’ambizione

delle donne sia quella di ispirare l’amore nel soggetto maschile. In altre parole, Isidore identifica

l’essenza della natura delle donne nel loro essere oggetto di desidero. La funzione di tale

affermazione, all’interno del discorso amoroso promosso dalla pièce, è quella di definire il corretto

modo di amare, rappresentato nel contesto della commedia dall’amore di Adraste. La gelosia di Don

251 Ivi, vv. 20-21.

252 Cfr.: Ibidem, atto primo, scena III: «Che amara parodia è la sorte dello schiavo! Non mai vivere per sé ma essere

aggiogati alle passioni ed ai capricci del padrone. Così adesso, perché il mio signor ha il ghiribizzo di innamorarsi, devo

passare io la notte e il giorno senza riposo». Si noti che la battuta è la traduzione pressoché esatta del testo di MOLIÈRE,

L’amour peintre, cit., scène 2, pp.283-84: «Sotte condition que celle d’un esclave, de ne vivre jamais pour soi, et d’être

toujours tout entier aux passions d’un maître; de n’être réglé que par ses humeurs, et de se voir réduit à faire ses propres

affaires de tous les soucis qu’il est amoureux, il faut que nuit et jour je n’aie aucun repos». Alì, nella versione italiana,

definisce la vita dello schiavo una parodia: la scelta del termine è interessante in rapporto al tema del travestimento, in

particolar modo ai due travestimenti di Alì, che rappresentano un grado di ironia tale da poter essere letti come parodie

degli ideali incarnati da Mustafà.

253 MOLIÈRE, L’amour peintre, cit., scène 7, p. 290.

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Pèdre invece non è amore, ma desiderio di possesso. La donna rifiuta la passione di Don Pèdre perché

a causa di essa sente di non poter esercitare il proprio naturale istinto a suscitare l’amore.

Mon amour vous veut toute à moi; sa délicatesse s’offense d’un souris, d’un regard qu’on

vous peut arracher; et tous les soins qu’on me voit prendre ne sont que pour fermer tout

accès aux galants, et m’assurer la possession d’un cœur dont je ne puis souffrir qu’on me

vole la moindre chose.254

Il testo, dunque, mette in scena una lezione sull’amore. Isidore spiega qual è il modo di agire corretto

dell’uomo che dichiara di amare la donna: egli deve lasciare che la donna possa realizzare liberamente

lo scopo per cui è nata. Don Pèdre non è in grado di comprendere la lezione e finisce per fraintendere

il bisogno di libertà espresso dalla donna: infatti egli si dichiara pronto a sposare Isidore e desideroso

di farlo, credendo di risolvere in questo modo la malinconia della donna. La risposta di Isidore anche

in questo caso risulta chiara: «Quelle obligation vous ai-je, si vous changez mon esclavage en un

autre beaucoup plus rude? Si vous ne me laissez jour d’aucune liberté, et me fatiguez, comme on voit,

d’une garde continuelle?».255

Tenendo presente le dinamiche relazionali con la fonte molieriana si può ipotizzare che le due

scene iniziali dell’atto primo di Dania, oltre ad avere la funzione di definire un desiderio marcato al

femminile, producano un riassestamento dei rapporti di potere tra le figure della commedia. Già a

partire dalle due scene iniziali, infatti, si osserva un fondamentale cambiamento nel carattere del

desiderio di Mustafà: tale personaggio sostituisce, nella riscrittura di Bonzanigo, il carattere di Don

Pèdre, geloso padrone siciliano, intenzionato a sposare Isidore. Come detto, in Mustafà la passione

amorosa per la schiava è assente e viene sostituita dal desiderio di guadagnare denaro tramite la

vendita di Dania al Gran Pascià. Mustafà, al contrario di Don Pèdre, non ha intenzione di sollevare

la donna dalla posizione di schiavitù, ma vuole tenervela, per venderla al ricco magnate turco. Nelle

prime due scene Mustafà viene definito in primo luogo dal ruolo di padrone e, in secondo luogo, dalla

propria identità etnica e religiosa: egli, infatti, compare brevemente in scena al termine della scena II

per ordinare alle schiave di portargli l’acqua per le abluzioni, in modo da poter svolgere il rito della

preghiera serale islamica, la ṣalāt al-maghrib.

Si può, quindi, confermare l’ipotesi secondo cui le due scene iniziali dell’atto primo, assenti

dalla fonte francese, svolgano un ruolo fondamentale, tale da modificare l’assetto dei rapporti di

potere tra le figure della commedia: Dania, al contrario di Isidore, non è soltanto oggetto del desiderio

conteso tra eroe e antagonista, ma si presenta come un soggetto con una propria individualità,

254 Ibidem. Il corsivo è nostro.

255 Ibidem.

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portatrice di un desiderio proprio, che negli atti seguenti si intreccia al desiderio amoroso del co-

protagonista Floriano. Tale desiderio è rappresentato nel testo in modo tale da assumere una

connotazione di genere: si tratta di un desiderio femminile, determinato dalla posizione di subalternità

delle donne, rapite, costrette a diventare delle schiave e destinate a esser vendute al miglior offerente

maschile. I rapporti di potere interni alla commedia, oltre a coinvolgere in maniera marcata l’asse di

genere, riguardano infine l’asse della provenienza etnica: la donna, di origine greca, viene rapita dai

«briganti» turchi.

Scena V

Al cuore della scena V si trovano le arie dei protagonisti: la romanza di Dania «Notte lunare,

piena d’incanto» e la serenata di Floriano «Torna ancora al verone mia diletta». Esse rappresentano

l’apice dell’espressione degli affetti delle due figure e riassumono in pochi versi il desiderio trainante

di ciascuno: sono una summa di ciò che è stato espresso nelle quattro scene precedenti. Dania si

appella alla notte con un lamento in forma di romanza, pregando di poter trovare la pace nel sonno:

«I dì lontani di fanciullezza, / fa che risorgano nel mesto cuore, / quando ancor libera godea l’ebrezza

/ dell’ineffabile materno amore».256 Floriano invece trova finalmente l’occasione di comunicare il

proprio desiderio amoroso all’amata: «Torna ancora al verone, o mia diletta, / e ascolta il canto della

mia passione».257

L’aria di Dania ricopre una funzione centrale in rapporto allo sviluppo, interno alla commedia,

della soggettività femminile. Di seguito è riportato il testo nella sua integrità:

Notte lunare, piena d’incanto

versa il tuo balsamo sull’alma mia.

pietosa tergine l’amaro pianto,

fa ch’io dimentichi la sorte ria.

I dì lontani di fanciullezza,

fa che risorgano nel mesto cuore,

quando ancor libera godea l’ebrezza

dell’ineffabile materno amore.

Fammi scordare che schiava sono,

che a ignoto harem mi si destina.

Dammi la pace! L’alma abbandona

nel tuo bel sogno, notte divina!

Nel testo sono riconoscibili due elementi inscindibili che Bonzanigo ha introdotto in precedenza

all’altezza del duetto di Dania e Zaida nella scena I. L’aria infatti esprime il lamento della protagonista

256 BONZANIGO. Dania, atto primo, scena V.

257 Ivi.

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per la propria condizione di schiavitù: ella, in quanto schiava, non può far ritorno alla patria natia ed

è destinata ad essere venduta a un Pascià, che la condurrà in un «ignoto harem». Sviluppando il tema

della schiavitù, Bonzanigo affronta un secondo elemento, legato alla tematica della libertà: si tratta

della dimensione simbolico-metaforica attribuita al concetto di patria. Il ricordo della patria è

collegato a una dimensione temporale specifica: quella dell’infanzia. L’infanzia è connotata

dall’amore familiare in generale e in particolare da quello materno. Il tema della madre compare fin

dall’inizio della commedia in stretta correlazione con il tema della patria: infatti nella scena I Zaida

racconta:

Nell’Euba

presso al mare un villaggio

ridea piccolo e bianco.

Là vivevo, nel raggio

Dolce della famiglia

La mia infanzia beata.

Ma un giorno di terrore,

come lupi affamati,

calarono i briganti,

i turchi! Il mio paesello

fu un orrido macello

tra rovine fumanti.

Uccisi i vecchi, i bimbi.

Ah! La mamma!258

Il carattere fortemente affettivo del racconto esposto dalla figura femminile è messo in evidenza dal

commento empatico del coro di schiave: «Orrore!».259 Alla narrazione di Zaida segue

immediatamente il racconto del passato di Dania, costruito sullo stesso tono fortemente emotivo:

Oh come la tua storia

Alla mia s’assomiglia!

Io pur crescevo lieta,

idolatrata, inconscia,

del destino crudele.

Viveva la mia famiglia

presso Atene. Il mio babbo

Era un ricco mercante

Volle condurmi seco

In un suo villaggio a Cipro,

ma i pirati dell’Islam

assalirono la nave…

258 Ibidem, atto primo, scena I.

259 Ivi.

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che terrore! Che sangue!

E non lo vidi più, povero babbo

e la mamma che forse ci attende

in Grecia, nella nostra dolce casa.260

Il racconto di Dania è commentato da Zaida come segue: «Oh! La Mamma, la patria, la famiglia / a

volte sembran sogni troppo belli / per avere mai potuto essere veri!».261 A ciò segue il duetto di Dania

e Zaida, riportato più sopra in questo capitolo.

L’accostamento tra la patria e la madre del soggetto si inserisce in un ordine simbolico specifico

– la patria come legame di parentela, lo stesso ordine che produce la popolare metafora della Madre

Patria – proprio del discorso nazional-patriottico italiano di origine ottocentesca.262 La Madre Patria

è una rappresentazione simbolica che trova uno spazio privilegiato nel melodramma ottocentesco:263

esemplare a tal proposito è l’Aida264 verdiana, composta sul testo di Antonio Ghislanzoni. L’antefatto

da cui prende avvio l’intreccio di Aida ci autorizza a un confronto con il testo di Bonzanigo: infatti

in entrambe le opere le vicende delle due protagoniste si sviluppano a partire dalla condizione di

schiavitù in cui le donne si trovano all’inizio della storia. Significativa per un confronto è la maniera

in cui il tema della schiavitù viene trattato nei due testi. Verdi compose il tema musicale nella forma

di romanza per l’aria O cieli azzurri, o dolci aure native: in essa è espresso il lamento di Aida, rapita

dalla famiglia per esser fatta schiava. Allo stesso modo compare in forma di romanza l’aria di Dania.

Di seguito è trascritto il brano dell’Aida nella sua interezza:

O cieli azzurri… o dolci aure native, 260 Ivi.

261 Ivi.

262 Ricordiamo il lavoro che Banti ha svolto con chiarezza, decostruendo le figure del discorso nazional-patriottico che in

Italia manifestano la massima produttività nei decenni che intercorrono tra i moti unitari e la caduta del fascismo:

«Fondamentale, nella costellazione mitologica nazional-patriottica, è la descrizione della nazione come una comunità di

parentela e di discendenza, dotata di una sua genealogia e di una sua specifica storicità. In questa concezione il nesso

biologico tra gli individui e tra le generazioni diventa un dato essenziale: da qui il ricorso frequente a termini come

“sangue” o “lignaggio”, per connotare i nessi che legano le persone alla comunità. Da questa concezione deriva anche un

suggestivo sistema linguistico fatto di “madre-patria”, di “padri della patria”, di “fratelli d’Italia”, mentre la “famiglia”

diventa costantemente sinonimo della comunità nazionale nel suo complesso, o un termine che ne indica il suo nucleo

fondativo minimale. Il dispositivo fondamentale che regola questa immagine è la proiezione della nazione dalla

dimensione del ‘politico’ alla dimensione del ‘naturale’», BANTI Alberto Mario, Sublime madre nostra, La nazione

italiana dal Risorgimento al fascismo, cit., p. 15.

263 Cfr.: ibidem, p. 13: «[…] il discorso nazionale può avvalersi di un’estetica della politica che prende forma attraverso

una vasta costellazione di romanzi, poesie, drammi teatrali, pitture, statue e melodrammi di ispirazione nazional-

patriottica. Sono questi gli strumenti comunicativi che fondano la narrazione e la mitografia risorgimentale». Riguardo

alla relazione tra l’espansione delle forze democratiche popolare-nazionale in Italia e il melodramma si legga GRAMSCI

Antonio, Letteratura e vita nazionale, Nuova edizione riveduta e integrata sulla base dell’edizione critica dell’Istituta

Gramsci, a c. di Valentino Gerratana (Torino, 1975), Editori Riuniti, Roma, 1991, p. 79: «Ho accennato in altra nota come

in Italia la musica abbia in certa misura sostituito, nella cultura popolare, quella espressione artistica che in altri paesi è

data dal romanzo popolare e come i genii musicali abbiano avuto quella popolarità che invece è mancata ai letterati».

264 Si noti che il nome di Dania è un anagramma quasi perfetto del nome Aida.

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dove sereno il mio mattin brillò…

o verdi colli… o profumate rive…

o patria mia, mai più ti rivedrò!

O fresche valli… o queto asil beato

che un dì promesso dall'amor mi fu...

or che d'amore il sogno è dileguato...

o patria mia, non ti vedrò mai più!265

Nell’aria verdiana Aida si ricorda dei paesaggi della terra dove il suo «mattin brillò»: il ricordo della

patria è legato all’infanzia del soggetto lirico, similmente a ciò che si è visto in Dania. La dimensione

affettiva insita nel discorso sulla patria è evocata tanto in Ghislanzoni quanto in Bonzanigo, tramite

la figura della casa famigliare: la patria è un «lido beato» dove il soggetto ha trascorso un’infanzia

serena. Il parallelismo più interessante che avvicina Dania all’Aida, sempre in rapporto alla presenza

nel testo librettistico di figure del discorso nazional-patriottico, è riscontrabile nel duetto serrato tra

la protagonista di Ghislanzoni e il padre Amonasro, che segue l’aria «O cieli azzurri… o dolci aure

native». Il duetto, inizialmente pacato, termina con un rimprovero indirizzato dal padre alla figlia:

Una larva orribile

fra l’ombre a noi s’affaccia.

Trema! Le scarne braccia

sul capo tuo levò

tua madre ell’è

ravvisala

ti maledice.266

L’evocazione di un’ombra dalle fattezze materne che maledice Aida è da interpretare, in seno al

libretto, come immagine allegorica dell’Etiopia: il quadro della patria raffigurata nell’immagine

topica della famiglia è così completo. Che il riferimento ad Aida sia il risultato di un’intenzione

consapevole dell’autrice ha poca importanza: in altri luoghi del testo, infatti, costei manifesta una

cultura operistica significativa, che ha influito sulla scrittura del libretto, specialmente delle parti del

testo destinate a essere musicate.267 Il confronto con il melodramma ottocentesco è da concludere con

un’ultima osservazione: il libretto di Dania si distanzia dall’Aida per quanto riguarda la funzione che

ricopre la figura della patria come legame di parentela: si è spiegato che per Dania il ricordo della

patria ha valore melanconico, che quindi suscita la tristezza nel soggetto, ma che, tuttavia, mantiene

una connotazione positiva, mentre nelle parole di Amonasro, invece che sollevare un ricordo

265 GHISLANZONI Antonio, Aida, a c. di Dario Zanotti, in AA.VV., Librettidopera, 2002, p. 20, link:

http://www,librettidopera,it/zpdf/aida,pdf (Ultima visita: 17 dicembre 2016).

266 Ibidem, p. 21.

267 Rimandiamo al capitolo dedicato alla contestualizzazione di Dania nel genere dell’opera.

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piacevole per Aida, la terra natia prende la forma di una minaccia, preannunciando il finale tragico

dell’opera.

Nella commedia di Bonzanigo il personaggio di Floriano dimostra di aver inteso il lamento di

Dania, poiché nella serenata della scena V affronta il problema della condizione di schiavitù della

donna, asserendo di attendere anche lui il «dolce dì di liberazione».268 La serenata di Floriano è

significativa per comprendere il rapporto d’amore che si svilupperà tra i protagonisti negli atti

seguenti, poiché segna il momento in cui i desideri delle due figure vengono per la prima volta

intrecciati: infatti i desideri soggettivi dei due personaggi, precedentemente presentati come

indipendenti l’uno dall’altro, ora sono rivolti verso un fine comune. Floriano, dichiarando la sua

passione, offre a Dania una via di fuga dal dominio di Mustafà. Si leggano attentamente i versi del

protagonista maschile: «L’alba è già vicina, / alba di libertà, luce d’amore».269 L’alba, il futuro

dunque, è un’alba di libertà e di amore, le due condizioni che Floriano offre alla donna: essa,

accettando l’amore dell’uomo, accetta simultaneamente di intrecciare il proprio desiderio di libertà a

quello amoroso di lui. I versi pronunciati da Floriano verranno ripresi nel finale ultimo, al termine

dell’atto terzo, nel duetto dei due novelli sposi: «In alto i cuori! L’alba è giunta alfine, / alba di libertà,

luce d’amore!».270 Il significato profondo dell’intreccio diventa evidente nel primo duetto cantato

dagli amanti nell’atto terzo:

DANIA

Col tuo sguardo, col tuo canto,

m’hai ravvolta in un incanto.

Nella mesta prigionia

per te solo visse il cor,

per te soltanto la vita mia

ancor s’infiora di speme e d’amor!

FLORIANO

T’involerò da questa prigionia,

alla mia patria bella e luminosa

ti condurrò mia sposa!271

L’uomo dichiara di voler liberare la donna dalla condizione di prigionia in cui è tenuta da Mustafà,

per portarla nella propria patria, in quanto sua sposa: in Italia dunque, non in Grecia. Diventa quindi

268 BONZANIGO, Dania, atto primo, scena V.

269 Ivi.

270 Ibidem, atto terzo, scena XII.

271 Ibidem, atto primo, scena V.

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evidente che Dania, dal momento in cui sceglie di sposare il corteggiatore, non farà ritorno alla patria

natia, bensì alla patria da cui proviene il cavaliere, un compromesso che la donna accoglie con gioia.

Intermezzo

Al termine dell’atto si trova un intermezzo corale: un brano composto sulla melodia di una

barcarola, cantato dalle voci del coro femminile. Il testo in versi è assente dalla fonte francese: esso

ha la funzione di dividere il primo dal secondo atto, rappresentando una cesura tra due momenti

distinti. Infatti il canto della barcarola ha come tema il rumore del mare che di notte culla e induce al

sonno: per il pubblico della commedia l’intermezzo rappresenta, dunque, la sintesi della notte

trascorsa nella casa di Mustafà. Di seguito si legga il testo:

Con l’ala sua bruna

la notte discende:

la pallida luna

sul Bosforo splende.

Un solco si stende

di vivida luce,

un ponte di stelle

che ai sogni conduce.

Divini, ineffabili

istanti ci attendono.

Deh! Vieni fanciulla!

Nel sogno fuggiam!

Il mare ci culla;

la notte ci vela;

il vento diffonde

profumi di fior.

Le stelle han fulgor,

profumo hanno i fior;

e il core ha l’amor.272

Il significato dei versi è altamente simbolico: il mare e la notte formano due ingredienti necessari per

poter accedere alla dimensione onirica in cui la fanciulla, apostrofata dalle voci femminili del coro,

potrà trascorrere divini e ineffabili istanti. Si può facilmente ipotizzare che la fanciulla apostrofata

sia Dania, e che il mondo onirico a cui accennano le voci del coro rappresenti il suo mondo interiore.

I sogni e le fantasie, nati nel connubio tra mare e notte, hanno il potere di alleviare le pene che la

272 Ibidem, intermezzo.

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realtà infligge quotidianamente al soggetto femminile: l’ambiente marittimo notturno offre una via di

fuga per accedere al sogno: «Deh! Vieni fanciulla! / Nel sogno fuggiam!».273 L’interiorità del

soggetto, quindi, è rappresentata come uno spazio fantastico, che viene posto in antitesi alla realtà

diurna.

2.2. L’ATTO SECONDO

L’atto secondo è composto da sole tre scene, la seconda delle quali è innovativa rispetto alla

fonte molieriana: essa si pone tra il dialogo di Dania e Mustafà, rappresentato nella scena I, e la scena

con cui termina l’atto, nella quale si assiste alla beffa di Alì. Il dialogo della scena I riprende da vicino

le battute scambiate da Don Pèdre e Isidore nella scène 7 di L’amour peintre, mentre la farsa inscenata

da Alì ricalca quella orchestrata da Hali nella scena successiva. Tuttavia è la scena II, inserita

dall’autrice bellinzonese nell’assetto della commedia musicale, a rappresentare in questo caso il

centro dell’atto e dunque dell’intera opera.

All’inizio della scena Dania esprime il proprio disappunto verso Mustafà, con il quale ha per

l’appunto avuto una disputa: «Oh! Ineffabile Mustafà! bontà sua che non m’abbia addirittura

rimproverata l’ingratitudine! Come pretende la riconoscenza della gazzella catturata per il miglior

offerente».274 Nel rimprovero la donna riafferma i propri affetti, formulati precedentemente nella

romanza dell’atto primo, esprimendo la paura di essere destinata a un padrone sconosciuto.

Successivamente la schiava si mette a fantasticare sulla possibilità di scappare e, colta dalla

preoccupazione di poter essere scoperta nella fuga, si ricorda di una «vecchia canzone»275, la leggenda

di Leila-Dakar:

Sulla montagna che tocca il cielo,

e a cui le nubi sempre fan velo

c’è un gran palazzo tutto di gelo,

di marmo e di cristallo. Aha...

Ivi il crudele Sher-el-Nakir

Leila la bella fece rapir,

Leila flessuosa come una palma,

Leila viso di perla. Aha…

Dakar l’amante, Dakar lo sposo,

sul suo destriero balza impetuoso,

a sé diniega cibo e riposo

273 Ivi.

274 Ibidem, atto secondo, scena II.

275 Ivi.

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finché l’abbia raggiunta. Aha…

Ahimè! Il crudele Shar-el-Nakir

dai suoi sicari li fa inseguir,

nel gran Deserto voglion fuggir,

son nel Deserto, uccisi! Aha…

Ma dove scorre lor sangue ardente,

prodigio! Sgorga fresca sorgente.

L’Oasi più belle sorge repente,

l’Oasi Leila-Dakar. Aha…276

La leggenda ha la funzione di rispecchiare i sentimenti della protagonista: si tratta di una mise en

abîme del suo stato d’animo e delle sue paure. Tuttavia la conclusione della storia narrata nella

leggenda a livello intradiegetico e quella della commedia non andranno mai a coincidere, poiché lo

scioglimento della vicenda amorosa di Dania e Floriano terminerà in un lieto fine e non con la morte,

come invece accade per Leila e Dakar.

È difficile dire se la leggenda abbia una fonte diretta. Una prima ricerca riguardo al tema non

ha dato risultati soddisfacenti. Il tema della leggenda proviene certamente dal contesto arabo: il nome

Leila, infatti, deriva da una popolare storia di origine araba, di cui esistono centinaia di versioni

differenti. La vicenda ha come protagonisti Layla e Majnun, due amanti che in diverse varianti del

racconto sono uccisi nel deserto e seppelliti insieme.277 Ciò che preme notare è che il nome Layla in

arabo ha il significato di ‘notte’: ciò crea un collegamento tra il breve testo della leggenda e il campo

semantico relativo alla dimensione onirica, individuato tramite il testo dell’intermezzo. È da notare,

inoltre, che nei versi della leggenda sono messi in risalto i motivi della fonte acquatica e dell’oasi.278

Intorno ad essi si crea un nuovo campo semantico: quello dell’acqua. Il tema dell’acqua è apparso in

276 Ivi.

277 Determinare quale sia la versione della leggenda a cui Bonzanigo fa riferimento richiederebbe uno studio comparativo

approfondito, che non può essere svolto in queste pagine. Qassim Haddad. Chronicles of Majnun Layla, and selected

Poems. Trad. di Ferial Ghazoul e John Verlenden. Syracuse University Press. New York. 2014. P. 8 sostiene che: «This

perennial love story has been admired, retold, and adapted in different ages and cultures since its inception in the late

seventh century. It has been rendered in Persian, Turkish, various Indian languages, modern Arabic, English and French.

Critics and comparativists have written about different versions of the literary manifestations of the legend. Miniature

painters and singers in the East and the West have represented the story. Each writer, singer, or artist emphasized an

aspect of love seen in the story and adjusted it to the ethos of the context and the genre». Per maggiori informazioni

riguardo alla leggenda di Layla e Majnun si consulti As’ad Khairallah. Love, Madness, and Poetry: An Interpretation of

MAgnun Legend. Beirut. Orient-Institut. 1980, che offre una prospettiva completa sulla leggenda di Mainun; André

Miquel e Percy Kemp. Majnun et Layla: L’amour fou. Parigi. Editions Sinbad. 1984, approfondisce la tematica dell’amore

in rapporto alla figura di Majnun; André Miquel. Deux histoires d’amour: De Majnun à Tristan. Parigi. Èditions Odile

Jacob. 1996 e Ali Asghar SeyedGohrab. Layli and Majnun: Love, Madness, and Mystic Longing in Nizami’s Epic

Romance. Leiden. Brill. 2003 invece approfondiscono i confronti intertestuali tra le diverse versioni della leggenda e altri

testi.

278 La copertina in cartone di DB è decorata da un collage che ha come soggetto un’oasi. La riproduzione fotografica della

copertina è presente nell’appendice delle figure (Figura 3.).

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precedenza nel libretto della commedia di Bonzanigo, in primo luogo nella cantata per coro in

apertura all’atto primo, in cui le schiave descrivono l’immagine di una sorgente: «C’è una sorgente

sola nel deserto / e primavera vi si posa accanto».279 Inoltre è da considerare che l’acqua è fisicamente

presente in scena: mentre Dania canta la leggenda, infatti, è accostata al pozzo del giardino e bagna i

fiori che durante la notte sono stati calpestati nella baruffa tra Mustafà e i servi. È poi da ricordare

che lo stesso pozzo è stato utilizzato dalle schiave nelle prime due scene per attingere l’acqua per le

abluzioni di Mustafà.

2.3. ATTO TERZO

La scena d’apertura dell’atto terzo è l’ultima scena in cui la figura di Dania trova l’occasione

per esprimere la propria soggettività; ricalca inoltre da vicino la scena I dell’atto primo. In essa, infatti,

compare nuovamente il coro di schiave: in questa nuova situazione le donne sono sedute su divani e

poltrone all’interno della casa di Mustafà, e chiacchierano tra loro. Il sipario si alza all’attacco del

canto corale, come nell’atto primo. Il tema è il mare, presente nei versi come elemento comparativo

in due diverse similitudini, fra loro parallele:

SCHIAVE

Quando tramonta il sole

il cielo è come un mare,

un mare di corallo.

Vi stanno a navigare

con vele d’oro giallo

gran navi di viole.

Il cielo è come un mare

quando tramonta il sole.

Quando tramonta il sole

il cuore è come un mare,

un mar di nostalgia.

Vi stanno a navigare

con vele di poesia

sogni senza parole.

Il cuore è come un mare

quando tramonta il sole.280

Inizialmente l’elemento del mare è paragonato al cielo: in questa similitudine il tertium comparationis

è risulta dalla vastità e dal colore dei due elementi accostati. Una seconda similitudine, più profonda

a livello concettuale, propone un confronto tra il mare e il cuore: il cuore rappresenta lo spazio

279 BONZANIGO, Dania, atto primo, scena I.

280 Ibidem, atto terzo, scena I.

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interiore del soggetto lirico femminile, in cui nascono i sogni e i desideri, e dove la speranza di

rivedere la Madre Patria domina su tutto. Lo stesso spazio privilegiato per l’espressione del desiderio

è rappresentato dalla dimensione onirica del sogno notturno, presente nella barcarola orientale che,

come si è visto, forma l’intermezzo corale tra i primi due atti. Il tema dell’acqua viene, dunque,

inserito in un campo metaforico e simbolico che ruota intorno al desiderio di libertà di Dania: in

questo modo si viene a formare un’isotopia semantica al cui centro risiede il concetto di libertà e che

coinvolge i motivi dell’acqua e della notte.

L’acqua è un elemento multifunzionale nell’insieme della commedia di Bonzanigo: infatti, oltre a

essere strettamente correlato al tema della notte, compare come elemento antitetico al tema del

deserto, con il quale crea un campo semantico riscontrabile nelle parti liriche del testo fin dalla scena

I dell’atto primo. Nel canto del coro di schiave, infatti, si legge: «Passa la primavera sul deserto /

come colomba sull’immenso mare».281 Il contrasto tra mare e deserto assume una dimensione

simbolica importante, che verrà chiarita nella leggenda di Leila e Dakar, dove il contrasto prefigura

infatti quello tra vita e morte. Infine si leggano nuovamente le parole cantate da Dania e Zaida nel

duetto al termine della scena I dell’atto primo:

ZAIDA

Nell’Eubea

presso al mare un villaggio

ridea piccolo e bianco.

[…]

ZAIDA

Bella Grecia distesa nel sole

Come pigra sirena!

DANIA

Tutt’avvolta nel manto del mare

[…]

Le donne parlano ripetutamente del mare, in quanto esso circonda la Grecia: il mare, dunque, è

l’ostacolo fisico che divide le donne dalla patria, dalla famiglia e dalla madre, e rappresenta la

sconfinata distanza che si frappone tra la casa materna e la casa di Mustafà, in cui Dania è costretta

alla schiavitù. Tuttavia esso non assume una valenza emotiva negativa, poiché rappresenta anche una

forma di collegamento tra la Turchia, dove Dania è tenuta prigioniera, e la natia Grecia: il mare

simbolizza in questo senso una dimensione materiale che permette alle donne di ricordare la patria

lontana, essendo questa toccata dalla stessa acqua. Il mare assume così un valore positivo, poiché

incita la fantasia del soggetto femminile e rappresenta un correlativo oggettivo della sua speranza di

281 Ibidem, atto primo, scena I.

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riacquistare la libertà. In questo senso esso si contrappone al deserto, che ha invece un valore

metaforico interamente negativo: nella leggenda di Leila e Dakar i due amanti periscono nel deserto.

Il deserto è dunque il correlativo oggettivo della disperazione del soggetto.

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3. EPILOGO

Rispetto alla figura di Isidore del testo molieriano, intorno alla Dania di Bonzanigo si manifesta

un campo semantico inedito, funzionale a esaltare l’individualità del personaggio femminile, che, in

tal modo, ricopre una posizione centrale all’interno della commedia e definisce efficacemente il tema

della libertà.

Quali ragioni possono essere individuate per spiegare le trasformazioni del personaggio ideato da

Bonzanigo? Per trovare una risposta adeguata alla domanda torniamo di qualche passo indietro e

inquadriamo le riflessioni nella contestualizzazione socio-culturale e politica della commedia,

proposta agli inizi del capitolo e in cui erano state messe in evidenza le tensioni nate dal dibattito

promosso dalla cerchia di scrittori e intellettuali attivi nella redazione dell’«Adula» in rapporto alla

questione dell’identità ticinese. Considerando la rilevanza attribuita al motivo della libertà in seno al

discorso politico e identitario del giornale bellinzonese, a tratti manifestamente filoirredentista, ci si

dovrà dunque interrogare, a questo punto, su quali rapporti la commedia Dania potrebbe intrattenere

con l’ideologia dominante nel contesto aduliano, condivisa, come si è dimostrato, dalla stessa

Bonzanigo.

Innanzitutto è necessario aprire una parentesi storiografica. Infatti la concezione identitaria

formulata dai collaboratori di Teresa Bontempi e Rosetta Colombi e da molte altre personalità attive

nel mondo letterario della Svizzera italiana, che nel corso degli anni Venti e in particolare nei primi

anni Trenta hanno manifestato esplicite simpatie verso il fascismo mussoliniano e che sporadicamente

si sono avvicinati a una blanda forma di irredentismo, ha delle evidenti origini storiche: la Svizzera è

nata con il preciso intento di formare una confederazione,282 un’unione principalmente politica di

singoli stati, ridefiniti cantoni, con tradizioni culturali e linguistiche diverse tra loro. Lo stato ticinese

nasce nel 1803, non senza difficoltà: l’adesione delle terre ticinesi alla Svizzera venne «imposta e

non fu una libera scelta»;283 l’esistenza politica del Canton Ticino, infatti, è dovuta alla risoluzione

282 Sul sito internet «ch.ch», gestito dalla confederazione e tradotto nelle quattro lingue nazionali e in inglese, si trovano

dei chiarimenti riguardo alla struttura politica svizzera: «Il federalismo è una forma di organizzazione dello Stato in cui

il potere è ripartito tra lo Stato centrale e gli Stati federali. Le leggi dell'autorità centrale si applicano a tutto il Paese,

mentre quelle degli Stati federali vigono unicamente sul territorio di questi ultimi. Questi stati federali godono, a seconda

del Paese, di un'autonomia più o meno ampia. […] La Confederazione [svizzera] è competente unicamente nei settori che

le sono stati espressamente assegnati dalla Costituzione federale. Tutti gli altri compiti (per esempio nei settori

dell'educazione, degli ospedali o della polizia) incombono ai Cantoni che godono pertanto di un'ampia autonomia». Cfr.:

Voce <Federalismo svizzero>, in ch,ch, Un servizio della Confederazione, dei cantoni e dei comuni, a c. della

Confederazione svizzera, link: https://www,ch,ch/it/federalismo-svizzero/ (ultima visita: 27 novembre).

283 Sul sito internet del dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport del canton Ticino, lo storico Andrea

Ghiringhelli ha curato una pagina dedicata alla storia politica del cantone. Il testo è estremamente interessante, oltre che

per il contenuto informativo, anche per la retorica che da esso traspare: «Il Ticino fu dunque la conseguenza di un

matrimonio forzato e non voluto fra territori giustapposti e popolazioni diverse, e più di una volta si rasentò il divorzio

fra continui litigi. È questo un dato di partenza essenziale per capire le difficoltà incontrate nell'edificazione dello Stato

cantonale. […] Fino al 1798 gli abitanti dei baliaggi furono sudditi degli svizzeri, ma il rispetto degli statuti comunitari li

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di Napoleone, che nello stesso 1803 attribuì alla Svizzera una nuova Costituzione, per porre fine alle

divisioni interne del paese:

La Suisse, dit-il, ne ressemble à aucun autre état, soit par les événements qui s’y sont

succédé depuis plusieurs siècles, soit par sa situation géographique et topographique, soit

par les différentes langues, les différentes religions et cette extrême différence de moeurs

qui existent entre ses diverses parties.284

Storicamente la Svizzera è un prodotto politico formato dalla multiculturalità e dal plurilinguismo dei

propri cittadini e delle proprie cittadine: una nazione che non possiede una tradizione unitaria, fondata

su un’unica lingua, ma che raccoglie in sé diverse identità sociali e culturali, profondamente legate a

spazi nazionali esterni ai confini elvetici. Gli intellettuali attivi nel canton Ticino, specialmente coloro

che si occupano della lingua italiana – ad esempio scrittori e scrittrici quali Francesco Chiesa285 e la

stessa Elena Bonzanigo, insieme a italianisti e linguisti quali Carlo Salvioni – riconoscono le

condizioni particolari in cui vive la popolazione italofona del cantone e percepiscono un disagio nel

definire la tradizione culturale nella quale vorrebbero riconoscere l’identità della Svizzera italiana.

Tale identità, lo ricordiamo, viene percepita come naturalmente radicata nella tradizione italiana:

infatti, secondo questo punto di vista, il confine che divide il Ticino dall’Italia – che non è di tipo

culturale, linguistico, né etnico, ma solamente politico – è un’imposizione dettata dalla

Confederazione. Dalle pagine dell’«Adula» risuonano echi di una pretesa regionalistica, che da un

lato rivendica al Ticino un proprio spazio nel panorama culturale italiano e dall’altro lamenta i

trattamenti imposti dalla sede confederata bernese e dall’opinione pubblica d’oltralpe. Si legga

faceva sentire liberi; dopo il 1798 erano citoyens ma si sentivano sudditi perché le nuove leggi dello Stato li avevano

privati delle antiche autonomie. In poche parole qui non si conosce il valore della libertà, concludeva sconsolato un

funzionario dell’Elvetica. Più semplicemente l’idea di libertà era diversamente intesa e per buona parte degli abitanti dei

baliaggi essa si risolveva nel fare del passato un eterno presente. Quindi nel 1798 gli abitanti dei baliaggi la storia, più

che farla, la subirono: l’emancipazione fu vissuta come una brutale menomazione, l’aggregazione all’Elvetica come una

imposizione che li mise di fronte alla logica di un potere statale che rompeva bruscamente con il passato. Sta qui la

contraddizione alla base della storia cantonale. L’Elvetica, centralizzatrice e unificatrice, metteva drammaticamente a

confronto innovazione e tradizione senza soluzione di continuità». Il conflitto insito all’annessione delle terre ticinesi alla

Svizzera ruota intorno al concetto di libertà: dalla popolazione italofona, infatti, il nuovo statuto politico viene percepito

come un’unione imposta dall’alto. Cfr.: GHIRINGHELLI Andrea, La storia, Atto di Mediazione e la faticosa costruzione

del Cantone, in Dipartimento dell’Educazione della Cultura e dello Sport, Divisione della cultura e degli studi universitari,

a c. della Repubblica e del Canton Ticino, link: http://www4,ti,ch/decs/dcsu/sportello/bicentenario-del-canton-ticino/la-

storia/ (ultima visita: 27 novembre 2016).

284 Atto di mediazione, redatto da Napoleone. Citato da : TULARD Jean, Quand Bonaparte donnait l’Acte de Mediation

aux Cantons suisses, in AA.VV., La Suisse de la mediation dans l’Europe napoléonienne / Die Schweiz unter der

Mediationsakte in Napoleons Europa (1803-1814): acte du colloque de Fribourg (journée du 10 octobre 2003), a c. di

Mario Turchetti, Academic Press Fribourg, Friborgo, 2005, pp. 7-18, p. 14.

285 Il ruolo svolto da Chiesa in rapporto all’identità ticinese è stato esaminato con lucidità da Alessandro Zanoli nel volume

Francesco Chiesa e i suoi romanzi: in esso viene sostenuta la tesi secondo cui Chiesa avrebbe tentato di fornire un modello

identitario ai propri lettori. Cfr.: ZANOLI Alessandro, Francesco Chiesa e i suoi romanzi, con una pref. di Tatiana Crivelli,

Armando Dadò Editore, Locarno, 2013.

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l’estratto seguente, esempio emblematico che riassume i toni del discorso politico riconoscibili nelle

pagine più polemiche del periodico bellinzonese:

Cari amici! La lotta che intraprendete per la difesa del nostro nazionalismo è

meravigliosamente bella. Un intellettuale ticinese ha cercato, in diverse circostanze, di

presentare il nazionalismo come la fonte di tanti mali. Non so fino a qual punto le sue

affermazioni saranno state accolte dal pubblico ticinese, semplice e superficiale e che

facilmente applaude alle frasi ad effetto. Ma egli non ha distrutto la storia, la quale ci

insegna invece che il nazionalismo è la gran fonte di energia dei popoli ed i regimi che

hanno voluto ignorare questa verità sono caduti. […] In nessun altro popolo il

nazionalismo ebbe radici così profonde come nella Nazione Italiana e coloro che non lo

sentono non sono degni di appartenere a questa grande Famiglia. L’avvenire del popolo

ticinese dipenderà dal modo con cui saprà comprendere e praticare il nazionalismo della

nostra stirpe – e tutti coloro che, come voi, lavorano alla sua diffusione rendono un

servizio grandissimo alla Svizzera Italiana. Cari Amici! La strada per la quale vi siete

messi è cosparsa di ostacoli e di spine. Essa non vi darà né facili soddisfazioni, né onori,

ed i sacrifici cui vi sottoponete non vi daranno sempre la meritata ricompensa. Vi parlo

per esperienza: sono stato messo alla porta dalla stampa svizzera […], fui espulso dalle

associazioni di giornalisti svizzeri, – ad ogni momento fui insultato ed offeso dagli organi

avversi –; ma sono ancora in piedi, sto benissimo e mi sento più che mai disposto a

lavorare tenacemente per la nostra bella causa. Non bisogna mai perdersi d’animo, mai

capitolare, bensì durare, durare sempre. Non è però giusto che voi giovani siate lasciati

alle vostre sole forze, perché quando esse non sono rinnovate fatalmente si esauriscono.

Spetta alla stampa italiana […] di aprirvi le sue porte.286

L’estratto proviene dalla lettera, inclusa nell’Almanacco della Svizzera italiana, indirizzata da Emilio

Colombi (padre di Rosetta Colombi) ai giovani collaboratori dell’«Adula»:287 il testo (datato ottobre

1930), che nell’Almanacco è posto a seguito della presentazione del volume, trova una risposta da

parte dei giovani collaboratori nelle ultime pagine del libro:

Noi ci auguriamo soltanto di vedere un Ticino più unito, strettamente legato alla Rezia

italianissima. Un Ticino senza più delatori né denunciatori degli idealisti. Un Ticino ove

si possa dire una serena parola di italianità, senza vedersi segnati a dito (la caccia

all’uomo, o signori giornalisti ticinesi, non è segno di civiltà) senza sentirsi tacciare di

traditori, senza vedersi colpiti da Berna con divieti e sequestri. Poiché in fatto d’amore

all’Italia, chi è senza peccato, lanci la prima pietra: se vi è in Ticino un sol uomo che può

farlo, questi non è più ticinese ma un bastardo. Poiché noi saremo ticinesi solo e fino a

quando avremo nel cuore un grande e immenso amore per la nostra magnifica razza, un

286 Cfr. Lettera di Emilio Colombi. Ai giovani dell’almanacco della Svizzera italiana. ottobre 1930. In: AA.VV.,

Almanacco della Svizzera italiana, cit., pp. 12-13.

287 Crespi rileva come il programma rivendicativo proposto dall’Adula affascinò in particolare i giovani, in special modo

gli studenti universitari, che nel 1918 fondarono la Federazione Goliardica Ticinese (FGT) con l’intendo di difendere la

cultura italiana in primo luogo nelle scuole svizzere a fronte di iniziative di taglio opposto – vale a dire elvetista – di

gruppi studenteschi svizzeri. L’istruzione scolastica, infatti, costituì uno dei temi più accesi nel dibattito tra il giornale e

i suoi interlocutori, almeno fino agli anni Trenta, poiché, in quanto istituzione regolata dal cantone, rappresentava uno

strumento prediletto per la formazione identitaria delle future generazioni ticinesi. Cfr.: CRESPI, Ticino Irredento, La

frontiera contesa, Dalla battaglia culturale dell’«Adula» ai piani d’invasione, cit., p. 52.

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senso mistico di adorazione per la nostra Grande Madre, l’Italia. Un amore filiale che fa

scordare tutto, e fa vedere solo il bello, il buono, il santo.288

Chi scrive mescola presunti dati biologici – «la nostra magnifica razza»289 – a elementi culturali –

«una serena parola di italianità»290 – rivelando di conoscere alla perfezione la tipologia discorsiva

nazional-patriottica propriamente fascista. L’Italia è definita come la Grande Madre, adorata dai figli

ticinesi, adottati da un’altra patria, alla quale si sentono sottomessi: il discorso, nettamente impostato

a suscitare la reazione emotiva di chi legge, è sotteso a creare un senso identitario basato su un

processo di esclusione e inclusione. Il vero ticinese, in quest’ottica, è colui che «senza peccato»291 si

riconosce come intimamente legato alla Rezia italiana; chi non ne è in grado, invece, è etichettato

come «bastardo»,292 come chi non appartiene alla pura discendenza della «magnifica razza».293 Il

principio alla base di questa affermazione è chiaro: l’appartenenza alla nazione non è una scelta

individuale, ma un fatto biologico. Nascere all’interno di una comunità nazionale significa essere

legato alla comunità di discendenza, al suo sangue, alla sua terra e al suo destino; rinnegare tutto ciò

equivale a riconoscersi come altro.

Siamo dunque precisamente di fronte a quel processo di inclusione ed esclusione che Banti,

analizzando il dispositivo discorsivo funzionale alla formazione dell’identità italiana, individua come

una delle figure profonde del discorso nazional-patriottico294: la comunità nazionale, definita

attraverso l’immagine della parentela, accoglie i suoi membri come figli. Secondo lo studioso la

metafora della grande famiglia si è sviluppata in Italia quando i moti risorgimentali erano solamente

accennati:295

Il momento della originaria ascrizione […] è quello della nascita, evento anche

politicamente rilevante, perché, collocando un individuo all’interno della sua comunità

nazionale, da’ un senso storico e politico ben preciso ai suoi legami con le generazioni

precedenti (quelle dei padri, delle madri, degli avi) con le generazioni coeve (i fratelli, le

sorelle), con le generazioni future (i figli, le figlie). Ed è proprio intorno a questa

288 Cfr. Lettera scritta dai giovani del’«Adula», 4 novembre 1930. In: AA.VV., Almanacco della Svizzera italiana, cit., p.

257.

289 Ivi.

290 Ivi.

291 Ivi.

292 Ivi.

293 Ivi.

294 Cfr.: nota 237 di questo lavoro.

295 Già Foscolo nel sonetto Né più mai toccherò le sacre sponde, composto tra il 1802 e il 1803, inserisce la figura

discorsiva con intento celebrativo: «Tu non altro che il canto avrai del figlio, / o materna mia terra; a noi prescrisse / il

fato illacrimata sepoltura» FOSCOLO Ugo, Sepolcri, odi, sonetti, a c. di Donatella Martinelli, Mondadori, Milano, 201221

(1987), p. 108.

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concezione biopolitica della nazione che si snodano i tornanti essenziali del rituale di

affiliazione alla Giovine Italia.

Le figure profonde del discorso nazional-patriottico sono riscontrabili nei testi propriamente

finalizzati a sostenere argomenti politici, quali ad esempio annunci e proclami, specialmente in

ambito bellico. Banti, tuttavia, pone l’accento sulla rilevanza letteraria delle metafore in questione:

esse ricorrono liberamente in forme canoniche come romanzi, racconti, poesie ma anche in generi

meno pregiati, ma altamente popolari all’epoca della loro produzione, come i libretti dei melodrammi

ottocenteschi.296 L’Aida verdiana, citata in precedenza nel lavoro, è un caso emblematico.

Si è rilevato come il ristretto gruppo di intellettuali e scrittori attivi nella redazione di Bontempi

e di Colombi abbia fatto largo uso di queste figure, adattandole a un discorso identitario volto a

definire l’essenza della svizzera italiana: nei panni della figlia negletta, il cantone viene rappresentato

come soggiogato al volere di una patria adottiva, da cui non ottiene l’incentivo necessario a rafforzare

il proprio legame con la tradizione italiana. La stessa Bonzanigo poi, come visto in precedenza,

propone un’interpretazione interessante del medesimo motivo nella lirica Bellinzona, in cui costruisce

il discorso identitario a partire dall’identificazione della città ticinese con la figura di una madre

pensosa, che tiene lo sguardo rivolto all’Italia.

In Dania i motivi inscindibili della patria d’origine e della madre – madre che in questo caso

assume la funzione di rappresentare il paese natio – sono prominenti: essi, infatti, sono congiunti al

tema della schiavitù, centrale in rapporto alla definizione del carattere della protagonista. Gli spunti

per interpretare il testo della commedia in chiave strettamente politica non sono sufficienti: tuttavia,

un’attenta contestualizzazione storica non potrà che indirizzare il lettore in tale direzione. La tesi può

soltanto essere corroborata da ulteriori elementi presenti nel tessuto della commedia: innanzitutto il

conflitto articolato sull’asse di genere e di etnia tra protagonisti e antagonista. Mustafà, rozzo e

ignorante venditore di schiave, è caratterizzato esclusivamente dal desiderio di dominare queste

ultime e i propri servi. La beffa – risoluzione catartica del conflitto – non soltanto ha lo scopo di

liberare Dania dalla condizione di schiavitù, ma è funzionale a mettere in evidenza il carattere fragile

del potere di Mustafà. Nel susseguirsi della commedia la figura subisce svariati scacchi da parte dei

protagonisti, in un climax ascendente, in cui una serie di umiliazioni sempre maggiori culminano con

la definitiva e assoluta sconfitta, al termine dell’atto terzo. Chissà che in questa figura non si possa

riconoscere la sagoma del «nordico invasore» delle terre bellinzonesi, cantato nella lirica dell’autrice?

La domanda, che la nostra immaginaria spettatrice potrebbe porre in maniera simile, mentre la sera

296 BANTI Alberto Mario, Sublime madre nostra, La nazione italiana dal Risorgimento al fascismo, cit., p. 13.

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del 2 giugno assiste all’ultima rappresentazione di Dania, resta aperta. Come risposta dovrà bastare

ricordare che un testo – narrativo, lirico, teatrale e anche librettistico – è il prodotto discorsivo di un

preciso momento storico e di uno specifico luogo geografico: in esso l’autrice o l’autore, con chiari

intenti programmatici, può decidere di far convergere la propria coscienza politica e il proprio senso

d’adesione a un profilo identitario. Tuttavia, nonostante la volontà dell’autrice o autore, il testo

possiede una sua autonomia, e in esso si manifestano anche passioni, riflessioni, ideologie, tracce di

storia di cui chi scrive non è consapevole.

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“You step into the Road, and if you don’t keep your feet, there is no knowing where you might be swept off to”.

J. R. R. Tolkien, The fellowship of the ring

C o n C l u s i o n i

“The earth as temporary dwelling has no foundational name. Nationalism can only ever be a crucial political agenda against oppression. All longings to the contrary,

it cannot provide the absolute guarantee of identity”.G. Spivak, Theory in the Margin: Coetzee’s Foe Rea-

ding Defoe’s Crusoe/Roxana

Wolfgang Brunner, Landschaft aus der Rütner Umgebung, 1969

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CONCLUSIONI E SPUNTI PER IL FUTURO – «LA COMMEDIA È FINITA»

Su Dania

Il viaggio alla scoperta di Dania è giunto a uno stadio in cui è necessario svolgere alcune

considerazioni riassuntive, per concludere il lavoro. Si rivolga, un’ultima volta, l’attenzione all’atto

primo: nel confronto puntuale tra la commedia musicale e la fonte molieriana si è osservato che esso

rappresenta il luogo del testo in cui Bonzanigo è intervenuta con maggiore decisione sul contenuto e

sulla forma della pièce. In esso l’autrice introduce gli antefatti alla vicenda rappresentata in scena e

definisce i rapporti tra le figure principali della commedia: Dania e Floriano vengono raffigurati nelle

vesti di eroi, sostenuti dagli aiutanti Zaida e Alì e ostacolati da Mustafà, figura negativa che diventerà

l’oggetto di una clamorosa beffa.

Nella prima parte della ricerca, in cui si è presentato l’intervento filologico operato sul testo

di Dania, si è dedicato ampio spazio alla descrizione e all’interpretazione delle diverse varianti

raccolte nella collazione dei cinque maggiori testimoni (il manoscritto M, i due dattiloscritti DB e

DA, il fascicolo riassuntivo pubblicato da Salvioni e distribuito agli spettatori L e, infine, il testo

presente tra gli spartiti della partitura orchestrale PB): dal lavoro filologico è emerso che il primo

atto, se messo a confronto con gli altri, manifesta il maggior numero di varianti, specialmente a livello

macrotestuale. È emblematica ad esempio l’assenza dal manoscritto M delle due scene d’apertura:

approfondendo la questione e osservando la partitura PB si è giunti alla conclusione che le due scene

sono state scritte in una fase redazionale successiva a M, tant’è che Tosi le ha musicate per ultime,

quando le restanti scene già avevano ottenuto la forma musicale definitiva. Si è notato come queste

due scene rappresentino un momento fondamentale nell’assetto della commedia di Bonzanigo: infatti,

esse definiscono il carattere della protagonista femminile Dania. Con lo scopo di rilevare e

interpretare i tratti caratteristici dell’eroina bonzanighiana si è insistito sulle principali differenze tra

Dania e la Isidore molieriana: si è messo in evidenza come nell’Amour peintre la protagonista dichiari

esplicitamente quale sia il suo ruolo all’interno della pièce, essere cioè l’oggetto del desiderio

amoroso maschile. Analizzando le battute di Isidore si è giunti a ipotizzare che il tema della schiavitù

in Molière verta intorno a un precisa concezione dell’amore e che l’autore esponga nella pièce quella

che abbiamo definito una lezione sull’amore: la donna, quando oggetto di una passione maschile

incentrata su un desiderio di possesso impregnato di gelosia, non è libera di esercitare la ‘naturale’

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inclinazione femminile a indurre l’amore.297 Nulla di tutto ciò è presente nella commedia di

Bonzanigo: la figura femminile è in essa soggetto attivo di un desiderio proprio, ossia quello di essere

liberata dalla condizione di schiavitù, in cui viene tenuta per volere di Mustafà.298 Il desiderio di

libertà, incarnato da Dania, assume, dunque, una funzione centrale nella commedia: esso determina

lo sviluppo delle azioni di tutte le figure presenti in scena e, insieme al desiderio amoroso del co-

protagonista maschile, rappresenta il cuore tematico della commedia. Il desiderio assume la forma di

un motivo lirico, che viene espresso tramite il canto della protagonista in diversi momenti nel corso

dei tre atti della pièce. Intorno al motivo della libertà si è, infine, individuato un campo semantico

funzionale a esaltare il soggetto femminile – un’isotopia semantica caratterizzata da una dimensione

simbolico/metaforica al cui centro si sono riconosciuti l’antitesi mare-deserto, il motivo della notte

come spazio prediletto per l’espressione dell’interiorità del soggetto e soprattutto la figura profonda

della Madre Patria.

Perché leggere Dania oggi?

Riflettendo sul significato del tema della libertà in Dania da un punto di vista storico, si è

osservato che Bonzanigo, rispetto a Molière, assegna un valore diverso al concetto di libertà: la libertà

a cui Dania aspira, infatti, è di tipo politico.

Dania è stata scritta da una donna coinvolta nel circolo culturale sorto intorno alla redazione

del controverso periodico irredentista l’«Adula», ed è stata rappresentata sul palco del principale

teatro del canton Ticino in un periodo storico caratterizzato da tensioni nazionali e internazionali che

hanno avuto un effetto importante sulla cultura e sull’identità ticinese. Per comprendere il valore della

pièce e l’impatto che essa ha avuto sul pubblico accorso alle quattro rappresentazioni dello spettacolo

sarebbe necessario svolgere una ricerca approfondita sulla sua ricezione: dalla lettura dei quotidiani

che, tra il 28 maggio e il 7 giugno 1930, hanno dedicato uno spazio alla commedia di Bonzanigo e

Tosi, non sono emerse critiche che mostrino che spettatori e giornalisti abbiano associato Dania

all’attività svolta da Bonzanigo presso la redazione dell’«Adula». Tuttavia riteniamo che sia rilevante

chiedersi quale influenza possa aver avuto l’ideologia, fortemente condivisa nel circolo di docenti,

297 Riproponiamo di seguito le battute di Isidore che meglio riescono ad esprimere il concetto: “Quelle obligation vous

ai-je, si vous changez mon esclavage en un autre beaucoup plus rude? Si vous ne me laissez jouir d’aucune liberté, et me

fatiguez, comme on voit, d’une garde continuelle?” MOLIÈRE, l’amour peintre, cit., scène 7, p. 292.

298 In un primo momento la donna desidera liberarsi dalle catene della schiavitù per poter far ritorno al paese materno in

Grecia, da cui è stata rapita a forza dai “pirati dell’Islam”. In un secondo momento, dopo l’incontro con Floriano e la

dichiarazione d’amore di questo, il desiderio della protagonista si modifica e si intreccia al desiderio amoroso maschile:

infatti costei, accettando e ricambiando l’amore dell’uomo, acconsente a essere condotta come sposa nella patria di lui,

ossia l’Italia.

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letterati e intellettuali attivi presso la redazione del periodico, sul motivo letterario della libertà,

elaborato da Bonzanigo nella commedia.

Il volume di Crespi299 offre un’approfondita interpretazione storiografica del fenomeno

culturale dell’«Adula»; tuttavia in esso manca un approccio propriamente letterario – atto ad esempio

a riconoscere e classificare la dimensione retorica del discorso utilizzato dai collaboratori del foglio

bellinzonese –, il quale andrebbe sicuramente a completare il quadro del fenomeno in questione.

Bonzanigo, Chiesa e l’editore Salvioni sono soltanto alcune tra le figure attive nell’ambito della

letteratura ticinese che hanno preso parte al progetto culturale del periodico bellinzonese: un’analisi

letteraria, orientata a definire le forme del discorso di questi tre autori, potrebbe cogliere, a nostro

avviso, il significato e il valore storico e sociale dell’ideologia promossa dai collaboratori di

Bontempi. Nella scrittura di Bonzanigo si è riconosciuta, sull’esempio della lirica Bellinzona del

1926, una retorica impregnata dei motivi altisonanti del discorso politico nazional-patriottico

ricalcato sull’oratoria fascista.300 Sulla scrittura di Francesco Chiesa, Zanoli ha pubblicato un volume

in cui viene affrontato il rapporto tra il poeta e romanziere di Sagno e il fascismo mussoliniano.301

Tuttavia Bonzanigo e Chiesa sono soltanto due manifestazioni del fenomeno – ancora troppo poco

studiato sia dagli storici, sia dai critici letterari – che ha portato alla formazione di un discorso filo-

fascista tra gli intellettuali della Svizzera italiana, contrari alla politica confederata. Il dibattito, tenuto

vivo dai collaboratori dell’«Adula», verte inesorabilmente intorno all’identità culturale da un lato e

politica dall’altro della Svizzera italiana.

La tematica identitaria è estremamente complessa, e richiede un approccio critico

interdisciplinare più ampio di quello adoperato in queste pagine: la problematica identità ticinese –

un’identità di confine, ibrida e associata a un luogo di passaggio, ossia un territorio segnato dagli assi

stradali e ferroviari, da gallerie vecchie e nuove, e situato all’ombra dell’imponente massiccio del

Gottardo –, che occupa le menti e il cuore dei due scrittori sopracitati, è un argomento che non ha mai

smesso di interessare ticinesi e svizzeri fin dall’annessione politica del canton Ticino alla

confederazione. Tuttavia, nonostante essa sia un tema che ancora oggi accende gli animi, in

299 Cfr.: CRESPI, Ticino Irredento, La frontiera contesa, Dalla battaglia culturale dell’«Adula» ai piani d’invasione, cit.

300 Si è visto nella parte terza di questo lavoro che l’uso del simbolo romano dell’aquila per rappresentare le truppe italiane

nella battaglia di Arbedo è esempio lampante della retorica fascista. BONZANIGO, La sorgente, cit., pp. 74-6.

301 ZANOLI Alessandro, Francesco Chiesa e i suoi romanzi, con una pref. di Tatiana Crivelli, Armando Dadò Editore,

Locarno, 2013

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particolare di chi si riconosce nei partiti più estremisti, non è altrettanto presente nell’ambito

teorico.302

Nuove prospettive di ricerca

Il disagio identitario espresso dagli autori aduliani è interpretabile come il sintomo di una

problematica profondamente ancorata nella storia politica, economica, sociale e infine culturale del

cantone: il discorso dell’«Adula», che spesso manifesta argomentazioni irredentiste e che ha

comportato l’intervento da parte delle autorità confederate e la conseguente chiusura definitiva del

giornale, è leggibile come il tentativo maldestro di elaborare una base identitaria solida per la

popolazione ticinese. Maldestro poiché ha riscosso scarso interesse nei concittadini (infatti il successo

maggiore è stato in definitiva raggiunto presso le cerchie fasciste italiane). Esso dimostra come il

circolo radunato intorno a Teresa Bontempi e Rosetta Colombi, insistendo sulla tradizione linguistica

e culturale italiana presente sul territorio, mancò di considerare ciò che rende la Svizzera italiana un

fenomeno e un prodotto storico e culturale particolare e diverso dalla vicina Italia: il profondo influsso

che l’unione del canton Ticino con la confederazione ha esercitato sull’identità della popolazione

residente tra Chiasso e Airolo. Il cantone si è evoluto ed è cambiato nel corso dei decenni, assumendo

una posizione particolare in ambito politico e sociale: da ciò sono nati problemi importanti (si pensi

al frontalierato che da sempre coinvolge le dogane con l’Italia); nonostante ciò l’annessione alla

confederazione è stata estremamente proficua e stimolante dal punto di vista degli scambi linguistici

e culturali. È necessario dunque rileggere la dimensione multiculturale intrinseca sia nelle terre della

Svizzera italiana, sia in quelle della Svizzera tedesca, francese e romancia, tenendo presente l’aspetto

produttivo del rapporto interlinguistico. Homi Bhabha, nell’ambito della ricerca postcoloniale,

302 Intorno alle vicende dell’«Adula» col tempo è calato un «fitto silenzio», come ha osservato giustamente Giovanni

Bonalumi, oltre trent’anni fa, e la situazione non è cambiata di molto: «Da vari lustri, attorno all’Adula, alle molteplici

discussioni che il giornale definito «tout court» irredentista suscitò nella tutt’altro che breve stagione che va dal 4 luglio

1912 al 3 agosto 1935, è calato un fitto silenzio. Il suo nome – ed è già tanto – appena riaffiora in funzione di spauracchio

(fugacissimo richiamo, del resto) in qualche giornalistica polemica contro provvedimenti e risoluzioni adottati dalle

autorità federali e ritenuti discriminatori e, ad ogni modo, lesivi nei confronti della vita economica, politica o culturale

del Canton Ticino. È un silenzio, quello che circonda l’avventura dell’Adula, che un poco s’apparenta a quello di comune

accordo instauratosi in certe famiglie attorno alle malefatte d’un parente fortunatamente lontano o addirittura defunto. Un

silenzio che succede a uno scandalo fin troppo vistoso, a troppo interessate chiacchiere». BONALUMI, La giovane Adula

(1912-1920), Saggio introduttivo e antologia dei testi più significativi, cit., p. 9. Bonalumi osserva che all’altezza del

1970 gli studi più rilevanti svolti introno all’irredentismo in Svizzera provenivano dalle aree della Svizzera tedesca: BROSI

Isidor, Der Irredentismus und die Schweiz, Brodbeck-Frehner, Basilea, 1935; HUBER Kurt, Der italienische Irredentismus

gegen die Schweiz (1870-1925), Buchdruckerei Fehlmann, Seengen, 1953; HUBER Kurt, Drohte dem Tessin Gefahr? Der

italienische Imperialismus gegen die Scheiz (1912-1943), Keller Verlag, Aarau, 1954. Sempre Bonalumi nota che «gli

autori ticinesi, senza eccezione, fino ad oggi almeno, non hanno riserbato all’Adula che delle considerazioni anodine o

paesanamente polemiche» a esempi cita i testi di: BERTONI Brenno, La questione aduliana nel quadro del nazionalismo

moderno, Istituto Editoriale Ticinese, Bellinzona-Lugano, 1932; e la pubblicazione di chiara impostazione irredentista di

COLOMBI Emilio, Mezzo secolo di giornalismo, a c. dell’«Adula», Bellinzona, 1931.

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teorizza l’emergere di nuove forme culturali in seno al multiculturalismo, definendo queste come

zone inter-medie (in between), ovvero spazi capaci di sovvertire i dispositivi identitari tradizionali:

Teoricamente innovativo, e politicamente essenziale, è il bisogno di pensare al di là delle

tradizionali narrazioni relative a soggettività originarie e aurorali, focalizzandosi invece

su quei momenti o processi che si producono negli interstizi, nell’articolarsi delle

differenze culturali. Questi spazi “inter-medi” costituiscono il terreno per l’elaborazione

di strategie del sé – come singoli o gruppo – che danno il via a nuovi segni di identità e

luoghi innovativi in cui sviluppare la collaborazione e la contestazione nell’atto stesso in

cui si definisce l’idea di società.303

Bhabha riconosce nella letteratura scritta da autrici e autori legati a zone soggette al colonialismo

europeo una spinta capace di produrre i cosiddetti spazi inter-medi: in tali spazi vengono definiti dei

soggetti che, andando oltre le differenze (di genere, di razza e di classe), si posizionano nella realtà

come forme ibride. È già stato ipotizzato altre volte che l’approccio postcoloniale teorizzato da

Bhabha possa rappresentare uno strumento stimolante per chi desidera analizzare la questione

identitaria di un paese culturalmente misto e linguisticamente diviso come la Svizzera.304

Conclusioni

Torniamo nuovamente indietro di qualche passo e in conclusione riproponiamo la domanda

che ha aperto l’introduzione al lavoro: che cos’è, dunque, Dania? La domanda dal carattere generico

è stata frammentata in tante questioni più specifiche – a quale genere appartiene la composizione;

qual è il metodo atto a ricostruire una versione filologicamente corretta del testo; quali sono i motivi

significativi per un’interpretazione del testo – e ci ha portato a formulare, dunque, una nuova

domanda: come si rapporta Dania con il contesto socio-culturale e letterario coevo alla sua

rappresentazione al Teatro Sociale di Bellinzona? Sul palco del Sociale, nel corso delle quattro sere

d’estate del 1930, si è delineata una figura – la protagonista omonima della commedia – che con il

suo desiderio di libertà determina le azioni di tutti gli altri caratteri. Che il commerciante di schiave

Mustafà, definito dal desiderio venale di vendere Dania al miglior offerente e ridicolizzato nel corso

di tre atti, possa essere letto come una rappresentazione simbolica di quel “nordico invasore” che gli

303 BHABHA Homi, I luoghi della cultura, trad. di Antonio Perri, Meltemi Editore, Roma, 2001, p. 12.

304 Ci riferiamo al volume AA.VV., «Chi sono io? Chi altro c’è lì?», Prospettive letterarie dalla e sulla Svizzera italiana,

a c. di Tatiana Crivelli e Laura Lazzari, Franco Cesati Editore, Firenze, 2015, nato in seguito agli incontri avvenuti

nell’ambito del convegno annuale dell’AAIS (American Association for Italian Studies), tenuto all’Università di Zurigo

nel mese di maggio del 2014: «L’idea di fondo, che ha guidato anche la selezione dei contributi e l’articolazione strutturale

del volume, era, insomma, che a quell’in-between identificato da uno dei padri degli studi postcoloniali, Homi Bhabha,

come la dimensione interstiziale in cui per eccellenza si elaborano e negoziano nuove strategie identitarie individuali e

collettive nella società globalizzata, facesse eco quello stare in bilico tra che è la cifra della narrativa della periferia

italofona elvetica». TATIANA CRIVELLI, LAURA LAZZARI, Scrivere da un “altrove”, in AA.VV., «Chi sono io? Chi altro

c’è lì?», Prospettive letterarie dalla e sulla Svizzera italiana, cit., p. 11.

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aduliani riconoscevano nei confederati di lingua tedesca, è una possibilità che rifiutiamo, siccome gli

elementi testuali che potrebbero confermarlo sono pochi ed estremamente deboli.305 Resta aperta una

domanda dal carattere più generale relativa alla scrittura di Bonzanigo, a cui si potrebbe rispondere

con un confronto intertestuale, sia con i testi narrativi che con i testi più prettamente giornalistici

dell’autrice bellinzonese: in che modo la scrittura letteraria dell’autrice è condizionata dal discorso

filo-fascista e anti-confederato che caratterizza le pagine dei collaboratori del’«Adula»? Inoltre,

altrettanto interessante potrebbe essere un confronto intertestuale tra gli scritti di Bonzanigo e quelli

di autrici e autori a lei coevi: in tal modo sarebbe possibile tracciare le line provvisorie di una mappa

di richiami e influenze che definisce il panorama della letteratura della Svizzera italiana negli anni

del fascismo. Infine, siccome la Svizzera italiana si profila, è stato detto, come spazio inter-medio,

definito dalla multiculturalità, è necessario abbattere le frontiere politiche, tanto care all’analisi

letteraria di profilo nazional-patriottico, per aprire le porte a nuove prospettive di ricerca, per far

comunicare voci che magari, altrimenti, non avrebbero l’occasione di incontrarsi.

Adoperare una prospettiva capace di rimettere in discussione il concetto di ‘cultura’ e di

‘identità’ porta con sé la possibilità di rivalutare l’influenza che la frontiera nazionale esercita sulla

letteratura. Un atteggiamento critico di questo genere è fondamentale per le ricercatrici e i ricercatori

che oggi vogliano immergersi nello studio della letteratura: l’epoca contemporanea, che dichiara a

gran voce di aver infranto i pilastri su cui si ergeva l’età moderna, riconosce una nuova tipologia di

soggetto – un soggetto deviante,306 che sfugge ai tentativi di essere fissato nelle categorie identitarie

305 Nel lavoro si è tralasciato di affrontare un aspetto peculiare di Dania, ossia l’ambientazione orientale. Se si volesse

riconoscere nella storia della schiava oppressa da un rozzo e barbaro padrone una trasposizione letteraria della condizione

del canton Ticino negli anni del fascismo italiano, sarebbe necessario approfondire il significato della scelta di Bonzanigo

di inscenare la vicenda in un’indefinita terra turca: infatti ci troveremmo di fronte al fenomeno per cui un’autrice definisce

i contorni di un altro (la realtà turca), con lo scopo di utilizzarlo come superfice di proiezione per rappresentare un

discorso su di sé ( un discorso sulla propria realtà locale). Tuttavia riteniamo più plausibile interpretare la scelta di

ambientare Dania in oriente come determinata da criteri estetici: l’oriente come luogo esotico, misterioso e meraviglioso,

vicino alla natura, e quindi legato alla dimensione delle passioni (un luogo estremamente suggestivo per ambientare il

libretto di un’opera lirica), ma anche incivile inteso anche nel senso negativo di rozzo e barbaro. Ci troviamo di fronte a

quello che Said ha definito con il termine di «orientalismo», ossia: «il procedimento con cui l’Occidente ha costruito

l’immagine dell’ “Oriente” non tenendo conto della realtà effettiva di ciò che viene analizzato e tendendo invece a

rafforzare i pregiudizi e a fissare le caratteristiche di un “altro” indifferenziato in categorie immutabili. L’Oriente non

coincide quindi con un territorio fisicamente determinato, ma con un “topos discorsivo” destinato a legittimare la

dominazione coloniale e la presunta superiorità civilizzatrice occidentale nei confronti di un’umanità percepita come

inferiore e arcaica». Cfr. LANDOLFI Angela, Identità ibride in contesti interculturali post-migratori e postcoloniali in

Italia e in Francia: percorsi transdisciplinari, Dottorato di ricerca in relazioni e processi interculturali presso l’Università

degli Studi del Molise, 2014, p. 5, link:

http://road,unimol,it/bitstream/2192/258/1/Tesi_A_Landolfi,pdf (Ultima visita: 17 dicembre 2016)

306 Il soggetto deviante è teorizzato da Sabine Hark nell’ambito dei gender studies: l’autrice tedesca oppone al rischio

insito nella politica identitaria – rischio che comporta la fossilizzazione delle categorie identitarie di genere e orientamento

sessuale, secondo processi normativi di inclusione ed esclusione – un punto di vista critico sull’«evidenza del potere», il

quale ha la capacità di sovvertire il discorso egemonico: «Deviante Subjektivität kann insofern verstanden werden als der

Prozess, in dem ein Identitätsraum diskursiv […] geschaffen und von den unter dieser Identität Versammelten strategisch

aufgegriffen wird. […] Deviante Subjektivität ist damit Evidenz der Macht, die hegemonialen Diskurse gegen den Strich

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di genere, di razza o di classe, che non è più stabile nel tempo e nello spazio e che è capace di muoversi

in un mondo che è altrettanto deviante. L’identità è una finzione, dichiara Bauman:

L’idea di «identità», e di «identità nazionale» in particolare, non è un parto «naturale»

dell’esperienza umana, non emerge da questa esperienza come un lapalissiano «fatto

concreto». È un’idea introdotta a forza nella Lebenswelt degli uomini e delle donne

moderni, e arrivata come una finzione. Si è congelata in un «fatto», un «elemento dato»,

proprio perché era stata una finzione e perché si è allargato un divario, dolorosamente

percepito, tra ciò che quell’idea implicava, insinuava, suggeriva, e lo status quo ante (lo

stato delle cose precedente, non contaminato dall’intervento umano). L’idea di «identità»

è nata dalla crisi dell’appartenenza e dallo sforzo che essa ha innescato per colmare il

divario tra «ciò che dovrebbe essere» e «ciò che è», ed elevare la realtà ai parametri fissati

dall’idea, per rifare la realtà a somiglianza dell’idea.307

Nell’estratto sopra citato, Bauman definisce una presa di coscienza che coinvolge con forza

crescente il panorama delle discipline accademiche tradizionali e dei nuovi studi interdisciplinari, che

formano il contesto in cui le ricercatrici e i ricercatori si devono muovere nel presente. In un nuovo

viaggio di scoperta, che porta a valicare i limiti soffocanti imposti dalla prospettiva storico-nazionale

della critica letteraria occidentale tradizionale (che in una nazione vuol vedere un’unica cultura e una

determinata identità), volgere lo sguardo alla realtà multiculturale della Svizzera italiana rappresenta,

a nostro avviso, una stazione di grande interesse.

zu bürsten und anzueignen». La soggettività deviante, dunque, rappresenta una posizione decostruttivista nei confronti

dei discorsi identitari (dettati da forme di potere che vanno a incidere sulla società e sull’individuo), con lo scopo di

mettere in discussione la pretesa essenzialista e naturalizzante delle categorie di genere. Il concetto è stato adoperato

nell’ambito dei queer studies, tuttavia, a nostro avviso, si palesa altresì come utile strumento per l’analisi critica di forme

identitarie non legate alla sessualità, come per l’appunto l’identità etnica. HARK Sabine, Deviante Subjekte, Die paradoxe

Politik der Identität, 2., völlig überarbeitete Auflage, Springer Fachmedien, Wiesbaden, 1999, pp. 27-8.

307 BAUMAN Zygmunt, intervista sull’identità, (Ebook) a c. di Benedetto Vecchi, trad. Di Fabio Galimberti, Laterza,

Roma, 2003, Prima edizione digitale settembre 2012, pos. 272.

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BIBLIOGRAFIA

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1958.

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119

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1946.

BERGENGRUEN Werner, I tre falconi, Trad. Elena Bonzanigo, Edizioni Svizzere per la Gioventù,

Zurigo, 1962.

3. ARTICOLI DI QUOTIDIANI E PERIODICI DI ELENA BONZANIGO

BONZANIGO Elena, La conchiglia, in «Giornale del Popolo», 1 febbraio 1964.

BONZANIGO Elena, Regina Conti, in «Pro Juventute», Zurigo, 1939, pp. 391-2.

BONZANIGO Elena, Un piccolo presepio, in «Cooperazione», 17 dicembre 1966.

BONZANIGO Elena, Impressioni fiorentine, in «Adula», Bellinzona, Nr. 13, 24 giugno 1923.

BONZANIGO Elena, All’”Italian Art Exibition”, in «Adula», Bellinzona, Nr. 18-21, 20 aprile 1930.

BONZANIGO Elena, L’opera di Augusto Guidini, in «Adula», Bellinzona, Nr. 17, 9 dicembre 1928.

BONZANIGO Elena, Villadorna, in «Adula», Bellinzona, Nr. 14, 7 ottobre 1928.

4. RECENSIONI SU DANIA, PUBBLICATI TRA IL 28 MAGGIO E IL 7 GIUGNO SU QUOTIDIANI E PERIODICI

DEL CANTON TICINO

«Libera Stampa»:

Al Teatro sociale, in «Libera Stampa», Nr. 122, Anno XVIII, 28 maggio 1930.

Dania, in «Libera Stampa», Nr. 123, Anno XVIII, 29-30 maggio 1930.

La prima di «Dania», in «Libera Stampa», Nr. 125, Anno XVIII, 1-2 giugno 1930.

«Il Dovere»:

Teatro sociale, in «Il Dovere», 28 maggio 1930, p. 4.

“Dania” al Sociale, in «Il Dovere», 30 maggio 1930, p. 4.

Teatro Sociale, in «Il Dovere», 31 maggio 1930, p. 4.

La replica di «Dania» al Sociale, in «Il Dovere», 2 giugno 1930, p. 4.

Teatro Sociale, in «Il Dovere», 3 giugno 1930, p. 4.

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in margine alla recita della «Dania» al Sociale, in «Il Dovere», 4 giugno 1930, p. 3.

«Il Corriere del Ticino»:

Venne data sta sera, in «Il Corriere del Ticino», Seconda edizione, Nr. 125, Anno XL, 2 giugno 1930.

«Giornale del Popolo»:

La prima esecuzione di «Dania», in «Giornale del Popolo, 31 maggio 1930.

Il teatro si chiude, in «Giornale del Popolo», 4 giugno 1930.

«Gazzetta ticinese»:

Dania, in «Gazzetta ticinese», Nr. 124, Anno 130, 31 maggio 1930.

«Dania», in «Gazzetta ticinese», Nr. 127, Anno 130, 4 giugno 1930.

Dania, in «Gazzetta ticinese», Nr. 130, Anno 130, 7 giugno 1930.

«Popolo e Libertà»:

«Dania», in «Popolo e Libertà», Bellinzon, 27 maggio 1930, p. 3.

«Dania», in «Popolo e Libertà», 28 maggio 1930, p. 3.

La prima esecuzione di “Dania” al Sociale, in «Popolo e Libertà», 30 maggio 1930, p. 3.

«Dania», in «Popolo e Libertà», 2 giugno 1930, p. 3.

L’ultima rappresentazione di «Dania», in «Popolo e Libertà», p. 3.

5. UNITÀ ARCHIVISTICHE: ARCHIVIO DI STATO DEL CANTON TICINO

Collezione Tosi, Scatola UNA 154

Collezione Tosi, Scatola UNA 155

Collezione Tosi, Scatola UNA 156

Collezione Tosi, Scatola UNA 868

Fondo Diversi, Scatola 774, n. int. 2976

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6. LIBRI, SAGGI, ARTICOLI

AA.VV., «Chi sono io? Chi altro c’è lì?», Prospettive letterarie dalla e sulla Svizzera italiana, a c.

di Tatiana Crivelli e Laura Lazzari, Franco Cesati Editore, Firenze, 2015.

AA.VV., Almanacco della Svizzera italiana, a c. di «Adula», Varesina Grafica, Varese, 1930.

AA.VV., La questione ticinese, Con ceno alla situazione del Canton Grigioni, a c. di Associazione

Giovani Ticinesi, Edito e stampato in Fiume, 1923.

ASGHAR Ali, GOHRAB Seyed, Layli and Majnun: Love, Madness, and Mystic Longing in Nizami’s

Epic Romance, Leiden, Brill, 2003.

BANTI Alberto Mario, Sublime madre nostra, La nazione italiana dal Risorgimento al fascismo,

Laterza, Roma-Bari, 2011.

BAUMAN Zygmunt, intervista sull’identità, (Ebook) a c. di Benedetto Vecchi, trad. Di Fabio

Galimberti, Laterza, Roma, 2003, Prima edizione digitale settembre 2012.

BERTONI Brenno, La questione aduliana nel quadro del nazionalismo moderno, Istituto Editoriale

Ticinese, Bellinzona-Lugano, 1932.

BHABHA Homi, I luoghi della cultura, trad. di Antonio Perri, Meltemi Editore, Roma, 2001.

BIANCHI Roberto, Il Ticino politico contemporaneo, 1921-1975, Armando Dadò Editore, Locarno,

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BIANCONI Lorenzo, introduzione, in AA.VV., La drammatrugia musicale, a c. di Lorenzo Bianconi,

Il Mulino, Bologna, 1986, pp. 7-50.

BONALUMI Giovanni, La giovane Adula (1912-1920), Saggio introduttivo e antologia dei testi più

significativi, a c. dell’Istituto di relazioni letterarie italosvizzere, Elvetica, Chiasso, 1970.

BROSI Isidor, Der Irredentismus und die Schweiz, Brodbeck-Frehner, Basilea, 1935.

CIMA Alberto, Filosofia ed Estetica della Musica, Casa Musicale Eco, Monza, 2014.

CODIROLI Pierre, L’ombra del duce, Lineamenti di politica culturale del fascismo nel Canton Ticino

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COLOMBI Emilio, Mezzo secolo di giornalismo, a c. dell’«Adula», Bellinzona, 1931.

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FABBRI Paolo, La musica è sorella di quella poesia che vuole assolversi seco, in AA.VV., Libretti

d’opera italiani, dal Seicento al Novecento, cit., pp. LVII-LXXX.

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GRONDA Giovanna, Il libretto d’opera fra letteratura e teatro, in AA.VV., Libretti d’opera italiani,

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GHISLANZONI Antonio, Aida, a c. di Dario Zanotti, in AA.VV., Librettidopera, 2002, link:

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LANDOLFI Angela, Identità ibride in contesti interculturali post-migratori e postcoloniali in Italia e

in Francia: percorsi transdisciplinari, Dottorato di ricerca in relazioni e processi interculturali

presso l’Università degli Studi del Molise, 2014, link:

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RINGRAZIAMENTI

Ringrazio le professoresse e i professori delle facoltà di Italianistica e Gender Studies che ho avuto il

piacere di ascoltare durante questi anni di studi universitari: ogni Vorlesung e ogni seminario ha

contribuito ad arricchire il mio bagaglio culturale, ma soprattutto – e questo è ciò che conta

maggiormente – a stimolare la mia curiosità verso la lingua, la storia, l’arte, la cultura e la società;

verso l’essere umano, insomma.

In particolare desidero ringraziare la Professoressa Tatiana Crivelli, che mi ha seguita con attenzione

nel viaggio alla ricerca di Dania e che nei momenti di grande disorientamento ha saputo indirizzarmi

nella buona direzione.

Ringrazio poi Anna Ciocca, che per prima mi ha parlato di Dania; il dottor Matteo Giuggioli del

Musikwissenschaftliches Seminar dell’Università di Zurigo, che con pazienza ed entusiasmo ha

svelato alcuni misteri relativi alla partitura musicale; e la Professoressa Bettina Dennerlein

dell’Asien-Orient-Institut che mi ha consigliata per quanto riguarda la storia di Layla e Majnun.

Inoltre desidero ringraziare Edo Bayländer (direttore dell’associazione Amici del Teatro Sociale di

Bellinzona), Gianfranco Helbling (attuale direttore del Teatro Sociale di Bellinzona), Renato Reichlin

(fondatore dell’associazione degli Amici del Teatro Sociale), Pierre Lepori (membro della redazione

italiana del Dizionario Teatrale Svizzero) e Elena Bertossa (che ha scritto una tesi di laurea sul

rapporto tra il Teatro alla Scala e il Teatro Sociale di Bellinzona) per avermi aiutata a capire il ruolo

di Luigi Tosi al Teatro Sociale. Chiara Boilat (responsabile per lo sviluppo progetti di COOPAR),

Andrea Porrini (collaboratore scientifico e responsabile degli archivi presso l’AARDT) e in

particolare Maria Fazioli Foletti (che ha curato la pagina su Elena Bonzanigo per l’AARDT e che si

è dimostrata fortemente disponibile) mi hanno aiutata, invece, a posizionare la figura di Elena

Bonzanigo nel quadro culturale e letterario della Svizzera italiana. Inoltre desidero ringraziare gli

archivisti e i bibliotecari dell’Archivio di Stato di Bellinzona (in particolare Daniele Crivelli, che si

occupa della gestione informatica) e della Biblioteca cantonale di Locarno, nonché della

Zentralbibliothek di Zurigo, del Romanisches Seminar e del Musikwissenschaftliches Seminar.

Ringrazio mia madre e mio padre, che mi hanno appoggiata finanziariamente durante lo studio;

inoltre ringrazio Eleonora, mia sorella, che nel momento del bisogno si è dimostrata presente. Il mio

riconoscimento va anche ad Armin Brunner, direttore d’orchestra felicemente pensionato, che,

nonostante abbia superato gli ottanta anni, si è lasciato prendere dall’entusiasmo alla vista della

partitura di Tosi.

Infine desidero ringraziare le persone senza cui i sette anni trascorsi a Zurigo non sarebbero stati

altrettanto avvincenti: Michela Rossi, Chiara Baffelli, Nadia Montagner, Juliane Roncoroni, Valeria

Iaconis, Michela Bertossa, Roberto Borrello, Alice Idone e molte altre e altri che sono passati dai

corridoi del Romanisches Seminar e con cui ho trascorso il tempo parlando, ridendo e scherzando (e

talvolta studiando). Inoltre ringrazio Isabelle Gallino, Achille Patà, Davide Arrigo, Stefano Pongelli,

(in particolare per la scorta di caffè), Melody Fornera, Tessa Tognetti (insieme a tutta la sua

meravigliosa famiglia) che mi hanno sostenuta (ognuno a modo suo, ma tutti con pazienza e

umorismo) mentre scrivevo la tesi. E ancora Andreas Steger, Valentina Tamburello, Niccolò Moretti,

Demetra Giovanettina, e la lista continuerebbe, se non fossi giunta al termine della pagina. Concludo

nominando Sara Groisman, che ringrazio con tutto il cuore per aver letto con precisione tutte le pagine

di questo lavoro e che da anni rappresenta una grande amica e un’ottima interlocutrice. A loro dedico

la mia tesi.

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FIGURE

Figura 1. Fronte della copertina in cartone del testimone DB (dattiloscritto). Si osserva l’assenza

del titolo, del nome dell’autrice e di ogni indicazione relativa alla pièce. Il collage decorativo

rappresenta un’oasi (l’autore della decorazione è sconosciuto).

Da: testimone DB, conservato presso l’Archivio di Stato di Bellinzona, Collezione Tosi, scatola UNA

154.

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Figura 2. Frontespizio in carta del testimone M (manoscritto). Si osservano le indicazioni Elena

Bonzanigo / DANIA / commedia musicale / in 2 atti e 3 quadri / Musica / del / M. Luigi Tosi.

Da: testimone M, conservato presso l’Archivio di Stato di Bellinzona, Collezione Tosi, scatola UNA

154.

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Figura 3. Fronte della copertina del testimone PB (partitura per l’orchestra) in cartone. Si osserva

un motivo floreale che decora il titolo e il nome del compositore: L. Tosi / DANIA. Inoltre è disegnata

la luna e la stella della bandiera turca nell’angolo in alto a destra del cartone.

Da: testimone DB, conservato presso l’Archivio di Stato di Bellinzona, Collezione Tosi, scatola UNA

156.

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Figura 4. Copertina frontale dell’involucro che contiene alcuni fogli sparsi di singole scene della

pièce (scritte dalla mano di Bonzanigo) insieme ad appunti di Tosi. Si osservino le indicazioni: Elena

Bonzanigo / DANIA / Commedia musicale / in 4 Atti e 3 Quadri / Musica / del / M. Luigi Tosi, che

testimoniano una fase del lavoro in cui la commedia era divisa in quattro atti.

Da: fascicolo, conservato all’Archivio di Stato di Bellinzona, Collezione Tosi, scatola UNA 156.

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APPENDICI

Appendice 1

Tavola dei testimoni DB, DA e M, messi a confronto in una tabella sinottica.

Appendice 2

Tavola delle scene di Dania, messe a confronto con le corrispondenti scene di MOLIÈRE, L’amour

peintre in una tabella sinottica.

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DB

D

A

M

[Coper

tina

in c

arto

ne]

[F

og

li c

onte

nu

ti i

n u

na

map

pa

di car

tone]

Ele

na

Bonzanig

o

Dan

ia

Com

med

ia m

usi

cale

in 2

att

i e

3 q

uad

ri

Musi

ca d

el M

. L

uig

i T

osi

DA

NIA

Com

med

ia i

n >

2<

<3>

att

i >

e 3 Q

uad

ri<

DA

NIA

D

AN

IA

>oper

etta

in 3

quad

ri e

2 a

tti<

<com

med

ia

musi

cale

in 2

att

i e

3 q

uad

ri>

Per

sonag

gi:

MU

ST

AF

A =

pad

rone

di

DA

NIA

= s

chia

va

gre

ca

FL

OR

IAN

O =

genti

luom

o v

enez

iano

AL

Ì =

su

o s

ervo

ZA

IDA

= g

iovane

schia

va

IL P

AS

CIÀ

MU

SIC

I>S

TI<

, C

AN

TO

RI,

SC

HIA

VE

,

DA

NZ

AT

OR

I, M

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ET

TI,

CA

NT

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OR

I,

SE

RV

I, -

P

erso

nag

gi

Must

afà

– p

adro

ne

di <

(Vid

oli

)>

Dan

ia –

schia

va

gre

ca <

(Bore

llin

i)>

Flo

riano –

genti

luom

o v

enez

iano <

(Mele

sa)>

Alì

– s

uo s

ervo <

(Rusc

oni)

>

Zaid

a – g

iovane

schia

va

<(T

addei)

>

Il P

ascià

– <

(Car

ug

o)>

Musi

ci, c

anto

ri, sc

hia

ve,

danzat

rici, >

pic

coli

ner

i< <

more

tti>

, ca

nta

tric

i, s

ervi.

AT

TO

Att

o 1.

SC

EN

A I

° S

cena

1

Luce

ross

a d

i tr

am

onto

. L

a s

cena r

appre

senta

un

cort

ile

di

casa

ori

enta

le.

A des

tra un balc

one

a

sinis

tra u

n p

ozz

o c

irco

ndato

da u

n a

iuola

di

fiori

.

Al le

vars

i del si

pari

o D

ania

ed a

lcune

alt

re s

chia

ve

si a

vvic

inano a

l po

zzo p

er a

ttin

ger

e.

Luce

ross

a d

el t

ram

onto

. L

a s

cena r

appre

senta

un

cort

ile.

Al

leva

rsi

del

sip

ari

o D

ania

e a

lcune s

chia

ve

si

avv

icin

ano a

l pozz

o p

er a

ttin

ger

e.

Coro

:

Pas

sa la

pri

maver

a su

l des

erto

Com

e colo

mba

sull

’im

menso

mar

e

Ne

sa d

ove

posa

re…

Ah>

a<…

C’è

una

sorg

ente

sola

nel d

eser

to

e pri

maver

a vi si

posa

acc

anto

E s

cio

gli

e il

su

o b

el

canto

. A

h>

a<…

..

Coro

:

Pas

sa la

Pri

maver

a nel d

eser

to

Com

e colo

mba

sull

’im

menso

mar

e

sa d

ove

pas

sare

. A

ha!

C’è

una

sorg

ente

sola

nel d

eser

to

E P

rim

aver

a vi si

posa

acc

anto

E s

cio

gli

e il

su

o b

el

canto

. A

ha!

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Ecc

o r

idono f

iori

nel

des

erto

E p

rim

aver

a se

ne

fa c

oro

na

All

’om

bra

dell

e p

alm

e s’

abband

ona

All

’om

bra

dell

e p

alm

e s’

add

orm

enta

. A

h>

a<…

..

(men

tre c

anta

no

e a

ttin

gono Z

aid

a s

i è a

vvic

ina

ta

dall

-alt

ra p

art

e d

el m

uri

cciu

olo

e s

ta i

n a

scolt

o)

Ecc

o: ri

dono f

iori

nel des

erto

E P

rim

aver

a se

ne

fa c

oro

na

All

’om

bra

dell

e p

alm

e s’

abband

ona,

all

’om

bra

dell

e palm

e s’

add

orm

enta

… a

ha!

Men

tre

canta

no e

att

ingono Z

aid

a s

i è

avv

icin

ata

dall

’alt

ra p

art

e d

el m

uri

ccio

lo e

sta

in a

scolt

o:

1.a

Sch

iava

(indic

ando

la a

un'a

ltra

)

Chi

è quell

a fa

nciu

lla

di

la d

al

muro

?

1. sc

hia

va

(ind

icandola

a u

n’a

ltra

)

chi

è quell

a fa

nciu

lla

di

là d

al m

uro

?

2a

Sch

iava

Non l

’ho m

ai

vis

ta

2. sc

hia

va:

non l

’ho m

ai

vis

ta.

Schia

va

Mi

sem

bra

la

G

reca

che

vende

fiori

pre

sso

la

Gra

nde

Mosc

hea

3. sc

hia

va:

mi se

mbra

la

gre

ca c

he v

ende f

iori

pre

sso l

a gra

nd

e

Mosc

hea

Dan

ia –

(vi

vam

ente

)

Una

Gre

ca?

Dan

ia (

viva

men

te)

Una

gre

ca?

zai

da

– (

avv

icin

an

dosi

anco

ra)

Poss

o c

hie

der

e u

na

gra

zia

?

Zaid

a (a

vvic

inandosi

anco

ra)

Poss

o c

hie

der

e u

na

gra

zia

?

Dan

ia –

pure

Dan

ia:

pure

.

Zaid

a –

La

fonte

è l

onta

na a

ncora

e s

ono c

osì

sta

nca

. M

i

per

met

tete

di att

ing

ere

al

vost

ro p

ozzo?

Zaid

a

La

fonte

è l

onta

na a

ncora

e s

ono c

osì

sta

nca

. M

i

per

met

tete

di

att

ing

ere

al

vost

ro p

ozzo?

Dan

ia –

Si davver

o.

Dan

ia:

si d

avver

o.

Schia

va

Cer

tam

ente

. D

am

mi

la t

ua

anfo

ra.

1. sc

hia

va:

cert

am

ente

. D

amm

i la

tua

anfo

ra.

Zaid

a –

Oh,

vi ri

ngra

zio

(es

eguis

ce)

(men

tre

la sc

hia

va att

inge,

D

ania

si

avv

icin

a al

muri

cciu

olo

)

Zaid

a:

oh v

i ri

ngra

zio

!

Men

tre

la s

chia

va a

ttin

ge<

;> D

ania

si

avv

icin

a a

l

muri

ccio

lo.

Dan

ia –

(a Z

aid

a)

Il t

uo a

ccento

è s

tranam

ente

fam

igli

are.

Sei

di

ques

to p

aes

e?

Dan

ia (

a Z

aid

a)

Il tu

o a

ccento

è s

tranam

ente

fam

ilia

re. S

ei d

i qu

esto

pae

se?

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Zaid

a –

No, so

n n

ativ

a d’u

n v

illa

gg

io p

ress

o M

icene.

Zaid

a:

No, so

n n

ativ

a d

i u

n v

illa

gg

io p

ress

o M

icene.

Dan

ia –

(con

gra

zia)

All

ora

se

i gre

ca

com

e m

e.

(L’a

bbra

ccia

) D

imm

i il

tu

o n

om

e e

la t

ua

stori

a.

Dan

ia (

con g

ioia

)

All

ora

sei

gre

ca

com

e m

e (l

’abbra

ccia

) D

imm

i il

tuo n

om

e e

la t

ua

stori

a.

Zaid

a

– I

l m

io n

om

e è

Zaid

a. L

a m

ia s

tori

a è

tris

tezza.

Zaid

a:

il m

io n

om

e è

Zaid

a.. L

a m

ia s

tori

a è

.. t

rist

ezza.

.

Dan

ia –

Rac

conta

!......

[vu

oto

]

Rac

conta

Zaid

a –

Nel

l’E

ubea

Pre

sso a

l m

are

un v

illa

gg

io

Rid

ea p

iccolo

e b

ianco

viv

evo,

nel ra

gg

io

Dolc

e dell

a fa

mig

lia

La

mia

infa

nzia

bea

ta…

..

Ma

un g

iorn

od

i te

rrore

Com

e lu

pi

aff

amat

i

Cala

rono i

bri

ganti

,

i T

urc

hi!

Il

mio

pae

sell

o

fu u

n o

rrid

o m

acell

o

tra

rovin

e fu

manti

……

ucc

isi

i vec

chi,

i b

imb

i…

ah!

La

mia

mam

ma!

(si

copre

gli

occh

i)

[vu

oto

]:

Nel

l’E

ubea

Pre

sso a

l m

are

un v

illa

gg

io

Rid

ea p

iccolo

e b

ianco.

Là,

viv

evo,

nel ra

gg

io

Dolc

e dell

a fa

mig

lia,

la m

ia i

nfa

nzia

bea

ta.

Ma

un g

iorn

o d

i te

rrore

,

com

e lu

pi

aff

am

ati,

cala

rono i

bri

ganti

,

i T

urc

hi!

.. i

l m

io p

aese

llo

fu u

n o

rrid

o m

acell

o.

Tra

rovin

e fu

manti

..

Ucc

isi

i vecc

hi, i

bim

bi.

.

Ah l

a m

ia m

amm

a!

..

(si

copre

gli

occh

i)

Le

Schia

ve

(sott

ovo

ce)

Orr

ore

!

Le

schia

ve

(sott

ovo

ce)

Che

orr

ore

!

Zaid

a

Noi

fanciu

lle,

vendu

te

Sul m

erca

to d

i S

tam

bou

l

Com

e pec

ore

, all

’ast

a!

Da

all

ora

sono s

ch

iava.

Zaid

a:

noi

fanciu

lle,

vendute

sul m

erca

to a

Ist

anbu

l,

com

e pecore

all

’ast

a!

Da

all

ora

sono s

chia

va.

Dan

ia

Oh c

om

e la

tua

stori

a

All

a m

ia s

’ass

om

igli

a!

Dan

ia:

oh c

om

e la

tua

stori

a

all

a m

ia s

’ass

om

igli

a!

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Io p

ur

cres

cevo l

ieta

,

idola

trat

a, i

nconsc

ia,

del des

tino c

rudele

.

Viv

eva

la m

ia f

amig

lia

Pre

sso A

tene.

Il

mio

bab

bo

Era

un r

icco m

erca

nte

Voll

e condurm

i se

co

In u

n s

uo v

illa

gg

io a

Cip

ro

Ma

i p

irat

i dell

’Isl

am

Ass

ali

rono l

a nave…

.

<C

>he

terr

ore

! C

he

sangue!.

...

e non l

o v

idi p

iù p

over

o b

abb

o

e la

mam

ma

che

fors

e ci att

ende

in G

recia

, nell

a nost

ra d

olc

e ca

sa

Io p

ure

cre

scevo l

ieta

,

idola

trat

a, i

nconsc

ia

del des

tino c

rudele

.

Viv

eva

la m

ia f

amig

lia

pre

sso A

tene.

Il

mio

bab

bo

era

un r

icco m

erca

nte

.

Voll

e condurm

i se

co

In u

n s

uo v

illa

gg

io a

Cip

ro.

Che

terr

ore

! C

he

sangue!

E n

on l

o v

idi p

iù,

pover

o b

abb

o!

E l

a m

amm

a che

fors

e

Ancor

ci

atte

nde,

in G

recia

, nell

a

nost

ra d

olc

e ca

sa!

Zaid

a –

Oh!

La

Mam

ma,

la

patr

ia,

la f

am

igli

a

A v

olt

e se

mbra

n s

og

ni

tropp

o b

ell

i

Per

aver

e m

ai p

otu

to e

sser

e ver

i!

Zaid

a:

oh!

Ma

mam

ma,

la

p

atri

a,

la

fam

igli

a,

a volt

e

sem

bra

n so

gni

tropp

o bell

i per

aver

m

ai

potu

to

esse

r ver

i!

D

uet

to:

Dan

ia –

Bell

a G

recia

, m

ia p

atri

a lo

nta

na,

a te

vola

il p

ensi

er!

“bell

a G

recia

…”

Zaid

a –

Bell

a G

recia

dis

tesa

nel

>?<

sole

com

e P

ig>

u<

ra s

irena!

Dan

ia –

Tutt

’avvolt

a nel m

anto

del

mar

e,

od

oro

sa d

i ti

mo e

vio

le,

org

og

liosa

di gra

zia

sovra

na

o d

olc

e patr

ia e

llena

il n

ost

ro c

uore

riv

iver

ti v

uole

.

Zaid

a –

Il n

ost

ro c

uore

riv

eder

ti v

uole

,

Page 135: La Dania di Elena Bonzanigo - · PDF file2 Elena Bonzanigo nacque a Bellinzona nel 1897 e visse ... FAZIOLI FOLETTI Maria, Elena Bonzanigo, in ... alcun tipo del libretto integrale

o d

olc

e patr

ia e

llena!

Insi

em

e

Il p

iù d

olc

e ri

cord

o è

in t

e ra

ccolt

o

E l

a m

amm

a ci gu

arda

col

tuo v

olt

o.

Ma

chiu

se n

ell

a tr

iste

schia

vit

ù

Non t

i ved

rem

o m

ai p

iù, m

ai

più

.

(Nel

fratt

empo

alc

une

schia

ve

asc

olt

ano,

alt

re

pa

sseg

gia

no d

isco

rren

do t

ra l

oro

)

Nel

fr

att

empo

alc

un

e sc

hia

ve

asc

olt

ano,

alt

re

pass

eggia

no d

isco

rren

do f

ra l

oro

.

Schia

va

Com

’è b

ell

o i

l tr

amonto

!

2. sc

hia

va:

com

’è b

ell

o i

l tr

am

onto

!

Schia

va

ma

sta q

uas

i sp

egnend

osi

. In

qu

esta

sta

gio

ne la l

uce

cala

rap

idam

ente

.

1 s

chia

va:

ma

sta q

uas

i sp

egnend

osi

. In

qu

esta

sta

gio

ne la luce

cala

rap

idam

ente

.

Zaid

a –

Si, è

già

tar

di.

Dev

o r

ientr

are

in f

rett

a pri

ma

che

scen

da

la s

era,

Add

io.

Zaid

a:

si’

è g

ià t

ard

i. D

evo r

ientr

are

in f

rett

a pri

ma

che

scen

da

la s

era.

Add

io.

Dan

ia –

Add

io. m

a ri

torn

a d

obb

iam

o r

ived

erci pre

sto.

Dan

ia:

add

io!

ma

rito

rna.

Dobb

iam

o r

ived

erci

pre

sto.

Alc

une

schia

ve

Si,

rito

rna.

P

uoi

sem

pre

at

tinger

e qu

i p

urc

Must

afà

non t

i ved

a!

Alc

une

schia

ve:

si’

si’

rito

rna.

P

uoi

sem

pre

att

ing

ere

qu

i purc

Must

afà

non t

i ved

a.

Zaid

a –

Oh, M

ust

afà

com

ico g

esto

di

orr

ore

. E

sce.

)

Zaid

a:

oh M

ust

afà

(co

mic

o g

esto

di

orr

ore

. E

sce)

SC

EN

A I

I S

cena

II -

schia

va

Com

e si

sta

bene

qu

i al

fres

co!

1. sc

hia

va:

com

e si

sta

bene

qu

i al

fres

co!

Dan

ia –

Rip

rend

iam

o l

a nost

ra c

anzone?

Dan

ia:

ripre

nd

iam

o l

a nost

ra c

anzone?

Alc

une

schia

ve

Si, c

anti

amo.

(Rip

resa

del

coro

)

Alc

une

schia

ve:

si’

canti

amo a

ncora

.(ri

pre

sa d

el c

oro

)

Must

afà

– (

Esc

e sb

uff

ando i

nte

rrom

pen

do i

l co

ro)

Com

e, c

om

e?

È l

’ora

dell

a pre

ghie

ra e

sie

te a

ncora

qui

a

canta

re

e d

>o<

<a>

nzar

e,

gaz

ze

d’i

nfe

rno

pre

sto p

ort

ate

l’a

cqu

a per

le a

blu

zio

ni

e sb

rig

atevi.

Must

afà:

inte

rrom

pen

do i

l co

ro, es

ce

sbuff

ando:

com

e?

Com

e?

È l

’ora

dell

a p

reg

hie

ra e

sie

te a

ncora

qui

a canta

re e

danzar

e, g

azze

d’i

nfe

rno?

Pre

sto,

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Vole

te che

vi

pag

hi

a st

aff

ilat

e, per

la

bar

ba

di

Mao

met

to!

(le

fanci

ull

e ra

cco

lgono l

e anfo

re e

rien

tran

o i

n

fret

ta)

port

ate

l’ac

qua

per

le

ablu

zio

ni

e sb

rigat

evi. V

ole

te

che

vi

pig

li a

sta

ffil

ate

? P

er l

a bar

ba d

i M

aom

etto

?

(le

fan

ciull

e ra

cco

lgono le

anfo

re er

ien

trano in

fret

ta)

Sce

na

vuota

. L

a

luce

si

fa

viole

tta.

Si

sente

dall

’inte

rno la

pre

gh

iera

dell

a se

ra in

tonata

da

Must

afà

e r

ipre

sa d

al

Coro

canti

lena.

– A

nno

tta

Sce

na

vuota

. L

a

luce

si

fa

viole

tta.

Si

sente

dall

’inte

rno la

pre

gh

iera

dell

a se

ra in

tonata

da

Must

afà

e r

ipre

sa d

al

coro

in

canti

lena.

Annott

a

rapid

am

ente

. B

reve

sile

nzi

o.

Entr

a A

lì c

on a

lcun

i

musi

ci:

AT

TO

I

Att

o 1°

Q

uadr

o 1°

è

una b

ella

nott

e di

ple

nil

unio

, m

a d

i quando i

n

quando n

uvo

le v

agabond

e ve

lano l

a l

una.

L

a

scen

a

rappre

senta

il

co

rtil

e di

un

pa

lazz

o

ori

enta

le. A

des

tra u

n b

alc

one.

In m

ezzo

al co

rtil

e,

un p

ozz

o c

irco

ndato

da u

n’a

iuola

di

fiori

. È

una

bel

la n

ott

e di

ple

nil

un

io,

ma d

i quando i

n q

uando

nubi

vagabonde

vel

ano l

a l

una.

Sce

na

III

S

cena

I:

R

onda:

(En

tra A

li c

on a

lcun

i m

usi

ci)

Ali

Pia

n p

ianin

o,

cauta

emnte

,

senza

far

rum

ore

qui

venit

e, b

rava

gente

,

qui

atte

ndet

e il

mio

sig

nor.

(acce

nnando c

ol

dit

o s

ull

a b

occ

a ss

t! S

st!

Alì

:

pia

n p

ianin

o, ca

uta

mente

, se

nza

far

rum

ore

alc

uno,

qui

venit

e bra

va

gente

, bra

va

gente

qu

i att

end

ete

il

mio

sig

nor.

Entr

a A

lì c

on a

lcun

i m

usi

ci

Alì

.

Pia

n p

ianin

o,

cauta

mente

,

senza

far

rum

or,

qui

venit

e, b

rava

gente

,

qui

atte

ndet

e il

mio

sig

nor.

Acc

ennan

do c

ol

dit

o s

ull

a b

occa

: S

ct!

Sct!

Coro

Pia

n p

ianin

o,

cauta

mente

,

senza

far

rum

ore

tutt

i qu

i paz

iente

mente

atte

nd

iam

o i

l tu

o S

ignor.

Sst

! S

st!

Coro

:

pia

n p

ianin

o, ca

uta

mente

, se

nza

far

rum

ore

alc

uno

qui

atte

nd

iam

il

tuo s

ignor,

qu

i as

pett

iam

o,

qui

aspet

tiam

o i

l tu

o s

ignor.

Coro

.

Pia

n p

ianin

o,

cauta

mente

,

senza

far

rum

or,

tutt

i qu

i paz

iente

mente

aspet

tiam

o i

l tu

o s

ignor.

Sct

!

Ali

Tu r

imani

qu

i ap

pia

ttat

o,

tu n

ascond

iti

lagg

iù,

Alì

:

tu r

imani

là a

pp

iatt

ato

, tu

nas

cond

iti

lagg

iù;

tu q

ui pre

sso a

l colo

nnat

o, d

ietr

o a

lla

fonta

na,

tu.

Alì

.

Tu r

imani

qu

i ap

pia

ttat

o;

Tu n

ascond

iti

lagg

iù;

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voi qu

i d

ietr

o a

l co

lonnato

,

die

tro a

lla

fonta

na,

tu.

Sst

! S

st!

Guai

se

alc

uno c

i sc

opri

sse,

sar

ian b

ott

e in

quan

tità

.

Oh s

e alm

en p

rest

o v

enis

se!

Chi sa

mai,

chi

sa m

ai

quand

o v

errà

.

noi qu

i d

ietr

o i

l colo

nnato

;

die

tro a

lla

fonta

na

tu.

Sct

! S

ct!

Coro

Guai

se

alc

uno c

i sc

opri

sse!

2. S

aria

n b

uss

e in

quanti

3. O

h. S

e alm

eno p

rest

o v

enis

se!

4. C

his

sà m

ai quand

o v

errà

!

Sst

! S

st!

(si

na

scondono)

C

oro

.

1: G

uai

se a

lcu

no c

i sc

opri

sse!

2: S

aria

n b

uss

e in

quanti

tà!

1: O

h!

Se

alm

en p

rest

o v

enis

se!

2: C

his

sà m

ai qu

and

o s

arà!

Sct

! S

ct!

(Si

nasc

ondono)

Ali

Sil

enzio

! N

on

vi

movet

e p

<ri

ma>

che

io

vi

chia

<m

>i.

(so

lo)

Che

am

ara

par

od

ia è

la

sort

e dell

o

schia

vo!

Non m

ai

viv

ere

per

se

ma e

sser

e ag

gio

gat

i

all

e p

assi

oni ed

ai cap

ricci d

el p

adro

ne

Così

ades

so,

per

ché

il m

io s

ignor

ha

il g

hir

ibiz

zo d

i in

nam

ora

rsi,

dev

o p

assa

re i

o l

a nott

e e

il g

iorn

o s

enza

rip

oso

.

A

lì.

Sil

enzio

! N

on v

i m

uovet

e che’

io n

on v

i chia

mi.

Solo

. C

he

amar

a e s

cip

ita

par

od

ia è

la

sort

e dell

o

schia

vo!

Non

mai

viv

ere

per

, m

a es

sere

agg

iogat

i all

e pas

sioni

ed a

i guai

del

pad

rone,

e

dover

sce

rvell

arsi

per

tutt

i i

capri

cci

che

fru

llano

per

il

cap

o!

Così

, ad

esso

, per

ché

il m

io >

pad

rone<

<si

gn

ore

> ha

il g

hir

ibiz

zo d

i in

nam

ora

rsi, devo

pas

sare

io n

ott

e e

gio

rno s

enza

rip

oso

!

Sce

na

*2

*

=999=

==

==

S

cena

II

(En

tra F

lori

ano)

Flo

riano –

Sei

tu A

li?

E

ntr

a F

lori

ano

Flo

riano.

Sei

tu, A

lì?

Ali

E

chi

mai

se

non

io,

pad

tone?A

qu

est

ore

</>

nott

urn

e chi,

all

infu

ori

di

voi

e m

e, g

ira p

er

cort

ili

deg

li a

ltri

invec

e d

i andar

sene

a le

tto?

A

lì.

E c

hi m

ai se

non i

o, pad

rone?

A q

ues

t’ora

nott

urn

a

chi,

all

’infu

ori

di

noi, d

i m

e, g

ira

pei

cort

ili

deg

li

alt

ri i

nvec

e d

i and

arse

ne

a le

tto?

Flo

riano –

nes

suno,

dic

i bene.

Per

ché

nes

suno s

off

re l

e pene

che

mi

torm

enta

no.

Dover

com

bat

tere

l’in

dif

fere

nza

dell

a d

onna

am

ata

è ben l

ieve c

osa

,

per

la

sp

eranza

di

pie

gar

la

ai

nost

ri

voti

, o

il

refr

iger

io,

alm

eno,

di

lam

enta

rci

e d

i so

spir

are.

Ma

non p

ote

r tr

ovar

e m

ai occ

asio

ne

di p

arla

rle,

no p

ote

r

F

lori

ano.

Nes

suno,

dic

i b

ene.

Per

ché

nes

suno s

off

re l

e p

ene

che

mi

torm

enta

no.

Dover

com

bat

tere

l’in

dif

fere

nza

dell

a d

onna

amata

è l

ieve

cosa

, per

la s

per

anza

di p

iegar

la a

i nost

ri v

oti

, o i

l re

frig

erio

,

alm

eno, d

i la

menta

rsi e

di

sosp

irar

e. M

a non p

ote

r

trovar

e m

ai

occa

sione

di

par

larl

e n

on p

ote

r sa

per

e

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saper

e se

l’a

more

nat

o d

ai

suoi

beg

li o

cchi

le s

ia

caro

o d

isca

ro è

per

me la

peg

gio

re d

ell

e so

ffer

enze!

Ed ec

co,

appu

nto

, che

la fe

roce

sorv

egli

anza

di

quell

’orc

o d

i M

ust

afà

mi

vi cond

anna!

se l

’am

ore

nat

o d

ai

suoi

beg

li o

cchi

le s

ia c

aro o

dis

car

o è

per

me

la p

egg

ior

dell

e so

ffer

enze;

ed

ecco,

appu

nto

, che

la

fero

ce

sorv

egli

anza

di

quell

’orc

o d

i M

ust

afà

mi

vi cond

anna!

Alì

Ma

in

am

ore

, p

adro

ne,

m

io,

ci

sono

div

ersi

linguag

gi:

e m

i se

mbra

che

i vost

ri o

cchi

e qu

ell

i

dell

a b

ell

a D

ania

da o

olt

re d

ue

mes

i si d

icano m

olt

e

cose

!

A

lì.

>P

adro

ne

mio

<,

Ma

in a

more

, pad

rone

mio

, ci

sono d

iver

si l

inguag

gi;

e m

i se

mbra

che

i vost

ri

occhi e

qu

ell

i dell

a b

ell

a D

ania

da o

ltre

due m

esi si

dic

ano m

olt

e cose

!

Flo

riano –

giu

stis

sim

o,

Ali

. P

erò c

om

e sa

per

e se

cia

scu

no d

i

noi

abb

ia i

nte

rpre

tato

bene

tale

lin

guag

gio

? S

e la

mia

d

ilett

a in

tend

e tu

tto

ciò

che

i m

iei

occ

hi

vog

liono d

irle

? S

e i

suoi

occ

hi

dic

ono t

utt

o c

iò c

he

io c

red

o i

nte

nder

e?

F

lori

ano.

Giu

stis

sim

o, A

lì. P

erò, com

e sa

per

e se

cia

scu

no d

i

noi

abb

ia i

nte

rpre

tato

bene

tale

lin

guag

gio

? S

e la

mia

d

ilet

ta

inte

nde

tutt

o

ciò

che

i m

iei

occhi

vog

liono d

irle

? S

e i

suoi

occ

hi

davver

o d

icono

tutt

o c

iò c

h’i

o c

red

o i

nte

nder

e?

Ali

E a

llora

, pad

rone

mio

, la

cosa

è s

em

pli

ce, b

isog

ner

à

trovar

e il

mez

zo d

impar

lars

i alt

rim

enti

.

A

lì.

E

all

ora

, pad

rone

mio

, la

cosa

è

sem

pli

ce:

bis

og

ner

à tr

ovar

e il

mod

o d

i par

larc

i alt

rim

enti

.

Flo

riano –

Ah!

Pre

sto d

etto

….. h

ai

cond

ott

o i

musi

ci?

F

lori

ano.

Ah!

Pre

sto d

etto

!... H

ai cond

ott

o i

musi

ci?

Ali

Si, p

adro

ne.

Ma…

(a

ccen

nando a

lla f

ines

tra d

el

balc

one)

nas

cond

iam

oci

ed a

ttend

iam

o.

(si

riti

rano

nel

l’om

bra

)

I m

usi

ci s

i nasc

ondono e

dopo il bre

ve s

oli

loqu

io d

i

Alì

, en

tra

Flo

riano.

La

casa

e

il

balc

one

sono

illu

min

ati

dall

a

luna

men

tre

il

cort

ile

rim

ane

nel

l’om

bra

. A

e F

lori

ano

parl

ano

sott

ovo

ce.

Dania

appare

al

balc

one:

Alì

.

Sì,

pad

rone.

Ma…

(A

cce

nnando a

lla f

ines

tra d

el

balc

one)

nas

cond

iam

oci

e at

tend

iam

o. (S

i ri

tira

no

nel

l’om

bra

.)

SC

EN

A 3

Sce

na

III

R

om

anza

di D

ania

La

luna

è ve

lata

co

mple

tam

ente

e

i su

oi

raggi

d’o

pa

le

illu

min

an

o

la

facc

iata

d

ella

ca

sa

e il

balc

one,

la

scia

ndo m

ezzo

co

rtil

e nell

’om

bra

. L

a

fines

tra s

i apre

, su

lle

paro

le d

i A

li,

e su

l balc

on

e

appare

una

figura

bia

nco

vest

ita:

Dania

. S

i

appoggia

al

ver

one

e re

sta

un m

om

ento

ass

ort

a e

pen

sier

osa

.

Nott

e lu

nar

e p

iena

d’i

nca

nti

, ver

sa i

l tu

o b

als

am

o

nell

’alm

a m

ia.

Pie

tosa

ter

gin

e g

li a

mar

i p

ianti

, fa

ch’i

o

dim

enti

chi

la

sort

e ri

a.

I d

i’

lonta

ni

di

fanciu

llez

za

fa

che

riso

rgano

nel

mes

to

core

,

quan

do

ancor

liber

a g

odea

l’

ebbre

zza

dell

’ineff

abil

e, t

ener

o a

more

. F

amm

i sc

ord

are

che

schia

va

or

sono,

che

a ig

noto

har

em m

i si

des

tina.

La l

una è

sve

lata

com

ple

tam

ente

e i

suoi

raggi

d’o

pale

ill

um

inano l

a f

acc

iata

vis

ibil

e dell

a c

asa

,

il balc

on

e, la

scia

ndo m

ezzo

co

rtil

e nel

l’om

bra

.

>U

na<

La f

ines

tra s

i apre

, su

lla p

aro

la d

i A

lì,

e

sul

balc

one

appare

una

fi

gura

bia

nco

vest

ita:

Dania

. Si

appoggia

al

ver

one

e r

esta

un m

om

ento

acc

ort

a e

pen

sier

osa

. P

oi,

quasi

a s

é st

essa

, ca

nta

:

Page 139: La Dania di Elena Bonzanigo - · PDF file2 Elena Bonzanigo nacque a Bellinzona nel 1897 e visse ... FAZIOLI FOLETTI Maria, Elena Bonzanigo, in ... alcun tipo del libretto integrale

Po

i q

uasi

a s

e st

essa

canta

:

Nott

e lu

nar

e, p

iena

d i

ncanto

Ver

sa i

l tu

o b

als

amo s

ull

’anim

a m

ia

Pie

tosa

ter

gin

e l’

amar

o p

ianto

Fa

ch i

o d

imenti

chi

la s

ort

e ri

a.

I dì

lonta

ni

>dell

a< d

i fa

nciu

llez

za

Fa

che

riso

rgano n

el

mes

to c

uore

,

quan

do a

ncor

liber

a (c

orr

.) g

od

ea l

’ebre

zza

dell

’innefa

bil

e m

ater

no a

more

.

Fam

mi sc

ord

are

che

schia

va

sono,

che

a ig

noto

har

em

mi si

des

tina.

>F

<<

D>

(corr

.)am

mi

la p

ace!

L a

lma

abband

ona

nel

tuo b

el

sog

no,

nott

e d

ivnia

!

(rim

ane

al

vero

n p

enso

sa)

Dam

mi

la p

ace.

L’a

lma

abb

and

ono n

el

tuo s

og

no,

nott

e d

ivin

a!

Fin

ito i

l ca

nto

sta

per

rit

irars

i quando F

lori

ano l

a

rich

iam

a c

on l

a s

ua c

anzo

ne:

Nott

e lu

nar

e, p

iena

d’i

ncanto

,

ver

sa i

l tu

o b

als

amo n

ell

’alm

a m

ia,

pie

tosa

ter

gin

e l’

amar

o p

ianto

,

fa c

h’i

o d

imenti

chi

la s

ort

e ri

a.

I dì

lonta

ni

di

fanciu

llez

za

fa c

he

riso

rgano,

nel m

uto

core

,

quan

do a

ncor

liber

a g

od

ea l

’ebbre

zza

dell

’ineff

abil

e m

ater

no a

more

.

Fam

mi sc

ord

are

che

schia

va

io s

ono,

che

a in

giu

sto H

arem

mi si

des

tina

Dam

mi

la p

ace!

L’a

lma

abband

ona

Nel

tu

o b

el so

gno,

nott

e d

ivin

a!

Rim

an

e al

ver

one

pen

sosa

.

Ali

– (

sott

ovo

ce

a F

lori

ano)

Non

pote

vam

o

cap

itar

m

egli

o.

(chia

mando

coi

cenni

i m

usi

ci)

Avanti

.voia

ltri

! <

T>

(corr

.)enet

evi

pro

nto

e f

atevi

onore

.

A

lì. (S

ott

ovo

ce a

Flo

riano)

Non p

ote

vam

o c

apit

are

meg

lio.

(Chia

mando c

oi

cenni

i m

usi

ci)

Avanti

, voia

ltri

! T

enet

evi

pro

nti

e

fate

vi

onore

.

Flo

riano (

ai

musi

ci)

Io c

ante

rò,

voi

mi

accom

pag

ner

ete

e so

ster

rete

nel

rito

rnell

o.

(Esc

ono

dall

’om

bra

e

si

dis

po

ngono

sott

o i

l balc

one)

F

lori

ano. (A

i m

usi

ci)

Io c

ante

rò,

voi

mi

accom

pag

ner

ete e

mi

sost

erre

te

nel ri

torn

ell

o. (E

scono d

all

’om

bra

e s

i dis

pongono

sott

o i

l balc

one.

)

Dan

ia –

(fa

un m

ovim

ento

di so

rpre

sa e

si ri

tira

dal

balc

one)

D

ania

. (f

a u

n m

ovi

men

to d

i so

rpre

sa e

si

riti

ra d

al

balc

one)

S

eren

ata

di

Flo

riano:

Flo

riano (

canta

)

Torn

a al

ver

one,

o m

ia d

ilet

ta,

e as

colt

a il

canto

dell

a m

ia p

assi

one,

Com

e il

tu

o c

or,

tu

tto i

l m

io c

ore

asp

ett

a

Il d

o<

l>ce

di

dell

a li

ber

azio

ne.

Sper

a, m

io c

ore

!

L’a

lba

è g

ià v

icin

a,

Alb

a d

i li

ber

tà,

luce

d’a

more

.

Asc

iuga

il p

ianto

dai

beg

li o

cchi

ner

i

E i

l cor

riap

ri a

fu

lgid

a sp

eranza.

La

reg

ina

tu s

ei d

ei m

iei p

ensi

eri,

Torn

a ancora

al

ver

one,

m

ia d

ilet

ta,

e as

colt

a il

canto

com

e il

tu

o c

uore

, il

mio

cu

ore

asp

etta

il

do

lce

di’

dell

<a

liber

azio

ne.

>

Sper

a m

io c

ore

, l’

alb

a è

già

vic

ina:

alb

a d

i li

ber

tà,

luce

<e

amore

!>

In a

lto i c

uori

l’a

lba

è g

ià v

icin

a, a

lba

di li

ber

tà luce

d<

’am

ore

>

Asc

iuga i

l p

ianto

de>

gl<

<i>

beg

li o

cchi

ner

i, e

il

cor

riap

ri a

fu[v

uoto

]

Flo

riano.

(Canta

)

Torn

a ancora

al

ver

one,

o m

ia d

ilet

ta,

e as

colt

a il

canto

dell

a m

ia p

assi

one.

Com

e il

tu

o c

or,

tu

tto i

l m

io c

ore

asp

ett

a

Il d

olc

e d

ì dell

a li

ber

azio

ne.

Sper

a, m

io c

ore

!

L’a

lba

è g

ià v

icin

a,

alb

a d

i li

ber

tà,

luce

d’a

more

.

asciu

ga

il p

ianto

dai b

egli

occ

hi

ner

i

e il

cor

riap

ri a

fu

lgid

a sp

eranza.

La

reg

ina

se’

tu d

ei

mie

i pensi

eri,

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pre

nd

i tu

tto m

e st

esso

in s

udd

itanza.

Sper

a, m

io c

ore

.

>L

a la

ba<

<L

’alb

a> (

corr

.) g

ià v

icin

a,

alb

a d

i li

ber

tà l

uce

d’a

more

.

La

reg

ina

sei

tu d

ei

mie

i p

ensi

eri, p

red

i tu

tto m

e

stes

so i

n s

u[v

uoto

]

Sper

a m

io c

ore

l’a

lba

è g

ià v

icin

a;

alb

a d

i li

ber

tà,

luce

d’a

mo<

r.>

pre

nd

i tu

tto m

e st

esso

in s

udd

itanza.

Sper

a, m

io c

ore

!

L’a

lba

è g

ià v

icin

a,

alb

a d

i li

ber

tà,

luce

d’a

more

.

Flo

riano –

(avv

icin

andosi

al

vero

ne)

Dan

ia…

….

Flo

riano s

i avv

icin

a p

er p

arl

are

a D

ania

, m

a e

ssa

avv

erte

rum

ore

ter

no e

si

riti

ra:

Flo

riano.

(avv

icin

andosi

al

vero

ne)

Dania

Dan

ia –

Si sp

org

e un p

oco

poi su

bit

am

ente

si ri

trae

e si

pone

in a

sco

lto.

Fa q

uin

di

un c

enno a

flo

riano

e gli

dic

e in

fre

tta:

fugg

ite

in f

rett

a, s

ento

rum

ore

in

casa

! (s

i ri

tira

e c

hiu

de

la fin

estr

a, m

entr

e F

lori

ano

col

suo p

icco

lo s

egu

ito s

i nasc

onde

die

tro l

e quin

te

figura

nti

co

lonne)

Dan

ia:

per

car

ità

nas

cond

etevi,

pre

sto. A

rriv

a M

ust

afà

.

Dan

ia.

(Si

sporg

e un

poco

, po

i su

bit

am

ente

si

ritr

ae

e si

pone

in a

scolt

o.

Fa q

uin

di

un c

enno a

Flo

riano e

gli

d

ice,

in

fr

ett

a:)

F

ugg

ite!

Pre

sto!

Sen

to ru

more

nell

a ca

sa!

(Si

riti

ra e ch

iud

e la

fines

tra,

men

tre F

lori

ano

col

suo p

icco

lo s

egu

ito

si n

asc

onde

die

tro l

e quin

te f

igura

nti

colo

nn

e.)

Sce

na

4

S

cena

(La p

ort

a s

i apre

. E

sce

MU

ST

AF

A i

n v

esta

gli

a e

ber

etto

da n

ott

e co

n u

na s

cim

itarr

a s

ott

o il bra

ccio

)

Musa

tfa.

(ava

nza

ndo c

auto

) C

hi

va

là?

Chi

va

là?

… (

sile

nzi

o)

Ho i

nte

so s

uonar

e e

canta

re d

avanti

all

a m

ia p

ort

a e

sono c

ose

che

non s

i fa

nno s

enza

rag

ione.

Bis

og

na

che

io s

app

ia…

. (a

vanza

anco

ra

cauta

men

te)

(L

a port

a si

apre

. E

sce

Must

afà

in

ve

stagli

a e

ber

rett

o

da

nott

e,

con

una

scim

itarr

a

sott

o

il

bra

ccio

)

Must

afà.

Chi

va

là?.

.. C

hi

va

là?.

..

(Sil

enzi

o.

Ava

nza

ndo c

auto

.) H

o i

nte

so s

uonar

e e

canta

re d

avanti

all

a m

ia p

ort

a e

son c

ose

che

non

si fa

nno se

nza

rag

ione.

B

isog

na

ch’i

o sa

pp

ia…

(Ava

nza

anco

ra c

auta

men

te.)

Ali

. (r

ien

trando

in

scen

a

con

Flo

riano

e

parl

andogli

sott

ovo

ce)

Ved

ete

pad

rone,

la

port

a è

aper

ta e

m

i par

e che

qualc

uno

si

mu

ova

la

pre

sso;

Bis

og

na

che

io

sappia

.. …

A

lì.

(Rie

ntr

ando

in

scen

a

con

Flo

riano

e

parl

andogli

sott

ovo

ce:)

Ved

ete,

pad

rone,

la

port

a è

aper

ta e

mi

par

e che

qualc

uno

si

mu

ova

pre

sso.

Bis

og

na

ch’i

o

sappia

Flo

riano

Cer

to m

a b

ada

di

far

pia

no.

Io r

esto

qu

i</>

per

og

ni

buon c

onto

. P

iace

sse

al C

ielo

che

foss

e la

mia

bell

a

Dan

ia!

F

lori

ano.

Cer

to,

ma

bad

a d

i fa

r p

iano.

Io r

esto

qu

i, p

er o

gni

buon c

onto

pia

cess

e al

cie

lo c

he f

oss

e la

mia

bell

a

Dan

ia!

Must

afà

(dando

</>

uno s

chia

ffo a

d A

li)

Chi

va

là?

M

ust

afà.

(D

ando u

no s

chia

ffo a

d A

lì.)

Chi

va

là?

Ali

(re

nd

endo l

o s

chia

ffo)

Alì

. (R

enden

do l

o s

chia

ffo.)

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Am

ici.

A

mic

i.

Must

afà

(rie

ntr

ando)

Ser

vi,

, olà

acc

orr

ete

!

Pre

sto, per

All

ah!

Ibra

him

, O

mar

, T

ale

te,

Sham

-el-

Nas

sim

, A

bdu

llah!

Acc

orr

ete

pre

sto,

olà

!

L’a

lab

arda

ed i

l fu

cil

e,

la p

isto

la e

lo s

tafi

le

su p

ort

ate

mi,

polt

roni!

Con l

e fr

ust

e, c

on b

asto

ni,

scim

itar

re e

scia

bo

loni

accorr

ete

pre

sto,

olà

per

All

ah!

(rie

ntr

a)

Must

afà:

serv

i olà

. A

ccorr

ete

per

A

llah!

Ibra

him

, O

mar

,

Abdu

llah.

Tale

te,

accorr

ete,

ac

corr

ete

Sakar

i,

Tale

te,

venit

e ac

corr

e<te

> (a

gg

iunta

a

mano)

su

accorr

ete

per

All

ah.

L’a

lab

arda

ed i

l fu

cil

e, l

a p

isto

la e

lo s

taff

ile

su

port

atem

i p

olt

roni,

con

le

frust

e,

coi

bas

toni

scim

itar

ra

e sc

iab

loni,

accorr

ete

pre

sto

, qua

accorr

ete

per

A

llah.

(Flo

riano

e

Alì

sc

ap

pano).

Esc

e M

ust

a

Must

afà.

(R

ien

trando.)

Ser

vi,

olà

, acc

orr

ete

!

Pre

sto p

er A

llah!

Ibra

him

, O

mar

, T

ale

te,

Sham

-el-

Nas

sim

, A

bdu

llah!

Acc

orr

ete

pre

sto,

olà

!

L’a

lab

arda

ed i

l fu

cil

e,

la p

isto

la e

lo s

taff

ile

su p

ort

ate

mi,

polt

roni!

Con l

e fr

ust

e, c

on b

asto

ni,

scim

itar

re e

scia

bolo

ni

Acc

orr

ete

pre

sto,

olà

,

per

All

ah!

(Rie

ntr

a)

Ali

Sig

nor

mio

, qu

i ci

convie

ne

Las

cia

r pre

sto q

ues

te s

cene,

che

far

most

ra d

i cora

gg

io

non d

areb

be

alc

un v

anta

gg

io.

Alì

:

sig

nor

mio

qu

i ci

convie

ne

lasc

iar

pre

sto ques

te

scen

e,

ché

far

most

ra

di

cora

gg

io

non

dar

ebb

e

pro

pri

o a

lcu

n v

anta

gg

io.

Alì

.

Sig

nor

mio

, qu

i ci

convie

ne

lasc

iar

pre

sto q

ues

te s

cene,

chè

far

most

ra d

i cora

gg

io

non d

areb

be

alc

un v

anta

gg

io.

Flo

riano

Ah!

Mi bru

cia

no l

e m

ani!

Flo

riano:

ah m

i bru

cia

no l

e m

ani…

Flo

riano.

Alì

! M

i bru

cia

no l

e m

ani!

Ali

Ed a

me?!

Ma

se q

uei

cani

Or

ci r

om

pono l

a te

sta,

pad

ron b

ell

o,

che

ci

rest

a

per

fin

ire

la p

arti

ta?

Alì

:

ed a

me?

Ed a

me?

Se

quei

cani

or

ci

rom

pono l

a

test

a m

io p

adro

ne

che

ci

rest

a per

fin

ire

la p

arti

ta?

Alì

.

Ed a

me?!

Ma

se q

uei

cani

or

ci

rom

pono l

a te

sta,

pad

rone

bell

o, che

ci re

sta

per

fin

ire

la p

arti

ta?

Flo

riano

Hai

rag

ione.

Tro

pp

o b

ell

a

È l

a sp

eme

che

mi

invit

a,

tropp

o f

ulg

ida

è la

ste

lla

chr

m’i

llum

ina

la v

ita

per

ch’i

o p

oss

a ri

nu

ncia

re

Flo

riano:

hai

rag

ione: tr

opp

o b

ell

a è

la s

pem

e

tropp

o b

ell

a è

la s

pem

e che

m’i

nvit

a,

tropp

o f

ulg

ida

è la

ste

lla

che

m’i

llum

ina

la v

ita

per

ch’i

o p

oss

a ri

nu

nzia

re a

vole

rla

conqu

ista

re.

Flo

riano.

Hai

rag

ione.

Tro

pp

o b

ell

a

È l

a sp

eme

che

m’i

nvit

a,

tropp

o f

ulg

ida

è la

ste

lla

che

m’i

llum

ina

la v

ita

per

ch’i

o p

oss

a ri

nu

ncia

re

a vole

rla

conqu

ista

re.

(Esc

ono.)

Sce

na

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M

ust

afà:

tutt

i fu

ori

usc

ite

subit

o, se

qual

cun v

edet

e m

uover

e.

Com

e nell

’est

ate

gra

nd

ine,

com

e in

ura

gano

fulm

ini

Su lu

i buss

e fa

te p

iover

e, b

uss

e, b

uss

e, b

uss

e.

Bott

e g

iù s

enza

pie

tà;

che

vit

tori

a per

All

ah

Qual

vit

tori

a m

ai sa

rà.

(Esc

e M

ust

afà

, se

gu

ito d

a u

n (

?)

di

serv

i a m

ezzo

sves

titi

e a

rmati

nel m

odo p

iù v

ari

o e

biz

zarr

o, ch

i

con

randel

li,

chi

con

scope,

ch

i co

n

vec

chie

scia

bole

e c

on g

ross

i fu

cili

.)

Must

afà.

(>

Li

fa n

asc

onder

e qua

e là

.< D

ando

bru

scam

ente

gli

ord

ini.

)

Tutt

i fu

ori

usc

ite

sub

ito

Se

qualc

uno v

edet

e m

uover

e!

Com

e nell

’est

ate

gra

nd

ine,

com

e in

ura

gano f

ulm

ini,

frecc

e all

ora

fat

e p

iover

e,

bas

tonat

e fa

te s

cender

e!

Bott

e!

Giù

senza

pie

tà!

Per

All

ah!

Qual

vit

tori

a m

ai sa

rà!

(La luna a

poco

a p

oco

si ve

la, e

la s

cena è

tutt

a a

l

buio

.)

Coro

Adag

ino s

orp

rend

iam

oli

,

acciu

ffia

moli

, sc

annia

moli

,

sul te

rren s

carr

aventi

amoli

!

Io d

i qu

a….. e

tu d

i là

Tu d

i là

….. e

io d

i qu

a…..

Coro

:

adag

ino

sorp

rend

iam

oli

, sc

annia

moli

, su

l te

rren

scar

aventi

amoli

,

tutt

i in

bri

cole

facc

iam

oli

, io

di qu

a, t

u d

i là

.

Bott

e, g

iù s

enza

pie

tà.

I se

rvi

cerc

ano

inuti

lmen

te

le

vitt

ime,

si

nasc

ondono p

er s

orp

render

. N

on u

den

do p

iù n

ull

a

Must

afà

es

ce

a

veder

e co

sa

succ

ede.

I

serv

i

scorg

endolo

appia

ttato

lo

sc

am

bia

no

per

un

nem

ico ed

es

eguis

cono su

lu

i l’

ord

ine

rice

vuto

:

bott

e giù

sen

za p

ietà

. M

ust

afà

str

epit

a.

Coro

.

Adag

ino s

orp

rend

iam

oli

,

acciu

ffia

moli

, sc

annia

moli

,

sul te

rren s

cara

venti

amoli

,

tutt

i in

bri

cio

le f

accia

moli

!

(Li

fa n

asc

ond

ere.

) Io

di qua…

io d

i qua…

Must

afà

Ric

ord

ate,

per

All

ah!

Bott

e g

iù!

Senza

pie

tà!

(rie

ntr

a s

troppic

ciandosi

le

mani)

qual

vit

tori

a m

ai sa

rà!

(un m

om

ento

di

sile

nzi

o.

Non v

eden

do

più

null

a,

spin

to d

all

a c

uri

osi

tà,

Must

afà

esc

e fu

ori

a v

eder

e

che

succ

ede;

cam

min

ando c

irco

spett

o s

i dir

ige a

M

ust

afà.

Ric

ord

ate,

per

All

ah!

Bott

e!

Giù

, se

nza

pie

tà!

(Rie

ntr

a s

tropic

ciandosi

le

mani.

)

Qual

vit

tori

a m

ai sa

rà!

(Un m

om

ento

di

sile

nzi

o.

Non v

eden

do

più

nu

lla,

spin

to d

all

a c

uri

osi

tà, M

ust

afà

esc

e fu

ori

a v

eder

e

quel

ch

e su

cce

de;

ca

mm

inando

circ

osp

ett

o

si

Page 143: La Dania di Elena Bonzanigo - · PDF file2 Elena Bonzanigo nacque a Bellinzona nel 1897 e visse ... FAZIOLI FOLETTI Maria, Elena Bonzanigo, in ... alcun tipo del libretto integrale

sinis

tra

del

la

scen

a,

dovè

il

piz

zo.

I se

rvi

scorg

endolo

lo s

cam

bia

no p

er u

n n

emic

o.)

dir

ige

ver

so i

l cen

tro d

ell

a s

cena,

dov’

è i

l pozz

o.

I

serv

i, s

eguen

dolo

, lo

sca

mbia

no p

er u

n n

emic

o.)

1 s

ervo (

sott

o v

oce

)

Guar

da!

Ved

i pre

sso i

l p

ozzo?.

...

(I s

ervi

, ve

den

do M

ahom

ed, su

ssurr

ano f

ra l

oro

):

guar

da,

ved

i pre

sso i

l p

ozzo?

Par

e un’o

mbra

… /

con i

l g

ozzo ?

Par

e un’o

tre

gro

sso e

tozzo o

ele

fante

gio

vin

ett

o.

Com

e m

uove

cir

cosp

ett

o!

Chi sa

rà l

agg

iù n

ascost

o?

Die

tro i

l p

ozzo,

per

Maom

etto

, cer

to n

iun d

i noi

fu

post

o.

Noi, n

o c

erto

, tu

l’h

ai d

etto

. M

a i

bri

cconi?

Quel

lo è

un s

olo

.

Gli

alt

ri a

vra

n p

reso

il

volo

per

non s

tare

a d

enti

asciu

tti

Pag

her

à q

uell

o p

er t

utt

i.

(Pia

no p

iano l

o c

irco

ndano e

lo a

ssalt

ano)

T’a

bb

iam

colt

o,

ora

, b

irb

one.

A t

e pre

nd

i!

1: se

rvo.

(So

ttovo

ce.)

Guar

da!

Ved

i, p

ress

o i

l p

ozzo?.

..

2 s

ervo (

sott

o v

oce

)

Par

e un’o

mbra

2: se

rvo.

(So

ttovo

ce.)

Par

e un o

mbra

1 s

ervo (

sott

o v

oce

)

Con q

uel

gozzo?.

.

par

eu u

n o

tre

gro

sso e

tozzo.

1: se

rvo.

(C. s.

)

Con q

uel

gozzo?

Par

e un o

tre

gro

sso e

tozzo.

3 s

ervo (

dall

a p

art

e oppost

a, so

tto v

oce

)

chi

sarà

quell

o n

ascost

o?

3: se

rvo.

(Dall

a p

art

e oppost

a, so

tto

voce

.)

chi

sarà

quell

o n

ascost

o?

4 s

ervo (

c.s.

)

Cer

to n

iun d

i noi

fu p

ost

o

die

tro a

l p

ozzo…

4: se

rvo.

(C. s.

)

Cer

to n

iun d

i noi

fu p

ost

o

die

tro a

l p

ozzo…

3 s

ervo (

c.s.

)

ora

l’a

ppes

to.

3: se

rvo (

C. s.

)

ora

l’a

ppes

to.

1 s

ervo (

più

fort

e)

Pag

her

à quell

o p

er t

utt

i!

1: se

rvo.

(Più

fort

e.)

Pag

her

à quell

o p

er t

utt

i!

3 s

ervo c

.s.)

Pas

serà

mom

enti

bru

tti!

(Lo

circ

ondano

pia

n

pia

no

poi

d’u

n

tratt

o,

min

acc

iosi

lo c

irco

ndano, l’

ass

alg

ono)

3: se

rvo.

(Id

em.)

Pag

her

à m

om

enti

bru

tti!

(Lo

cir

condano

pia

n

pia

no,

po

i d’u

n

tratt

o

min

acc

iosi

lo a

ssalg

ono.)

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Ser

vi

T’a

bb

ian c

olt

o,

ora

bir

bone!

A t

e!

Pre

nd

i!

S

ervi.

T’a

bb

iam

o c

olt

o,

ora

, b

irb

one!

A t

e!

Pre

nd

i!

Must

afà

Ahim

è!

Furf

anti

!

Ah!

Las

cia

tem

i

Mah

om

med

Ahim

é fu

rfanti

! A

hi

lasc

iate

mi!

Must

afà.

Ahim

è!

Furf

anti

!

Ah l

ascia

tem

i!

Ser

vi

Il b

asto

ne

non t

i p

iace

mas

calz

one?

Bott

e g

iù s

enza

pie

tà!

(bacca

no i

n d

iavo

lato

)

Ser

vi:

il

bas

tone

non

ti

pia

ce?

Ho

un

pug

nale

tto

che

lard

ell

a a

per

fezio

ne.

Ser

vi.

Il b

asto

ne

non t

i p

iace

, m

asca

lzone?

Bott

e, g

iù, se

nza

pie

tà!

(Ba

llano i

nd

iavo

lati

.)

Musa

tfà

Ahi!

La

pag

her

ete

cara

!

Ahi

le s

pall

e!

Ahi

la m

ia t

esta

!

Mah

om

ed.

Ahi!

L

a pag

her

ete

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! B

asta

, bas

ta,

per

Mao

met

to.

Bas

ta,

bas

ta p

er A

llah.

(url

ando

) so

n

Mah

om

ed,

il p

adro

ne!

Must

afà.

Ahi!

La

pag

her

ete

cara

!

Ahi!

Le

spall

e!

Ahi!

La

mia

tes

ta!

Ser

vi

Bott

e g

iu s

enza

pie

tà!

Qual

vit

tori

a per

All

ah!

I se

rvi

arr

esta

ndosi

un p

oco

)

La

sua

voce

, in

ver

ità.

.

Ser

vi.

Bott

e!

Giù

, se

nza

pie

tà!

Qual

vit

tori

a, p

er A

llah!

>…

Ma

il p

adro

ne

ove

sarà

?...<

M

ahom

ed (

ripre

nden

do f

iato

)

Imb

ecil

li, sc

imu

nit

i.

Mas

calz

oni, s

cia

gura

ti!

Ah s

aret

e ben p

rem

iati

, ah s

arete

ben s

ervit

i!.

(palp

andosi

) ahi, o

hi, a

hi. P

over

o m

e!

>M

ust

afà.

(P

rofi

ttando d

ella

pic

cola

pausa

per

liber

ars

i un p

oco

:)

ah!

Che

stori

a è

mai

ques

ta?

Imb

ecil

li, sc

imu

nit

i, (

url

ando)

Il p

adro

ne

ecc

olo

qu

a!<

S

ervi:

è il

pad

rone.

G

ran m

ercé.

C

osa

m

ai

succe

der

à?

(fuggono s

paven

tati

)

> S

ervi. (

Sen

tendosi

spaven

tati

:)

Il p

adro

ne?

È q

ua

il p

adro

ne??

Ah n

oi m

iser

i! P

ietà

!

Cosa

mai su

cced

erà?<

M

ahom

ed:

la v

edre

te,

in v

erit

à. (

palp

andosi

)

ohi

ohi,

sono c

oncia

to

per

le

fest

e, s

on c

oncia

to!

Rie

ntr

ando m

orm

ora

fra

mali

nco

nic

am

ente

:

che

vit

tori

a!

Che

vit

tori

a!

Che

vit

tpri

a m

ai sa

rà…

.

Esc

e zo

ppic

ando.

> M

ust

afà.

(P

alp

andosi

.)

Ohi!

Ohi!

Ohi!

La

ved

rete

, in

ver

ità,

per

All

ah!

(Ser

vi

fuggono

im

pauri

ti.

Must

afà

li

segue,

un p

o’

min

acc

iando

col

pugno,

un

po’

pa

lpandosi

, e

gem

endo:)

Qual

vit

tori

a! Q

ual vit

tori

a!

Dis

gra

zia

to M

ust

afà

!<

SIP

AR

IO

S

ipar

io

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INT

ER

ME

ZZ

O –

CO

RO

IN

TE

RN

O

>

Bar

caro

la o

rienta

le<

Inte

rmez

zo

Coro

inte

rno

Bar

caro

la

CO

N l’a

la s

ua

bru

na

La

nott

e d

isce

nd

e

la p

all

ida

luna

sul B

osf

oro

sp

lend

e.

Unso

lco s

i st

end

e

Di

viv

ida

luce

Un p

onte

di

stell

e

Che

ai so

gni condu

ce.

Div

ini,

ineff

abil

i

Ista

nti

ci

atte

nd

ono.

Deh

! V

ieni

fanciu

lla!

Nel

sog

no f

ugg

iam

!

Il m

are

ci

cull

a;

la n

ott

e ci

vela

;

il v

ento

dif

fonde

pro

fum

i d

i fi

or.

Le

stell

e han f

ulg

or,

pro

fum

o h

anno i

fio

r;

e il

core

ha

l’am

or

C

on l

’ala

sua

bru

na

La

nott

e d

isce

nd

e:

la p

all

ida

luna

sul B

osf

oro

sp

lende.

Un s

olc

o v

i st

ende

Di

viv

ida

luce

,

un p

onte

di

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e

che

ai so

gni

conduce

.

Div

ini,

ineff

abil

i

Ista

nti

ci

atte

nd

ono.

Deh

! V

ieni,

fanciu

lla,

nel

sog

no f

ugg

iam

o!

Il m

are

ci cu

lla,

la n

ott

e ci

vela

,

il v

ento

dif

fonde

pro

fum

o d

i fi

or.

>L

onta

n d

all

e sp

onde

Ci

adducono l

’ond

e

Nel

reg

no d

’am

or.

<

Le

stell

e han f

ulg

or,

pro

fum

o h

anno i

fio

r,

il c

ore

ha

l’am

or!

AT

TO

II

II A

TT

O

Qua

dro

II

(La s

tess

a s

cena, al

matt

ino)

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SC

EN

A P

RIM

A

S

cena

(En

tra

Must

afà

tu

tto

ben

dato

e

zopp

icante

appoggia

ndosi

a u

n b

ast

one.

)

(E

sce

Must

afà

, tu

tto

ben

dato

e

zoppic

ando,

appoggia

ndosi

a u

n b

ast

one:

)

Must

afà

Oh-!

Che

pover

a vit

tori

a!

Eh!

Che

dolo

rosa

sto

ria!

Uh!

Il m

io f

ianco!

Ah!

Lem

ie g

am

bre

!

M’h

n c

oncia

to p

er l

a fe

sta!

M’h

anno r

ott

o b

en l

a te

sta!

Ah!

Che

band

a d

i bri

ganti

Che

furf

anti

tutt

i q

uanti

!

Ma

la p

agher

anno c

ara.

Chi

è pad

rone

si v

edrà

!

Onon s

on p

iù M

ust

afà

.

Che

dis

gra

zia

! A

him

é che

guaio

!

M-h

an p

icchia

to M

’han p

esta

to

Com

e chic

co n

el

mort

aio

!

M’h

an b

att

uto

com

e il

gra

no

Sopra

l’a

ia a

mez

zag

ost

o.

M’h

an s

chia

ccia

to

Calp

esta

to

Com

e l’

uva

per

il

most

o!

Ah!

Che

band

a d

i bri

ganti

!

Che

furf

anti

ecc

.

(Seg

uit

a a

gir

ella

re z

oppic

ando e

a g

emer

e. A

un

cert

o

punto

si

fe

rma

e si

m

ette

a

chia

mare

irosa

men

te:

DA

NIA

! D

AN

IA!

Must

afà:

oh c

he

pover

a vit

tori

a!

Oh c

he

dolo

rosa

sto

ria

uh i

l m

io f

ianco,

ih l

e m

ie g

ambe!

M’h

an c

oncia

to p

er l

a fe

sta,

M’h

anno r

ott

o b

en l

a

test

a

Can

agli

e, f

urf

anti

tutt

i quanti

! M

a la

pag

her

ete c

ara.

Che

dis

gra

zia

ahim

é, c

he

guaio

; m

’han p

icchia

to,

M’h

an p

esta

to c

om

e chic

co n

el m

ort

aio

.

M’h

an

bat

tuto

com

e il

gra

no

spora

l’

aia

a

mez

z’A

gost

o.

M’h

an

schia

ccia

to,

calp

esta

to

com

e l’

uva

per

il

most

o.

Ahi che

banda

di

bri

ganti

! che

furf

anti

tutt

i quanti

!

La

pag

her

anno c

ara;

chi

è il

pad

rone

si v

edrà

O n

on s

on p

iù M

ust

afà

.

Oh!.

.. C

he

pover

a vit

tori

a!

Oh!.

.. C

he

dolo

rosa

sto

ria!

Uh!.

.. i

l m

io f

ianco!

Ih!.

.. L

a m

ia t

esta

!

M’h

an c

oncia

to p

er l

a fe

sta!

Rit

: A

h!

Che

band

a d

i bri

ganti

!

Che

furf

anti

!

Tutt

i qu

anti

!

Ma

la p

agher

anno c

ara!

Chi

è pad

rone

si v

edrà

O n

on s

on p

iù M

ust

afà

.

Che

dis

gra

zia

! A

him

è, c

he

guai!

M’h

an p

icchia

to,

m’h

an p

esta

to

com

e chic

co n

el m

ort

aio

!

M’h

an b

att

uto

com

e il

gra

no

Sopra

l’a

ia a

mez

z’a

gost

o!

M’h

an s

chia

ccia

to,

calp

esta

to

com

e l’

uva

per

il

most

o!

Rit

: A

h!

Che

band

a d

i bri

ganti

,

che

furf

anti

ecc.

(seg

uit

a a

gir

ella

re z

oppic

ando e

a g

emer

e. A

un

cert

o

punto

si

fe

rma,

e si

m

ette

a

chia

mare

irosa

men

te:

Dan

ia!

Dopo

un

bre

ve

sile

nzi

o

di

nuovo

:) D

ania

! D

ania

!

Must

afà:

Dania

.

Q

uad

ro s

econd

o

>Q

uad

ro I

I°<

Page 147: La Dania di Elena Bonzanigo - · PDF file2 Elena Bonzanigo nacque a Bellinzona nel 1897 e visse ... FAZIOLI FOLETTI Maria, Elena Bonzanigo, in ... alcun tipo del libretto integrale

L

a s

tess

a s

cena c

he

al

matt

ino.

Moham

med

tutt

o b

endato

e z

oppic

ante

e D

ania

.

>(L

a s

tess

a s

cena, al

matt

ino.)

(Esc

e M

ust

afà

, tu

tto

ben

dato

e

zoppic

an

te,

appoggia

ndosi

a u

n b

ast

one:

)<

Dan

ia (

den

tro l

a s

cena)

Ven

goppare

) E

ccom

i. B

el

gust

o o

bb

lig

arm

i a

ques

ta l

evat

accia

pro

pri

o o

gg

i

che

vole

te ch’i

o p

osi

per

il

ri

trat

to d

a m

and

are

all

’ecc

ell

enti

ssim

o

pas

cià

. (f

a

una

ri

vere

nza

ironic

a)

Se

gli

occ

hi m

i si

chiu

der

anno e

il m

io v

iso

sem

bre

rà d

i cer

a m

oll

e, a

ffar

vost

ro,

e non v

enit

e

poi

a ri

mbro

ttar

mi

quand

o

quell

e ta

li

fam

ose

com

bin

azio

ni

andra

nno i

n f

um

o…

Dan

ia:

bel gust

o, fa

rmi alz

ar tanto

pre

sto!

E s

i’ c

he

pro

pri

o

stam

ani

vole

te f

arm

i fa

re i

l ri

trat

to!

E v

ole

te p

oi

mandar

lo all

’em

inenti

ssim

o P

ascià

(f

a una buff

a

rive

renza

)

Se

avrò

il

vis

o s

ciu

pat

o e

sta

nco,

non s

arà

colp

a

mia

, e

non

avre

te

da

rim

pro

ver

arm

i nu

lla

se

il

vost

ro b

ell

’aff

are

andrà

in f

um

o.

Dan

ia.

(Den

tro

le

scen

e:)

veng

o!

(Appare

)

eccom

i!

Bel

ges

to o

bb

ligar

mi

a ques

ta l

evat

acc

ia!

Pro

pri

o

ogg

i che

vole

te c

h’i

o p

osi

per

il ri

trat

to d

a m

and

are

all

’ill

ust

riss

imo

Pas

cià

! (F

a

una

rive

renza

ironic

a.)

se

gli

occ

hi

mi

si c

hiu

der

anno e

il

vis

o

sem

bre

rà d

i ce

ra m

oll

e, a

ffar

vost

ro; e

non m

i st

ate

poi

a ri

mbro

ttar

e quand

o

quell

e ta

li

fam

ose

com

bin

azio

ni

andra

nno i

n f

um

o…

Mu

staf

à

Non

mi

far

la

pett

egola

ad

esso

, gre

ca

del

mala

uguri

o!

Già

per

cau

sa t

ua

stanott

e…..

Moham

med

:

sta

zit

ta g

reca

del

mala

uguri

o.

Ecc

o cosa

si

guad

agna

a tr

atta

r bene

le d

onne!

Div

enta

no p

ette

gole

e s

facc

iate

. S

e ad

op

eras

si il

bas

tone

com

e fa

nno t

anti

Must

afà.

Non

mi

far

la

pet

teg

ola

, ad

esso

, gre

ca

del

mala

uguri

o!

Già

per

cau

sa t

ua

stanott

e…

D

ania

:

div

ente

rei

viz

za

e am

mac

cat

a e

nes

suno

mi

vorr

ebb

e p

oi com

per

are.

Ah s

apete

il

fatt

o v

ost

ro!

M

oham

med

:

che

ingra

titu

din

e!

Pensa

re che

per

ca

usa

tu

a per

dif

ender

ti, st

anott

e…

Dan

ia (

mali

ziosa

men

te)

Sta

nott

e, g

ià m

e lo

dic

est,

avet

e c

om

bat

tuto

com

e

un l

eone.

Dan

ia (

con m

ali

zia)

Sta

nott

e, g

ià m

e l’

avet

e det

to,

avet

e com

bat

tuto

com

e u

n l

eone.

.

Dan

ia.

(Mali

ziosa

men

te.)

Sta

nott

e, g

ià m

e lo

dic

este

, avet

e com

batt

uto

com

e

un l

eone.

Must

afà

Sic

uro

, eg

uai,

GU

AIa

chi

si a

ttenta

sse

di

aff

erm

are

il c

ontr

ari. (

si e

cci

ta e

str

epit

a c

on l

a v

oce

gro

ssa)

Gli

….

(fa

un m

ovi

men

to b

rusc

o c

he

gli

inace

rbis

ce

le a

macc

atu

re)

OH

I! O

hi!

Ohi,

pover

o m

e!

M

ust

afà.

Sic

uro

; e

guai, g

uai

a chi si

att

enta

sse

di aff

erm

are

il c

ontr

ario

! Si ecc

ita e

str

epit

a, co

n la

voce

gro

ssa.

Gli

… f

a u

n m

ovi

men

to b

rusc

o c

he

gli

inacer

bis

ce

le a

mm

acc

atu

re.

Ohi!

Ohi!

Ohi!

Oh,

pover

o m

e!

>C

om

e so

no r

idott

o!<

Dan

ia (

RID

EN

DO

)

Com

e si

ete

rid

ott

o, p

over

o l

eone!

D

ania

. (R

iden

do.)

Com

e si

ete

rid

ott

o, p

over

o l

eone!

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Must

afà

(Nuo

vam

ente

furi

bondo)

E a

te

più

che a

tutt

i g

li a

ltri

pro

ibis

co d

i ri

der

ne,

ver

mic

iatt

ola

! anzi

mi

dir

ai

sub

ito

chi

è che

si

per

met

te d

i penetr

are

in c

asa

mia

, IN

CA

SA

MIA

?

Dic

o p

er f

arti

la

sere

nat

a!

M

ust

afà.

(N

uo

vam

ente

furi

bondo.)

e a

te p

iù c

he

a tu

tti

gli

alt

ri p

roib

isco d

i ri

der

e,

ver

mic

iatt

ola

! A

nzi

mi

dir

ai

sub

ito c

hi

è che

si

per

met

te d

i st

are

in c

asa

mia

, in

cas

a m

ia, d

ico, per

fart

i la

ser

enata

!

Dan

ia

Sar

à ce

rtam

ente

u

na

per

sona

di

bu

on

gust

o,

e

dovre

ste

esse

rne

fier

o e pro

fitt

are dell

’avventu

ra

pre

sso i

l vost

ro P

ascià

: L

a sp

osa

che

vi

off

ro è

così

bell

a che…

.

D

ania

.

Sar

à ce

rtam

ente

u

na

per

sona

di

bu

on

gust

o,

e

dovre

te e

sser

ne f

iero

e s

frutt

are

l’avventu

ra p

ress

o

il v

ost

ro g

ran P

ascià

: “L

a sp

osa

che

vi

off

ro è

così

bell

a che…

Must

afà

Non è

il

mom

ento

il c

aso d

i sc

her

zar

e, e

non

toll

ero c

he

una

schia

va

si f

acc

ia i

nnanzi

a dar

mi

consi

gli

. M

a se

cr

edi

che

t’hab

bia

com

per

ata

all

evat

a, cu

rata

per

re

star

mene

con un pug

no d

i

mosc

he

e v

eder

ti f

ugg

ire c

on u

n g

iaurr

o q

ualu

nqu

e

ti s

bag

li d

i gro

sso!

Dop

o t

utt

o l

e m

ie a

ttenzio

ni

un

po’

di ri

conosc

enza…

..

M

ust

afà.

Non è

il

mom

ento

né i

l ca

so d

i sc

her

zar

e, e

non

toll

ero c

he u

na s

chia

va

si f

accia

innanzi

a dar

mi

consi

gli

. M

a se

cr

edi

che

t’ab

bia

com

per

ata

,

all

evat

a, c

ura

ta p

er r

esta

rmene

con u

n p

ug

no d

i

mosc

he

e ved

erti

fu

gg

ire

con

un

gia

urr

o

qualu

nque,

ti

sbag

li d

i gro

sso!

Dop

o t

utt

o l

e m

ie

atte

nzio

ni, u

n p

o’

di

riconosc

enza…

Dan

ia

SÌ,

, sì

, non

v’a

rrab

bia

te!

(mali

ziosa

men

te

sorr

iden

do).

V

i p

otr

este

ancora

fa

r d

ole

re

tutt

e

quell

e am

mac

cat

ure

…..

D

ania

.

Sì,

, sì

, non

v’a

rrab

bia

te!

(Mali

ziosa

men

te

sorr

iden

do.)

V

i p

otr

este

ancora

fa

r d

ole

re tu

tte

quell

e am

mac

cat

ure

Must

afà

Ah l

e d

onne,

le

donne!

(rie

ntr

a z

oppic

an

do

, su

lla

sogli

a s

i vo

lge

e, a

lzando c

om

icam

ente

al

cie

lo l

e

bra

ccia

e

il

bast

one

escl

am

a:)

A

llah

mis

eric

ord

ioso

! S

olt

anto

all

a vost

ra

onnip

ote

nza

era

dat

o f

ar c

apir

e in

così

pic

colo

cer

vell

o c

osì

tanta

mali

gnit

à.

6(E

SC

E)

M

ust

afà.

Ah!

Le

donne!

Le

donne!

(Rie

ntr

a z

oppic

ando;

sull

a s

ogli

a s

i vo

lge,

alz

ando c

om

icam

ente

al ci

elo

bra

ccia

e

bast

on

e,

escla

ma:)

A

llah

mis

eric

ord

ioso

! S

olt

anto

all

a V

ost

ra o

nnip

rese

nza

era

dat

o fa

r cap

ire

in c

osì

pic

colo

ce

rvell

o c

osì

gra

nd

e m

ali

gnit

à!

(Esc

e.)

SC

EN

A S

EC

ON

DA

Sce

na

L

eggenda

di

Dania

.

Dan

ia (

sola

)

Oh!

Ineff

abil

e M

ust

afà!

(si

dir

ige

vers

o i

l pozz

o)

Bontà

sua

che

non

m’a

bb

ia a

dd

irit

tura

rim

pro

ver

ata

Sull

a m

onta

gna

che

tocca

il

cie

lo a

cui

le nub

i

sem

pre

fan v

elo

c’è

un g

ran p

ala

zzo tu

tto d

i g

elo

, d

i

mar

mo e

di

cris

tall

o.

All

ah!

Ivi

il c

rudele

Sahr

el

Dan

ia.

(Sola

.)

Oh!

Ineff

abil

e M

ust

afà!

(Si

dir

ige

vers

o i

l pozz

o

con

un’a

nfo

ra.)

B

ontà

su

a che

non

m’a

bb

ia

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l’in

gra

titu

din

e!

Com

e pre

tende

la

riconosc

enza

dell

a gaz

zell

a cat

tura

ta

per

il

m

igli

or

off

erente

!

(Att

ing

e l’

acq

ua a

l pozz

o)

pover

a D

ania

!.... e

pover

i

fiori

! H

anno

soff

erto

anch’e

ssi

stanott

e….

Ah!

Dav

ver

o

pote

ssi

fugg

ire!

Purc

non

acca

des

se

anche

a m

e c

om

e nell

a vec

chia

canzone la leg

gend

a

di

Leil

a-D

akar

…..

Sull

a m

onta

gna

che

tocca

il

cie

lo,

e a

cui

le n

ub

i se

mpre

fan v

elo

c’è

un g

ran p

ala

zzo t

utt

o d

i gelo

,

di

mar

mo e

di cr

ista

llo…

. A

ha…

..

Ivi

il c

rud

ele

Sher

-el-

Nakir

Leil

a la

bell

a fe

ce

rap

ir,

Leil

a fl

essu

osa

com

e u

na

palm

a,

Leil

a vis

o d

i le

rla…

.Aha…

.

Dak

a l’

amante

Dakar

lo s

poso

,

sul su

o d

estr

iero

balz

a im

pet

uoso

,

a sè

din

ieg

a cib

o e

rip

oso

finché

l’ab

bia

rag

giu

nta

….A

ha…

.

Ahim

è!

Il c

rud

ele

Shar

-elN

akir

Dei

su

oi si

cari

li

fa i

nse

gu

ir,

nel

gra

n D

eser

to v

og

lion f

ugg

ir…

son,

nel D

eser

to, ucc

isi…

.Aha…

.

ma

dove

scorr

e lo

r sa

nge

ardente

,

pro

dig

io, sg

org

a fr

esca

sorg

ente

,

l’oas

i p

iù b

ell

a so

rge

repente

,

l’O

asi

Leil

a-D

akar

….

Aha…

.

Nak

ir, L

eil

a la

bell

a fe

ce

rap

ir, L

eil

a f

less

uosa

com

e

una

palm

a,

Leil

a vis

o

di

per

la.

All

ah!

Dakar

,

l’am

ante

, D

akar

lo

sposo

su

l su

o d

estr

iero

balz

a

furi

oso

a s

é d

inie

ga

cib

o e

rip

oso

fin

ché

li a

bb

ia

ragg

iunti

. A

llah!

Il c

rudele

Sah

r el

Nakir

dai

suoi

sicar

i li

fa

se

gu

ir.

Nel

gra

nde

des

ert

vog

liono

fugg

ir, so

n n

el

des

erto

ucc

isi!

Ma

dove

scorr

e

lor

sangu

e ar

dente

, oh

pro

dig

iosg

org

a fr

esca

sorg

ente

. L

’oas

i p

iù ver

de

sorg

e re

pente

L’o

asi bell

a L

eil

a D

akar

!

add

irit

tura

ri

mpro

ver

ata

l’in

gra

titu

din

e!

Com

e

pre

tender

e la

ric

onosc

enza

dell

a gaz

zell

a c

att

ura

ta

per

il

mig

lior

off

erente

! (A

ttin

ge

l’acq

ua a

l pozz

o

e la

ver

sa n

ell’

anfo

ra.

Pover

a D

ania

! Si

acc

inge

ad i

nnaff

iare

i f

iori

che

form

ano a

iuola

into

rno a

l

pozz

o

stes

so.)

E

pover

i fi

ori

! H

anno

soff

erto

anch’e

ssi,

stanott

e…

ah!

Se

davver

o

pote

ssi

fugg

ire!

Ah!

Sig

nore

, se

foss

e p

oss

ibil

e!

Purc

non a

ccad

esse

a m

e com

e nell

a vec

chia

canzone,

la l

egg

enda

di

Leil

a-D

akar

… (

Can

ta:)

“Sull

a m

onta

gna

che

tocc

a il

cie

lo,

e a

cui

le n

ub

i se

mpre

fan v

elo

,

c’è

un g

ran p

ala

zzo t

utt

o d

i gelo

,

di

mar

mo e

di cr

ista

llo.

Ali

a-A

llala

h…

Ivi

il c

rud

ele

Sher

-el-

Nakir

Leil

à, l

a b

ell

a, f

ece

rap

ir,

Leil

à, s

ple

nd

ore

dell

’?,

Leil

à, v

iso d

i per

la.

Ali

a-A

llala

h…

Dak

àr l

’am

ante

, D

akar

lo s

poso

Sul su

o d

estr

iero

balz

a im

pet

uoso

,

a sé

din

ieg

a cib

o e

rip

oso

finché

l’ab

bia

rag

giu

nta

.

Ali

a-A

llala

h…

Ahim

è!

Il c

rud

ele

Shar

-el-

NA

kir

Da’

suoi si

car

i li

fa

inse

gu

ir!

Nel

gra

n d

eser

to v

og

lion f

ugg

ir…

son,

nel d

eser

to, uccis

i!

Ali

a-A

llala

h…

Ma

dove

scorr

e lo

r sa

ngue

ard

ente

,

pro

dig

io!

Sgorg

a fr

esca

sorg

ente

.

L’o

asi

più

bell

a so

rge

repente

,

l’oas

i L

eil

à-D

akar

.

Ali

a-A

llala

h…

Must

afà

(usc

ito a

lle

ult

ime

paro

le d

ella

canzo

ne)

Must

afà.

(usc

ito a

lle u

ltim

e paro

le d

ella

canzo

ne.

)

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Non h

ai

di

meg

lio c

he q

ues

te s

cio

cche

leggende

da

canta

re?

Per

ò l

a tu

a voce

non è

bru

tta

e sa

rà b

ene

colt

ivar

la.

Il

gra

n

Pas

cià

è

molt

o

am

ante

dell

a

musi

ca

non h

ai d

i m

egli

o c

he

ques

te s

cio

cche

leggende d

a

canta

re?

Per

ò, la

tua

voce

non è

bru

tta,

e s

arà

bene

colt

ivar

la.

Il gra

n P

ascià

è

molt

o am

ante

dell

a

musi

ca…

Dan

ia (

inte

rrom

pen

dolo

)

Per

quel

che

mi

imp

ort

a d

el

vost

ro G

ran P

ascià

D

ania

. (I

nte

rrom

pen

dolo

).

Per

quel che

m’i

mp

ort

a del

vost

ro g

ran P

ascià

SC

EN

A 3

Sce

na

Alì

(tr

aves

tito

da m

erca

nte

cin

ese,

en

tra c

on m

olt

i

inch

ini)

A

lì.

(Tra

vest

ito

da

mer

can

te

cines

e,

entr

a

con

molt

i in

chin

i.)

Must

afà

(dopo

ave

r guard

ato

un

po’

tutt

i quei

sala

mel

ecch

i, e

ved

endo c

he

non s

met

te:)

Uff

aa!

Bas

ta c

on q

uell

e ce

rim

onie

! C

osa

vole

te?

M

ust

afà.

(D

opo a

ver

guard

ato

un p

o’

tutt

i qu

ei

sala

mel

ecch

i e

ved

uto

ch

e non s

met

te:)

Uff

aa!

Bas

ta c

on q

uell

e ce

rim

onie

! C

osa

vole

te?

Alì

Onora

tiss

imo s

ignore

: col per

mes

so d

ell

a dam

a /

vi

dir

e /

col

per

mes

so d

ell

a dam

a /

che

veng

o d

a voi

/

col

per

mes

so

dell

a dam

a /

per

pre

gar

vi

/ col

per

mes

so d

ell

a dam

a / d

i vole

re / c

ol per

mes

so d

ell

a

dam

a…..

A

lì.

Onora

tiss

imo s

ignore

(col p

erm

esso

dell

a dam

a) v

i

dir

ò (

col

per

mes

so d

ell

a dam

a) c

he

veng

o d

a voi

(col

per

mes

so

dell

a

dam

a)

per

pre

gar

vi

(col

per

mes

so d

ell

a dam

a) d

i vole

re (

col p

erm

esso

dell

a

dam

a)…

Must

afà

Col

per

mes

so d

ell

a dam

a pas

sate

un p

o’

da

ques

ta

par

te.

(si

met

te f

ra D

ania

e A

lì)

M

ust

afà.

Col p

erm

esso

dell

a dam

a, p

assa

te u

n p

o’

da

qu

esta

par

te.

(Si

mett

e fr

a D

ania

e A

lì.)

Alì

Mag

nif

ico s

ignore

, so

no u

n v

irtu

oso

.

A

lì.

Mag

nif

ico s

ignore

, so

no u

n v

irtu

oso

.

Must

afà

Me

ne

rall

egro

. M

a non h

o n

ull

a da

dir

vi.

M

ust

afà.

Me

ne

rall

egro

. M

a non h

o n

ull

a da

dar

vi.

Alì

Non è

ques

to c

he

vhie

do a

lla

gra

zia

vost

ra. S

ignore

mag

nif

ico.

Sic

com

e

mi

inte

nd

o

un

pochin

o

di

musi

ca,

ho i

stru

ito n

el

canto

e n

ell

a d

an

za

alc

uni

bam

bin

i e

alc

une

schia

ve

che

vorr

ebb

ero tro

var

e u

n

pad

rone

cui ques

te c

ose

inte

ress

ino. S

iccom

e so

che

siete

una

per

sona o

rnat

a d

i ta

nti

mer

iti

(inch

ino)

vorr

ei pre

gar

vi d

i ved

erli

ed u

dir

li p

er c

om

per

arli

se

A

lì.

Non è

ques

to c

he

chie

do a

lla

gra

zia

vost

ra, si

gnore

mag

nif

ico.

Sic

com

e m

i in

tend

o

un

pochin

o

di

musi

ca,

ho i

stru

ito n

el

canto

e n

ell

a danza

alc

uni

bam

bin

i e a

lcu

ne

schia

ve c

he v

orr

ebb

ero t

rovar

e

un p

adro

ne

cui ques

te c

ose

inte

ress

ino. S

iccom

e so

che

siet

e u

na

per

sona

orn

ata

di

tanti

m

erit

i

(in

chin

o)

vorr

ei

pre

gar

vi

di

ved

erle

ed

ud

irle

, per

Page 151: La Dania di Elena Bonzanigo - · PDF file2 Elena Bonzanigo nacque a Bellinzona nel 1897 e visse ... FAZIOLI FOLETTI Maria, Elena Bonzanigo, in ... alcun tipo del libretto integrale

vi p

iaces

sero

, o p

er i

nd

icar

mi qualc

he

amic

o v

ost

ro

che

le v

ole

sse

acqu

ista

re.

com

per

arle

, se

vi

pia

cess

ero,

o

per

in

dic

arm

i

qualc

he

amic

o v

ost

ro c

he

le v

ole

sse

acqu

ista

re.

Dan

ia (

batt

endo l

e m

ani)

Ben

issi

mo,

benis

sim

o!

Ved

iam

oli

pre

sto!

Se

non

alt

ro c

i d

iver

tira

nno u

n p

oco!

D

ania

. (B

att

endo l

e m

ani

infa

nti

lmen

te.)

Ben

issi

mo,

benis

sim

o!

Ved

iam

ole

, ved

iam

ole

pre

sto. S

e non a

ltro

ci d

iver

tire

mo u

n p

oco!

Alì

(Sen

za a

tten

der

e a

ltro

si

riti

ra a

chia

mare

le

schia

ve)

A

lì.

(Sen

z’att

end

ere

alt

ro

s’in

chin

a

ed

esce

a

chia

mare

le

schia

ve).

Must

afà

(a D

ania

)

Vorr

ei

saper

e chi

ti in

seg

na

a dar

ord

ini

in m

ia

voce!

(entr

a d

anza

ndo u

n g

ruppo d

i m

ore

tti)

M

ust

afà.

(a D

ania

)

Vorr

ei

saper

e chi

ti i

nse

gna

a dar

e ord

ini

in v

ece

mia

… (

En

tra, danza

ndo, un g

ruppo d

i m

ore

tti)

Dan

ia

Com

e so

no c

arin

i!

D

ania

. (b

att

endo l

e m

ani)

Oh!

Com

e so

no c

arin

i!

>D

AN

ZA

DE

I M

OR

ET

TI<

(d

anza

dei

more

tti

e d

elle

sch

iave)

(D

anza

dei

more

tti)

Dan

ia

Com

e ball

ano b

ene!

D

ania

.

Com

e ball

ano b

ene!

Must

afà

Non c

’è m

ale

…. M

a i bam

bin

i m

i in

tere

ssano p

oco

(ad A

li)

non p

arla

vate

di sc

hia

re?

M

ust

afà.

Non c

’è m

ale

… m

a <

i b

imb

i m

i in

tere

ssano p

oco.

(al

cines

e)>

par

lavat

e d

i sc

hia

ve?

Alì

Ecc

ole

, onora

tiss

imo s

ignore

. (E

ntr

ano l

e sc

hia

ve)

A

lì.

Ecc

ole

, onora

tiss

imo s

ignore

. (E

ntr

ano le

schia

ve)

DA

NZ

A D

EL

LE

SC

HIA

VE

Must

afà

(lis

ciandosi

la b

arb

a)

Si bell

occie

, b

ell

occ

ie!

M

ust

afà

– (

lisc

iandosi

la b

arb

a)

Si bell

occe

, bell

occe

.

(Danza

del

le s

chia

ve)

Dan

ia

Che

bell

ezza!

Che

bra

vura

(l

e sc

hia

ve

la

circ

ondano e

parl

ano f

ra l

oro

)

D

ania

Che

bell

ezza!

Che

bra

vura

! (l

e sc

hia

ve

la

circ

ondano e

parl

ano f

ra l

oro

)

Alì

L’o

nora

tiss

imo si

gnore

è

conte

nto

? Il

C

ines

e ha

buon n

aso?

A

lì –

L’o

nora

tiss

imo s

ignore

è conte

nto

? Il

cin

ese ha

buon n

aso?

Must

afà

M

ust

afà

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non c’

è m

ale

. N

e ved

o qualc

una

che

non m

i

spia

cere

bb

e,

ma

non

è pro

pri

o

il

mom

ento

d

i

cari

car

mi d

i alt

re d

onne…

.. n

e ho f

in d

’avanzo!

Più

tard

i ved

rem

o.

Quanto

al

tuo n

aso

non s

o s

e si

a

buono,

ma

è lu

ng

o c

erta

mente

! (R

ide

a c

rep

apel

le

soddis

fatt

o d

el s

uo

spir

ito)

Sì,

non c

’è m

ale

. N

e ved

o q

ualc

una c

he n

on m

i

dis

pia

cere

bbe.

Ma

non è

pro

pri

o il

m

om

ento

di

cari

car

mi

d’a

ltre

donne…

<N

e ho f

in d

’avanzo!>

.

Più

tar

di

ved

rem

o.

Quan

to a

l tu

o n

aso,

non s

o s

e

sia

bu

ono,

ma

è lu

ng

o

cert

amente

! (R

ide

a

crep

apel

le, so

ddis

fatt

o d

el s

uo s

pir

ito.)

Alì

(C

on u

n i

nch

ino)

All

ora

….. n

on p

er f

icca

re i

l m

io p

over

o e

lu

ng

o

nas

o n

ei

vost

ri e

ccels

i aff

ari, o

nora

tiss

imo s

ignore

,

ma

dovre

ste

far

sub

ito la

vost

ra s

celt

a per

non f

arm

i

poi

la c

oncorr

enza,

rim

anend

o p

ur

voi…

. C

on u

n

palm

o d

i nas

o

A

lì –

(co

n u

n i

nch

ino)

All

ora

… n

on p

er fi

ccar

e il

mio

pover

o e

lu

ng

o

nas

o n

ei vost

ri e

ccels

i aff

ari, o

nora

tiss

imo s

ignore

,

ma

dovete

far

sub

ito l

a vost

ra s

celt

a p

er n

on f

arm

i

poi

la c

oncorr

enza,

rim

anend

o p

ur

voi…

con u

n

palm

o d

i nas

o.

Must

afà

Che

inte

nd

i d

ire?

M

ust

afà

Che

inte

nd

i d

ire?

Alì

Potr

ei

vender

e alt

rove

quell

a che

vi p

iace

e (

con u

n

occhia

ta a

Dania

) se

la

vost

ra D

ama

vi

pia

nta

sse

com

e a

lum

e d

i nas

o m

i p

are…

.

A

lì –

Potr

ei

vender

e alt

rove

qu

ell

a che

vi

pia

ce e

(co

n

un’o

cchia

ta

a

Dania

) se

la

vost

ra

dam

a vi

pia

nta

sse,

com

e a

lum

e d

i nas

o m

i p

are…

Must

afà

Cin

ese

male

det

to!

Sai

cosa

par

e a

me?

Che

coi tu

oi

nas

i tu

mi vog

lia

pre

nder

e in

gir

o. M

a bad

a che

non

mi sa

lti

la m

osc

a…..

M

ust

afà

Cin

ese

male

det

to!

Sai

cosa

par

e a

me??

Che

coi

tuoi

nas

i, t

u m

i vog

lia

pre

nder

e in

gir

o.

Ma

bad

a

che

non m

i sa

lti…

.

Alì

(um

ilm

ente

)

La

mosc

a al

nas

o?

A

lì (

um

ilm

ente

)

La

mosc

a al

nas

o?

Must

afà

(sbuff

a c

on g

esto

furi

bondo)

M

ust

afà

– (

sbuff

a, co

n u

n g

esto

furi

oso

)

Alì

Non s

ia m

ai

dett

o,

onora

tiss

imo s

ignore

; io

sono i

l

più

um

ile

dei

vost

ri s

ervi

e m

ai

non m

i att

ente

rei d

i

menar

vi p

er i

l nas

o…

. (p

rofo

ndo i

nch

ino)

A

lì –

Non s

ia m

ai d

etto

, onora

tiss

imo s

ignore

. Io

sono i

l

più

um

ile

dei

vost

ri s

ervi, e

mai

non m

i at

tender

ei

di

menar

vi

per

il

nas

o.

(pro

fondo i

nch

ino).

Dan

ia (

riden

do)

Bra

vo c

ines

e!

Non t

i m

anca

lo s

pir

ito!

Che

alt

ro s

ai

fare

?

D

ania

– (

riden

do)

Bra

vo c

ines

e!

Non t

i m

anca

lo s

pir

ito!

Che

alt

ro

sai

fare

?

Alì

So c

anta

re

A

lì –

So c

anta

re…

.

Must

afà

Can

ta a

llora

, e

non d

ire

alt

re s

cio

cchez

ze.

M

ust

afà

Can

ta, all

ora

, e

non d

ire

alt

re s

cio

cchez

ze.

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Alì

Ag

li o

rdin

i vost

ri;

Ch

irib

iri M

ust

afà

.

A

lì –

Ag

li o

rdin

i vost

ri. C

hir

ibir

i M

ust

afà

.

Must

afà

(sca

ttand

o)

Che

dic

i?!

M

ust

afà

– (

sca

ttando)

Che

dic

i?!

Alì

Il t

itolo

di

una

canzone

bell

issi

ma,

all

’ult

ima

mod

a

cin

ese.

M

agnif

ica

sig

nore

e

voi

legg

iadri

ssim

a

dam

a, u

dit

e:

Chir

ibir

i M

ust

afà

(.

..fa

c cen

no

all

e sc

hia

ve

di

acc

om

pagnarl

o c

oi

tam

bure

lli)

(Riv

olt

o a

Dania

) og

ni d

ove

ardente

core

la s

ua

bell

a vu

ol se

gu

ir

vu

ol

par

larl

e del

suo a

more

mane

e se

ra.

Ma

la b

ell

a è

pri

gio

nie

ra.

Eg

li g

em

e a

tutt

e l’

ore

può d

irle

il

suo m

arti

r.

(vo

lgen

dosi

con u

no s

ber

luff

o a

Must

afà

)

Chir

ibir

i M

ust

afà

Cin

-cin

ese

è qua.

Non a

ver

danar

a,

ti v

ole

r com

pra

ra?

Ti pag

ar p

er m

i

Mi se

rvir

a t

i.

CO

RO

Chir

ibir

i M

ust

afà

ecc.

Alì

:

Ogni

dove

ard

ente

cu

ore

la

sua

bell

a vu

ol

segu

ir

vu

ol

par

larl

e del

suo a

more

mane

e se

ra m

ane

e

sera

. M

a la

bell

a è

pri

gio

nie

ra.

Eg

li g

em

e a

tutt

e

l’ore

può

dir

le i

l su

o m

arti

r. C

hir

ibir

i M

ust

afà.

star

e st

are

bon

turc

à,

non

aver

danar

e ti

vole

r

com

pra

re,

ti p

agar

per

mi,

mi se

rvir

e a

ti. C

hir

ibir

i.

(riv

olt

o a D

ania

) è

un to

rmento

se

nza

pac

e che

consu

ma

l’ag

ro c

uor.

Se

sapes

se a

lmen c

he

pia

ce a

ll’a

mat

a, l

a su

a pen

a

appas

sionat

a

Ei

sare

bbe

alm

en

capace

d

i sf

idar

og

ni

dolo

r.

Chir

ibir

i.

(cance

llato

): c

hir

ibir

im M

ust

afà

.

Alì

Il t

itolo

d’u

na

canzone

bell

issi

ma,

all

’ult

ima

moda

cin

ese.

Mag

nif

ico s

ignore

, e

voi,

le

gg

iadri

ssim

a

dam

a, u

dit

e:

Chir

ibir

i M

ust

afà

… (f

a ce

nno a

gli

schia

vi d

i a

ccom

pagnarl

o c

oi

tam

bure

lli:

)

(riv

olt

o a

Dania

) O

gni d

ove

ardente

core

la s

ua

bell

a vu

ol se

gu

ir,

vu

ol p

arla

rle

del

suo a

more

mane

e se

ra.

Ma

la b

ell

a è

pri

gio

nie

ra.

Eg

li g

em

e a

tutt

e l’

ore

,

può d

irle

il

suo m

arti

r.

(vo

lgen

dosi

, co

n u

no s

ber

leff

o, a M

ust

afà

)

Chir

ibir

i, M

ust

afà

!

Cin

-cin

ese

è qua.

Non a

ver

danar

a,

ti v

ole

r com

pra

ra?

Ti pag

ar p

er m

i,

mi se

rvir

a t

i.

Fa

bona

cucin

a,

mi

levar

matt

ina,

far

boll

ir c

ald

ara.

Par

lara

, par

lara

,

ti v

ole

r com

pra

ra?

Alì

(ri

volg

endosi

nuo

vam

ente

a D

ania

)

È u

n t

orm

ento

senza

pac

e

Che

consu

ma

l’ag

ro c

or

Se

sapes

se a

lmen c

he

pia

ce

All

’am

ata

La

sua

pena

appas

sionat

a,

(f

a

alc

uni

buff

i pass

i di

danza

, poi

si

rivo

lge

nuova

men

te a

Dania

:)

È u

n t

orm

ento

senza

pac

e

Che

consu

ma

l’ag

ro c

or.

Se

sapes

se a

lmen c

he

pia

ce

All

’am

ata

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ei sa

rebbe

all

or

capac

e

di sf

idar

og

ni d

olo

r!

La

sua

pena

appas

sionat

a,

ei sa

rebbe

all

or

capac

e

di sf

idar

e og

ni d

olo

r.

(A M

ust

afà

con u

n i

nch

ino b

url

esco

)

Chir

ibir

i M

ust

afà

Cin

-cin

ese

è qu

i ecc

.

CO

RO

(id

em)

(a

Must

afà

, co

n u

n i

nch

ino b

url

evo

le:)

Chir

ibir

i, M

ust

afà

!

Cin

-cin

ese

è qua.

Non a

ver

denar

a,

ti v

ole

r com

pra

ra?.

.

Alì

(a D

ania

)

È u

n t

orm

ento

senza

pac

e…

Must

afà

(cari

cando)

…. S

enza

pac

e….

Sai

tu, ca

ro m

io,

che

ques

ta c

anzone

sente

, aff

edd

idd

io,

di

cop

i d

i b

asto

ne?

Chir

ibir

i M

ust

afà

,

mi

non t

i com

pre

ma

ti b

asto

ner

à!

(ingro

ssando l

a v

oce)

Cin

-cin

ese

via

di qua

via

di qua,

via

di qu

a,

alt

rim

enti

si

ved

chi

le p

igli

e c

hi

le d

a’!

(I b

all

erin

i fu

ggono d

anza

ndo)

Must

afà:

senza

pac

e (c

ontr

aff

ace

ndo

lo)

sai

tu c

aro m

io c

he

ques

ta c

anzone

rise

nte

aff

é d

i D

io, d

i colp

i d

i bas

tone!

INS

ER

TO

V

ER

DE

: fo

gli

o 7 te

rmin

a con ques

ta

bat

tuta

. Il

fog

lio 8

conti

ene

il q

uad

ro s

econd

o c

he s

i

trover

ebbe

pri

ma

nell

’intr

ecc

io

del

pez

zo.

Ipote

si:

il f

og

lio 8

conti

ene i

l quad

ro 2

che v

a a

posi

zio

nar

si p

rim

a dell

a le

ggend

a d

i D

ania

e d

op

o

il t

erm

ine

del

II a

tto. è

stat

o i

nse

rito

inse

gu

ito, dato

che

la l

eggend

a d

i D

ania

incom

incia

sul

fog

lio 7

imm

edia

tam

ente

dop

o i

l fi

nale

del

II A

tto.

Must

afà

– (

inte

rrom

pen

dolo

:)

Sai

tu, bell

imbust

o,

che

ques

ta c

anzone

par

mi ab

bia

gra

n g

ust

o

di

colp

i d

i bas

tone?

Chir

ibir

i “M

ust

afà

”,

mi

non t

i com

pre

rà,

ma

ti b

asto

ner

à.

Cin

-cin

ese

via

di qu

a, (

ingro

ssando l

a v

oce

)

Via

di

qua,

via

di qua,

alt

rim

enti

si

ved

chi

le p

igli

a e

chi

le d

à!

(i b

all

erin

i fu

ggono d

anza

ndo.)

II

I

I

ball

erin

i danza

ndo

e sb

erle

ffando

lo

lo

circ

ondano:

Must

afà

li

rinco

rre

arm

ato

di

---u

na

scopa.

SIP

AR

IO

Fin

e d

el pri

mo a

tto.

S

pia

rio

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AT

TO

SE

CO

ND

O

A

tto

II

SC

EN

A P

RIM

A

S

cena

I:

C

oro

di sc

hia

ve

Inte

rno

all

a

casa

di

Must

afà

. una

sala

. D

ania

seduta

su u

n d

ivano s

i fa

ven

to,

circ

ondata

da a

ltre

gio

vani

schia

ve. T

utt

e in

siem

e ca

nta

no:

Quan

do t

ram

onta

il so

le

il c

ielo

è c

om

e u

n m

are,

un m

are

di

cora

llo.

Vi st

anno a

navig

are

Con v

ele

d’o

ro g

iall

o

Gra

n n

avi

di

vio

le.

Il c

ielo

è c

om

e u

n m

are

Quan

do t

ram

onta

il so

le.

Quan

do t

ram

onta

il so

le

Il c

uore

è c

om

e u

n m

are,

un m

ar d

i nost

alg

ia.

Vi st

anno a

navig

are

Con v

ele

di p

oes

ia

Sog

ni se

nza

par

ole

.

Il c

uore

è c

om

e u

n m

are

Quan

do t

ram

onta

il so

le…

.

Quan

do tra

monta

il so

le i

l cie

lo è

com

e un m

are,

un

mar

e d

i cora

llo.

Vi

stanno a

navig

are,

con v

ele

d’o

ro g

iall

o,

gra

n

nav

i d

i vio

le.

Il c

ielo

è c

om

e u

n m

are

quand

o t

ram

onta

il

sole

.

Quan

do t

ram

onta

il so

le,

il c

uore

è c

om

e u

n m

are,

un m

ar d

i nost

alg

ia:

vi st

anno a

navig

are

con v

ele

di

mali

a, s

og

ni se

nza

par

ole

.

Il c

uore

è c

om

e u

n m

are

quand

o t

ram

onta

il

sole

.

Inte

rno d

ella

casa

di

Must

afà

. una

sala

. D

ania

seduta

su u

n d

ivano, si

fa v

ento

cir

condata

da a

ltre

gio

vani

schia

ve. T

utt

e in

siem

e ca

nta

no.

“quand

o t

ram

onta

il

sole

il c

ielo

è c

om

e u

n m

are,

un m

are

di

cora

llo.

Vi st

anno a

navig

are,

con v

ele

d’o

ro g

iall

o,

gra

n n

avi d

i vio

le.

Il c

ielo

è c

om

e u

n m

are

Quan

do t

ram

onta

il so

le.

Quan

do t

ram

onta

il so

le,

il >

cie

lo<

<cu

ore

> è

com

e u

n m

are,

un m

ar d

i nost

alg

ia.

Vi st

anno a

navig

are,

con v

ele

di

>p

oes

ia<

<m

ali

a>

sog

ni se

nza

par

ole

.

Il c

uore

è c

om

e u

n m

are

Quan

do t

ram

onta

il so

le.”

FO

GL

IO T

AG

LIA

TO

Dan

ia

Quan

to m

i p

iace

qu

esta

ca

nzone!.

. anche

il m

io

cuore

è c

om

e u

n m

are

pie

no d

i so

gni…

.

D

ania

Quan

to m

i p

iace

ques

ta c

anzone!.

.. a

nche

il m

io

cuore

è c

om

e u

n m

are

pie

no d

i so

gni…

.

1 s

chia

va

Sfi

do,

fort

unat

a D

ania

! S

arai

la s

posa

di

un P

ascià

!

Noi

invec

e, p

over

ette

, chis

sà a

quale

sort

e e

a qual

pad

rone

siam

o r

iser

bat

e!

Schia

va

sfid

o, fo

rtu

nat

a D

ania

! S

arai

la s

posa

di u

n P

ascià

!

Noi

invec

e, p

over

ette

, chis

sà a

qual

sort

e e

a qu

al

pad

rone

siam

o s

erb

ate!

Dan

ia

Non

invid

iate

mi!

S

e sa

pes

te

com

e vi

ceder

ei

vole

nti

eri

il P

ascià

con l

a su

a ri

cchez

za

e il

su

o

D

ania

Non

invid

iate

mi!

S

e sa

pes

te

com

e

vi

ceder

ei

vole

nti

eri

il P

ascià

con l

a su

a ri

cchez

za

e il

su

o

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fast

o, se

foss

e in

mio

pote

re d

i fa

rlo!

Il m

io s

og

no è

ben

div

erso

.

fast

o!

Se

foss

e in

m

io p

ote

re

il

farl

o!

>N

on è

ques

to<

Il

mio

sog

no è

ben d

iver

so.

3 s

chia

va

Oh!

Rac

conta

celo

!

Schia

va

Oh!

Rac

conta

celo

!

Dan

ia

Non p

oss

o. È

il

mio

seg

reto

.

D

ania

Non p

oss

o. È

il

mio

seg

reto

.

Tutt

e

Oh!

Oh!

Dania

ha

un s

egre

to!

T

utt

e –

Oh!

Oh!

Dania

ha

un s

egre

to!

Dan

ia

E c

hi

non n

eha?

Guar

dat

e bene

in f

ond

o a

l vost

ro

cuore

: non

c’è

una

mali

nconia

, u

n

sog

no

una

sper

anza,

che

non c

onfe

ssat

e fo

rse

nep

pure

a v

oi

stes

se?

D

ania

E c

hi

non n

e h

a?

Guar

dat

e bene

in f

ond

o a

l vost

ro

cuore

: non c

’è u

na

mali

nconia

, u

n d

esid

erio

, u

na

sper

anza

che

non

confe

ssat

e

a nes

suno,

fors

e

nep

pure

a v

oi st

esse

?

Alc

une

schia

ve

È v

ero…

.

A

lcu

ne

schia

ve

È v

ero!

È v

ero…

2 s

chia

va

Oh!

Io

non

ho

mali

nconie

sog

ni

segre

ti!

Des

ider

i sì

! V

orr

ei

uno s

poso

ric

co,

che

mi

des

se

tanti

g

ioie

lli,

ta

nti

pro

fum

i,

tanti

d

olc

i,

e m

i

lasc

iass

e tu

tto i

l g

iorn

o f

um

are

senza

far

nu

lla;

!

schia

va

oh!

Io n

on h

o m

ali

nconie

segre

ti. D

esid

eri…

si.

Vorr

ei u

no s

poso

ric

co, che

mi d

esse

tanti

gio

iell

i,

tanti

d

olc

i, ta

nti

pro

fum

i e

mi

lasc

iass

e tu

tto il

gio

rno a

fum

are

senza

far

nu

lla.

Dan

ia

Uh!

Pig

rona!

D

ania

Uh!

Pig

rona!

2 s

chia

va

Chi

lo d

ice!

Non s

tai

fors

e in

ozio

tutt

o i

l g

iorn

o?

Must

afà

tem

e che

il l

avoro

ti

sciu

pi

le m

ani, e

per

la F

avori

ta d

i u

n P

ascià

schia

va

Chi

lo d

ice!

Non s

tai

fors

e in

ozio

tutt

o i

l g

iorn

o?

Must

afà t

em

e che t

i sc

iup

i le

mani, l

avora

nd

o,

e

per

la

>m

og

lie<

<fa

vori

ta>

di u

n P

ascià

Dan

ia

Fin

itela

anche

voi,

con q

uel

Pas

cià

! T

utt

o i

l g

iorn

o

mi

si c

anta

la

stes

sa s

olf

a!

Com

e se

quel

nom

e non

mi

foss

e od

ioso

abbas

tanza!

D

ania

Fin

itela

anche

voi,

con

quel

“Pas

cià

”!

tutt

o

il

gio

rno >

non<

m

i si

ca

nta

>

ques

ta<

<

la st

essa

>

solf

a!

Com

e s

e qu

el

nom

e non m

i fo

sse

od

ioso

abbas

tanza!

3 s

chia

va

Eh!

Com

e ti

ris

cald

i!

schia

va

Uh!

Com

e ti

ris

cald

i!

1 s

chia

va

Che

dovre

mm

o d

ir n

oi all

ora

? L

a nost

ra s

ort

e non è

peg

gio

re d

ell

a tu

a?

schia

va

Che d

ovre

mm

o d

ir n

oi,

all

ora

? L

a nost

ra s

ort

e non

è peg

gio

re d

ell

a tu

a?

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4 s

chia

va

Tu,

nell

a ca

sa s

ei

liber

a d

i andar

e e

venir

e; h

ai

le

più

bell

i ves

ti, g

li u

nguenti

più

od

oro

si. S

ai

che

più

tard

i sa

rai

onora

ta…

.

schia

va

Tu,

nell

a cas

a, s

ei

lib

era

di

andar

e, v

enir

e; h

ai

le

più

bell

e ves

ti,

i p

gust

osi

m

anic

aret

ti,

gli

unguenti

p

od

oro

si.

Sai

che

più

ta

rdi

sara

i

onora

ta.

Dan

ia

Io n

on s

o n

ull

a. P

otr

ebbe d

arsi

anche

che

il P

ascià

non m

i com

per

i, e

all

ora

? S

areb

be

fors

e il

vost

ro

turn

o!.

.

D

ania

Io n

on s

o n

ull

a. P

otr

ebbe

esse

re c

he

il P

ascià

non

mi com

per

i, e

all

ora

? S

areb

be

fors

e il

vost

ro turn

o!

2 s

chia

va

All

ah l

o v

ole

sse!

Non f

arem

mo c

erto

le

schiz

zin

ose

com

e D

ania

, è

ver

o?

schia

va

All

ah

lo

vole

sse!

Non

fare

mm

o

cer

to

le

schiz

zin

ose

com

e D

ania

, è

ver

o?

Le

alt

re s

chia

ve

(rid

endo)

No c

erto

!

L

e alt

re s

chia

ve

(rid

endo)

Mah

! C

erto

no!

Must

afà

(5en

trando)

Che fa

te qu

i, cic

ale

che

siet

e alt

ro?

È così

che

accu

dit

e all

e vost

re

mansi

oni?

P

er

la

bar

ba

di

Mao

met

to,

pet

teg

ole

, vi

farò

ca

nta

r io

!..

E

tu,

Dan

ia,

che

fai

ancora

con c

od

esti

ab

iti?

(m

entr

e le

schia

ve s

alu

tano e

se

ne

vanno):

Quante

volt

e devo

rip

eter

ti c

he

a m

om

enti

sar

à qu

i il

pit

tore

? E

ch

e non

si p

uò f

ar a

spet

tare

una

cele

bri

tà d

i quell

a so

rta?

M

ust

afà

(entr

ando)

Che f

ate

qu

i, c

icale

che

non s

iete

alt

ro?

È c

osì

che

accu

dit

e all

e vost

re

mansi

oni?

>

(le

schia

ve

fuggono)<

Per

la

bar

ba

di M

aom

ett

o, pet

teg

ole

, vi

farò

ca

nta

r io

! E

tu

D

ania

che

fai, ancora

con

cod

esti

ab

iti?

>(a

lle

alt

re)

Avanti

voi<

(m

entr

e le

alt

re s

chia

ve s

alu

tano e

se

ne

vanno:)

X >

Att

o I

Quad

ro3

° si

alz

a)

Sce

na

1:

(In

tern

o d

ella

casa

di

Must

afà

. U

na s

ala

, D

ania

, sd

raia

ta s

u u

n d

ivano,

si f

a v

ento

e g

uard

a i

l so

ffit

to.

Entr

a M

ust

afà

.)

Must

afà

– (

scorg

endola

) <

E t

u>

che

fai

così

? E

ancora

con cod

esti

ab

iti?

X

Q

uante

volt

e devo

rip

eter

ti c

he

a m

om

enti

sar

à qu

i il

pit

tore

, e

che

non

si p

uò f

are

aspet

tare

una

cele

bri

tà d

i quell

a so

rte?

Dan

ia (

alz

andosi

di

mala

vog

lia)

Vad

o s

ignore

.

D

ania

(alz

andosi

di

mala

vog

lia)

Vad

o, si

gnore

.

Must

afà

(ric

hia

mandola

)

Met

tera

i le

per

le

che

ti

ho

com

per

ate

ieri

, m

i

racc

om

and

o!

Sono f

inte

ma

in p

ittu

ra t

anto

fa…

.

M

ust

afà

(ric

hia

mandola

)

Met

tera

i le

per

le

che

ti

ho

com

per

ato

ie

ri,

mi

racc

om

and

o!

Sono f

inte

, m

a in

pit

tura

tanto

fa…

Dan

ia

Va

ben

e, s

ignore

. (s

i avvi

a d

i nuo

vo)

D

ania

Va

ben

e, s

ignore

. (S

i a

vvia

di

nuovo

)

Must

afà

(ric

hia

mandola

anco

ra)

M

ust

afà

(ric

hia

mandola

anco

ra)

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E…

. che

ves

tito

? E

… c

he

ves

tito

? >

met

tera

i<

Dan

ia

Ci p

ense

rò, si

gnore

.

D

ania

Ci p

ense

rò, si

gnore

.

Must

afà

Sig

nore

, si

gnore

, si

gnore

. E

non l

o s

ai ancora

! L

’ho

sem

pre

det

to io c

he

ques

ta d

onna

mi fa

rà im

paz

zir

e,

e non v

edo l

’ora

di

lib

erar

mene!

Bas

ta,

ver

rò i

o a

ved

ere!

Hai

cap

ito c

he

devi

figura

re b

ene,

si

o n

o?

(esc

ono i

nsi

eme)

M

ust

afà

Sig

nore

, si

gnore

, si

gnore

. E

non

le sa

i an

cora

!

L’h

o s

em

pre

dett

o,

io,

che

qu

esta

donna

mi

farà

impaz

zir

e, e

non v

edo l

’ora

di

lib

erar

mene!

Bas

ta,

ver

rò io

a

ved

ere.

H

ai

cap

ito che

devi

figura

re

ben

e, s

i o n

o?

>(a

lle

sch

iave

) E

voi alt

re, aiu

tate

la<

(Esc

ono i

nsi

eme)

SC

EN

A 2

Sce

na

II°

Il s

ervo (

annunzi

ando)

L’i

llust

re

pit

tore

….

(si

acc

org

e

che

non

c’è

nes

suno)

Ah!

L’e

ccell

enti

ssim

o M

ust

afà

era

qu

i….

Non c

’è p

iù…

vad

o a

cer

carl

o…

(es

ce)

(E

ntr

ano >

Ali

e<

Flo

riano e

d A

lì c

on d

ue s

ervi

reca

nti

l’o

ccorr

ente

per

dip

ing

ere.

Sono p

rece

du

ti

da u

n s

ervo

di

Must

afà

.)

Il s

ervo (

annunzi

ando)

L’i

llust

re

pit

tore

(si

acco

rge

che

non

c’è

nes

suno.)

A

h!.

. L

’ecc

ell

enti

ssim

o

Must

afà

er

a

qui…

. N

on c

’è p

iù…

vad

o a

cer

car

lo.

(esc

e)

Flo

riano

Non p

ote

vo d

avver

o tro

var

e u

n o

ccas

ione

più

bell

a!

Con

la

lett

era

di

Dam

one

e con

quel

po’

di

conosc

enza

dell

a p

ittu

ra

che

ho

acqu

ista

to

a

Ven

ezia

, tu

tto a

ndrà

bene…

. A

lmeno p

er l

a pri

ma

volt

a!

F

lori

ano –

Non

pote

vo

davver

o

trovar

e u

n’o

cca

sione

più

bell

a.

Con

la

lett

era

di

Dam

one

e quel

po’

di

conosc

enza

dell

a p

ittu

ra

che

ho

acqu

ista

ta

a

Ven

ezia

, tu

tto a

ndrà

bene…

. A

lmeno p

er l

a pri

ma

volt

a!

Alì

Sper

iam

o c

he

bas

ti e

si ri

esca!

A

lì –

E s

per

iam

o c

he

bas

ti e

>che<

si ri

esca!

>su

bit

o!<

Flo

riano

Quel

lo

che

mi

pre

occ

upa

è

l’im

lacab

ile

sorv

egli

anza

di

Must

afà

.

F

lori

ano –

Quel

lo

che

mi

pre

occu

pa

è

l’im

pla

cab

ile

sorv

egli

anza

di M

ust

afà

.

Alì

Quel

cocom

ero!!

A

lì –

Quel

cocom

ero!

Flo

riano

Com

e par

lare

all

a bell

a D

ania

e s

pie

gar

le i

l nost

ro

stra

tagem

ma?

F

lori

ano –

Com

e par

lare

all

a b

ell

a D

ania

e s

pie

gar

le i

l nost

ro

stra

tagem

ma?

Alì

Alì

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Las

cia

te

fare

a

me

e sa

prò

tr

ovar

e il

m

od

o

di

intr

atte

ner

e il

vec

chio

. N

on s

arà

mai

det

to c

he

in

ques

ta f

acc

end

a il

fed

ele

Alì

non s

ia r

iusc

ito a

nu

lla.

Vad

o a

pre

par

arm

i. (

esce

)

Las

cia

te fa

re a

me,

e

saprò

tr

ovar

e il

m

od

o d

i

intr

atte

ner

e il

vecc

hio

. N

on s

arà

mai

dett

o c

he

in

ques

ta fa

cce

nda

il fe

dele

A

lì non si

a ri

usc

ito a

nu

lla.

Vad

o a

pre

par

arm

i. (

Esc

e.)

SC

EN

A 3

Sce

na

III°

>(E

ntr

a D

ania

ric

cam

ente

abbig

liata

. F

lori

ano l

a

conte

mpla

est

ati

co)<

Must

afà

Che

cerc

ate

cavali

ere,

in q

ues

ta c

asa?

M

ust

afà

Che

cerc

ate,

cavali

ere,

in q

ues

ta c

asa?

Flo

riano

Cer

co l

’ill

ust

re M

ust

afà

.

F

lori

ano –

Cer

co l

’ill

ust

re M

ust

afà

?

Must

afà

Inuti

le a

llora

cer

care

. E

ccolo

qu

i davanti

a v

oi.

M

ust

afà

Inuti

le,

all

ora

, ce

rcar

e. E

ccolo

qu

i davanti

a v

oi.

Flo

riano (

con u

n p

rofo

ndo i

nch

ino)

Vog

liano a

llora

i s

uoi

occhi

deg

nar

il

per

corr

ere

ques

ta l

ett

era.

F

lori

ano –

(co

n u

n p

rofo

ndo i

nch

ino)

Vog

liano a

llora

i s

uoi

occhi deg

nar

si d

i per

corr

ere

ques

ta l

ett

era.

Must

afà

(leg

gen

do

)

Vi

mand

o i

n v

ece m

ia p

er i

l noto

rit

rita

tto,

qu

esto

gen

tilu

om

o v

enez

iano c

he,

die

tro m

ia p

reg

hie

ra h

a

acce

ttato

di

inca

rica

rsene,

ess

end

o i

o i

nfe

rmo.

Eg

li

è in

conte

stab

ilm

ente

, il

p

feli

ce

ritr

atti

sta

del

mond

o,

e ce

rto

non

potr

ei

meg

lio

serv

irvi

che

affi

dand

og

li q

ues

to i

mp

ort

ante

lavoro

. E

gli

sap

far

rifu

lger

e su

lla

tela

tu

tta

la

bell

ezza

dell

’aff

ascin

ante

mod

ell

o, e

il g

rande

Pas

cià

vi sa

gra

to d

i una

tale

op

era>

,< d

’art

e. M

a guar

dat

evi

ben

e dal

par

lare

d

i alc

una

ricom

pensa

al

nost

ro

arti

sta,

per

ché

cert

amente

se

ne

off

ender

ebb

e:

è

uom

o

che

lavora

so

lam

ente

p

er

la

glo

ria

e

per

l’am

ore

dell

’art

e. (

a F

lori

ano):

Com

e d

ice i

l vost

ro

pro

ver

bio

? “V

enez

iani,

gra

n

Sig

nori

”.

Mi

fate

dav

ver

o una

gra

zia

in

sig

ne

e ve

ne

sono m

olt

o

obb

ligat

o.

(inch

ino

)

M

ust

afà

– (

leggen

do)

“Vi

mand

o i

n v

ece

mia

per

il

noto

rit

ratt

o,

ques

to

gen

tilu

om

o <

venez

iano>

che

die

tro m

ia p

reg

hie

ra

ha

acc

ett

ato

di

inca

rica

rsene,

ess

end

o i

o i

nfe

rmo.

Eg

li è

, in

conte

stab

ilm

ente

, il

più

feli

ce r

itra

ttis

ta

del

mond

o,

e cer

to n

on p

otr

ei

meg

lio s

ervir

vi

che

affi

dand

og

li q

ues

to i

mp

ort

ante

lavoro

. E

gli

sap

far

rifu

lger

e su

lla

tela

tu

tta

la

bell

ezza

dell

’aff

ascin

ante

m

od

ell

o,

e il

gra

nde

Pas

cià

vi

sarà

gra

to d

i una

tale

oper

a d’a

rte.

Ma

guar

dat

evi

ben

e dal

par

lare

di

alc

una

ricom

pensa

al

nost

ro

arti

sta,

per

ché

cer

tam

ente

se

ne

off

ender

ebb

e:

è

uom

o

che

lavora

so

ltanto

per

la

g

lori

a e

per

l’am

ore

dell

’art

e.”

(a

Flo

riano)

Com

e d

ice

il

vost

ro p

rover

bio

? “V

enez

iani,

gra

n s

ignori

.” M

i

fate

davver

o u

na

gra

zia

insi

gne

e ve

ne

sono m

olt

o

obb

ligat

o.

(inch

ino)

Flo

riano

Flo

riano –

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È m

ia a

mb

izio

ne

serv

ire

per

sone

di

illu

stre

mer

ito,

qual

è il

m

io am

ico D

amone e quale

si

ete

voi.

(in

chin

o)

È

mia

am

biz

ione

serv

ire

le

per

sone

di

illu

stre

mer

ito,

qual’

è il

mio

am

ico D

amone

e quale

voi

siete

. (i

nch

ino)

Must

afà

Far

ò

imm

edia

tam

ente

venir

e la

g

iovane

che

ci

inte

ress

a. (

fa u

n c

enno a

l se

rvo)

M

ust

afà

Far

ò

imm

edia

tam

ente

venir

e la

g

iovane

che

c’in

tere

ssa

(Fa u

n c

enno a

l se

rvo)

SC

EN

A 4

Sce

na

IV

(En

tra D

ania

ric

cam

ente

abbig

liata

. F

lori

ano la

conte

mpla

est

ati

co)

(E

ntr

a D

ania

ric

cam

ente

abbig

liata

. F

lori

ano l

a

conte

mpla

est

ati

co.)

Must

afà

(a D

ania

)

Ecc

o

il

genti

luom

o

invia

to

da

Dam

one

per

ché

eseg

uis

ca i

n s

ua v

ece

il r

it>

t<ra

tto (

a F

lori

ano c

he

fa

un

lungo

baci

am

ano

a

Dania

) O

là,

sig

nor

venez

iano, che

mod

o d

i sa

luta

re è

qu

esto

?

M

ust

afà

(a D

ania

)

Ecc

o

il

genti

luom

o

invia

to

da

Dam

one

per

ché

eseg

uis

ca i

n s

ua

vec

e il

rit

ratt

o.

(a F

lori

ano, ch

e fa

un

lungo

baci

am

ano

a

Dania

) O

là,

sig

nor

venez

iano, che

mod

o d

i sa

luta

re è

qu

esto

?

Flo

riano

Sig

nor

mio

, è

il m

od

o c

he

si u

sa a

Venez

ia.

F

lori

ano –

Sig

nor

mio

, è

il m

od

o c

he

s’usa

a V

enez

ia.

Must

afà

Il m

od

o d

i V

enez

ia t

enet

elo

per

le

vost

re d

onne,

ma

per

le n

ost

re è

tro

pp

o c

onfi

denzia

le e

non m

i g

arba.

M

ust

afà

Il m

od

o d

i V

enez

ia,

tenete

lo p

er l

e vost

re d

onne,

ma

per

le

nost

re,

è tr

opp

o c

onfi

denzia

le e

non m

i

gar

ba.

Dan

ia (

a F

lori

ano, so

rrid

endogli

)

Ma

gar

ba

a m

e, si

gnore

, e

vi

assi

curo

che

sono

molt

o

onora

ta.

Non

sapevo

che

avre

i avuto

u

n

pit

tore

così

ill

ust

re!

D

ania

(a F

lori

ano, so

rrid

endogli

:)

Ma

gar

ba

a m

e, s

ignore

, e

vi

assi

curo

che

sono

molt

o

onora

ta.

Non sa

pevo ch

e avre

i avuto

u

n

pit

tore

così

ill

ust

re!

Flo

riano

Chi

non a

mb

ireb

be p

ote

r fa

re u

n s

imil

e ri

trat

to?

La

mia

ab

ilit

à non è

gra

nde,

ma

il s

ogget

to è

così

ric

co

di

bell

ezza

che

dovrà

usc

irne

un

lavoro

deg

no

dell

’ori

gin

ale

.

F

lori

ano –

Chi non a

mb

ireb

be

pote

r fa

re u

n s

imil

e ri

trat

to ?

la

mia

ab

ilit

à non è

gra

nde,

ma

il s

ogget

to è

così

ric

co

di

bell

ezza

che d

ovrà

usc

irne

un

lavoro

deg

no

dell

’ori

gin

ale

.

T

erzet

to: D

ania

, F

lori

ano, M

ust

afà

T

erzet

to:

Dan

ia

L’o

rig

inale

è

poca

cosa

; m

a

l’ab

ilit

à dell

’art

ista

saprà

vale

rne

i d

ifet

ti.

Dan

ia:

(parl

ato

)

L’o

rig

inale

è,

p

oca

cosa

, m

a l’

abil

ità dell

’art

ista

saprà

vale

rne

i d

ifet

ti)

Dan

ia –

L’o

rig

inale

è p

oca

cosa

; m

a l’

abil

ità

dell

’art

ista

saprà

vela

rne

i d

ifet

ti.

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Flo

riano (

canta

)

L’a

rtis

ta i

n v

oi d

ifet

to a

lcu

n n

on v

ede

E d

ell

’op

era

sua

deg

na

mer

ced

e

Sar

à d

i p

ote

r p

inger

e, p

erfe

tto

Qual

e il

cie

lo l

o f

ece

il

vost

ro a

spet

to

Flo

riano (

canta

):

l’ar

tist

a in

voi

>alc

un<

(ca

ssat

o)

dif

ett

o a

lcu

n n

on

ved

e,

e dell

’op

era

sua

deg

na

mer

ced

e

sarà

di p

ote

r p

inger

e, p

erfe

tto

quale

il

cie

lo l

o f

ece,

il

vost

ro a

spett

o.

Flo

riano (

canta

:)

L’a

rtis

ta i

n v

oi d

ifet

to a

lcu

n n

on v

ede,

e dell

’op

era

sua

deg

na

mer

ced

e

sarà

di p

ote

r p

inger

e, p

erfe

tto

quale

il

cie

lo l

o f

ece,

il

vost

ro a

spett

o.

Dan

ia (

con c

ivett

eria

)

Sig

nore

, se

sar

à ques

to p

e<n>

nell

o

Al par

i del >

ritr

att

o<

<li

nguag

gio

> a

du

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re

Mi

fare

te u

n r

itra

tto >

t<anto

Che

più

nes

suno m

i conosc

erà!

Dan

ia (

con c

ivett

eria

):

sig

nore

se

sarà

ques

to p

ennell

o

al par

i d

el

linguag

gio

adu

lato

re,

mi

fare

te u

n r

itra

tto t

an

to b

ell

o

che

più

nes

suno m

i conosc

erà.

Dan

ia (

con c

ivett

eria

:)

Sig

nore

, se

sar

à ques

to p

ennell

o

Al

par

i del ri

tratt

o a

du

lato

re,

mi

fare

te u

n r

itra

tto t

anto

bell

o

che

più

nes

suno m

i conosc

erà!

Flo

riano

Dan

ia, so

ave

e b

ell

a se

nza

uguale

Opra

per

fett

a in

voi

com

nat

ura

E i

mp

oss

ibil

e re

se a

me

mort

ale

Il p

ote

rvi

adu

lare

.

Flo

riano:

la n

atura

com

pie

nd

o, D

ania

, in

voi

oper

a d

i bell

ezza

senza

eguale

,

imp

oss

ibil

e re

nde

a m

e m

ort

ale

il p

ote

rvi

adu

lare

.

Flo

riano –

<D

ania

, so

ave

e b

ell

a se

nz’e

guale

,>

>L

a nat

ura

com

pie

nd

o, D

ania

, in

voi,<

<opra

per

fett

a in

voi

com

nat

ura

>

>oper

a d

i bell

ezza

senz’e

guale

,<

e im

poss

ibil

e >

rende<

<re

se>

a m

e m

ort

ale

il p

ote

rvi

adu

lare

.

Dan

ia

Sig

nor

se q

uanto

dit

e fo

sse

ver

o

Deg

na

dell

’art

e vost

ra i

nver

sar

ei.

Ma

il v

ost

ro d

ire

è ta

nto

lusi

ng

hie

ro

Che

dar

vi tr

opp

o t

rott

o n

on >

potr

ei<

<vorr

ei>

Must

afà

(che

da u

n p

ezzo

sbuff

a):

Ades

so

poi,

bas

ta

coi

com

pli

menti

, per

A

llah!

Met

tiam

oci

al

lav

oro

, se

r pit

tore

, o q

ues

to q

uad

ro

mai si

fin

irà.

Must

afa

(che

da u

n p

ezzo

sbuff

a)

Ades

so, p

oi,

bas

ta c

oi

com

pli

menti

, per

All

ah.

Met

tiam

oci

al

lavoro

, se

r p

itto

re,

o q

ues

to q

uad

ro m

ai

si f

inir

à.

Must

afà

(che

da u

n p

ezzo

sbuff

a:)

Ades

so, p

oi,

bas

ta c

oi com

pli

menti

, per

All

ah!

Met

tiam

oci

al

lavoro

, se

r p

itto

re,

o q

ues

to q

uad

ro m

ai

si f

inir

à.

Flo

riano (

ai

serv

i)

Dis

ponet

e og

ni

cosa

. (M

entr

e i

serv

i es

egu

isco

no

>)<

, F

lori

ano

si

avv

ixin

a

Flo

riano

si

avv

icin

a

anco

ra a

Dania

. M

ust

afà

sbuff

a)

Flo

riano (

ai

serv

i: p

arl

ato

)

Dis

ponet

e og

ni cosa

. E

????

...

Flo

riano (

ai

serv

i)

Dis

ponet

e og

ni

cosa

(M

entr

e i

ser

vi e

seguis

cono,

Flo

riano

si

avvi

cin

a

anco

ra

a

Dania

. M

ust

afà

sbuff

a.)

Dan

ia

Dove

devo m

ette

rmi?

Dan

ia:

dove

devo m

ett

erm

i?

Dan

ia –

Dove

devo m

ette

rmi?

Flo

riano (

la c

ondu

ce v

erso

il

div

ano).

F

lora

ino:

ecco, qu

i. È

il pu

nto

dove

la u

ce è

mig

liore

.

Flo

riano –

(la

condu

ce v

erso

il

div

ano)

Page 162: La Dania di Elena Bonzanigo - · PDF file2 Elena Bonzanigo nacque a Bellinzona nel 1897 e visse ... FAZIOLI FOLETTI Maria, Elena Bonzanigo, in ... alcun tipo del libretto integrale

Ecc

o,

qu

i. È

il

pu

nto

dove l

a l

uce

è m

igli

ore

per

l’eff

etto

che

vorr

ei ra

gg

iung

ere.

Ecc

o,

qu

i. È

il

pu

nto

dove

la l

uce

è m

igli

ore

per

l’eff

etto

che

vorr

ei ra

gg

iung

ere.

Dan

ia (

seden

do)

Va

ben

e così

?

Dan

ia (

seden

do)

(can

ta):

va

ben c

osì

?

Dan

ia (

seden

do)

Va

ben

e così

?

Flo

riano

Va

ben

e (s

i a

llonta

na p

er o

sser

vare

l’e

ffett

o >

)<,

poi

si r

iavv

icin

a)

Il c

orp

o u

n p

o’

pie

gat

o

A d

estr

a, l

egger

mente

….

Il b

racc

io a

bband

onat

o…

.

Sul g

rem

bo, m

oll

emente

….

Flo

riano:

va

bene.

(Si

all

onta

na

per

oss

erva

re

l’ef

fett

o,

po

i si

riavv

icin

a)

il c

orp

o u

n p

o’

pie

gat

o a

des

tra,

leg

ger

mente

...

il b

raccio

abb

and

onat

o s

ul gre

mb

o, m

oll

em

ente

..

Flo

riano –

Va

ben

e. (

si a

llonta

na p

er o

sser

vare

l’e

ffett

o,

poi

si r

iavv

icin

a:)

Il c

orp

o u

n p

o’

pie

gat

o

A d

estr

a, l

egger

mente

Il b

racc

io a

bband

onat

o

Sul gre

mb

o, m

oll

emente

….

Must

afà

a D

ania

)

Per

Mao

met

to,

non s

apre

ste

fare

da

sola

i c

amb

iam

enti

dell

a p

osa

?

Lo f

ate

inuti

lmente

fati

car

e,

e vi

most

rate

scio

cca

e neg

hit

tosa

.

Must

afà

(agg

iunto

a m

ati

ta)

(a D

ania

)

Per

M

aom

ett

o!

Non

sap

ete

fare

da

sola

i

cam

bia

menti

dell

a p

osa

? L

o

fate

in

uti

lmente

fati

car

e, e

vi

most

rate

scio

cca

e neg

hit

tosa

.

Must

afà

(a D

ania

)

Per

M

aom

etto

! N

on

sapre

ste

fare

d

a so

la

i

cam

bia

menti

dell

a p

osa

? >

Gli

tocc

a< <

Lo f

ate

>

inu

tilm

ente

fa

tica

re,

e vi

most

rate

sc

iocc

a e

neg

hit

tosa

.

Dan

ia (

a M

ust

afà

)

Che

vole

te è

per

me

una

cosa

D’u

na

tale

novit

à….

(a F

lori

ano)

Il s

ignor

di

me

dis

pong

a

Com

e m

egli

o cr

eder

à. (D

opo un te

ner

o sg

uard

o

abbass

a g

li o

cchi

arr

oss

endo.)

(a M

ust

afà

)

che

vole

te?

Per

me

cosa

d’u

na

tale

novit

à..

(a F

lori

ano)

il s

ignor

di

me

dis

pong

a com

e m

egli

o

gli

par

rà.

tener

o s

guard

o a

bbass

a g

li o

cchi

arr

oss

endo)

Dan

ia (

a M

ust

afà

)

Che

vole

te?

È p

er m

e cosa

d’u

na

tale

novit

à…

(a

Flo

riano)

Il

sig

nore

d

i m

e d

isp

onga

com

e

meg

lio g

li p

arrà

(D

opo u

n ten

ero s

guard

o, a

bbass

a

gli

occ

hi

arr

oss

endo.)

Flo

riano (

Giu

bil

an

te s

i appre

ssa a

l ca

vall

ett

o:)

Si, v

a tu

tto a

mer

avig

lia.

(con d

olc

ezza

) S

ol

dovre

ste

rialz

are

ver

so m

e le

bell

e cig

lia…

.

Flo

riano (

giu

bil

ante

, si

appre

ssaal

cava

llet

to)

va

tutt

o a

mer

avig

lia.

(con d

olc

ezza

) so

l d

ovre

ste

un p

o’

rialz

are

ver

so m

e le

bell

e cig

lia.

.

Flo

riano (

giu

bil

ante

, si

appre

ssa a

l ca

vall

etto

:)

Si. V

a tu

tto a

mer

avig

lia.

(co

n d

olc

ezza

)

Sol

dovet

e

un

po’

rialz

are

ver

so

me

le

bell

e

cig

lia…

Dan

ia (

sorr

iden

do e

seguis

ce)

ndo e

seguis

ce)

Dan

ia (

sorr

iden

do e

seguis

ce.)

Flo

riano (

appro

va c

on u

n c

enno d

el c

apo)

Or

poss

iam

o i

ncom

incia

re.

(Sosp

iro d

i so

llie

vo d

i

Must

afà

) Il

p

osa

re

non

è cosa

fa

cil

e com

e

com

unem

ente

si

cr

ede,

e

la

scelt

a

dell

’att

egg

iam

ento

e dell

e lu

ci

ha

un’i

mp

ort

anza

enorm

e per

la

riusc

ita

del quad

ro.

va c

on u

n c

enno d

el c

apo)

or

poss

iam

o i

ncom

incia

re.

Ievo

di

Must

afà

)

fà:

parl

ato

) il

p

osa

re

non

è cosa

fa

cil

e com

e

com

unem

ente

si

cr

ede,

e

la

scelt

a

dell

’att

egg

iam

ento

, e

dell

e lu

ci

ha

una

imp

ort

anza

enorm

e per

la

riusc

ita

del quad

ro.

Flo

riano (

appro

va c

on u

n c

enno d

el c

apo:)

Or

poss

iam

o c

om

incia

re.

(Sosp

iro d

i so

llie

vo d

i

Must

afà

.)

Flo

riano –

(a M

ust

afà

)

Il p

osa

re n

on è

cosa

fac

ile c

om

e c

om

unem

ente

si

cred

e, e

la

scelt

a dell

’att

egg

iam

ento

e d

ell

e lu

ci

ha

un’i

mp

ort

anza

enorm

e per

la

riusc

ita

del

quad

ro.

Must

afà

Must

afa:

Must

afà

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Cer

to, ce

rto.

cert

o, cer

to.

Cer

to. C

erto

.

Flo

riano

Chi p

osa

deve

inte

rpre

tare

con f

inez

za

le i

nte

nzio

ni

del

arti

sta,

per

ché

un c

atti

vo m

odell

o è

ass

ai

più

dan

noso

che

un c

att

ivo p

ennell

o.

Flo

riano:

chi

posa

deve

inte

rpre

tare

con f

inez

za

le i

nte

nzio

ni

dell

’art

ista

, per

ché

un ca

ttiv

o m

odell

o è

ass

ai

di

mag

gio

r danno c

he

un p

essi

mo p

ennell

o.

Flo

riano –

Chi

posa

, deve

inte

rpre

tare

con

finez

za

le

inte

nzio

ni dell

’art

ista

, per

ché

un c

att

ivo m

odell

o è

assa

i >

di

mag

gio

re d

anno<

<p

iù d

annoso

> c

he

un

>pes

sim

o<

<ca

ttiv

o>

pennell

o.

Must

afà

Cer

to, ce

rto.

Must

afà:

Cer

to, ce

rto.

Must

afà

Cer

to. C

erto

.

Dan

ia

Io n

on s

ono u

na

di qu

ell

e

Van

itose

scio

ccher

ell

e

Che

vorr

ebber

o v

eder

si

Più

del

sole

chia

re e

bell

e.

E s

e il

pover

o p

itto

re

Non l

e fi

nge

uno s

ple

nd

ore

Di bell

ezza

senz’e

guale

Entr

an s

ub

ito i

n f

uro

re.

Dan

ia:

(can

tato

)

Io n

on s

on u

na

di qu

ell

e vanit

ose

, sc

ioccher

ell

e

Che

vorr

ebber

o v

eder

si p

iù d

el

sole

chia

re e

bell

e.

E s

e il

pover

o p

itto

re n

on l

e p

inge

con s

ple

nd

ore

Di bell

ezza

senz’e

guale

, entr

an s

ub

ito i

n f

uro

re.

Dan

ia –

Io n

on s

on u

na

di qu

ell

e

Van

itose

scio

ccher

ell

e

Che

vorr

ebber

o v

eder

si

Più

del

sole

chia

re e

bell

e.

E, se

il p

over

o p

itto

re

Non l

e fi

nge

uno s

ple

nd

ore

Di bell

ezza

senz’e

guale

,

entr

an s

ub

ito i

n f

uro

re.

Flo

riano (

riden

do)

Vog

lion t

utt

e is

tess

e cose

,

carn

agio

n d

i la

tte

e ro

se,

una

bocc

a p

iccoli

na,

due

pup

ille

lum

inose

com

e in

nott

e osc

ura

…..

Flo

riano (

idem

, ri

den

do)

Vog

lion t

utt

e is

tess

e cose

:

carn

agio

n d

i la

tte

e ro

se, u

na

bocc

a p

iccoli

na

due

pup

ille

lum

inose

com

e st

ell

e in

nott

e osc

ura

..

Flo

riano (

riden

do:)

Vog

liono t

utt

e is

tess

e cose

:

carn

agio

n d

i la

tte

e ro

se,

una

bocc

a p

iccoli

na,

due

pup

ille

lum

inose

com

e st

ell

e in

nott

e sc

ura

Must

afà

(rid

endo)

Quan

do l

’occ

hio

è d

a bab

beo!

Must

afà

(rid

endo)

Quan

do l

’occ

hio

è d

i bab

beo..

Must

afà

(rid

endo)

Quan

do l

’occ

hio

è d

a bab

beo!

Flo

riano (

ass

ente

ndo c

ol

capo)

Un v

isin

o d

a ca

meo

Anche

se l

’ori

gin

ale

Flo

riano (

ass

ente

ndo c

ol

capo)

Un v

isin

o d

a ca

mm

eo..

Anche

se l

’ori

gin

ale

Flo

riano (

ass

ente

ndo c

ol

capo:)

Un v

isin

o d

a ca

meo,

anche

se l

’ori

gin

ale

Must

afà

…. A

ssom

igli

a ad

un c

ing

hia

le!

(rid

e)

Must

afà:

asso

mig

lia

a u

n c

ing

hia

le…

(ri

de)

Must

afà

Ass

om

igli

a ad

un c

ing

hia

le!

(rid

e)

Dan

ia

Un r

itra

tto s

ol p

ar t

utt

e

Ben

sar

ebbe

gra

n v

entu

ra!

Dan

ia:

un r

itra

tto s

ol

per

tu

tte

ben s

areb

be

gra

n v

entu

ra..

Dan

ia –

Un r

itra

tto s

ol p

er t

utt

e

Ben

sar

ebbe

gra

n v

entu

ra!

Flo

riano

Tal ri

trat

to i

n f

ede

mia

Flo

riano:

tal ri

trat

to,

in f

ede

mia

di

voi d

egno n

on s

aria

Flo

riano –

Tal ri

trat

to,

in f

ede

mia

,

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Di

voi d

egno n

on s

aria

!

È l

a bell

ezza

vost

ra s

enza

par

i

Com

e fi

ore

biz

zar

ro e

pro

dig

ioso

;

ha

un f

ascin

o s

ott

il, m

iste

rioso

,

che

nes

sun a

ltra

in t

erra

può v

anta

--.

(Ved

endo

che

Mu

stafà

ri

com

incia

a

sbuff

are

si

ripre

nde

e dic

e ri

volt

o

a

lui

con

ari

a

più

pro

fess

ionale

:)

Non è

bell

ezza

fatt

a ad

ese

mp

lari

scald

andosi

) è

la b

ell

ezza

vost

ra s

enza

par

i,

com

e fi

ore

biz

zar

ro e

pro

dig

ioso

,

ha

un f

ascin

o s

ott

il,

mis

teri

oso

,

che

nes

sun’a

ltra

in t

erra

può v

anta

re.

(ved

endo

che

Must

afà

ri

com

incia

a

sbuff

are

, si

ripre

nde

e dic

e,

rivo

lto

a

lui,

co

n

ari

a

pro

fess

ionale

:)

non è

bell

ezza

fatt

a ad

ese

mp

lari

..

di

voi

deg

no n

on s

aria

. (s

cald

andosi

)

È l

a bell

ezza

vost

ra s

enza

par

i,

com

e >

un<

fio

re b

izzar

ro e

pro

dig

ioso

;

ha

un f

ascin

o s

ott

il, m

iste

rioso

che

nes

sun’a

ltra

, in

ter

ra, può v

anta

r.

(ved

endo ch

e M

ust

afà

ri

com

inci

a a

sb

uff

are

, si

ripre

nde,

e

dic

e,

rivo

lto

a

lui,

co

n

ari

a

più

pro

fess

ionale

:)

Non è

bell

ezza

fatt

a ad

ese

mp

lari

Must

afà

(ba

ffard

o)

Il n

aso i

nfa

tti è

gro

sso n

on c

’è m

ale

, m

i p

ar!

Must

afà

(bef

fard

o)

Il n

aso,

infa

tti, è

gro

sso,

non c

’è m

ale

, m

i p

are.

Must

afà

– (

bef

fard

o)

Il n

aso i

nfa

tti è

gro

sso n

on c

’è m

ale

, m

i p

ar!

Flo

riano (

scuote

il

capo)

Flo

riano (

scuote

il

capo)

Flo

riano (

scuote

il

capo)

Dan

ia (

ride)

D

ania

(ri

de)

D

ania

(ri

de)

Flo

riano

Les

si n

on s

o p

iù d

ove

in p

erg

amena

anti

ca

Ah!

Ebbe

Ale

ssandro

il

G

rande

una

sple

nd

ida

amic

a,

una

gio

vin

e sc

hia

va

di

Tes

sag

lia.

“Pin

gi,

-eg

li d

isse

- A

poll

o, p

itto

re u

nic

o a

l m

ond

o,

ques

ta b

elt

à d

ivin

a che

nu

lla

al

mond

o e

guag

lia!”

Obbed

ì A

poll

o, ep

rest

o i

n q

uell

’occ

hio

pro

fond

o

Sm

arrì

l’

anim

a e

il

cuore

e

per

duta

mente

s’in

nam

orò

, che

pall

ido e

languente

Ne

fu p

ress

o a

mori

r. G

emea

la

bell

a…

Ed i

l G

rande

Ale

ssan

dro

, pu

nto

il

cuore

Di p

ietà

per

quel d

isp

erat

o a

more

,

L’o

gg

etto

dei su

oi

voti

gli

conce

sse.

(a M

ust

afà

)

…. E

se

tale

mer

cé v

i si

chie

des

se?.

..

Flo

riano:

less

i, n

on s

o p

iù d

ove,

in p

erg

amena

anti

ca,

ch’e

bbe,

A

less

andro

il

gra

nde,

u

na

sple

nd

ida

amic

a,

una

gio

vane

schia

va

di

Tes

sag

lia.

Pin

gi, e

gli

dis

se,

Ap

oll

o, p

itto

re u

nic

o a

l m

ond

o,

ques

ta b

elt

à d

ivin

a che

nu

lla

al

mond

o e

guag

lia.

Obbed

ì A

poll

o. E

pre

sto i

n q

uell

’occ

hio

pro

fond

o

Sm

arrì

l’a

nim

a e

il c

ore

e s

i’ p

erduta

mente

S’i

nnam

orò

che

pall

ide

e >

pia

ngente

< l

anguente

Ne

fu p

ress

o a

mori

r. G

emea

la

bell

a

Ed i

l gra

nd

e A

less

andro

, pu

nto

il

cuore

Di p

ietà

per

quel d

isp

erat

o a

more

L’o

gg

etto

dei su

oi

voti

gli

conce

de.

(a M

ust

afà

)..

ma

s’io

chie

des

si a

voi

tale

mer

cede.

.

Flo

riano –

Les

si

non

so

più

d

ove,

in

per

gam

ena

anti

ca

ch’e

bbe,

A

less

andro

il

G

rand

e,

una

sple

nd

ida

amic

a, u

na

gio

vane

schia

va

di

Tes

sag

lia.

“P

ing

i –

egli

dis

se –

Ap

oll

o, p

itto

re u

nic

o a

l m

ond

o, ques

ta

belt

à d

ivin

a che

nu

lla,

al

mond

o, eg

uag

lia.

Obbed

ì

Ap

oll

o.

E p

rest

o,

in q

uell

’occ

hio

pro

fond

o s

mar

l’anim

a e

il c

ore

, e

sì p

erduta

mente

s’i

nnam

orò

che,

pall

ido e

languente

, ne fu

pre

sso a

mori

r.

Gem

ea l

a b

ell

a, e

d i

l gra

nd

e A

less

andro

, pu

nto

al

cuore

di

pie

tà p

er q

uel

dis

per

ato

am

ore

l’o

ggett

o

de’

suoi

voti

gli

conced

e.

(a

Must

afà

)…

Ma

s’io

chie

des

si

a voi

tale

mer

ced

e…

Must

afà

(con b

uff

a c

aden

za)

Vi d

irei che

Ale

ssandro

, ahim

è non s

ono!

(guard

a i

l ri

tratt

o)

Ne

voi, d

a quanto

ved

o, si

ete

Ap

oll

o!

Fors

e p

otr

este

far

e opre

più

bell

e

Must

afà

(con b

uff

a c

aden

za)

Vi d

irei che

Ale

ssandro

ahim

é non s

ono.

(guard

a i

l ri

tratt

o)

né,

voi, d

a quanto

par

e, s

iete

Ap

oll

o.

Fors

e, p

otr

este

far

e opre

più

bell

e

Se

chia

cchie

rast

e m

eno.

Must

afà

– (

con b

uff

a c

aden

za:)

Vi d

irei che A

less

andro

, ahim

è, n

on s

ono!

(guard

a

il r

itra

tto

:) N

é voi, d

a quanto

ved

o,

siete

Ap

oll

o.

Fors

e, p

otr

este

far

e opre

più

bell

e se

chia

cchie

rast

e

meno..

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Se

chia

cchie

rast

e m

eno

Flo

riano

Ah!

No, si

gnore

!

S’i

o p

arlo

è p

er t

ener

di

bu

on u

more

Viv

ace

d’e

spre

ssio

ne

il m

io m

odell

o.

E q

uanto

a g

iud

icar

di bru

tto e

bell

o a

spett

iam

o c

he

l’opra

sia

fin

ita!

Flo

riano:

ah n

o s

ignore

!

S’i

o p

arlo

è p

er t

ener

di

bu

on u

more

,

viv

ace

d’e

spre

ssio

ne

il m

io m

od

ell

o.

E q

uanto

a g

iud

icar

del bru

tto e

del bell

o,

aspet

tiam

o c

he

l’opra

sia

fin

ita.

Flo

riano –

Ah,

no, si

gnore

!

S’i

o p

arlo

, è

per

tener

e d

i bu

on u

more

,

viv

ace

d’e

spre

ssio

ne,

il

mio

mod

ell

o.

E q

uanto

a g

iud

icar

del bru

tto e

bell

o,

aspet

tiam

o c

he

l’opra

sia

fin

ita.

Dan

ia

È v

er!

Dan

ia

(è v

ero.

Dan

ia.

È v

er!

Must

afà

Se

conti

nu

iam

di q

eust

o p

asso

Ci sa

rà d

a as

pett

ar t

utt

a la

vit

a.

Must

afà:

se c

onti

nu

iam

, d

i qu

esto

pas

so,

ci sa

rà d

a as

pet

tar

tutt

a la

vit

a!

Must

afà

Se

conti

nu

iam

di ques

to p

asso

, ci

sorr

à da

aspet

tar

tutt

a la

vit

a.

SC

EN

A Q

UIN

TA

Sce

na

(En

tra A

lì,

trave

stit

o d

a u

ffic

iale

turc

o)

(e

ntr

a A

lì,

trave

stit

o d

a u

ffic

iale

turc

o)

Must

afà

(secc

ato

)

Ma

cosa

vu

ole

ad

esso

cost

ui?

(a

d

Alì

) C

hi

vi

inse

gna

ad e

ntr

are

senz e

sser

vi

invit

ato?

M

ust

afà

(secc

ato

)

Ma

cosa

vu

ole

, ad

esso

, cost

ui?

(a

d A

lì)

Chi

vi

inse

gna

ad e

ntr

are

senz’e

sser

vi

invit

ato?

Alì

Se

entr

o q

ui

liber

am

ente

, tr

a noi ques

ta lib

ertà

è p

ur

lecit

a, p

oic

cer

to m

i conosc

ete

.

A

lì –

Se

entr

o q

ui

lib

eram

ente

, tr

a noi

qu

esta

lib

ertà

è

pur

lecit

a, p

erché

cert

o m

i conosc

ete.

Must

afà

Vi

ing

annat

e, s

ign

or

mio

, non v

i conosc

o a

ffat

to.

M

ust

afà

Vi

ing

annat

e, s

ignor

mio

. N

on v

i conosc

o a

ffatt

o.

Alì

Poss

ibil

e??

? A

llora

sa

pp

iate

che

io

sono

(con

gra

nde

pro

sopopea

) M

aruk-M

ahom

ed-I

bra

him

-

Ser

war

Pas

cià!

La

stori

a ha

già

esa

ltato

le

mie

ges

ta

e quell

e dei

mie

i gra

nd

i ante

nat

i!

A

lì –

Poss

ibil

e??

E

all

ora

sa

pp

iate

ch’i

o

sono

(con

gra

nde

import

anza

:)

Mar

uk-M

ahom

ed-I

bra

him

-

Ser

war

P

asci

à!

La st

ori

a ha

già

es

alt

ato le

m

ie

ges

ta e

quell

e d

ei m

iei gra

nd

i ante

nati

.

Must

afà

(si

stri

ng

e nel

le s

pall

e, p

oi,

bru

sco)

E c

osa

des

ider

ate?

M

ust

afà

– (

si s

trin

ge

nel

le s

pall

e; p

oi,

bru

sco:)

E c

osa

des

ider

ate?

Alì

Un c

onsi

gli

o.

So c

he

nes

suno è

meg

lio q

uali

fica

to

di

voi,

per

la

lum

inosa

sag

gez

za

che

vi

dis

tingu

e.

Ma

si tr

att

a d

i cosa

deli

cata

. S

e non

vi

spia

ca,

ecce

llenti

ssim

o

sig

nore

, ti

riam

oci

un

poco

in

dis

par

te.

(Ese

gu

isce

)

A

lì –

Un c

onsi

gli

o.

So c

he n

essu

no è

meg

lio q

uali

ficat

o

di

voi, p

er l

a lu

min

osa

sag

gez

za

che

vi

dis

tingue.

Ma

si

trat

ta d

i cosa

m

olt

o deli

cata

. S

e non

vi

spia

ce,

ecc

ell

enti

ssim

o s

ignore

, ti

riam

oci

un p

oco

in d

isp

arte

. (E

seguis

con

o)

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Must

afà

Ecc

oci

abbas

tanza

lonta

ni,

sper

o.

(Si

volg

e a

guard

are

)

M

ust

afà

Ecc

oci

abb

asta

nza

lonta

ni,

sp

ero.

(Si

volg

e a

guard

are

)

Flo

riano (

Sorp

reso

a p

arl

ar

pain

o a

Dania

)

Oss

ervavo d

a vic

ino l

a ti

nta

deg

li o

cchi…

F

lori

ano –

(so

rpre

so a

parl

ar

pia

no c

on D

ania

)

Oss

ervavo d

a vic

ino l

a ti

nta

deg

li o

cchi.

Alì

(T

irando

Must

afà

p

er

all

on

tanarl

o

maggio

rmen

te:)

Fig

ura

tevi che

ho r

icevu

to u

no s

chia

ffo!

Voi d

ovet

e

saper

e co

sa s

ignif

ica

uno s

chia

ffo q

uand

o è

dat

o a

mano a

per

ta p

ropri

o i

n m

ezzo a

lle

guancie

, così

!

(ese

gu

isce

)

A

(tir

ando

Must

afà

per

all

onta

narl

o

maggio

rmen

te:)

Fig

ura

tevi

che

ho

rice

vuto

u

no

schia

ffo!

Voi

dovete

sap

ere c

osa

sig

nif

ichi

uno s

chia

ffo q

uand

o

è dat

o >

pro

pri

o<

a m

ano a

per

ta p

ropri

o i

n m

ezzo

all

a gu

ancia

: così

(es

eguis

ce).

Must

afà

OH

I! B

adat

e a

quel

che

fate

, m

asca

lzone!

M

ust

afà

Ahi!

Bad

ate

a quel

che

fate

! M

asca

lzone!

Alì

Oh,

non v

ole

vo o

ffender

vi!

Era

per

sp

ieg

arvi…

.

A

lì –

Oh,

non v

ole

vo o

ffender

vi!

Era

per

sp

ieg

arvi…

Must

afà

Spie

gat

evi

a par

ole

che

sarà

meg

lio.

M

ust

afà

Spie

gat

evi a p

arole

, che

>ca

pis

co<

<sa

rà>

meg

lio.

Alì

Dunque

cap

irete

com

e u

no s

chia

ffo s

imil

e m

i si

a

sces

o

dall

e guancie

al

cuore

, ac

cendend

olo

d

i

imp

laca

bil

e ir

a. M

a so

no i

nce

rto s

e, p

er v

end

icar

e

l’off

esa,

mi

convenga

meg

lio a

ffro

nta

re i

l nem

ico

in d

uell

o o

ppure

far

lo a

ssas

sinar

e.

A

lì –

Dunque,

cap

irete

com

e u

n s

imil

e sc

hia

ffo m

i ab

bia

bru

cia

to l

e guance

, e

com

e il

bru

cio

re m

i si

a sc

eso

dall

e guance

al cu

ore

, ac

cendend

olo

di im

pla

cab

ile

ira.

Ma

sono i

nce

rto s

e, p

er v

end

icare

l’o

ffes

a, m

i

convenga

meg

lio aff

ronta

re il

nem

ico in

duell

o

oppure

far

lo a

ssas

sinar

e.

Must

afà

In g

ener

ale

as

sass

inar

e m

i p

ar p

iù si

curo

e

più

spic

cio

. C

hi

è il

vost

ro n

emic

o?

M

ust

afà

In g

ener

ale

, as

sass

inar

e m

i par

più

sic

uro

e p

spic

cio

. C

hi

è il

vost

ro n

emic

o?

Alì

Sss

ssst

!!!

Per

ca

rità

! P

arla

te p

iano!!

(l

o tr

asc

ina

parl

ando f

uori

dall

e qu

inte

)

A

lì –

Sht!

! P

er

cari

tà!

Par

late

p

iano!

(Lo

trasc

ina,

parl

ando, fu

ori

dall

e qu

inte

)

Flo

riano (

posa

i p

enel

li e

si

ing

inocc

hia

ai

pie

di

di

Dania

)

Bell

a D

ania

, fi

nalm

ente

Un i

stante

soli

sia

mo!

Poss

o d

irvi

alf

in c

he

v’a

mo

Paz

zam

ente

!

Flo

riano:

Bell

a D

ania

, fi

nalm

ente

un i

stante

soli

sia

mo;

poss

o d

irvi alf

in c

he

v’a

mo p

azzam

ente

.

Flo

riano (

posa

i p

enn

elli

e s

i in

gin

occ

hia

ai

pie

di

di

Dania

:)

Bell

a D

ania

, fi

nalm

ente

Un i

stante

soli

sia

mo!

Poss

o d

irvi

alf

in c

he

v’a

mo

P

azzam

ente

!

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Dan

ia (

com

moss

a)

Dit

e il

ver

o?

Dan

ia:

dit

e il

ver

o?

Dan

ia –

(co

mm

oss

a:)

Dit

e il

ver

o?

Flo

riano

N

ol se

nti

te?

(acc

enden

dosi

)

L’i

dea

l per

me

sei

tu!

Per

un b

acio

tu

o d

arei

M

ille

vit

e!

Flo

riano:

nol se

nti

te?

L’i

dea

l per

me

tu s

ei, t

u s

ola

per

un b

acio

tu

o d

arei

mil

le v

ite

Flo

riano:

nol se

nti

te?!

(acce

nden

dosi

:)

L’i

dea

l per

me

tu s

ei!

Per

un b

acio

tu

o, d

arei

M

ille

vit

e!

Dan

ia (

ten

eram

ente

)

Tro

pp

o,

tropp

o!

A m

e bas

ta s

olo

una,

ma

per

me!

Sol

per

me!

Dan

ia:

tropp

e; a

me

bas

ta s

olo

una,

una

sol p

er m

e.

Dan

ia –

(te

ner

am

ente

:)

Mil

le?!

A m

e bas

ta p

ur

una,

ma

per

me!

Solo

per

me!

Flo

riano (

appass

ionata

men

te)

Sol p

er t

e!

Di quanto

sono,

Dan

ia d

olc

e ti

so d

ono,

e nes

suna

cosa

l’a

lma

più

des

ia

che

appag

ar i

l tu

o d

esir

dolc

ezza

mia

dim

mi so

l che

m’a

mi!

Flo

riano:

di qu

anto

sono, D

ania

dolc

e, t

i fo

dono,

e nes

suna

cosa

l’a

lma

>tu

a< (

cas

sato

) p

iù d

esia

che

appag

ar o

gni tu

a bra

ma.

Dim

mi

sol

che

‘am

i.

Flo

rianio

– (

appass

ionato

)

Sol per

te!

Di quanto

sono,

Dan

ia d

olc

e, t

i fo

dono,

e nes

suna

cosa

l’a

lma

più

des

ia

che

appag

are

il t

uo d

esir

dolc

ezza

mia

!

Dim

mi so

l che

m’a

mi!

Dan

ia (

con s

lancio

)

T’a

ma

l’alm

a m

ia!.

...

Dan

ia:

l’alm

a, l

’alm

a m

ia o

h d

olc

ezza

oh i

nca

nto

!

Col

tuo s

guar

do, col

tuo c

anto

m’h

ai

ravvolt

a in

un

inca

nto

,

nell

a m

esta

pri

gio

nia

per

te

solo

vis

se i

l core

.

Per

te s

olt

anto

la

vit

a m

ia a

ncor

s’in

fiora

di

spem

e,

d’a

mor.

Dan

ia (

con s

lancio

)

T’a

ma

L’a

lma

mia

Flo

riano

Oh!

Dolc

ezza!

Oh!

Inca

nto

!

F

lori

ano

Oh!

Dolc

ezza!

Oh!

Inca

nto

!

Dan

ia

Oh d

olc

ezza!

Oh!

Incanto

!

Foll

e eb

bre

zza!

M’a

mi ta

nto

?

D

ania

Incanto

! D

olc

ezza!

Foll

e eb

bre

zza!

Flo

riano

t’am

o t

anto

!

F

lori

ano –

M’a

mi ta

nto

?

Dan

ia

…ta

nto

! G

uar

dam

o g

li o

cchi

e ri

peti

!

Flo

riano

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T’a

mo!

Dan

ia

Ancora

!

Flo

riano

T’a

mo!!

Dan

ia

Col

tuo s

guar

do, col

tuo c

anto

,

M’a

i ra

vvolt

a in

un i

nca

nto

.

Nel

la m

esta

pri

gio

nia

Per

te

solo

viv

e il

core

;

Per

te

solt

anto

la

vit

a m

ia

Ancor

s’if

iera

di sp

em

e e

d’a

more

.

D

ania

T’a

mo t

anto

.

Col

tuo s

guar

do, col

tuo c

anto

M’h

ai ra

vvolt

a in

un i

nca

nto

.

Nel

la m

esta

pri

gio

nia

Per

te

solo

vis

se i

l core

;

per

te

solt

anto

la v

ita

mia

ancor

s’in

fiora

di

spem

e e

d’a

more

.

Flo

riano

Insi

em

fugg

irem

ques

ti l

idi.

All

a m

ia p

atri

a bell

a e

lum

inosa

Ti co

ndurr

o m

ia s

posa

.

F

lori

ano –

Insi

em

e fu

gg

iam

o q

ues

ti l

idi

All

a m

ia p

atri

a bell

a e

lum

inosa

Ti condurr

ò, m

ia s

posa

.

Dan

ia

Tua

sposa

!

D

ania

Tua

sposa

!

Flo

riano

Per

sem

pre

sei m

ia!

F

lori

ano –

Per

sem

pre

mia

.

Dan

ia

Ah!

Per

sem

pre

!

Col

tuo s

guar

do, col

tuo c

anto

,

m’h

ai ra

vvolt

a in

un i

ncanto

.

Nel

la m

esta

pri

gio

nia

Per

te

soo v

isse

il

cor,

per

te

solt

anto

la

vit

a m

ia

ancor

s’in

fier

a d

i sp

eme,

d’a

mor!

D

ania

Per

sem

pre

! …

(D

’un t

ratt

o c

om

e sv

egli

andosi

:

(parl

ato

) M

a com

e, ahim

è, p

otr

emo sf

ugg

ire

a

Must

afà?

Flo

riano

T’i

nvole

rò d

a ques

ta p

rig

ionia

,

all

a m

ia p

atri

a bell

a e

lum

inosa

ti c

ondurr

ò, m

ia s

posa

!

Flo

riano:

t’in

vole

rò d

a ques

ta p

rig

ionia

, all

a m

ia p

atr

ia

bell

a e

lum

inosa

ti

condurr

ò m

ia s

posa

.

(d

uett

o)

Dan

ia

Page 169: La Dania di Elena Bonzanigo - · PDF file2 Elena Bonzanigo nacque a Bellinzona nel 1897 e visse ... FAZIOLI FOLETTI Maria, Elena Bonzanigo, in ... alcun tipo del libretto integrale

Ma

com

e, a

him

è, p

otr

emo s

fugg

ire

a M

ust

afà

?

Flo

riano

Asc

olt

a, a

more

: (p

arl

ano p

iano)

F

lori

ano –

Asc

olt

a, a

more

: (p

arl

ano p

iano)

Must

afà

(an

cora

tra

le

quin

te)

Ecc

o i

l par

er m

io;

ades

so v

i sa

luto

.

M

ust

afà

(an

cora

tra

le

quin

te:)

Ecc

o i

l par

er m

io. E

ades

so v

i sa

luto

. (e

ntr

ano)

Alì

(c

erca

ndo

tutt

avi

a

di

tratt

ener

lo

>(<

<e>

ponen

dosi

in

m

odo

di

nasc

onder

gli

F

lori

ano

e

Dania

):

Il

vost

ro

consi

gli

o

è d

avver

o

pre

zio

so!

Quand

o

rice

ver

ete

deg

li s

chia

ffi,

ser

vit

or

vost

ro!

Vi re

nder

ò

la p

ari

col m

io c

onsi

gli

o.

A

lì –

(ce

rcando tutt

avi

a d

i tr

att

ener

lo, e p

onen

dosi

in m

odo d

a n

asc

onder

gli

Flo

riano e

Dania

:)

Il v

ost

ro c

onsi

gli

o è

davver

o p

iù p

rezio

so c

he

il

fuoco d

’in

ver

no, che

la p

iogg

ia d

’est

ate

! (i

nch

ino)

Quan

do r

icever

ete

deg

li s

chia

ffi,

ser

vit

or

vost

ro;

(in

chin

o)

vi re

nder

ò l

a par

i col m

io c

onsi

gli

o.

Must

afà

Vi

lasc

io

andar

e

senza

accom

pag

nar

vi:

tr

a noi

ques

ta l

iber

tà è

per

mes

sa…

(A

lì e

sce)

M

ust

afà

Vi

lasc

io and

are

senza

accom

pag

nar

vi. T

ra

noi

ques

ta l

iber

tà è

per

mes

sa.

(Exi

t A

lì)

Flo

riano (

a D

ania

)

Null

a potr

à p

iù s

epar

arci. (V

eden

do c

he

Must

afà

l’oss

erva

:)

Guar

dav

o

ques

ta

foss

etta

che

ha

sul

mento

e

che

dap

pri

ma

mi

era

par

sa

una

mac

chio

lina.

Ma

per

ogg

i bas

ta.

Fin

irem

o u

n’a

ltra

volt

a. (

a M

ust

afà

ch

e vu

ol

ved

ere

il r

itra

tto

): N

o,

non g

uar

date

ancora

! (a

i se

rvi)

: P

ort

ate

via

tu

tto!

(a

Dania

):V

i pre

go,

gra

zzio

siss

ima,

sta

te s

eren

a, n

on

per

det

e cora

gg

io,

e così

condurr

emo a

bu

on f

ine

quell

o c

he

abb

iam

o c

om

incia

to.

F

lori

ano (

a D

ania

)

Null

a potr

à p

iù s

epar

arci. (

Ved

endo c

he

Must

afà

l’oss

erva

:) G

uar

dav

o ques

ta fo

sset

ta che

ha

sul

mento

e

che

dap

pri

ma

mi

era

par

sa

una

mac

chio

lina.

Ma

per

ogg

i bas

ta;

finir

emo u

n’a

ltra

volt

a. (

A M

ust

afà

ch

e vu

ol

ved

ere

il r

itra

tto:)

No,

non g

uar

dat

e a

ncora

! (A

i se

rvi:

) P

ort

ate

via

tu

tto.

(A D

ania

:) V

i pre

go,

gra

zio

siss

ima,

sta

te s

erena,

non p

erdete

vi

di

cora

gg

io,

e così

condurr

em

o a

buon f

ine

quell

o c

he

abb

iam

o c

om

incia

to.

Dan

ia

Non t

em

ete,

sto

di bu

on a

nim

o.

D

ania

Non t

em

ete,

sto

di bu

on a

nim

o.

Must

afà

E q

uand

o f

inir

ete

il r

itra

tto?

M

ust

afà

E q

uand

o f

inir

ete

il r

itra

tto?

Flo

riano

Avre

te

pri

ma

d’a

llora

m

ie

noti

zie

. (s

’inch

ina

pro

fondam

ente

ed e

sce)

F

lori

ano –

Avre

te,

pri

ma

d’a

llora

, m

ie

noti

zie

. (S

’in

chin

a

pro

fondam

ente

ed e

sce.

)

SC

EN

A S

ES

TA

Sce

na

(Dania

e M

ust

afà

)

Dan

ia

D

ania

Page 170: La Dania di Elena Bonzanigo - · PDF file2 Elena Bonzanigo nacque a Bellinzona nel 1897 e visse ... FAZIOLI FOLETTI Maria, Elena Bonzanigo, in ... alcun tipo del libretto integrale

Che

ne

dit

e?

Ques

to p

itto

re è

davver

o u

na

per

sona

stra

ord

inar

ia.

Bis

og

na

riconosc

ere c

he

i venez

iani

hanno

una

genti

lezza,

una

genia

lità

su

per

iore

a

quell

a d

egli

alt

ri p

op

oli

.

Che

dit

e?

Ques

to p

itto

re è

davver

o u

na

per

sona

stra

ord

inar

ia. B

isog

na

riconosc

ere

che

i V

enez

iani

hanno u

na

genti

lezza,

una

genia

lità

su

per

iore

a

quell

a d

egli

alt

ri p

op

oli

.

Must

afà

Mi

sem

bra

che

abb

iano

spec

ialm

ente

una

sfac

cia

tagg

ine

super

iore

. (s

buff

a.)

M

ust

afà

Mi

sem

bra

che

abb

iano

spec

ialm

ente

u

na

sfac

cia

tagg

ine

super

iore

! (s

buff

a)

Dan

ia

Che

dit

e??

Sanno c

osì

bene

rend

ersi

acc

etti

!

D

ania

Che

dit

e??

Sanno c

osì

bene

com

e re

nder

si a

ccet

ti!

Must

afà

All

e d

onne,

conced

o!

Ma

quanto

ag

li u

om

ini,

ti

assi

curo

che

acc

ade

l’opp

ost

o e

per

conto

mio

li

mander

ei

tutt

i a

mil

le d

iavoli

, com

incia

nd

o d

al

tuo

fam

oso

pit

tore

!

M

ust

afà

All

e donne,

conce

do!

Ma

quanto

ag

li u

om

ini,

ti

assi

curo

che

acca

de

l’opp

ost

o.

E p

er c

onto

mio

li

mander

ei

tutt

i a

mil

le d

iavoli

, com

incia

nd

o d

al

>vost

ro<

<tu

o f

amoso

> p

itto

re!

(sbuff

a)

SC

EN

A 7

.

Sce

na

(en

tra a

ffanosa

men

te Z

aid

a)

(E

ntr

a a

ffannosa

men

te Z

aid

a)

Zaid

a (s

i get

ta a

i pie

di

di

Must

afà

e g

li s

i a

ttacca

all

e ves

ti)

Sig

nore

, si

gnore

bu

ono,

salv

atem

i; p

er l

’am

ore

di

All

ah

!

Z

aid

a (s

i gett

a a

i p

iedi

di

Must

afà

e g

li s

i att

acc

a

all

e ves

ti:)

Sig

nore

, si

gnore

bu

ono,

salv

atem

i, p

er l

’am

ore

di

All

ah!

Must

afà

Ma

chi è

cost

ei?

Ogg

i m

i su

cced

ono tutt

e!

Cosa

c’è

ancora

?

M

ust

afà

Ma

chi

è cost

ei?

Ogg

i m

i ac

cad

ono t

utt

e!

Cosa

>su

cced

e< <

c’è

ancora

>?

Zaid

a (c

on e

ges

ti d

i te

rrore

)

Sal

vat

em

i si

gnore

, da

un

mar

ito

gelo

so

che

mi

per

segu

ita

e m

i vu

ole

ucc

ider

e!

La

sua

gelo

sia

è

frenet

icae

sorp

assa

og

ni

imm

agin

azio

ne.

Eg

li e

sig

e

che

mi

copra

per

fino g

li o

cchi,

e p

er a

ver

mi

scort

a

col

vis

o

legg

erm

ente

sc

op

erto

, ha

sguain

ata

la

spad

a, m

i ha i

nse

gu

ita e

rid

ott

a a

rifu

gia

rmi qu

e a

d

invoca

re l

a vost

ra p

rote

zio

ne.

Ahim

é, c

he

lo s

ento

venir

e!

Ah!

Per

car

ità,

per

pie

tà, si

gnore

, sa

lvate

mi!

Z

aid

a (c

on v

oce

e ges

ti d

i te

rrore

:)

Sal

vat

em

i, s

ignore

, d

a u

n m

arit

o g

elo

so c

he

mi

per

segu

ita e

mi

vu

ole

ucc

ider

e!

La s

ua

gelo

sia è

frenet

ica

e

sorp

assa

og

ni

imm

agin

azio

ne.

E

gli

esig

e che

mi

copra

per

sino g

li o

cchi,

e p

er a

ver

mi

scort

a col

vis

o l

egger

mente

scoper

to,

ha s

guain

ata

la s

pad

a, m

i ha

inse

gu

ita

e ri

dott

a a

rifu

gia

rmi

qu

i

e ad

invoca

re l

a vost

ra p

rote

zio

ne.

Ahim

è che

lo

sento

venir

e!

Ah,

per

ca

rità

, per

p

ietà

, si

gnore

,

salv

atem

i!

Must

afà

(a D

ania

)

Must

afà

– (

a D

ania

)

Page 171: La Dania di Elena Bonzanigo - · PDF file2 Elena Bonzanigo nacque a Bellinzona nel 1897 e visse ... FAZIOLI FOLETTI Maria, Elena Bonzanigo, in ... alcun tipo del libretto integrale

Conducil

a nell

e tu

e st

anze;

(a Z

aid

a)

Non t

emer

e

nu

lla.

Conducil

a n

ell

e tu

e st

anze.

(A

Zaid

a)

Non t

emete

nu

lla.

SC

EN

A 8

.

Sce

na

(En

tra c

on l

a s

pada s

guain

ata

, F

lori

ano)

(E

ntr

a c

on l

a s

pada s

guain

ata

, F

lori

ano)

Must

afà

Com

e, s

iete

voi, i

l m

arit

o g

elo

so?

M

ust

afà

Com

e, s

iete

voi

il m

arit

o g

elo

so?

Flo

riano

Dov’è

, quell

a sc

iagura

ta?

F

lori

ano –

Dov’è

quell

a sc

iagura

ta?

Must

afà

Un v

enez

iano g

elo

so c

om

e u

n t

urc

o?!

M

ust

afà

Un v

enez

iano g

elo

so c

om

e u

n t

urc

o?

Flo

riano

I venez

iani

sanno f

are

di

tutt

o,

e quand

o v

og

liono

esse

r gelo

si,

lo s

ono v

enti

volt

e m

egli

o d

i u

n t

urc

o.

F

lori

ano –

I venez

iani

sanno f

are

di

tutt

o;

e q

uand

o v

og

liono

esse

r gel

osi

lo s

ono v

enti

volt

e m

egli

o d

i u

n t

urc

o.

Must

afà

Cas

pit

a!

Dit

e davver

o?

M

ust

afà

Cas

pit

a!

Dit

e davver

o?

Flo

riano

Non c

erca

te d

i te

rgiv

ersa

re:

l’in

fam

e cr

ede

di

aver

trovat

o q

ui

un r

ifug

io s

icuro

, m

a voi

siet

e tr

opp

o

rag

ionevole

per

opp

orv

i al

mio

ri

senti

mento

.

Las

cia

te d

unque

che

la t

ratt

i com

e si

mer

ita.

F

lori

ano –

Non c

erca

te d

i te

rgiv

ersa

re:

l’in

fam

e cr

ede

di

aver

trovat

o >

che q

ui<

un r

ifug

io s

icuro

, m

a voi

siete

tropp

o

rag

ionevole

per

opp

orv

i al

mio

rise

nti

mento

. L

ascia

te d

unque c

he

la t

ratt

i com

e si

mer

ita.

Must

afà

Che

dia

volo

! F

erm

atevi!

L’o

ffes

a è

tropp

o p

iccola

per

un’i

ra c

osì

gra

nde!

M

ust

afà

Che

dia

volo

! F

erm

ate

vi!

L’o

ffes

a è

tropp

o p

iccola

per

un’i

ra c

osì

gra

nde.

Flo

riano

L’i

mp

ort

anza

dell

’off

esa

non s

ta n

ell

’enti

tà d

ell

a

cosa

in

st

essa

, m

a nell

’ord

ine

tras

gre

dit

o.

La

dis

ob

bed

ienza

che

irri

de

ai

mie

i d

ivie

ti ag

gra

va

quals

iasi

pic

cole

zza.

F

lori

ano –

L’e

nti

tà d

ell

’off

esa n

on s

ta n

ell

’im

port

anza

dell

a

cosa

in s

é s

tess

a, m

a nell

’ord

ine t

rasg

red

ito.

La

dis

obbed

ienza

che

irri

de

ai

mie

i d

ivie

ti a

ggra

va

quals

iasi

pic

cole

zza.

Must

afà

Dal

mod

o i

n c

ui

la d

onna

par

lava,

poss

o a

cce

rtar

vi

che

sbag

lio s

enza

mali

zia

e p

er p

ura

dim

enti

canza.

M

ust

afà

Dal

mod

o i

n c

ui la

donna

par

lava,

poss

o a

cce

rtar

vi

che

sbag

liò

>?<

<

senza>

m

ali

zia

e

per

pura

dim

enti

canza.

Flo

riano

Com

e?

Par

late

la

sua

par

te c

ontr

o d

i m

e?

F

lori

ano –

Com

e?

Pig

liat

e la

sua

par

te c

ontr

o m

e?

Page 172: La Dania di Elena Bonzanigo - · PDF file2 Elena Bonzanigo nacque a Bellinzona nel 1897 e visse ... FAZIOLI FOLETTI Maria, Elena Bonzanigo, in ... alcun tipo del libretto integrale

Must

afà

Sen

z’a

ltro

. E

se

des

ider

ate

esse

rmi

gra

to,

dim

enti

cate

la

vost

ra c

oll

era

e r

iconcil

iate

vi con lei.

È u

na

gra

zia

che

vi d

om

and

o.

M

ust

afà

Sen

z’a

ltro

. E

se

des

ider

ate

esse

rmi

gra

to,

dim

enti

cate

la

vost

ra c

oll

era e

ric

oncil

iate

vi

con

lei. È

una

gra

zia

che

vi d

om

and

o.

Flo

riano

In

ques

to

caso

(g

esto

si

gnif

ica

tivo

) non

poss

o

rifi

uta

re.

La

vost

ra s

aggez

za,

poi

è lo

data

da

tutt

i:

farò

com

e m

i consi

gli

ate

.

F

lori

ano –

In

qu

esto

ca

so

(ges

to

signif

ica

tivo

) non

poss

o

rifi

uta

re. L

a vost

ra s

agg

ezza,

poi,

è l

od

ata d

a tu

tti:

Far

ò c

om

e m

i consi

gli

ate.

Must

afà

(avv

icin

andosi

a Z

aid

a n

asc

ost

a)

Ven

ite,

venit

e pure

senza

tim

ore

. H

o f

atto

la

pac

e

per

voi. L

e b

ell

e che

si r

ivolg

ono a

me o

tteng

ono

sem

pre

tutt

o q

uanto

des

ider

ano.

M

ust

afà

– (

Avv

icin

andosi

a Z

aid

a n

asc

ost

a:)

Ven

ite,

venit

e pure

senza

tim

ore

. H

o f

atto

la

pace

per

voi.

Le b

ell

e che s

i ri

volg

ono a

me

ott

eng

on

o

sem

pre

tutt

o q

uanto

>vog

liono<

des

ider

ano.

Zaid

a

La

riconosc

enza

che v

i d

ebb

o è

infi

nit

a, s

ignore

.

Ma

lasc

iate

che

io vad

a a

ripre

nder

e il

mio

velo

,

per

ché

nonose

rei

ricom

par

irg

li

din

anzi

così

.

Succ

eder

ebb

e u

n v

ero p

andem

onio

.

>

Flo

riano<

<Z

aid

a> -

La

riconosc

enza

che

vi

deb

bo è

infi

nit

a, s

ignore

.

Ma

lasc

iate

ch’i

o v

ada

a ri

pre

nder

e il

mio

velo

,

per

ché

non

ose

rei

ricom

par

irg

li

din

anzi

così

.

Succ

eder

ebb

e u

n v

ero p

andem

onio

.

Must

afà

5ri

avv

icin

andosi

a F

lori

ano)

Ecc

ola

che

sta

per

venir

e. S

e av

este

vis

to com

e

appar

iva

feli

ce

quand

o

le

dis

si

che

tutt

o

era

accom

od

ato!

M

ust

afà

– (

ria

vvic

inandosi

a F

lori

ano)

Ecc

ola

che

sta

per

venir

e. S

e aves

te v

isto

com

e

appar

iva

feli

ce

quand

o

le

dis

si

che

tutt

o

era

accom

od

ato!

SC

EN

A 9

.

Sce

na

(en

tra D

ania

avv

olt

a t

utt

a n

el v

elo d

i Z

aid

a)

(E

ntr

a D

ania

avv

olt

a t

utt

a n

el v

elo d

i Z

aid

a)

Must

afà

Poic

avet

e dim

enti

cato

il

vost

ro r

isenti

mento

, se

r

Pit

tore

, fa

te la

pac

e qu

i davanti

a m

e. D

atevi

la

mano e

pro

mett

ete

di

viv

ere

d’o

ra i

nnanzi

nell

a p

per

fett

a u

nio

ne!

M

ust

afà

Poic

avet

e d

imenti

cat

o il

vost

ro ri

senti

mento

,

ser

pit

tore

, fa

te l

a p

ace

qu

i davanti

a m

e. D

ate

vi

la

mano e

pro

mett

ete

di viv

ere

d’o

ra innanzi nell

a p

per

fett

a u

nio

ne.

Flo

riano

Per

la

gra

nde

amic

izia

che

ci

lega,

(co

n e

nfa

si)

vi

pro

met

to e

ccele

nti

ssim

o M

ust

afà

; che

viv

rò c

on l

ei

d’a

more

e d

’acc

ord

o!

F

lori

ano –

Per

la

gra

nde

amic

izia

che

ci

lega

(con e

nfa

si)

vi

pro

met

to,

ecc

ell

enti

ssim

o M

ust

afà

, che

viv

rò c

on

lei d’a

more

e d

’acc

ord

o.

Must

afà

Tra

ttat

ela

bene,

car

o p

itto

re.

M

ust

afà

Tra

ttat

ela

bene,

car

o p

itto

re.

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Flo

riano

La

trat

terò

il

m

egli

o

che

mi

sarà

p

oss

ibil

e,

ve

l’as

sicu

ro!

(esc

ono)

F

lori

ano –

La

trat

terò

il

m

egli

o

che

mi

sarà

p

oss

ibil

e,

ve

l’as

sicu

ro.

(Esc

ono)

Must

afà

Ah!

Ah!

Ah!

(rid

e d

i gust

o)

Guar

dat

e u

n p

o’

quel

pit

tore

! C

osa

ne

dir

à D

ania

? T

emevo q

uas

i che

se

ne innam

ora

sse,

ma

così

tutt

o è

acc

om

odato

. Dania

!

Dan

ia!!

Dania

a!

(cer

cando D

ania

tro

va Z

aid

a)

M

ust

afà

– (

solo

)

Ah!

Ah!

Ah!

(rid

e di

gust

o)

Guar

date

un p

o’

qu

el

pit

tore

! C

osa

ne

dir

à D

ania

? T

emevo q

uas

i che

se

ne

innam

ora

sse,

m

a così

tu

tto

è acc

om

od

ato.

Dan

ia!

Dania

! D

ania

aa!

(cer

cando

D

ania

tr

ova

Zaid

a)

SC

EN

A 1

S

cena

10

°

Must

afà

(a Z

aid

a)

Com

e?!

! S

iete

ancora

qu

i? C

osa

vu

ol d

ire?

M

ust

afà

(a Z

aid

a)

Com

e?!

Sie

te a

ncor

qu

i, v

oi?

Cosa

vu

ol d

ire?

Zaid

a se

nza

vel

o)

Vuol

dir

e c

he u

n v

end

itore

di

schia

ve

è od

iato

da

tutt

i, e

che

tutt

i son

o c

onte

nti

di nu

oce

rgli

. Vu

ol d

ire

che

Dania

è f

ugg

ita

col

Cavali

ere

che

l’am

a, p

er

esse

re su

a sp

osa

. V

uol

dir

e che

siet

e gab

bat

o,

e

gab

bat

o c

oi

fiocchi!

! (f

ugg

e vi

a r

iden

do)

Z

aid

a (s

enza

vel

o)

Vuol

dir

e che

un v

end

itore

di

schia

ve

è od

iato

da

tutt

i, e

che t

utt

i so

no c

onte

nti

di

nu

ocer

gli

. V

uol

dir

e che

Dania

è f

ugg

ita c

ol ca

vali

ere

che

l’am

a p

er

esse

re s

ua

sposa

. V

uol

dir

e che

siete

gab

bato

e

gab

bat

o c

oi

fiocchi!

(fu

gg

e vi

a r

iden

do.)

Must

afà

(con f

uri

a s

rmpre

cre

scen

te)

A m

e u

n t

ale

aff

ronto

? A

me,

Must

afà

? m

a c

hie

der

ò

giu

stiz

ia e

la

ved

rem

o!,

cane

mis

cred

ente

! T

i fa

impala

re,

per

la

bar

ba

di

Maom

etto

! T

i fa

impala

re!

(chia

mando a

gra

n v

oce

): O

mar

! T

ale

te!

Ibra

him

! S

ervi!

S

chia

vi!

Q

ui

sub

ito!

(i

serv

i

acc

orr

ono

urt

and

osi

) S

e vole

te

che

rim

etta

i

cast

ighi

pro

moss

i all

a vost

ra

scie

mp

iagg

ine

di

stan

ott

e d

ovete

ora

, fu

lmin

eam

ente

, ra

gg

iung

ere

Dan

ia e

il

pit

tore

fugg

itiv

i, e

port

arm

eli

qu

i, v

ivi

o

mort

i. V

ia!

M

ust

afà

(con f

uri

a s

empre

cre

scen

te:)

A

me

un

tale

aff

ronto

? A

m

e,

Must

afà?

Ma

chie

der

ò g

iust

izia

e l

a ved

rem

o, cane

mis

cred

ente

!

Ti fa

rò im

pala

re, per

la

bar

ba

di M

aom

etto

! T

i fa

impala

re!

(chia

mando a

gra

n v

oce

:) O

mar

! T

ale

te!

Ibra

him

! S

ervi!

S

chia

vi!

Q

ui

sub

ito!

(i

serv

i

acc

orr

ono

urt

andosi

:)

Se

vole

te

che

rim

etta

i

cast

ighi

pro

mes

si

all

a vost

ra

scem

pia

gg

ine

di

stan

ott

e, d

ovete

, ora

, fu

lmin

eam

ente

, ra

gg

iung

ere

Dan

ia e

il

pit

tore

fugg

itiv

i, e

port

arm

eli

qu

i viv

i o

mort

i. V

ia!

Ser

vi

(dopo e

sser

si i

nch

inati

all

’ord

ine,

sec

ondo

l’u

sanza

ori

enta

le,

fuggono p

oi

com

e fr

ecci

e per

adem

pie

rlo)

S

ervi

(dopo e

sser

si i

nch

ina

ti a

ll’o

rdin

e s

econdo

l’usa

nza

ori

enta

le,

fuggono

poi

com

e fr

ecce

per

adem

pie

rlo.)

Sce

na

10

°

Must

afà

(si bu

tta a

sed

ere

sul div

ano, e

tira

bocc

ate

furi

ose

dall

a

sua

lunga

pip

a.

Po

i,

sem

pre

M

ust

afà

– (s

i butt

a a se

der

e su

l d

ivano,

e ti

ra

bocc

ate

furi

>bonde<

<ose

> d

all

a s

ua l

unga p

ipa.

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irosa

men

te

sbuff

ando,

fum

ando

e ru

ggen

do,

fa

alc

un

i gir

i p

er l

a s

tanza

ed e

sce)

Po

i,

sem

pre

ir

osa

men

te

sbuff

ando,

fum

ando

e

ruggen

do, fa

alc

uni

gir

i per

la s

tanza

ed e

sce.

)

SC

EN

A 1

1.

S

cena

11

°

(per

un i

stante

la s

cena r

esta

vuota

. P

oi,

pre

cedu

to

da M

ust

afà

, ch

e ha m

esso

una m

asc

her

a d

’ese

quio

sull

a

sua

rabbia

, se

nza

tu

ttavi

a

com

ple

tam

ente

cela

rla, en

tra i

l gra

n P

asc

ià)

(P

er u

n ist

ante

la s

cena r

esta

vuota

. P

oi,

pre

ced

uto

da M

ust

afà

che

ha m

esso

una m

asc

her

a d

’ese

quio

sull

a su

a ra

bbia

, se

nza

tu

tta

via

com

ple

tam

ente

cela

rla, en

tra i

l gra

n P

asc

ià,)

Must

afà

(con p

rofo

ndi

inch

ini)

Ecc

ell

enza,

deg

nat

evi

di

entr

are n

ell

a m

ia m

odes

ta

abit

azio

ne.

M

ust

afà

– (

con p

rofo

ndi

inch

ini:

)

Ecc

ell

enza,

deg

nat

evi d

i entr

are

nell

a m

ia m

od

esta

abit

azio

ne.

Pas

cià

(rid

endo e

ba

tten

dog

li s

ull

e sp

all

e)

Modes

ta,

mi

par

e

che

div

enti

d

avver

o:

non

ho

incontr

ato

manci

l’om

bra

di u

n s

ervo. C

he

ne

avet

e

fatt

>i<

<o>

! L

i avet

e m

ang

iati

tutt

i?

P

asci

à –

(ri

den

do e

ba

tten

dog

li l

a s

pall

a:)

Modes

ta,

mi

par

e che

div

enti

d

avver

o:

non

ho

incontr

ato

manco l’o

mbra

d’u

n s

ervo, che

ne

avete

fatt

o?

Li avet

e m

ang

iati

tutt

i?

Must

afà

Ah!

Se

l’ecc

ell

enza

vost

ra s

apes

se!

Ho

una

gra

nd

e

gra

zia

da

chie

der

le…

.

M

ust

afà

Ah!

Se

l’ec

cell

enza

vost

ra s

apes

se!

Ho u

na

gra

nde

gra

zia

da

chie

der

e…

Pas

cià

Anch’i

o p

er l

’appu

nto

vi cer

cavo.

P

asci

à –

Anch’i

o, p

er l

’appu

nto

, vi cer

cavo.

Must

afà

Aiu

to

e g

iust

izia

, ec

cell

enza,

per

u

n

affr

onto

mort

ale

!

M

ust

afà

Aiu

to

e g

iust

izia

, ec

cell

enza,

per

u

n

aff

ronto

mort

ale

!

Pas

cià

(sen

za

badare

aff

att

o

all

e quer

imonie

di

Must

afà

)

Dunque

vi

cer

cavo

per

annu

nzia

rvi

ch

e ho

com

bin

ato

una m

ascher

ata,

una

fest

a m

agnif

ica.

Ci

ver

rete

con q

ualc

he b

ell

a sc

hia

va.

Ne a

vete

sem

pre

qualc

una

in s

erb

o, eh, bri

ccone?!

!

P

asci

à – (

senza

badare

aff

att

o a

lle q

uer

imonie

di

Must

afà

:)

Dunque,

vi

cerc

avo

per

annu

nzia

rvi

che

ho

com

bin

ato

una m

ascher

ata

, una

fest

a m

agnif

ica.

Ci

ver

rete

con q

ualc

he

vost

ra b

ell

a sc

hia

va.

Ne

avete

sem

pre

qualc

una

in s

erb

o,

eh, bri

ccone!

Must

afà

Appu

nto

, vi

vole

vo d

ire…

.

M

ust

afà

Appu

nto

, vi

vole

vo d

ire…

Pas

cià

Me

lo d

iret

e p

oi,

am

ico m

io.

Sar

à u

no s

pet

tacolo

mag

nif

ico, ec

liss

erà

tutt

i g

li a

ltri

!

P

asci

à –

Me

lo d

irete

poi, a

mic

o m

io.

Sar

à u

no s

pet

tacolo

mag

nif

ico, ec

liss

erà

tutt

i g

li a

ltri

.

Must

afà

M

ust

afà

Page 175: La Dania di Elena Bonzanigo - · PDF file2 Elena Bonzanigo nacque a Bellinzona nel 1897 e visse ... FAZIOLI FOLETTI Maria, Elena Bonzanigo, in ... alcun tipo del libretto integrale

Ecc

ell

enza,

quel

trad

itore

m

i ha

gio

cato

la

com

med

ia.

Ecc

ell

enza,

qu

el

trad

itore

m

i ha

gio

cato

u

na

com

med

ia.

Pas

cià

(sem

pre

più

dis

tratt

o;

pen

sando s

olo

ai

casi

suoi)

Ma

che c

om

med

ia!

Una

mas

cher

ata,

vi

dic

o!

Ne

fare

mo u

na

pro

va

pri

ma

di pre

senta

rla

al S

ult

ano!

P

asci

à – (

sem

pre

più

dis

tratt

o,

pen

sando s

olo

ai

casi

suoi:

)

Ma

che

com

med

ia!

Una

mas

cher

ata,

vi

dic

o!

Ne

fare

mo u

na

pro

va

pri

ma

di pre

senta

rla

al S

ult

ano.

Must

afà

Ma,

Ecc

ell

enza,

io c

hie

devo i

l vost

ro a

pp

ogg

io…

.

M

ust

afà

Ma,

E

ccell

enza,

io

vi

chie

devo

il

vost

ro

appogg

io…

SC

EN

A 1

S

cena

11

°

(En

trano i

ser

vi c

on F

lori

ano,

Dania

, A

lì,

e Z

aid

a,

pri

gio

nie

ri)

(E

ntr

ano

i se

rvi

con

Flo

riano,

Dania

<

Alì

>

e

Zaid

a p

rigio

nie

r>a

<<

i>I

Must

afà

Ecc

oli

! E

ccoli

! A

h!

Bri

ganti

! O

ra

ci

siete

!

Ecc

ell

enza…

M

ust

afà

Ecc

oli

! E

ccoli

! A

h!

Bri

ganti

! O

ra

ci

siete

!

Ecc

ell

enza…

Pas

cià

Toh!

Toh!

Ma

qu

esto

è i

l cavali

er F

lori

ano!

Am

ico

mio

, che

pia

cer

e d

i in

contr

arvi qu

i!

P

asci

à –

Toh!

Toh!

Ma

ques

to è

il ca

vali

er F

lori

ano!

Am

ico

mio

, che

pia

cer

e in

contr

arvi

qu

i!

Flo

riano

Ma

sono

davver

o

feli

ccis

sim

o,

Ecc

ell

enza!

Per

met

tete

mi che

io v

i pre

senti

la

mia

sp

osa

.

>

Must

afà<

<F

lori

ano>

-

Ne

sono

davver

o

feli

cis

sim

o,

Ecc

ell

enza.

Per

met

tete

ch’i

o v

i pre

senti

la

mia

sp

osa

.

Must

afà

Mac

ché

sposa

d’E

git

to!

M

ust

afà

Mac

ché

sposa

! S

posa

d’E

git

to!

Pas

cià

(sen

za b

ada

rgli

)

Oh!

Com

pli

menti

b

enis

sim

o!

Vi

invit

o am

bed

ue

all

a m

ia f

esta

. V

edre

te!

Una

fest

a m

agnif

ica!

P

asci

à –

(se

nza

badarg

li)

Oh!

Com

pli

menti

! B

enis

sim

o.

Vi

invit

o a

mb

edue

all

a m

ia f

esta

. V

edre

te!

Una

fest

a m

agnif

ica!

Must

afà

(com

ple

tam

ente

fuori

da

i gangher

i)

Per

ka b

arba

di M

aom

ett

o, non v

e la

pas

sere

te lis

cia

così

, fu

rfanti

! E

ccell

enza,

ma

ques

ta è

la

schia

va

che

vi avevo p

rom

esso

, e

quel tr

adit

ore

l’h

a ra

pit

a e

ha

tenta

to d

i fu

gg

ire

con l

ei!

M

ust

afà

– (

com

ple

tam

ente

fuori

da

i gangher

i:)

Per

la

bar

ba d

i M

aom

etto

, non v

e la

pas

sere

te c

osì

lisc

ia,

furf

anti

! E

ccell

enza,

ma

ques

ta è

la

schia

va

che

vi

avevo p

rom

esso

, e

quel

trad

itore

l’h

a ra

pit

a

e ha

tenta

to f

ugg

irse

ne

con l

ei!

Flo

riano

Un M

isso

nar

io c

i ha

sposa

ti o

r ora

sec

ond

o i

l ri

to

cris

tiano. È

mia

mog

lie

e la

dif

end

erò a

spad

a tr

atta

.

(sguain

a l

a s

pada;

e se

rvi

lo t

ratt

engono.)

F

lori

ano –

Un m

issi

onar

io c

i ha

sposa

ti o

r ora

sec

ond

o i

l ri

to

cris

tiano.

È m

ia m

og

lie

e la

d

ifend

erò a

spad

a

trat

ta.

(sguain

a l

a s

pada. I

serv

i lo

tra

tten

gono.)

Page 176: La Dania di Elena Bonzanigo - · PDF file2 Elena Bonzanigo nacque a Bellinzona nel 1897 e visse ... FAZIOLI FOLETTI Maria, Elena Bonzanigo, in ... alcun tipo del libretto integrale

Dan

ia

(pia

ngen

do

si

gett

a a

i pie

di

del

Pasc

ià):

Ecc

ell

enza,

p

ietà

, p

ietà

! C

i am

iam

o

tanto

!

(sin

ghio

zza)

D

ania

(pia

ngen

do s

i g

etta

ai

pie

di

del

Pasc

ià:)

Ecc

ell

enza,

p

ietà

, p

ietà

! C

i am

iam

o

tanto

!

(sin

ghio

zza)

Pas

cià

Las

cia

teli

lib

eri. A

h!

Che

bell

a com

med

ia!

P

asci

à –

Las

cia

teli

lib

eri. A

h!

Che

bell

a com

med

ia!

Must

afà

(alz

a l

e b

racc

ia a

l cie

lo d

isper

ato

)

Must

afà

– (

alz

a l

e bra

ccia

al

cie

lo, d

isper

ato

)

Pas

cià

In v

erit

à com

pre

nd

o c

he

must

afà

si dis

per

i! C

he

tiro

b b

irb

one!

Ah!

Ah!

Che

tiro

b

irb

one!

Cavali

ere

Flo

riano,

l’avet

e ri

schia

ta b

ell

a!

P

asci

à –

In v

erit

à, c

om

pre

nd

o c

he

Must

afà

si d

isper

i! C

he

tiro

bir

bone!

Ah!

Ah!

Che

tiro

bir

bone!

Cavali

ere

Flo

riano,

l’avet

e ri

schia

ta b

ell

a!

Flo

riano

Tutt

o

si

arri

schia

, E

ccell

enza,

quan

do

si

ama.

(pre

nde

per

mano D

ania

e l

’att

ira a

sé)

F

lori

ano –

Tutt

o

si

arri

schia

, ecc

ell

enza,

qu

and

o

si

am

a.

(pre

nde

per

mano D

ania

, e

l’att

ira v

icin

o a

sé.

)

Pas

cià

E

l’ogg

etto

d

i ta

nto

fu

oco

ne

è ben

deg

no!.

...

Pen

sare

che

era

des

tinat

a a

me!

Vecc

hio

Must

afà

, ti

ringra

zio

eg

ualm

ente

per

il

bu

on

gust

o

che

mi

attr

ibu

ite.

In a

ltra

cir

cost

anza

vi

avre

i ap

pogg

iato

,

ma

ogg

i….

Mi

spie

gher

ò:

Ho f

atto

la

pac

e con l

a

mia

m

og

lie

favori

ta:

un

fiore

d

i bell

ezza,

m

a

uncar

atte

re…

..

Inso

mm

a,

quand

o

si

dic

e le

donne…

. D

eli

zio

sa

per

ò

e so

no

al

colm

o

dell

a

gio

ia.

Le

ho o

ffer

to u

na

per

la e

s è

pre

cis

amente

in

suo onore

che

vog

lio dar

e ques

ta fe

sta.

–M

a se

port

assi

un’a

ltra

donna

nell

’Har

em

, e

una

donna

di

così

gra

nde

bell

ezza,

mi ca

pir

ete…

.

P

asci

à –

E

l’ogget

to

di

tanto

fu

oco

ne

è ben

deg

no!.

..

pen

sare

che

era

des

tinat

a a

me!

Vec

chio

Must

afà

,

vi

ringra

zio

egualm

ente

, per

il

bu

on g

ust

o c

he

mi

attr

ibu

ite.

In

alt

ra

cir

cost

anza

vi

avre

i fo

rse

appogg

iato

, m

a o

gg

i… M

i sp

ieg

her

ò:

ho f

att

o l

a

pac

e con

la

mia

m

og

lie

favori

ta:

Un

fiore

d

i

bell

ezza,

ma

un c

arat

tere

… i

nso

mm

a, q

uand

o s

i

dic

e le

donne…

Deli

zio

sa,

per

ò,

e so

no a

l colm

o

dell

a g

ioia

. L

e ho o

ffer

to u

na

per

la m

eravig

liosa

,

ed è

pre

cis

amente

in s

uo o

nore

che v

og

lio d

are

ques

ta

fest

a.

Ma

se

port

assi

u

n’a

ltra

d

onna

nell

’har

em,

e u

na

donna

di

così

gra

nde

bell

ezza,

mi ca

pit

e….

Flo

riano

Tro

pp

o g

iust

o!

F

lori

ano –

Tro

pp

o g

iust

o!

Must

afà

Per

ò c

hi

ci

va

di

mez

zo s

ono i

o!

M

ust

afà

Per

ò, ch

i ci

va

di m

ezzo s

ono i

o.

Pas

cià

Eh!

Vec

chia

volp

e!

Ogg

i a

me,

dom

ani

a te

! P

rend

i

inta

nto

qu

esta

bors

a, s

e ti

può c

onso

lare

!

P

asci

à –

Uh! V

ecchia

volp

e! O

gg

i a te,

dom

ani a

me! P

rend

i

inta

nto

qu

esta

bors

a, s

e ti

può c

onso

lare

.

Page 177: La Dania di Elena Bonzanigo - · PDF file2 Elena Bonzanigo nacque a Bellinzona nel 1897 e visse ... FAZIOLI FOLETTI Maria, Elena Bonzanigo, in ... alcun tipo del libretto integrale

Must

afà (

Inch

inandosi

) G

razie

, gra

zie

, E

ccell

enza!

Sono v

ost

ro s

ervo u

mil

issi

mo,

sem

pre

ag

li o

rdin

i

vost

ri!

M

ust

afà

– (

inch

inandosi

)

Gra

zie

, gra

zie

, E

ccell

enza!

Sono

vost

ro

serv

o

um

ilis

sim

o, se

mpre

ag

li o

rdin

i vost

ri.

S

cena

finale

Pas

cià

All

ora

, band

o

all

e m

ali

nconie

e

pensi

am

o

all

a

nost

ra f

esta

! A

vanti

, danzat

rici

e danzat

ori

!

(En

trano d

anza

ndo)

su v

enit

e, g

aio

stu

olo

,

dan

zat

rici

e danzat

ori

!

Fugg

an l

ung

i noia

e d

uolo

E l

a g

ioia

reg

ni

og

nor.

No, pensi

eri

non v

og

li’i

o

Che

non s

iano d

i p

iace

r;

poic

bre

ve

è i

l g

iorn

o m

io

vo’

tras

corr

erlo

a g

ioca

r

Pas

cià:

all

ora

band

o a

lle

mali

nconie

, e

pensi

amo a

lla

nost

ra

fest

a

avanti

, d

anzat

rici

e danzat

ori

, (e

ntr

ano d

anza

ndo)

su v

enit

e, g

aio

stu

olo

,

dan

zat

rici

e danzat

or!

Fuggan

lu

ng

i noia

e d

uolo

E l

a g

ioia

reg

ni

og

nor.

No p

ensi

eri

non v

og

li’i

o

Che n

on s

iano d

i p

iacer

: p

oic

hé b

reve è

il

gio

rno

mio

,

vo t

rasc

orr

erlo

e g

oder

.

(alc

une

batt

ute

di

dia

logo)

Pas

cià

All

ora

, band

o

all

e m

ali

nconie

, e

pas

siam

o

all

a

nost

ra

fest

a!

Avanti

, danzat

rici

e danzat

ori

!

(En

trano d

anza

ndo)

“Su v

enit

e, g

aio

stu

olo

,

dan

zat

rici

e danzat

ori

!

Fuggan

lu

ng

i noia

e d

uolo

,

e la

gio

ia r

egni

og

nor!

No, pensi

eri

non v

og

li’i

o

Che

non s

iano d

i p

iace

re;

poic

bre

ve

è il

gio

rno m

io

vo’

tras

corr

erlo

a g

oder

.

Sap

ete,

g

iovani

amic

i, cosa

vag

heg

gio

? C

he

le

vost

re m

og

li s

iano r

egalm

ente

fes

tegg

iate

in c

asa

mia

. E

per

ques

to v

i in

vit

o t

utt

i.

Coro

Ove

gin

ge

il G

ran P

ascià

Reg

na

la f

eli

cit

à;

in d

olc

e so

gno v

ivet

e og

nor

voi

che

cong

iunse

nod

o d

’am

or.

Pas

cià

Sap

ete,

g

iovani

amic

i,

cosa

vag

heg

gio

? C

he

le

vost

re s

iano r

egalm

ente

fes

tegg

iate

in c

asa

mia

. E

per

ques

to v

i in

vit

o t

uu

tti.

Flo

riano

Ecc

ell

enza,

la

mia

am

iciz

ia p

er v

oi

cres

ce a

mil

le

dopp

i e

non s

o d

irvi

la m

ia r

iconosc

enza.

F

lori

ano –

Ecc

ell

enza,

la

mia

am

iciz

ia p

er v

oi

cres

ce a

mil

le

dopp

i e

non s

o d

irvi

la m

ia r

iconosc

enza.

Dan

ia

Gra

zie

, m

agnif

ico si

gnore

, gra

zie

! (s

i in

chin

a a

baci

arg

li l

a v

este

)

D

ania

Gra

zie

, m

agnif

ico

sig

nore

, gra

zie

! (s

i

chin

a

a

baci

arg

li

la

vest

e.

Il

Pasc

la

rialz

a

sorr

iden

do e

la c

ondu

ce a

Flo

riano:)

>dic

endo:)

<

Pas

cià

(La

rialz

a

sorr

iden

do

e la

co

nduce

a

Flo

riano):

Pas

cià:

gio

vane

amic

o, la

scio

a v

oi la

res

titu

zio

ne

del bac

io

Pas

cià

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non s

iate

gelo

so d

ell

a m

ia v

este

, g

iovane

amic

o.

Las

cio

a

voi

la

rest

ituzio

ne

del

bac

io.

(Dania

efF

lori

ano s

i abbra

cci

ano)

(Dania

e F

lori

ano s

i abbra

ccia

no)

Non s

iate

gelo

so a

nche

dell

a m

ia v

este

, g

iovane

amic

o.

Las

cio

a

voi

la

rest

ituzio

ne

del

bacio

.

(<D

ania

e F

lori

ano

> s

i abbra

ccia

no.)

Flo

riano

Cad

ono a

lfin

le

lugubri

cate

ne

E n

e ri

cin

ge

in d

olc

i nod

i am

or!

La

vit

a sc

hiu

de

a noi

le s

ue

sere

ne

Vis

ioni d

i d

olc

ezza

e di sp

lend

or.

In a

lto i

cu

oi!

L’a

lba

è g

iunta

alf

ine,

alb

a d

i li

ber

tà,

luce

d’a

more

!

Dan

ia e

Flo

riano:

cad

ono a

lfin

le

lugubri

cat

ene

e ne

ricin

ge

in d

olc

i nod

i am

or.

La

vit

a sc

hiu

de

a noi

le s

ue

sere

ne

Vis

ioni d

i d

olc

ezza

e di sp

lend

or.

God

i, o

mio

core

,

l’alb

a è

giu

nta

alf

ine!

Alb

a d

i li

ber

tà,

luce

d’a

more

!

Dan

ia e

Flo

riano

Cad

ono a

lfin

e le

lugubri

cat

ene

E n

e ri

cin

ge

in d

olc

i nod

i am

or.

La

vit

a sc

hiu

de

a noi

le s

ue

sere

ne

Vis

ioni d

i d

olc

ezza

e di sp

lend

or.

>G

od

i, o

mio

core

!< I

n a

lto i

l cu

ore

!

L’a

lba

è g

iunta

alf

ine,

alb

a d

i li

ber

tà,

luce

d’a

more

!

Pas

cià

Evviv

a g

li s

posi

!

Pas

cià:

evviv

a g

li s

posi

!

Pas

cià

Evviv

a g

li s

posi

!

Must

afà

(ag

itando l

a b

ors

a)

Evviv

a noi!

Must

afà

(ag

itando l

a b

ors

a)

Evviv

a!

Must

afà

– (

ag

itando l

a b

ors

a)

Evviv

a!

Coro

Viv

a!

Viv

a!

Viv

a g

li s

posi

(T

utt

i so

no t

rasc

inati

nel

la v

ort

icosa

ronda f

inale

)

Tutt

i:

urr

ah, urr

ah, evviv

a g

li s

posi

.

Tutt

i so

no

trasc

inati

in

vo

rtic

osa

danza

. R

onda

finale

. T

utt

i es

cono d

anza

nd

o.

Ult

imi

rim

angono

Dania

e F

lori

ano,

abbra

ccia

ti,

com

e dim

enti

chi

di

tutt

o.

Tutt

i –

Urr

ah!

Urr

ah!

Viv

a g

li s

posi

! (T

utt

i so

no tra

scin

ati

in

una

vort

icosa

danza

. R

onda

finale

. >

Tutt

i

esco

no

danza

ndo.

Ult

imi

rim

angono<

D

ania

e

Flo

riano, (a

bbra

cci

ati

e c

om

e dim

enti

chi di tu

tto:)

Dan

ia e

Flo

riano (

abbra

ccia

ti e

dim

enti

chi di tu

tto);

Luce

d’a

mor!

....

Dan

ia e

Flo

riano:

Luce

d’a

mor!

...

>D

ania

e F

lori

ano<

Luce

d’a

more

!

SIP

AR

IO F

INA

LE

(Sip

ari

o)

Fin

e

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MO

LIÈR

E

Le S

icili

en o

u l’A

mou

r pei

ntre

BO

NZA

NIG

O

Dan

ia

Com

édie

-ball

et e

n u

n a

cte

Com

med

ia i

n 3

Att

i

Per

sonnag

es e

t ac

teur

de

la c

om

édie

:

DO

N P

ÈD

RE

gen

tilh

om

me

sicil

ien

AD

RA

ST

E g

enti

lhom

me

français

ISID

OR

E G

recq

ue,

esc

lave

de

Don P

èdre

ZA

ÏDE

, je

une

escla

ve

UN

NA

TE

UR

HA

LI

Turc

, es

cla

ve

d’A

dra

ste

DE

UX

LA

QU

AIS

Per

sonnag

es d

u B

all

et:

MU

SIC

IEN

S

ES

CL

AV

E, chanta

nt

ES

CL

AV

ES

, chanta

nt

MA

UR

ES

et

MA

UR

ES

QU

ES

, dan

sant

Per

sonag

gi:

MU

ST

AF

A p

adro

ne

di

DA

NIA

sch

iava

gre

ca

FL

OR

IAN

O g

enti

luom

o v

enez

iano

AL

Ì su

o s

ervo

ZA

IDA

gio

vane

sch

iava

IL P

AS

CIÀ

MU

SIC

I

CA

NT

OR

I

SC

HIA

VE

DA

NZ

AT

OR

I

MO

RE

TT

I

CA

NT

AT

OR

I

SE

RV

I

A

TT

O P

RIM

O

Sc

ena

I L

uce

ross

a d

i tr

am

onto

. L

a s

cena r

appre

senta

un c

ort

ile

di

una c

asa

ori

enta

le.

A d

estr

a u

n b

alc

on

e a s

inis

tra u

n p

ozz

o c

irco

ndato

da

un’a

iuola

di

fio

ri. A

l le

vars

i del

sipari

o D

AN

IA e

d a

lcune

alt

re

SC

HIA

VE

si

avv

icin

ano a

l pozz

o p

er a

ttin

ger

e.

CO

RO

Pas

sa la

pri

maver

a su

l des

erto

,

com

e colo

mba

sull

’im

menso

mar

e,

ne

sa d

ove

posa

re.

Ah…

C’è

una

sorg

ente

sola

nel d

eser

to

e pri

maver

a vi si

posa

acc

anto

e sc

iog

lie

il s

uo b

el

canto

. A

h…

Ecc

o, ri

dono f

iori

nel

des

erto

e pri

maver

a se

ne

fa c

oro

na

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all

’om

bra

dell

e palm

e s’

abb

and

ona,

all

’om

bra

dell

e palm

e s’

add

orm

enta

. A

h…

Men

tre

canta

no e

att

ingono Z

aid

a s

i è

avv

icin

ata

dall

’alt

ra p

art

e del

muri

cciu

olo

e s

ta i

n a

scolt

o.

1. S

CH

IAV

A,

indic

ando

la a

un'a

ltra

.

Chi

è quell

a fa

nciu

lla

di

là d

al

muro

?

2. S

CH

IAV

A

Non l

’ho m

ai

vis

ta.

3. S

CH

IAV

A

Mi se

mbra

la

Gre

ca c

he

vende

fiori

pre

sso l

a G

rande M

osc

hea

.

DA

NIA

, vi

vam

ente

.

Una

Gre

ca?

ZA

IDA

, a

vvic

inandosi

anco

ra.

Poss

o c

hie

der

e u

na

gra

zia

?

DA

NIA

Di’

pure

.

ZA

IDA

La

fonte

è l

onta

na

ancora

e s

ono c

osì

sta

nca.

Mi

per

met

tete

di

atti

nger

e

al

vost

ro p

ozzo?

DA

NIA

dav

ver

o.

1. S

CH

IAV

A

Cer

tam

ente

. D

am

mi

la t

ua

anfo

ra.

ZA

IDA

Oh,

vi ri

ngra

zio

. E

seguis

ce.

Men

tre

la s

chia

va a

ttin

ge,

Dania

si

avvi

cin

a a

l m

uri

cciu

olo

.

DA

NIA

, a Z

aid

a:

Il t

uo a

cce

nto

è s

tranam

ente

fam

igli

are.

Sei d

i qu

esto

pae

se?

ZA

IDA

No, so

n n

ativ

a d’u

n v

illa

gg

io p

ress

o M

icene.

DA

NIA

, co

n g

razi

a:

All

ora

sei gre

ca c

om

e m

e.

L’a

bbra

ccia

.

Dim

mi

il t

uo n

om

e e

la t

ua

stori

a.

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ZA

IDA

Il m

io n

om

e è

Zaid

a. L

a m

ia s

tori

a è

tris

tezza.

DA

NIA

Rac

conta

!

ZA

IDA

Nel

l’E

ubea

pre

sso a

l m

are

un v

illa

gg

io

rid

ea p

iccolo

e b

ianco.

viv

evo,

nel ra

gg

io

dolc

e dell

a fa

mig

lia

la m

ia i

nfa

nzia

bea

ta.

Ma

un g

iorn

o d

i te

rrore

,

com

e lu

pi

aff

am

ati,

cala

rono i

bri

ganti

,

i T

urc

hi!

Il

mio

pae

sell

o

fu u

n o

rrid

o m

acell

o

tra

rovin

e fu

manti

.

Ucc

isi

i vecc

hi, i

bim

bi.

Ah!

La

mia

mam

ma!

Si

copre

gli

occ

hi.

LE

SC

HIA

VE

, so

ttovo

ce:

Orr

ore

!

ZA

IDA

Noi

fanciu

lle,

vendu

te

sul m

erca

to d

i S

tam

bou

l

com

e pecore

, all

’ast

a!

Da

all

ora

sono s

chia

va.

DA

NIA

Oh c

om

e la

tua

stori

a

all

a m

ia s

’ass

om

igli

a!

Io p

ur

cres

cevo l

ieta

,

idola

trat

a, i

nconsc

ia,

del des

tino c

rudele

.

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Viv

eva

la m

ia f

amig

lia

pre

sso A

tene.

Il

mio

bab

bo

era

un r

icco m

erca

nte

voll

e condurm

i se

co

in u

n s

uo v

illa

gg

io a

Cip

ro,

ma

i p

irat

i d

ell

’Isl

am

assa

liro

no l

a nave…

Che

terr

ore

! C

he

sangue!

E n

on l

o v

idi p

iù, p

over

o b

abb

o

e la

mam

ma

che

fors

e ci att

ende

in G

recia

, nell

a nost

ra d

olc

e ca

sa.

ZA

IDA

Oh!

La

Mam

ma,

la

patr

ia,

la f

am

igli

a

a volt

e se

mbra

n s

og

ni tr

opp

o b

ell

i

per

aver

e m

ai p

otu

to e

sser

e ver

i!

DA

NIA

Bell

a G

recia

, m

ia p

atri

a lo

nta

na,

a te

vola

il p

ensi

er!

ZA

IDA

Bell

a G

recia

dis

tesa

nel

sole

Com

e p

igra

sir

ena!

DA

NIA

Tutt

’avvolt

a nel m

anto

del

mar

e,

od

oro

sa d

i ti

mo e

vio

le,

org

og

liosa

di gra

zia

sovra

na

o d

olc

e patr

ia e

llena

il n

ost

ro c

uore

riv

iver

ti v

uole

.

ZA

IDA

Il n

ost

ro c

uore

riv

eder

ti v

uole

,

o d

olc

e patr

ia e

llena!

DA

NIA

e Z

AID

A

Il p

iù d

olc

e ri

cord

o è

in t

e ra

ccolt

o

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e la

mam

ma

ci gu

arda

col

tuo v

olt

o.

Ma

chiu

se n

ell

a tr

iste

schia

vit

ù

non t

i ved

rem

o m

ai

più

, m

ai p

iù.

Nel

fra

ttem

po a

lcun

e sc

hia

ve a

sco

ltano,

alt

re p

ass

eggia

no d

isco

rren

do

tra l

oro

.

2. S

CH

IAV

A

Com

’è b

ell

o i

l tr

amonto

!

1. S

CH

IAV

A

Ma

sta

quas

i sp

egnend

osi

. In

ques

ta s

tag

ione

la l

uce

cala

rap

idam

ente

.

ZA

IDA

Si, è

già

tar

di. D

evo r

ientr

are

in f

rett

a pri

ma

che

scenda

la s

era,

Add

io.

DA

NIA

Add

io. m

a ri

torn

a d

obb

iam

o r

ived

erci pre

sto.

AL

CU

NE

SC

HIA

VE

Si, r

itorn

a. P

uoi se

mpre

att

inger

e qu

i, p

urc

Must

afà

non t

i ved

a!

ZA

IDA

Oh, M

ust

afà

Com

ico g

esto

di

orr

ore

. E

sce.

Sc

ena

II

1. S

CH

IAV

A

Com

e si

sta

bene

qu

i al

fres

co!

DA

NIA

Rip

rend

iam

o l

a nost

ra c

anzone?

SC

HIA

VE

Si, c

anti

amo.

Rip

resa

del

coro

.

MU

ST

AF

À,

esce

sbuff

ando, in

terr

om

pen

do i

l co

ro.

Com

e, com

e?

È l’

ora

dell

a pre

ghie

ra e

siet

e an

cora

qui

a ca

nta

re e

dan

zar

e, gaz

ze

d’i

nfe

rno?

Pre

sto,

port

ate

l’

acqu

a per

le

ab

luzio

ni

e

sbri

gate

vi. V

ole

te c

he

vi p

aghi a

staff

ilat

e, p

er l

a bar

ba

di M

aom

ett

o!

Le

fanci

ull

e ra

ccolg

ono l

e anfo

re e

rie

ntr

ano i

n f

rett

a.

Sce

na v

uota

. L

a

luce

si

fa v

iole

tta.

Si

sente

dall

’in

tern

o l

a p

reghie

ra d

ella

ser

a i

nto

nata

da M

ust

afà

e r

ipre

sa d

al

Coro

: ca

nti

lena. A

nno

tta.

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Scèn

e pr

emiè

re

Hal

i, M

usi

cie

ns

HA

LI,

aux

musi

cien

s:

Chut.

N’a

vancez

pas

davanta

ge,

et

dem

eure

z d

ans

cet endro

it, ju

squ

'à c

e

que

je v

ous

appell

e.

Scèn

e 2

HA

LI,

seu

l

HA

LI:

Il

fait

noir

com

me

dans

un

four;

le

cie

l s’

est

hab

illé

ce

so

ir

en

Sca

ram

ouche;

et

je n

e vois

pas

une

éto

ile

qu

i m

ontr

e l

e b

out

de

son n

ez.

Sott

e cond

itio

n q

ue

cell

e d’u

n e

scla

ve,

de

ne

viv

re j

amais

pour

soi, e

t

d’ê

tre

tou

jours

tou

t enti

er a

ux p

assi

ons

d’u

n m

aît

re;

de

n’ê

tre

rég

lé q

ue

par

ses

hum

eurs

, et

de

se v

oir

réd

uit

à f

air

e se

s pro

pre

s af

fair

es d

e to

us

les

soucis

qu’i

l p

eut

pre

ndre

! le

m

ien

me

fait

, ic

i,

épouse

r se

s

inqu

iétu

des

: et

par

ce q

u’i

l es

t am

oure

ux,

il f

aut

que

nu

it e

t jo

ur

je n

’aie

aucu

n r

epos.

Mais

voic

i des

fla

mbea

ux, et,

sans

dou

te, c’

est

lui.

Scen

a II

I E

ntr

a A

lì c

on a

lcun

i m

usi

ci.

AL

Ì

Pia

n p

ianin

o,

cauta

mente

,

senza

far

rum

ore

qui

venit

e, b

rava

gente

,

qui

atte

ndet

e il

mio

sig

nor.

Acc

ennando c

ol

dit

o s

ull

a b

occa

:

Sst

! S

st!

CO

RO

Pia

n p

ianin

o,

cauta

mente

,

senza

far

rum

ore

tutt

i qu

i paz

iente

mente

atte

nd

iam

o i

l tu

o S

ignor.

Sst

! S

st!

AL

I

Tu r

imani

qu

i ap

pia

ttat

o,

tu n

ascond

iti

lagg

iù,

voi qu

i d

ietr

o a

l colo

nnato

,

die

tro a

lla

fonta

na,

tu.

Sst

! S

st!

CO

RO

1.

Guai

se

alc

uno c

i sc

opri

sse!

CO

RO

2.

Sar

ian b

uss

e in

quanti

tà.

CO

RO

3.

Oh. S

e alm

eno p

rest

o v

enis

se!

CO

RO

4.

Chis

sà m

ai quand

o v

errà

!

Sst

! S

st!

Si

nasc

ondono.

AL

Ì

Sil

enzio

! N

on v

i m

ovet

e pri

ma

che

io v

i chia

mi.

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Solo

.

Che

am

ara

par

od

ia è

la

sort

e dell

o s

chia

vo!

Non m

ai

viv

ere

per

ma

esse

re a

gg

iogat

i all

e pas

sioni

ed a

i ca

pri

cci

del

padro

ne.

Così

ades

so,

per

ché

il m

io s

ignor

ha

il g

hir

ibiz

zo d

i in

nam

ora

rsi,

devo p

assa

re i

o l

a

nott

e e

il g

iorn

o s

enza

rip

oso

.

Scèn

e 3

AD

RA

ST

E, D

EU

X L

AQ

UA

IS, port

ant

chac

un u

n f

lam

bea

u, H

AL

I

AD

RA

ST

E:

Est

-ce

to, H

ali

?

HA

LI:

Et

qu

i p

ourr

ait

-ce

être

qu

e m

oi?

À c

es h

eure

s de

nu

it,

hors

vous

et m

oi,

Monsi

eur,

je

ne

crois

pas

que

per

sonne

s’avis

e de

couri

r m

ain

tenant

les

rues

.

AD

RA

ST

E:

Auss

i ne

crois

-je

pas

qu’o

n p

uis

se v

oir

per

sonne

qu

i se

nte

dans

son c

œur

la

pein

e qu

e je

se

ns.

C

ar

enfi

n,

ce

n’e

st

rien

d’a

voir

à

com

bat

tre

l’in

dif

fére

nce

ou l

es r

igueu

rs d

’une

bea

uté

qu’o

n a

ime:

on a

tou

jours

au

moin

s le

pla

isir

de

la p

lain

te e

t la

lib

erté

des

soup

ir:

mais

ne p

ou

voir

trou

ver

aucu

ne

occ

asio

n d

e p

arle

r à

ce q

u'o

n a

dore

, ne

pou

voir

savoir

d'u

ne

bell

e si

l'a

mour

qu'insp

irent

ses

yeu

x e

st p

our

lui

pla

ire

ou l

ui

dép

lair

e, c

'est

la

plu

s fâ

cheu

se,

à m

on g

ré,

de

tou

tes

les

inqu

iétu

des

; et

c'es

t où m

e ré

du

it l

'incom

mode

jalo

ux q

ui

veil

le,

avec

tant

de

sou

ci, s

ur

ma

char

mante

Gre

cque

et

ne

fait

pas

un p

as s

ans

la t

raîn

er à

ses

tés.

HA

LI:

Mai

s il

est

, en a

mour,

plu

sieu

rs f

açons

de

se p

arle

r; e

t il

me

sem

ble

, à

moi,

que v

os

yeu

x e

t le

s si

ens,

dep

uis

prè

s d

e deu

x m

ois

, se

sont d

it b

ien

des

chose

s.

AD

RA

ST

E:

Il e

st v

rai qu'e

lle

et m

oi,

sou

vent,

nous

nous

som

mes

par

lé d

es y

eux

: m

ais

com

ment

reco

nnaît

re q

ue,

chacu

n d

e notr

e cô

té,

nous

ayons

com

me

il

fau

t ex

pli

qué c

e la

ngag

e?

Et

qu

e sa

is−

je,

aprè

s to

ut,

si

ell

e e

nte

nd b

ien

tou

t ce

que

mes

reg

ards

lui d

isent,

et si

les

sie

ns

me

dis

ent ce

que

je c

rois

par

fois

ente

ndre

?

Scen

a IV

E

ntr

a F

lori

ano

FL

OR

IAN

O

Sei

tu A

li?

AL

Ì

E c

hi m

ai se

non io, p

adro

ne?

A q

ues

te o

re n

ott

urn

e c

hi,

all

’infu

ori

di voi

e m

e, g

ira

per

i c

ort

ili

deg

li a

ltri

invec

e d

i andar

sene

a le

tto?

FL

OR

IAN

O

Nes

suno, d

ici b

ene.

Per

ché

nes

suno s

off

re l

e pene

che

mi to

rmenta

no.

Dover

com

bat

tere

l’i

nd

iffe

renza

dell

a d

onna

am

ata

è b

en l

ieve

cosa

, per

la s

per

anza

di p

iegar

la a

i nost

ri v

oti

, o i

l re

frig

erio

, alm

eno, d

i la

menta

rci

e d

i so

spir

are.

Ma

non p

ote

r tr

ovar

e m

ai

occ

asio

ne

di

par

larl

e, n

on p

ote

r

saper

e se

l’a

more

nat

o d

ai su

oi beg

li o

cchi

le s

ia c

aro o

dis

caro

è p

er m

e

la p

egg

iore

dell

e so

ffer

enze!

Ed e

cco, ap

pu

nto

, che

la f

eroce

sorv

egli

anza

di quell

’orc

o d

i M

ust

afà

mi

vi cond

anna!

AL

Ì

Ma

in a

more

, p

adro

ne

mio

, ci so

no d

iver

si l

ingu

agg

i: e

mi se

mbra

che

i

vost

ri o

cchi

e quell

i dell

a b

ell

a D

ania

da

olt

re d

ue

mes

i si

dic

ano m

olt

e

cose

!

FL

OR

IAN

O

Giu

stis

sim

o,

Ali

. P

erò

com

e sa

per

e se

cia

scu

no d

i noi

abb

ia i

nte

rpre

tato

ben

e ta

le l

ingu

agg

io?

Se

la m

ia d

ilet

ta i

nte

nde

tutt

o c

iò c

he

i m

iei

occhi

vog

liono d

irle

? S

e i

suoi

occ

hi d

icono t

utt

o c

iò c

he

io c

red

o i

nte

nder

e?

AL

Ì

E a

llora

, pad

rone m

io,

la c

osa

è s

emp

lice

, b

isog

ner

à tr

ovar

e il

mez

zo d

i

par

lars

i alt

rim

enti

.

FL

OR

IAN

O

Ah!

Pre

sto d

etto

… H

ai cond

ott

o i

musi

ci?

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HA

LI:

Il f

aut

cher

cher

quelq

ue

moyen d

e se

par

ler

d'a

utr

e m

aniè

re.

AD

RA

ST

E:

As−

tu l

à te

s m

usi

cie

ns?

HA

LI:

Oui.

AD

RA

ST

E:

Fai

s−le

s ap

pro

cher

. (S

eul.

) Je

veu

x j

usq

ues

au j

our

les

fair

e ic

i chante

r;

et v

oir

si

leur

musi

que

n'o

bli

ger

a p

oin

t ce

tte

bell

e à p

araî

tre

à qu

elq

ue

fenêt

re.

AL

Ì

Si, p

adro

ne.

Ma…

Acc

ennando a

lla f

ines

tra d

el b

alc

one.

Nas

cond

iam

oci

ed a

ttend

iam

o.

Si

riti

rano n

ell’

om

bra

.

Sc

ena

V

La l

una è

sve

lata

com

ple

tam

ente

e i

suoi

raggi

d’o

pa

le i

llum

inano l

a

facc

iata

del

la c

asa

e i

l balc

on

e, l

asc

iando m

ezzo

cort

ile

nel

l’om

bra

. L

a

fines

tra s

i apre

, su

lle

paro

le d

i A

li, e

sul

ba

lcone

app

are

una f

igura

bia

nco

vest

ita:

DA

NIA

. S

i appoggia

al

vero

ne

e re

sta

un m

om

ento

ass

ort

a e

pen

sier

osa

.

Po

i q

uasi

a s

é st

essa

canta

:

DA

NIA

Nott

e lu

nar

e, p

iena

d’i

ncanto

Ver

sa i

l tu

o b

als

amo s

ull

’anim

a m

ia.

Pie

tosa

ter

gin

e l’

amar

o p

ianto

,

fa c

h’i

o d

imenti

chi

la s

ort

e ri

a.

I dì

lonta

ni

di

fanciu

llez

za,

fa c

he

riso

rgano n

el m

esto

cu

ore

,

quan

do a

ncor

liber

a g

od

ea l

’ebre

zza

dell

’ineff

abil

e m

ater

no a

more

.

Fam

mi sc

ord

are

che

schia

va

sono,

che

a ig

noto

har

em

mi si

des

tina.

Dam

mi

la p

ace!

L’a

lma

abband

ona

nel

tuo b

el

sog

no,

nott

e d

ivin

a!

Rim

ane

al

ver

one

pen

sosa

.

AL

Ì

Sott

ovo

ce

a F

lori

an

o.

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Non p

ote

vam

o c

apit

ar m

egli

o.

Chia

mando c

oi

cen

ni

i m

usi

ci.

Avanti

. V

oia

ltri

! T

enet

evi pro

nti

e f

ate

vi

onore

.

FL

OR

IAN

O, ai

musi

ci:

Io c

ante

rò,

voi

mi

accom

pag

ner

ete

e s

ost

erre

te n

el ri

torn

ell

o.

Esc

ono d

all

’om

bra

e s

i dis

pongono s

ott

o i

l balc

on

e.

DA

NIA

, fa

un m

ovi

men

to d

i so

rpre

sa e

si

riti

ra d

al

balc

one.

FL

OR

IAN

O,

canta

:

Torn

a ancora

al

ver

one,

o m

ia d

ilet

ta,

e as

colt

a il

canto

dell

a m

ia p

assi

one,

Com

e il

tu

o c

or,

tu

tto i

l m

io c

ore

asp

ett

a

Il d

olc

e d

ì dell

a li

ber

azio

ne.

Sper

a, m

io c

ore

!

L’a

lba

è g

ià v

icin

a,

alb

a d

i li

ber

tà,

luce

d’a

more

.

Asc

iuga

il p

ianto

dai

beg

li o

cchi

ner

i

E i

l cor

riap

ri a

fu

lgid

a sp

eranza.

La

reg

ina

tu s

ei d

ei m

iei p

ensi

eri,

pre

nd

i tu

tto m

e st

esso

in s

udd

itanza.

Sper

a, m

io c

ore

.

L’a

lba

è g

ià v

icin

a,

alb

a d

i li

ber

tà l

uce

d’a

more

.

Avv

icin

andosi

al

vero

ne.

Dan

ia…

DA

NIA

, si

sporg

e un p

oco

, poi su

bit

am

ente

si ri

trae

e si

pone

in a

scolt

o.

Fa q

uin

di

un c

enno a

Flo

riano e

gli

dic

e in

fre

tta:

Fuggit

e in

fre

tta,

sento

rum

ore

in c

asa!

Si

riti

ra e

ch

iude

la f

ines

tra,

men

tre

Flo

riano c

ol

suo p

icco

lo s

eguit

o s

i

nasc

onde

die

tro l

e quin

te, fi

gura

nti

colo

nn

e.

Scèn

e 4

AD

RA

ST

E, H

AL

I, M

US

ICIE

NS

HA

LI:

Les

voic

i. Q

ue

chante

r ont-

ils?

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AD

RA

ST

E:

Ce

qu'ils

juger

ont

de

meil

leur.

HA

LI:

Il f

aut

qu

'ils

ch

ante

nt

un t

rio q

u'ils

me

chantè

rent

l'au

tre

jour.

AD

RA

SR

TE

:

Non, ce

n'e

st p

as c

e qu'il

me

faut.

HA

LI:

Ah!

Monsi

eur,

c'e

st d

u b

eau

béc

arre

.

AD

RA

ST

E:

Que

dia

ntr

e veu

x−

tu d

ire

avec

ton b

eau

béc

arre

?

HA

LI:

Monsi

eur,

je

tiens

pour

le b

écar

re.

Vous

savez

que j

e m

'y c

onnais

. L

e

béc

arre

me

char

me: hors

du b

écar

re, p

oin

t de

salu

t en h

arm

onie

. E

cou

tez

un p

eu c

e tr

io.

AD

RA

ST

E:

Non, je

veu

x q

uelq

ue

chose

de

tendre

et de

pas

sionné; quelq

ue

chose

qu

i

m'e

ntr

etie

nne

dans

une

douce

rêver

ie.

HA

LI:

Je v

ois

bie

n q

ue v

ous

ête

s p

our

le b

émol:

mais

il

y a

moyen d

e nous

conte

nte

r l'u

n l

'au

tre.

Il fa

ut qu'ils

vous

chante

nt u

ne

cert

ain

e sc

ène

d'u

ne

pet

ite

com

édie

que

je l

eur

ai vu e

ssayer

. C

e so

nt deu

x b

erger

s am

oure

ux,

tous

rem

pli

s d

e l

angu

eur,

qu

i, s

ur

le b

émol,

vie

nnent

sépar

ém

ent

fair

e

leurs

pla

inte

s dan

s un b

ois

, pu

is s

e déc

ou

vre

nt

l'un à

l'a

utr

e la

cru

auté

de

leurs

maî

tres

ses;

et

là−

des

sus

vie

nt

un b

erger

joyeu

x,

avec

un b

éca

rre

adm

irab

le, qu

i se

moque

de

leur

faib

less

e.

AD

RA

ST

E:

J'y c

onse

ns.

Voyons

ce q

ue

c'es

t.

HA

LI:

Voic

i, tou

t ju

ste,

un lie

u p

ropre

à s

ervir

de

scène; et voil

à d

eux f

lam

beau

x

pour

écla

irer

la

com

édie

.

AD

RA

ST

E:

Pla

ce−

toi

contr

e ce

log

is,

afi

n q

u'a

u m

oin

dre

bru

it q

ue

l'on f

era

ded

ans,

je f

asse

cacher

les

lum

ière

s.

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FR

AG

ME

NT

DE

CO

DIE

Chanté

et

acc

om

pagné

par

les

musi

cien

s que

Hali

a m

enés

Scèn

e I

PH

ILÈ

NE

, T

RIC

IS

PR

EM

IER

MU

SIC

IEN

, re

pré

senta

nt

Ph

ilèn

e

Si du t

rist

e ré

cit

de

mon i

nqu

iétu

de.

Je t

roub

le l

e re

pos

de

votr

e so

litu

de,

Rocher

s, n

e so

yez

poin

t fâ

chés

.

Quan

d v

ous

saure

z l

'excè

s de

mes

pein

es s

ecrè

tes,

Tou

t ro

cher

s q

ue

vous

ête

s,

Vous

en s

erez

touchés

.

DE

UX

IÈM

E M

US

ICIE

N,

repré

senta

nt

Tir

cis

Les

ois

eaux r

éjo

uis

, dès

que

le j

our

s'avance

,

Rec

om

mence

nt

leurs

chants

dans

ces

vas

tes

forê

ts;

Et

moi

j'y r

ecom

mence

Mes

soup

irs

langu

issa

nts

et

mes

tri

stes

reg

rets

.

Ah!

mon c

her

Phil

ène.

PH

ILÈ

NE

Ah!

mo

n c

her

Tir

sis.

TIR

CIS

Que

je s

ens

de

pein

e!

PH

ILÈ

NE

Que

j'ai

de

sou

cis

!

TIR

CIS

Tou

jours

sourd

e à

mes

ux e

st l

'ingra

te C

lim

ène.

PH

ILÈ

NE

Clo

ris

n'a

poin

t p

our

moi

de

reg

ards

adoucis

.

TO

US

DE

UX

EN

SE

MB

LE

O l

oi

trop i

nhu

main

e!

Am

our,

si tu

ne

peu

x l

es c

ontr

ain

dre

d'a

imer

,

Pourq

uoi

leur

lais

ses−

tu l

e p

ou

voir

de

char

mer

?

TR

OIS

IEM

E M

US

ICIE

N,

repré

senta

nt

un p

âtr

e

Pau

vre

s am

ants

, quell

e er

reur

Page 190: La Dania di Elena Bonzanigo - · PDF file2 Elena Bonzanigo nacque a Bellinzona nel 1897 e visse ... FAZIOLI FOLETTI Maria, Elena Bonzanigo, in ... alcun tipo del libretto integrale

D'a

dore

r des

inhu

main

es!

Jam

ais

les

âm

es b

ien s

ain

es

Ne

se p

ayent

de

rigueu

r;

Et

les

faveu

rs s

ont

les

chaîn

es

Qui d

oiv

ent

lier

un c

œur.

On v

oit

cent

bell

es i

ci

Auprè

s de

qu

i je

m'e

mpre

sse:

A l

eur

vou

er m

a te

ndre

sse

Je m

ets

mon p

lus

doux s

ouci;

Mai

s, l

ors

que

l'on e

st t

igre

sse,

Ma

foi!

je

suis

tig

re a

uss

i.

PH

ILÈ

NE

ET

TIR

CIS

, en

sem

ble

Heu

reux, héla

s! q

ui p

eut

aim

er a

insi

!

HA

LI:

Monsi

eur,

je

vie

ns

d'o

uïr

quelq

ue

bru

it a

u d

edans.

AD

RA

ST

E:

Qu'o

n s

e re

tire

vit

e, e

t qu

'on é

teig

ne

les

flam

bea

ux.

Scèn

e 5

DO

N P

ÈD

RE

, A

DR

AS

TE

, H

AL

I

DO

N P

ÈD

RE

, so

rtant

en b

onnet

de

nuit

et

robe

de

cham

bre

, ave

c un

e

épée

sous

son b

ras.

Il y

a q

uelq

ue tem

ps

que j'e

nte

nds

chante

r à

ma

port

e; e

t, s

ans

doute

, cela

ne s

e fa

it p

as p

our

rien.

Il f

aut

qu

e, d

ans

l'obsc

uri

té,

je t

âche

à déc

ou

vri

r

quell

es g

ens

ce

peu

vent

être

.

AD

RA

ST

E:

Hal

i!

AL

I:

Quoi?

AD

RA

ST

E:

N'e

nte

nds−

tu p

lus

rien?

HA

LI:

Non.

Scen

a V

I L

a p

ort

a s

i apre

. E

sce

MU

ST

AF

A i

n v

esta

gli

a e

ber

rett

o d

a n

ott

e co

n

una s

cim

itarr

a s

ott

o i

l bra

ccio

.

MU

ST

AF

À, ava

nza

ndo c

auto

:

Chi

va

là?

Chi

va

là?

Sil

enzi

o.

Ho i

nte

so s

uonar

e e

canta

re d

avanti

all

a m

ia p

ort

a e

sono c

ose

che

non s

i

fanno s

enza

rag

ione.

Bis

og

na

che

io s

app

ia…

Ava

nza

anco

ra c

auta

men

te.

AL

Ì, r

ien

trando i

n s

cena c

on F

lori

ano e

parl

andog

li s

ott

ovo

ce:

Ved

ete

pad

rone,

la

port

a è

aper

ta e

mi

par

e che

qu

alc

uno s

i m

uova

la

pre

sso;

Bis

og

na

che

io s

app

ia…

FL

OR

IAN

O

Cer

to, m

a b

ada

di fa

r p

iano. Io

res

to q

ui per

og

ni bu

on c

onto

. P

iaces

se a

l

Cie

lo c

he

foss

e la

mia

bell

a D

ania

!

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(Don P

èdre

est

der

rièr

e eu

x, q

ui

les

écoute

.)

AD

RA

ST

E:

Quoi?

tous

nos

eff

ort

s ne

pourr

ont

obte

nir

que

je p

arle

un m

om

ent à

cett

e

aim

able

Gre

cque?

et c

e j

alo

ux m

aud

it,

ce t

raît

re d

e S

icil

ien,

me f

erm

era

tou

jours

tout

acc

ès a

uprè

s d'e

lle?

HA

LI:

Je v

oudra

is, de

bon c

œur,

que le

dia

ble

l'e

ût em

port

é, p

our

la f

ati

gue

qu

'il

nous

donne,

le

fâcheu

x,

le b

ourr

eau

qu'il

est.

Ah!

si n

ous

le t

enio

ns

ici,

que

je p

rendra

is d

e jo

ie à

venger

sur

son d

os

tous

les

pas

inuti

les

que

sa

jalo

usi

e nous

fait

fair

e!

AD

RA

ST

E:

Si

faut−

il b

ien p

ourt

ant

trou

ver

quelq

ue

moyen,

quelq

ue

inventi

on,

quelq

ue

ruse

, pour

att

rap

er n

otr

e bru

tal:

j'y

su

is tro

p e

ngag

é pour

en a

voir

le d

émenti

; et

qu

and j

'y d

evra

is e

mp

loyer.

..

HA

LI:

Monsi

eur,

je

ne

sais

pas

ce

que

cela

veu

t d

ire,

mais

la

port

e es

t ou

ver

te;

et s

i vous

le v

ou

lez, j'e

ntr

erai

douce

ment

pour

décou

vri

r d

'où c

ela

vie

nt.

(Don P

èdre

se

reti

re s

ur

sa p

ort

e.)

AD

RA

ST

E:

Oui, f

ais

; m

ais

sans

fair

e de

bru

it;

je n

e m

'élo

igne

pas

de

toi. P

lût

au C

iel

que

ce f

ût

la c

har

mante

Isi

dore

!

DO

N P

ÈD

RE

, donnant

un s

ouff

let

à H

ali

:

Qui

va

là?

HA

LI,

ren

dant

le s

ouff

let

à D

on P

èdre

:

Am

i.

DO

N P

ÈD

RE

:

Holà

! F

rancis

que,

Dom

iniq

ue,

Sim

on, M

arti

n, P

ierr

e, T

hom

as, G

eorg

es,

Char

les,

Bar

théle

my:

all

ons,

pro

mpte

ment,

mon é

pée,

ma

rondac

he,

ma

hall

ebar

de,

mes

pis

tole

ts,

mes

mousq

uet

ons,

mes

fusi

ls;

vit

e, d

épêc

hez

,

all

ons,

tue,

poin

t de

qu

arti

er.

Scèn

e 6

AD

RA

ST

E, H

AL

I

MU

ST

AF

À,

dando

uno s

chia

ffo a

d A

li:

Chi

va

là?

AL

Ì, r

enden

do l

o s

chia

ffo:

Am

ici.

MU

ST

AF

À, ri

entr

ando:

Ser

vi, o

là a

ccorr

ete

!

Pre

sto, per

All

ah!

Ibra

him

, O

mar

, T

ale

te,

Sham

-el-

Nas

sim

, A

bdu

llah!

Acc

orr

ete

pre

sto,

olà

!

L’a

lab

arda

ed i

l fu

cil

e,

la p

isto

la e

lo s

taff

ile

su p

ort

ate

mi,

polt

roni!

Con l

e fr

ust

e, c

on b

asto

ni,

scim

itar

re e

scia

bolo

ni

accorr

ete

pre

sto,

olà

per

All

ah!

Rie

ntr

a.

AL

Ì

Sig

nor

mio

, qu

i ci

convie

ne

lasc

iar

pre

sto q

ues

te s

cene,

che

far

most

ra d

i cora

gg

io

non d

areb

be

alc

un v

anta

gg

io.

FL

OR

IAN

O

Ah!

Mi bru

cia

no l

e m

ani!

AL

Ì

Ed a

me?!

Ma

se q

uei

cani

or

ci

rom

pono l

a te

sta,

pad

ron b

ell

o,

che

ci

rest

a

per

fin

ire

la p

arti

ta?

FL

OR

IAN

O

Hai

rag

ione.

Tro

pp

o b

ell

a

è la

spem

e che

mi

invit

a,

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AD

RA

ST

E:

Je n

'ente

nds

rem

uer

per

sonne.

Hali

? H

ali

?

HA

LI,

Cach

é dans

un c

oin

:

Monsi

eur.

AD

RA

ST

E:

Ou d

onc

te c

aches

-tu

?

HA

LI:

Ces

gen

s so

nt-

ils

sort

is?

AD

RA

ST

E:

Non: per

sonne

ne

bouge.

HA

LI,

sort

ant

d’o

ù i

l ét

ait

cach

é:

S'ils

vie

nnent,

ils

ser

ont

frott

és.

AD

RA

ST

E:

Quoi?

tous

nos

soin

s se

ront

donc

inuti

les?

Et

tou

jours

ce

fâcheu

x j

alo

ux

se m

oqu

era

de

nos

des

sein

s.

HA

LI:

Non:

le c

ourr

oux d

u p

oin

t d

'honneu

r m

e pre

nd;

il n

e se

ra p

as d

it q

u'o

n

trio

mp

he

de

mon a

dre

sse;

ma

quali

té d

e fo

urb

e s'

ind

igne

de

tous

ces

obst

acle

s, e

t je

pré

tends

fair

e éc

late

r le

s ta

lents

que

j'ai eu

s du C

iel.

AD

RA

ST

E:

Je v

oudra

is s

eule

ment que,

par

qu

elq

ue m

oyen, par

un b

ille

t, p

ar q

uelq

ue

bouche,

ell

e fû

t aver

tie

des

sen

tim

ents

qu'o

n a

pou

r el

le,

et s

avoir

les

siens

là−

des

sus.

Aprè

s, o

n p

eut

trou

ver

facil

ement

les

moyens.

..

HA

LI:

Lais

sez−

moi

fair

e se

ule

ment:

j'e

n e

ssayer

ai

tant

de t

oute

s le

s m

aniè

res,

que

quelq

ue

chose

enfi

n n

ous

pourr

a r

éuss

ir. A

llons,

le

jour

par

aît;

je v

ais

cher

cher

mes

gens,

et

venir

att

endre

, en c

e li

eu, qu

e notr

e ja

loux s

ort

e.

tropp

o f

ulg

ida

è la

ste

lla

che

m’i

llum

ina

la v

ita

per

ch’i

o p

oss

a ri

nu

ncia

re

a vole

rla

conqu

ista

re.

Sc

ena

VII

E

sce

MU

ST

AF

À, se

guit

o d

a u

n c

odazz

o d

i SE

RV

I a m

ezzo

sve

stit

i e

arm

ati

nel

modo p

iù v

ari

o e

biz

zarr

o, ch

i co

n r

andel

li, ch

i co

n s

cope,

chi

con v

ecch

ie s

ciabo

le e

con g

ross

i fu

cil

i.

MU

ST

AF

À,

dando

bru

scam

ente

gli

ord

ini.

Tutt

i fu

ori

usc

ite

sub

ito,

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se q

ualc

uno v

edet

e m

uover

e!

Com

e nell

’est

ate

gra

nd

ine,

com

e in

ura

gano f

ulm

ini,

frecc

e all

ora

fat

e p

iover

e,

bas

tonat

e fa

te s

cend

ere!

Bott

e!

Giù

senza

pie

tà!

Per

All

ah!

Qual

vit

tori

a m

ai sa

rà!

La l

una p

oco

a p

oco

si

vela

, e

la s

cen

a è

tu

tta a

l bu

io.

CO

RO

Adag

ino s

orp

rend

iam

oli

,

acciu

ffia

moli

, sc

ann

iam

oli

,

sul te

rren s

cara

venti

amoli

,

tutt

i in

bri

cio

le f

accia

moli

!

Io d

i qu

a… e

tu d

i là

Tu d

i là

… e

io d

i qu

a…

MU

ST

AF

À

Ric

ord

ate,

per

All

ah!

Bott

e g

iù!

Senza

pie

tà!

Rie

ntr

a s

tropic

ciandosi

le

mani.

Qual

vit

tori

a m

ai sa

rà!

Un m

om

ento

di

sile

nzi

o.

Non v

eden

do

più

nu

lla,

spin

to d

all

a c

uri

osi

tà,

Must

afà

esc

e fu

ori

a v

eder

e ch

e su

cce

de;

cam

min

ando c

irco

spet

to s

i

dir

ige

a si

nis

tra dell

a sc

ena,

dov’

è il

pozz

o.

I se

rvi

scorg

endolo

lo

scam

bia

no p

er u

n n

emic

o.

1. S

ER

VO

, so

tto v

oce

:

Guar

da!

Ved

i pre

sso i

l p

ozzo?

2. S

ER

VO

, so

tto v

oce

:

Par

e un’o

mbra

1. S

ER

VO

, so

tto v

oce

:

Con q

uel

gozzo?

Par

e un o

tre

gro

sso e

tozzo.

3. S

ER

VO

, dall

a p

art

e oppost

a, so

tto v

oce:

Chi sa

rà q

uell

o n

ascost

o?

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4. S

ER

VO

, c.

s.:

Cer

to n

iun d

i noi

fu p

ost

o

die

tro a

l p

ozzo…

3. S

ER

VO

, c.

s.:

Ora

l’a

ppes

to.

1. S

ER

VO

, più

fort

e:

Pag

her

à quell

o p

er t

utt

i!

3. S

ER

VO

, c.

s.:

Pas

serà

mom

enti

bru

tti!

Lo c

irco

ndano, pia

n p

iano, poi

d’u

n t

ratt

o, m

inacci

osi

, l’

ass

alg

ono.

SE

RV

I

T’a

bb

iam

colt

o,

ora

bir

bone!

A t

e!

Pre

nd

i!

MU

ST

AF

À

Ahim

è!

Furf

anti

!

Ah!

Las

cia

tem

i.

SE

RV

I

Il b

asto

ne

non t

i p

iace

mas

calz

one?

Bott

e g

iù s

enza

pie

tà!

Bacc

ano i

nd

iavo

lato

.

MU

ST

AF

À

Ahi!

La

pag

her

ete

cara

!

Ahi

le s

pall

e!

Ahi

la m

ia t

esta

!

SE

RV

I

Bott

e g

iù s

enza

pie

tà!

Qual

vit

tori

a per

All

ah!

Ma

il p

adro

ne

ove

sarà

?

MU

ST

AF

À,

pro

fitt

ando d

ella

pic

cola

pausa

per

lib

era

rsi

un p

oco

:

Ah!

Che

stori

a è

mai ques

ta?

Imb

ecil

li, sc

imu

nit

i,

Url

ando:

Il p

adro

ne

ecc

olo

qu

a!

SE

RV

I , s

ente

ndosi

spave

nta

ti

Il p

adro

ne?

È q

ua

il p

adro

ne?

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Ah n

oi m

iser

i p

ietà

!

Cosa

mai su

cced

erà?

MU

ST

AF

À,

palp

andosi

:

Ohi!

Ohi!

Ohi!

La

ved

rete

, in

ver

ità.

Per

All

ah!

Ser

vi f

uggono i

mpauri

ti.

Must

afà

li

segue,

un p

o’

min

acc

iando c

ol

pugno,

un p

o’

palp

andosi

, e

gem

endo:

Qual

vit

tori

a!

Qual

vit

tori

a!

Dis

gra

zia

to M

ust

afà

!

Sip

ari

o.

In

term

ezzo

C

OR

O I

NT

ER

NO

Con l

’ala

sua

bru

na

la n

ott

e d

isce

nd

e:

la p

all

ida

luna

sul B

osf

oro

sp

lende.

Un s

olc

o s

i st

end

e

di

viv

ida

luce

,

un p

onte

di st

ell

e

che

ai so

gni

conduce

.

Div

ini,

ineff

abil

i

ista

nti

ci att

end

ono.

Deh

! V

ieni

fanciu

lla!

Nel

sog

no f

ugg

iam

!

Il m

are

ci cu

lla;

la n

ott

e ci

vela

;

il v

ento

dif

fonde

pro

fum

i d

i fi

or.

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Le

stell

e han f

ulg

or,

pro

fum

o h

anno i

fio

r;

e il

core

ha

l’am

or.

A

TT

O S

EC

ON

DO

Scèn

e 7

DO

N P

ÈD

RE

, IS

IDO

RE

ISID

OR

E:

Je n

e sa

is p

as q

uel p

lais

ir v

ous

pre

nez

à m

e ré

veil

ler

si m

atin

; ce

la s

'aju

ste

asse

z m

al, c

e m

e se

mb

le,

au d

esse

in q

ue

vous

avez p

ris

de m

e f

air

e

pein

dre

au

jourd

'hu

i; e

t ce

n'e

st g

uèr

e p

our

avoir

le

tein

t fr

ais

et

les

yeu

x

bri

llants

que

se l

ever

ain

si d

ès l

a p

oin

te d

u j

our.

DO

N P

ÈD

RE

:

J'ai u

ne

aff

air

e qu

i m

'ob

lige

à so

rtir

à l

'heu

re q

u'il

est.

ISID

OR

E:

Mai

s l'a

ffair

e que

vous

avez

t b

ien pu se

pas

ser,

je

cr

ois

, de

ma

pré

sence

; et

vous

pou

vie

z,

sans

vous

incom

moder

, m

e la

isse

r g

oûte

r le

s

douceu

rs d

u s

om

meil

du m

ati

n.

DO

N P

ÈD

RE

:

Oui;

mais

je

suis

bie

n a

ise

de

vous

voir

tou

jours

avec

moi.

Il

n'e

st p

as

mal

de

s'as

sure

r u

n p

eu c

ontr

e le

s so

ins

des

surv

eil

lants

; et

cet

te n

uit

encore

, on e

st v

enu c

hante

r so

us

nos

fenêtr

es.

ISID

OR

E:

Il e

st v

rai;

la

musi

que

en é

tait

ad

mir

able

.

DO

N P

ÈD

RE

:

C'é

troit

pour

vous

que

cela

se

fais

ait

?

ISID

OR

E:

Je l

e veu

x c

roir

e ain

si, pu

isque

vous

me

le d

ites

.

DO

N P

ÈD

RE

:

Vous

savez

qui

étro

it c

elu

i qu

i d

onnait

cet

te s

érénad

e?

ISID

OR

E:

Non p

as;

mais

, qu

i que

ce p

uis

se ê

tre,

je

lui su

is o

bli

gée

.

DO

N P

ÈD

RE

:

Scen

a I

Entr

a M

UST

AF

À t

utt

o b

endato

e z

oppic

ante

appogg

iandosi

a u

n

bast

one.

MU

ST

AF

À

Oh!

Che

pover

a vit

tori

a!

Eh!

Che

dolo

rosa

sto

ria!

Uh!

Il m

io f

ianco!

Ah!

Le

mie

gam

be!

M’h

an c

oncia

to p

er l

a fe

sta!

M’h

anno r

ott

o b

en l

a te

sta!

Ah!

Che

band

a d

i bri

ganti

che

furf

anti

tutt

i qu

anti

!

Ma

la p

agher

anno c

ara.

Chi

è pad

rone

si v

edrà

!

O n

on s

on p

iù M

ust

afà

.

Che

dis

gra

zia

! A

him

è che

guaio

!

M’h

an p

icchia

to,

m’h

an p

esta

to

com

e chic

co n

el m

ort

aio

!

M’h

an b

att

uto

com

e il

gra

no

sopra

l’a

ia a

mez

z’a

gost

o.

M’h

an s

chia

ccia

to,

calp

esta

to,

com

e l’

uva

per

il

most

o!

Ah!

Che

band

a d

i bri

ganti

!

Che

furf

anti

.

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Obli

gée

!

ISID

OR

E:

San

s d

oute

, pu

isqu

'il

cher

che

à m

e d

iver

tir.

DO

N P

ÈD

RE

:

Vous

trou

vez

donc

bon q

u'o

n v

ous

aim

e?

ISID

OR

E:

Fort

bon. C

ela

n'e

st j

amais

qu

'ob

ligea

nt.

DO

N P

ÈD

RE

:

Et

vous

vou

lez d

u b

ien à

tous

ceux q

ui p

rennent

ce s

oin

?

ISID

OR

E:

Ass

uré

ment.

DO

N P

ÈD

RE

:

C'e

st d

ire

fort

net

ses

pensé

es.

ISID

OR

E:

A q

uoi b

on d

e d

issi

mu

ler?

Quelq

ue

min

e qu

'on f

asse

, on e

st tou

jours

bie

n

ais

e d'ê

tre

aim

ée:

ces

hom

mag

es à

nos

appas

ne

sont

jam

ais

pour

nous

dép

lair

e. Q

uoi

qu'o

n e

n p

uis

se d

ire,

la

gra

nd

e am

bit

ion d

es f

em

mes

est

,

croyez

−m

oi,

d'insp

irer

de

l'am

our.

Tous

les

soin

s q

u'e

lles

pre

nnent

ne

sont

que

pour

cela

; et

l'o

n n

'en v

oit

poin

t de

si f

ière

qui

ne

s'ap

pla

ud

isse

en s

on c

œur

des

conqu

êtes

que

font

ses

yeu

x.

DO

N P

ÈD

RE

:

Mai

s si

vous

pre

nez

, vous,

du p

lais

ir à

vous

voir

aim

ée,

sav

ez−

vous

bie

n,

moi

qu

i vous

aim

e, q

ue

je n

'y e

n p

rends

nu

llem

ent?

ISID

OR

E:

Je n

e sa

is p

as p

ourq

uoi

cela

; et

si j

'aim

ais

quelq

u'u

n,

je n

'aura

is p

oin

t de

plu

s gra

nd p

lais

ir q

ue

de

le v

oir

aim

é d

e t

out

le m

ond

e. Y

a−

t−il

rie

n q

ui

mar

que

davan

tage

la b

eauté

du c

hoix

que

l'on f

ait

? et

n'e

st−

ce

pas

pou

r

s'ap

pla

ud

ir, qu

e ce

que

nous

aim

ons

soit

tro

uvé

fort

aim

able

?

DO

N P

ÈD

RE

:

Chacu

n a

ime

à sa

gu

ise,

et

ce n

'est

pas

ma

mét

hode.

Je

sera

i fo

rt r

avi

qu'o

n n

e v

ous

trou

ve p

oin

t si

bell

e, e

t vou

s m

'ob

lig

erez d

e n'a

ffec

ter

poin

t

tant

de

la p

araî

tre

à d

'autr

es y

eux.

ISID

OR

E:

Quoi?

jalo

ux d

e ce

s chose

s−là

?

Seg

uit

a a

gir

ella

re z

oppic

ando e

a g

emer

e. A

un c

erto

punto

si

ferm

a e

si m

ette

a c

hia

mare

iro

sam

ente

:

Dan

ia!

Dania

!

DA

NIA

, den

tro l

a s

cen

a:

Ven

go!

Appare

.

Ecc

om

i. B

el gust

o o

bb

ligar

mi a

ques

ta levat

accia

pro

pri

o o

gg

i che

vole

te

ch’i

o p

osi

per

il

ritr

atto

da

mand

are

all

’ecce

llenti

ssim

o P

ascià

.

Fa u

na r

iver

enza

iro

nic

a.

Se

gli

occ

hi m

i si

chiu

der

anno e

il m

io v

iso s

embre

rà d

i ce

ra m

oll

e, a

ffar

vost

ro,

e non

venit

e p

oi

a ri

mbro

ttar

mi

quand

o

quell

e ta

li

fam

ose

com

bin

azio

ni

andra

nno i

n f

um

o…

MU

ST

AF

À

Non m

i fa

r la

pet

teg

ola

ades

so,

gre

ca d

el

mala

uguri

o!

Già

per

cau

sa t

ua

stan

ott

e…

DA

NIA

, m

ali

ziosa

men

te:

Sta

nott

e, g

ià m

e lo

dic

este

, avet

e com

bat

tuto

com

e u

n l

eone.

MU

ST

AF

À

Sic

uro

, e

guai, g

uai chi

si a

ttenta

sse

di aff

erm

are

il c

ontr

ario

.

Si

eccit

a e

str

epit

a c

on l

a v

oce

gro

ssa.

Gli

….

Fa u

n m

ovim

ento

bru

sco c

he

gli

ina

cerb

isce

le

am

macc

atu

re.

Ohi!

Ohi!

Ohi, p

over

o m

e!

DA

NIA

, ri

den

do:

Com

e si

ete

rid

ott

o, p

over

o l

eone!

MU

ST

AF

À,

nuova

men

te f

uri

bondo:

E a

te

più

che

a tu

tti

gli

alt

ri p

roib

isco d

i ri

der

ne,

ver

mic

iatt

ola

! A

nzi

mi

dir

ai

sub

ito c

hi

è che

si p

erm

ette

di

penet

rare

in c

asa

mia

, in

cas

a m

ia?

Dic

o, p

er f

arti

la

sere

nat

a!

DA

NIA

Sar

à ce

rtam

ente

una

per

sona

di

buon g

ust

o,

e d

ovre

ste

esse

rne

fier

o e

pro

fitt

are

dell

’avventu

ra p

ress

o i

l vost

ro G

ran P

ascià

: L

a sp

osa

che

vi

off

ro è

così

bell

a che…

MU

ST

AF

À

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DO

N P

ÈD

RE

:

Oui, j

alo

ux d

e ce

s ch

ose

s−là

, m

ais

jalo

ux c

om

me

un t

igre

, et

, si

vou

lez:

com

me

un d

iab

le.

Mon a

mour

vous

veu

t to

ute

à m

oi;

sa

déli

cat

esse

s'off

ense

d'u

n s

ouri

s, d

'un r

egar

d q

u'o

n v

ous

peu

t arr

acher

; et

tous

les

soin

s qu

'on m

e v

oit

pre

ndre

ne

sont

qu

e p

our

ferm

er t

ou

t ac

cès

aux

gala

nts

, et m

'ass

ure

r la

poss

essi

on d

'un c

œur

dont je

ne

pu

is s

ou

ffri

r qu'o

n

me

vole

la

moin

dre

chose

.

ISID

OR

E:

Cer

tes,

vou

lez−

vous

que

je d

ise?

vous

pre

nez

un m

auvais

par

ti;

et l

a

poss

essi

on d

'un c

œur

est fo

rt m

al as

suré

e, lors

qu'o

n p

réte

nd le

rete

nir

par

forc

e. P

our

moi,

je

vous

l'avou

e, s

i j'é

tais

gala

nt

d'u

ne

fem

me

qu

i fû

t au

pou

voir

de

quelq

u'u

n,

je m

ettr

ais

tou

te m

on é

tude

à re

ndre

ce

quelq

u'u

n

jalo

ux, et

l'o

bli

ger

à v

eil

ler

nu

it e

t jo

ur

cell

e que

je v

oudra

is g

agner

. C

'est

un ad

mir

able

m

oyen d

'avance

r se

s aff

air

es,

et

l'on ne ta

rde

guèr

e à

pro

fite

r du c

hag

rin e

t d

e la

colè

re q

ue d

onne

à l

'esp

rit

d'u

ne

fem

me

la

contr

ain

te e

t la

ser

vit

ude.

DO

N P

ÈD

RE

:

Si b

ien d

onc

que,

si qu

elq

u'u

n v

ous

en c

onta

it, il

vous

trou

ver

ait

dis

posé

e

à re

cevoir

ses

ux

?

ISID

OR

E:

Je n

e vous

dis

rie

n l

à−des

sus.

Mais

les

fem

mes

enfi

n n

'aim

ent

pas

qu

'on

les

gêne;

et c

'est

beau

coup

ris

quer

qu

e de l

eur

montr

er d

es s

oupçons,

et

de

les

tenir

renfe

rmée

s.

DO

N P

ÈD

RE

:

Vous

reconnais

sez p

eu c

e que

vous

me

devez

; et

il

me

sem

ble

qu'u

ne

escla

ve

qu

e l'on a

aff

ranchie

, et

dont

on v

eut

fair

e sa

fem

me.

..

ISID

OR

E:

Quel

le o

bli

gat

ion v

ous

ai−

je, si

vous

chang

ez m

on e

scla

vag

e en u

n a

utr

e

bea

ucoup p

lus

rude?

si v

ous

ne m

e l

ais

sez j

ou

ir d

'au

cune

liber

té,

et

me

fati

guez

, com

me

on v

oit

, d'u

ne

gar

de

conti

nu

ell

e?

DO

N P

ÈD

RE

:

Mai

s to

ut

cela

ne

par

t que

d'u

n e

xcès

d'a

mour.

ISID

OR

E:

Si c'e

st v

otr

e fa

çon d

'aim

er,

je v

ous

pri

e d

e m

e haï

r.

Non è

il

mom

ento

il c

aso d

i sc

her

zar

e, e

non t

oll

ero c

he u

na

schia

va

si f

acc

ia i

nnanzi

a d

arm

i consi

gli

. M

a se

cre

di

che t

’abb

ia c

om

per

ata,

all

evat

a, c

ura

ta p

er r

esta

rmene

con u

n p

ug

no d

i m

osc

he

e ved

erti

fugg

ire

con

un

gia

urr

o

qualu

nqu

e,

ti

sbag

li

di

gro

sso!

Dop

o

tutt

o

le

mie

atte

nzio

ni u

n p

o’

di

riconosc

enza…

DA

NIA

Sì,

sì,

sì,

non v

’arr

abb

iate

!

Mali

ziosa

men

te s

orr

iden

do:

Vi p

otr

este

ancora

far

dole

re t

utt

e qu

ell

e am

mac

catu

re…

MU

ST

AF

À

Ah l

e d

onne,

le

donne!

Rie

ntr

a z

oppic

ando, su

lla s

ogli

a s

i vo

lge

e, a

lzando c

om

icam

ente

al ci

elo

le b

racc

ia e

il

bast

on

e es

clam

a:

All

ah m

iser

icord

ioso

! S

olt

anto

all

a v

ost

ra o

nnip

ote

nza

era d

ato f

ar c

apir

e

in c

osì

pic

colo

cer

vell

o c

osì

tanta

mali

gnit

à.

Esc

e.

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DO

N P

ÈD

RE

:

Vous

êtes

au

jourd

'hu

i dans

une

hum

eur

dés

ob

ligeante

; et

je

par

donne

ces

par

ole

s au

chag

rin o

ù v

ous

pou

vez

êtr

e d

e vou

s êtr

e le

vée

mat

in.

Sc

ena

II

DA

NIA

, so

la.

Oh!

Ineff

abil

e M

ust

afà

!

Si

dir

ige

ver

so i

l po

zzo.

Bontà

su

a ch

e non

m’a

bb

ia

add

irit

tura

ri

mpro

ver

ata

l’in

gra

titu

din

e!

Com

e pre

tende l

a r

iconosc

enza

dell

a g

azzel

la c

attu

rata

per

il

mig

lior

off

erente

!

Att

ing

e l’

acq

ua a

l pozz

o.

Pover

a D

ania

! E

pover

i fi

ori

! H

anno s

off

erto

anch’e

ssi

stanott

e… A

h!

Se

dav

ver

o p

ote

ssi

fugg

ire!

Ah!

Sig

nore

se

foss

e p

oss

ibil

e!

Purc

no

n

acca

des

se a

nche

a m

e com

e nell

a vec

chia

canzone,

la l

eggenda

di

Leil

a-

Dak

ar.

Sull

a m

onta

gna

che

tocca

il

cie

lo,

e a

cui

le n

ub

i se

mpre

fan v

elo

c’è

un g

ran p

ala

zzo t

utt

o d

i gelo

,

di

mar

mo e

di cr

ista

llo. A

ha…

Ivi

il c

rud

ele

Sher

-el-

Nakir

Leil

a la

bell

a fe

ce

rap

ir,

Leil

a fl

essu

osa

com

e u

na

palm

a,

Leil

a vis

o d

i per

la.

Aha…

Dak

ar l

’am

ante

Dakar

lo s

poso

,

sul su

o d

estr

iero

balz

a im

pet

uoso

,

a sé

din

ieg

a cib

o e

rip

oso

finché

l’ab

bia

rag

giu

nta

. A

ha…

Ahim

è!

Il c

rud

ele

Shar

-el-

Nakir

dai su

oi

sica

ri l

i fa

inse

gu

ir,

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nel

gra

n D

eser

to v

og

lion f

ugg

ir,

son,

nel D

eser

to, ucc

isi!

Aha…

Ma

dove

scorr

e lo

r sa

ngue

ard

ente

,

pro

dig

io!

Sgorg

a fr

esca

sorg

ente

.

L’o

asi p

iù b

ell

a so

rge

repente

,

l’O

asi

Leil

a-D

akar

. A

ha…

MU

ST

AF

À,

usc

ito a

lle

ult

ime

paro

le d

ella

canzo

ne.

Non h

ai

di

meg

lio c

he q

ues

te s

cio

cche

leggende

da

canta

re?

Per

ò l

a tu

a

voce

non è

bru

tta

e sa

rà b

ene c

olt

ivar

la.

Il G

ran P

ascià

è m

olt

o a

mante

dell

a m

usi

ca.

DA

NIA

, in

terr

om

pen

dolo

.

Per

quel che

mi

imp

ort

a d

el

vost

ro G

ran P

ascià

Scèn

e 8

DO

N P

ÈD

RE

, IS

IDO

RE

, H

AL

I, h

abil

lé e

n T

urc

, fa

isant

plu

sieu

rs

révé

rence

s à D

on P

èdre

.

DO

N P

ÈD

RE

:

Trê

ve

aux c

érém

onie

s. Q

ue

vou

lez−

vous?

HA

LI,

se

met

tan

t en

tre

Don P

èdre

et

Isid

ore

:

(Il

se r

etourn

e d

ever

s Is

idore

, à c

haqu

e p

aro

le q

u'il

dit

à D

om

Pèd

re,

et

lui

fait

des

sig

nes

pour

lui

fair

e co

nna

ître

le

des

sein

de

son m

aît

re.)

Sig

nor

(ave

c

la

per

mis

sion

de

la

Sig

nore

),

je

vous

dir

ai

(ave

c

la

per

mis

sion d

e la

Sig

nore

) que

je v

iens

vous

trou

ver

(ave

c la

per

mis

sion

de

la S

ignore

), p

our

vous

pri

er (

ave

c la

per

mis

sion d

e la

Sig

nore

) de

vou

loir

bie

n (

ave

c la

per

mis

sion d

e la

Sig

nore

)...

DO

N P

ÈD

RE

:

Avec

la p

erm

issi

on d

e la

Sig

nore

, pas

sez u

n p

eu d

e c

e cô

té.

(Don P

èdre

se m

et e

ntr

e H

ali

et

Isid

ore

).

HA

LI:

Sig

nor,

je

suis

un v

irtu

ose

.

DO

N P

ÈD

RE

:

Je n

'ai ri

en à

donner

.

HA

LI:

Scen

a II

I A

trave

stit

o d

a m

erca

nte

cin

ese,

en

tra c

on m

olt

i in

chin

i.

MU

ST

AF

À,

dopo

ave

r guard

ato

un

po’

tutt

i quei

sa

lam

elec

chi,

e

veden

do c

he

non s

met

te:

Uff

a!

Bas

ta c

on q

uell

e ce

rim

onie

! C

osa

vole

te?

AL

Ì

Onora

tiss

imo s

ignore

: (c

ol

per

mes

so d

ell

a dam

a) v

i dir

ò (

co

l p

erm

esso

dell

a dam

a) c

he

veng

o d

a voi (c

ol per

mes

so d

ell

a dam

a) p

er p

regar

vi (c

ol

per

mes

so d

ell

a dam

a) d

i vole

re (

col p

erm

esso

dell

a d

ama)

MU

ST

AF

À

Col p

erm

esso

dell

a dam

a pas

sate

un p

o’

da

ques

ta p

art

e.

Si

met

te f

ra D

ania

e A

lì.

AL

Ì

Mag

nif

ico s

ignore

, so

no u

n v

irtu

oso

.

MU

SA

TF

À

Me

ne

rall

egro

. M

a non h

o n

ull

a da

dir

vi.

AL

Ì

Non è

ques

to c

he

ch

ied

o a

lla

gra

zia

vost

ra.

Sig

nore

mag

nif

ico. S

iccom

e

mi

inte

nd

o u

n p

ochin

o d

i m

usi

ca,

ho i

stru

ito n

el

can

to e

nell

a d

anza

alc

uni

bam

bin

i e

alc

une s

chia

ve c

he v

orr

ebber

o t

rovar

e u

n p

adro

ne,

cu

i

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Ce

n'e

st p

as c

e que

je d

emande.

Mais

com

me

je m

e m

êle

un p

eu d

e

musi

qu

e et

de

danse

, j'a

i in

stru

it q

uelq

ues

esc

laves

qui

voudra

ient

bie

n

trou

ver

un m

aît

re q

ui se

plû

t à

ces

chose

s; e

t com

me

je s

ais

que

vous

êtes

une p

erso

nne

consi

dér

able

, je

voudra

is v

ous

pri

er d

e le

s voir

et

de

les

ente

ndre

, p

ou

r le

s ac

hete

r, s

'ils

vous

pla

isent,

ou p

our

leur

ense

igner

quelq

u'u

n d

e vos

amis

qu

i vou

lût

s'en a

ccom

mod

er.

ISID

OR

E:

C'e

st u

ne

chose

à v

oir

, et

cela

nous

div

erti

ra. F

ait

es−

les−

nous

venir

.

HA

LI:

Chala

bala

... V

oic

i u

ne

chanso

n n

ou

vell

e, q

ui es

t du tem

ps.

Ecoute

z b

ien.

Chala

bala

.

Scèn

e 9

DO

N P

ÈD

RE

, IS

IDO

RE

, H

AL

I, E

SC

LA

VE

S T

UR

CS

HA

LI,

chanta

nt

a I

sidore

D'u

n c

œur

ardent,

en t

ous

lieu

x

Un a

mant

suit

une

bell

e;

Mai

s d

'un j

alo

ux o

die

ux

La

vig

ilance

éter

nell

e

Fai

t qu'il

ne

peu

t que

des

yeu

x

S'e

ntr

ete

nir

avec

ell

e:

Est

−il

pein

e p

lus

cru

ell

e

Pour

un c

œur

bie

n a

moure

ux

?

À D

on P

èdre

.

Chir

ibir

ida

ouch a

lla!

Sta

r bon T

urc

a,

Non a

ver

danar

a.

Ti

vole

r com

pra

ra?

Mi se

rvi

a ti

,

Se

pag

ar p

er m

i;

Far

bona

coucin

a,

Mi

levar

mar

ina,

ques

te c

ose

inte

ress

ino. S

iccom

e so

che

siete

una p

erso

na

orn

ata

di

tanti

mer

iti…

Inch

ino.

Vorr

ei pre

gar

vi d

i ved

erli

ed

ud

irli

per

com

per

arli

, se

vi p

iace

sser

o, o p

er

ind

icar

mi qualc

he

amic

o v

ost

ro c

he

li v

ole

sse

acqu

ista

re.

DA

NIA

, batt

endo l

e m

ani:

Ben

issi

mo, benis

sim

o!

Ved

iam

oli

pre

sto!

Se

non a

ltro

ci d

iver

tira

nno u

n

poco!

AL

Ì, s

enza

att

ender

e alt

ro s

i ri

tira

a c

hia

mare

le

sch

iave

.

MU

ST

AF

À,

a D

ania

:

Vorr

ei sa

per

e chi

ti i

nse

gna

a dar

ord

ini

in m

ia v

oce

!

Entr

a d

an

zando u

n g

ruppo d

i m

ore

tti.

DA

NIA

Com

e so

no c

arin

i!

Danza

dei

more

tti.

Com

e ball

ano b

ene!

MU

ST

AF

À

Non c

’è m

ale

… M

a i bam

bin

i m

i in

tere

ssano p

oco.

Ad A

li:

Non p

arla

vat

e d

i sc

hia

re?

AL

Ì

Ecc

ole

, onora

tiss

imo s

ignore

.

Entr

ano l

e sc

hia

ve.

Danza

del

le s

chia

ve.

MU

ST

AF

À,

lisc

iandosi

la b

arb

a:

Si bell

occie

, b

ell

occ

ie!

DA

NIA

Che

bell

ezza!

Che

bra

vura

.

Le

schia

ve l

a c

irco

ndano e

parl

ano f

ra l

oro

.

AL

Ì

L’o

nora

tiss

imo s

ignore

è c

onte

nto

? Il

Cin

ese

ha

bu

on n

aso?

MU

ST

AF

À

non c

’è m

ale

. N

e ved

o q

ualc

una

che

non m

i sp

iace

rebb

e, m

a non è

pro

pri

o i

l m

om

ento

di

cari

carm

i d

i alt

re d

onne…

. N

e ho f

in d

’avanzo!

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Far

boll

er c

ald

ara.

Par

lara

, par

lara

:

Ti

vole

r com

pra

ra?

PR

EM

IÈR

E E

NT

E D

E B

AL

LE

T

Danse

des

esc

lave

s

HA

LI:

C'e

st u

n s

upp

lice

, à

tous

coups,

Sous

qu

i ce

t am

ant

exp

ire;

Mai

s si

d'u

n œ

il u

n p

eu d

oux

La

bell

e voit

son m

arty

re,

Et

conse

nt

qu

'aux y

eux d

e to

us

Pour

ses

attr

ait

s il

soup

ire,

Il p

ourr

ait

bie

ntô

t se

rir

e

De

tous

les

soin

s du j

alo

ux.

A D

on P

èdre

:

Chir

ibir

ida

ouch a

lla!

Sta

r bon T

urc

a,

Non a

ver

dànar

a.

Ti

vole

r com

pra

ra?

Mi se

rvir

a t

i,

Se

pag

ar p

er m

i:

Far

bona

coucin

a,

Mi

levar

mat

ina,

Far

boll

er c

ald

ara.

Par

lara

, par

lara

;

Ti

vole

r com

pra

ra?

DE

UX

IÈM

E E

NT

E D

E B

AL

LE

T

Les

esc

lave

s re

com

men

cent

leur

danse

DO

N P

ÈD

RE

:

Sav

ez−

vous,

mes

drô

les,

Più

tar

di

ved

rem

o.

Quanto

al

tuo n

aso n

on s

o s

e s

ia b

uono,

ma

è lu

ng

o

cert

am

ente

!

Rid

e a c

repap

elle

soddis

fatt

o d

el s

uo s

pir

ito.

AL

Ì, c

on u

n i

nch

ino:

All

ora

… N

on p

er f

iccar

e il

mio

pover

o e

lu

ng

o n

aso n

ei

vost

ri e

ccels

i

affa

ri,

onora

tiss

imo s

ignore

, m

a d

ovre

ste

far

sub

ito l

a vost

ra s

celt

a, p

er

non f

arm

i p

oi

la c

oncorr

enza,

rim

anend

o p

ur

voi…

Con u

n p

alm

o d

i

nas

o.

MU

ST

AF

À

Che

inte

nd

i d

ire?

AL

Ì

Potr

ei

vender

e alt

rove

quell

a che

vi p

iace

e…

con u

n’o

cchia

ta a

Dania

Se

la v

ost

ra D

ama

vi p

ianta

sse

com

e a

lum

e d

i nas

o m

i par

e…

MU

ST

AF

À

Cin

ese

male

dett

o!

Sai

cosa

par

e a

me?

Che c

oi

tuoi

nas

i tu

mi

vog

lia

pre

nd

ere

in g

iro. M

a bad

a che

non m

i sa

lti

la m

osc

a…

AL

Ì, u

mil

men

te:

La

mosc

a al

nas

o?

MU

ST

AF

À,

sbuff

a c

on g

esto

furi

bondo.

AL

Ì

Non s

ia m

ai

dett

o,

onora

tiss

imo s

ignore

; io

sono i

l più

um

ile

dei

vost

ri

serv

i e

mai

non m

i at

tente

rei d

i m

enar

vi

per

il

nas

o…

Pro

fondo i

nch

ino.

DA

NIA

, ri

den

do:

Bra

vo c

ines

e!

Non t

i m

anca

lo s

pir

ito!

Che

alt

ro s

ai

fare

?

AL

Ì

So c

anta

re.

MU

ST

AF

À

Can

ta a

llora

, e

non d

ire

alt

re s

cio

cchez

ze.

AL

Ì

Ag

li o

rdin

i vost

ri;

Chir

ibir

i M

ust

afà

.

MU

ST

AF

À,

scatt

ando:

Che

dic

i?!

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Que

cett

e chanso

n

Sen

t p

our

vos

épau

les

Les

coups

de

bât

on?

Chir

ibir

ida

ouch a

lla!

Mi ti

non c

om

pra

ra,

Ma

ti b

asto

nar

a,

Si ti

non a

ndar

a.

Andar

a, a

ndar

a,

O t

i b

asto

nar

a.

Oh!

oh!

qu

els

égri

llar

ds!

Isi

dore

.) A

llons,

rentr

ons

ici:

j'a

i changé

de

pen

sée;

et pu

is le tem

ps

se c

ou

vre

un p

eu.

(A H

ali

, q

ui para

ît e

nco

re l

à.)

Ah!

fourb

e, q

ue

je v

ous

y t

rou

ve!

HA

LI:

bie

n!

ou

i, m

on m

aîtr

e l'a

dore

; il

n'a

poin

t de p

lus

gra

nd

dés

ir q

ue

de

lui

montr

er s

on a

mour;

et

si e

lle

y c

onse

nt,

il

la p

rendra

pour

fem

me.

DO

N P

ÈD

RE

:

Oui, o

ui, j

e la

lu

i g

arde.

HA

LI:

Nous

l'auro

ns

malg

ré v

ous.

DO

N P

ÈD

RE

:

Com

ment?

coqu

in...

HA

LI:

Nous

l'auro

ns,

dis

−je

, en d

épit

de

vos

dents

.

DO

N P

ÈD

RE

:

Si

je p

rends.

..

HA

LI:

Vous

avez

bea

u f

air

e la

gar

de:

j'en a

i ju

ré, ell

e se

ra à

nous.

DO

N P

ÈD

RE

:

Lais

se−

moi

fair

e, j

e t'att

rap

erai sa

ns

couri

r.

HA

LI:

C'e

st nous

qu

i vous

attr

aper

ons:

ell

e se

ra notr

e fe

mm

e, la

chose

est

réso

lue.

Il

fau

t que

j'y p

éris

se,

ou q

ue

j'en v

ienne

à b

out.

AL

Ì

Il t

itolo

di

una

canzone

bell

issi

ma,

all

’ult

ima

mod

a c

ines

e. M

agnif

ica

sig

nore

e v

oi

legg

iadri

ssim

a dam

a, u

dit

e:

Chir

ibir

i M

ust

afà

Fa c

enno a

lle

schia

ve d

i a

ccom

pagnarl

o c

oi

tam

bure

lli.

Riv

olt

o a

Dania

:

Ogni d

ove

ardente

core

la s

ua

bell

a vu

ol se

gu

ir,

vu

ol p

arla

rle

del

suo a

more

mane

e se

ra.

Ma

la b

ell

a è

pri

gio

nie

ra.

Eg

li g

em

e a

tutt

e l’

ore

può d

irle

il

suo m

arti

r.

Vo

lgen

dosi

con u

no s

ber

luff

o a

Must

afà

:

Chir

ibir

i M

ust

afà

,

cin

-cin

ese

è qua.

Non a

ver

danar

a,

ti v

ole

r com

pra

ra?

Ti pag

ar p

er m

i

Mi se

rvir

a t

i.

CO

RO

Chir

ibir

i M

ust

afà

ecc.

AL

Ì, r

ivo

lgen

dosi

nuova

men

te a

Dania

:

È u

n t

orm

ento

senza

pac

e

che

consu

ma

l’ag

ro c

or.

Se

sapes

se a

lmen c

he

pia

ce

all

’am

ata

la s

ua

pena

appas

sionat

a,

ei sa

rebbe

all

or

cap

ace

di sf

idar

og

ni d

olo

r!

A M

ust

afà

con u

n i

nch

ino b

url

esco

Chir

ibir

i M

ust

afà

,

Page 204: La Dania di Elena Bonzanigo - · PDF file2 Elena Bonzanigo nacque a Bellinzona nel 1897 e visse ... FAZIOLI FOLETTI Maria, Elena Bonzanigo, in ... alcun tipo del libretto integrale

cin

-cin

ese

è qua.

Non a

ver

denar

a,

ti v

ole

r com

pra

ra?

CO

RO

, id

em.

AL

Ì, a

Dania

:

È u

n t

orm

ento

senza

pac

e…

MU

ST

AF

À,

cari

cando:

Sen

za

pac

e….

Sai

tu, ca

ro m

io,

che

ques

ta c

anzone

sente

, aff

edd

idd

io,

di

cop

i d

i b

asto

ne?

Chir

ibir

i M

ust

afà

,

mi

non t

i com

pre

ma

ti b

asto

ner

à!

Ingro

ssando l

a v

oce

:

Cin

-cin

ese

via

di qu

a,

via

di qua,

via

di qu

a,

alt

rim

enti

si

ved

chi

le p

igli

e c

hi

le d

a’!

I ball

erin

i fu

ggono d

anza

ndo.

Sip

ari

o.

A

TT

O T

ER

ZO

Sc

ena

I In

tern

o a

lla c

asa

di

Must

afà

. U

na s

ala

. D

AN

IA s

edu

ta s

u u

n d

ivano s

i

fa v

ento

, ci

rcondata

da a

ltre

gio

vani

SC

HIA

VE

. T

utt

e in

siem

e ca

nta

no.

SC

HIA

VE

Quan

do t

ram

onta

il

sole

il c

ielo

è c

om

e u

n m

are,

un m

are

di

cora

llo.

Vi st

anno a

navig

are

con v

ele

d’o

ro g

iall

o

Page 205: La Dania di Elena Bonzanigo - · PDF file2 Elena Bonzanigo nacque a Bellinzona nel 1897 e visse ... FAZIOLI FOLETTI Maria, Elena Bonzanigo, in ... alcun tipo del libretto integrale

gra

n n

avi d

i vio

le.

Il c

ielo

è c

om

e u

n m

are

quan

do t

ram

onta

il

sole

.

Quan

do t

ram

onta

il

sole

il c

uore

è c

om

e u

n m

are,

un m

ar d

i nost

alg

ia.

Vi st

anno a

navig

are

con v

ele

di

poes

ia

sog

ni se

nza

par

ole

.

Il c

uore

è c

om

e u

n m

are

quan

do t

ram

onta

il

sole

.

DA

NIA

Quan

to m

i p

iace

ques

ta c

anzone!

Anche

il m

io c

uore

è c

om

e u

n m

are

pie

no d

i so

gni…

1. S

CH

IAV

A

Sfi

do, fo

rtu

nat

a D

ania

! S

arai la

sp

osa

di u

n P

ascià

! N

oi in

vece

, pover

ette

,

chis

sà a

quale

sort

e e

a qual pad

rone

siam

o r

iser

bat

e!

DA

NIA

Non i

nvid

iate

mi!

Se

sapes

te c

om

e vi

ceder

ei

vole

nti

eri

il P

ascià

con l

a

sua

ricc

hez

za

e il

su

o f

asto

, se

foss

e in

mio

pote

re d

i fa

rlo

! Il

mio

sog

no

è ben d

iver

so.

3. S

CH

IAV

A

Oh!

Rac

conta

celo

!

DA

NIA

Non p

oss

o. È

il

mio

seg

reto

.

TU

TT

E

Oh!

Oh!

Dania

ha

un s

egre

to!

DA

NIA

E c

hi

non n

e ha?

Guar

dat

e bene

in f

ond

o a

l vost

ro c

uore

: non c

’è u

na

mali

nconia

, u

n s

og

no,

una

sper

anza

che

non c

onfe

ssat

e fo

rse

nep

pure

a

voi st

esse

?

AL

CU

NE

SC

HIA

VE

È v

ero…

Page 206: La Dania di Elena Bonzanigo - · PDF file2 Elena Bonzanigo nacque a Bellinzona nel 1897 e visse ... FAZIOLI FOLETTI Maria, Elena Bonzanigo, in ... alcun tipo del libretto integrale

2. S

CH

IAV

A

Oh!

Io n

on h

o m

ali

nconie

sog

ni

segre

ti!

Des

ider

i sì

! V

orr

ei

uno

sposo

ric

co,

che

mi

des

se t

anti

gio

iell

i, t

anti

pro

fum

i, t

anti

dolc

i, e

mi

lasc

iass

e tu

tto i

l g

iorn

o a

fu

mar

e se

nza

far

nu

lla!

DA

NIA

Uh!

Pig

rona!

2. S

CH

IAV

A

Chi

lo d

ice!

Non s

tai

fors

e in

ozio

tu

tto i

l g

iorn

o?

Must

afà

tem

e che i

l

lavoro

ti sc

iup

i le

mani,

e p

er l

a F

avori

ta d

i u

n P

ascià

DA

NIA

Fin

itela

anche

voi, c

on q

uel

Pas

cià

! T

utt

o i

l g

iorn

o m

i si

canta

la

stes

sa

solf

a!

Com

e se

quel

nom

e non m

i fo

sse

od

ioso

abbas

tanza!

3. S

CH

IAV

A

Eh!

Com

e ti

ris

cald

i!

1. S

CH

IAV

A

Che

dovre

mm

o d

ir n

oi all

ora

? L

a nost

ra s

ort

e non è

peg

gio

re d

ell

a tu

a?

4. S

CH

IAV

A

Tu,

nell

a cas

a se

i li

ber

a d

i andar

e e

venir

e;

hai

le p

iù b

ell

i ves

ti,

i p

gust

osi

m

anic

arett

i, g

li u

nguenti

p

iù od

oro

si.

Sai

che

più

ta

rdi

sara

i

onora

ta…

DA

NIA

Io n

on s

o n

ull

a. P

otr

ebbe

dar

si a

nche

che

il P

ascià

non m

i com

per

i, e

all

ora

? S

areb

be

fors

e il

vost

ro t

urn

o!

2. S

CH

IAV

A

All

ah l

o v

ole

sse!

Non f

arem

mo c

erto

le

schiz

zin

ose

com

e D

ania

, è

ver

o?

LE

AL

TR

E,

rid

end

o:

No c

erto

!

MU

ST

AF

À,

entr

an

do:

Che

fate

qu

i, c

icale

che

non s

iete

alt

ro?

È c

osì

che

accu

dit

e all

e vost

re

mansi

oni?

Per

la

bar

ba d

i M

aom

etto

, pett

egole

, vi

farò

canta

r io

! E

tu,

Dan

ia, che

fai ancora

con c

od

esti

ab

iti?

Men

tre

le s

chia

ve s

alu

tano e

se

ne

vanno:

Quan

te v

olt

e d

evo r

ipet

erti

che

a m

om

enti

sar

à qu

i il

pit

tore

? E

che

non

si p

uò f

ar a

spet

tare

una

cele

bri

tà d

i quell

a so

rta?

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DA

NIA

, alz

andosi

di

mala

vog

lia:

Vad

o s

ignore

.

MU

ST

AF

À,

rich

iam

andola

:

Met

tera

i le

per

le c

he ti ho c

om

per

ato

ier

i, m

i ra

ccom

and

o!

Sono f

inte

ma

in p

ittu

ra t

anto

fa…

DA

NIA

Va

ben

e, s

ignore

.

Si

avv

ia d

i nuovo

.

MU

ST

AF

À,

rich

iam

andola

anco

ra:

E…

che

ves

tito

?

DA

NIA

Ci p

ense

rò, si

gnore

.

MU

ST

AF

À

Sig

nore

, si

gnore

, si

gnore

. E

non l

o s

ai

ancora

! L

’ho s

empre

dett

o i

o c

he

ques

ta d

onna

mi

farà

im

paz

zir

e, e

non v

edo l

’ora

di

lib

erar

mene!

Bas

ta,

ver

rò i

o a

ved

ere!

Hai cap

ito c

he

devi

figura

re b

ene,

si

o n

o?

Esc

ono i

nsi

eme.

Scèn

e 10

A

DR

AS

TE

, H

AL

I, D

EU

X L

AQ

UA

IS

AD

RA

ST

E:

bie

n!

Hali

, nos

aff

air

es a

vance

nt-

ell

es?

HA

LI:

Monsi

eur,

j'a

i déjà

fait

quelq

ue

pet

ite

tenta

tive;

mais

je.

..

AD

RA

ST

E:

Ne

te m

ets

poin

t en p

ein

e; j

'ai tr

ou

par

has

ard t

out

ce q

ue je

vou

lais

, et

je v

ais

jou

ir d

u b

onheu

r de v

oir

chez

ell

e c

ett

e b

ell

e. J

e m

e s

uis

rencontr

é

chez

le

pein

tre

Dam

on, qu

i m

'a d

it q

u'a

ujo

urd

'hu

i il

venait

fair

e le

port

rait

de

cett

e a

dora

ble

per

sonne;

et com

me

il e

st d

epu

is longte

mps

de m

es p

lus

inti

mes

am

is,

il a

vou

lu s

ervir

mes

feu

x,

et m

'envoie

à s

a pla

ce,

avec

un

pet

it m

ot

de

lett

re p

our

me

fair

e ac

cepte

r. T

u s

ais

que

de

tout

tem

ps

je

me

suis

plu

à l

a pein

ture

, et

que

par

fois

je

manie

le p

ince

au,

contr

e la

cou

tum

e de

Fra

nce

, qu

i ne

veu

t pas

qu'u

n g

enti

lhom

me

sach

e ri

en f

air

e:

ain

si j

'aura

i la

lib

erté

de v

oir

cet

te b

ell

e à

mon a

ise.

Mai

s je

ne

dou

te p

as

Scen

a II

E

ntr

ano F

LO

RIA

NO

ed A

con d

ue

serv

i re

canti

l’o

ccorr

ente

per

dip

inger

e. S

ono p

reced

uti

da u

n S

ER

VO

di

Must

afà

.

IL S

ER

VO

, annunzi

ando:

L’i

llust

re p

itto

re…

Si

acc

org

e ch

e non c

’è n

essu

no.

Ah!

L’e

cce

llenti

ssim

o

Must

afà

era

qu

i…

Non

c’è

più

Vad

o

a

cerc

arlo

Esc

e.

FL

OR

IAN

O

Non p

ote

vo d

avver

o t

rovar

e u

n’o

ccas

ione

più

bell

a!

Con l

a le

tter

a d

i

Dam

one

e con q

uel

po’

di

conosc

enza

dell

a p

ittu

ra c

he

ho a

cqu

ista

to a

Ven

ezia

, tu

tto a

ndrà

bene…

Alm

eno p

er l

a pri

ma

volt

a!

AL

Ì

Sper

iam

o c

he

bas

ti e

si ri

esca!

FL

OR

IAN

O

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que

mon j

alo

ux f

âcheu

x n

e so

it t

ou

jours

pré

sent,

et

n'e

mp

êche

tous

les

pro

pos

que

nous

pourr

ions

avoir

ense

mb

le;

et

pour

te d

ire

vra

i, j

'ai, p

ar

le

moyen

d'u

ne

jeu

ne

escla

ve,

un

stra

tagèm

e p

our

tire

r ce

tte

bell

e

Gre

cque

des

m

ain

s d

e so

n ja

loux,

si je

pu

is obte

nir

d

'ell

e qu

'ell

e y

conse

nte

.

HA

LI:

Lais

sez−

moi

fair

e,

je

veu

x

vous

fair

e u

n peu

de jo

ur

à la

p

ou

voir

entr

etenir

. Il

ne s

era p

as d

it q

ue j

e n

e s

erve

de

rien d

ans

cett

e aff

air

e−là

.

Quan

d a

llez

−vous?

AD

RA

ST

E:

Tou

t de

ce

pas

, et

j'a

i déjà

pré

par

é to

ute

s chose

s.

HA

LI:

Je v

ais

, d

e m

on c

ôté

, m

e pré

par

er a

uss

i.

AD

RA

ST

E:

Je n

e veu

x p

oin

t p

erdre

de

tem

ps.

Holà

! Il

me t

ard

e q

ue

je n

e g

te l

e

pla

isir

de

la v

oir

.

Quel

lo c

he

mi pre

occ

upa

è l’

imp

lacab

ile

sorv

egli

anza

di M

ust

afà

.

AL

Ì

Quel

cocom

ero!

FL

OR

IAN

O

Com

e par

lare

all

a b

ell

a D

ania

e s

pie

gar

le i

l nost

ro s

trat

agem

ma?

AL

Ì

Las

cia

te f

are

a m

e e

sap

rò t

rovar

e i

l m

od

o d

i in

trat

tener

e il

vec

chio

. N

on

sarà

mai dett

o c

he

in q

ues

ta f

acce

nd

a il

fed

ele

Alì

non s

ia r

iusc

ito a

nu

lla.

Vad

o a

pre

par

arm

i.

Esc

e.

Scèn

e 11

D

ON

DR

E, A

DR

AS

TE

, D

EU

X L

AQ

UA

IS

DO

N P

ÈD

RE

:

Que

cher

chez

−vous,

cavali

er, dans

cet

te m

ais

on?

AD

RA

ST

E:

J'y c

her

che

le s

eig

neu

r D

om

Pèd

re.

DO

N P

ÈD

RE

:

Vous

l'avez

devant

vous.

AD

RA

ST

E:

Il p

rendra

, s'

il l

ui

pla

ît,

la p

ein

e de

lire

cett

e le

ttre

.

DO

N P

ÈD

RE

:

Je vous

envoie

, au

li

eu de

moi, pour

le port

rait

q

ue

vous

savez

, ce

gen

tilh

om

me

français

, qu

i, c

om

me

curi

eux d

'ob

liger

les

honnêt

es g

ens,

a b

ien v

ou

lu p

rendre

ce s

oin

, su

r la

pro

posi

tion q

ue

je l

ui

en a

i fa

ite.

Il

est,

sa

ns

contr

edit

, le

pre

mie

r hom

me

du

mond

e pour

ces

sort

es

d'o

uvra

ges

, et

j'a

i cr

u q

ue

je n

e p

ou

vais

rendre

un s

erv

ice

plu

s ag

réab

le

que

de

vous

l'envoyer

, dans

le d

esse

in q

ue v

ous

avez d

'avoir

un p

ort

rait

Scen

a II

I M

US

TA

Che

cerc

ate

cavali

ere,

in q

ues

ta c

asa?

FL

OR

IAN

O

Cer

co l

’ill

ust

re M

ust

afà

.

MU

ST

AF

À

Inuti

le a

llora

cer

care

. E

ccolo

qu

i davanti

a v

oi.

FL

OR

IAN

O,

con u

n p

rofo

ndo i

nch

ino.

Vog

liano a

llora

i s

uoi

occ

hi d

egnar

il

per

corr

ere

quest

a le

tter

a.

MU

ST

AF

À,

leggen

do:

Vi

mand

o i

n v

ece

mia

per

il

noto

rit

ratt

o,

ques

to g

enti

luom

o v

enez

iano

che,

d

ietr

o

mia

pre

ghie

ra

ha

acce

ttat

o

di

inca

ricar

sene,

es

send

o

io

infe

rmo.

Eg

li è

inconte

stab

ilm

ente

, il

più

feli

ce

ritr

att

ista

del

mond

o,

e

cert

o

non p

otr

ei

meg

lio se

rvir

vi

che

aff

idand

og

li ques

to

imp

ort

ante

lavoro

. Eg

li s

aprà

far

rif

ulg

ere

sull

a te

la tutt

a la

bell

ezza

dell

’aff

ascin

ante

mod

ell

o,

e il

gra

nde

Pas

cià

vi

sarà

gra

to d

i u

na

tale

oper

a d’a

rte.

Ma

guar

dat

evi bene

dal par

lare

di alc

una

ricom

pensa

al nost

ro a

rtis

ta, per

ché

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achevé

de

la p

erso

nne

que

vous

aim

ez.

Gar

dez

−vous

bie

n s

urt

out

de

lui

par

ler

d'a

ucu

ne

récom

pense

; ca

r c'

est

un h

om

me

qu

i s'

en o

ffense

rait

, et

qui

ne

fait

les

chose

s que

pour

la g

loir

e et

pour

la r

éputa

tion.

Sei

gneu

r F

rança

is, c'e

st u

ne

gra

nde g

râce

qu

e vous

me

vou

lez f

air

e; e

t je

vous

suis

fort

ob

lig

é.

AD

RA

ST

E:

Tou

te m

on a

mb

itio

n e

st d

e re

ndre

ser

vic

e au

x g

ens

de

nom

et

de

mér

ite.

DO

N P

ÈD

RE

:

Je v

ais

fair

e v

enir

la

per

sonne

dont

il s

'ag

it.

cert

am

ente

se

ne

off

ender

ebbe: è

uom

o c

he

lavora

sola

mente

per

la g

lori

a

e per

l’a

more

dell

’art

e.

A F

lori

ano:

Com

e d

ice

il

vost

ro pro

ver

bio

? “V

enez

iani,

gra

n S

ignori

”. M

i fa

te

dav

ver

o u

na

gra

zia

insi

gne

e ve

ne

sono m

olt

o o

bb

ligat

o.

Inch

ino.

FL

OR

IAN

O

È m

ia a

mb

izio

ne s

ervir

e p

erso

ne

di

illu

stre

mer

ito,

qual

è i

l m

io a

mic

o

Dam

one

e quale

sie

te v

oi.

Inch

ino.

MU

ST

AF

À

Far

ò i

mm

edia

tam

en

te v

enir

e la

gio

vane

che

ci

inte

ress

a.

Fa u

n c

enno a

l se

rvo.

Scèn

e 12

IS

IDO

RE

, D

ON

DR

E, A

DR

AS

TE

, D

EU

X L

AQ

UA

IS

DO

N P

ÈD

RE

, à I

sidore

:

Voic

i u

n g

enti

lhom

me

que D

amon n

ous

envoie

, qu

i se

veu

t b

ien d

onner

la p

ein

e d

e vous

pein

dre

. (À

Adra

ste

bais

e I

sidore

en l

a s

alu

an

t.)

Holà

!

Sei

gneu

r F

rançois

, cet

te f

açon d

e sa

luer

n'e

st p

oin

t d'u

sage

en c

e p

ays.

AD

RA

ST

E:

C'e

st l

a m

aniè

re d

e F

rance

.

DO

N P

ÈD

RE

:

La

maniè

re d

e F

rance

est

bonne

pour

vos

fem

mes

; m

ais

, pour

les

nôtr

es,

ell

e es

t u

n p

eu t

rop f

amil

ière

.

ISID

OR

E:

Je r

eçois

cet honneu

r avec

bea

ucoup

de

joie

. L

'aventu

re m

e s

urp

rend f

ort

,

et p

our

dir

e le

vra

i, j

e ne

m'a

ttendais

pas

d'a

voir

un p

ein

tre

si i

llust

re.

AD

RA

ST

E:

Il n

'y a

per

sonne

sans

dou

te q

ui

ne tîn

t à b

eau

coup d

e g

loir

e d

e to

ucher

à

un t

el

ou

vra

ge.

Je

n'a

i p

as g

rand

e hab

ilet

é;

mais

le

suje

t, i

ci,

ne

fourn

it

que

trop d

e lu

i−m

êm

e, e

t il

y a

moyen d

e fa

ire

quelq

ue

chose

de

bea

u s

ur

un o

rig

inal

fait

com

me

celu

i−là

.

ISID

OR

E:

Scen

a IV

E

ntr

a D

AN

IA r

icca

men

te a

bbig

liata

. F

lori

ano l

a c

on

tem

pla

est

ati

co.

MU

ST

AF

À,

a D

ania

:

Ecc

o i

l g

enti

luom

o i

nvia

to d

a D

am

one

per

ché

eseg

uis

ca

in s

ua

vec

e il

ritr

atto

.

A F

lori

ano, ch

e fa

un l

ungo b

aci

am

ano a

Dania

:

Olà

, si

gnor

venez

iano, che

mod

o d

i sa

luta

re è

ques

to?

FL

OR

IAN

O

Sig

nor

mio

, è

il m

od

o c

he

si u

sa a

Venez

ia.

MU

ST

AF

À

Il m

od

o d

i V

enez

ia tenet

elo

per

le

vost

re d

onne,

ma

per

le

nost

re è

tro

pp

o

confi

denzia

le e

non m

i gar

ba.

DA

NIA

, a F

lori

ano

, so

rrid

endogli

:

Ma

gar

ba

a m

e, s

ignore

, e v

i as

sicu

ro c

he

sono m

olt

o o

nora

ta.

No

n

sapev

o c

he

avre

i avu

to u

n p

itto

re c

osì

ill

ust

re!

FL

OR

IAN

O

Chi

non a

mb

ireb

be

pote

r fa

re u

n s

imil

e ri

trat

to?

La

mia

ab

ilit

à non è

gra

nd

e, m

a i

l so

gg

etto

è c

osì

ric

co d

i b

ell

ezza,

che

dovrà

usc

irne

un

lavoro

deg

no d

ell

’ori

gin

ale

.

DA

NIA

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L'o

rig

inal es

t peu

de c

hose

: m

ais

l'a

dre

sse

du p

ein

tre

en s

aura

cou

vri

r le

s

déf

auts

.

AD

RA

ST

E:

Le

pein

tre

n'y

en v

oit

aucu

n;

et

tout

ce q

u'il

sou

hait

e es

t d'e

n p

ou

voir

repré

sente

r le

s grâ

ces,

aux y

eux d

e to

ut

le m

onde,

au

ssi gra

ndes

qu'il

les

peu

t voir

.

ISID

OR

E:

Si

votr

e p

ince

au f

latt

e au

tant

que v

otr

e l

angu

e, v

ou

s all

ez m

e fa

ire u

n

port

ait

qu

i ne

me

ress

emb

lera

pas

.

AD

RA

ST

E:

Le

Cie

l, q

ui

fit

l'ori

gin

al,

nous

ôte

le

moyen d

'en f

air

e u

n p

ort

rait

qu

i

puis

se f

latt

er.

ISIO

DR

E:

Le

Cie

l, q

uoi que

vous

en d

isie

z, ne.

..

DO

N P

ÈD

RE

:

Fin

isso

ns

cela

, d

e grâ

ce,

lais

sons

les

com

pli

ments

, et

so

ngeons

au

port

rait

.

AD

RA

ST

E,

au

x la

quais

:

All

ons,

app

ort

ez t

out.

(On a

pport

e to

ut

ce q

u'il

faut

pour

pei

ndre

Isi

dore

.)

ISID

OR

E,

à A

drs

ate

:

Où v

ou

lez−

vous

que

je m

e p

lace

?

AD

RA

ST

E:

Ici.

Voic

i le

lie

u l

e p

lus

avanta

geu

x,

et q

ui

reçoit

le

mie

ux l

es v

ues

favora

ble

s de

la l

um

ière

que

nous

cher

chons.

ISID

OR

E,

aprè

s s’

être

ass

ise:

Suis

−je

bie

n a

insi

?

AD

RA

ST

E:

Oui. L

evez

−vous

un p

eu,

s'il

vous

pla

ît.

Un p

eu p

lus

de

ce c

ôté

−là

; le

corp

s to

urn

é ain

si; la

têt

e u

n p

eu levée,

afi

n q

ue

la b

eauté

du c

ou

par

ois

se.

Cec

i u

n p

eu p

lus

déc

ou

ver

t. (

Il p

arl

e d

e sa

gorg

e.)

Bon.

Là,

un p

eu

dav

anta

ge.

Encore

tant

soit

peu

.

DO

N P

ÈD

RE

:

L’o

rig

inale

è p

oca

cosa

; m

a l’

abil

ità

dell

’art

ista

sap

rà v

ale

rne

i d

ifet

ti.

FL

OR

IAN

O,

canta

:

L’a

rtis

ta i

n v

oi d

ifet

to a

lcu

n n

on v

ede,

e dell

’op

era

sua

deg

na

mer

ced

e

sarà

di p

ote

r p

inger

e, p

erfe

tto

quale

il

cie

lo l

o f

ece,

il

vost

ro a

spett

o.

DA

NIA

, co

n c

ivett

eria

.

Sig

nore

, se

sar

à ques

to p

ennell

o

al par

i d

el

linguag

gio

adu

lato

re

mi

fare

te u

n r

itra

tto t

anto

bell

o

che

più

nes

suno m

i conosc

erà!

FL

OR

IAN

O

Dan

ia, so

ave

e b

ell

a se

nza

uguale

opra

per

fett

a in

voi

com

nat

ura

e im

poss

ibil

e re

se a

me

mort

ale

il p

ote

rvi

adu

lare

.

DA

NIA

Sig

nor

se q

uanto

dit

e fo

sse

ver

o,

deg

na

dell

’art

e vost

ra i

nver

sar

ei.

Ma

il v

ost

ro d

ire

è ta

nto

lusi

ng

hie

ro,

che

dar

vi

tropp

o t

rott

o n

on v

orr

ei.

MU

ST

AF

À,

che

da u

n p

ezzo

sbuff

a.

Ades

so p

oi, b

asta

coi

com

pli

menti

, per

All

ah!

Met

tiam

oci

al

lavoro

, se

r

pit

tore

, o q

ues

to q

uad

ro m

ai si

fin

irà.

FL

OR

IAN

O,

ai

serv

i:

Dis

ponet

e og

ni cosa

.

Men

tre

i se

rvi

eseg

uis

cono,

Flo

riano

si

avv

icin

a

anco

ra

a

Dania

.

Must

afà

sbuff

a.

DA

NIA

Dove

devo m

ette

rmi?

FL

OR

IAN

O,

la c

on

du

ce v

erso

il

div

ano.

Ecc

o,

qu

i. È

il

pu

nto

dove

la l

uce

è m

igli

ore

per

l’e

ffet

to c

he v

orr

ei

ragg

iunger

e.

DA

NIA

, se

den

do:

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Il y

a b

ien d

e la

pein

e à

vous

mett

re;

ne

sauri

ez−

vou

s vous

tenir

com

me

il f

aut?

ISID

OR

E:

Ce

sont

ici

des

chose

s to

ute

s neu

ves

pou

r m

oi;

et

c'est

à M

onsi

eur

à m

e

met

tre

de

la f

açon q

u'il

veu

t.

AD

RA

ST

E,

ass

is:

Voil

à qu

i va

le m

ieux d

u m

onde,

et

vous

vo

us

tenez à

mer

veil

les.

(L

a

fais

ant

tourn

er u

n p

eu d

eve

rs l

ui.

) C

om

me

cela

, s'

il v

ous

pla

ît.

Le

tou

t

dép

end d

es a

ttit

ud

es q

u'o

n d

onne

aux p

erso

nnes

qu'o

n p

ein

t.

DO

N P

ÈD

RE

:

Fort

bie

n.

AD

RA

ST

E:

Un p

eu p

lus

de

ce c

ôté

; vos

yeu

x t

ou

jou

rs t

ourn

és v

ers

moi, j

e vo

us

en

pri

e; v

os

regar

ds

att

achés

aux m

iens.

ISID

OR

E:

Je n

e s

uis

pas

com

me

ces

fem

mes

qu

i veu

lent,

en s

e fa

isant

pein

dre

, d

es

port

rait

s qu

i ne

sont

poin

t ell

es, et

ne

sont

poin

t sa

tisf

ait

es d

u p

ein

tre

s'il

ne

les

fait

tou

jours

plu

s bell

es q

ue

le j

our.

Il

faudra

it,

pour

les

conte

nte

r,

ne

fair

e qu'u

n p

ort

rait

p

our

toute

s; car

to

ute

s dem

andent

les

mêm

es

chose

s: u

n tein

t to

ut d

e li

s et

de

rose

s, u

n n

ez b

ien f

ait

, une

peti

te b

ouche,

et d

e gra

nds

yeux v

ifs,

bie

n f

endus,

et su

rtou

t le

vis

age

pas

plu

s gro

s que

le p

oin

g,

l'euss

ent−

ell

es d

'un p

ied d

e la

rge.

Pour

moi,

je v

ous

dem

ande

un p

ort

rait

qu

i so

it m

oi,

et

qu

i n'o

bli

ge

poin

t à

dem

ander

qu

i c'e

st.

AD

RE

ST

E:

Il s

erait

mala

isé

qu

'on d

em

andât

cela

du v

ôtr

e, e

t vous

avez

des

tra

its

à

qui

fort

peu

d'a

utr

es r

esse

mb

lent.

Qu'ils

ont

de

douceu

rs e

t de

char

mes

,

et q

u'o

n c

ourt

de

risq

ue

à le

s pein

dre

!

DO

N P

ÈD

RE

:

Le

nez

me

sem

ble

un p

eu t

rop g

ros.

AD

RA

ST

E:

J'ai

lu,

je

ne

sais

où,

qu

'Ap

ell

e p

eig

nit

au

trefo

is

une

maî

tres

se

d'A

lexandre

, et

qu

'il

en d

evin

t, l

a peig

nant,

si

éper

dum

ent

am

oure

ux,

qu'il fu

t prè

s d'e

n p

erdre

la

vie

: de

sort

e qu'A

lexandre

, par

génér

osi

té, lu

i

Va

ben

e così

?

FL

OR

IAN

O

Va

ben

e.

Si

all

onta

na p

er o

sser

vare

l’e

ffet

to, po

i si

ria

vvic

ina.

Il c

orp

o u

n p

o’

pie

gat

o

A d

estr

a, l

egger

mente

.

Il b

racc

io a

bband

onat

o.

Sul gre

mb

o, m

oll

emente

.

MU

ST

AF

À,

a D

ania

:

Per

Mao

met

to,

non s

apre

ste

fare

da

sola

i c

amb

iam

enti

dell

a p

osa

?

Lo f

ate

inuti

lmente

fati

car

e,

e vi

most

rate

scio

cca

e neg

hit

tosa

.

DA

NIA

, a M

ust

afà

:

Che

vole

te è

per

me

una

cosa

d’u

na

tale

novit

à…

A F

lori

ano:

Il s

ignor

di

me

dis

pong

a

com

e m

egli

o c

reder

à.

Dopo u

n t

ener

o s

gu

ard

o a

bbass

a g

li o

cchi

arr

oss

endo.

FL

OR

IAN

O,

giu

bil

ante

si

appre

ssa a

l ca

vall

etto

.

Si, v

a tu

tto a

mer

avig

lia.

Con d

olc

ezza

:

Sol d

ovre

ste

un p

o’

rialz

are

ver

so m

e le

bell

e cig

lia…

.

DA

NIA

, so

rrid

endo e

seguis

ce.

FL

OR

IAN

O,

appro

va c

on u

n c

enno d

el c

apo.

Or

poss

iam

o i

ncom

incia

re.

Sosp

iro d

i so

llie

vo d

i M

ust

afà

.

Il p

osa

re non è

cosa

fa

cil

e co

me

com

unem

ente

si

cr

ede,

e

la sc

elt

a

dell

’att

egg

iam

ento

e d

ell

e lu

ci

ha

un’i

mp

ort

anza

enorm

e per

la

riusc

ita

del quad

ro.

MU

ST

AF

À

Cer

to, ce

rto.

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céda

l'ob

jet de

ses

ux. (I

l D

on P

èdre

.) J

e p

ourr

ais

fair

e ic

i ce

qu'A

pell

e

fit

autr

efo

is;

mais

vous

ne

feri

ez p

as p

eut−

être

ce

qu

e fi

t A

lex

andre

.

Don P

èdre

fait

la g

rim

ace

.

ISID

OR

E:

Tou

t ce

la s

ent

la n

ati

on;

et t

ou

jours

Mes

sieu

rs l

es F

rançois

ont

un f

ond

s

de

gala

nte

rie

qu

i se

rép

and p

arto

ut.

AD

RA

ST

E:

On n

e se

tro

mpe

gu

ère

à c

es s

ort

es d

e chose

s; e

t vous

avez

l'e

spri

t tr

op

écla

iré

pour

ne

pas

voir

de

quell

e s

ourc

e p

arte

nt

les

chose

s qu'o

n v

ous

dit

. O

ui, q

uand

Ale

xandre

ser

ait

ici, e

t qu

e ce

ser

ait

votr

e am

ant,

je n

e

pourr

ais

m'e

mpêcher

de

vous

dir

e que

je n

'ai

rien v

u d

e si

bea

u q

ue

ce

que

je v

ois

main

tenant,

et

que.

..

DO

N P

ÈD

RE

:

Sei

gneu

r F

rançois

, vous

ne

devri

ez p

as,

ce m

e se

mb

le,

par

ler;

cela

vous

dét

ourn

e de

votr

e ou

vra

ge.

AD

RA

ST

E:

Ah!

poin

t du t

ou

t. J

'ai to

ujo

urs

de

coutu

me

de

par

ler

quan

d j

e pein

s; e

t il

est

bes

oin

, dans

ces

chose

s, d

'un p

eu d

e c

onver

sati

on,

pour

réveil

ler

l'esp

rit,

et

tenir

les

vis

ages

dans

la g

aie

té n

éces

sair

e a

ux p

erso

nnes

que

l'on v

eut

pein

dre

.

FL

OR

IAN

O

Chi p

osa

deve

inte

rpre

tare

con f

inez

za

le i

nte

nzio

ni d

el ar

tist

a, p

erché

un

catt

ivo m

odell

o è

ass

ai p

iù d

annoso

che

un c

att

ivo p

ennell

o.

MU

ST

AF

À

Cer

to, ce

rto.

DA

NIA

, ca

nta

ndo:

Io n

on s

ono u

na

di qu

ell

e

vanit

ose

scio

ccher

ell

e,

che

vorr

ebber

o v

eder

si

più

del so

le c

hia

re e

bell

e.

E s

e il

pover

o p

itto

re

non l

e fi

nge

uno s

ple

nd

ore

,

di b

ell

ezza

senz’e

gu

ale

,

entr

an s

ub

ito i

n f

uro

re.

FL

OR

IAN

O,

riden

do:

Vog

lion t

utt

e is

tess

e cose

,

carn

agio

n d

i la

tte

e ro

se,

una

bocc

a p

iccoli

na,

due

pup

ille

lum

inose

com

e st

ell

e in

nott

e osc

ura

.

MU

ST

AF

À,

riden

do:

Quan

do l

’occ

hio

è d

a bab

beo!

FL

OR

IAN

O,

ass

ente

ndo c

ol

capo.

Un v

isin

o d

a ca

meo,

anche

se l

’ori

gin

ale

MU

ST

AF

À

… A

ssom

igli

a ad

un c

ing

hia

le!

Rid

e.

DA

NIA

Un r

itra

tto s

ol p

ar t

utt

e

Ben

sar

ebbe

gra

n v

entu

ra!

FL

OR

IAN

O

Tal ri

trat

to i

n f

ede

mia

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di

voi

deg

no n

on s

aria

!

È l

a bell

ezza

vost

ra s

enza

par

i,

com

e fi

ore

biz

zar

ro e

pro

dig

ioso

;

ha

un f

ascin

o s

ott

il, m

iste

rioso

,

che

nes

sun’a

ltra

in t

erra

può v

anta

re.

Ved

endo c

he

Must

afà

ric

om

inci

a a

sbuff

are

, si

rip

rende

e dic

e ri

volt

o a

lui,

con a

ria p

iù p

rofe

ssio

nale

:

Non è

bell

ezza

fatt

a ad

ese

mp

lari

MU

ST

AF

À,

bef

fard

o:

Il n

aso i

nfa

tti è

gro

sso n

on c

’è m

ale

,

mi par

!

FL

OR

IAN

O,

scuote

il

capo.

DA

NIA

, ri

de.

FL

OR

IAN

O

Les

si n

on s

o p

iù d

ove

in p

erg

amena

anti

ca,

ch’e

bbe

Ale

ssandro

il

Gra

nde

una

sple

nd

ida

am

ica,

una

gio

vin

e sc

hia

va

di

Tes

sag

lia.

“Pin

gi,

-eg

li d

isse

- A

poll

o, p

itto

re u

nic

o a

l m

ond

o,

ques

ta b

elt

à d

ivin

a che

nu

lla

al

mond

o e

guag

lia!”

Obbed

ì A

poll

o, e

pre

sto i

n q

uell

’occ

hio

pro

fond

o

smar

rì l

’anim

a e

il c

uore

e s

ì p

erduta

mente

s’in

nam

orò

, che

pall

ido e

languente

ne

fu p

ress

o a

mori

r. G

emea

la

bell

a…

Ed i

l G

rande

Ale

ssan

dro

, pu

nto

il

cuore

di p

ietà

per

quel

dis

per

ato

am

ore

,

l’ogg

etto

dei su

oi

voti

gli

conce

sse.

A M

ust

afà

E s

e ta

le m

ercé

vi si

chie

des

se?

MU

ST

AF

À,

con b

uff

a c

aden

za:

Vi d

irei

che

Ale

ssandro

, ahim

è non s

ono!

Guard

a i

l ri

tratt

o.

Ne

voi, d

a quanto

ved

o, si

ete

Ap

oll

o!

Fors

e p

otr

este

far

e opre

più

bell

e

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Se

chia

cchie

rast

e m

eno.

FL

OR

IAN

O

Ah!

No, si

gnore

!

S’i

o p

arlo

è p

er t

ener

di

bu

on u

more

,

viv

ace

d’e

spre

ssio

ne,

il

mio

mod

ell

o.

E q

uanto

a g

iud

icar

di bru

tto e

bell

o

aspet

tiam

o c

he

l’op

ra s

ia f

init

a!

DA

NIA

È v

er!

MU

ST

AF

À

Se

conti

nu

iam

di qu

esto

pas

so

ci sa

rà d

a as

pet

tar

tutt

a la

vit

a.

Scèn

e 13

H

AL

I, v

êtu

en E

spagnol,

DO

N P

ÈD

RE

, A

DR

AS

TE

, IS

IDO

RE

DO

N P

ÈD

RE

:

Que

veu

t ce

t hom

me−

là?

et q

ui la

isse

monte

r le

s gens

sans

nous

en v

enir

aver

tir?

HA

LI:

J'entr

e ic

i li

bre

ment;

m

ais

, entr

e ca

vali

ers,

te

lle

lib

erté

es

t per

mis

e.

Sei

gneu

r, s

uis

−je

connu d

e vous?

DO

N P

ÈD

RE

:

Non, se

igneu

r.

HA

LI:

Je su

is D

om

G

ille

s d'A

valo

s, et

l'his

toir

e d

'Esp

agne

vous

doit

avoir

inst

ruit

de

mo

n m

érit

e.

DO

N P

ÈD

RE

:

Sou

hait

ez−

vou

s quelq

ue

chose

de

moi?

HA

LI:

Oui, u

n c

onse

il s

ur

un f

ait

d'h

onneu

r. J

e s

ais

qu

'en c

es m

atiè

res

il e

st

mala

isé

de

trou

ver

un c

avali

er p

lus

conso

mm

é que

vous;

mais

je v

ous

dem

ande

pour

grâ

ce q

ue

nous

nous

tiri

ons

à l'é

car

t.

DO

N P

ÈD

RE

:

Nous

voil

à as

sez l

oin

.

Scen

a V

E

ntr

a A

LÌ,

tra

vest

ito d

a u

ffic

iale

turc

o.

MU

ST

AF

À,

secc

ato

.

Ma

cosa

vu

ole

ad

esso

cost

ui?

Ad A

lì:

Chi

vi

inse

gna

ad e

ntr

are

senz’e

sser

vi

invit

ato?

AL

Ì

Se

entr

o q

ui

liber

am

ente

, tr

a noi

qu

esta

lib

ertà

è p

ur

lecit

a, p

oic

cer

to

mi conosc

ete

.

MU

ST

AF

À

Vi

ing

annat

e, s

ignor

mio

, non v

i conosc

o a

ffat

to.

AL

Ì

Poss

ibil

e?

All

ora

sap

pia

te c

he

io s

ono…

Con g

rande

pro

sopopea

:

Mar

uk-M

ahom

ed-I

bra

him

-Ser

war

Pas

cià

! L

a st

ori

a ha

già

esa

ltat

o le

mie

ges

ta e

quell

e d

ei m

iei gra

nd

i ante

nati

!

MU

ST

AF

À,

si s

trin

ge

nel

le s

pall

e, p

oi,

bru

sco:

E c

osa

des

ider

ate?

AL

Ì

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AD

RA

ST

E,

à D

on P

èdre

, qui

le s

urp

rend p

arl

ant

bas

à I

sidore

:

J’obse

rvais

de

prè

s la

cou

leur

de

ses

yeu

x.

Don P

èdre

revi

ent

vers

Adra

ste.

HA

LI,

tir

ant

Don P

èdre

, pour

l’él

oig

ner

d’A

dra

ste

et

Isid

ore

:

Sei

gneu

r, j

'ai

reçu

un s

ou

ffle

t: v

ous

savez

ce

qu'e

st u

n s

ou

ffle

t, l

ors

qu'il

se d

onne à

main

ou

ver

te, su

r le

beau

mil

ieu

de

la joue.

J'a

i ce

sou

ffle

t fo

rt

sur

le c

œur:

et

je s

uis

dans

l'in

cert

itude s

i, p

our

me

venger

de

l'aff

ront,

je

dois

me

bat

tre

avec

mon h

om

me,

ou b

ien l

e fa

ire

assa

ssin

er.

DO

N P

ÈD

RE

:

Ass

assi

ner

, c'

est

le p

lus

court

chem

in. Q

uel

est

votr

e en

nem

i?

HA

LI:

Par

lons

bas

, s'

il v

ous

pla

ît.

Hali

tie

nt D

on P

èdre

, en

lui parl

an

t, d

e fa

çon q

u’i

l n

e peu

t vo

ir A

dra

ste.

AD

RA

ST

E

au

x gen

ou

x d’I

sidore

, pen

dant

que

Don

Pèd

re

et

Hali

parl

ent

ense

mble

:

Oui, c

har

mante

Isi

dore

, m

es r

egar

ds

vous

le d

isent

dep

uis

plu

s de

deu

x

mois

, et

vous

les

avez

ente

ndus:

je

vous

aim

e p

lus

que

tou

t ce

que

l'on

peu

t aim

er, et

je

n'a

i p

oin

t d'a

utr

e pensé

e, d

'au

tre

but,

d'a

utr

e pas

sion, qu

e

d'ê

tre

à vous

toute

ma

vie

.

ISID

OR

E:

Je n

e sa

is s

i vous

dit

es v

rai, m

ais

vous

per

suad

ez.

AD

RA

ST

E:

Mai

s vous

per

suad

é−je

jusq

u'à

vous

insp

irer

quelq

ue p

eu d

e b

onté

pour

moi?

ISID

OR

E:

Je n

e cr

ain

s que

d'e

n t

rop a

voir

.

AD

RA

ST

E:

En a

ure

z−

vous

asse

z p

our

conse

nti

r, b

ell

e Is

idore

, au

des

sein

que

je v

ous

ai d

it?

ISID

OR

E:

Je n

e pu

is e

ncore

vous

le d

ire.

AD

RA

ST

E:

Qu'a

ttendez

−v

ous

pour

cela

?

ISID

OR

E:

Un c

onsi

gli

o. S

o c

he

nes

suno è

meg

lio q

uali

fica

to d

i voi,

per

la

lum

inosa

saggez

za

che

vi d

isti

ngue.

Ma

si t

ratt

a d

i cosa

deli

cata

. S

e non v

i sp

iace

,

ecce

llenti

ssim

o s

ignore

, ti

riam

oci

un p

oco i

n d

isp

arte

.

Ese

guis

ce.

MU

ST

AF

À

Ecc

oci

abbas

tanza

lonta

ni,

sper

o.

Si

volg

e a g

uard

are

.

FL

OR

IAN

O,

sorp

reso

a p

arl

ar

pain

o a

Dania

:

Oss

ervavo d

a vic

ino l

a ti

nta

deg

li o

cchi…

AL

Ì, t

irando M

ust

afà

per

all

on

tanarl

o m

aggio

rmen

te:

Fig

ura

tevi che

ho r

icevuto

uno s

chia

ffo!

Voi d

ovet

e sa

per

e cosa

sig

nif

ica

uno s

chia

ffo q

uand

o è

dato

a m

ano a

per

ta p

ropri

o i

n m

ezzo a

lle

guance

,

così

!

Ese

guis

ce.

MU

ST

AF

À

Ohi!

Bad

ate

a quel

che

fate

, m

ascalz

one!

AL

Ì

Oh,

non v

ole

vo o

ffender

vi!

Era

per

sp

ieg

arvi…

MU

ST

AF

À

Spie

gat

evi

a par

ole

che

sarà

meg

lio.

AL

Ì

Dunque

cap

iret

e co

me

uno s

chia

ffo s

imil

e m

i si

a sc

eso d

all

e guance

al

cuore

, acce

ndend

olo

di im

pla

cab

ile

ira.

Ma

sono ince

rto s

e, p

er v

end

icar

e

l’off

esa,

mi

convenga

meg

lio a

ffro

nta

re i

l nem

ico i

n d

uell

o o

ppure

far

lo

assa

ssin

are.

MU

ST

AF

À

In g

ener

ale

ass

assi

nar

e m

i p

ar p

iù s

icuro

e p

iù s

pic

cio

. C

hi

è il

vost

ro

nem

ico?

AL

Ì

Sst

! P

er c

arit

à!

Par

late

pia

no!

Lo t

rasc

ina, parl

ando, fu

ori

dall

e qu

inte

.

FL

OR

IAN

O,

posa

i p

ennell

i e

si i

ngin

occ

hia

ai

pie

di

di

Dania

.

Bell

a D

ania

, fi

nalm

ente

un i

stante

soli

sia

mo!

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A m

e ré

soudre

.

AD

RA

ST

E:

Ah!

quand o

n a

ime,

on s

e ré

sous

bie

ntô

t.

ISID

OR

E:

bie

n!

all

ez, ou

i, j

'y c

onse

ns.

AD

RA

ST

E:

Mai

s conse

nte

z−

vous,

dit

es−

moi, q

ue

ce s

oit

dès

ce

mom

ent

mêm

e?

ISID

OR

E:

Lors

qu

'on e

st u

ne

fois

rés

olu

sur

la c

hose

, s'

arrê

te−

t−on s

ur

le t

emps?

DO

N P

ÈD

RE

, à H

ali

:

Voil

à m

on s

enti

ment,

et

je v

ous

bais

e le

s m

ain

s.

HA

LI:

Sei

gneu

r, q

uand v

ous

aure

z r

eçu q

uelq

ue

sou

ffle

t, j

e su

is h

om

me

auss

i

de

conse

il,

et j

e p

ourr

ai

vous

rendre

la

par

eil

le.

DO

N P

ÈD

RE

:

Je v

ous

lais

se a

ller

sans

vous

recondu

ire;

mais

, entr

e ca

vali

ers,

cet

te

liber

té e

st p

erm

ise.

AD

RA

ST

E,

à I

sidore

:

Non,

il

n'e

st

rien

qu

i pu

isse

ef

face

r de

mon

cœur

les

tendre

s

tém

oig

nag

es...

(Don P

èdre

, aper

ceva

nt

Adra

ste

qui

parl

e de

prè

s à

Isid

ore

.) J

e re

gar

dai

s ce

pet

it t

rou q

u'e

lle

a au

côté

du m

ento

n,

et j

e

croyais

d'a

bord

qu

e ce

t u

ne t

ache.

Mais

c'e

st a

ssez p

our

aujo

urd

'hu

i,

nous

finir

ons

une

autr

e fo

is.

(Parl

ant

à D

on P

èdre

.) N

on,

ne r

egar

dez

rien e

ncore

; fa

ites

ser

rer

cela

, je

vous

pri

e. (

À I

sidore

.) E

t vous,

je

vous

conju

re d

e ne

vous

relâ

cher

poin

t, e

t de

gar

der

un e

spri

t gai,

pour

le

des

sein

qu

e j'a

i d

'achever

notr

e ou

vra

ge.

ISID

OR

E:

Je c

onse

rver

ai p

our

cela

toute

la

gaie

té q

u'il

fau

t.

Poss

o d

irvi

alf

in c

he

v’a

mo

Paz

zam

ente

!

DA

NIA

, co

mm

oss

a:

Dit

e il

ver

o?

FL

OR

IAN

O

Nol se

nti

te?

Acc

end

endosi

:

L’i

dea

l per

me

sei tu

!

Per

un b

acio

tu

o d

arei

mil

le v

ite!

DA

NIA

, te

ner

am

ente

:

Tro

pp

o,

tropp

o!

A m

e bas

ta s

olo

una,

ma

per

me!

Sol

per

me!

FL

OR

IAN

O,

appass

ionata

men

te:

Sol per

te!

Di

quanto

sono,

Dan

ia d

olc

e ti

fo’

dono,

e nes

suna

cosa

l’a

lma

più

des

ia

che

appag

ar i

l tu

o d

esir

dolc

ezza

mia

dim

mi so

l che

m’a

mi!

DA

NIA

, co

n s

lancio

:

T’a

ma

l’alm

a m

ia!

FL

OR

IAN

O

Oh!

Dolc

ezza!

Oh!

Inca

nto

!

DA

NIA

Oh d

olc

ezza!

Oh!

Incanto

!

Foll

e eb

bre

zza!

M’a

mi ta

nto

?

FL

OR

IAN

O

T’a

mo t

anto

!

DA

NIA

…ta

nto

! G

uar

dam

i g

li o

cchi

e ri

pet

i!

FL

OR

IAN

O

T’a

mo!

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DA

NIA

Ancora

!

FL

OR

IAN

O

T’a

mo!

DA

NIA

Col

tuo s

guar

do, col

tuo c

anto

,

m’a

i ra

vvolt

a in

un i

ncanto

.

Nel

la m

esta

pri

gio

nia

per

te

solo

viv

e il

core

;

per

te

solt

anto

la

vit

a m

ia

ancor

s’in

fiora

di

spem

e e

d’a

more

.

FL

OR

IAN

O

Insi

em

fugg

irem

ques

ti l

idi.

All

a m

ia p

atri

a bell

a e

lum

inosa

ti c

ondurr

ò m

ia s

posa

.

DA

NIA

Tua

sposa

!

FL

OR

IAN

O

Per

sem

pre

sei m

ia!

DA

NIA

Ah!

Per

sem

pre

!

Col

tuo s

guar

do, col

tuo c

anto

,

m’h

ai ra

vvolt

a in

un i

ncanto

.

Nel

la m

esta

pri

gio

nia

per

te

solo

vis

se i

l cor,

per

te

solt

anto

la

vit

a m

ia

ancor

s’in

fiora

di

spem

e, d

’am

or!

FL

OR

IAN

O

T’i

nvole

rò d

a ques

ta p

rig

ionia

,

all

a m

ia p

atri

a bell

a e

lum

inosa

ti c

ondurr

ò, m

ia s

posa

!

DA

NIA

Ma

com

e, a

him

è, p

otr

emo s

fugg

ire

a M

ust

afà

?

FL

OR

IAN

O

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Asc

olt

a, a

more

.

Parl

ano p

iano.

MU

ST

AF

À,

anco

ra t

ra l

e quin

te:

Ecc

o i

l par

er m

io;

ades

so v

i sa

luto

.

AL

Ì,

cer

cando

tutt

avi

a

di

tratt

ener

lo

e ponen

dosi

in

m

odo

di

nasc

onder

gli

Flo

ria

no e

Dania

Il v

ost

ro c

onsi

gli

o è

davver

o p

rezio

so!

Quand

o r

icever

ete d

egli

schia

ffi,

serv

itor

vost

ro!

Vi re

nder

ò l

a par

i col

mio

consi

gli

o.

MU

ST

AF

À

Vi la

scio

and

are

senza

accom

pag

nar

vi:

tra

noi qu

esta

lib

ertà

è p

erm

essa

.

Alì

esc

e.

FL

OR

IAN

O,

a D

ania

:

Null

a p

otr

à p

iù s

epar

arci.

Ved

endo

ch

e M

ust

afà

l’o

sser

va:

Guar

dav

o q

ues

ta f

oss

etta

che

ha s

ul

mento

e c

he

dap

pri

ma

mi

era

par

sa

una

mac

chio

lina.

Ma

per

ogg

i bas

ta. F

inir

emo u

n’a

ltra

volt

a.

A M

ust

afà

, ch

e vu

ol

ved

ere

il r

itra

tto:

No,

non g

uar

date

ancora

!

Ai

serv

i:

Port

ate

via

tutt

o!

A D

ania

:

Vi

pre

go,

gra

zzio

siss

ima,

st

ate

sere

na,

non per

det

e cora

gg

io,

e così

condurr

emo a

bu

on f

ine

quell

o c

he

abb

iam

o c

om

incia

to.

DA

NIA

Non t

em

ete,

sto

di bu

on a

nim

o.

MU

ST

AF

À

E q

uand

o f

inir

ete

il r

itra

tto?

FL

OR

IAN

O

Avre

te p

rim

a d’a

llora

mie

noti

zie

.

S’i

nch

ina p

rofo

ndam

ente

ed e

sce.

Scèn

e 14

D

ON

DR

E, IS

IDO

RE

ISID

OR

E:

Scen

a V

I D

AN

IA

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Qu'e

n d

ites

−vous?

ce g

enti

lhom

me

me

par

aît

le p

lus

civ

. du m

ond

e, e

t

l'on d

oit

dem

eure

r d'a

ccord

que

les

Fra

nçois

ont quelq

ue

chose

en e

ux d

e

poli

, de

gala

nt,

qu

e n'o

nt

poin

t le

s au

tres

nat

ions.

DO

N P

ÈD

RE

:

Oui;

mais

ils

ont

cela

de

mau

vais

, qu

'ils

s'é

mancip

ent

un p

eu t

rop,

et

s'at

tachent,

en é

tourd

is, à

conte

r des

fle

ure

ttes

à tou

t ce

qu'ils

rencontr

ent.

ISID

OR

E:

C'e

st q

u'ils

savent

qu'o

n p

laît

aux D

ames

par

ces

chose

s.

DO

N P

ÈD

RE

:

Oui;

mais

s'ils

pla

isent

aux D

ames

, il

s dép

lais

ent

fort

aux M

essi

eurs

; et

l'on n

'est

poin

t b

ien a

ise

de

voir

, su

r sa

moust

ache,

cajo

ler

har

dim

ent

sa

fem

me

ou s

a m

aîtr

esse

.

ISID

OR

E:

Ce

qu'ils

en f

ont

n'e

st q

ue

par

jeu

.

Che

ne

dit

e?

Ques

to p

itto

re è

davver

o u

na

per

sona

stra

ord

inar

ia. B

isog

na

riconosc

ere c

he i v

enez

iani hanno u

na

genti

lezza,

una g

enia

lità

super

iore

a quell

a deg

li a

ltri

pop

oli

.

MU

ST

AF

À

Mi se

mbra

che

abb

iano s

pecia

lmente

una

sfac

cia

tagg

ine

super

iore

.

Sbuff

a.

DA

NIA

Che

dit

e?

Sanno c

osì

bene

render

si a

ccett

i!

MU

ST

AF

À

All

e d

onne,

conce

do!

Ma

qu

anto

ag

li u

om

ini, t

i ass

icuro

che

acca

de

l’opp

ost

o e

per

conto

mio

, li

mand

erei

tutt

i a

mil

le d

iavoli

, com

incia

nd

o

dal tu

o f

am

oso

pit

tore

!

Scèn

e 15

Z

AÏD

E, D

ON

DR

E, IS

IDO

RE

ZA

ÏDE

:

Ah!

seig

neu

r ca

vali

er,

sau

vez

−m

oi, s

'il

vous

pla

ît,

des

main

s d'u

n m

ari

furi

eux d

ont

je s

uis

pours

uiv

ie. S

a ja

lousi

e es

t in

croyab

le, et

pas

se, dans

ses

mou

vem

ents

, to

ut ce

qu'o

n p

eut

imag

iner

. Il

va

jusq

ues

à v

ou

loir

qu

e

je

sois

to

ujo

urs

voil

ée;

et

pour

m'a

voir

tr

ou

vée

le

vis

age

un

peu

déc

ou

ver

t, i

l a

mis

l'é

pée

à l

a m

ain

, et

m'a

réd

uit

e à m

e je

ter

chez

vous,

pour

vous

dem

ander

votr

e ap

pu

i contr

e so

n i

nju

stic

e. M

ais

je

le v

ois

par

aîtr

e. D

e grâ

ce, se

igneu

r cavali

er, sa

uvez

−m

oi d

e sa

fure

ur.

DO

N P

ÈD

RE

, à

Zaï

de,

lu

i m

ontr

ant

Isid

ore

:

Entr

ez l

à ded

ans

avec

ell

e, e

t n'a

ppré

hendez

rie

n.

Scen

a V

II

Entr

a a

ffannosa

men

te Z

AID

A.

ZA

IDA

, si

get

ta a

i pie

di

di

Must

afà

e g

li s

i a

ttacca

all

e ves

ti.

Sig

nore

, si

gnore

bu

ono, sa

lvate

mi,

per

l’a

more

di

All

ah!

MU

ST

AF

À

Ma

chi

è cost

ei?

Og

gi

mi su

cced

ono t

utt

e!

Cosa

c’è

ancora

?

ZA

IDA

, co

n e

ges

ti d

i te

rrore

:

Sal

vat

em

i si

gnore

, da u

n m

arit

o g

elo

so c

he m

i per

seguit

a e

mi

vu

ole

ucc

ider

e!

La

sua

gelo

sia

è fr

enet

ica

e so

rpas

sa o

gni im

mag

inaz

ione.

Eg

li

esig

e che

mi

copra

p

erfi

no g

li

occ

hi,

e

per

aver

mi

scort

a col

vis

o

legger

mente

scoper

to,

ha

sguain

ata

la s

pad

a, m

i ha

inse

gu

ita

e ri

dott

a a

rifu

gia

rmi

qu

a e

ad i

nvoca

re l

a vost

ra p

rote

zio

ne.

Ahim

è, c

he

lo s

ento

venir

e!

Ah!

Per

car

ità,

per

pie

tà, si

gnore

, sa

lvat

em

i!

MU

ST

AF

À,

a D

ania

:

Conducil

a nell

e tu

e st

anze.

A Z

aid

a:

Non t

em

ere

nu

lla.

Scèn

e 16

A

DR

AS

TE

, D

ON

DR

E

Scen

a V

III

Entr

a, co

n l

a s

pada s

guain

ata

, F

LO

RIA

NO

.

Page 220: La Dania di Elena Bonzanigo - · PDF file2 Elena Bonzanigo nacque a Bellinzona nel 1897 e visse ... FAZIOLI FOLETTI Maria, Elena Bonzanigo, in ... alcun tipo del libretto integrale

DO

N P

ÈD

RE

:

quoi?

seig

neu

r, c

'est

vous?

Tant

de

jalo

usi

e p

our

un F

rançois

? Je

pen

sais

qu

'il

n'y

eût

que

nous

qu

i en f

uss

ions

cap

able

s.

AD

RA

ST

E:

Les

Fra

nçois

ex

cell

ent

tou

jours

dans

toute

s le

s chose

s qu'ils

fo

nt;

et

quan

d n

ous

nous

mêlo

ns

d'ê

tre j

alo

ux,

nous

le s

om

mes

vin

gt

fois

plu

s

qu'u

n S

icil

ien.

L'infâ

me

croit

avoir

tro

uvé

chez

vou

s un a

ssuré

ref

ug

e;

mais

vous

êtes

tr

op

rais

onnab

le

pour

blâ

mer

m

on

ress

enti

ment.

Lais

sez−

moi,

je

vou

s pri

e, l

a tr

ait

er c

om

me

ell

e m

érit

e.

DO

N P

ÈD

RE

:

Ah!

de

grâ

ce, ar

rête

z. L

'off

ense

est

tro

p p

etit

e p

our

un c

ourr

oux s

i gra

nd.

AD

RA

ST

E:

La

gra

ndeu

r d

'une

tell

e off

ense

n'e

st p

as d

ans

l'im

port

ance

des

chose

s

que

l'on f

ait

: ell

e es

t à

transg

ress

er l

es o

rdre

s q

u'o

n n

ous

donne; et

sur

de

par

eil

les

mat

ière

s, c

e qu

i n'e

st q

u'u

ne

bag

atell

e d

evie

nt

fort

cri

min

el

lors

qu

'il

est

défe

ndu.

DO

N P

ÈD

RE

:

De

la f

açon q

u'e

lle

a par

lé,

tou

t ce

qu

'ell

e en a

fait

a é

té s

ans

des

sein

; et

je v

ous

pri

e en

fin d

e vous

rem

ettr

e b

ien e

nse

mb

le.

AD

RA

ST

E:

quoi!

Vous

pre

nez

son p

arti

, vous

qu

i ête

s si

déli

cat

sur

ces

sort

es d

e

chose

s!

DO

N P

ÈD

RE

:

Oui, je

pre

nds

son p

arti

; et

si vous

vou

lez m

'ob

liger

, vous

oub

lier

ez v

otr

e

colè

re,

et v

ous

vous

réconcil

iere

z t

ous

deu

x. C

'est

une

grâ

ce q

ue

je v

ous

dem

ande; et

je

la r

ece

vra

i com

me

un e

ssai de

l'am

itié

que

je v

eux q

ui so

it

entr

e nous.

AD

RA

ST

E:

Il n

e m

'est

pas

per

mis

, à

ces

cond

itio

ns,

de v

ous

rien r

efu

ser;

je

fera

i ce

que

vous

voudre

z.

Sc

ène

17

ZA

ÏDE

, D

ON

DR

E, A

DR

AS

TE

, dans

un c

oin

du t

héâ

tre.

MU

ST

AF

À

Com

e, s

iete

voi, i

l m

arit

o g

elo

so?

FL

OR

IAN

O

Dov’è

, quell

a sc

iagura

ta?

MU

ST

AF

À

Un v

enez

iano g

elo

so c

om

e u

n t

urc

o?!

FL

OR

IAN

O

I venez

iani

sanno f

are

di

tutt

o,

e quand

o v

og

liono e

sser

gel

osi

, lo

sono

venti

volt

e m

egli

o d

i u

n t

urc

o.

MU

ST

AF

À

Cas

pit

a!

Dit

e davver

o?

FL

OR

IAN

O

Non c

erca

te d

i te

rgiv

ersa

re:

l’in

fam

e cr

ede

di aver

tro

vato

qu

i un r

ifug

io

sicu

ro,

ma v

oi si

ete t

ropp

o r

agio

nevole

per

opp

orv

i al

mio

ris

enti

mento

.

Las

cia

te d

unque

che

la t

ratt

i com

e si

mer

ita.

MU

ST

AF

À

Che

dia

volo

! F

erm

ate

vi!

L

’off

esa

è tr

opp

o

pic

cola

per

u

n’i

ra

così

gra

nd

e!

FL

OR

IAN

O

L’i

mp

ort

anza

dell

’off

esa

non s

ta n

ell

’enti

tà d

ell

a cosa

in s

é st

essa

, m

a

nell

’ord

ine

tras

gre

dit

o.

La

dis

obb

edie

nza

che

irri

de

ai

mie

i d

ivie

ti

aggra

va

quals

iasi

pic

cole

zza.

MU

ST

AF

À

Dal

mod

o i

n c

ui

la d

onna

par

lava,

poss

o a

cce

rtar

vi

che

sbag

liò s

enza

mali

zia

e p

er p

ura

dim

enti

canza.

FL

OR

IAN

O

Com

e?

Pig

liat

e la

sua

par

te c

ontr

o d

i m

e?

MU

ST

AF

À

Sen

z’a

ltro

. E

se

des

ider

ate

esse

rmi

gra

to, d

imenti

cat

e la

vost

ra c

oll

era

e

riconcil

iate

vi

con l

ei.

È u

na

gra

zia

che

vi d

om

and

o.

FL

OR

IAN

O

In q

ues

to c

aso…

Ges

to s

ignif

ica

tivo

.

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DO

N P

ÈD

RE

, à Z

aïd

e:

Holà

! venez

. V

ous

n'a

vez

qu'à

me

suiv

re,

et j

'ai

fait

votr

e paix

. V

ous

ne

pou

vie

z j

amais

mie

ux t

om

ber

qu

e chez

moi.

ZA

ÏDE

:

Je vous

suis

ob

lig

ée p

lus

qu'o

n ne

saura

it cr

oir

e;

mais

je

m

'en vais

pre

ndre

mon v

oil

e; j

e n'a

i g

arde,

sans

lui,

de

par

aîtr

e à

ses

yeu

x.

Scèn

e 18

D

ON

DR

E, A

DR

AS

TE

DO

N P

ÈD

RE

:

La

voic

i qu

i s'

en v

a venir

; et so

n â

me,

je

vous

assu

re, a

par

u t

ou

te r

éjo

uie

lors

que

je l

ui

ai d

it q

ue

j'avoir

s ra

ccom

mod

é to

ut.

Non p

oss

o r

ifiu

tare

. L

a vost

ra s

agg

ezza,

poi

è lo

dat

a d

a tu

tti:

far

ò c

om

e

mi consi

gli

ate.

MU

ST

AF

À,

avv

icin

andosi

a Z

aid

a n

asc

ost

a:

Ven

ite,

venit

e p

ure

senza

tim

ore

. H

o f

att

o l

a pace

per

voi.

Le

bell

e che

si r

ivolg

ono a

me

ott

eng

ono s

empre

tutt

o q

uanto

des

ider

ano.

ZA

IDA

La

riconosc

enza

che

vi deb

bo è

infi

nit

a, s

ignore

. M

a l

ascia

te c

he

io v

ada

a ri

pre

nder

e il

mio

velo

, p

erché n

on o

sere

i ri

com

par

irg

li d

inanzi

così

.

Succ

eder

ebb

e u

n v

ero p

andem

on

io.

MU

ST

AF

À,

riavv

icin

andosi

a F

lori

ano:

Ecc

ola

che

sta

per

venir

e. S

e aves

te v

isto

com

e ap

par

iva

feli

ce q

uand

o le

dis

si c

he

tutt

o e

ra a

ccom

odat

o!

Scèn

e 19

IS

IDO

RE

, so

us

le v

oil

e de

Zaïd

e, A

DR

AS

TE

, D

ON

DR

E

DO

N P

ÈD

RE

, à A

dra

ste:

Puis

que

vous

m'a

vez

bie

n v

ou

lu d

onner

votr

e re

ssenti

ment,

tro

uvez

bon

qu'e

n c

e li

eu je v

ous

fass

e to

ucher

dans

la m

ain

l'u

n d

e l'a

utr

e, e

t que tous

deu

x j

e v

ous

conju

re d

e viv

re,

pour

l'am

our

de m

oi,

dans

une p

arfa

ite

unio

n.

AD

RA

ST

E:

Oui, j

e vous

le p

rom

ets,

que,

pour

l'am

our

de

vous,

je

m'e

n v

ais

, avec

ell

e, v

ivre

le

mie

ux d

u m

onde.

DO

N P

ÈD

RE

:

Vous

m'o

bli

gez

sensi

ble

ment,

et

j'en g

arder

ai

la m

ém

oir

e.

AD

RA

ST

E:

Je v

ous

donne

ma

par

ole

, se

igneu

r D

om

Pèd

re, qu'à

votr

e consi

dér

ati

on,

je m

'en v

ais

la

trait

er d

u m

ieux q

u'il

me

sera

poss

ible

.

DO

N P

ÈD

RE

:

C'e

st t

rop d

e grâ

ce q

ue

vous

me

fait

es.

Il e

st b

on d

e pac

ifie

r et

d'a

doucir

tou

jours

les

chose

s. H

olà

! Is

idore

, venez

.

Scen

a IX

E

ntr

a D

AN

IA a

vvo

lta t

utt

a n

el

velo

di

Zaid

a.

MU

ST

AF

À

Poic

avet

e d

imenti

cat

o i

l vost

ro r

isenti

mento

, se

r P

itto

re,

fate

la

pac

e

qui

davanti

a m

e. D

ate

vi

la m

ano e

pro

mett

ete

di

viv

ere

d’o

ra i

nnanzi

nell

a p

iù p

erfe

tta

unio

ne!

FL

OR

IAN

O

Per

la

gra

nde

amic

izia

che

ci

lega…

Con e

nfa

si:

Vi

pro

met

to,

ecc

ell

enti

ssim

o M

ust

afà

, che

viv

con

lei

d’a

more

e

d’a

ccord

o!

MU

ST

AF

À

Tra

ttat

ela

bene,

car

o p

itto

re.

FL

OR

IAN

O

La

tratt

erò i

l m

egli

o c

he

mi

sarà

poss

ibil

e, v

e l’

assi

curo

!

Esc

ono.

MU

ST

AF

À

Ah!

Ah!

Ah!

Rid

e di

gust

o.

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Guar

dat

e u

n p

o’

qu

el

pit

tore

! C

osa

ne

dir

à D

ania

? T

emevo q

uas

i che

se

ne

innam

ora

sse,

ma

così

tutt

o è

accom

odato

. D

ania

! D

ania

! D

ania

!

Cer

cando D

ania

tro

va Z

aid

a.

Scèn

e 20

Z

AÏD

E, D

ON

DR

E

DO

N P

ÈD

RE

:

Com

ment?

que

veu

t d

ire

cela

?

ZA

ÏDE

, sa

ns

voil

e:

Ce

que

cela

veu

t d

ire?

Qu

'un j

alo

ux e

st u

n m

onst

re h

aï d

e t

out

le m

onde,

et q

u'il

n'y

a p

erso

nne

qu

i ne

soit

ravi de

lui nu

ire,

n'y

eût−

il p

oin

t d'a

utr

e

inté

rêt;

qu

e to

ute

s le

s se

rrure

s et

les

ver

rous

du

monde n

e re

tiennent p

oin

t

les

per

sonnes

, et

que

c'e

st l

e cœ

ur

qu'il

fau

t ar

rête

r p

ar l

a d

ouce

ur

et

par

la c

om

pla

isance;

qu'Isi

dore

est

entr

e le

s m

ain

s du c

avali

er q

u'e

lle

aim

e,

et q

ue

vous

êtes

pri

s pour

dup

e.

DO

N P

ÈD

RE

:

Don P

èdre

sou

ffri

ra c

ette

inju

re m

ort

ell

e!

Non,

non:

j'ai

trop d

e cœ

ur,

et

je v

ais

dem

and

er l'a

ppu

i de

la just

ice,

pour

pouss

er le

per

fide

à b

out.

C'e

st

ici

le l

og

is d

'un s

énat

eur.

Holà

!

Scen

a X

M

US

TA

, a Z

aid

a:

Com

e?!

Sie

te a

ncora

qu

i? C

osa

vu

ol d

ire?

ZA

IDA

, se

nza

vel

o:

Vuol

dir

e che

un v

end

itore

di

schia

ve

è od

iato

da

tutt

i, e

che

tutt

i so

no

conte

nti

di

nu

oce

rgli

. V

uol

dir

e che

Dania

è f

ugg

ita

col

cavali

ere c

he

l’am

a, p

er e

sser

e su

a sp

osa

. V

uol

dir

e che s

iete

gab

bat

o,

e gab

bat

o c

oi

fiocc

hi!

Fugg

e vi

a r

iden

do.

MU

ST

AF

À,

con f

uri

a s

empre

cre

scen

te:

A m

e u

n ta

le aff

ronto

? A

m

e, M

ust

afà

? M

a chie

der

ò g

iust

izia

e

la

ved

rem

o!

Cane

mis

cred

ente

! T

i fa

rò i

mpala

re, per

la

bar

ba

di M

aom

etto

!

Ti

farò

im

pala

re!

Chia

mando a

gra

n v

oce

:

Om

ar!

Tale

te!

Ibra

him

! S

ervi!

Schia

vi!

Qu

i su

bit

o!

I se

rvi

acc

orr

ono u

rtando

si.

Se

vole

te c

he

rim

etta

i c

asti

ghi

pro

moss

i all

a vost

ra s

cem

pia

gg

ine

di

stan

ott

e, d

ovet

e,

ora

, fu

lmin

eam

ente

, ra

gg

iunger

e D

ania

e

il p

itto

re

fugg

itiv

i, e

port

arm

eli

qu

i, v

ivi

o m

ort

i. V

ia!

SE

RV

I , d

opo e

sser

si i

nch

inati

all

’ord

ine,

sec

ondo l

’usa

nza

ori

enta

le,

fuggono p

oi

com

e fr

ecc

e p

er a

dem

pie

rlo.

MU

ST

AF

À, si

butt

a a

sed

ere

sul div

ano, e

tira

bocc

ate

furi

ose

dall

a s

ua

lunga p

ipa.

Po

i, s

empre

iro

sam

ente

sbuff

ando,

fum

ando e

ruggen

do,

fa

alc

uni

gir

i p

er l

a s

tanza

ed e

sce.

Scèn

e 21

LE

NA

TE

UR

, D

ON

DR

E

LE

NA

TE

UR

:

Ser

vit

eur,

seig

neu

r D

om

Pèd

re. Q

ue

vous

venez

à p

rop

os!

Scen

a X

I P

er u

n i

stante

la s

cena r

esta

vuo

ta.

Poi,

pre

ceduto

da M

UST

AF

À,

che

ha m

esso

una m

asc

her

a d

’ese

quio

sull

a s

ua r

abbia

, se

nza

tutt

avi

a

com

ple

tam

ente

cela

rla, en

tra i

l gra

n P

ASC

IÀ.

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DO

N P

ÈD

RE

:

Je v

iens

me

pla

indre

à v

ous

d'u

n a

ffro

nt

qu

'on m

'a f

ait

.

LE

NA

TE

UR

:

J'ai

fait

une

mas

cara

de

la p

lus

bell

e du m

onde.

DO

N P

ÈD

RE

:

Un t

raît

re d

e F

rança

is m

'a j

oué

une

piè

ce.

NA

TE

UR

:

Vous

n'a

vez

, dan

s votr

e vie

, ja

mais

rie

n v

u d

e si

bea

u.

DO

N P

ÈD

RE

:

Il m

'a e

nle

une

fill

e q

ue

j'avais

aff

ranchie

.

NA

TE

UR

:

Ce

sont

gens

vêt

us

en M

aure

s, q

ui d

anse

nt

adm

irab

lem

ent.

DO

N P

ÈD

RE

:

Vous

voyez

si

c'e

st u

ne

inju

re q

ui se

doiv

e so

uff

rir.

NA

TE

UR

:

Les

hab

its

mer

veil

leux,

et q

ui so

nt

fait

s ex

prè

s.

DO

N P

ÈD

RE

:

Je v

ous

dem

ande

l'appu

i de

la j

ust

ice

contr

e ce

tte

acti

on.

NA

TE

UR

:

Je

veu

x

qu

e vous

voyez

ce

la.

On

la

va

répét

er,

pour

en

donner

div

erti

ssem

ent

au p

eup

le.

DO

N P

ÈD

RE

:

Com

ment!

De

qu

oi

par

lez−

vous

là?

NA

TE

UR

:

Je p

arle

de

ma

mas

cara

de.

DO

N P

ÈD

RE

:

Je v

ous

par

le d

e m

on a

ffair

e.

NA

TE

UR

:

Je n

e veu

x p

oin

t au

jourd

'hu

i d

'au

tres

aff

air

es q

ue d

e p

lais

ir.

All

ons,

Mes

sieu

rs,

venez

: voyons

si c

ela

ira

bie

n.

DO

N P

ÈD

RE

:

La

pes

te s

oit

du f

ou, avec

sa m

asca

rade!

NA

TE

UR

:

Dia

ntr

e so

it l

e fâ

cheu

x, avec

son a

ffair

e!

MU

ST

AF

À,

con p

rofo

ndi

inch

ini.

Ecc

ell

enza,

deg

nat

evi

di entr

are

nell

a m

ia m

odes

ta a

bit

azio

ne.

PA

SC

IÀ,

riden

do e

ba

tten

dog

li s

ull

e sp

all

e:

Modes

ta, m

i p

are

che

div

enti

davver

o:

non h

o i

ncontr

ato m

anco l’o

mbra

di u

n s

ervo. C

he

ne

avet

e fa

tto!

Li avete

mang

iati

tu

tti?

MU

ST

AF

À

Ah!

Se

l’ecc

ell

enza

vost

ra s

apes

se!

Ho u

na g

rande

gra

zia

da

chie

der

le…

PA

SC

Anch’i

o p

er l

’appu

nto

vi cer

cavo.

MU

ST

AF

À

Aiu

to e

giu

stiz

ia,

eccell

enza,

per

un a

ffro

nto

mort

ale

!

PA

SC

IÀ,

senza

badare

aff

att

o a

lle

quer

imonie

di

Must

afà

:

Dunque

vi

cerc

avo p

er a

nnu

nzia

rvi

che

ho c

om

bin

ato

una

mas

cher

ata,

una

fest

a m

agnif

ica.

C

i ver

rete

con qualc

he

bell

a sc

hia

va.

N

e av

ete

sem

pre

qualc

una

in s

erb

o,

eh, bri

ccone?!

MU

ST

AF

À

Appu

nto

, vi

vole

vo d

ire…

PA

SC

Me

lo d

iret

e p

oi, a

mic

o m

io.

Sar

à u

no s

pet

tacolo

mag

nif

ico,

ecli

sser

à

tutt

i g

li a

ltri

!

MU

ST

AF

À

Ecc

ell

enza,

quel

trad

itore

mi

ha

gio

cato

la

com

med

ia.

PA

SC

IÀ,

sem

pre

più

dis

tratt

o, p

ensa

ndo s

olo

ai

casi

suoi.

Ma

che

com

med

ia!

Una

mas

cher

ata

, vi d

ico!

Ne

fare

mo u

na

pro

va

pri

ma

di pre

senta

rla

al

Su

ltano!

MU

ST

AF

À

Ma,

Ecc

ell

enza,

io c

hie

devo i

l vost

ro a

pp

ogg

io…

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Scèn

e 22

UN

NA

TE

UR

, T

RO

UP

E D

E D

AN

SE

UR

S

EN

TR

ÈE

DE

BA

LL

ET

Plu

sieu

rs d

anse

urs

, vê

tus

en M

aure

s, d

anse

nt

dev

ant

le s

énate

ur,

et

finis

sent

la c

om

édie

.

Scen

a X

II

Entr

ano i

ser

vi c

on F

LO

RIA

NO

, D

AN

IA, A

LÌ,

e Z

AID

A, pri

gio

nie

ri.

MU

ST

AF

À

Ecc

oli

! E

ccoli

! A

h!

Bri

ganti

! O

ra c

i si

ete!

Ecce

llenza…

PA

SC

Toh!

Toh!

Ma

qu

esto

è i

l cavali

er F

lori

ano!

Am

ico m

io,

che

pia

cere

di

incontr

arvi

qu

i!

FL

OR

IAN

O

Ma

sono d

avver

o f

eli

ccis

sim

o, E

cce

llenza!

Per

mett

ete

che

io v

i pre

senti

la m

ia s

posa

.

MU

ST

AF

À

Mac

ché

sposa

d’E

git

to!

PA

SC

IÀ,

senza

badarg

li.

Oh!

Com

pli

menti

benis

sim

o!

Vi

invit

o a

mb

edue

all

a m

ia f

esta

. V

edre

te!

Una

fest

a m

agnif

ica!

MU

ST

AF

À,

com

ple

tam

ente

fuori

da

i gangher

i.

Per

la

bar

ba

di

Maom

etto

, non ve

la pas

sere

te li

scia

così

, fu

rfanti

!

Ecc

ell

enza,

m

a ques

ta

è la

sc

hia

va

che

vi

avevo pro

mes

so,

e quel

trad

itore

l’h

a ra

pit

a e

ha

tenta

to d

i fu

gg

ire

con l

ei!

FL

OR

IAN

O

Un M

issi

onar

io c

i ha

sposa

ti o

r ora

sec

ond

o il ri

to c

rist

iano. È

mia

mog

lie

e la

dif

ender

ò a

spad

a tr

atta

.

Sguain

a l

a s

pada e

i s

ervi

lo t

ratt

engono.

DA

NIA

, pia

ngen

do s

i g

etta

ai

pie

di

del

Pasc

ià:

Ecc

ell

enza,

pie

tà, p

ietà

! C

i am

iam

o t

anto

!

Sin

ghio

zza.

PA

SC

Las

cia

teli

lib

eri. A

h!

Che

bell

a com

med

ia!

MU

ST

AF

À,

alz

a l

e bra

ccia

al

cie

lo d

isper

ato

.

PA

SC

In v

erit

à com

pre

nd

o c

he

Must

afà

si d

isper

i! C

he

tiro

bir

bone!

Ah!

Ah!

Che

tiro

bir

bone!

Cavali

ere

Flo

riano,

l’avete

ris

chia

ta b

ell

a!

FL

OR

IAN

O

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Tutt

o s

i ar

risc

hia

, E

ccell

enza,

quan

do s

i am

a.

Pre

nd

e per

mano D

ania

e l

’att

ira a

sé.

PA

SC

E l

’ogg

etto

di

tanto

fu

oco n

e è

ben d

egno!

Pensa

re c

he

era

des

tinat

a a

me!

Vec

chio

Must

afà

, ti

rin

gra

zio

egu

alm

ente

per

il

buon g

ust

o c

he

mi

attr

ibu

ite.

In

alt

ra

cir

cost

anza

vi

avre

i ap

pogg

iato

, m

a ogg

i…

Mi

spie

gher

ò:

ho fa

tto la

p

ace con la

m

ia

mog

lie fa

vori

ta:

un fi

ore

d

i

bell

ezza,

m

a u

n

cara

tter

e…

Inso

mm

a,

quand

o

si

dic

e le

d

onne…

Del

izio

sa p

erò e

sono a

l colm

o d

ell

a gio

ia.

Le

ho o

ffer

to u

na

per

la e

d è

pre

cis

amente

in s

uo o

nore

che

vog

lio d

are

qu

esta

fest

a. M

a se

port

assi

un’a

ltra

donna

nell

’Har

em,

e u

na

donna d

i così

gra

nd

e bell

ezza,

mi

cap

irete

FL

OR

IAN

O

Tro

pp

o g

iust

o!

MU

ST

AF

À

Per

ò c

hi

ci

va

di m

ezzo s

ono i

o!

PA

SC

Eh!

Vecc

hia

volp

e!

Ogg

i a m

e, d

om

ani a

te!

Pre

nd

i in

tanto

qu

esta

bors

a,

se t

i può c

onso

lare

!

MU

ST

AF

À,

inch

inandosi

:

Gra

zie

, gra

zie

, E

ccell

enza!

Sono v

ost

ro s

ervo u

mil

issi

mo,

sem

pre

ag

li

ord

ini

vost

ri!

PA

SC

All

ora

, band

o all

e m

ali

nconie

e

pensi

amo all

a nost

ra fe

sta!

Avanti

,

dan

zat

rici

e danzat

ori

!

Entr

ano d

anza

ndo.

Su v

enit

e, g

aio

stu

olo

,

dan

zat

rici

e danzat

ori

!

Fuggan

lu

ng

i noia

e d

uolo

E l

a g

ioia

reg

ni

og

nor.

No, pensi

eri

non v

og

li’i

o

Che

non s

iano d

i p

iace

r,

poic

bre

ve

è il

gio

rno m

io

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vo’

tras

corr

erlo

a g

ioca

r.

CO

RO

Ove

giu

ng

e il

Gra

n P

ascià

regna

la f

eli

cit

à;

in d

olc

e so

gno v

ivet

e og

nor

voi

che

cong

iunse

nod

o d

’am

or.

PA

SC

Sap

ete,

g

iovani

amic

i,

cosa

vag

heg

gio

? C

he

le

vost

re

mog

li

sian

o

regalm

ente

fes

tegg

iate

in c

asa

mia

. E

per

ques

to v

i in

vit

o t

utt

i.

FL

OR

IAN

O

Ecc

ell

enza,

la

mia

am

iciz

ia p

er v

oi

cres

ce a

mil

le d

oppi e

non s

o d

irvi

la

mia

ric

onosc

enza.

DA

NIA

Gra

zie

, m

agnif

ico s

ignore

, gra

zie

!

Si

inch

ina a

ba

ciarg

li l

a v

este

.

PA

SC

IÀ,

la r

ialz

a s

orr

iden

do e

la c

onduce

a F

lori

ano:

Non

siat

e gelo

so

dell

a m

ia

ves

te,

gio

vane

am

ico.

Las

cio

a

voi

la

rest

ituzio

ne

del

bac

io.

Dania

e F

lori

ano s

i abbra

ccia

no.

DA

NIA

e F

LO

RIA

NO

Cad

ono a

lfin

le

lugubri

cate

ne

E n

e ri

cin

ge

in d

olc

i nod

i am

or!

La

vit

a sc

hiu

de

a noi

le s

ue

sere

ne

Vis

ioni d

i d

olc

ezza

e di sp

lend

or.

In a

lto i

cu

ori

! L

’alb

a è

giu

nta

alf

ine,

alb

a d

i li

ber

tà,

luce

d’a

more

!

PA

SC

Evviv

a g

li s

posi

!

MU

ST

AF

À,

agit

ando l

a b

ors

a.

Evviv

a noi!

CO

RO

Viv

a!

Viv

a!

Viv

a g

li s

posi

!

Tutt

i so

no t

rasc

inati

nel

la v

ort

icosa

ronda f

ina

le.

DA

NIA

e F

LO

RIA

NO

, abbra

ccia

ti e

dim

enti

chi

di

tutt

o:

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Luce

d’a

mor!

Sip

ari

o.

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Philosophische Fakultät Studiendekanat

Universität Zürich

Philosophische Fakultät

Studiendekanat

Rämistrasse 69

CH-8001 Zürich

www.phil.uzh.ch

Selbstständigkeitserklärung

Hiermit erkläre ich, dass die Masterarbeit von mir selbst ohne unerlaubte Beihilfe verfasst worden ist

und ich die Grundsätze wissenschaftlicher Redlichkeit einhalte (vgl. dazu:

http://www.uzh.ch/de/studies/teaching/plagiate.html).

...................................................................................................................................................................

Ort und Datum Unterschrift

Zürich, 6 Januar 2017