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La crisi del Rinascimento «Manierismo» e «Maniera» Nel Rinascimento maturo il classicismo, da ideale vagheggiamento di un modello insuperato, era divenuto ormai un'acquisizione consapevole, anche grazie alla nascente archeologia che aveva permesso una più profonda conoscenza dell’arte antica studiando direttamente le rovine, oltre che le fonti e i testi letterari. Soprattutto attraverso l'opera dei grandi maestri, come Leonardo, Raffaello e Michelangelo il classicismo si era fatto poi concreto raggiungimento. Ma il momento massimo di equilibrio e di misura proprio perché era stata raggiunto venne immediatamente oltrepassato. Agli esordi del Cinquecento (specialmente a partire dal secondo decennio), infatti, già si fanno palesi nelle manifestazioni artistiche i primi segni di una crisi che maturerà nel corso del secolo, crescendo in parallelo con il clima di instabilità determinato da una situazione storica ed economica sempre più incerta e difficile, e che vedrà l'Italia funestata da guerre e invasioni; il culmine coincide con il Sacco di Roma del 1527, iniziato il 6 maggio 1527 (e protrattosi per nove mesi, fino al febbraio 1528) ad opera delle milizie spagnole e di un nutrito contingente di mercenari lanzichenecchi di Carlo V, che in tal modo volle punire il papa Clemente VII per aver aderito alla Lega di Cognac 1 . L'intera Europa sarà di lì a poco percorsa dai fermenti della Riforma protestante, che implicava una nuova più tormentata concezione dell’uomo e della sua salvezza e che, spezzando l'unità dei cristiani, provocherà la reazione controriformista della Chiesa, impegnata nel tentativo di arginare e ricondurre a sé quei fermenti stessi. I valori stessi alla base della civiltà rinascimentale, quegli ideali di perfezione, monumentalità, splendore ed equilibrio cominciano a incrinarsi, a mostrarsi nella loro inadeguatezza e retorica artificiosità, in contrasto con una realtà sempre più precaria e miseranda; per di più la consapevolezza di aver raggiunto, soprattutto attraverso le realizzazioni dei "divini" maestri, vertici percepiti come ineguagliabili, dà luogo alla diffusa inquietudine che attraversa le manifestazioni e le coscienze degli artisti dell’ultimo Rinascimento. Il termine "manierismo" appare per la prima volta, applicato alla pittura del pieno cinquecento e con senso negativo, nella Storia pittorica d'Italia di Luigi Lanzi (1795-1796); mentre il termine "maniera, nell'uso quattro-cinquecentesco, è semplicemente sinonimo di "stile", senza connotazioni positive o negative. In questo senso lo usa Vasari nelle Vite, testo in cui si trova la prima definizione teorica dei caratteri del Manierismo. Vasari, tracciando nei proemi (cioè nelle introduzioni) alle tre parti in cui sono divise le Vite un profilo della storia dell'arte italiana dalla fine del XIII secolo fino ai suoi tempi, 1 La Lega di Cognac fu un accordo tra papato, monarchia inglese, monarchia francese e Repubblica di Venezia contro l'imperatore Carlo V di Spagna.

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La crisi del Rinascimento«Manierismo» e «Maniera»Nel Rinascimento maturo il classicismo, da ideale vagheggiamento di un modello insuperato,era divenuto ormai un'acquisizione consapevole, anche grazie alla nascente archeologia cheaveva permesso una più profonda conoscenza dell’arte antica studiando direttamente lerovine, oltre che le fonti e i testi letterari. Soprattutto attraverso l'opera dei grandi maestri,come Leonardo, Raffaello e Michelangelo il classicismo si era fatto poi concretoraggiungimento. Ma il momento massimo di equilibrio e di misura proprio perché era stataraggiunto venne immediatamente oltrepassato.

Agli esordi del Cinquecento (specialmente a partire dal secondo decennio), infatti, già sifanno palesi nelle manifestazioni artistiche i primi segni di una crisi che maturerà nel corso delsecolo, crescendo in parallelo con il clima di instabilità determinato da una situazione storicaed economica sempre più incerta e difficile, e che vedrà l'Italia funestata da guerre einvasioni; il culmine coincide con il Sacco di Roma del 1527, iniziato il 6 maggio 1527 (eprotrattosi per nove mesi, fino al febbraio 1528) ad opera delle milizie spagnole e di un nutritocontingente di mercenari lanzichenecchi di Carlo V, che in tal modo volle punire il papaClemente VII per aver aderito alla Lega di Cognac1.

L'intera Europa sarà di lì a poco percorsa daifermenti della Riforma protestante, che implicava unanuova più tormentata concezione dell’uomo e dellasua salvezza e che, spezzando l'unità dei cristiani,provocherà la reazione controriformista della Chiesa,impegnata nel tentativo di arginare e ricondurre a séquei fermenti stessi.

I valori stessi alla base della civiltà rinascimentale,quegli ideali di perfezione, monumentalità, splendoreed equilibrio cominciano a incrinarsi, a mostrarsi nellaloro inadeguatezza e retorica artificiosità, in contrastocon una realtà sempre più precaria e miseranda; perdi più la consapevolezza di aver raggiunto, soprattuttoattraverso le realizzazioni dei "divini" maestri, verticipercepiti come ineguagliabili, dà luogo alla diffusainquietudine che attraversa le manifestazioni e lecoscienze degli artisti dell’ultimo Rinascimento.

Il termine "manierismo" appare per la prima volta,applicato alla pittura del pieno cinquecento e consenso negativo, nella Storia pittorica d'Italia di

Luigi Lanzi (1795-1796); mentre il termine "maniera, nell'uso quattro-cinquecentesco, èsemplicemente sinonimo di "stile", senza connotazioni positive o negative. In questo sensolo usa Vasari nelle Vite, testo in cui si trova la prima definizione teorica dei caratteri delManierismo.

Vasari, tracciando nei proemi (cioè nelle introduzioni) alle tre parti in cui sono divisele Vite un profilo della storia dell'arte italiana dalla fine del XIII secolo fino ai suoi tempi,

1 La Lega di Cognac fu un accordo tra papato, monarchia inglese, monarchia francese e Repubblica di Venezia control'imperatore Carlo V di Spagna.

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distingue tre fasi evolutive e definisce l'ultimo periodo, a lui contemporaneo, "manieramoderna".

La cosiddetta «maniera moderna» o «bella maniera», è incarnata nelle opere di Leonardo,Raffaello e Michelangelo che, nell'intento di imitare la natura, avrebbero superato la naturastessa attraverso una selezione dei modelli naturali, raggiungendo la bellezza ideale eoltrepassando persino gli antichi. Il loro stile era divenuto quindi la «maniera» pereccellenza, cui avrebbero dovuto riferirsi quanti si fossero accinti all'operare artistico e dicui Vasari stesso si era fatto interprete nella sua pittura: non più la natura o l'arte degliantichi avrebbero costituito oggetto di imitazione, ma le opere insuperate di quegli artisti.

Questo nuovo concetto di imitazione conduce a un'idea dell'arte come rappresentazione diun'immagine indipendente dalla natura; le regole, i canoni, i limiti, fissati prima sullanatura, si codificano ora a partire dalle opere e dallo stile dei grandi maestri diligen-temente e rigorosamente studiati; necessario appare, infatti, un certo grado di licenza alfine di consentire, all'interno della regola, l'acquisizione di un tratto distintivo,un'autonomia, un margine d'invenzione, che possa variarla o arricchirla: è nella dialetticatra «regola» e «licenzia» che si pone dunque la stagione della maniera cinquecentesca.

Caratteristiche abbastanza ricorrenti nelle opere pittoriche manieriste, più o menoapprezzate nei tempi successivi, furono:

una costruzione della composizione complessa, molto studiata, fino ad essereartificiosa, talvolta con distorsioni della prospettiva, con eccentricità nelladisposizione dei soggetti; tipica è la figura serpentina, cioè realizzata come lafiamma di un fuoco o una s;

un uso importante della luce, finalizzato a sottolineare espressioni e movimenti, acosto di essere a volte irrealistico;

grande varietà di sguardi ed espressioni, normalmente legate al soggetto e allasituazione rappresentata: talora intense, dolorose, a volte assenti, metafisiche, avolte maestose, soprannaturali;

grande varietà nelle pose, che come quelle di Buonarroti intendono suggeriremovimenti, stati d'animo, e quando richiesto la soprannaturalità del soggetto;

anche i colori delle vesti, ma talvolta anche degli sfondi, consentono di staccarsidalle tinte più comuni in natura e portare l'effetto di tutta l'opera su coloriture piùartefatte e insolite.

Sono manieristi grandi pittori come gli italiani Rosso Fiorentino, Pontormo e Tintoretto, ilfiammingo Bruegel, lo spagnolo (ma di origine cretese) El Greco, e, nella letteratura, poeticome Torquato Tasso, narratori come lo spagnolo Cervantes, drammaturghi comeShakespeare. Il Manierismo riflette la crisi del Rinascimento, senza uscire del tutto dalmondo rinascimentale.

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LE OPERE DELL'ARTE

Deposizioni a confronto

Due opere, un solo tema

Nel terzo decennio del secolo, al culmine di quella fase di sperimentalismo anticlassicogeneratasi all'interno dell'ambiente artistico fiorentino, Rosso Fiorentino e ilPontormo realizzano due grandi opere dal medesimo soggetto, universalmenteritenute i capolavori sommi della loro produzione pittorica. Si tratta di dueDeposizioni, entrambe eseguite a olio su tavola, centinate e di misure pressoché iden-tiche: 341x201 centimetri quella di Rosso, oggi alla Pinacoteca Civica di Volterra, e313x196 l'altra, ancora collocata nella sua sede originaria, la Cappella Capponidella chiesa di Santa Felicita a Firenze.

L'esasperazione formale di Rosso Fiorentino

La Deposizione di Giovan Battista diJacopo, detto Rosso Fiorentino, vieneeseguita per l’altare della Cappella dellaCroce di Giorno nella chiesa di SanFrancesco a Volterra. Lo spazio, costruitocon molta libertà rispetto alle regole e alleconvenzioni canoniche, si definisce attornoalla grande croce, posta esattamente alcentro, sulla quale l'artista ha poggiato trescale a pioli. In concitata agitazione, quasiarrampicati sulla croce, Giuseppe d'Arima-tea e Nicodemo dirigono le operazionirelative al recupero del corpo di Gesù, alquale attendono due giovani, uno colto dispalle a sinistra mentre sostiene le gambedel Cristo, l'altro dal lato opposto mentrene abbraccia il busto. Un terzo, sulladestra, tiene ferma una delle scale conambo le mani e rivolge uno sguardoatterrito a Maria Maddalena che, coninvenzione nuovissima, si prostra a terra eabbraccia le ginocchia di Maria. Comeincapace di sostenere l'espressione di tantodolore, il ragazzo sgrana gli occhi, corrugala fronte e spalanca la bocca.Sul gesto di Maria Maddalena èconcentrata anche l'attenzione delle piedonne che affiancano e sostengono laVergine quasi priva di sensi, mentreGiovanni si copre completamente il voltocon le mani e volge la schiena a tutti glialtri personaggi che animano la scena.

Rosso fiorentino, Deposizione, 1521, olio su tavola,341x201 cm, Volterra, Pinacoteca Civica

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Un'intensa e drammatica angoscia, una vera e propria disperazione, caratterizzano comenon mai la rappresentazione, stagliata su un fondo monocromo che sembra smaltato einnaturale. È una tensione drammatica che non concede nulla alla naturalezza e allaverosimiglianza, e anzi - senza perdere alcuna credibilità - tende alla rappresentazione

scenica, a una dimensione quasi teatrale.All'artificio della costruzione spaziale si aggiungel'irrazionalità dell'illuminazione: i lampi improvvisi e gliscuri profondi non hanno alcuna logica ragion d'essere,se non quella legata alla loro funzione espressiva. Laluce disegna piani spigolosi, netti, affilati, conferendoalle figure e ai panneggi improbabili formegeometrizzanti.I colori, aspri, disarmonici, inconsueti, confermano inchi guarda il sospetto di trovarsi di fronte a una visioneo, addirittura, a un'allucinazione. In questo contestoben si giustificano i tratti nordici con i quali sonocaratterizzate le figure guizzanti sulle scale, la cuiforzatura espressiva si avvicina alla caricatura.

Lo sperimentalismo del Pontormo

Tutt'altra atmosfera pervade la pocopiù tarda tavola di Jacopo Carrucci,detto il Pontormo (dalla cittadinaPontorme, non lontana da Firenze),realizzata fra il 1526 e il 1528, su com-missione del banchiere fiorentinoLudovico Capponi.

La croce, che inquadrava lacomposizione di Rosso, qui noncompare affatto; non ci sono oggetti osquarci di natura a distrarre gli occhidal viluppo di corpi e vesti che animala superficie, fatta salva la nuvolettagrazie alla quale possiamo azzardarci achiamare cielo il fondo di lavagna,uniforme e pesante, calato alle spalledei personaggi.

La violenza della tragedia cede il passoall'incantamento di un tempo sospeso,il dolore non squassa i corpi e non al-tera i gesti ma strazia l'animo e lasciaincreduli, attoniti, pervasi daun'amarezza profonda, inesprimibile.

Pontormo, Deposizione, 1526-28, olio su tavola,313x192 cm, Firenze, Chiesa di Santa Felicita,Cappella Capponi

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Il corpo di Cristo, pallido ma ancora privodel livore, della freddezza e della rigiditàdella morte, è sorretto da due giovanetti inpose poco ortodosse, il cui sguardoattonito è rivolto verso l'osservatore,mentre due ragazze ne tengono, con unadelicatezza estrema, la testa e la manosinistra. Vi si oppone, dall'altro lato, lamole ampia, ma non massiccia, dellaVergine, al cui dolore si cerca di prestareinutile soccorso.

I colori sono stranamente chiari, quasipastello, acerbi, con tonalità che spazianodagli arancione ai gialli, dai rosa agliazzurri e ai verdi.

La raffinata dissonanza delle tinte rendeancora più sorprendenti le fogge degli abitiche talvolta ricoprono, in un turbinare dipanneggi, il corpo fino a nascondernequasi le forme, e talvolta vi aderisconoinvece come una seconda pelle.

Altri elementi caratteristici

1. La scena si svolge su uno sfondo

innaturale, riconoscibile come cielo per

la sola presenza di una piccola nuvola

in alto a sinistra;

2. In san Giovanni diviene evidente la

scelta del pittore di realizzare le vesti

come se fossero dipinte sul corpo nudo;

3. La Vergine, avvolta in un vaporoso

manto celeste, domina il gruppo di

figure sulla destra con la sua mole;

4. Il groviglio di mani che sostengono la

testa di Gesù è il centro compositivo

dell'opera;

5. Il giovane inginocchiato in primo piano

si appoggia su un drappo, che non ha

concretezza materiale.