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LA COSTRUZIONE DI YACHTS E MEGAYACHTS IL MODELLO VIAREGGIO ASPETTI DI PREVENZIONE a cura di Luciano Del Corto

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LA COSTRUZIONE DI YACHTS E

MEGAYACHTS

IL MODELLO VIAREGGIO

ASPETTI DI PREVENZIONE

a cura di

Luciano Del Corto

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Orbene poi che noi fummo discesi alla nave ed al mare, per prima cosa al mare

divino spingemmo la nave, e nella nera nave ponemmo albero e vele, e prese le

bestie, su le facemmo salire, e noi stessi montammo angosciati versando pianto

copioso.

Allora dietro la nave dalla prora turchina Circe dai bei capelli, terribile dea

cantatrice, a noi favorevole vento mandava che gonfia le vele, compagno

eccellente. E noi dopo avere disposto lungo la nave ogni singolo attrezzo,

stavamo a sedere; ed il vento e il pilota guidavan la nave.

Di essa, che andava sul mare, per tutto il giorno le vele eran state distese. Il sole

s’immerse e tutte le strade s’empivano d’ombra, ed essa giungeva ai confini là

dove scorre con l’acque profonde l’Oceano. Omero, X secolo a.C

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Questa pubblicazione è stata resa possibile per il lavoro e la preziosa

collaborazione di:

CARLO GRANCHI e LIDO MORICONI per la descrizione del ciclo

produttivo della costruzione e dell’allestimento di imbarcazioni da

diporto in ferro e lega leggera;

ENRICO GALILEO CATELANI per la descrizione del ciclo produttivo

della costruzione imbarcazioni in vetroresina;

PAOLO SACCARDI per i dati di igiene industriale;

LUCIA BRAMANTI per i dati sugli infortuni;

ROBERTO IACOMETTI per l’analisi della Legge 123 del 2007;

MARIA ROSARIA LIBONE per la veste grafica e letteraria;

SABRINA POLITI per la correzione dei testi;

RITA ANSUINI per il coordinamento.

Si ringraziano l’Azienda USL 12 Viareggio, l’Amministrazione

Provinciale di Lucca e la HPM Divisione Nautica per il contributo

alla realizzazione della pubblicazione.

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PREMESSA

Il servizio di prevenzione nei luoghi di lavoro dell’azienda USL, in

Versilia, ha sempre effettuato attività importanti di controllo e vigilanza

nei cantieri navali, fin dalla sua istituzione. Prima del 1982 esisteva a

Viareggio un analogo servizio che non disponeva dei poteri di vigilanza

(allora di competenza dell’Ispettorato del Lavoro), ma effettuava indagini

di igiene industriale e sanitarie su richiesta delle parti sociali, per

promuovere migliori condizioni di lavoro.

Negli anni ‘88 – ‘90 fu realizzato un piano mirato di intervento nella

cantieristica in ferro viareggina che portò alla redazione di un manuale

sulla sicurezza e l’igiene delle lavorazioni, alla realizzazione di numerosi

corsi di formazione per gli operai di cantiere e i preposti/capisquadra e ad

un convegno di rilevanza nazionale che servì a fare il punto sulle

lavorazioni di cantiere e la protezione della salute e della sicurezza dei

lavoratori.

Negli anni ’90 – ‘92 fu realizzato un analogo piano mirato di intervento

nella cantieristica da diporto in vetroresina, culminato anch’esso in un

convegno di rilevanza nazionale “Rischi e bonifiche nella costruzione di

imbarcazioni in vetroresina”.

Da allora i due grossi cantieri di costruzione di imbarcazioni in ferro di

tipo commerciale hanno cessato l’attività; è rimasta e si è sviluppata

vertiginosamente la produzione di imbarcazioni da diporto di alta qualità.

In particolare si è sviluppata la produzione di grandi imbarcazioni da

diporto di lusso che sono un’importante fonte di esportazione: l’Italia è il

maggiore produttore mondiale di megayacht, il comprensorio di

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Viareggio è maggior produttore italiano e rappresenta anche un “marchio

internazionale di qualità”.

Quindi la cantieristica navale da diporto è un polo produttivo importante

e coinvolge una significativa quota di popolazione lavorativa, impegnata

sia direttamente che nell’indotto.

La produzione avviene con il preponderante apporto di ditte in appalto:

l’organizzazione produttiva prevede un cantiere madre (nel 2005 ne

avevamo censiti n. 38) che sovrintende e coordina le lavorazioni e un

numero rilevante di ditte specializzate nell’effettuare una fase specifica di

lavoro, nell’allestire impianti tecnici e accessori e nel realizzare

arredamenti e finiture (circa n. 700 ditte in appalto).

Malgrado le trasformazioni produttive intercorse, una “certa cultura della

prevenzione” è presente nelle aziende anche come risultato dell’attività

pubblica di promozione, controllo e vigilanza. I risultati conseguiti

sembrano però ancora instabili per effetto della mutevolezza dei luoghi di

lavoro (ogni imbarcazione è un nuovo cantiere di lavoro da organizzare e

mantenere in sicurezza), dell’incombere continuo delle scadenze di

consegna e soprattutto per l’ingresso in produzione di una percentuale

rilevante di ditte d’appalto e di mano d’opera sempre nuovi.

In questo quadro riteniamo utile pubblicare un lavoro messo a punto dal

Dott. Luciano Del Corto (tecnico di prevenzione dell’U.F. PISLL) in

occasione della sua tesi di laurea. Per la pubblicazione il testo della tesi è

stato revisionato, aggiornato e ampliato con il contributo del Servizio

PISLL.

Si tratta di una analisi del comparto produttivo rispetto ai rischi per la

sicurezza e la salute dei lavoratori alla luce dell’esperienza complessiva

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maturata in tanti anni di attività del servizio pubblico; può risultare utile

per diffondere la cultura della prevenzione in cantiere tra gli studenti

delle scuole tecniche che guardano ai cantieri come sbocco professionale,

tra i lavoratori del comparto che ricoprono un ruolo tecnico dirigente, tra

i Rappresentanti dei Lavoratori per la sicurezza, tra chiunque, non avendo

una conoscenza professionale specifica, voglia sapere di prevenzione nei

cantieri navali di Viareggio.

Il lavoro si articola in quattordici capitoli che trattano la descrizione del

contesto produttivo, le fasi lavorative con i rischi ad esse collegati, i

problemi di coordinamento delle attività ed alcune caratteristiche proprie

del distretto produttivo come le lavorazioni a banchina.

Alcuni aspetti sono stati trattati con una particolare attenzione e

riguardano l’esposizione a stirene durante la costruzione di scafi, coperte

e sovrastrutture e alcuni aspetti dell’organizzazione del lavoro.

Nel volume si analizzano anche le figure dei lavoratori partecipi alla

filiera produttiva e le novità introdotte dalla legge 123 del 2008.

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INDICE

INTRODUZIONE 10

1 IL DISTRETTO PRODUTTIVO DI VIAREGGIO ..............................Cenni storici 15 Produzione 16 Costruzioni in metallo e lega leggera 17 Costruzioni in vetroresina ed altro materiale composito 17 Costruzioni in legno 18 Allestimento 18 Indotto 19 Dimensioni occupazionali 20 Capacità produttiva 22 Mercato 23 Filiera produttiva 25

2 LA COSTRUZIONE DI IMBARCAZIONI IN METALLO.........................................................................................................Descrizione ciclo produttivo 28 Attrezzature utilizzate 32 Rischi presenti 32 Misure di prevenzione e protezione 33

3 COSTRUZIONI IN VETRORESINA ED ALTRI COMPOSITI......................................................................................................Descrizione ciclo produttivo 37 Costruzione del manichino 37 Costruzione stampo 39 Laminazione 42 Assemblaggio 44 Carrozzeria 45 Attrezzature utilizzate 46 Rischi presenti 47 Solventi 49 Misure di prevenzione e protezione 54

4 IL RISCHIO STIRENE............................................................................

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Indagini di igiene industriale in Versilia 58 Studi per ridurre l’esposizione a stirene 68 Resine a basso contenuto di stirene 69 Infusione sottovuoto 69 Impianti di aspirazione 71 Trasporto tra cantieri 79 Trasporto su gomma 80 Trasporto via mare 81 Trasporto su gomma e mare 83 Trasporto per varo finale 83 Rischi e misure di sicurezza 84

6 LA MESSA IN SICUREZZA DELL’IMBARCAZIONE ................................................................................Ponteggio e protezioni 88 Installazione impianti illuminazione 88 Dislocamento presidi antincendio e cartellonistica 90 Predisposizioni impianti di aspirazione 90 Rischi e misure di sicurezza 91

7 I LAVORI DI ALLESTIMENTO............................................................Compartimentazione 93 Verniciatura 95 Impiantistica 100 Carpenteria e falegnameria 103 Apparati motore e tecnologici 106 Attrezzature utilizzate 112 Rischi presenti 113 Misure di prevenzione e protezione 114

8 IL COORDINAMENTO DELLE ATTIVITÀ .......................................Organizzazione del lavoro 119 Modelli di gestione 122 Ges.Si.Ca. 126

9 LE LAVORAZIONI A BANCHINA.......................................................Dimensioni 129 Aree utilizzate 131 Il nuovo porto di Viareggio 132

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La presenza del personale di bordo 135 Gli impianti elettrici 135 Attrezzature e rischi 140 Le lavorazioni sui piazzali 140

10 LE PROVE A MARE................................................................................Gli adempimenti per le prove a mare 145

11 L’OSSERVATORIO INFORTUNI.........................................................Premessa 148 Eventi infortunistici in cantieristica 2000/2006 149 Analisi degli infortuni 153

12 I LAVORATORI.......................................................................................Lavoratori ad alta specializzazione 155 Lavoratori di media specializzazione 157 Lavoratori di bassa specializzazione 158 Forme di lavoro flessibile 159 Lavoratori migranti 166 Turnover 168 La percezione del rischio 169 I Rappresentanti dei Lavoratori 170

13 MIGLIORARE LA SICUREZZA ...........................................................Il ruolo dei preposti 175 La formazione 176 La gestione delle emergenze 179 Gli stranieri 181

14 NUOVI OBBLIGHI DI TUTELA DELLA SICUREZZA E SALUTE DEI LAVORATORI ............................................La legge 123/2007 183 Analisi di alcune novità normative 185 Il documento unico di valutazione delle interferenze (DUVRI) 187 I costi della sicurezza 193 Analisi riferita al contesto della cantieristica viareggina 197 BIBLIOGRAFIA 203

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INTRODUZIONE Parlare di problematiche di sicurezza nella cantieristica navale da diporto

non è un compito facile in quanto sono tanti gli aspetti da analizzare

come sono tante le problematiche da affrontare. Parlarne, riferendosi al

distretto produttivo di Viareggio, è ancora più difficile per le

caratteristiche del distretto stesso.

Un intervento ispettivo in materia di igiene e sicurezza del lavoro in un

cantiere navale di Viareggio non si può limitare alla verifica del rispetto

delle norme legislative in quanto i rischi non sono solamente dovuti al

mancato rispetto della normativa stessa, ma spesso sono la conseguenza

di azioni diverse, eseguite da lavoratori dipendenti di imprese presenti in

cantiere ad eseguire lavori in appalto con la conseguente possibilità che la

sovrapposizione delle stesse possa introdurre ulteriori elementi di rischio.

Questa situazione produttiva può far capire come sia complicato

analizzare le prevenzione in tale contesto, che si ripete in tutti cantieri del

distretto, dove la produzione viene effettuata per circa il 90% da

lavoratori dipendenti di ditte in appalto mentre i dipendenti dei cantieri

svolgono quasi esclusivamente mansioni di controllo sulla qualità e

servizi logistici (trasporto, movimentazione, ecc.); ciò comporta

un’accurata analisi delle situazioni a rischio ed impone di entrare in

merito all’organizzazione della sicurezza nella produzione.

Un altro aspetto preventivo, stante la particolarità delle imbarcazioni

prodotte nel nostro distretto, è quello dovuto al rischio di esposizione ad

agenti chimici; in particolare lo stirene che viene utilizzato nella fase di

costruzione di scafi, coperte e sovrastrutture in vetroresina. In questa fase

produttiva, la lavorazione viene effettuata con impianti di bonifica

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ambientale vecchi, poco efficienti ed inefficaci a garantire la bonifica

degli ambienti di lavoro.

Per tale motivo gli addetti devono far ricorso all’utilizzo di Dispositivi di

Protezione e Individuali (DPI) per poter tutelare la propria salute.

Molto spesso questa soluzione non è sufficiente e vengono rilevati, sui

lavoratori, valori superiori al limite dell’indice di esposizione biologica,

indicati in letteratura, dall’American Conference of Governmental

Industrial Hygienists (ACGIH): 400 mg di acido mandelico più

fenilgliossilico per grammo di creatinina nelle urine di fine turno

lavorativo.

Altro fenomeno tipico della cantieristica viareggina sono le lavorazioni

eseguite in banchina e sui piazzali adiacenti alle banchine portuali. Tali

attività vengono svolte in strutture precarie e, nel caso dei piazzali, con

notevoli rischi di caduta dall’alto dovute alla difficoltà di installazione di

adeguate opere provvisionali, sia per la conformazione dell’imbarcazione

che per la contemporanea presenza di addetti alle lavorazioni e personale

di bordo.

Forse non a caso l’ultimo infortunio mortale è occorso ad un marinaio

che prestava la propria opera a bordo di una nave in manutenzione messa

a secco su un piazzale.

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La produzione italiana

Le aziende del settore nautico, dal punto di vista produttivo, in Italia sono

divise in 3 comparti: diporto (cantieri), accessori e motori. In sottordine si

potrebbe parlare anche di turismo nautico che è considerato un indotto

specifico del settore il cui potenziale occupazionale è altissimo.

I dipendenti per azienda produttrice di unità da diporto sono in media 15

cioè sono al di sotto della media europea ed USA di 16 persone. Solo

l’8% delle imprese ha più di 50 addetti (fonte Agenzia Europea per la

Sicurezza e la Salute sul Lavoro).

Tuttavia esiste una polarizzazione che vede nel 20% delle imprese una

concentrazione, sul totale dei tre comparti, di addetti (60%), di fatturato

(79%) e di import-export (88% di export e 38% di import).

Il 41% dei cantieri è al nord (114 in Lombardia), il 31% al centro ed il

28% al sud e nelle isole. La Toscana ha l’11,1% delle aziende e il 6,3%

del numero degli addetti dei tre comparti, sul totale nazionale.

La Toscana per numero di aziende ed addetti dei tre comparti, è al terzo

posto dopo Lombardia e Liguria e prima di regioni con tradizioni

marinare come Emilia Romagna, Campania, Lazio. Il primo posto della

Lombardia è dovuto all’alta concentrazione di aziende che costruiscono

natanti di piccole dimensioni 10 / 15 mt.

Il settore è in espansione per tutti e tre i suoi comparti, nonostante i vari

periodi di crisi. Il fatturato, in particolare della produzione cantieristica

(unità da diporto), dal 1998 al 2001, cioè in quattro anni, è quasi arrivato

al raddoppio

I cantieri in Italia cioè il primo comparto, che producono unità da diporto

di vario tipo sono oltre 510. Ogni cantiere è identificabile nei suoi

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prodotti dal codice di tre lettere degli scafi fra i 2,5 ed i 24 metri (come

previsto dalla Direttiva 94/25/CE secondo lo standard internazionale ISO

10087). Gli scafi oltre i 24 metri sono considerati navi, commercialmente

conosciuti come megayacht. Oltre i 24 metri non si richiede codice

previsto dalla Direttiva 94/25/CE.

Nel 2001 la crescita totale del settore costruzione di barche è stata,

rispetto al fatturato totale, del 20,6% con un peso preponderante

dell’export quasi raddoppiato in cinque anni, e, seppur con un lieve

rallentamento, la crescita annuale continua tuttora ad essere a doppia

cifra.

Le unità medio-grandi, cioè sotto i 24 metri, sono il 74% della

produzione nazionale, in cinque anni hanno triplicato il fatturato ed in

otto anni hanno quadruplicata la produzione.

I megayacht italiani godono di grande fama nel mondo.

Questo è dovuto al marchio che di fatto si è costituito in favore

soprattutto delle barche di lusso italiane oltre i 24 metri e che vede il

nome di Viareggio come uno dei principali riferimenti.

Per i megayacht a vela ed a motore c’è una crescita continua, in

particolare per la fascia da 80 a 89 piedi (l’unità di misura comunemente

nella nautica che corrisponde a circa 30 cm.). Dal 2001 cresce anche la

fascia da 150 piedi con 65 ordini rispetto ai 40 del 2000. Per i megayacht

a vela nel 2000 gli ordini si concentrano nella fascia da 100 a 119 piedi

con 17 unità. Le fasce da 120 a 149 e quelle da 80 ad 89 piedi vedono 16

ordini ciascuna. La crescita della produzione di megayacht si è

maggiormente incrementata negli ultimi anni con il fenomeno del

noleggio (charter). Questo fenomeno ha modificato, in parte lo standard

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produttivo in quanto le navi sono diventate da unità da diporto ad unità

commerciali con obbligo di rispetto degli standard costruttivi previsti per

le navi da crociera.

L’Italia è al primo posto mondiale nella produzione di megayacht davanti

ad USA, Paesi Bassi, Canada, Nuova Zelanda e Germania.

Il settore in Toscana è caratterizzato da piccole-medie unità locali pur

avendo la capacità di collocarsi in una fascia all’avanguardia anche come

tecnologia. Le barche aumentano le dimensioni ed accentuano sempre di

più il loro lusso, mentre la domanda tocca un sempre più vasto numero di

clienti. La Toscana, e in particolare Viareggio, si presenta come uno dei

poli più importanti per la produzione soprattutto di yacht e megayacht in

acciaio e vetroresina.

Ricordiamo che una non trascurabile fonte di guadagno per i cantieri è

anche l’attività di manutenzione, riparazione e rifacimento (refitting)

sulle grandi barche prodotte.

Il Sistema Produttivo Locale della Versilia con specializzazione nel

settore della cantieristica è stato formalmente riconosciuto dalla Regione

Toscana con delibera del Consiglio Regionale n. 69 del 21/12/2000 e

comprende i comuni di Viareggio, Massarosa, Camaiore, Pietrasanta,

Forte dei Marmi, Seravezza e Stazzema.

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1 IL DISTRETTO PRODUTTIVO DI VIAREGGIO

Cenni storici

La cantieristica viareggina ha radici consolidate nel tempo, ed ha

raggiunto una vera fama internazionale alla fine dell’ottocento con la

produzione di una goletta adibita al traffico delle merci denominata

“barcobestia”, costruita dai maestri calafati nei vari cantieri. Il

barcobestia era una goletta costruita principalmente nei Cantieri Benetti

di Viareggio che misurava dai 30 ai 40 metri e prevedeva tre alberi della

stessa altezza, con un peso compreso fra le 800 e le 1500 tonnellate. Il

nome deriva dall’esclamazione inglese “the best boat” (la barca

migliore): i maestri d’ascia viareggini hanno fatto una traslitterazione del

modo di dire, battezzando la loro imbarcazione barcabest, trasformato

poi in barcobestia. (fonte www.wikipedia.it)

I Cantieri Benetti, fondati nel 1873, si sono specializzati in imbarcazioni

di grandi dimensioni dall’inizio del XX secolo, quando producevano,

appunto, i barcobestia. In seguito è iniziata la produzione degli yacht

extralusso, caratterizzata in genere da linee classiche e pregiate rifiniture.

Negli anni ‘70 i Cantieri Benetti divennero un tipico marchio di qualità

italiano conosciuto in tutto il mondo, e proprio per questo sono stati

acquistati dalla Azimut, di cui tuttora fanno parte come sezione

specializzata per imbarcazioni di lusso.

La storia della produzione nautica Viareggina non è soltanto Benetti:

come non ricordare Giovan Battista Codecasa che costruiva golette ad

inizio secolo il cui nome, forte dell’impegno produttivo portato avanti dal

figlio Fulvio, solca i mari su megayacht di pregio. Come non citare il

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cantiere Picchiotti rilevato da un imprenditore lucchese che fa andare per

mari gioielli della vela come le navi Perini. Per arrivare ai giorni nostri

con produttori quali Overmarine, Fipa, Falcon, Gianetti e, dopo la

ristrutturazione dell’area ex Sec, Viareggio Superyachts, Benetti Sail

Division, Cantieri Rossi, San Lorenzo – Eureka, New Versilcraft e Marin

Services. Per rimanere in termini storici vanno sicuramente citati due

“maestri d’ascia” ancora legati alla produzione e restauro di barche in

legno quali il Tomei detto “Tomeone” e il Del Carlo. In questa parte di

storia della cantieristica Viareggina si potrebbero citare altri nomi come

Versilmarina, Tecnomar, Uniesse, Italyachts, ma sicuramente qualcuno

dimenticheremo sempre.

Produzione

I cantieri nel distretto viareggino sono tanti, tante sono le tecniche

produttive e tanti i materiali utilizzati.

Se vogliamo raggruppare le unità produttive secondo uno schema che

evidenzi caratteristiche comuni, il criterio che può essere utilizzato è il

materiale che costituisce lo scafo, il ponte di coperta e la sovrastruttura

(lo scafo è la parte del natante che galleggia sull’acqua mentre la

sovrastruttura parte dal ponte di coperta o ponte principale e va verso

l’alto e può avere vari ponti e come terminale il fly).

Un raggruppamento basato su tali caratteristiche comporta la divisione

della produzione in:

• Metallo e/o lega leggera;

• Vetroresina e altro materiale composito (fibra di carbonio);

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• Legno.

Naturalmente questo vale anche per le operazioni di trasformazioni

(refitting).

Costruzioni in metallo e lega leggera

Attualmente nel distretto produttivo di Viareggio sono attivi 2 cantieri

che producono scafi e coperte in metallo (acciaio) e sovrastrutture in lega

leggera (alluminio); tutte e due le aziende operano nell’area adiacente al

porto di Viareggio denominata DR1 e nata dalla chiusura del cantiere

navale Società Esercizio cantieri (Sec).

Le unità produttive delle aziende vedono l’impiego di 30 – 50 addetti di

cui solo un terzo alle dipendenze del cantiere mentre il resto dipendente

di ditte che svolgono lavori in appalto.

Costruzioni in vetroresina ed altro materiale composito

Quando si parla di costruzioni navali in materiale composito si parla per

la quasi totalità di natanti costruiti con fibra di vetro e resina poliestere.

Questo tipo di produzione viene effettuata da tre cantieri operanti

all’interno del territorio Versiliese e più precisamente nel comune di

Massarosa.

I tre cantieri sono simili per tipologie di costruzioni (imbarcazioni da 24 a

35 metri) ma differiscono per capacità produttive.

Diverso è anche il numero degli addetti alla produzione che varia da 15 a

25 per passare a 90 nella azienda con maggiore capacità produttiva.

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Quello che sicuramente è tipico dell’attività dei cantieri è il ricorso

all’affidamento delle lavorazioni a ditte esterne che può raggiungere

valori vicini al 90 % degli addetti presenti.

Nel settore di lavorazioni con altro materiale composito, vi è una realtà

produttiva che si differenza dai tre cantieri precedenti: in questa realtà si

producono piccole imbarcazione sia a vela che a motore (15 – 20 mt) con

utilizzo di resina epossidica con fibra di vetro o carbonio.

Costruzioni in legno

Quando si parla di costruttori di imbarcazioni in legno, nel distretto di

Viareggio, si parla quasi esclusivamente di operazioni di restauro fatte in

piccoli cantieri su imbarcazioni che spesso hanno un forte valore storico.

Altri interventi vengono fatti sulla flotta peschereccia che, nella maggior

parte, è ancora in legno.

Allestimento

Ecco il vero polo produttivo del distretto di Viareggio: l’allestimento di

natanti da diporto. Una stima fatta dall’Azienda USL 12 di Viareggio, su

dati forniti da circa 30 unità produttive nelle quali vengono prodotte navi

da diporto, e le recenti indagini della Camera di Commercio di Lucca,

dell’Università di Pisa e del Sole 24 Ore, (solo per citarne alcune), hanno

rilevato come l’allestimento di megayachts sia una realtà trainante

dell’economia non solo viareggina e versiliese ma di tutto il “comparto”

nord Tirrenico e Ligure (da Livorno a La Spezia).

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Il fenomeno è stato talmente rilevante che, nel tempo è diventato il

“Modello (produttivo) Viareggio”.

Il “Modello Viareggio”: consiste nell’appaltare a ditte specializzate tra

l’80% ed il 95% dell’attività di allestimento del natante.

Nella maggior parte dei cantieri i dipendenti diretti si occupano di

controllo, servizi e assistenze, mentre la produzione viene fatta da ditte

esterne che operano in regime di appalto ma anche di sub-appalto di vario

livello.

Molto spesso le aziende che lavorano in appalto sono anche fornitrici di

prodotti finiti.

Per tale motivo, per dimensionare l’impatto economico del distretto della

nautica da diporto di Viareggio, non ci si può fermare al cantiere ma

dobbiamo analizzare anche l’indotto che gira intorno alla produzione di

yachts e megayachts.

Indotto

Nell’analizzare l’indotto, sarebbe riduttivo riferirsi esclusivamente al

sistema produttivo fatto di tante aziende che operano in regime di appalto

all’interno del cantiere; è più corretto considerare i dipendenti di quelle

ditte, a pieno titolo, addetti alla produzione. L’indotto è ben altra cosa e

può essere identificato nelle varie attività legate alla costruzione

dell’imbarcazione quali:

• Mobilieri;

• Forniture marmi;

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• Tappezzerie;

• Laccatori;

• Vetrai;

• Produttori sistemi tecnologici;

• Produttori particolari in vetroresina.

Credo sicuramente di aver dimenticato altre figure professionali il cui

operato è molto prezioso nel ciclo di allestimento di un natante.

Per rimanere al nostro territorio (Versilia) vi sono varie zone produttive,

oltre all’area portuale di Viareggio, quali:

• Zona Cotone – Comparini nel Comune di Viareggio;

• Zona Montramito nel Comune di Massarosa;

• Zona Bozzano sempre nel Comune di Massarosa;

• Zona Le Bocchette nel Comune di Camaiore

• Zona di lavorazione lapidei nei comuni di Pietrasanta, Seravezza

e Stazzema.

In ognuna delle zone citate sicuramente è presente un buon numero di

aziende la cui attività produttiva è destinata al Distretto della cantieristica

da diporto di Viareggio. Ma l’indotto legato alla produzione del distretto

esce dai confini dell’area Versiliese e raggiunge aree limitrofe quali

Lucca, Pisa e Massa Carrara.

Dimensioni occupazionali

Quando si deve dare una consistenza numerica al distretto di Viareggio

della produzione di nautica da diporto, si è di fronte ad una operazione

molto ardua in quanto:

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21

• I cantiere hanno per lo più pochissimi dipendenti;

• Vi sono aziende che lavorano in appalto in rapporto esclusivo

all’interno dei cantieri;

• Vi sono aziende che “migrano” nei vari cantieri madre;

• Vi è l’indotto;

• Vi è la galassia di attività legate alla produzione di imbarcazioni

da diporto quali:

1 broker;

2 consulenti vari;

3 imprese di movimentazione;

4 concessionari di banchine portuali;

5 imprese di fornitura combustibile (bunkeraggio);

6 agenzie marittime...

Nel 2004 l’USL 12 di Viareggio, con la collaborazione della direzione

dei vari cantieri, ha raccolto i dati circa i primi tre punti (dipendenti dei

cantieri madre e dipendenti delle ditte in appalto).

Il risultato della ricerca è il seguente:

• 35 cantieri navali

• 510 ditte in appalto

Sulla base di questi dati si può stimare una forza lavoro di circa

3000/3500 tra lavoratori ed impiegati che partecipano attivamente alla

costruzione e allestimento di imbarcazioni da diporto all’interno dei 35

cantieri navali presenti del distretto produttivo; se si aggiunge l’indotto e

la serie di attività sopra riportate si può certamente affermare che la

cantieristica navale, in Versilia, occupa non meno di 5000 persone.

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Capacità produttiva

Quantificare la capacità produttiva del distretto è possibile solo per le

unità superiori a 24 mt. (80 piedi). L’Azienda USL 12 Viareggio da

alcuni anni archivia i documenti di sicurezza previsti dal D.L.vo 272/99

per le operazioni di rifinitura effettuate in banchina e le prove a mare

delle imbarcazioni superiori a mt. 24.

Visto che per ogni imbarcazione, al momento del varo, viene redatto un

documento di sicurezza, sulla base dei documenti pervenuti si possono

ricavare i dati sulla produzione che sono:

• Anno 2002: 108 navi;

• Anno 2003: 111 navi;

• Anno 2004: 97 navi;

• Anno 2005: 105 navi;

• Anno 2006: 119 navi.

• Anno 2007: 250 navi

Nell’analisi dei dati sopra riportati sembrerebbe riscontrare tra il 2003 ed

il 2004 un calo della produzione; è invece importante ricordare che

proprio in quegli anni si è sviluppato fortemente il fenomeno del noleggio

(charter); mentre il boom del 2007 è legato principalmente a due aspetti:

le imbarcazioni prodotte nell’area Apuana e terminate in banchina a

Viareggio e la manutenzione e refitting (90 imbarcazioni).

Questo sviluppo ha portato come conseguenza la produzione di

imbarcazioni più grandi e conseguentemente più costose.

Il numero minore di imbarcazioni prodotte nel 2004 ha prodotto

ugualmente un incremento del fatturato delle aziende.

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Per quantificare in modo approssimativo il volume di affari legato alla

produzione di nuove imbarcazioni, possiamo utilizzare la moltiplicazione

della lunghezza delle imbarcazioni per il costo medio a metro lineare

delle stesse, formula usata spesso per dare un valore all’imbarcazione

nella darsena viareggina.

Nello scorso anno sono state prodotte 119 navi la cui lunghezza media è

di circa 30 mt.: il totale della produzione di imbarcazioni nel 2006 è di

circa 3570 mt..

Il costo medio a metro lineare di una imbarcazione da diporto superiore a

24 mt, secondo gli addetti ai lavori, è di circa 1 miliardo di vecchie lire

che, in Euro diventa 516.457 € circa.

Utilizzando la approssimativa formula sopra descritta, moltiplicando il

prezzo al metro lineare per i metri prodotti possiamo stimare un fatturato,

nel 2006, in € 1.843.751.490 quindi quasi 2 miliardi di Euro: una bella

cifra che, anche se calcolata in modo approssimativo, si differenzia poco

dal reale volume di fatturato produttivo.

A questo dato vanno aggiunti i lavori di manutenzione e trasformazione,

su navi già immesse sul mercato, la cui effettuazione, negli ultimi anni, si

è notevolmente incrementata passando dalle 30 unità del 2002 alle 55 del

2006 (dato rilevato dalla USL 12 di Viareggio sulla base dei documenti

di sicurezza presentati).

Mercato

Centodiciannove navi, 3570 mt lineari, 2 miliardi di fatturato ma dove

viene collocata tale produzione?

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Una parte della produzione è riversata sul mercato nazionale; tale quota

risulta difficile da quantificare perché, salvo rare eccezioni, spesso gli

armatori non amano pubblicizzare l’acquisto di un megayacht.

Comunque i nomi spesso vengono fuori e non è mistero che Del Vecchio,

Armani, Gabbana, Moratti, Marina Berlusconi, Mancini, per fare alcuni

nomi celebri, abbiano yacht o megayacht made in Viareggio. Altra cosa è

il valore della produzione destinato all’export; come si vede dalla tabella

elaborata dalla Provincia di Lucca e riferita all’anno 2003 il mercato

mondiale è ristretto principalmente a quelli che sono considerati “paradisi

fiscali” anche se negli ultimi anni vi è stato un incremento del mercato

legato ai paesi dell’ex Unione Sovietica, alla Cina e agli Stati Uniti.

ESPORTAZIONI (anno 2003)

PAESI % REGNO UNITO 26,5

CAYMAN ISOLE 14,9 FRANCIA 11,8

STATI UNITI 11,6 ISOLE VERGINI BRITANNICHE 7,0

S. KITTS E NEVIS 5,9 LUSSEMBURGO 4,3

LIBERIA 2,9 SAINT VINCENT 2,2

BAHAMA 2,1 ALTRI PAESI 10,9

TOTALE 100

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Filiera produttiva

Il diagramma sotto riportato, elaborato dal Servizio Industria Commercio

ed Artigianato della Provincia di Lucca, chiarisce in modo esauriente la

filiera produttiva dall’acquisizione della commessa al varo

dell’imbarcazione.

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FILIERA PRODUTTIVA

ACQUISIZIONE COMMESSA

• BROKER • EVENTI FIERISTICI • CONCESSIONARI • RICHIESTE DIRETTE DELL’ARMATORE AL

CANTIERE

CANTIERE MADRE • Allestimento imbarcazioni acciaio e/o leghe

leggere • Allestimento imbarcazioni in vetroresina • Preparazione alla pittuarzione • Pitturazione

PROGETTAZIONE

• Studi di progettazione • Studi di architettura • Progettisti linee scafi e sovrastrutture

in vetroresina • Progettisti linee scafi e sovrastrutture

in acciaio • arredatori

COSTRUZIONI SCAFI E SOVRASTUTTURE • Costruzione scafo acciaio e/o leghe leggere • Costruzione sovrastrutture • Costruzioni stampi per vetroresina • Costruzioni imbarcazioni in vetroresina

MOTORI E SISTEMI DI PROPULSIONE• Produttori, distributori ed

installatori motori marini • Produttori , distributori ed

installatori gruppi elettrogeni • Produttori , distributori ed

installatori vele, alberi ed attrezzature;

• Produttori , distributori ed installatori di apparati elettronici

IMPIANTISTICA • Impianti elettrici • Impianti idraulici • Impianti termo idraulici • Climatizzazione • Piscine

COMPARTIMENTAZIONE • Compartimentazione locali

tecnici • Compartimentazione locali

equipaggio • Compartimentazione locali

armatore e ospiti • Coibentazione

ARREDAMENTI • Mobilieri • Montatori mobili • Tappezzieri • Posatori coperte i teak • Produttori e montatori serramenti • Vetrai • Produttori e montatori protezioni in

acciaio • Produttori montatori pavimenti • Ecc.

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Complementari ed indissolubilmente collegati alla filiera produttiva

precedentemente schematizzata, sono i servizi legati alla nautica da

diporto, quali:

MANUTENZIONE ASSISTENZA GARANZIAcantieriimprese artigiane

RIMESSAGGIOAziende manutenzione interniAziende per erogazione servizi portuali

CERTIFICAZIONIAgenzie marittimeEnti certificatoriAgenzie nautiche

TRASPORTI E MOVIMENTAZIONIAziende trasporti via terraAziende movimentazione area portuale

TURISMOBanchine attrezzateAziende noleggio imbarcazioni

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2 LA COSTRUZIONE DI IMBARCAZIONI IN METALLO

La valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori

impegnati nella produzione di imbarcazioni da diporto risulta molto

complessa in quanto tali rischi sono molteplici e, molto spesso, derivano

dall’interferenze fra le varie lavorazioni. Per tale motivo si ritiene

necessaria la suddivisione delle varie fasi costruttive in base alla

produzione effettuata nella unità produttiva. Come si diceva

l’interferenza fra fasi lavorative, quasi esclusivamente nella fase di

allestimento, rappresenta un fattore di rischio che va contenuto agendo

sull’organizzazione del lavoro che quindi necessita di una analisi

approfondita del ciclo produttivo.

Descrizione ciclo produttivo

La costruzione di una imbarcazione in ferro e lega leggera può essere

schematicamente scomposta in 5 fasi principali: costruzione dello scafo,

costruzione delle sovrastrutture, assemblaggio scafo e sovrastrutture,

completamento dello scafo e delle sovrastrutture, allestimento. Ciascuna

di queste fasi “principali” è ulteriormente suddivisibile in sottofasi o fasi

“secondarie”, talvolta temporalmente concomitanti, che rappresentano le

lavorazioni caratteristiche del comparto navalmeccanico (saldatura,

ossitaglio, molatura, verniciatura, ecc.).

Il materiale di costruzione giunge in cantiere in automezzi da trasporto

pesanti e viene scaricato e smistato in aree di stoccaggio tramite gru a

ponte o gru mobili.

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La prima fase di lavorazione comprende il taglio e la sagomatura delle

lamiere e dei profilati che andranno a costruire l’ossatura ed il fasciame

esterno dello scafo. Il taglio delle lamiere viene effettuato mediante

pantografo o sistemi a cesoia, mentre per i profilati si eseguono

operazioni di taglio a fiamma (ossitaglio).

Successivamente si procede alla sagomatura a freddo dei pezzi tagliati; la

fase successiva, detta di prefabbricazione, consente la costruzione di

pannelli complessi o blocchi di varie dimensioni tramite operazioni di

saldatura elettrica. Le dimensioni dei blocchi o dei pannelli variano a

seconda del progetto costruttivo.

Queste operazioni si svolgono in genere all’interno dei capannoni chiusi

o comunque nell’ambito di aeree attrezzate e servite da mezzi di

movimentazione. I blocchi e i pannelli complessi vengono poi trasferiti

sullo scalo dove si procede al loro assemblaggio sequenziale fino alla

costruzione dell’intero scafo.

In queste fasi le lavorazioni principali sono rappresentate dalla saldatura

elettrica, molatura, scriccatura, raddrizzatura. Le sequenze di costruzione

dello scafo, attraverso l’assemblaggio dei blocchi prefabbricati

comportano spesso la contemporanea presenza di diverse lavorazioni in

alcune zone dello stesso scafo. In particolare è possibile procedere nelle

operazioni di saldatura dei pannelli o blocchi della poppa della nave,

mentre nella zona di prua avvengono operazioni di molatura o viceversa.

Le stesse procedure di lavorazione vengono eseguite nel ciclo di

costruzione delle sovrastrutture in lega leggera.

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I due elementi costruttivi dell’imbarcazione, scafo e sovrastrutture,

vengono successivamente assemblati direttamente sullo scalo, per loro

allineamento e successiva saldatura.

Completate le operazioni di raddrizzatura dell’intera struttura si procede

al controllo non distruttivo delle zone di saldatura. A questo punto

l’insieme scafo-sovrastruttura è pronto per le operazioni che precedono la

primerizzazione, ultima sottofase del ciclo di lavoro.

Le superfici dell’imbarcazione vengono sabbiate e brossate (scafo),

spazzolate e sgrassate (sovrastrutture) al fine di prepararle a ricevere il

primer applicato secondo la tecnica airless.

Nei cantieri che costruiscono imbarcazioni da diporto munite di vele

(peculiarità di un cantiere della zona di Viareggio), si procede anche alla

costruzione degli alberi e dell’attrezzatura velica. In questo caso gli

astrusi degli alberi in lega leggera, dopo aver subito alcune lavorazioni

(taglio, tornitura, saldatura, ecc.) vengono assemblati a costruire l’albero

vero e proprio, previa messa in opera della componentistica interna, e

quindi saldati.

Seguono le fasi di pulizia e sgrassaggio e la successiva primerizzazione.

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Schema a blocchi ciclo lavorativo COSTRUZIONE SCAFO COSTRUZIONE SOVRASTRUTTURE

Ricezione materiali

Taglio e sagomatura

Prefabbricazione

Trasferimento blocchi

Assemblaggio blocchi

ASSEMBLAGGIO SCAFO SOVRASTRUTTURE

Installazione giunto bimetallico

Imbarco sovrastruttura

Calettatura sovrastruttura

Allineamento con i giunti

Saldatura

COMPLETAMENTO SCAFO E SOVRASTRUTTURA

Raddrizzatura sovrastruttura

Controllo saldature

Preparazioni superfici

Primerizzazione

ALLESTIMENTO

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Attrezzature utilizzate

Le attrezzature che trovano maggior utilizzo, durante la fase di

costruzione di imbarcazioni in metallo, sono:

• Pantografo;

• Cesoie;

• Presse piegatrici;

• Presse sagomatrici;

• Saldatrici a punto;

• Saldatrici ad elettrodo;

• Saldatrici a fiamma ossiacetilenica;

• Mole portatili;

• Smerigliatrici angolari;

• Trapani;

• Utensili manuali (martelli, tronchesine, pinze, ecc.);

• Mezzi di sollevamento;

• Muletti.

Rischi presenti

I rischi presenti nella costruzione di imbarcazioni in metallo, come nella

maggior parte delle attività, si dividono in rischi per la sicurezza, intesa

come possibile evento infortunistico, e rischi per la tutela della salute.

I principali rischi per la sicurezza possono essere individuati in:

• Rischi di caduta da una altezza superiore a 2 mt.;

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• Rischi di essere colpiti o colpire parti e/o oggetti;

• Rischi di schiacciamento;

• Rischi di tagli;

• Rischi di bruciature;

• Rischi di elettrocuzione.

Per quanto riguarda i rischi per la salute, essi sono causati principalmente

da:

• Rumore;

• Esposizione e radiazioni;

• Fumi di saldatura;

• Vibrazioni trasmesse al sistema mano braccio;

• Movimentazione manuale dei carichi.

Misure di prevenzione e protezione

Per quanto riguarda le misure di prevenzione e protezione, è utile

dividere sia le prime dalle seconde che quelle previste per la tutela della

sicurezza da quelle previste per la tutela della salute.

È importante sottolineare la differenza concettuale tra prevenzione e

protezione.

La prevenzione rappresenta l’insieme di misure atte ad evitare situazioni

di rischio, mentre la protezione è l’insieme di misure atte a far sì che il

rischio non provochi danni al lavoratore.

Misure di prevenzione per la sicurezza: tali misure dovranno fornire una

idonea ed adeguata garanzia affinché non si manifestano situazioni di

rischio. Sicuramente sono misure di prevenzione:

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• La scelta dell’installazione di adeguata ponteggiatura e la posa di

idonei parapetti per la protezione di caduta dall’alto;

• Evidenziare parti che possono essere colpite durante le

lavorazioni in ambienti angusti;

• Dotare e mantenere efficienti le protezioni sulle macchine

operatrici;

• Progettare correttamente le operazioni di movimentazione dei

materiali;

• Tenere ordine e pulizia negli ambienti di lavoro;

• Utilizzare impianti elettrici a bassissima tensione (48 Volt);

• Formare gli addetti sui rischi delle lavorazioni;

• Formare e addestrare i lavoratori al corretto utilizzo dei DPI

(dispositivi di protezione individuale).

Misure di protezione per la sicurezza: tali misure dovranno invece

fornire una idonea ed adeguata garanzia che l’eventualità

dell’avvenimento di un accadimento non procuri danni per il

lavoratore o li limiti al minimo. Sono misure di protezione i

dispositivi di protezione individuale quali:

• Sistemi anticaduta;

• Caschi;

• Occhiali e/o maschere per taglio e saldatura;

• Calzature antinfortunistiche;

• Guanti;

• Formare e addestrare i lavoratori al corretto utilizzo dei DPI

(dispositivi di protezione individuale).

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Misure di prevenzione per la salute: tali misure dovranno fornire una

idonea ed adeguata garanzia affinché non si manifestano situazioni di

pericolo. Sono misure di prevenzione:

• Sorveglianza sanitaria;

• Limitare le operazioni di movimentazione manuale dei carichi;

• Utilizzo di utensili portatili che garantiscano una buona

attenuazione delle vibrazioni trasmesse al sistema mano –

braccio;

• Limitazione dei lavoratori esposti;

• Progettazione e bonifica dei luoghi di lavoro tenendo conto delle

possibili soluzioni per attenuare al massimo il rumore derivante

dalle lavorazioni;

• Schermatura delle zone di saldatura;

• Effettuazione di lavorazioni pericolose in orari al di fuori della

normale attività produttiva con limitazione degli esposti;

• Formare gli addetti alle lavorazioni;

• Formare e addestrare i lavoratori al corretto utilizzo dei DPI

(dispositivi di protezione individuale).

Misure di protezione per la salute: tali misure dovranno invece fornire

una idonea ed adeguata garanzia che il rischio non procuri danni per la

salute del lavoratore o che questi siano limitati al minimo. Le tipologie

delle misure di protezione per la salute dei lavoratori possono essere

suddivise in due categorie: misure di protezione collettiva e DPI.

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Nella scelta degli interventi di protezione è indispensabile privilegiare le

misure di protezione collettiva quali la corretta aspirazione dei fumi di

saldatura.

Il ricorso ai DPI può essere ritenuta una scelta corretta quando non si può

intervenire efficacemente con misure di protezione collettiva.

Per tale motivo, si ritiene efficace l’utilizzo di cuffie e/o altre protezioni

dell’apparato uditivo nel caso di utilizzo di utensili portatili (mole,

smerigliatrici, trapani, ecc.) o durante le operazioni di raddrizzatura

lamiere effettuate con martelli dai batti-lama.

È, altresì, necessario ricorrere all’utilizzo di autorespiratori nel caso di

operazioni di saldatura effettuate in serbatoi, casse o comunque ambienti

privi di una adeguata ventilazione.

Sovrastruttura in lega leggera

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3 COSTRUZIONI IN VETRORESINA ED ALTRI

COMPOSITI

Descrizione ciclo produttivo

Il ciclo produttivo della costruzione di imbarcazioni in vetroresina si

suddivide in cinque fasi. Le prime due vengono effettuate quando si

produce una nuova tipologia di costruzione, le seconde due sono fasi

lavorative standard mentre l’ultima fase si rende necessaria nei casi di

imperfezioni del manufatto e/o se le aperture vengono effettuate nel

cantiere di produzione. Le cinque fasi sono:

• Costruzione modello o come meglio definito “manichino”;

• Costruzione stampo;

• Laminazione;

• Assemblaggio;

• Carrozzeria.

Premettendo che le principali parti da costruire sono tre: scafo, coperta e

sovrastuttura andiamo a descrivere le cinque fasi produttive.

Costruzione del manichino

Questa è fondamentalmente una operazione di “carpenteria in legno”, in

cui si provvede alla costruzione di un modello in legno, riproducente

perfettamente nella forma, dimensione e grado di finitura il manufatto

che si dovrà poi andare a produrre, sia questo uno scafo, una coperta o la

sovrastruttura.

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Riveste particolare importanza il fatto che il modello abbia una buona

resistenza meccanica e robustezza, in modo che non possa presentare

momenti di flessione durante la costruzione dello stampo né che si

deformi all’atto della sua estrazione dallo stampo stesso. La

realizzazione, di solito, viene effettuata con una struttura interna in abete

rivestita con fogli di compensato in pioppo. Una volta realizzato il

manichino si vernicia la superficie esterna con resine o vernici

poliuretaniche aventi la funzione di “turapori” e, dopo l’essiccazione, si

passa alla carteggiatura a secco. La fase successiva è ricoprire il

manufatto con lo spruzzo di stucco epossidico che viene finemente

carteggiato e lucidato. Finite queste operazioni il manichino è pronto e,

dopo averlo rivestito di una cera distaccante, si può passare alla

costruzione dello stampo o in alcuni casi, quando si intende costruire una

sola imbarcazione avente tali dimensioni e caratteristiche, si procede alla

laminazione diretta sul manichino dell’imbarcazione.

Fasi di costruzione del manichino di una sovrastruttura

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Costruzione stampo

Al manichino trattato con sostanze distaccanti, sia esso di uno scafo,

coperta o sovrastruttura, viene applicato un strato di “gelcoat per stampi”

generalmente a spruzzo; è possibile effettuare questa operazione anche

con rullo o pennello.

Il gelcoat viene utilizzato di colore arancio o nero e lo spessore che

normalmente si applica è di circa 0,5-0,6 mm.

Quando il gelcoat è completamente essiccato ha inizio la deposizione dei

teli di fibra di vetro; la superficie su cui si appongono i teli viene

preventivamente “bagnata” con resina poliestere. La resina impiegata è

costituita da una soluzione di poliestere in un monomero (stirene) con

una percentuale di quest’ultimo del 30-50 %.

Lo stirene, in presenza di un catalizzatore ed un accelerante, forma con la

catena molecolare del poliestere un reticolo tridimensionale –processo di

polimerizzazione – che determina il passaggio delle resina dallo stato

liquido a quello solido chimicamente stabile.

Il catalizzatore utilizzato (1-2 % in peso della miscela) è normalmente un

perossido organico, ad es. perossido di metiletilchetone, mentre come

accelerante si impiegano abitualmente sali di nichel o cobalto, o ammine

aromatiche terziarie (2-4 % della miscela).

Il telo di fibra utilizzato in questa prima fase deve essere di bassa

grammatura (300 g/m2) “mat di superficie”, per evitare di riprodurre sulla

superficie dello stampo il disegno della trama del vetro di rinforzo. Sopra

il “mat” si depositano altri strati di fibra di vetro a grammatura crescente,

fino a 900 g/m2 (tessuti e/o stuoie) impregnandoli sempre con resina, fino

al raggiungimento dello spessore desiderato.

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Il quantitativo di resina che viene utilizzata per l’impregnazione dei teli a

bassa grammatura è abitualmente, in rapporto in peso, di 2:1 rispetto a

quello della fibra di vetro, mentre per le stuoie viene utilizzato un

rapporto di 1:1. I teli di fibra di vetro vengono fatti aderire perfettamente

fra loro utilizzando dei “rulli di spugna”.

Infine, tramite i “rulli frangibolle”, si provvede alla eliminazione di tutte

le bolle di aria presenti.

Per conferire rigidità allo stampo, per renderlo così stabile e facilmente

utilizzabile, lo si rinforza fissando lungo i suoi contorni e nelle zone

intermedie (creando un disegno a maglie di rete) gli elementi di

irrigidimento, costituiti abitualmente in materiale espanso o in legno;

questi vengono applicati direttamente sugli strati di vetroresina con

“plastica termofusa” o stuccone a base di poliestere.

Gli elementi di rinforzo vengono poi ricoperti con 2-3 strati di fibra di

vetro e resina di larghezza sufficiente a ricoprire anche in parte lo

stratificato dello stampo.

Prima di apporre gli ultimi strati di fibra, in corrispondenza degli

elementi di rinforzo, vengono inserite alcune piastre metalliche a cui

verranno successivamente fissati i montanti del telaio metallico di

sostegno.

Questo telaio, secondo le sue caratteristiche costruttive ed il suo aspetto

finale, permetterà di porre lo stampo in piano sul pavimento o, per

manufatti di lunghezza inferiore ai 20 m, anche la sua rotazione (stampo

basculante).

Nel caso in cui sia necessario costruire stampi con “sottosquadri” per

consentire di togliere il manufatto dallo stampo si ricorre alla costruzione

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di quest’ultimo in forma scomponibile.

Un esempio di tutto ciò si trova nella costruzione di grosse imbarcazioni

dove, per la curvatura della poppa, si costruisce lo stampo o diviso in due

metà lungo la linea della chiglia, o lungo la linea di giunzione tra lo

specchio di poppa e le fiancate.

Stampo di uno scafo completato

Questa metodologia costruttiva la si utilizza anche là dove vi sia la

necessità di movimentare spesso gli stampi.

Per ottenere un perfetto assemblaggio delle diverse porzioni che

compongono lo stampo si prevede l’inserimento, nelle zone di giunzione

“flange”, sempre con stratificazione di fibra di vetro e resina, di alcune

piastre metalliche di rinforzo.

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Completate queste operazioni, lo stampo, o le parti che lo compongono,

potrà essere rimosso dal manichino su cui è stato costruito ed

eventualmente si potrà procedere ad operazioni di rifinitura. A questo

punto avremo costruito uno stampo che potremo utilizzare per le

operazioni di laminazione.

Negli stampi di scafi di grosse imbarcazioni, divisi i due sulla linea di

chiglia, si procede anche ad effettuare opere di carpenteria metallica atte

a garantire un perfetto posizionamento degli stessi durate la laminazione.

Laminazione

Questa fase lavorativa è quella che ci permette di costruire le parti (scafo,

coperta e sovrastruttura) che costituiranno l’imbarcazione.

Il procedimento utilizzato è pressoché uguale a quello utilizzato per la

costruzione dello stampo. Le differenze sono:

• Lo stampo viene costruito sopra il manichino mentre nel

processo di laminazione solo coperta e sovrastruttura vengono

laminati sopra lo stampo mentre lo scafo viene realizzato dentro

lo stampo;

• Il gelcoat utilizzato è di color bianco;

• Le resine poliestere utilizzate possono variare nella

composizione nei vari strati di laminazione (il primo strato di

solito viene realizzato con resine viniliestere);

• All’interno dello scafo vengono effettuati degli interventi di

irrobustimento detti “rinforzi” che possono essere sia trasversali

che longitudinali attraverso l’inserimento di elementi in

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materiale plastici leggeri (poliuretano) che vengono poi ricoperti

con due / tre strati di fibra di vetro impregnata di resina;

• All’intero dello scafo possono essere inserite paratie in

compensato marino posizionate in senso ortogonale rispetto

all’asse maggiore e fissate attraverso l’utilizzo di stucco

poliestere ed, in seguito, ancorate con strati di fibra di vetro

impregnata di resina.

Una volta termite le operazioni di laminazione si procede all’estrazione

dello scafo ed al distacco della coperta e della sovrastruttura.

Laminazione dei rinforzi

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Assemblaggio

La fase di assemblaggio dello scafo con la relativa coperta e di

quest’ultima con la sovrastruttura, avviene secondo una sequenza di

operazioni ben codificate.

Inizialmente si provvede alla rimozione delle “sbavature” sulle zone

interessate alla giunzione.

Per il taglio e la rifilatura dello stratificato vengono impiegati utensili

portatili ad aria compressa o elettrici con dischi abrasivi o diamantati.

Le zone di giunzione vengono poi molate in modo da asportare

completamente il gelcoat e le eventuali presenze di sostanze non

desiderate (es. cere) che renderebbero difficoltosa la successiva

operazione di resinatura.

I manufatti interessati all’assemblaggio vengono inizialmente posti

perfettamente in piano, poi messi a contatto, sovrapponendoli nei punti di

giunzione, in maniera tale da dare all’insieme l’aspetto definitivo

dell’imbarcazione.

Lungo tutta la zona di sovrapposizione viene praticata una serie di fori,

passanti attraverso entrambi i manufatti, a distanza di circa 15 cm uno

dall’altro.

Effettuati i fori, il manufatto superiore viene sollevato in modo da poter

immettere nelle zone di contatto materiale sigillante, generalmente

silicone, poi si ricolloca il manufatto nella posizione definitiva.

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A questo punto, per mezzo di viti, bulloni o rivetti, passanti attraverso i

fori praticati precedentemente, si fissano/bloccano i due manufatti tra di

loro.

Le superfici interessate alla giunzione, sia internamente che esternamente

all’imbarcazione, vengono poi completamente ricoperte con fibra di

vetro e resina; la parte esterna viene anche verniciata con gelcoat dopo

opportuna lucidatura.

Le paratie portanti divisorie dello scafo, dopo che questi è stato

assemblato con la coperta, vengono fissate anche ad essa mediante

resinatura con fibra di vetro.

Assemblaggio di scafo e coperta

Carrozzeria

Questa è la fase nella quale si interviene per eliminare difetti sulla

imbarcazione molto spesso dovuti alle imperfezioni presenti sugli stampi;

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perciò questi interventi non sono sempre necessari.

La lavorazione consiste nell’applicazione di stucco poliestere sulle parti

da “ritoccare”.

Una volta che lo stucco si è catalizzato, la parte viene levigata finemente

e pitturata con il gelcoat.

Un’altra operazione di “carrozzeria” sono i tagli per le aperture da

effettuare sull’imbarcazione per oblò ed altro.

Queste operazioni non sempre vengono effettuate nel cantiere costruttore

dell’imbarcazione ma vengono effettuate anche nei cantieri allestitori.

Attrezzature utilizzate

Nelle lavorazioni per la costruzione del manichino, essendo lavori

prettamente di carpenteria in legno, le attrezzature utilizzate sono quelle

tipiche presenti in tali attività quali: seghe circolari, squadratrici, seghe a

nastro, troncatrici, mole, trapani, avvitatori ed altre attrezzature portatili.

Durante la preparazione dello stampo e durante le operazioni di

laminazione dell’imbarcazione le attrezzature utilizzate sono le stesse

quali: pistole a spruzzo airless, rulli, pennelli, pantografi, forbici e

trincetti per il taglio del tessuto (fibra di vetro).

Nella costruzione dello stampo, una volta finite le operazioni di

laminazione, si ricorre anche all’utilizzo di mole portatili e smerigliatrici.

Per le successive operazioni di laminazione, sullo stampo si applicano

strutture metalliche ricorrendo all’utilizzo di troncatrici, mole a disco,

saldatrici ad arco, trapani ed altri utensili manuali.

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47

Un aiuto fondamentale alla produzione lo danno i mezzi di sollevamento

presenti nel cantiere (muletti, gru semoventi e carri ponte); fondamentale

l’utilizzo della semovente e/o del carro ponte per l’operazione di distacco

sia dello stampo dal manichino che del manufatto dallo stampo.

Nelle operazioni di carrozzeria si utilizzano utensili manuali per la

posatura dello stucco (spatole), levigatrici orbitali, seghetti “lesto” e mole

a disco per il taglio.

Sicuramente l’elenco non è completo ma rappresenta certamente la

maggior parte delle attrezzature utilizzate nella costruzione di una

imbarcazione in vetroresina.

Rischi presenti

Seguendo la stessa logica adottata nell’analisi dei rischi presenti nella

produzione di imbarcazioni in metallo, si rende necessaria la separazione

ed una diversa analisi dei rischi per la sicurezza a quelli per la salute.

Nella produzione di imbarcazioni in vetroresina l’attenzione principale

debba essere posta ai rischi per la salute derivati dall’utilizzo di solventi,

in particolare lo stirene o stirolo presente nella resina poliestere in

percentuali che vanno dal 30 ad oltre il 50 %. Seguiamo in ogni caso

l’ordine utilizzato per la produzione di imbarcazioni in metallo. I

principali rischi per la sicurezza possono essere individuati in:

• Rischi di caduta da una altezza superiore a 2 mt.;

• Rischi di essere o colpire parti e/o oggetti;

• Rischi di schiacciamento;

• Rischi di procurarsi tagli;

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• Rischi di bruciature;

• Rischi di elettrocuzione.

Per quanto riguarda i rischi per la salute, essi sono causati principalmente

da:

• Esposizione ad agenti chimici;

• Esposizione a Fibre di vetro

• Rumore;

• Polvere di legno;

• Vibrazioni trasmesse al sistema mano braccio.

L’elenco dei rischi per la sicurezza, nelle due tipologie costruttive

(metallo e vetroresina) è uguale mentre, per quanto concerne i rischi per

la salute degli addetti, nella vetroresina, diventano trascurabili i rischi da

fumi di saldatura (si fanno pochissime saldature soltanto durante la

costruzione dello stampo che è una operazione saltuaria); stesso discorso

per le radiazioni. Rimangono presenti i rischi legati al rumore ed alle

vibrazioni ed entrano, avendo un peso rilevante se non addirittura

fondamentale, il rischio per l’esposizione alle sostanze volatili che si

liberano durante i processi produttivi e quelli dovuti alla presenza di

polvere nel taglio e nella levigatura del prodotto finito: rischi chimici.

Per il rischio dovuto alla presenza di solventi negli ambienti di

lavorazione, si rende necessario un ulteriore approfondimento.

Per le polveri, di legno e non, si renderà necessario un approfondimento

nella descrizione dei rischi presenti durante la descrizione dei lavori di

allestimento dove rappresentano un rischio rilevante.

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La presenza di fibre di vetro liberate in aria durante il taglio delle stesse

od il taglio del manufatto rappresenta un rischio molto preoccupante per

la salute dei lavoratori esposti.

Sono in corso studi per stabilire i danni che tali fibre possono portare

all’apparato respiratorio degli esposti; sicuramente sono causa di

dermatiti irritative negli esposti.

Solventi

Certamente lo stirene appare il maggiore fattore di rischio per quanto

riguarda l’esposizione a solventi in relazione alla dose disponibile per

l’assorbimento da parte degli addetti. (M.Ikeda, 1982; M.S. Crandall,

1985; A.A. Jensen, 1990, Sala C. et al. 1992, Gianelli F. et al. 1992).

Il TLV-TWA è la concentrazione media ponderata nel tempo, su una

giornata lavorativa convenzionale di otto ore e su 40 ore lavorative

settimanali, alla quale si ritiene che quasi tutti i lavoratori possono essere

ripetutamente esposti, giorno dopo giorno, senza effetti negativi.

L’attuale TLV-TWA (1) proposto dall’American Conference of

Governmental Industrial Hygienists (ACGIH) è di 85 mg/m3 equivalente

a 20 parti per milione (ppm).

Lo stirene (stirolo, vinilbenzene, feniletilene) si presenta come un liquido

incolore, trasparente, volatile, dal caratteristico odore pungente e

sgradevole ad alte concentrazioni, aromatico a piccolissime

concentrazioni.

Vengono riportati qui di seguito alcuni dati sulla molecola dello stirene:

• formula molecolare: C8H8 ( CH2 = CH – C6H5 )

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• peso molecolare : 104.14

• soglia olfattiva: 0,05 ppm in aria

Lo stirene è pochissimo solubile in acqua (300 mg/l a 20 °C) mentre è

solubile nei più comuni solventi organici; bolle a 146 °C ed è meno denso

dell’acqua (d=0,9).

La sua concentrazione atmosferica si misura in parti per milione (ppm) o

in milligrammi al metro cubo (mg/m3).

I fattori di conversione in condizioni standard sono: 1 ppm=4,26 mg/m3 e

1 mg/m3=0,236 ppm.

Lo stirene polimerizza facilmente e spontaneamente; la polimerizzazione,

che è accelerata dalla luce, dal calore o da agenti chimici (perossidi, sali

metallici, acidi forti), è fortemente esotermica e può portare a forti

aumenti di pressione in recipienti chiusi.

Per questo motivo è normalmente commercializzato con aggiunta di

inibitori (es. idrochinone).

Facendo riferimento alle esposizioni professionali, la principale via di

penetrazione nell’organismo è quella inalatoria: possono essere assorbiti

per questa via sia i vapori di stirene, sia gli aerosol generati nelle

lavorazioni a spruzzo.

L’assorbimento polmonare è molto efficiente: dal 60 al 90 % dello stirene

inalato viene assorbito, penetra nel sangue e viene distribuito in tutto il

corpo; l’attività fisica fa aumentare il volume di aria inspirata ed aumenta

quindi in proporzione l’assorbimento polmonare. Una seconda via di

penetrazione è quella cutanea: lo stirene infatti scioglie i grassi protettivi

della pelle e viene assorbito rapidamente attraverso essa.

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La quantità assorbita per questa via è generalmente poco importante

rispetto a quella inalatoria, ma in particolari condizioni (per es. mani

contaminate con stirene liquido) può determinare un assorbimento

consistente.

Una volta penetrato nell’organismo lo stirene viene distribuito ai vari

organi e soprattutto ai reni, al fegato, cervello, tessuto adiposo.

Lo stirene assorbito viene poi in minima parte eliminato tal quale

nell’aria espirata, mentre oltre il 90 % subisce nel fegato una serie di

trasformazioni che, passando attraverso lo stirene ossido, danno come

principali prodotti finali gli acidi mandelico e fenilgliossilico che

vengono escreti con l’urina.

L’azione dello stirene sembra esplicarsi principalmente a carico del

sistema nervoso periferico (SNP) con un allungamento della velocità di

conduzione sensitiva ed a carico del sistema nervoso centrale (SNC) con

anomalie elettroencefalografiche, allungamento dei tempi di reazione,

riduzione delle abilità percettive e di coordinamento visivo-motorio.

Meno generalizzabili, ma riferiti da più Autori (Murata K. E Coll., 1991;

Mutti A. e Coll., 1985), sono l’alterazione della percezione cromatica ed i

disturbi della memoria. É interessante far notare che gli studi condotti

sembrano evidenziare che la comparsa di effetti sia indipendente dai

livelli di esposizione.

La portata di deficit comportamentali è comunque correlata all’intensità

dell’esposizione e solo in maniera trascurabile alla sua durata. Quindi gli

effetti acuti da stirene si possono riassumere per il SNC:

• sonnolenza, perdita di equilibrio, nausea, cefalea, modica euforia,

aumento dei tempi di reazione;

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• sindrome da stirene: nausea, vomito, anoressia, astenia.

Gli effetti cronici a carico del SNC e del SNP si possono riassumere in:

• alterazioni elettroencefalografiche, riduzione delle abilità

percettive e di coordinamento visivo-motorio, alterazione della

percezione cromatica e disturbi della memoria. Gli effetti dello

stirene sul polmone sembrano essere piuttosto controversi, anche

se il polmone risulta la via principale di ingresso del tossico.

Dalla letteratura emergono rare segnalazioni, ad es., di casi di

asma da stirene (Simonato L. e Coll., 1987; Tomasini M. e Coll.,

1986); va sottolineato che l’azione sul polmone ed in particolare

su tutte le vie respiratorie deve tenere debito conto dell’eventuale

fattore confondente esercitato dagli altri inquinanti aerodispersi

quali polveri e fibre di vetro, presenti nei cicli tecnologici in cui

lo stirene è impiegato.

Tuttavia non è esclusa un’ azione irritante dello stirene sulle vie

respiratorie.

Uno degli aspetti controversi riguarda la epatotossicità dello stirene.

In occasione del 50° Congresso Nazionale della Società Italiana di

Medicina del Lavoro e Igiene Industriale specifiche comunicazioni

riguardanti studi sulla epatotossicità da stirene concludevano

negativamente per un danno epatico prodotto dal solvente almeno per

basse esposizioni o comunque quando l’escrezione dei metaboliti urinari

risulti inferiore ai BEI (Biological Exposure Indices) proposti

dall’ACGIH (Campinoti e Coll., 1987; Dossing M. e Coll., 1985).

Da una revisione della letteratura sul danno epatico di natura

professionale emerge la segnalazione di un aumento della transaminasi

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per esposizioni di tipo continuo a stirene di 100 ÷ 200 ppm, mentre

risultano nella norma per esposizioni dell’ordine di 50 ppm (Franchini I.

e Coll., 1985).

Considerando basse esposizioni a stirene non sono emerse significative

differenze nell’escrezione dell’ac. D-glucarico, come indice di induzione

enzimatica, tra esposti e controlli (Campinoti G. e Coll., 1987) a

conferma di quanto segnalato in precedenti indagini (Mutti A., Franchini

I. 1987) per esposizioni a stirene discontinue anche se talvolta con punte

superiori al TLV. (Vyskocil A. e Coll., 1989).

I risultati della maggior parte degli studi svolti sugli effetti nefrotossici

dello stirene non segnalano contributi significativi relativi ad eventuali

azioni del solvente sul rene (Vyskocil A. e Coll., 1989).

Altri aspetti di fondamentale importanza in tema di patologia da stirene

sono quelli relativi all’eventuale azione cancerogena e mutagena del

solvente.

Per quanto attiene la prima la IARC ha definito, sulla base di una

revisione della letteratura, insufficiente l’evidenza di cancerogenicità per

l’uomo e limitata quella per l’animale (IARC 1987).

Come per altre sostanze, la probabile cancerogenicità deriverebbe dalla

formazione di un ossido (ossido di stirene in questo caso) durante le

trasformazioni metaboliche del solvente. Per questo motivo la IARC

mantiene una classificazione dello stirene nel gruppo 2B, dello stirene

ossido nel gruppo 2°.

Nella letteratura sono state descritte aberrazioni cromosomiche,

micronuclei ed un lieve aumento di incidenza di scambi tra cromatidi

fratelli nel sangue di lavoratori esposti anche a basse concentrazioni di

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stirene (Mirzoev T.A. e Coll. 1990; Moscato G. e Coll. 1984, Cavalleri

A., Gobba F. 1989; Cook R.R. 1989).

Facendo riferimento alla genotossicità, dalla letteratura emerge che lo

stirene fa parte di quel ristretto gruppo di sostanze chimiche per le quali

gli studi sperimentali sono ormai numerosi. Da questi studi la

genotossicità dello stirene e la sua dipendenza dalla attivazione

metabolica della sostanza risulterebbero dimostrate.

L’entità del rischio genetico per l’uomo dipende dalle caratteristiche (via,

intensità e durata) dell’esposizione e dalla conseguente “dose al

bersaglio” dei metaboliti geneticamente attivi.

Misure di prevenzione e protezione

Misure di prevenzione per la sicurezza:

• La scelta dell’installazione di adeguata ponteggiatura e la posa di

idonei parapetti per la protezione di caduta dall’alto;

• Evidenziare parti che possono essere colpite durante le

lavorazioni in ambienti angusti;

• Dotare e mantenere efficienti le protezioni sulle macchine

operatrici;

• Progettare correttamente le operazioni di movimentazione dei

materiali;

• Limitare le operazioni di movimentazione manuale dei carichi;

• Tenere ordine e pulizia negli ambienti di lavoro;

• Verifica periodica degli impianti elettrici;

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• Formare gli addetti alle lavorazioni.

Misure di protezione per la sicurezza:

• Sistemi anticaduta;

• Caschi;

• Occhiali e/o maschere per taglio e saldatura;

• Calzature antinfortunistiche;

• Guanti;

• Formare e addestrare i lavoratori al corretto utilizzo dei DPI

(dispositivi di protezione individuale).

Misure di prevenzione per la salute:

• Ricerca ed adozione nel ciclo produttivo di processi e sostanze

che garantiscano un buon standard per la tutela della salute degli

addetti;

• Separazione delle aree con riduzione del numero degli addetti

esposti a sostanze e/o preparati pericolosi;

• Sorveglianza sanitaria;

• Utilizzo di utensili portatili che garantiscano una buona

attenuazione delle vibrazioni trasmesse al sistema mano –

braccio;

• Limitazione dei lavoratori esposti;

• Progettazione e bonifica dei luoghi di lavoro tenendo conto delle

possibili soluzioni per attenuare al massimo il rumore derivante

dalle lavorazioni;

• Formare gli addetti alle lavorazioni.

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Parete aspirante per laminazioni di piccoli pezzi

Misure di protezione per la salute: seguendo i criteri fondamentali della

priorità negli interventi di bonifica ambientale, le misure di protezione

per la salute sono;

• Efficaci ed efficienti impianti di aspirazione per sostanze volatili;

• Efficaci ed efficienti impianti di aspirazione per polveri e fibre;

• Maschere a mandata / barriera d’aria;

• Maschere facciali per solventi e polveri;

• Cuffie e altri attenuatori del rumore;

• Guanti appositamente scelti per proteggere la cute dalle sostanze

in uso e tute tessuto non tessuto (TNT);

• Formare e addestrare i lavoratori al corretto utilizzo dei DPI

(dispositivi di protezione individuale)

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Tuta monouso TNT

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4 IL RISCHIO STIRENE

Indagini di igiene industriale in Versilia

La USL 12 Viareggio ha effettuato negli anni 2004 e 2005 un’indagine di

igiene industriale sugli addetti alla produzione di scafi, coperte e

sovrastrutture in vetroresina nei due principali cantieri di produzione.

Tali indagini erano indirizzate a quantificare il livello di esposizione

personale (TLV-TWA) e l’indice biologico di assorbimento (BEI) della

sostanza da parte degli esposti; una analoga indagine era stata effettuata,

sempre dalla medesima Azienda Sanitaria, nel 1992. I campionamenti

sono stati effettuati durante la laminazione di uno scafo di 27 metri, in

entrambi i cantieri per l’intero turno di lavoro degli addetti.

Come già accennato, le lavorazioni oggetto di indagine sono state la

laminazione di base e la laminazione dei rinforzi, in quanto occupano il

90 % dell’intera durata del ciclo di costruzione di una imbarcazione in

vetroresina; inoltre sono stati confrontati i risultati con quelli ottenuti da

campionamenti effettuati negli stessi cantieri nel 1992 con le stesse

modalità, con l’obiettivo di confrontare i livelli di esposizione degli

addetti.

Nella tabella seguente sono riportati i valori di media geometrica (GM) e

di deviazione standard geometrica (GSD), dei livelli di esposizione in

riferimento alla lavorazione e confrontati con i valori di GM e GSD

ottenuti nei campionamenti effettuati nel 1992.

Al momento delle lavorazioni all’interno dello stampo erano presenti tre

calate localizzate, funzionanti, posizionate rispettivamente a prua, al

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centro ed a poppa dell’imbarcazione, in prossimità del fondo dello

stampo.

Cantiere navale 1

Cantiere navale 2

N.ro Camp

.

Cantiere Navale 1 (1992)

Cantiere Navale 2 (1992)

N.ro Camp.

GM ± GSD mg/m3

GM ± GSD mg/m3 Tot.

GM ± GSD mg/m3

GM ± GSD mg/m3 Tot.

Laminazione di base 120,39±1,21 142,54±1,58 64 200,16±1,40 209,42±1,51 64

Laminazione rinforzi 157,53±1,49 200,12±1,54 64 215,08±1,38 237,12±1,44 64

Come si può vedere dai dati riportati in tabella, le GM dei livelli di

esposizione degli addetti si sono abbassate rispetto ai campionamenti

effettuati nel 1992.

C’è da sottolineare però il fatto che tale abbassamento non deriva

dall’adozione di un sistema di prevenzione efficace (anche nel 1992

erano presenti all’interno dello stampo durante le lavorazioni tre calate

localizzate) e neppure dall’utilizzo di una resina diversa, ma solamente

dalla riduzione dei carichi di lavoro degli addetti.

Importante è sottolineare anche l’abbassamento del valore limite di

riferimento per le 8 ore (TLV-TWA) proposto dall’American Conference

of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH) dai 213 mg/m3 del 1992

agli 85 mg/m3 attuali.

Nei grafici che seguono vengono riportati i risultati del monitoraggio

biologico rilevati nei due cantieri sia ad inizio (IT) sia a fine turno (FT)

per un totale di 48 campioni.

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Si ricorda che il valore dell’indice biologico di esposizione (BEI)

proposto dall’ ACGIH è 400, riferito alla somma di Ac. Mandelico e ac.

Fenilgliossilico corretta per grammo di creatinina.

Laminazione di base

-300

200

700

1200

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

Dato

mg/

g cr

eat. IT

FT

IBE

Laminazione dei rinforzi

-300

200

700

1200

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

Dato

mg/

g cr

eat. IT

FT

IBE

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61

Dalle rappresentazioni grafiche emerge un significativo superamento del

valore dei BEI proposto dall’ACGIH per gli addetti ad entrambe le

lavorazioni.

Dai risultati del monitoraggio biologico è inoltre emerso un dato già

riscontrato in passato e non solo nelle indagini effettuate presso la USL

12 Viareggio.

Gli addetti che durante la lavorazione fanno uso di dispositivi di

protezione individuale (DPI) presentano valori della somma dei

metaboliti dello stirene a fine turno di un ordine di grandezza inferiore

agli altri addetti che non fanno uso di DPI.

Successivamente nel cantiere navale 1 è stato studiato l’effetto

dell’utilizzo di due resine denominate “a basso contenuto di stirene” sui

livelli di esposizione degli addetti.

Non è stato possibile effettuare l’indagine durante la lavorazione nello

stesso stampo, ma è stata effettuata su due stampi di lunghezza diversa

(rispettivamente 22 e 24 metri).

Nella tabella che segue è riportato l’andamento di media geometrica

(GM) e deviazione standard geometrica (GSD) dei livelli di esposizione

in riferimento alla lavorazione effettuata ed alla resina utilizzata (Cantiere

1).

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Lavorazione GM ± GSD

mg/m3 Resina

Lam. Base (scafo 24 m) 120,39±1,21 Synolite 288 (trad.)

Lam. Base (scafo 22 m) 72,47±1,74 Ashland (-15% stirene)

Lam. Base (scafo 22 m) 94,42±1,34 Atlac E-Nova (- 15%)

Lam. Rinforzi (scafo 24 m) 157,53±1,49 Synolite 288 (trad.)

Lam. Rinforzi (scafo 22 m) 89,65±1,55 Atlac E-Nova (-15%)

Analizzando i dati di GM ± GSD per la resina Ashland, é stata calcolata

la probabilità di superamento del valore limite, secondo l’appendice D

della norma UNI EN 689/97: con un intervallo di confidenza 95 %, la

probabilità di superamento è risultata del 16%, per cui emerge una

situazione inaccettabile.

Si ricorda quanto riportato nel punto D.3 dell’appendice D citata.

Situazione accettabile (verde) prob. <0,1%

Situazione accettabile (arancio) 0,1%<prob.<5% (misure periodiche)

Situazione inaccettabile (rosso) prob.>5%

Per il monitoraggio biologico non sono state riscontrate differenze

significative tra l’utilizzo di resina tradizionale e resine a basso contenuto

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di stirene, per cui non vengono ulteriormente illustrati i dati con grafici o

tabelle.

Dalle indagini effettuate nei cantieri della BVC e della USL 12 i valori

medi (GM±GSD) dei livelli di esposizione, per quasi tutte le lavorazioni

sottoposte ad indagine, sono al di sopra dell’attuale TLV-TWA di 85

mg/m3 proposto dall’ACGIH per lo stirene, anche in presenza di impianti

di aspirazione funzionanti al momento dei campionamenti.

Allo stato attuale non è possibile quindi prescindere dall’uso dei

dispositivi di protezione individuale, anche con l’utilizzo di resine a

basso contenuto di stirene come quelle studiate durante le indagini. Si

hanno inoltre superamenti marcati dell’indice biologico di esposizione

(BEI) proposto ancora dall’ACGIH nei soggetti che non utilizzano DPI

durante le lavorazioni: valore di 400 mg/g (somma acido mandelico più

fenilgliossilico su grammi di creatinina) espressa in milligrammi.

Per il confronto tra resina tradizionale e due resine denominate “a basso

consumo di stirene” è emerso che:

• Durante la laminazione di base dello stampo di lunghezza 22 m

utilizzando la resina ASHLAND, la media campionaria rientra,

con un livello di confidenza del 95 %, nel range 73,35 – 71,59

mg/m3. I dati riferiti a questa lavorazione sono stati analizzati

utilizzando l’approccio statistico riportato nell’all. D della norma

UNI EN 689/97 per confrontare la concentrazione

dell’esposizione professionale con il valore limite. La probabilità

del superamento del valore limite è risultata del 16 %, per cui

anche in questo caso la situazione deve essere definita

“inaccettabile” come riporta la norma UNI citata;

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• La riduzione del valore medio di esposizione nella laminazione

di base rispetto all’uso di resina tradizionale, è risultata del

23,77% nella laminazione di base dello stampo 72 piedi con

resina Ashland, del 23,23 % nella laminazione di base dello

stampo di 22 m con resina Atlac E-Nova;

• La riduzione del valore medio di esposizione nella laminazione

dei rinforzi rispetto all’uso di resina tradizionale, è risultata

ancora del 23,77% nella laminazione dei rinforzi dello stampo di

22 m con resina Atlac E-Nova;

• Nell’esaminare i dati sopracitati è da tenere in considerazione il

fatto che, in riferimento alla laminazione di base, gli addetti

hanno utilizzato un quantitativo ridotto del 11% di resina

Ashland ed un quantitativo ridotto del 15 % di resina Atlac E-

Nova rispetto al quantitativo di resina tradizionale utilizzata nello

stampo di 80 piedi, grossomodo a parità di ore complessive

lavorate. Nella laminazione dei rinforzi il quantitativo di resina

Atlac E-Nova utilizzata nello stampo di 72 piedi è stata inferiore

del 30 % rispetto alla resina tradizionale utilizzata nello stampo

di 80 piedi;

• Dall’esame dei risultati del monitoraggio biologico, in

riferimento alla somma di ac. Mandelico e ac. Fenilgliossilico

corretta per grammo di creatinina, emergono superamenti

consistenti dell’attuale BEI proposto dall’ACGIH, anche nel

personale che ha effettuato le lavorazioni utilizzando la resina

Ashland e la resina Atlac E-Nova.

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A seguito delle indicazioni recepite durante tale indagine, con gli

strumenti legislativi a disposizione dell’Autorità di Vigilanza (foglio di

prescrizione e disposizione) si è provveduto a chiedere ai cantieri lo

studio, la progettazione e la costruzione di nuovi sistemi di bonifica degli

ambienti di lavoro atti a ridurre sensibilmente l’esposizione a stirene.

Contestualmente, ai datori di lavoro degli addetti alla laminazione ed ai

loro medici competenti, si è disposto l’analisi trimestrale delle urine degli

esposti per accertare la quantità di metaboliti presenti negli stessi (è utile

ricordare che anche l’attività di produzione di imbarcazioni in vetroresina

viene realizzata quasi esclusivamente da ditte in appalto che lavorano

all’interno dei cantieri).

Contemporaneamente all’adozione dei provvedimenti si è operata una

campagna di informazione agli addetti circa il rischio a cui sono esposti e

si è richiesto, alle aziende coinvolte, sia la vigilanza sul corretto utilizzo

degli impianti di aspirazione presenti (anche se poco efficaci),

sull’utilizzo dei DPI (maschere facciali a carboni attivi) e le procedure di

ricambio dei filtri delle maschere stesse.

Per verificare l’andamento dell’esposizione degli addetti, nel triennio

2006 – 2008 è ancora in corso l’indagine, da parte della USL 12

Viareggio, sul livello di assorbimento metabolitico degli addetti con

prelievi delle urine direttamente nei luoghi di lavoro, a fine turno del

giovedì.

Come si vede dalle tabelle sottostanti, i provvedimenti adottati e l’opera

di informazione e sensibilizzazione svolta ha prodotto buoni risultati:

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Cantiere 1

CANTIERE DITTA N° CONTROLLI > 600

400 – 599

300 – 399

200 – 299

< 199

1 1 24 0 2 3 3 16

1 2 18 1 3 3 3 8

1 3 4 0 1 0 0 3

1 4 17 0 3 4 3 7

1 5 19 0 0 1 1 17

1 6 11 0 0 0 2 9

1 7 12 0 0 0 0 12

1 8 10 0 1 0 4 5

TOTALE 115 1 10 11 16 77

CANTIERE 1

1% 9%10%

14%

66%

> 600 400 - 599 300 - 399 200 - 299 < 199

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Cantiere 2

CANTIERE 2

5%

9%

22%

55%

9%

> 600 400 - 599 300 - 399 200 - 299 < 199

Valore limite ACGIH: 400 mg (somma acido mandelico più

fenilgliossilico su grammi di creatinina) espressa in milligrammi.

CANTIERE DITTA N° CONTROLLI > 600

400 – 599

300 – 399

200 – 299

< 199

2 1 5 0 1 1 2 1

2 2 15 1 0 1 3 10

2 3 17 3 1 3 3 7

2 4 6 0 1 0 2 3

2 5 2 0 0 0 0 2

2 6 10 1 0 0 2 7

TOTALE 55 5 3 5 12 30

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Per quanto riguarda lo studio, la progettazione e l’adozione di sistemi di

bonifica ambientale all’interno dei cantieri navali, sono stati realizzati

impianti pilota che hanno dato dei soddisfacenti risultati.

Il sistema utilizzato è quello del “push-pull” che prevede l’immissione di

aria pulita, solitamente a prua nel caso degli scafi, che spinge l’inquinante

verso poppa dove viene catturato con l’aiuto di griglie collegate

all’impianto di aspirazione e abbattimento.

In pratica si procede ad un “lavaggio” dell’area interessata.

Con questo sistema, negli impianti prova realizzati dai cantieri, si è

provveduto a ridurre la presenza di stirene, a parità di lavorazione,

nell’ordine del 40/60 % rispetto ai valori rilevati nell’indagine svolta

dalla USL 12 Viareggio nel biennio 2004/2005.

Studi per ridurre l’esposizione a stirene

Negli ultimi anni vi è stata una grossa espansione di studi per cercare di

ridurre l’esposizione a stirene degli addetti alla produzione di scafi,

coperte e sovrastrutture.

I principali studi hanno riguardato:

• Impiego di resine a basso contenuto di stirene;

• Infusione sottovuoto;

• Impianti di aspirazione.

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Resine a basso contenuto di stirene

Lo studio e la sperimentazione sull’utilizzo di resine a basso, o meglio,

con una percentuale inferiore di stirene, non ha prodotto, al momento,

soluzioni migliorative di una apprezzabile rilevanza.

Come esposto in precedenza, nella campagna di igiene industriale

effettuata dalla USL 12 Viareggio nel 2004, si è proceduto a eseguire

campionamenti sia personali che ambientali su una resina a ridotto

contenuto di stirene, durante fasi di produzione dello scafo.

L’analisi dei risultati ottenuti è stata fatta rapportando il campionamento

effettuato contemporaneamente, alle medesime lavorazione eseguite su

uno scafo simile con resine tradizionali.

Al campionamento ha assistito e partecipato con propri tecnici, anche la

multinazionale produttrice delle due resine testate.

Il confronto dei dati raccolti ha evidenziato una riduzione

dell’esposizione dei lavoratori che non ha comunque permesso di

raggiungere livelli sotto il TLV-TWA stabilito dall’ACGIH.

A fronte di tale riduzione si è manifestato un generale malcontento nei

lavoratori che si trovavano ad utilizzare un prodotto con tempi di

polimerizzazione più lunghi.

Infusione sottovuoto

L’infusione sottovuoto si è rilevata come una tecnica effettivamente

valida per quanto riguarda la costruzione di piccoli natanti (< a mt. 10) e

coperte e sovrastrutture.

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La tecnica del sottovuoto è quella ampiamente utilizzata nella produzione

del settore aeronautico che impiega resine epossidiche.

Praticamente, dopo aver incerato e preparato lo stampo, si procede alla

prima laminazione tradizionale di gelcoat ed a quella successiva con

resina viniliestere.

A questo punto lo stampo è pronto e si procede, con l’aiuto di spray

ancoranti, alla posa dei vari tessuti e dei rinforzi. A posa eseguita si

sigilla lo stampo con nylon e si istallano i punti di infusione della resina e

i tubi di aspirazione.

Terminate tali operazioni si procede al collegamento dei tubi per

l’infusione al contenitore della resina e dei tubi di aspirazione alla pompa

del vuoto.

Cominciando ad aspirare l’aria interna al sacco del vuoto sigillato allo

stampo, la depressione che si crea permette l’aspirazione della resina che

bagna i tessuti evitando l’esposizione della sostanza agli addetti

La maggiore criticità del sistema è nella possibilità che rimangano

piccole parti di tessuto non perfettamente infusi di resina che portano a

rendere la costruzione, in quei punti, poco resistente ed a rischio di

rottura.

Nelle imbarcazioni di certe dimensioni (sopra i 15/18 mt) tali rischi

risultano ancora più alti e tali da sconsigliare la tecnica.

Diverso se la tecnica viene adottata su costruzioni effettuate in fibre di

vetro o carbonio infuse di resine epossidiche.

L’utilizzo di tali resine prevede che i tessuti vengano pre-impregnati di

resina e, quindi, il sottovuoto è la migliore tecnologia per avere un

prodotto leggero e resistente.

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Infusione sottovuoto di una coperta

Impianti di aspirazione

Lo studio e la progettazione di impianti di aspirazione che garantiscano

un efficace ed efficiente sistema di bonifica è, molto probabilmente, il

tipo di ricerca che può effettivamente ridurre sensibilmente il livello di

esposizione degli addetti.

La parte di lavorazione più lunga e dove si è manifestato il maggior

inquinamento ambientale è la costruzione dello scafo.

In questa fase lavorativa, attualmente gli interventi di bonifica con un

impianto per solventi hanno seguito due direzioni: impianti di ricambio

d’aria nel capannone ed impianti di aspirazione localizzata.

Queste soluzioni si sono manifestate estremamente carenti per i seguenti

motivi:

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• Il ricambio d’aria nel capannone (tecnica di lavaggio e

diluizione) ha sicuramente l’handicap di non essere appropriato

per il tipo di sostanza. Infatti i vapori di stirene hanno una densità

di 3,6 che li rende più pesanti dell’aria e quindi, durante la

polimerizzazione della resina, tendono a collocarsi sul fondo

degli stampi. Questo fatto, soprattutto nella resinatura degli scafi,

fa si che i ricambi d’aria non riescano a lavare e diluire la

maggior parte dell’inquinante.

• L’aspirazione localizzata permette di arrivare vicino alla fonte di

emissione dell’inquinante (come prevede l’art. 20 del DRP

303/56) con l’ausilio di tubazioni mobili in corrugato plastico.

Qui il problema nasce perché l’efficacia dell’aspirazione è

notevolmente compromessa dalla perdita della velocità di cattura

a breve distanza dall’imbocco della tubazione. Infatti la velocità

di cattura dello stirene, per ottenere una buona bonifica

ambientale, deve essere di 0,5/1 m/sec.; per fare un esempio

chiarificatore, se viene utilizzato una tubazione di 120 mm. di

diametro, pur avendo nel condotto una velocità di cattura

superiore a 1 m/sec., ad una distanza di 50 cm. si avrà una

velocità di cattura vicinissima a zero. Questo comporta che

durante le operazioni di laminazione si dovrebbe poter disporre

di molti tubi aspiranti posizionate nelle vicinanze della zona di

lavorazione con grossi problemi sia logistici che di gradimento

da parte degli addetti.

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73

Questo ultimo fattore e molto importante: le soluzioni previste

devono avere un discreto gradimento da parte dei lavoratori addetti

alla produzione.

I due cantieri in cui sono state eseguite le indagini di igiene

industriale, su “invito”, indicazione ed in collaborazione con la USL

12 Viareggio, hanno sperimentato e stanno portando a termine

l’installazione di impianti di aspirazione che uniscono i pregi delle

due tipologie di impianti sopra descritti per ottenere un sistema di

lavaggio e diluizione localizzata, tenendo sempre in dovuta

considerazione la tipologia della sostanza inquinante.

L’impianto dovrà prevedere un sistema di ricambio d’aria nelle

vicinanze della zona di laminazione attraverso l’immissione di aria

pulita che diluisce e spinge l’inquinante verso la zona di cattura. I

fattori che dovranno essere tenuti in considerazione nella

progettazione sono:

• Avere una velocità ed una distribuzione dell’aria immessa

non troppo elevata per non modificare sostanzialmente il

processo di polimerizzazione e non creare vortici durante il

percorso verso l’aspirazione;

• Climatizzare la temperatura dell’aria immessa al fine di

migliorare sia le condizioni di lavoro degli addetti che la

qualità dei manufatti. Infatti le norme tecniche danno

indicazioni di procedere alle attività di laminazione a

temperature tra i 18 e i 28 °C.

• Utilizzare attrezzature di captazione che aumentino la

superficie aspirante;

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• La distanza tra la fonte di immissione di aria pulita e

l’aspirazione.

Come detto in precedenza, lo stirene è leggermente più pesante dell’aria e

quindi tende a stare in basso; comunque va tenuto conto che è sempre una

sostanza aereodispersa.

Queste caratteristiche ci permettono di stabilire che la sostanza va

eliminata dall’ambiente di lavoro con le seguenti modalità di intervento:

• Spinta della sostanza con l’immissione di aria pulita.;

• Aspirazione che garantisca una velocità di cattura intorno ad

1 m/sec.

Per ottenere questo sistema di bonifica si può intervenire con la

progettazione e l’installazione di due tipologie di impianti che si

differenziano dal posizionamento sia della spinta di aria in entrata che

della captazione.

I° caso: sistema longitudinale

In questo caso l’immissione di aria pulita viene posizionata a prua

dell’imbarcazione mentre la griglia di captazione è a poppa; in virtù della

lunghezza del tratto, che varia da 20 a 35 metri, si posizionano ulteriori

immissioni dall’alto, lungo l’asse longitudinale dello scafo.

In questo modo si sfrutta la naturale tendenza dello stirene a posizionarsi

sul fondo e si aziona una spinta dell’inquinante verso la captazione

agevolata dalla conformazione dello scafo.

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Esempio di sistema longitudinale

Schema sistema longitudinale

2 2

1. immissione aria

2. immissione aria

3. captazione

1 3

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II° caso: sistema trasversale

Questo sistema si basa sulla riduzione del percorso dello stirene

determinato dalla immissione verso la captazione.

Si procede ad installare la immissione sopra il fianco dello scafo

posizionando la captazione sull’asse longitudinale dello stesso. In questo

modo si ha l’effetto che il percorso dello stirene diminuisca sensibilmente

da 20/35 metri a 3/5 mt.

Contemporaneamente si procede alla copertura dello scafo con teli in

plastica ottenendo una compartimentazione dello scafo che ha due

vantaggi.

Il primo è sicuramente un vantaggio di prevenzione, in quanto si ottiene

la riduzione degli esposti confinando l’inquinamento all’interno dello

scafo non esponendo a stirene chi effettua altre attività all’interno del

capannone dove lo scafo è posizionato.

Il secondo vantaggio è prettamente tecnico, in quanto si riduce sia la

quantità di aria che le eventuali interferenze esterne destabilizzanti del

percorso progettato per l’inquinante.

La messa a punto di questo sistema vede l’impegno di 2 aziende (una di

costruzione scafi, l’altra di progettazione bonifiche ambientali) e della

USL 12 Viareggio.

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Esempio di immissione aria dal bordo dello scafo

Qualunque sia il sistema utilizzato le portate dell’aria vanno calcolate in

base al volume d’aria presente nella zona di lavoro.

Come si ricordava precedentemente, mentre in aspirazione la velocità

diminuisce sensibilmente man mano che ci si allontana dalla fonte di

Schema sistema trasversale

1 1

1. immissione aria

2. captazione

2

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aspirazione, nell’immissione di aria la velocità rimane pressoché costante

durante tutto il percorso garantendo una spinta sufficiente allo

spostamento dell’inquinante verso l’aspirazione.

Nell’utilizzo dei sistemi con immissione d’aria sono fondamentali alcuni

aspetti:

• Testare una giusta concentrazione della resina che supporti

l’eventuale accelerazione del processo di polimerizzazione

causato dalla immissione di aria;

• Modificare la lavorazione in virtù degli eventuali cambiamenti

apportati dall’immissione di aria;

• Addestrare e formare gli addetti alle nuove condizioni di lavoro.

Queste soluzioni sono ancora in fase di sperimentazione per cui la loro

efficacia è in corso di valutazione; visto l’attuale valore di TLV – TWA è

sicuramente troppo ottimistico sperare di raggiungere livelli di

esposizione personale al di sotto dello stesso. In ogni caso la diminuzione

delle concentrazioni di stirene nelle zone di lavoro è una misura

altamente migliorativa che permettera un più razionale utilizzo delle

maschere.

Maschera a carboni attivi

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5 LA MOVIMENTAZIONE DELLE IMBARCAZIONI

Una volta completata la costruzione strutturale dell’imbarcazione,

qualunque sia il materiale utilizzato, si procede allo spostamento

trasportando la struttura al cantiere dove sarà allestita. Per fare un

confronto con l’edilizia si può tranquillamente affermare che nel cantiere

di costruzione si fa la“struttura muraria” mentre nel cantiere di

allestimento si procede nella rifinitura.

La differenza sostanziale sta nel rapporto economico: in edilizia,

normalmente, i costi di rifinitura rappresentano circa il 60% del totale dei

costi mentre nella cantieristica navale i costi di allestimento si aggirano

intorno al 80 - 90% del costo dell’opera.

Una volta terminata, nel cantiere di allestimento, l’imbarcazione viene

messa in acqua; in questo capitolo si procederà ad analizzare anche la

movimentazione per la messa in acqua.

Trasporto tra cantieri

Una volta terminate le operazioni di costruzione di scafo, coperta e

sovrastruttura si deve procedere al trasporto dell’imbarcazione al cantiere

dove verranno eseguite le operazioni di allestimento.

Anche per tali operazioni si può procedere in vari modi a seconda

dell’ubicazione dei cantieri. A volte, sempre per problemi di logistica, le

operazione di assemblaggio tra scafo, coperta e sovrastruttura vengono

effettuate nel cantiere di allestimento.

Le modalità di trasporto possono essere le seguenti:

• Trasporto su gomma;

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• Trasporto via mare;

• Trasporto su gomma e mare.

Trasporto su gomma

Con l’ausilio dei mezzi di sollevamento presenti nel cantiere si sposta la

costruzione dal sito in cui è stata prodotta ad enormi carrelli.

Una volta assicurato al carrello questo viene agganciato alla motrice ed

inizia l’operazione di trasferimento come “carico eccezionale”.

Di solito tali operazioni vengono effettuate di notte per non provocare

problemi di circolazione.

Carrello per il trasporto su gomma

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Una volta raggiunto il cantiere di destinazione si procede all’operazione

inversa: si sposta l’imbarcazione da allestire dal carrello al luogo di

allestimento mettendola in “livello” e stabilizzandola con l’ausilio di

tacche in legno e puntelli in metallo.

Tali operazioni vengono effettuate per imbarcazioni di media grandezza

intorno ai 30 metri di lunghezza.

Trasporto via mare

Per trasportare navi da allestire via mare, si può procedere in diversi modi

a seconda del tipo di mezzo di sollevamento a disposizione dei cantieri e

dell’alloggiamento della nave sia durante la costruzione che durante

l’allestimento.

Per le navi in metallo di solito si procedere ad effettuare una operazione

di varo su scalo inclinato da parte del cantiere costruttore e ad una

operazione di alaggio sempre su scalo inclinato da parte del cantiere di

allestimento.

Una possibile variante è quella del bacino allagabile; se la nave è stata

costruita in un bacino allagabile si procede all’allagamento dello stesso

ed al traino dell’imbarcazione verso il cantiere di allestimento dove può

essere alata sempre su uno scalo inclinato o può essere alloggiata in un

bacino allagato da cui viene, dopo il posizionamento e la taccatura,

aspirata l’acqua.

Nel caso di vari ed alaggi su scali inclinati, si procede alla

movimentazione con l’ausilio di grossi verricelli. Un sistema di alaggio

non molto comune, ma presente in due cantieri navali Viareggini, è

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quello di posizionare l’imbarcazione in acqua sopra una piattaforma

posizionata sul fondo della banchina; una volta posizionata e taccata la

nave, la piattaforma emerge, utilizzando un sistema idraulico, e porta in

secca l’imbarcazione.

Alaggio su scalo inclinato di una costruzione in metallo da allestire

Per le navi in vetroresina, di solito, lo spostamento dai cantieri all’acqua

per il trasporto si fa con un mezzo di sollevamento chiamato Travel Lift

che non è altro che una doppia gru a cavalletto che aggancia la nave con

l’ausilio di grosse fasce in tessuto e si sposta su enormi ruote mettendo la

nave in acqua in appositi bacini rientranti presenti in banchina.

Il trasporto via mare viene effettuato a traino di rimorchiatori.

Nelle operazioni di varo e alaggio è quasi sempre presente, a prescindere

della tipologia utilizzata, una squadra di sommozzatori.

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Movimentazione di una imbarcazione con travel lift

Trasporto su gomma e mare

Questa tipologia di trasporto si rende necessaria quando uno dei due o

tutti e due i cantieri non hanno l’accesso diretto alla banchina del porto

od ad un canale navigabile.

In questo caso è indispensabile l’utilizzo di mezzi di sollevamento come

gru e Travel Lift per il passaggio dell’imbarcazione sui carrelli.

Trasporto per varo finale

Non tutti i cantieri di allestimento navali hanno l’accesso diretto alla

banchina; per tale motivo si deve procedere come per il trasporto

gommato da cantiere a cantiere.

L’unica differenza sta nel posizionamento, con l’ausilio del travel lift,

della nave ultimata direttamente all’ormeggio in banchina.

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Il varo fatto nei cantieri adiacenti alla banchina varia a seconda della

sistemazione della nave durante l’allestimento.

Nella maggior parte dei casi si avvicina la nave alla zona di operatività

del travel sempre con l’ausilio di carrelli trainati da motrici.

Una volta posizionata sul travel, l’imbarcazione viene messa in acqua

nell’apposito bacino rientrante.

Sicuramente il sistema di varo più affascinante è quello che viene

effettuato sugli scali inclinati.

In questi casi dopo aver tolto le taccature si fa scivolare lentamente la

nave verso l’acqua: il tipico varo che ognuno immagina.

Nel caso che la barca sia stata allestita in bacino, il varo non è altro che

l’allagamento del bacino.

Per le piattaforme, il varo rappresenta l’operazione inversa all’alaggio: si

posiziona la nave e si abbassa la piattaforma fino al fondo.

Rischi e misure di sicurezza

Durante le operazioni di trasporto, l’esposizione degli addetti a rischi per

la salute risulta essere quasi del tutto trascurabile.

I rischi riguardano principalmente la sicurezza e sono legati

maggiormente a problematiche di movimentazioni eseguite con gru di

vario tipo e verricelli.

Il recepimento, nel vasto contenitore del D.L.vo 626/94, della Direttiva

Comunitaria 95/63CE, in particolare con l’art. 4 ter del D.L.vo 359/99,

detta le condizioni ed i requisiti di sicurezza per l’uso di attrezzature

destinate a sollevare carichi: queste sono le misure di sicurezza che

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devono essere adottate durante le operazione di trasporto delle

imbarcazioni.

Tali misure sono:

• gli accessori di sollevamento siano scelti in funzione dei carichi

da movimentare, dei punti di presa, del dispositivo di aggancio,

delle condizioni atmosferiche, nonché tenendo conto del modo e

della configurazione dell’imbracatura; le combinazioni di più

accessori di sollevamento siano contrassegnate in modo chiaro

per consentire all’utilizzatore di conoscerne le caratteristiche

qualora esse non siano scomposte dopo l’uso; gli accessori di

sollevamento siano depositati in modo tale da non essere

danneggiati o deteriorati;

• allorché due o più attrezzature di lavoro che servono al

sollevamento di carichi non guidati sono installate o montate in

un luogo di lavoro in modo che i loro raggi di azione si

intersecano, siano prese misure appropriate per evitare la

collisione tra i carichi e gli elementi delle attrezzature di lavoro

stesse;

• i lavori siano organizzati in modo tale che, quando un lavoratore

aggancia o sgancia manualmente un carico, tali operazioni

possano svolgersi con la massima sicurezza e, in particolare, in

modo che il lavoratore ne conservi il controllo diretto o indiretto;

• tutte le operazioni di sollevamento siano correttamente progettate

nonché adeguatamente controllate ed eseguite al fine di tutelare

la sicurezza dei lavoratori; in particolare, per un carico da

sollevare simultaneamente da due o più attrezzature di lavoro che

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servono al sollevamento di carichi non guidati, sia stabilita e

applicata una procedura d’uso per garantire il buon

coordinamento degli operatori;

• qualora attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di

carichi non guidati non possano trattenere i carichi in caso di

interruzione parziale o totale dell’alimentazione di energia, siano

prese misure appropriate per evitare di esporre i lavoratori ai

rischi relativi; i carichi sospesi non devono rimanere senza

sorveglianza salvo il caso in cui l’accesso alla zona di pericolo

sia precluso e il carico sia stato agganciato e sistemato con la

massima sicurezza;

• allorché le condizioni meteorologiche si degradano ad un punto

tale da mettere in pericolo la sicurezza di funzionamento,

esponendo così i lavoratori a rischi, l’utilizzazione all’aria aperta

di attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi

non guidati sia sospesa e siano adottate adeguate misure di

protezione per i lavoratori e, in particolare, misure che

impediscano il ribaltamento dell’attrezzatura di lavoro.

Naturalmente tutti i mezzi di sollevamento soggetti a verifica dovranno

essere sottoposti alla stessa secondo la normativa vigente.

Rimane l’obbligo dell’utilizzo dei DPI che garantiscano una efficace ed

efficiente protezione, durante tali operazioni, dai contatti accidentali

come caschi, scarpe antinfortunistiche, ecc. L’esperienza maturata anche

in altre tipologie di movimentazione, insegna che l’elaborazione di una

corretta procedura di movimentazione rappresenta sicuramente una

fondamentale misura di sicurezza; ma è essenziale che su tale procedura

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ci sia una adeguata informazione e formazione degli addetti ed un elevato

grado di addestramento.

L’addestramento è fondamentale anche per l’operato in sicurezza del

sommozzatore; nel caso di suo utilizzo è anche indispensabile un

apprezzabile affiatamento tra lo stesso e gli altri lavoratori coinvolti nelle

operazioni.

Varo di una imbarcazione con travel lift

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6 LA MESSA IN SICUREZZA DELL’IMBARCAZIONE

Ponteggio e protezioni

La prima e fondamentale operazione per la messa in sicurezza

dell’imbarcazione è la costruzione del ponteggio, all’esterno dello scafo,

secondo l’elaborato tecnico fornito dal progettista dello stesso; tale

operazione viene comunemente svolta da ditte specializzate di pontisti.

I ponteggi sono costruiti sia con ponteggi metallici che con profilati

metallici (es. tubi Innocenti) che vengono bloccati tra di loro con delle

placchette di serraggio imbullonate o da elementi prefabbricati, il piano

di calpestio è costituito o da tavole di legno o da pannelli metallici

“prefabbricati” con misure standard.

Il ponteggio quindi viene ancorato allo scafo secondo lo schema indicato

dal progettista.

Altra operazione importantissima è la messa in atto tutte le protezioni

all’interno dello scafo contro il pericolo di caduta all’interno delle

aperture situate nei vari ponti; quindi si costruiscono i parapetti attorno

alle aperture usando sempre dei tubi Innocenti; per ultimo vengono

posizionate e fermate le scale portatili per l’ accesso tra un ponte e l’altro.

Nei locali dove sono presenti, già dalla fase di costruzione scafo, delle

scale fisse queste vengono dotate o di parapetto o di corrimano.

Installazione impianti illuminazione

Dopo la messa in sicurezza dell’imbarcazione viene posto in opera, a cura

degli elettricisti del cantiere, l’impianto di illuminazione diffusa in tutti i

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locali in cui successivamente si dovrà operare, parallelamente viene

installato anche l’impianto di illuminazione di emergenza che dovrà

garantire una certa illuminazione nei vari locali in caso di interruzione

dell’energia elettrica di alimentazione dell’impianto illuminate.

Viene inoltre predisposto l’impianto con prese a spina per l’attacco delle

attrezzature elettriche portatili che si dovranno utilizzare nelle varie fasi

dell’allestimento.

Per quanto riguarda le costruzioni in metallo, sulla base di quanto

previsto dall’art. 313 del D.P.R. 547/55 (... nei lavori entro grandi masse

metalliche è vietato l’uso di utensili elettrici portatili a tensione superiore

a 50 Volt verso terra), sia l’impianto elettrico di illuminazione che quello

usato per l’alimentazione delle attrezzature da lavoro portatili è ancora

alimentato normalmente con tensione di 48 Volt.

Si è usato il termine “ancora” in quanto, sulla base di quanto previsto dal

D. L.vo 272/99 per i lavori di manutenzione, riparazione e trasformazione

su navi, si ritiene possibile l’utilizzo di tensioni superiori se lo scafo è

collegato all’impianto di terra del cantiere e l’alimentazione è protetta da

interruttori differenziali magnetotermici.

I cavi di tali impianti vengono posizionati al soffitto, per quanto riguarda

l’impianto di illuminazione, ed a parete, sollevati da terra, per quanto

riguarda l’impianto di alimentazione delle attrezzature elettriche portatili

in modo da non intralciare il passaggio delle maestranze che eseguiranno

di seguito l’allestimento.

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Dislocamento presidi antincendio e cartellonistica

I componenti della squadra antincendio del cantiere i cosiddetti “guardia

fuoco” salgono a bordo dell’imbarcazione e provvedono ad installare nei

vari locali degli idonei estintori per tipo e classe, appropriati alle

lavorazione che si svolgeranno nei vari locali ed ai materiali impiegati nel

ciclo lavorativo, ed in numero sufficiente in modo da prevenire

tempestivamente il propagarsi di un eventuale incendio insorto a bordo

durante le lavorazioni. A cura degli stessi “guardia fuoco” viene anche

posizionata a bordo la segnaletica indicante i percorsi e le uscite di

emergenza nel rispetto del piano generale di emergenza messo a punto

dal cantiere.

Predisposizioni impianti di aspirazione

Per ultimo vengono predisposti gli impianti di aspirazione, posizionando

all’interno dei vari locali dei tubi in gomma collegati agli impianti

centralizzati di aspirazione; gli impianti di aspirazione si differenziano a

seconda della tipologia dell’imbarcazione. Per le imbarcazioni in

vetroresina gli impianti centralizzati presenti nei cantieri dovranno

provvedere all’aspirazioni separata di solventi e polveri. Per quanto

riguarda le costruzioni in metallo è indispensabile la presenza di impianti

centralizzati per l’aspirazione di polveri e fumi di saldatura.

Al termine di tutte queste operazioni si può considerare la barca in

sicurezza e quindi si può consentire l’accesso alle maestranze per

eseguire le varie lavorazioni di allestimento.

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Rischi e misure di sicurezza

Come per le operazione di movimentazione, anche durante la messa in

sicurezza dell’imbarcazione, si può tranquillamente ritenere trascurabili i

rischi per la salute mentre si deve porre attenzione alla prevenzione e

protezione da rischi per la sicurezza quali:

• Rischi di caduta dall’alto durante la fase di allestimento delle opere

provvisionali (ponteggi, parapetti ecc.);

• Rischi di elettrocuzione durante la fase di installazione dell’impianti

di bordo;

• Rischi di origine meccanica per le altre fasi di lavoro.

In conseguenza le misure da porre in atto per una corretta prevenzione e

protezione dei lavoratori saranno:

• Elaborazione del PiMUS (piano di montaggio, uso e smontaggio) del

ponteggio dove siano riportate le indicazioni circa le modalità di

allestimento delle opere provvisionali;

• Utilizzo di dispositivi anticaduta;

• Lavorazioni sull’impianto elettrico non in tensione;

• DPI quali scarpe, caschi, guanti, ecc.

Il personale adibito al montaggio, smontaggio e trasformazione dei

ponteggi deve essere adeguatamente formato; la formazione deve

avvenire con la frequenza ad un apposito corso con lezioni teoriche e

pratiche le cui materie sono stabilite dalla normativa vigente.

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Ponteggi esterni

Parapetti interni allo scafo

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7 I LAVORI DI ALLESTIMENTO

Descrivere tutto il ciclo di allestimento delle imbarcazioni da diporto

richiederebbe una lunga trattazione; per questo motivo è stato scelto di

rappresentare solo le operazioni più importanti. Va anche premesso che

fino a pochi anni fa i lavori di allestimento di imbarcazioni in metallo si

differenziavano da quelli per le imbarcazioni in vetroresina.

Negli anni questa differenziazione è andata man mano a ridursi fino a

quasi scomparire nel ciclo lavorativo attuale.

Compartimentazione

Una volta terminate le operazioni di costruzione, iniziano le fasi che

caratterizzano il prodotto finale: sono le fasi in cui vengono allestite le

imbarcazioni che vanno ad assumere l’aspetto esterno e, soprattutto,

interno che le rende invidiabili “ambasciatori” del lusso.

La maggior parte di lavorazioni che vengono effettuate sono

caratterizzate dalla ricerca del “bello”. Quasi nulla si fa per l’essenziale,

quasi tutto si fa per il superfluo.

Sicuramente è essenziale la parte iniziale della fase di allestimento che è

caratterizzata dall’impiantistica e dalla compartimentazione “secondaria”.

Si definisce tale compartimentazione secondaria in quanto una prima

compartimentazione (primaria) è già stata effettuata nel cantiere di

costruzione: facendo un raffronto con quanto viene effettuato nelle

costruzioni edili, la compartimentazione primaria è più strutturale e

paragonabile alle mura delle abitazioni mentre la compartimentazione

secondaria ha lo scopo di ricavare vari locali e somiglia alle pareti.

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Solitamente nella prima compartimentazione vengono delimitate le zone

principali della nave quali:

Locale macchine;

Locali di servizio (cucina, dispensa, lavanderia, ecc)

Locali equipaggio;

Salone ponte di coperta;

Cabina armatore;

Cabine ospiti;

Ponte di comando.

Nella successiva compartimentazione si provvede a dividere i locali per

ottenere gli ambienti dove troveranno posto:

Cucina;

Dispensa;

Lavanderia;

Cabina comandante;

Cabine personale di bordo;

Servizi nelle cabine armatore ed ospiti.

La prima compartimentazione viene fatta quasi sempre con lo stesso

materiale con cui sono stati costruiti scafo, coperta e sovrastruttura; la

seconda compartimentazione viene fatta in legno o materiali

incombustibili.

Infatti attualmente la maggior parte dei megayachts vengono costruiti con

la classificazione per essere destinati al charter (noleggio).

La destinazione al charter li rende equiparati a navi da crociera e

costringe i cantieri a classificare le navi con la Charter Class.

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Tale classificazione prevede l’utilizzo, per la compartimentazione di

materiale incombustibile. Subito dopo si procede all’applicazione dello

smalto a finire su tutte le superfici visibili, nella sala macchine e nei

locali d’ispezione.

Verniciatura

L’applicazione della pittura viene fatta a pennello od a rullo per le piccole

riprese, mentre la verniciatura che viene effettuata con l’ausilio di

impianto airless prevede l’applicazione di 2 mani di pittura epossidica o

poliestere ed una mano di smalto poliuretanico a finire.

Tale operazione viene eseguita da ditte specializzate (in appalto) e di

norma senza la presenza di altri operatori, quindi al di fuori del normale

orario di lavoro.

Sulle superfici dei locali interni allo scafo in precedenza verniciate e che

dovranno di seguito essere coibentate viene applicato a spruzzo, da parte

dei verniciatori, un prodotto anticondensa. Ultimate tali operazioni si

iniziano le operazione di preinstallazione degli impianti tecnici (elettrici,

idraulici, condizionamento, ecc.) e le operazioni di coibentazione e

insonorizzazione dei locali destinati agli alloggi sia di armatore e ospiti,

sia del personale di bordo.

Il materiale fonoassorbente e termoisolante (tagliafuoco) viene applicato

allo scafo sia sulle pareti che sul soffitto mediante fissaggio ad arpioni

(spilli) saldati in precedenza allo scafo stesso; tali arpioni vengono fissati

alle lamiere mediante saldatura, ad opera dei carpentieri, prima della

spruzzatura dell’anticondensa.

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I pannelli di lana di vetro vengono tagliati e sagomati manualmente con

utensili tipo trincetti o forbici e poggiati manualmente; quindi vengono

rivestiti esternamente con un tessuto in lana di vetro.

A rivestimento completato i pannelli vengono trattenuti per mezzo degli

spilli sui quali vengono infilate le rondelle di trattenuta che restano fissate

nella posizione a seguito della piegatura manuale dello stelo degli spilli;

successivamente a completamento dell’operazione si provvede alla

nastratura (rifinitura del lavoro per sigillare i vari pannelli accoppiati) per

mezzo di nastro adesivo di tela in fibra di vetro.

Le operazioni di coibentatura vengono effettuate sia sugli scarichi dei

motori e dei gruppi elettrogeni che sui tubi degli impianti di

condizionamento e dei tubi di ventilazione. Successivamente si procede

alla stuccatura dello scafo esterno dell’imbarcazione.

Si procede all’applicazione di un prodotto adesivante epossidico per

mezzo di impianto airless.

Appena l’adesivante è essiccato si procede ad una leggera carteggiatura,

eseguita con levigatrici rotorbitali munite di carta abrasiva a grana molto

fine, in modo da rendere le superfici pronte alla fase successiva di

stuccatura.

Preparata la superficie si procede alla stuccatura dell’opera morta dello

scafo e della sovrastrutture utilizzando uno stucco epossidico; per prima

cosa vengono eseguite le guide orizzontali e verticali larghe circa 5 cm e

distanziate di circa 2,5 metri che servono come punti di riferimento per la

stesura di tutto lo stucco restante che viene steso per mezzo di cazzuole.

Appena lo stucco è asciugato si procede alla carteggiatura delle guide

prima con la scartatrice rotorbitale e poi con stecche di legno ricoperte di

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carta abrasiva; ultimata tale operazione si procede a riempire le superfici

comprese tra le guide con varie passate di stucco epossidico fino a

raggiungere lo spessore desiderato che varia da 3 a 5 cm .

Lo stucco viene preparato su pianali di legno dove viene impastato con il

catalizzatore, quindi viene a breve termine applicato alle varie parti dello

scafo con l’ausilio di cazzuole e steso con delle stecche in legno e/o

metallo, per le parti più grandi, e con spatole metalliche per parti piccole

o per eseguire eventuali ritocchi. La stesura con le stecche metalliche

serve anche come prima livellazione dello stucco rispetto alle guide

preformate. Appena lo stucco è catalizzato e seccato, dopo circa 20 ore

dalla deposizione, si procede alla carteggiatura dello stesso in modo da

rendere la superficie perfettamente liscia e livellata per eseguire la

successiva pitturazione. La carteggiatura viene eseguita in due fasi, nella

prima fase con l’utilizzo di smerigliatrici orbitali e rotorbitali munite di

impianto di captazione delle polveri incorporato che servono ad eliminare

i grossi difetti creatisi sulla superficie a seguito della prima grossolana

livellazione fatta con le stecche metalliche o le spatole; successivamente

si procede alla carteggiatura eseguita con stecche di legno della

lunghezza di circa 3 – 4 metri con applicata carta abrasiva di grana grossa

in un primo momento fino ad arrivare a carta abrasiva di grana fine al

termine dell’operazione. Questa operazione viene eseguita da più persone

(2, 3, 4) contemporaneamente a seconda della lunghezza della stecca

stessa che è variabile nella sua lunghezza in funzione del punto dello

scafo da carteggiare. Terminata la levigatura dello stucco si procede alla

preparazione delle superfici per la pitturazione finale; la prima

operazione consiste nell’applicazione a spruzzo di una mano di fondo

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epossidico ad alto spessore, quindi si procede ad eventuali ritocchi con

stucco per eseguire la correzione di imperfezioni.

Appena lo stucco è essiccato si esegue la carteggiatura manualmente

dello stesso con l’ausilio di stecche di legno ricoperte con carta abrasiva;

livellata la superficie ed eliminate le imperfezioni si procede all’

applicazione a spruzzo di una mano di fondo epossidico e successiva

carteggiatura manuale con stecca di legno e carta abrasiva finissima. Se a

questo punto si riscontrano ancora piccole imperfezioni si ripete

l’operazione fino alla definitiva scomparsa delle stesse.

Quando la superficie è perfettamente levigata in tutti i suoi punti si

procede alla pulizia per rimuovere ogni traccia di polvere prima

aspirando la polvere con un aspirapolvere portatile quindi soffiando la

superficie con una pistola ad aria compressa e pulendola con un panno.

A questo punto si applica a spruzzo una mano di sottosmalto; appena lo

smalto è essiccato si esegue un’ulteriore carteggiatura manuale della

superficie da verniciare con l’utilizzo di stecche di legno con carta

abrasiva a grana finissima.

Dopo aver carteggiato manualmente con stecca e carta abrasiva finissima

il sottosmalto si passa alla pulizia delle superfici per eliminare tutta la

polvere, quindi si procede al lavaggio con solvente di tutte le superfici da

verniciare per eliminare qualsiasi impurezza in modo da far aderire bene

la vernice alla superficie da verniciare.

La verniciatura inizia con l’applicazione di una prima mano di vernice

(smalto) a finire mediante l’utilizzo di impianto airless, successivamente

appena lo smalto è essiccato si procede ad una leggera carteggiatura con

macchine rotorbitali munite di carta abrasiva finissima, quindi si esegue

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una perfetta pulizia delle superfici e si sgrassa la superficie con un panno

imbevuto di solvente antisiliconico. Infine si esegue la verniciatura finale

con l’applicazione a spruzzo di due mani di vernice a finire.

Per la verniciatura esterna è stata recentemente messa a punto una nuova

tecnologia con utilizzo di azoto. Nei processi industriali, sia in fase

produttiva che in quella applicativa, si utilizzano ampliamente gas

cosiddetti inerti per la conservazione, il trasporto e la proiezione di

vernici. Le caratteristiche dell' azoto rispetto all' aria sono la bassa densità

e la bassa temperatura di fusione e di ebollizione che lo rendono un

veicolo gassoso tecnicamente ottimizzato rispetto ad altri gas inerti per

eccellenza come l' argon, il cui utilizzo è reso proibitivo dai costi.

L'impiego dell' azoto come propellente per sistemi di verniciatura, è

un campo nel quale si stanno invece ottenendo risultati lusinghieri.

L' utilizzo di azoto invece permette di evitare qualsiasi trattamento

preliminare del manufatto in quanto per sua stessa natura è anidro, tende

ad annullare qualsiasi presenza di umidità al contorno, come pure nel

supporto, ed avendo un peso specifico basso non altera minimamente il

flusso in uscita dall' aerografo.

Inoltre, potendolo scaldare a temperature anche oltre i 50°C, genera un

effetto fluidificante della vernice stessa abbattendo il contenuto di

solvente, riducendo la pressione di spinta e quindi riducendo l' effetto

dello "spolvero". Il bassissimo punto di rugiada permette di eliminare

istantaneamente qualsiasi presenza di umidità residua nel supporto,

eliminando l'annoso problema del blistering (presenza di bolle).

In tale sistema, il fluido vettore tradizionale (aria compressa essiccata e

filtrata) è sostituito con aria modificata ricca di azoto (concentrazione N2

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fino al 99,5%) perfettamente pulita, ionizzata e secca (punto di rugiada a

1 Atm: -60°C) avente temperatura (regolabile tra +5 e +80°C) e pressione

(regolabile tra 0,5 e 8 bar/g) di utilizzo ottimali per la stesura, distensione

ed evaporazione dello strato di pittura spruzzato sia per vernici

(monocomponente, bicomponente, poliuretanica, vinilica, metallizzata,

base acqua) che per qualsiasi tipo di resina a liquido.

Le operazioni di stuccatura e verniciatura, alcuni anni fa, venivano

effettuate solamente su imbarcazioni in metallo; attualmente gli standard

qualitativi adottati per le costruzioni in vetroresina richiedono l’adozione

di tali lavorazioni. L’unica variabile sta nella possibilità che sulle

costruzioni in vetroresina si utilizzino stucchi poliestere e non epossidici.

Predisposizione impianto di aspirazione per la verniciatura di una fiancata

Impiantistica

All’interno della sala macchine dove vengono alloggiati tutti i vari motori

propulsivi e gli apparati tecnici (gruppi elettrogeni, dissalatori, pompe,

compressori, quadri elettrici ecc.), vengono posizionati i relativi

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basamenti/supporti; inoltre viene effettuata la posa in opera delle

separazioni fra i vari macchinari che vi dovranno essere alloggiati, tale

lavorazione viene chiamata comunemente ”carpenteria di imbonaggio”.

Tali separazioni vengono realizzate tramite pannelli metallici

opportunamente alleggeriti (traforati o costruiti a sandwich) che

costituiranno delle paratie divisorie; questi pannelli vengono applicati

mediante operazioni di saldatura ad arco elettrico.

La costruzione dei vari basamenti viene fatta a terra nel reparto

carpenteria e prevede lavorazioni di taglio metalli al pantografo, taglio

metalli con cannello ossiacetilenico, cesoia a ghigliottina, operazioni di

molatura e saldatura; tali basamenti vengono trasportati a bordo

“imbarcati” mediante l’utilizzo dei mezzi di sollevamento del cantiere

(carri ponte).

Il montaggio a bordo di tali basamenti viene fatto con processi di

saldatura elettrica dopo eventuale ritocco dei profili di accoppiamento

mediante operazioni di taglio con cannello ossiacetilenico e/o molatura.

Per quanto riguarda i quadri elettrici, che vengono costruiti nelle officine

delle ditte specializzate nella costruzione dell’impianto elettrico, vengono

predisposti oltre ai basamenti anche le staffe di fissaggio di tali quadri.

L’imbarco del quadro elettrico principale e di tutti i sottoquadri

prefabbricati a terra da ditte specializzate e loro posizionamento sui

relativi basamenti già predisposti nella fase della carpenteria di

allestimento mediante utilizzo di bulloneria; stesura dei cavi elettrici e

loro graffatura nelle canaline e solette già predisposte in fase di

carpenteria di allestimento per il collegamento di tutte le utenze ai

rispettivi quadri di comando.

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Installazione dei gruppi di batteria di avviamento motori, dei servizi

generali ed emergenza e loro collegamento ai vari utenti. Installazione

dell’impianto di monitoraggio e controllo di tutti i sistemi di bordo.

Tutti i cavi vengono manovrati manualmente creando delle difficoltà agli

operai in quanto la lunghezza di certi cavi è notevole e pertanto lo

scorrimento negli appositi alloggi è ostacolato dall’attrito, dal peso degli

stessi cavi e dalla rigidità di quelli con maggiore sezione.

Pertanto, l’operatore che stende i cavi deve sopportare un notevole

impegno fisico, aggravato spesso della postura non sempre corretta che

deve assumere nei vari ambienti dell’imbarcazione.

Per “impianto idraulico” si intende una serie di vari impianti distinti

quali:

• l’impianto di raffreddamento dei motori di propulsione e dei gruppi

elettrogeni,

• l’impianto di alimento – imbarco – travaso combustibile,

• l’impianto antincendio,

• l’impianto pompa di sentina,

• impianto dell’aria compressa,

• impianto oleodinamico,

• l’impianto dei servizi igienici, impianto di smaltimento acque nere e grigie.

La lavorazione consiste nel montaggio e messa in opera delle varie

tubazioni e relativo valvolame.

Tutte le tubazioni che interessano i vari impianti vengono preallestite a

terra nel reparto tubisteria del cantiere o nelle officine delle imprese di

tubisteria che operano in appalto, il preallestimento permette di ridurre

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per quanto possibile le operazioni di saldatura a bordo delle imbarcazioni

in modo da non danneggiare le strutture già pitturate e di limitare

drasticamente lo sviluppo dei fumi di saldatura a bordo dell’imbarcazione

ed a ridurre il rischio d’ incendio.

Le tubazioni più grosse vengono portate a bordo per mezzo di gru a

ponte, mentre quelle di piccole dimensioni vengono movimentate

manualmente.

Il montaggio a bordo avviene con utensili manuali senza l’ausilio di

particolari attrezzature; solo in particolari casi si utilizza la saldatrice

elettrica.

Il preallestimento a terra nell’apposito reparto implica invece l’utilizzo di

macchine piega tubi, cannelli da taglio ossiacetilenici, saldatrici,

troncatrici e seghetti alternativi fissi.

Questa lavorazione ha il suo punto nodale in sala macchine ma è

presente in tutti i locali e si va ad intersecare con gli altri lavori di

allestimento di impiantistica.

Carpenteria e falegnameria

Quasi contemporaneamente si passa al montaggio al grezzo di paiolati e

telai dei soffitti. Questa fase lavorativa si protrae per una buona parte del

tempo richiesto per l’allestimento.

Si procede per prima cosa alla messa in opera dei paiolati e dei

pavimenti, nei locali tecnici e non, costituiti da pannelli di compensato

marino o materiale ignifugo, che vengono fissati con viti e bulloni sulle

strutture metalliche dei vari ponti.

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Successivamente si posizionano i telai di ancoraggio dei soffitti costituiti

da listelli di legno; sia i paiolati che i listelli di ancoraggio dei soffitti

vengono fissati per mezzo di viti usando degli avvitatori/svitatori elettrici

portatili.

Sia i paiolati che tutti i pannelli in compensato o in materiale ignifugo,

sono sagomati a misura nel reparto falegnameria del cantiere o nei

laboratori esterni delle ditte specializzate che vi lavorano in appalto.

Dopo aver ultimata la messa in opera delle compartimentazioni, dei

pagliolati e dei listelli di ancoraggio dei soffitti, si prendono le misure per

la costruzione dei mobili a parete.

Quindi si procede al rivestimento delle superfici delle pareti esposte (in

particolare i corridoi, le camere ed i saloni), tramite incollaggio, con

pannelli impiallacciati ricoperti con essenza di legno nobile dello

spessore di circa 1 mm.

La colla viene stesa sulle superfici da incollare per mezzo di apposite

spatole ed interessa una superficie notevole creando una esposizione

significativa ai vapori dei solventi che si liberano durante l’essiccazione

della colla stessa.

In questa fase lavorativa va previsto all’interno dei locali una ventilazione

forzata in modo da allontanare i vapori dei solventi che si sprigionano

durante la fase di essiccazione della colla. Durante la messa in opera dei

pannelli si può presentare la necessità di modificare leggermente le

misure degli stessi usando una pialla manuale per piccolissimi ritocchi o

il seghetto alternativo.

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Tali pannelli vengono predisposti e sagomati a terra nel reparto

falegnameria del cantiere o delle ditte specializzate che operano in

appalto.

La fase successiva riguarda il montaggio dei mobili. I mobili che devono

essere fissati alle pareti vengono portati a bordo dell’imbarcazione

utilizzando le gru a ponte, quindi manualmente dal ponte della coperta

dell’imbarcazione sino ai locali di destinazione.

Questi mobili sono costruiti da ditte specializzate nei loro laboratori e

vengono portate all’interno del cantiere solo al momento del loro

montaggio.

Dopo di che vengono montati i pavimenti che possono essere di varia

natura e di conseguenza richiedono lavorazioni diverse; i tipi di

rivestimento più comuni sono: il legno, la moquette usati nei vari saloni e

camere, il marmo e/o granito usato nei bagni, materiali plastici usati nella

cucina, nella lavanderia, nella cambusa.

Tutti questi prodotti vengono fissati per mezzo di collanti che vengono

spalmati sui paiolati per mezzo di una apposita spatola; i collanti variano

nella composizione in base al tipo di materiale da incollare.

I pavimenti sono già preparati a misura a terra nei laboratori delle ditte

specializzate nella loro messa in opera; i pavimenti del ponte di coperta e

di altre parti esterne vengono fatti in teak ancorato tramite materiale

plastico (gommato) e necessitano di operazioni di levigatura e

verniciatura da eseguirsi dopo la posa. Si procede poi al montaggio dei

soffitti realizzati con pannelli di compensato marino già rivestiti con

essenza di legno nobile dello spessore di 1 mm o laccati che vanno fissati

all’apposito telaio di sostegno posto in opera in precedenza.

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Apparati motore e tecnologici

Terminata la fase di allestimento degli interni si passa al montaggio dei

motori; vengono imbarcati a bordo (in sala macchine) i motori di

propulsione con i relativi riduttori/invertitori, tale operazione viene

eseguita per mezzo di impianti di sollevamento di cantiere (carro ponte) e

di una squadra addetta alla movimentazione dei carichi.

Motore posizionato in sala macchine Appena calati i motori vengono posizionati sugli appositi alloggiamenti

già predisposti nella fase di carpenteria di allestimento e fissati ai

basamenti per mezzo di viti e bulloni, quindi si procede al

congiungimento del motore ai vari impianti già predisposti in precedenza:

impianto idraulico (impianto di adduzione del carburante, acqua di

raffreddamento), impianto elettrico che servono per il funzionamento del

motore stesso.

Vengono poi imbarcati a bordo (in sala macchine) ed installati i motori

dei gruppi elettrogeni, della centralina dell’impianto di condizionamento,

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dei dissalatori, dell’impianto di trattamento delle acque nere, del

depuratore del gasolio, dei separatori acque oleose di sentina, dei boilers,

delle autoclavi, dei compressori aria, delle pompe di sentina/incendio,

della centralina dell’impianto antincendio, della centralina dell’impianto

igienico a depressione, dell’impianto stabilizzatori e relative pinne,

dell’elica prodiera di manovra, dell’impianto di governo, tale operazione

viene eseguita per mezzo di impianti di sollevamento di cantiere (carro

ponte) e di una squadra addetta alla movimentazione dei carichi.

Appena calati i motori e le centraline vengono posizionati sugli appositi

alloggiamenti già predisposti nella fase di carpenteria di allestimento e

fissati ai basamenti od alle staffe per mezzo di viti e bulloni, quindi si

procede al congiungimento di tutte le apparecchiature ai vari impianti

(elettrici ed idraulici) già predisposti in precedenza.

Non sempre il posizionamento dei motori viene eseguito a fine

allestimenti in quanto, a volte, le particolarità costruttive

dell’imbarcazioni impongono che i motori vengano posizionati a bordo

durante le prime operazioni svolte nel cantiere di allestimento

Successivamente vengono imbarcate a bordo ed installate le linee d’assi

dei motori di propulsione e vengono collegate all’apparato motore stesso,

successivamente si procede al posizionamento dell’elica sulla linea

d’asse.

Le linee d’assi vengono posizionate nell’apposito alloggio introducendole

dall’esterno infilandole nell’apposito astuccio posto sotto la carena

dell’imbarcazione e quindi vengono spinte, fatte scivolare, all’interno

della sala macchine per il successivo collegamento al motore propulsivo.

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Questa operazione viene eseguita per mezzo di impianti di sollevamento

di cantiere (carro ponte per le linee d’assi e gru semovente per le eliche)

avvalendosi di una squadra addetta alla movimentazione dei carichi.

Appena la linea d’assi è giunta in prossimità della carena della barca

viene imbracata con un catena collegata ad un paranco manuale fissato

alla carena dell’imbarcazione e quindi si procede all’inserimento

nell’apposito alloggio con una manovra tutta manuale.

Terminata l’operazione di introduzione delle linee d’assi nell’apposito

alloggiamento e fissate le stesse ai motori propulsivi si posizionano

all’estremità esterna della linea d’asse le eliche; queste vengono portate

in prossimità della zona di alloggio per mezzo di gru semoventi e quindi

con un’azione manuale vengono inserite e bloccate all’asse stessa.

Sul ponte coperta, per mezzo di saldatura, vengono montate le bitte di

ormeggio ed i passacavi a prua e poppa dell’imbarcazione, lungo il

perimetro dei vari ponti aperti (ponte coperta e gli altri sovrastanti)

vengono messi (saldati) gli ombrinali.

Per mezzo delle gru del cantiere (carro ponte) vengono imbarcati a bordo,

posizionati a prua dell’imbarcazione e fissati tramite bulloni i verricelli

salpa ancore e gli argani di tonneggio. In questa fase vengono anche

posizionate e fissate per mezzo di bulloni le grette per i tenders sia a

poppa della barca che lateralmente sul ponte fly.

Vengono inoltre messi a dimora i vetri degli oblò e delle altre finestrature

esterne; i vetri vengono inseriti in guarnizioni di gomma o altro materiale

plastico, sigillate con silicone e bloccate con appositi telai metallici

fermati con bulloni alla struttura fissa della nave. Successivamente si

procede all’imbarco e montaggio delle apparecchiature elettroniche di

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navigazione e comunicazione tipo: radar, ecoscandaglio, GPS,

solcometro, girobussola, pilota automatico, radiotelefono,

apparecchiature ricetrasmittenti VHF e impianti satellitari.

Tali apparecchiature vengono alloggiate in modo particolare nella cabina

di comando negli appositi alloggiamenti già predisposti nella fase di

carpenteria di allestimento e messa in opera dell’impianto elettrico;

vengono infine montate le antenne di comunicazione degli impianti

ricetrasmittenti e le apparecchiature radar e satellitari all’esterno

dell’imbarcazione sui pennoni issati sul flying-bridge.

I corpi illuminanti interni vengono montati in tutti i locali rispettando gli

schemi elettrici; la lavorazione è prettamente manuale e viene eseguita

per mezzo di avvitatori in modo da fissarli o negli appositi alloggi

ricavati dalle superfici delle pareti o soffitti oppure esternamente a tali

strutture Contemporaneamente vengono montati anche i corpi illuminanti

esterni per l’illuminazione dei vari ponti e i fanali di navigazione e di

segnalazione.

A questo punto le operazioni di allestimento possono ritenersi completate

e quindi si può procedere al varo della nave.

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Affascinante varo notturno

Interni

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Schema a blocchi allestimento

Ricezione Scafo (alaggio) Scafo primerizzato (in sicurezza)

Messa in sicurezza scafo Piccola carpenteria di allestimento

Pitturazione interna scafo

Coibentazione interna scafo

Imp. Elettrico Imp. generale Imp. Vent. Cond. Stuccatura esterna

Imp. Idraulico Pitturazione ester. Imp. Nafta Mont. Cop. Teak Antincendio Arredam. esterno Oleodinamica

Montag. Accessori coperta e vetrature

Mont. app. navig. e comunic. esterne Arredamento

Generale Interno Allestimento Sala

Macchine

Montaggio illumi-nazione esterna

Mont. Apparecchiature di navigazioneE comunicazione interne

Montaggio Corpi illuminanti interni

Varo Prove in banchina Prove in mare

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Attrezzature utilizzate

Fare un elenco di tutte le attrezzature utilizzate durante la fase di

allestimento, è cosa praticamente impossibile; per facilitare tale compito

si può provare a dividere le stesse in due gruppi:

• Attrezzature fisse;

• Attrezzature portatili.

Le attrezzature fisse presenti nei cantieri navali sono anch’esse divisibili

in tre sottogruppi:

• Attrezzature per lavorazioni di carpenteria in legno o similari

(locale falegnameria);

• Attrezzatura per lavorazione di carpenteria metallica e tubisteria

(officina meccanica);

• Attrezzatura per la logistica di cantiere.

Nel primo sottogruppo fanno parte tutte le macchine operatrici

presenti nelle lavorazioni di falegnameria (seghe circolari, seghe a

nastro, squadratrici, troncatrici, toupie, trapani a colonna, pialle a filo,

pialle a spessore, ecc.).

Nel secondo sottogruppo troviamo trapani a colonna, seghetto

alternativo, troncatrici, ma anche postazioni di saldatura di vario tipo.

In alcune strutture, nelle officine meccaniche, si trovano anche

tranciatrici, presse sagomatrici e pantografi.

Le attrezzature che abbiamo definito di “logistica” sono

principalmente i mezzi di sollevamento presenti nelle strutture ed

indispensabili per le operazione di movimentazione; nei cantieri

navali si utilizzano gru a ponte, gru a torre, gru semoventi e muletti.

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Le attrezzature portatili utilizzate nei cantieri navali durante la

costruzione di imbarcazioni da diporto sono i tipici utensili quali

trapani, avvitatori, mole, smerigliatrici, levigatrici varie, seghetti

alternativi, lesti, ecc.

Anche se le loro dimensioni non le fanno rientrare tra le attrezzature

portatili possono essere considerate alla stregua delle stesse, in

quanto vengono portate in cantiere dalle ditte che eseguono i lavori,

le attrezzature per la pitturazione (airless) e quelle per la levigatura

della coperta.

Squadratrice in un reparto di falegnameria

Rischi presenti

Come per la maggior parte delle altre operazioni, i rischi presenti si

dividono in rischi per la sicurezza e rischi per la salute. I principali rischi

per la sicurezza possono essere individuati in:

• Rischi di caduta da una altezza superiore a 2 mt.;

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• Rischi di essere o colpire parti e/o oggetti;

• Rischi di schiacciamento;

• Rischi di tagli;

• Rischi di bruciature;

• Rischi di elettrocuzione.

Per quanto riguarda i rischi per la salute, essi sono causati principalmente

da:

• Rumore;

• Esposizione e radiazioni;

• Fumi di saldatura;

• Vibrazioni;

• Esposizione cutanea a prodotti epossidici;

• Esposizione a solventi;

• Movimentazione manuale dei carichi.

Misure di prevenzione e protezione

Seguendo lo schema utilizzato in precedenza, si rende necessaria la

suddivisione delle misure di prevenzione e protezione.

Misure di prevenzione per la sicurezza:

• La scelta dell’installazione di adeguata ponteggiatura e la posa di

idonei parapetti per la protezione di caduta dall’alto;

• Evidenziare parti che possono essere colpite durante le

lavorazioni in ambienti angusti;

• Dotare e mantenere efficienti le protezioni sulle macchine

operatrici;

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• Progettare correttamente le operazioni di movimentazione dei

materiali;

• Tenere ordine e pulizia negli ambienti di lavoro;

• Verifica e controllo periodico degli impianti elettrici;

• Verifica e controllo periodico dei mezzi di sollevamento;

• Formare gli addetti alle lavorazioni;

• Formare e addestrare i lavoratori al corretto utilizzo dei DPI

(dispositivi di protezione individuale).

Misure di protezione per la sicurezza:

• Sistemi anticaduta;

• Caschi;

• Occhiali e/o maschere per taglio e saldatura;

• Calzature antinfortunistiche;

• Guanti;

• Limitare le operazioni di movimentazione manuale dei carichi.

Misure di prevenzione per la salute:

• Ricerca ed adozione nel ciclo produttivo di processi e sostanze

che garantiscano un buon standard per la tutela della salute degli

addetti;

• Separazione delle aree con riduzione del numero degli addetti

esposti a sostanze e/o preparati pericolosi;

• Sorveglianza sanitaria;

• Utilizzo di utensili portatili che garantiscano una buona

attenuazione delle vibrazioni trasmesse al sistema mano –

braccio;

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• Limitazione dei lavoratori esposti;

• Effettuazioni di lavorazioni pericolose al di fuori del normale

orario di produzione al fine di limitare il numero dei lavoratori

esposti;

• Progettazione e bonifica dei luoghi di lavoro tenendo conto delle

possibili soluzioni per attenuare al massimo il rumore derivante

dalle lavorazioni;

• Formare gli addetti alle lavorazioni;

• Formare e addestrare i lavoratori al corretto utilizzo dei DPI

(dispositivi di protezione individuale)

Misure di protezione per la salute: (priorità negli interventi di bonifica

ambientale)

• Efficaci ed efficienti impianti di aspirazione per sostanze volatili;

• Efficaci ed efficienti impianti di aspirazione per polveri e fibre;

• Maschere a mandata / barriera d’aria;

• Maschere facciali per solventi e polveri;

• Cuffie e altri attenuatori del rumore;

• Guanti e tute in TNT.

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8 IL COORDINAMENTO DELLE ATTIVITÀ

Sono stati citati sia i rischi che le misure per prevenire e proteggere i

lavoratori dai rischi, ma la maggior parte degli infortuni che si verificano

nel comparto non sono conseguenze di singole inosservanze alle misure

preventive e protettive che salvaguardano dai pericoli individuati, ma

sono determinati da una serie di interferenze di lavorazioni, lavoratori e

rischi.

Prevenire in primis e proteggere poi, dai rischi dovuti alla concomitanza

tra le varie lavorazioni è uno dei compiti più difficili a cui i vari soggetti

delegati alla sicurezza, devono far fronte.

La norma prevede che l’azienda committente (il cantiere navale)

promuova la cooperazione ed il coordinamento tra le aziende impegnate

nell’opera, per il superamento dei pericoli presenti durante la lavorazione.

Tale concetto è stato ribadito dalle ultime modifiche effettuate sull’art. 7

del D.L.vo 626/94 obbligando l’azienda committente alla elaborazione di

un documento di cooperazione e coordinamento e riconoscendo, la stessa

, rispondente in solido, in caso di infortuni di lavoratori che non risultino

indennizzati dalla assicurazione obbligatoria per mancanza di copertura

da parte del datore di lavoro in appalto o sub appalto.

In questi ultimi anni, le Aziende Sanitarie della costa Toscana, con in

prima fila la USL 12 di Viareggio, hanno investito molto sulle

problematiche del coordinamento creando, anche, dei software

utilizzabili per la programmazione delle lavorazioni a bordo.

Contemporaneamente la USL 12 Viareggio ha assistito i cantieri navali

per far si che il documento di coordinamento, elaborato dai cantieri stessi

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nell’ambito della prima applicazione del D. L.vo 626 (anni 97/98),

diventasse uno strumento agile e facilmente consultabile da tutte le figure

delle aziende presenti nei luoghi di lavoro.

Tutto questo ha portato a un sostanziale miglioramento

dell’organizzazione del lavoro all’interno dei cantieri navali; questo

miglioramento organizzativo non ha portato, per adesso, ad una

diminuzione degli infortuni; ha però facilitato lo svolgimento delle

indagini per accertare le responsabilità. L’accertamento di responsabilità

su un infortunio sul lavoro non deve essere assolutamente il compito

istituzionale principale di un Servizio di Prevenzione Igiene e Sicurezza

sui Luoghi di Lavoro, ma sicuramente fornisce dati che, se correttamente

gestiti, daranno le indicazioni circa le strategie da adottare per intervenire

nella prevenzione.

Si deve partire da queste indicazioni ed intervenire efficaciamente per

migliorare la prevenzione nei cantieri navali; successivamente verranno

sviluppati alcuni argomenti per raggiungere l’obbiettivo di prevenzione.

Fondamentale, in ogni caso, è l’organizzazione interna del cantiere e la

partecipazione e la collaborazione delle ditte in appalto o sub appalto;

l’organizzazione interna sta compiendo apprezzabili progressi mentre per

quanto riguarda il coinvolgimento delle ditte c’è ancora molto da lavorare

sia sull’aspetto della capacità della struttura organizzativa del cantiere di

coinvolgere i rappresentanti delle ditte, sia sull’organizzazione interna

delle ditte stesse.

Un altro aspetto di importanza fondamentale è la promozione del

coordinamento e della cooperazione nella gestione delle emergenze; qui

dobbiamo riconoscere di essere in una fase ancora iniziale.

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Infatti tali situazioni sono state elaborate sulla carta con documenti anche

molto consistenti ma, fortunatamente, non è ancora stato necessario

verificare l’effettiva efficienza ed efficacia di ciò che è stato elaborato in

quanto si sono manifestate esclusivamente emergenze sanitarie legate ad

eventi infortunistici che non hanno richiesto misure di emergenza

complesse quali evacuazione e messa in sicurezza di un consistente

numero di lavoratori.

Sono state effettuate delle prove talmente pianificate da assumere la

valenza di una fiction.

In un capitolo seguente verranno meglio individuati ed analizzati quelli

che sono gli aspetti più a rischio dell’attuale gestione dell’emergenze di

cantiere e proposte nuove soluzioni.

Organizzazione del lavoro

Come si è ricordato sopra, negli ultimi due/tre anni l’organizzazione del

lavoro nei cantieri navali è notevolmente migliorata. Infatti negli anni

precedenti vi erano fondamentalmente due tipologie organizzative:

cantieri con organizzazione interna strutturata e cantieri a gestione

“familiare”.

La notevole crescita produttiva di questi ultimi, ha portato alla necessità

di creare figure intermedie quali dirigenti e preposti a cui la proprietà ha

delegato compiti di gestione e controllo. Anche i cantieri già strutturati in

termini di organizzazione interna, sono notevolmente cresciuti,

determinando una più capillare rete organizzativa.

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Non è possibile generalizzare denominazione, compiti e funzioni delle

varie figure presenti nei diversi cantieri in quanto, a parte rare eccezioni,

le organizzazioni interne differiscono tra loro.

Infatti gli stessi compiti e funzioni di un capo-barca in un cantiere

possono essere assunti dal capo-commessa in un altro cantiere o dal capo

cantiere in un terzo. In ogni caso si può utilizzare un tecnica di

individuazione trasversale delle varie figure:

• Capo-cantiere: figura presente nei piccoli cantieri (allestimento

contemporaneo di due/tre imbarcazioni) che può avere sotto il

suo controllo due/tre capi-barca: tale figura, nel ramo della

prevenzione, a seconda dei casi, può essere equiparata o al

dirigente o al preposto;

• Capo-barca: figura presente nella quasi totalità dei cantieri dove

vengono allestite più di una imbarcazione: è sicuramente un

preposto;

• Capo-commessa: presente nei cantieri più grandi dove vengono

allestite più imbarcazioni di una certa dimensione; praticamente

ogni tipologia di imbarcazione ha un capo-commessa che ha

sotto il suo controllo un capo-barca per ogni imbarcazione: nella

maggior parte delle situazioni questa figura viene equiparata ad

un preposto;

• Responsabile di produzione: nelle organizzazioni più

complesse dove di solito abbiamo il capo-commessa ed il capo-

barca, c’è anche il responsabile di produzione che svolge

sicuramente un ruolo da dirigente.

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Nelle Aziende strutturate si trovano altre figure intermedie, equiparate

alla figura di dirigente o preposto, quali il Responsabile della Logistica ed

il Responsabile dei Servizi.

La crescita produttiva dei cantieri ha portato anche ad una migliore

strutturazione della organizzazione della Sicurezza Aziendale.

Fino a qualche anno fa, la maggior parte dei Responsabili dei servizi di

Prevenzione e Protezione (SPP) erano consulenti esterni che si

avvalevano “dell’aiuto” di addetti alla sicurezza interni ai cantieri.

Attualmente la situazione si è evoluta e, nella maggior parte dei cantieri,

il SPP è interno all’azienda in tutta la sua struttura (Responsabile ed

Addetti).

Questa evoluzione ha dato dei risultati estremamente positivi in tutta

l’organizzazione della Sicurezza Aziendale a cominciare dal

rapporto/confronto tra RSPP e Rappresentante del Lavoratori per la

Sicurezza (RLS) che avviene all’interno dell’azienda stessa.

Come detto questa evoluzione è abbastanza recente, quindi, molto

probabilmente, nel tempo, si avvertiranno ancora miglioramenti.

Analizzando l’organizzazione della Sicurezza Aziendale, fermo restando

il ruolo fondamentale del Datore di Lavoro, riconoscendo l’importanza

dell’inserimento del RSPP interno e il maggior peso che deve assumere il

RLS, vi sono ancora alcune figure che non danno a pieno il loro

contributo; il riferimento è ai dirigenti e preposti, individuati

precedentemente e fondamentali nella gestione della sicurezza.

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Non solo, anche i medici competenti spesso non collaborano fattivamente

al miglioramento della salute all’interno dei luoghi di lavoro come la loro

“missione” imporrebbe.

Modelli di gestione

La gestione e pianificazioni delle lavorazioni all’interno del cantiere è

una necessità sia produttiva che di coordinamento.

Tale pianificazione verrà realizzata dai tecnici della produzione che si

avvalgono quasi esclusivamente dell’utilizzo del “diagramma di Gantt”

come cronoprogramma.

Il diagramma di Gantt

Il diagramma di Gantt è uno strumento che serve per pianificare i tempi

di realizzazione di un progetto, dell'attività lavorativa quotidiana, di un

anno di lavoro, ecc., e per verificare in itinere il rispetto degli stessi. Nel

diagramma di Gantt le diverse attività vengono, dunque, ordinate

secondo una precisa progressione temporale. Il diagramma di Gantt è uno strumento di gruppo, in quanto prevede il

coinvolgimento di diverse attività, quindi, è auspicabile che venga

predisposto e condiviso con i colleghi interessati, anche al fine di

sfruttare la valenza comunicativa dello strumento.

La costruzione del diagramma di Gantt passa attraverso quattro differenti

step, di cui i primi tre costituiscono il piano di lavoro, mentre il quarto

determina il piano di verifica:

1. si determinano tutte le attività necessarie per il

raggiungimento degli obiettivi (distinta delle attività),

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facendo riferimento, se realizzato, al Diagramma ad Albero.

Può capitare che, in alcuni casi, non sia così agevole

procedere con la dovuta linearità progressiva. In tal caso, si

può adottare l'approccio contrario, ovvero dalla definizione

dell'obiettivo si procede a ritroso;

2. si stabilisce il limite temporale finale del progetto;

3. si disegna sul grafico il limite temporale previsto per

ciascuna attività;

4. si verifica il tempo effettivamente impiegato per ciascuna

attività.

A fianco di ogni attività è prevista, inoltre, un'apposita casella in cui

occorre indicare il soggetto incaricato direttamente della realizzazione

delle attività.

Al fine di programmare e ottimizzare l'attività di verifica, è opportuno,

infine, esplicitare la calendarizzazione degli incontri di verifica, i quali

possono essere collocati in corrispondenza di momenti del processo/linea

di attività ritenuti particolarmente significativi.

Sempre a tale scopo, è buona norma redigere un Libro di bordo, il quale

contiene le note sintetiche relative allo stato di avanzamento dell'attività,

nonché i risultati delle verifiche effettuate.

Se, dunque, dal diagramma possiamo dedurre il cosa è successo, nel

Libro di bordo troviamo anche il perché.

Uno dei punti di forza del diagramma di Gantt consiste nel fatto che ci

obbliga ad una ottimizzazione delle risorse, consentendo una

contemporanea visualizzazione delle attività, non soltanto in modo

sequenziale ma anche in parallelo, dei soggetti coinvolti e della

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tempistica delle verifiche. Un'ulteriore applicazione del diagramma di

Gantt può essere individuata in fase di elaborazione del budget di un

determinato progetto, nonché in fase di rendicontazione delle risorse,

umane e temporali, impiegate. All'interno di un piano complessivo di

sviluppo organizzativo, composto da diversi progetti, per ognuno di

questi si dovrà costruire il relativo Gantt.

Esso richiede un tempo di preparazione piuttosto dispendioso, tuttavia, se

elaborato correttamente, in corso d'opera si otterrà in cambio un

risparmio di tempo di gran lunga superiore.

La costruzione del diagramma di Gantt, rappresenta un momento di forte

condivisione, responsabilizzazione e confronto, con i colleghi, nonché di

negoziazione delle attività e delle risorse, tanto che potrebbe addirittura

costituire un "pretesto" per concordare e condividere azioni e impegni

reciproci. La formulazione del diagramma di Gantt corrisponde alla fase

di Pianificazione (Plan), alla quale segue la fase di azione.

Esempio di diagramma di Gantt

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Sicuramente il diagramma di Gantt è un sistema utile alla pianificazione

delle lavorazioni nella produzione di cantieristica da diporto al fine di

procedere nel miglior modo possibile al completamento

dell’imbarcazione, ma è utile anche per la gestione della sicurezza in

cantiere?

Per rispondere a questa domanda è necessario analizzare i punti critici

della pianificazione delle attività che sono:

• formazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di

lavoro o almeno conoscenza delle lavorazioni incompatibili

se eseguite contemporaneamente da parte di chi elabora il

diagramma;

• capacità di rielaborare il diagramma in caso di modifica del

ciclo lavorativo;

• collaborazione tra le figure di vigilanza nel cantiere e chi

elabora il diagramma.

La formazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro di chi

elabora il diagramma è fondamentale per evitare che determinate

lavorazioni non compatibili tra loro, o comunque interferenti in modo

negativo, vengano programmate simultaneamente negli stessi ambienti.

Il diagramma deve essere anche un elaborato flessibile in quanto molto

spesso le lavorazioni subiscono ritardi dovuti a vari imprevisti.

La collaborazione tra le figure destinate a ricoprire compiti di vigilanza in

materia di igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro (dirigenti e preposti) e

chi elabora i diagramma deve essere tale da produrre immediatamente

modifiche nella pianificazione dei lavori nel caso i ritardi possano fare

coincidere lavorazioni incompatibili negli stessi ambienti di lavoro.

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Per agevolare i compiti di chi elabora il diagramma e delle varie figure di

vigilanza, l’Azienda USL 12 Viareggio e la Gonetwork s.r.l. Viareggio

hanno messo a punto un programma per la gestione della sicurezza in

cantiere (GES.SI.CA.) che ha la funzione di integrare la pianificazione

elaborata attraversi il diagramma di Gantt con indicazioni e divieti atti a

garantire la sicurezza durante le lavorazioni.

Ges.Si.Ca.

L’Azienda USL 12 Viareggio, nell’ambito del programma di

coordinamento per la sicurezza nei cantieri navali presenta il software

Ges.Si.Ca (Gestione Sicurezza in Cantiere).

Tale software nasce con l’obiettivo di migliorare gli aspetti di sicurezza sul

lavoro nei cantieri, legandoli in modo particolare alla fase di pianificazione

e programmazione dei lavori.

Lo sviluppo dell’applicazione ha riguardato la costruzione/riparazione di

imbarcazioni in ferro e lega leggera ed è stato seguito da Gonetwork s.r.l.

Viareggio con la partecipazione dei principali cantieri navali in ferro di

Viareggio.

Lo scopo principale del software è quello di consentire l’aggiornamento e

la flessibilità delle misure di coordinamento per la sicurezza man mano che

la costruzione navale avanza, fornendo i necessari ‘allarmi’ quando le

lavorazioni contemporanee possono nuocere alla salute o all’incolumità

degli addetti.

In particolare si prevede la possibilità di:

• definire un modello dell’imbarcazione, aggiornandolo in

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funzione dello stato di avanzamento delle lavorazioni.

• definire il programma di lavoro settimanale, selezionando le

lavorazioni da un apposito database;

• visualizzare gli allarmi relativi alla sicurezza e alla salute,

• definire e stampare il programma di lavoro per gli addetti e/o

per le ditte appaltatrici, con l’indicazione delle misure di

sicurezza da adottare

Si possono utilizzare una serie di funzioni accessorie, quali:

• impostazioni e parametrizzazioni di base

• ricerca, visualizzazione e stampa delle normative di riferimento

• gestione ed aggiornamento di un archivio infortuni ed

elaborazione di statistiche sulla sicurezza

• gestione ed aggiornamento Schede di Sicurezza per i vari

prodotti utilizzati

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9 LE LAVORAZIONI A BANCHINA

A Viareggio vi è una particolarità che difficilmente ha uguali nell’ambito

della costruzione di imbarcazioni da diporto: le lavorazioni di

allestimento fatte in banchina.

Infatti il refitting (trasformazioni su imbarcazioni armate) e gli interventi

in garanzia, vengono effettuati in tutti i distretti produttivi della nautica,

quindi anche a Viareggio; la differenza è che a Viareggio, in banchina, si

allestiscono yachts e superyachts con lavorazioni che arrivano a toccare il

30-40% del totale delle lavorazioni di allestimento.

Altra attività che è propria della banchina è quella delle prove a mare

sulle imbarcazioni.

Le lavorazione di manutenzione, riparazione, trasformazione, eseguite su

navi ancorate in ambito portuale sono soggette all’applicazione dell’art.

38 del D.L.vo 272/99 che obbliga l’armatore o il comandate dell’unità

navale a nominare una ditta capo-commessa che dovrà elaborare il

Documento di Sicurezza previsto dall’art. 4 comma 2 del D. L.vo 626/94;

il Documento di Sicurezza deve essere consegnato alla ditte operanti a

bordo e trasmesso all’Autorità Marittima (Capitaneria di Porto) ed

all’Azienda Sanitaria.

Le operazioni di fine allestimento su una imbarcazione eseguite in

banchina sono operazioni di trasformazione, quindi la redazione del

Documento di Sicurezza è previsto anche per tali operazioni.

Lo stesso decreto 272/99 obbliga l’elaborazione di un Documento di

Sicurezza per l’effettuazione delle prove in mare e per l’effettuazione di

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operazioni portuali quali, ad esempio, la movimentazione in ambito

portuale delle imbarcazioni.

Dimensioni

L’arrivo alla USL 12 di Viareggio dei Documenti di Sicurezza previsti

dall’art. 38 del D. L.vo 272/99, ha permesso di acquisire ed analizzare

dati utili a quantificare le attività lavorative eseguite a banchina.

Di seguito vengono riportati alcuni dati significativi del triennio

2004/2006:

DATI 2004 2005 2006 2007

Documenti 150 159 174 250

Per lavori

allestimento

97 105 119 160

Per lavori refitting 53 54 55 90

Durata media

lavorazioni

52,5 giorni 50,1 giorni 54,4 giorni 61

Presenza media di

ditte a bordo

12,8 per

nave

12,1 per

nave

11,7 per

nave

11

Presenza media

addetti a bordo

20,6

addetti

19,2 addetti

20,4 addetti

16

Indice lavoratori per

ditta

1,6 1,6 1,7 1,4

In una prima analisi si evidenzia un aumento delle lavorazioni in

banchina del 6% nel 2005 rispetto al 2004 e del 9% nel 2006 rispetto al

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2005. Questa tendenza è diventata è diventata rilevante nel 2007 con un

aumento del 43 % rispetto al 2006. L’enorme crescita è dovuta sia alle

lavorazioni su imbarcazioni in allestimento, prodotte sia dai nuovi

cantieri dell’area ex SEC che da produzioni provenienti da altre aree

(Massa – Carrara). Anche l’aumento delle operazioni di manutenzioni e

refitting (90 nel 2007 con un incremento dell’80 % rispetto all’anno

precedente) ha avuto un peso determinante nell’alto numero di

lavorazioni in banchina.

Gli analisti del settore prevedono in futuro una lieve contrazione della

crescita della produzione e contemporaneamente un forte incremento

delle lavorazioni di refitting.

Altro elemento che viene evidenziato nell’analisi della tabella sopra

riportata è la pressoché costanza degli altri dati che indurrebbe a pensare

che la quasi totalità delle lavorazioni viene svolta dalle stesse ditte con

l’impiego degli stessi lavoratori.

Ma, per le operazioni di allestimento, la realtà è diversa in quanto ditte e

lavoratori prestano la loro attività sia in cantiere che a banchina: in

cantiere si inizia la lavorazione che spesso termina presso la banchina.

Questa organizzazione lavorativa, che crea non pochi problemi

organizzativi e di sicurezza, è imposta dalla crescita produttiva: serve

spazio in cantiere per iniziare le lavorazioni di allestimento su una nuova

commessa e lo spazio si crea spostando la barca presente in banchina

dove verranno ultimate le lavorazioni di allestimento.

Soprattutto per le operazioni di refitting, oltre alle lavorazioni in

banchina, vi è un altra attività che viene svolta in una condizione

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strutturale precaria: le lavorazioni sui piazzali effettuate nell’area portuale

adiacente alle banchine.

Aree utilizzate

Il porto di Viareggio, negli ultimi anni, ha perso definitivamente il

movimento di merci utilizzando le banchine presenti per:

• Ormeggio natanti da pesca (circa 100 imbarcazioni)

• Ormeggio natanti da diporto;

• Ormeggio navi da diporto;

• Ormeggio navi da diporto per l’esecuzioni di lavori.

Quest’ultimo tipologia di ormeggio viene effettuato su banchine date in

concessione sia ad alcuni cantieri navali (Codecasa, Benetti, Perini, Del

Carlo, Falcon, Intermare, Azimut, Overmarine, ...) sia ad Aziende

erogatrici di servizi che a loro volta le concedono in uso ai cantieri

(Yachts Brother, Lusben, Polo Nautico, Udina, Arpeca, ecc.). Il porto di

Viareggio si divide in diverse piccole darsene che sono:

• Darsena Lucca;

• Darsena Toscana;

• Darsena Italia;

• Darsena Europa;

• Darsena Nuova.

Le aree adibite alle lavorazioni in banchina sono presenti in tutte le

cinque darsene sopra elencate.

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Il nuovo porto di Viareggio

Era dagli anni Sessanta che il porto di Viareggio aspettava un nuovo

Piano regolatore che mettesse un pò di ordine al suo interno.

Finalmente l’attesa è terminata con l’approvazione, da parte del

Consiglio Regionale dello strumento urbanistico.

La delibera di Consiglio permetterà di procedere verso quella che per

molti assumerà le caratteristiche di una vera e propria rivoluzione.

Il nuovo Piano non prevede cambiamenti di confini né alcuna nuova

opera a mare.

La sistemazione delle funzioni già presenti nel porto, insieme alla nuova

viabilità, permetterà di osservare Viareggio sotto una nuova luce, sia a

chi guarda da fuori, e da fuori arriverà con la sua barca, sia a chi osserva

da dentro perché dentro il porto ci lavora e dentro Viareggio ci vive.

La pesca, la cantieristica e la nautica da diporto sono le tre funzioni

oggetto di sistemazione nelle tre aree dedicate, ossia, rispettivamente, la

Darsena Viareggio (banchina OVEST), il Triangolino e la Madonnina,

via Coppino e strade adiacenti.

Darsena Viareggio

La prima funzione descritta (pesca) sarà caratterizzata dalla realizzazione

di un nuovo mercato ittico, che sostituirà quello attuale, più grande ma

sotto utilizzato.

Il pescato, infatti, viene ad oggi venduto in grande quantità a forfait a

magazzini ubicati in altre province.

Il nuovo mercato, posizionato fronte mare, combinerà le funzioni

commerciali a quelle di ristorazione.

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Sulla sua terrazza verrà, infatti, costruito un ristorante cui si potrà

accedere grazie alla sistemazione della banchina, valorizzata dalla

realizzazione di una nuova passeggiata.

L’area dedicata all’attuale mercato ittico verrà, invece, suddivisa in due

parti: una destinata ad attività commerciali, direzionali ed espositive e

l’altra destinata alla produzione di tecnologia avanzata.

Triangolino e Madonnina

Le novità della cantieristica riguardano essenzialmente il maggior

numero di cantieri che avranno accesso allo specchio d’acqua.

Diventeranno quindici e molti dei loro progetti sono già stati avviati,

rientrando anche nel piano regolatore comunale.

Nelle due aree troveranno spazio alcuni cantieri con possibilità di

alloggio e varo.

Via Coppino e strade adiacenti

Via Coppino sarà prolungata di circa 120 metri e la parte finale avrà la

forma di una T.

A conclusione delle operazioni il nuovo porto potrà ospitare 1.500

imbarcazioni in più e avrà un nuovo approdo turistico in uno specchio

d’acqua, di 25.000 metri quadrati, che ospiterà 520 natanti.

Viabilità

Per quanto riguarda la viabilità, l’asse di penetrazione previsto incontra le

principali difficoltà nell’ultimo tratto, ancora da realizzare.

Le soluzioni possibili che il Comune ha proposto alla cittadinanza sono

tre, illustrate da un opuscolo inviato a tutti gli abitanti.

Il progetto del nuovo porto di Viareggio è molto ambizioso e vuole

trasformare la darsena della città in un punto di riferimento per barche di

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lusso facendo concorrenza alle mecche dei megayacht, da Montecarlo

alla Costa Smeralda.

E nell’impresa è entrato anche il gruppo di Leonardo Ferragamo, che si è

aggiudicato la gara per entrare nella società che realizzerà il nuovo porto

con il pacchetto di minoranza del 48,41%.

La quota rimanente è dell’1% della Società Viareggio Porto e per il resto

del Comune.

Il progetto prevede la realizzazione di due darsene separate.

La prima è destinata a ormeggi per 579 scafi da 6 a 15 metri. La seconda,

la Madonnina, progettata per 80 yacht di lusso sopra i 25 metri; il

progetto di quest’area è firmato dall’architetto catalano Joan Busquets.

I lavori dovrebbero iniziare ad inizio 2008.

Il porto cambia immagine, nel suo futuro innovazione e grandi

aspettative.

Con la costruzione del nuovo porto turistico e lo sviluppo della

diportistica, Viareggio si appresta ad accogliere le imbarcazioni in modo

sempre più professionale ed adeguato alle esigenze dei nostri tempi.

Riassumendo il progetto, il nuovo porto di Viareggio sarà costituito da un

avanporto e da 6 darsene:

La Nuova Darsena, completamente banchinata con fondali di 4.5 m

adibita al traffico commerciale.

La Darsena della Madonnina con fondali di 4,5m è riservata alle

imbarcazioni da diporto.

La Darsena Europa, completamente banchinata con fondali di 3.5 m

destinata anch'essa alle imbarcazioni da diporto.

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La Darsena Italia con fondali di 3 m è riservata in parte alle imbarcazioni

da diporto e in parte ai cantieri navali.

La Darsena Viareggio destinata ai motopescherecci.

La presenza del personale di bordo

Oltre le problematiche relative al coordinamento delle lavorazioni

presenti nei cantieri in banchina, durante le operazioni di refitting su navi

armate (con equipaggio), un ulteriore aspetto critico è dato dalla

contemporanea presenza dell’equipaggio durante le lavorazioni stesse.

Di tale aspetto se ne dovrà tener conto nell’elaborazione del Documento

di Sicurezza individuando le misure atte a garantire la salute e la

sicurezza del personale di bordo durante le lavorazioni.

Molto spesso il personale di bordo partecipa all’esecuzione delle

lavorazioni di refitting: in questo caso dovrà essere “individuato” come

ditta esecutrice di lavori nel Documento di Sicurezza.

La responsabilità diretta sulla tutela della salute e sicurezza del personale

di bordo, durante le lavorazioni, è in ogni caso dell’Armatore e/o del

Comandante dell’unità navale.

Gli impianti elettrici

Un altro aspetto estremamente critico durante le lavorazioni eseguite in

banchina, è sicuramente l’utilizzo dell’impianto elettrico e non tanto per

la posizione in acqua dell’imbarcazione ma per i diversi tipi di impianto

elettrico che possono essere utilizzati durante le lavorazioni.

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Infatti l’impianto elettrico dell’imbarcazione durante la navigazione è,

solitamente, alimentato dai generatori di bordo con sistema di protezione

contro contatti indiretti isolato verso terra (IT) la cui sicurezza è garantita

dall’equipotenzialità fra tutte le masse e masse estranee e l’utilizzo di

attrezzature elettriche in doppio isolamento (classe II); per tale sistema è

fondamentale il controllo sia dell’equipotenzialità che del doppio

isolamento: pertanto a bordo è presente un controllo sull’isolamento che

segnala un eventuale guasto verso terra. L’equipotenzialità fa si che il

primo guasto non rappresenti un pericolo, mentre un eventuale secondo

guasto può far generare fenomeni di elettrocuzione; per tale motivo alla

segnalazione del guasto, da parte del controllo sull’isolamento, si deve

subito intervenire per individuare e eliminare la causa del guasto stesso.

All’approdo in banchina durante le crociere, il generatore di bordo viene

spento e l’imbarcazione è alimentata dall’impianto di banchina che ha un

sistema di protezione TT; per la protezione il sistema rimane IT in quanto

l’equipotenzialità di bordo non viene collegata alla terra di banchina.

Le problematiche di sicurezza si manifestano quando la presenza in

banchina è finalizzata all’esecuzione di lavorazioni; in tale situazione si

può manifestare la contemporanea presenza di due sistemi di protezione:

il sistema IT che garantisce la protezione per le attrezzature elettriche

presenti a bordo ed il collegamento elettrico alla colonnina di banchina

protetto con sistema terra/terra (TT) con presenza di impianto di messa a

terra previsto dalle normative vigenti. Tale collegamento viene effettuato

con l’ausilio di varie prolunghe per alimentare gli utensili e le

attrezzature necessarie all’esecuzione dei lavori.

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Allo scopo ridurre i possibili pericoli derivanti da tali problematiche, la

USL 12 Viareggio ha dato chiare indicazioni sui sistemi di protezione

contro i contatto indiretti da utilizzare durante le lavorazioni in banchina

a seconda dei possibili casi. Tali indicazioni sono:

Caso n° 1

Lavori con l’utilizzo dell’impianto dell’imbarcazione alimentato dal

generatore di bordo

• L’impianto deve essere protetto a monte da idonea protezione

contro le sovracorrenti;

• Ispezionare tutti i circuiti al fine di accertare che non vi siano

dispersioni verso massa;

• Utilizzo attrezzature a doppio isolamento (classe II);

• Se si utilizzano attrezzature non in classe II queste devono essere

collegate all’impianto di equipotenzialità;

• Procedura di verifica periodica per accertare eventuali

dispersioni verso massa.

Caso n° 2

Lavori con l’utilizzo dell’impianto della nave alimentato dal quadro

di banchina

nessun collegamento

Quadro

banchina

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Se la connessione non modifica il sistema di protezione a bordo, si

attua la procedura prevista ala caso n° 1.

Se la connessione trasforma il sistema di protezione contro i contatti

indiretti di bordo da IT a TT (cosa assai rara) è obbligatorio il

collegamento tra l’equipotenzialità di bordo e l’impianto di terra di

banchina; avremo così un unico sistema TT.

Caso n° 3

Lavori a bordo con utilizzo di attrezzature elettriche alimentate

direttamente dalla banchina.

In questo caso è indispensabile che non vi sia concomitanza tra i due

sistemi di protezione; se si usa l’impianto di banchina per le

attrezzature, va utilizzato anche per l’illuminazione ed i servizi di

bordo, si collega l’equipotenzialità di bordo all’impianto di terra di

banchine e si scollega l’alimentazione di bordo.

Quadro

banchina

Quadrobanchina

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Se si ha l’esigenza di collaudare l’impianto di bordo si procede nel

seguente modo:

• Si disattiva il collegamento elettrico dall’impianto di

banchina;

• Si scollega il collegamento tra l’equipotenzialità di bordo e

l’impianto di terra di banchina in quanto su tale impianto

potrebbe essere presente un guasto verso terra;

• Si accende il generatore di bordo o si collega l’impianto di

bordo alla banchina

Quasi tutti gli utensili portatili (trapani, mole, levigatrici, ecc.) sono

in classe II; in ogni caso la verifica si fa controllando l’etichetta

presente sull’attrezzatura che deve riportare i seguenti simboli:

Quadrobanchina

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Simboli su apparecchiature elettriche a doppio isolamento

Attrezzature e rischi

In ogni caso, qualunque sia l’entità delle lavorazioni, la banchina non

potrà mai diventare un ambiente produttivo quale è il cantiere; pertanto le

grosse lavorazioni che necessitano di macchine operative, vengono

effettuate in cantiere e poi si provvede a trasportare il lavorato alla

banchina.

Le attrezzature utilizzate durante i lavori in banchina sono, per lo più,

utensili portatili alimentati a rete o a batteria.

In virtù delle lavorazioni eseguite e delle attrezzature utilizzate, i rischi

presenti sono poco rilevanti; infatti anche gli infortuni in banchina sono,

fortunatamente abbastanza rari.

I pochi infortuni che sono stati registrati durante le lavorazioni, sono stati

comunque gravi, dovuti a fenomeni di elettrocuzione già trattati al punto

precedente.

Le lavorazioni sui piazzali

Un aspetto estremamente preoccupante per la sicurezza, durante le

lavorazioni di refitting e di manutenzione, è sicuramente il

posizionamento in “secco” delle unità sui piazzali adiacenti le banchine

per effettuare alcune lavorazioni come la preparazione alla verniciatura e

la verniciatura delle unità. Non a caso in una situazione del genere, nel

febbraio 2007, è stato registrato un infortunio mortale occorso ad un

membro dell’equipaggio di una nave la cui opera morta doveva essere

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verniciata. A creare pericoli per la sicurezza durante l’esecuzione dei

lavori in tale situazione, oltre alla precarietà del luogo di lavoro, c’è

sicuramente l’altezza che viene raggiunta, anche per unità non molto

grandi, in quanto l’opera viva, quando la barca è in secco, contribuisce ad

elevare di circa 2,5 mt l’altezza della barca. Questo comporta rischi di

caduta da una altezza superiore a mt. 2 in tutti i punti calpestabili

dell’unità e quindi l’adozione di misure di prevenzione e protezione. La

poca permanenza della barca in secco, a volte, porta a trascurare tali

misure rendendo estremamente pericoloso sia l’accesso che gli

spostamenti a bordo. Va anche ricordato che le unità più piccole, in base

alla normativa Europea che stabilisce i criteri costruttivi, hanno i

parapetti di bordo di altezza inferiore a 1 mt e quindi non rispondenti alle

normative di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro. Queste situazioni di

pericolo rendono necessarie sia un’opera di sensibilizzazione sui

concessionari delle banchine e dei piazzali adiacenti affinché esercitano

una azione di controllo sull’operato degli utilizzatori degli spazi che una

costante presenza in vigilanza dell’Autorità Marittima e dell’azienda

USL.

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Manutenzione a secco di un motopesca

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10 LE PROVE A MARE

Le prove a mare su imbarcazioni nuove e in manutenzione e/o garanzia

sono disciplinate, in materia di igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro, dal

titolo III del D. L.vo 272/99 che obbliga il datore di lavoro

all’elaborazione di un Documento di Sicurezza (rif. art. 4 comma 2 D.

L.vo 626/94) che contenga anche:

• L’individuazione delle situazioni di emergenza ed i relativi

piani predisposti;

• La descrizione della situazione degli alloggiamenti e dei

servizi igienico - assistenziali.

Tale norma legislativa è stata promulgata su recepimento di una Direttiva

Comunitaria che trova come campo di applicazione la nave e per tale

unità è stata concepita.

Finora genericamente si è definita la costruzione navale imbarcazione; in

realtà, in ambito delle unità da diporto, la Legge 50 del 11/02/71

definisce le unità in base alla loro lunghezza.

Natante da diporto

I natanti da diporto sono unità:

• a remi;

• con lunghezza pari od inferiore a 10 m;

I natanti non sono soggetti all’obbligo d’iscrizione nei registri presso gli

Uffici deputati dello Stato, né a quello del possesso della licenza di

navigazione e del certificato di sicurezza.

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Ciò non toglie che chi lo desidera o ne ha necessità, possa iscrivere il

natante; in questo caso, il mezzo è immatricolato nel registro delle

imbarcazioni da diporto e di queste segue il regime giuridico.

I natanti da diporto hanno dei limiti di navigazione in base al tipo e

all’esistenza o meno della “marcatura CE”. In deroga, i natanti non

marcati CE che effettuano allenamento o sono invitati a manifestazioni

sportive, possono navigare senza alcun limite dalla costa.

La stessa deroga è applicata ai natanti marcati CE, previa apposita

autorizzazione della competente Autorità Marittima.

Le manifestazioni sportive, preventivamente comunicate alle autorità

competenti, individuate dalla normativa sono quelle organizzate dalla

Lega Navale Italiana, dalla Federazione Italiana Vela, dalla Federazione

Italiana Motonautica e dai circoli nautici affiliati alle predette federazioni.

Il numero delle persone trasportabili a bordo dei natanti con marcatura

CE è indicata nel “manuale del proprietario”, mentre per quelli non

marcati CE è riportato nel certificato di omologazione rilasciato dall’Ente

tecnico oppure è quello indicato nell’art. 13 del citato Regolamento

recante norme di sicurezza per la navigazione da diporto.

Imbarcazione da diporto

Le imbarcazioni da diporto sono tutte le costruzioni destinate alla

navigazione da diporto che hanno una lunghezza dello scafo compresa fra

10,01 e 24 m.

Queste unità sono soggette all’obbligo dell’iscrizione e del possesso della

licenza di navigazione e del certificato di sicurezza.

L’iscrizione deve essere registrata presso le Capitanerie di porto, o gli

uffici circondariali marittimi, oppure gli uffici provinciali del

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Dipartimento per i trasporti terrestri e per i sistemi informativi e statistici

autorizzati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Le imbarcazioni da diporto devono esporre la bandiera nazionale e sono

contraddistinte dalla sigla d’identificazione.

I limiti di navigazione delle imbarcazioni da diporto dipendono dalla

categoria di progettazione se marcati CE, ovvero, per quelle non marcate

CE, entro 6 miglia o senza limite in base alle caratteristiche di

costruzione e lo stato di navigabilità, come riportato sulla licenza di

navigazione.

Anche per le imbarcazioni da diporto valgono le deroghe enunciate per i

natanti da diporto.

Nave da diporto

A questa categoria appartengono tutte le unità da diporto con lunghezza

dello scafo superiore a 24 m. Anche per le navi da diporto sono

obbligatori la registrazione e il possesso della licenza di navigazione e del

certificato di sicurezza per navigare.

I registri d’iscrizione delle navi da diporto si trovano solo presso le

Capitanerie di porto. Le navi da diporto devono esporre la bandiera

nazionale e sono contraddistinte dalla sigla d’identificazione

Gli adempimenti per le prove a mare

Sulla base della definizione di nave da diporto e del campo di

applicazione del D. L.vo 272/99 che riporta il termine generico di “nave”

senza specificare la sua destinazione, nelle prove a mare effettuate su

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yachts di lunghezza superiore a 24 mt. (intorno ai 78 piedi) si applica il

titolo III del decreto stesso.

Oltre al documento di sicurezza, all’art. 54, il Decreto obbliga il datore di

lavoro a provvedere circa composizione, sistemazione logistica e

formazione dell’equipaggio, verifica dell’integrità e dell’efficienza degli

impianti e dei mezzi di sicurezza di bordo ed un controllo accurato dei

mezzi di salvataggio.

Il punto più controverso nell’applicazione è quello che prevede la

presenza a bordo di un medico e di un infermiere, di dotazioni mediche,

medicinali ecc.

Sicuramente tale punto (comma d) è stato inserito nella norma

considerando navi mercantili e simili di grande dimensioni che stanno in

prova per parecchio tempo; le prove a mare effettuate sui mega-yacht

durano poche ore, al massimo mezza giornata, quindi la presenza

contemporanea del medico e dell’infermiere può sembrare una misura

preventiva eccessiva; in ogni caso la norma lo prevede ed è compito

dell’Autorità Marittima e dell’Azienda USL verificarne la corretta

applicazione.

Anche per quanto riguarda i rischi presenti durante le prove a mare, si

può tranquillamente affermare che sono quasi inesistenti per quanto

riguarda la sicurezza; dal 2000 ad oggi, dopo più di 1000 uscite per prove

in mare, non si ha notizie di un infortunio avvenuto a bordo durante tali

prove.

Vi sono eventualmente due tipologie di rischi per la salute delle persone

esposte e riguardano:

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• esposizione a rumore del personale presente in sala macchine

per i controllo e la registrazioni degli apparati propulsivi;

• esposizione a radiazioni elettromagnetiche, nella cabina di

pilotaggio, per la presenza di apparecchiature radar ed altre

apparecchiature di controllo;

• l’esposizione a vapori di sostanze nocive che si possono

liberare, in sala macchina e nei locali tecnici, al primo

riscaldamento sopra i 100 °C di tubazioni coibentate con

materiali sintetici.

Per quanto riguarda l’esposizione a rumore, l’Azienda USL 12 Viareggio

negli ultimi mesi del 2006, ha effettuate delle misure in sala macchina di

una nave in vetroresina della lunghezza di 45 mt i cui risultati verranno

pubblicati a breve.

Per le altre due tipologie di rischio, saranno programmati interventi per

valutare l’entità dell’esposizione dei lavoratori.

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11 L’OSSERVATORIO INFORTUNI

Premessa

I dati sono raccolti presso il PISLL in modo sistematico ed integrati

tramite confronto con le informazioni INAIL e riguardano tutti i casi di

infortunio sul lavoro denunciati per i quali sia stato redatto un primo

certificato medico di infortunio.

La distribuzione degli infortuni in relazione alla gravità è fatta sulla base

della prima prognosi di infortunio e non sulla durata totale dell’assenza

dal lavoro per infortunio.

Fonti informative dell’Osservatorio Infortuni condiviso

Primo certificato medico redatto dal Pronto Soccorso (P.S.) Ospedale

Versilia, da PP.SS. di altre UUSSLL, da medici di famiglia, copia della

denuncia di infortunio INAIL, resoconto mensile infortuni redatto dalle

aziende del settore estrattivo, notizie tratte dalla cronaca locale.

Definizioni in uso all’Osservatorio Infortuni condiviso per la

classificazione degli infortuni sul lavoro.

Infortuni prevenibili

Eventi lesivi di interesse dal punto di vista della prevenzione nei luoghi

di lavoro, che possono essere stati determinati dalla carenza di adeguati

standard di sicurezza nell’ambiente di lavoro, da omessa cautela o

vigilanza o rispetto di norme, da modalità operative scorrette o incaute.

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Infortuni non prevenibili

Eventi lesivi che non rispondono ai criteri sopra riportati (ad esempio gli

infortuni da traffico veicolare, in itinere, le aggressioni subite sul lavoro

da persone o animali, i malori presentatisi duranti il lavoro senza una

specifica motivazione derivante dal lavoro, come un infarto acuto del

miocardio).

Per queste tipologie di infortuni i servizi di prevenzione USL non

dispongono di misure di prevenzione tali da ridurne la gravità o il

numero.

Eventi infortunistici in cantieristica 2000/2006

Con la denominazione di nautica da diporto si intende non solo la

produzione di scafi in ferro, lega leggera o vetroresina (VTR), ma anche

una parte delle attività di allestimento. Il settore, dal punto di vista

dell’accadimento degli infortuni, è stato suddiviso in “attività della

cantieristica in ferro e lega leggera” ed “attività della cantieristica in VTR

e legno”.

Nella tabella sono raccolti gli infortuni prevenibili del periodo 2000 –

2006 in entrambi gli ambiti, differenziati per colore, ed il confronto con

gli infortuni prevenibili totali in Versilia dello stesso periodo.

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PROGNOSI INFORTUNI

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

Mortali 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Prognosi Riservata 0 0 0 0 0 0 0

0 0 0 0 0 0 0

Gravi (=/>20 giorni)

4

2

5

11

8

6

6

9 10 8 13 3 12 14 4 – 19 giorni 77 35 56 52 60 52 52

42 69 64 69 68 83 87 Lievi

(0 – 3 giorni) 36 28 19 28 22 19 15

23 31 35 32 29 17 27

Prognosi Sconosciuta 5 3 5 3 1 3 2

4 3 14 1 0 5 2

INFORTUNI TOTALI 200 181 206 209 191 197 205

% SUL

TOTALE

GENERALE

6,5 6,2 6,9 7,2 6,6 7,2 7,2

In rosso i dati relativi alla vetroresina.

L’infortunio più grave (prognosi riservata per folgorazione), accaduto

presso uno dei cantieri di Viareggio ha riguardato, in realtà, non un

lavoratore del cantiere ma un dipendente di una ditta di impianti elettrici.

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Il lavoratore è rimasto folgorato mentre operava su un quadro elettrico a

bordo di una imbarcazione in costruzione a causa dell’intempestivo

riavvio della linea elettrica, in precedenza disattivata, proprio per dare

modo al lavoratore di operare in condizioni di sicurezza.

Dalle indagini di approfondimento, svolte dai tecnici di prevenzione della

USL 12 Viareggio, sono emerse nel complesso gravi lacune nel sistema

di predisposizione e di coordinamento di quella particolare attività di

cantiere a carico sia della ditta committente che dell’appaltatrice in

quanto, pur avendo organizzato l’operazione lavorativa in orario diverso

dall’usuale (di sera, dopo le 18,30) proprio per poter lavorare in assenza

di tensione elettrica, quella sera altre lavorazioni si svolgevano a bordo

dopo le 19,00 e non sono state messe in atto le procedure di lavoro e le

norme di buona tecnica previste dalle norme di prevenzione nel caso di

attività lavorative da effettuarsi fuori tensione (diffusione della

informazione sui lavori in corso mediante apposizione di cartelli, presidio

costante o segregazione dell’organo di manovra, distacco fisico dei

conduttori dai morsetti ecc.) o altro metodo idoneo ad evitare tragici

disguidi.

Gli interventi previsti dalla normativa di sicurezza avrebbero evitato

l’attivazione intempestiva dell’energia elettrica, ad intervento lavorativo

ancora in corso.

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Per il resto, gli infortuni classificati come “gravi” (prima prognosi uguale

o maggiore di 20 giorni) hanno mostrato le seguenti modalità di

accadimento più frequenti:

Modalità numero % sul totale dei

casi gravi

Caduta da scale fisse o a pioli, da

ponteggi

24 22

Caduta in piano, su barca o banchina 18 16

Uso di attrezzature o utensili 17 15

Colpito da materiale su mano o piede 15 13

Uso di attrezzi manuali (martello, pialla ecc.)

10 9

Scivolamenti scendendo dall’imbarcazione

6 5

Investito da materiale in lavorazione 5 4

Modalità varie 17 15

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Dal 2000 al 2006 i Tecnici di Prevenzione hanno effettuato in questo

settore 41 indagini di approfondimento a seguito di infortunio.

Analisi degli infortuni

Dall’analisi degli infortuni si nota che il rischio infortunistico di maggior

rilevanza e quello legato alla caduta.

Se sommiamo le cadute dall’alto (scale e ponteggi) sia alle cadute in

piano che agli scivolamenti sull’imbarcazione raggiungiamo una

percentuale non lontana alla metà degli infortuni gravi.

Questo sicuramente è un dato allarmante circa la sicurezza nell’attività di

produzione e allestimento di imbarcazioni da diporto in quanto gli eventi

che hanno dato luogo ad infortuni gravi potevano creare danni ben

superiori ai lavoratori. Non ingannino i dati relativi alle cadute in piano

ed agli scivolamenti, molto spesso tali definizioni “nascondono” eventi

causati da aperture nel suolo o cadute da ponti delle imbarcazioni.

Quindi il maggior rischio di subire danni per infortunio in un cantiere

navale, è legato alla caduta per cui il compito di maggior rilievo durante i

sopralluoghi di vigilanza è accertare la messa in sicurezza

dell’imbarcazione. Anche l’utilizzo di attrezzature manuali, elettriche e

meccaniche comporta una buona percentuale di accadimenti (24%); se si

tiene conto che la maggior parte di attrezzature utilizzate nelle

lavorazioni è di recente produzione, quindi dotata delle protezioni

previste dalle norme antinfortunistiche, l’alta percentuale di infortuni

durante il loro utilizzo denota sicuramente problemi di formazione e

addestramento. Per quanto riguarda gli infortuni da colpiture e

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investimenti da materiale, molto spesso, sono da imputare a problemi

organizzativi legati alle diverse attività che vengono svolte

contemporaneamente nei cantieri e agli spazi ristretti a bordo.

I dati si riferiscono agli anni che vanno dal 2000 al 2006; nel febbraio del

2007 va registrato, purtroppo, un incidente che ha provocato la morte di

un marinaio extracomunitario.

Anche se per quanto riguarda le modalità di accadimento sono ancora in

corso indagini da parte dell’Autorità Giudiziaria, l’infortunio è da

attribuire alla caduta dall’alto e quindi rientra nella tipologia più

ricorrente per gli infortuni nel settore.

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12 I LAVORATORI

Fino ad ora è stata descritta una attività sicuramente interessante come la

produzione di nautica da diporto ma si è preso poco in considerazione un

aspetto molto importante: chi sono i lavoratori che fanno parte della

filiera produttiva del comparto?

La prima cosa da sottolineare è che quando si parla di lavoratori della

nautica da diporto si parla di addetti con diversi gradi di specializzazione,

di un frequente ricorso a lavoratori atipici, di migranti e di un

considerevole turnover.

È anche importante analizzare come si differenzi, tra i vari lavoratori, la

percezione del rischio che l’effettuazione di una determinata attività,

induce nell’individuo.

Un’altra figura di lavoratore “speciale” inserito nel ciclo produttivo è il

rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) il cuoi ruolo

necessita di varie considerazioni.

Lavoratori ad alta specializzazione

“Per lavoratore subordinato si intende colui che fuori del proprio

domicilio presta il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione

altrui, con o senza retribuzione, anche al solo scopo di apprendere un

mestiere, un'arte o una professione” questa definizione è riportata dal

1955 sul DPR 547 ed identifica in modo chiaro la figura del lavoratore

qualunque sia il suo ruolo e la sua professionalità.

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Il lavoratore è l’operaio, l’impiegato ed anche chi ricopre ruoli di

dirigente se lo fa sotto dipendenza e direzione altrui. Infatti il dirigente è

un lavoratore che molto spesso ha compiti ed obblighi “speciali”, ma è

pur sempre un lavoratore

Chiarito questo fondamentale concetto bisogna dividere i lavoratori per

livello di specializzazione ed in questa parte ci interessa individuare i

lavoratori ad alta specializzazione; per tale motivo è utile elencare le

figure di lavoratori ad alta specializzazione presenti nel ciclo produttivo

della cantieristica navale da diporto.

Di questo elenco fanno sicuramente parte:

• Dirigenti;

• Progettisti;

• Designers;

• Comandanti di armamento;

• Responsabili della sicurezza;

• Capi cantiere, capi commesse e capi barche;

Ma anche:

• Tecnici gestione apparati di controllo;

• Motoristi;

• Manovratori di piazzale;

• Subacquei.

La caratteristica principale di tali figure è la ampia possibilità di scelta

lavorativa che la forte crescita del mercato gli offre; si cambia cantiere

non sulla base di una richiesta del lavoratore ma in virtù di offerte più

vantaggiose ricevute.

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Questi lavoratori oltre ad avere una alta professionalità hanno avuto

anche un buon livello di formazione da parte delle aziende.

Lavoratori di media specializzazione

Di questa categoria di lavoratori fanno parte gli “operai specializzati”,

ovvero quella manodopera capace di lavorare su alti standard qualitativi.

A questa categoria lavorativa appartengono:

• Tubisti;

• Elettricisti;

• Verniciatori;

• Carpentieri metallici;

• Saldatori;

• Carpentieri in legno;

• Falegnami;

• Montatori di mobili;

• Installatori di impianti tecnologici;

• Coibentatori;

• Posizionatori di coperte;

• Tappezzieri;

• Pontisti;

• Ecc.

I lavoratori che svolgono tali attività sono quelli meno esposti a turnover;

di solito fanno parte di piccole aziende artigianali a gestione, per lo più,

di tipo familiare.

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Questo comporta, nella maggior parte dei casi, l’instaurazione di un

rapporto interno di profonda conoscenza se non proprio amicizia, tra il

datore di lavoro ed i lavoratori dipendenti. Nella maggior parte di queste

aziende non trova una sua collocazione il sindacato e di conseguenza la

figura del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) ha un

ruolo o marginale od addirittura di rappresentanza aziendale e non dei

lavoratori. Di solito questi lavoratori hanno avuto un discreto percorso

formativo.

Lavoratori di bassa specializzazione

Questa, come è facile intuire, è sicuramente la fascia di lavoratori più

debole dove regna incontrastato il turnover in quanto i lavoratori

manifestano una evidente insoddisfazione circa la loro occupazione e

cercano una occupazione più qualificante.

Per tale motivo, le aziende che occupano questa categoria di lavoratori

investono poco o niente in formazione ed addestramento, affidando tali

compiti al lavoratore più anziano in termini di anzianità lavorativa in

azienda.

Questi lavoratori necessitano di un’attenzione particolare da parte degli

organi istituzionali. Tale attenzione deve servire ad assicurare ai

lavoratori i livelli minimi di sicurezza e di tutela che un paese civile deve

garantire a tutti.

Si raccontano con insistenza, infatti, episodi di lavoro nero, di infortuni

non denunciati e di stipendi realmente percepiti molto inferiori a quanto

riportato in busta paga.

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Questo aspetto riguarda anche i lavoratori atipici ed i migranti che, non a

caso, nella maggior parte dei casi trovano collocazione nelle aziende che

occupano questa categoria di lavoratori. Ma chi sono questi lavoratori?

Sono:

• Addetti alle pulizie;

• Addetti alla laminazione della vetroresina;

• Manovali di aziende di pontisti;

• Stuccatori;

• Addetti alla levigatura per la verniciatura;

• Ecc.

Forme di lavoro flessibile

L’esigenza di nuove forme lavorative è stata presa in esame agli inizi del

1990, quando si è iniziato a parlare di forme di flessibilità

dell’occupazione; nel 1997 la Legge Treu (Legge 24 giugno 1997, n.196)

ha introdotto le prime tipologie di contratti lavorativi atipici presente sul

mercato del lavoro in Italia.

Sono definiti "atipici" coloro che hanno contratti di lavoro non standard

rispetto ai contratti di lavoro subordinato standard, a tempo determinato o

indeterminato e a pieno tempo, e alle tradizionali forme di lavoro

autonomo.

Il loro inquadramento attuale è definito dalla Legge 30/2003 “Delega al

Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro” volgarmente

conosciuta come Legge Biagi e dal D. L.vo 276/03 “Attuazione delle

deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge

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14 febbraio 2003, n. 30”.

Il lavoratore può essere chiamato a prestare la sua opera con varie forme

di rapporto di lavoro.

a) Tempo indeterminato: è il rapporto di lavoro senza nessuna

limitazione temporale.

b) Tempo determinato: rapporto di lavoro con una scadenza dello

stesso predeterminata all’atto dell’assunzione. L’assunzione a termine

deve risultare da atto scritto.

c) Lavoro temporaneo o interinale: le agenzie di lavoro temporaneo

od interinale possono assumere dei lavoratori, a termine, comandandoli a

prestare la propria opera presso altre imprese loro clienti. Al lavoratore,

che dipende dall’agenzia interinale viene applicato il contratto di lavoro

della azienda presso cui presta la propria opera.

d) Lavoro intermittente:il lavoratore si pone a disposizione di un

datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa su

chiamata, per esigenze individuate da contratti collettivi. Il lavoratore

intermittente deve ricevere, per i periodi lavorati, un trattamento

economico e normativo complessivamente non inferiore rispetto al

lavoratore di pari livello, a parità di mansioni svolte.

e) Lavoro ripartito: è un contratto mediante il quale due lavoratori

sono obbligati in solido per una unica mansione lavorativa. Il lavoratore

deve ricevere un trattamento economico e normativo non inferiore

rispetto al lavoratore di pari livello, a parità di mansioni svolte.

f) Apprendistato: vi sono tre tipologie di apprendistato con tre

differenti finalità:

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1) Apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e

formazione. É finalizzato al conseguimento di una qualifica

professionale, ha durata non superiore ai tre anni ed è rivolto a

giovani che abbiano compiuto 15 anni.

2) Apprendistato professionalizzante. É finalizzato al conseguimento

di una qualificazione attraverso la formazione e lavoro ed è rivolto ai

soggetti di età compresa tra 18 e 29 anni, La durata è stabilita dai

contratti collettivi e in ogni caso è compresa tra due e sei anni.

3) Apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di

alta formazione. É finalizzato al conseguimento di un titolo di studio

di livello secondario, di titoli di studio universitari e di alta

formazione. É rivolto a soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni.

La regolamentazione e la durata sono rimesse alle Regioni

g) Contratto di inserimento: sostituisce il contratto di formazione e

lavoro ed è finalizzato a realizzare, mediante un progetto individuale di

adattamento delle competenze professionali, l’inserimento o il

reinserimento lavorativo.

É rivolto a :

- giovani tra i 18 e i 29 anni,

- disoccupati di lunga durata da 29 a 32 anni,

- disoccupati con più di 50 anni,

- lavoratori inattivi da almeno 2 anni,

- donne residenti in aree con problemi di occupazione femminile,

- persone affette da grave handicap fisico, mentale o psichico.

Il contratto va stipulato in forma scritta e deve contenere l’indicazione del

progetto individuale di inserimento. La durata può variare da 9 a 18 mesi,

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compresa eventuale proroga, e può arrivare a 36 mesi per i lavoratori

disabili. Il contratto non è rinnovabile con lo stesso lavoratore. I

lavoratori assunti con contratto di inserimento sono esclusi dal computo

ai fini dell’applicazione di leggi e contratti collettivi. L’inquadramento

del lavoratore non potrà essere inferiore per più di due livelli a quello

spettante per qualificazioni corrispondenti a quelle il cui contratto è

finalizzato.

h) Lavoro a progetto: (ex collaborazione coordinata e continuativa).

In questo caso il lavoratore non è ne subordinato ne autonomo, presta la

propria opera in maniera continuativa e coordinata a carattere personale e

come collaborazione occasionale. Il lavoro deve essere riconducibile a

uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso

determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in

funzione del risultato.

i) Lavoro accessorio: può essere utilizzato per attività di natura

meramente occasionale nei seguenti ambiti

- piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa

l’assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate

o con handicap;

- insegnamento privato supplementare;

- piccoli lavori di giardinaggio, di pulizia e manutenzione di edifici e

monumenti;

- realizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali e

caritatevoli;

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- collaborazioni con enti pubblici e associazioni di volontariato per lo

svolgimento di lavori di emergenza, come quelli dovuti a calamità o

eventi naturali improvvisi o di solidarietà.

Tali attività sono considerate lavoro accessorio se non superano la durata

complessiva di trenta giorni nel corso dell’anno solare e se, in ogni caso,

non danno complessivamente luogo a compensi superiori a 3 mila euro

nel corso di un anno solare. Possono essere impegnati nel lavoro

accessorio soltanto i seguenti soggetti considerati a rischio di esclusione

sociale:

- disoccupati da oltre un anno;

- casalinghe, studenti e pensionati

- disabili e soggetti in comunità di recupero;

- lavoratori extracomunitari, regolarmente soggiornanti in Italia, nei

sei mesi successivi alla perdita del lavoro.

l) Tempo pieno o parziale: il rapporto di lavoro può essere a “tempo

pieno”, quindi con il monte ore lavorative massime previste nel contratto

di lavoro, o “tempo parziale” con un monte ore ridotto che deve risultare

dal contratto stesso.

Ma chi sono i lavoratori “flessibili” che prestano la loro opera nei cantieri

navali? Intanto il numero di lavoratori con questi tipi di contratto è

abbastanza consistente, non ancora quantificato, ma stimabile intorno al 10

– 15%. La loro distribuzione ed il loro tipo di contratto è legata alla

professionalità. Nei lavoratori ad alta specializzazione troveremo contratti

di “lavoro a progetto” legati principalmente al livello formativo scolastico

(laureati, diplomati).

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Per quanto riguarda i lavoratori di media specializzazione le forme di

lavoro flessibile più utilizzate sono l’apprendistato ed il contratto di

inserimento in quanto essendo questa categoria meno “migratoria”, una

volta conosciuto il lavoratore e riconosciuta la sua capacità di inserimento

nel ciclo produttivo dell’azienda, la sua posizione sarà stabilizzata.

Bisogna sempre ricordare che i lavoratori a media specializzazione sono

quelli appartenenti ad aziende artigianali o comunque con un numero

limitato di dipendenti e gestione di tipo familiare.

Anche se più marginale, in questa categoria, si ricorre anche al lavoro

interinale specializzato. Infatti le agenzie di lavoro interinale forniscono

anche personale qualificato come saldatori, falegnami, elettricisti, ecc.

In ogni caso il ricorso al lavoro interinale è molto utilizzato nelle aziende

che occupano lavoratori di bassa specializzazione e questo rappresenta un

altro motivo che contribuisce a rendere estremamente debole la categoria.

Fra le nuove tipologie contrattuali dovute alla flessibilità introdotte dalla

Legge 30, vi è anche il distacco.

L'ipotesi del distacco si configura quando un datore di lavoro, per

soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più

lavoratori a disposizione di un altro soggetto per l'esecuzione di una

determinata attività lavorativa.

In caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento

economico e normativo a favore del lavoratore.

Il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il

consenso del lavoratore interessato.

Il distacco consiste quindi in una modificazione delle modalità di

svolgimento della prestazione del lavoratore ("distaccato"), che, sulla base

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della decisione datoriale ("distaccante"), svolge la propria opera a favore

di un terzo soggetto ("distaccatario") stabilito dal datore di lavoro, senza

che per questo si produca effetto novativo, ovvero che il precedente

rapporto sia estinto e ne sorga uno nuovo.

Questa disciplina contrattuale è tuttora utilizzata per un consistente

numero di lavoratori ex SEC (Società Esercizio Cantieri), che è stata

chiusa alcuni anni fa. In pratica le aree adiacenti al porto di Viareggio su

cui prestava la propria attività il cantiere SEC, denominate DR1 e DR11,

sono state date in concessione ad un consorzio di aziende che ha fondato la

Polo Nautico scpa ed ha assorbito gli ex dipendenti SEC.

Questa società ha presentato un progetto di riqualificazione delle aree con

la costruzione di alcuni capannoni destinati alla produzione di nautica da

diporto.

Contestualmente, una volta terminate le opere strutturali ed avviata la

produzione, si frazionava l’unica concessione (Polo Nautico) in

concessioni individuali tra le aziende facenti parte del consorzio che si

impegnavano ad assorbire il personale del SEC. Nella fase intermedia,

cioè l’inizio di attività nei capannoni i lavoratori ancora dipendenti della

Polo Nautico, prestano la propria attività alle dipendenze dei vari soci in

regime di distacco.

Questa situazione abbastanza anomala ha portato forti tensioni tra

lavoratori e aziende consorziate con scioperi, presidi ed altre forme di

protesta.

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Lavoratori migranti

Parlare di lavoratori migranti impiegati nel ciclo produttivo della

cantieristica da diporto non è compito facile in quanto significa parlare di

lavoratori di diversa provenienza, di diversa professionalità e con diverse

aspettative lavorative. Iniziamo a cercare di chiarire chi sono i migranti

che lavorano nel settore.

Provenienza

Ci sono settori produttivi che sono caratterizzati dalla presenza di migranti

provenienti dalla stessa nazione e/o area geografica. Il tessile dell’area

pratese è pressoché monopolizzato dalla presenza di lavoratori cinesi;

nell’edilizia è marcata la presenza di lavoratori rumeni e dell’area

balcanica; nel commercio ambulante vie è un forte incremento di

lavoratori cinesi e del nord africa. Nella cantieristica da diporto non vi

sono alte concentrazioni di lavoratori che esercitano una determinata

lavorazione; la diffusione dei lavoratori migranti è a “macchia di

leopardo”. Fa eccezione la presenza di lavoratori indiani, cingalesi e

pachistani nella laminazione degli scafi in vetroresina. Questa elevata

frammentazione sia etnica che di tipo di lavorazioni non fa altro che

aumentare i disagi legati alla presenza dei lavoratori migranti ed al loro

inserimento in una attività complessa come un cantiere navale. Ed i

disagio maggiore è sicuramente legato alla conoscenza delle varie lingue

dei lavoratori ed il loro rapporto con una lingua difficile e complessa come

l’italiano. Questo problema riguarda tutte le professionalità.

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Professionalità

Anche questo è un aspetto molto importante nell’analizzare la presenza di

migranti nei cantieri della darsena viareggina.

Ci sono lavoratori ad alta specializzazione, la cui provenienza è

principalmente legata a paesi ricchi quali Francia, Olanda, Gran Bretagna,

Stati Uniti, Sud Africa, Nuova Zelanda, Australia ecc. che comunque si

inseriscono, a volte anche marginalmente, in un processo produttivo

complesso, possono trovare le stesse difficoltà che hanno lavoratori a

media e bassa professionalità provenienti dall’Europa dell’est, dall’Africa

e dall’Asia.

Quello che sicuramente differenzia queste categorie di migranti è l’aspetto

economico e le aspettative lavorative.

Aspettative lavorative

Questo è un aspetto fondamentale che riguarda tutti i lavoratori ma a

maggior ragione i migranti; ed è fondamentale rispondere ad una domanda

che sembra banale: perché si lavora? Dare la giusta risposta a questa

domanda è fondamentale per alcune questioni molto dibattute quali

produttività e sicurezza.

E la risposta sta nello stimolo che avvicina il migrante, come qualsiasi

altro lavoratore, ad esercitare un’attività: motivazioni professionali,

motivazioni economiche e motivazioni legali. Sicuramente il lavoratore

migrante e non che esercita una “professione” con profonda motivazione

avrà meno problemi di inserimento andandosi ad integrare nel sistema

produttivo con notevole riconoscimento economico.

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La stessa posizione non può essere attribuita al migrante che esercita un

“lavoro” solo per mantenere una famiglia lontana ed avere il permesso di

soggiorno; questo lavoratore si sentirà al margine del sistema produttivo e

accetterà lavori poco gratificanti.

Io credo che serva un grosso impegno di tutti i soggetti presenti nella

produzione di nautica da diporto affinché venga ridotta la percezione che

lavoratori migranti od atipici hanno di esercitare un lavoro poco edificante.

Più si riuscirà a gratificare queste categorie di lavoratori più crescerà anche

la loro cultura della sicurezza sentendosi parte attiva di un sistema che

produce e distribuisce ricchezza.

Turnover

Il turnover è un fenomeno in continua crescita in tutto il sistema produttivo

mondiale. Il bisogno di garantire competitività ha introdotto nuove forme

di lavoro flessibile con minori garanzie per i lavoratori.

Questo fenomeno ha portato i lavoratori a cercare forme di lavoro più

stabili ed a un posto di lavoro che va a stabilizzarsi corrisponde un nuovo

inserimento di un precario.

Sulla base di ciò si può ben capire come il turnover da esigenza

dell’azienda (rinnovo della forza lavoro) è diventato esigenza del

lavoratore (un lavoro più stabile); si sono invertiti i ruoli. Questo

fenomeno è maggiore quanto più basso è il livello professione degli

addetti; quindi tale fenomeno è presente soprattutto nei lavoratori atipici e

nei migranti.

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A dire il vero, nella cantieristica da diporto, vi è anche un turnover, per

così dire, di elite che interessa lavoratori super specializzati; ma questo

tipo di fenomeno non crea grossi problemi.

Problemi che sono estremamente presenti nel turnover di atipici e migranti

e che riguardano l’addestramento, l’informazione e la formazione.

Fino a qualche anno fa i cantieri navali viareggini erano per lo più imprese

artigiane che producevano imbarcazioni con ritmi artigianali.

Ora le realtà sono profondamente cambiate, i ritmi si sono

“industrializzati” e le imprese artigiane presenti nella produzione hanno

poco tempo da destinare ad addestramento, informazione e formazione a

scapito sicuramente della sicurezza del neo assunto.

La percezione del rischio

Spesso si parla di percezione del rischio sul posto di lavoro; credo che si

debba usare un altro termine: consapevolezza.

Questo è un passaggio fondamentale quando si affronta il comportamento

dei lavoratori in situazione di potenziale rischio per la propria sicurezza e

salute. Il termine percezione è la funzione psicologica tramite la quale la

coscienza dell’individuo organizza le informazioni provenienti dalle

sensazioni che prova.

Lo stesso individuo diventa consapevole quando è stato e messo al

corrente di qualche cosa ed utilizza la propria conoscenza per determinare

il proprio comportamento.

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Per semplificare, la percezione è un fattore rilevatore che, per la maggior

parte dei casi, comporta una reazione istintiva mentre la consapevolezza

comporta una reazione determinata dal grado di conoscenza.

Quindi lo sforzo che deve essere fatto è quello di aumentare il grado di

conoscenza dei lavoratori attraverso una idonea ed efficace azione di

informazione e formazione.

Ad un lavoratore adeguatamente informato e formato sui rischi legati alla

sua mansione ed al luogo dove l’esercita, potremmo dire tranquillamente

che è consapevole dei rischi che sta correndo; questo comporterà

l’adozione di provvedimenti sanzionatori se tali rischi dipendono dal suo

comportamento inadeguato.

I Rappresentanti dei Lavoratori

Il Decreto Legislativo 626/94 ha portato profonde alla legislazione per la

salute e la sicurezza dei lavoratori. L’innovazione più importante

introdotta dal decreto, è l’obbligo da parte del datore di lavoro di valutare i

rischi presenti in azienda con l’aiuto di una organizzazione composta dal

datore di lavoro stesso, dal responsabile del servizio di prevenzione e

protezione, dai dirigenti e preposti, dal medico competente, dal

rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, dagli addetti all’antincendio

ed al pronto soccorso e dai vari consulenti. Queste figure hanno ricoperto

il nuovo ruolo più o meno compiutamente e nella maggior parte dei casi

c’è stata una crescita sia formativa che di ruolo nel settore della sicurezza.

La maggior parte, ma non tutti. Chi è cresciuto poco, interpretando in

modo limitato il proprio ruolo, è il rappresentante dei lavoratori per la

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sicurezza (RLS). Nel settore della cantieristica da diporto, la USL 12 ha

contato più di cento RLS presenti con due situazioni tipiche:

• RLS estremamente “aziendale” nominato di fatto dal datore di

lavoro per adempiere ad un obbligo legislativo, che non svolgerà il

proprio compito di controllo e segnalazione e non sarà altro che un

preposto alla sicurezza del datore di lavoro.

• RLS estremamente sindacalizzato designato dalla base sindacale

dell’azienda, spesso facente parte la rappresentanza sindacale

aziendale (RSU) poco formato in materia di sicurezza. Il ruolo di

rappresentanza, nella maggior parte dei casi, viene utilizzato per

rivendicazioni sindacali e smarrisce il ruolo di controllo e

segnalazione per ricoprire un ruolo prettamente sindacale.

Tranne alcune eccezioni, la figura di RLS, non riesce a decollare nella

cantieristica viareggina, come, in generale, in tutto il mondo produttivo.

Questa figura è determinante per migliorare le condizioni di sicurezza dei

lavoratori e, per tale motivo, si dovrebbe occupare esclusivamente di ciò

lasciando ad altri i compiti di trattative economiche e contrattuali.

Sul perché questa fondamentale figura non decolli deve essere motivo di

una seria critica da parte di tutti: parti sociali e pubblica amministrazione

compreso i servizi PISLL delle ASL.

Qualcosa non è andato per il verso giusto ed è necessario riformulare in

modo chiaro ruolo e compiti del RLS affinché diventi parte attiva e

propositiva della sicurezza aziendale; per tale motivo è indispensabile una

campagna informativa da parte di parti sociali e pubblica amministrazione.

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13 MIGLIORARE LA SICUREZZA

All’interno di una unità produttiva (cantiere) è presente una

organizzazione aziendale formata da datore di lavoro, dirigenti,

consulenti, capi produzione e lavoratori ed una seconda organizzazione

produttiva che oltre alle figure sopra riportate, ha anche datori di lavoro,

preposti e lavoratori delle ditte che eseguono lavorazioni in appalto

presso il cantiere.

La costruzione (unità navale) è progettata dall’organizzazione aziendale

propria del cantiere e realizzata dall’organizzazione produttiva più

complessa che comprende le ditte in appalto; questo comporta uno sforzo

progettuale e di programmazione importante.

La progettazione e la programmazione devono tener conto dei possibili

rischi per la sicurezza; una volta progettata l’unità navale e programmata

la sua costruzione, si deve procedere all’elaborazione di procedure che

garantiscano un elevato standard costruttivo ed un elevato standard di

sicurezza durante l’esecuzione dei lavori massimizzando la promozione

del coordinamento.

Tra l’altro la modifica all’art. 7 del D. L.vo 626/94, di cui si tratta nel

capitolo successivo, stabilisce la quantificazione dei costi per

l’esecuzione in sicurezza dei lavori affidati in appalto. Sulla base di ciò è

indispensabile che, al momento della contrattazione e del successivo

affidamento dei lavori, il committente fornisca alle aziende appaltatrici

chiare informazioni sul progetto, sulla programmazione delle lavorazioni

e sulle procedure per l’effettuazione delle stesse in modo che sia possibile

stabilire anche i costi necessari a garantire la sicurezza.

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Una volta affidati i lavori ad un prezzo ritenuto equo da entrambi i

soggetti (appaltante e appaltatrice), si deve passare alla condivisione di

programmazione e procedure, da parte di tutta l’organizzazione

produttiva (cantiere e aziende in appalto).

In questa fase è fondamentale che avvenga anche una informazione

reciproca tra le varie ditte in appalto su rischi, misure di prevenzione, di

protezione ed organizzazione delle stesse.

Quanto sopra esposto rappresenta il “Coordinamento” ed è fondamentale

non solo per garantire la salute e la sicurezza durante le lavorazioni ma

anche per elevare la qualità della costruzione.

Quelle sopra descritte sono operazioni di pianificazione che, per essere

applicate, necessitano di un controllo sulla produzione.

Questo è il punto chiave: il sistema di controllo deve essere unico sia per

gli standard qualitativi produttivi che per gli standard di prevenzione

della salute e della sicurezza degli esposti.

Il Servizio di Prevenzione e Protezione Aziendale (SPP) deve lasciare le

funzioni di controllo sulla sicurezza ai preposti del cantiere che si

coordineranno con i preposti delle varie aziende coinvolte nei lavori; il

compito del SPP deve essere di consulenza e supporto ai preposti stessi.

Quindi il preposto deve avere un ruolo centrale e fondamentale sia per la

produzione che per l’applicazione delle misure di prevenzione.

Oltre alla pianificazione organizzativa, vi sono aspetti tecnico strutturali

che, se migliorati, contribuiranno sicuramente a migliorare produzione e

sicurezza:

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• Interventi di bonifica ambientale con immissione di aria pulita e

climatizzata nella fase di costruzione di scafi, coperte e

sovrastrutture in vetroresina;

• Costruzione di cabine di verniciatura che vadano a sostituire le

attuali strutture precarie erette provvisoriamente sui piazzali

adiacenti le banchine portuali;

• Aspirazioni efficaci alla sorgente per le polveri nocive;

• Pulizia dei locali.

Nel primo caso questo tipo di intervento, oltre a ridurre notevolmente

l’esposizione degli addetti, garantirebbe una temperatura controllata del

processo di laminazione indispensabile per la qualità del manufatto.

Infatti gli standard qualitativi del processo di laminazione, secondo gli

enti di certificazione mondiali della nautica, prevedono che lo stesso

avvenga ad una temperatura tra i 18 ed i 28 °C: tale temperatura viene

registrata, nelle nostre zone, per 6 / 7 mesi.

Nel restante periodo si lavora a temperature più basse (inverno) con

notevoli problemi di rallentamento del processo di polimerizzazione o più

alte (giugno – agosto) con problemi di accelerazione del processo stesso.

Per quanto riguarda la costruzione di cabine di verniciatura, oltre ad

eliminare i pericoli per la sicurezza dovuti alla precarietà dei luoghi

attualmente utilizzati, garantirebbe l’effettuazione delle verniciature in

ambienti chiusi, controllati e quindi andrebbe ad incidere positivamente

sulla qualità della verniciatura stessa.

Il mercato continua a crescere; è necessario che cresca anche

l’organizzazione e migliori la dotazione strutturale delle aziende.

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Le aziende, sullo slancio della crescita del mercato, negli ultimi anni

hanno investito molto sia come organizzazione che come strutture;

occorrono alcuni ulteriori passi per poter fare quel salto di qualità che la

filiera produttiva merita; altri distretti produttivi ci stanno “minacciando”

con la loro produzione e Viareggio non può perdere la leadership nella

nautica su cui l’economia non solo della Versilia ma di tutta la parte

costiera della Toscana nord conta per garantire crescita e posti di lavoro.

Il ruolo dei preposti

Si descriveva il ruolo centrale per qualità produttiva e sicurezza dei

preposti; per evitare possibili interpretazioni errate è bene chiarire quale

dovrebbe essere tale ruolo.

Questo chiarimento si rende necessario perché la figura del preposto,

qualunque sia il termine utilizzato per la sua individuazione nel cantiere

(capo-cantiere, capo-commessa, capo-barca), viene spesso

impropriamente utilizzata, come parafulmine per proteggere il Datore di

Lavoro da possibili rischi di procedimenti penali a seguito di interventi

dell’organo di vigilanza (USL) per ispezioni ed infortuni.

In alcuni casi il preposto ha una delega al controllo della sicurezza e,

nello stesso tempo, è incentivato come capo-produzione, con premi in

caso di rispetto o miglioramento dei tempi di produzione.

In questa situazione può diventare inconciliabile il controllo

dell’applicazione delle misure di prevenzione e protezione con la fretta di

finire la costruzione.

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A ciò si aggiunge la poca formazione in materia di igiene e sicurezza sui

luoghi di lavoro che attualmente ha la figura del preposto e la sua

professionalità spostata prevalentemente sul prodotto.

La soluzione possibile è sicuramente una campagna informativa,

formativa e di sensibilizzazione di tale figura.

La USL ha il diritto-dovere di promuovere e partecipare a tali campagne

al fine di verificare la correttezza del messaggio dato.

Il preposto deve poter svolgere, senza ricatti economici, i compiti di

controllo con autonomia e responsabilità, diventando di fatto, all’interno

del cantiere, un direttore dei lavori ed un coordinatore per la sicurezza a

bordo ed in cantiere.

Anche qui c’è molto da lavorare; fortunatamente la maggior parte dei

cantieri ha recepito tali esigenze formative ed alcuni si stanno

organizzando per la progettazione di azioni formative che vedranno la

partecipazione ed il coinvolgimento della USL 12 Viareggio.

La formazione

Il bisogno formativo del comparto produttivo non si limita ai preposti dei

cantieri; vi è una rilevante carenza di formazione sulla sicurezza nei

datori di lavoro, nei preposti e nei lavoratori delle ditte appaltatrici.

Ciò è determinato principalmente da tre fattori:

• Scarsa sensibilizzazione;

• Turnover;

• Problemi economici.

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Scarsa sensibilizzazione

La cantieristica a Viareggio ha subito una evoluzione che ha trasformato

aziende di navalmeccanica fortemente sindacalizzate e sensibili alle

problematiche di sicurezza in aziende di nautica da diporto, soprattutto in

vetroresina, con pochi lavoratori dipendenti e spesso privi di una struttura

sindacale interna.

Queste situazioni hanno sfaldato la componente sindacale e reso difficile

la sensibilizzazione dei lavoratori al bisogno formativo sui rischi per la

salute e la sicurezza a cui sono esposti durante le lavorazioni.

Di conseguenza anche la domanda formativa ne ha risentito.

Tale situazione si sta modificando in quanto la riqualificazione dell’area

ex SEC ed il passaggio dei lavoratori navalmeccanici impegnati in

quell’area nei cantieri di nautica da diporto operanti nella Polo Nautico

ha ridato forza e visibilità al sindacato sui temi della sicurezza e salute sul

lavoro.

La presenza attiva delle parti sociali è fondamentale nello sviluppo di

progetti formativi.

Turnover

Nel settore vi è un grosso movimento migratorio tra ditte che lavorano in

appalto, dovuto principalmente, ad esigenze salariali, contratti atipici e

situazioni lavorative estremamente disagevoli.

Come già detto abbiamo due gruppi di lavoratori:

• Dipendenti ad alto e medio profilo professionale;

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• Dipendenti di aziende a basso profilo professionale, atipici e

migranti.

Mentre per il primo gruppo il fenomeno turnover è assai limitato, per il

secondo tale fenomeno si registra in modo rilevante; del secondo gruppo

fanno parte le aziende che svolgono attività come la resinatura, la

preparazione alla verniciatura, i pontisti, il facchinaggio, le pulizie, ecc.

Proprio in queste attività si verifica la maggior parte degli eventi

infortunistici che a volte, per la precarietà del posto di lavoro, non

vengono nemmeno denunciati.

Proprio in queste attività si presume che avremo la maggiore incidenza di

malattie professionali.

Problemi economici

Parlare di problemi economici in un settore che cresce e produce beni di

lusso, sembra una assurdità.

Eppure ci sono aziende che lavorano con margini economici che rendono

impossibile investire in formazione.

Le lavorazioni eseguite da tali aziende sono sempre quelle a basso profilo

professionale e il fenomeno del sub-appalto selvaggio è presente ed in

espansione.

Ecco un altro aspetto sul quale i cantieri devono intervenire in modo serio

e deciso se vogliamo migliorare la sicurezza e la salute dei lavoratori:

tendere a limitare il fenomeno del sub-appalto.

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Una volta raggiunto questo obbiettivo avremo un aumento di risorse

economiche che le aziende in appalto potranno e dovranno utilizzare per

formare e qualificare i lavoratori.

La gestione delle emergenze

Organizzare e gestire l’emergenze in un cantiere navale, dove la maggior

parte delle lavorazioni sono eseguite da ditte esterne, è un compito

estremamente difficile.

A renderla ancora più complicata ci sono altri fattori quali:

• Nell’ambiente di lavoro (cantiere) ci sono altri ambienti

(costruzioni navali);

• Questi altri ambienti hanno locali angusti nei quali possono

trovarsi lavoratori difficilmente raggiungibili e contattabili;

• Nei cantieri e sulle costruzioni vi è una considerevole presenza di

lavoratori stranieri;

• È complesso ed oneroso garantire la gestione dell’emergenza

durante le operazioni effettuate fuori del normale orario

produttivo che, spesso, sono le più pericolose.

Tutto questo comporta una accurata progettazione della gestione

dell’emergenza; l’attività di cantiere navale è soggetta al controllo dei

Vigili del Fuoco e pertanto deve essere elaborato un piano per la gestione

delle emergenze, devono essere individuati lavoratori formati ed

addestrati alla gestione delle emergenze e devono essere effettuate prove

sull’efficienza ed efficacia di quanto è stato pianificato.

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Quelli ora descritti sono gli obblighi normativi applicabili in una normale

unità produttiva ma non sufficienti per gestire le eventuali emergenze in

un cantiere navale.

Tutto questo va integrato con un ruolo fondamentale per i preposti del

cantiere e delle ditte in appalto che hanno l’obbligo di conoscere la

situazione del cantiere e della costruzione navale; si deve poter

raggiungere tutti i dipendenti a bordo e per far ciò è necessario che si

conosca la loro presenza e la loro posizione in cantiere o sulla barca.

La segnalazione delle eventuali emergenze deve essere visibile e udibile

per tutti; per tale motivo deve essere previsto un sistema allertante sia

ottico che sonoro.

La gestione delle emergenze nelle lavorazioni effettuate fuori il normale

orario del cantiere è un altro aspetto di grande rilevanza.

Premesso che è fondamentale che lavorazioni come la verniciatura e la

resinatura vengano effettuate quando non vi sono altri lavoratori ad

esclusione di chi le effettua e, quindi è necessario che l’organizzazione

del cantiere le preveda negli orari in cui la produzione viene sospesa

(dopo le 18, il sabato pomeriggio e la domenica), resta l’aspetto

fondamentale di garantire la gestione dell’emergenza anche in tali orari e

giorni, durante l’effettuazione di tali lavorazioni.

La domanda che è stata spesso posta riguarda al chi deve garantire tale

gestione.

Sicuramente le aziende che effettuano tali attività dovranno avere

presenti addetti adeguatamente formati soprattutto in virtù del rischio di

incendio ed esplosione presente durante le lavorazioni per l’utilizzo di

solventi.

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Però la sola presenza di addetti delle aziende in appalto non è sufficiente

a garantire la gestione delle emergenze in quanto si rende necessaria

anche la presenza di una squadra di emergenza del cantiere che possa

intervenire in virtù della conoscenza del cantiere e dei sistemi di

protezione presenti.

Quindi l’organizzazione del cantiere deve provvedere a far eseguire

lavorazioni incompatibili fuori dal normale orario di lavoro ma deve

anche garantire la presenza di una squadra di emergenza durante

l’esecuzione di tali lavorazioni.

Gli stranieri

Si è affrontato il tema della formazione e quello della gestione delle

emergenze: sono due aspetti importantissimi per migliorare la sicurezza;

questi aspetti vanno affrontati e pianificati tenendo in considerazione la

presenza di lavoratori stranieri con difficoltà dovute principalmente alla

conoscenza della lingua italiana.

Queste difficoltà possono essere superate in due modi: insegnamento

della lingua ai lavoratori stranieri o formazione e informazione redatta in

varie lingue al fine di essere comprensibile per tutti i lavoratori.

Sicuramente la seconda soluzione è quella di maggior effetto che

sicuramente darà i risultati più immediati.

Durante le lavorazioni, le imbarcazioni spesso si trasformano in “Torri di

Babele” con presenza di lavoratori stranieri migranti,ma anche

rappresentati degli organismi di certificazione, rappresentanti degli

armatori, comandanti, marinai e comunque persone che debbono avere la

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giusta informazione soprattutto circa le modalità di gestione delle

emergenze.

Diventa importantissimo che la cartellonistica di emergenza, presente sia

a bordo che in cantiere, sia redatta in modo che possa essere recepita da

tutti.

Non solo, anche l’informazione, le procedure, i piani di emergenza, ecc.

dovranno essere redatti in modo da renderli comprensibili a tutti i

lavoratori e le persone presenti perché la sicurezza non ha confini in

quanto è una tutela alla salute che deve essere garantita a tutti come

sancito dall’art. 32 della Costituzione Italiana.

Extracomunitari in una fase di lavoro atipico

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14 NUOVI OBBLIGHI DI TUTELA DELLA SICUREZZA E

SALUTE DEI LAVORATORI

La legge 123/2007

Fin dalla riforma del sistema sanitario nazionale, legge 833 del 1978, con

la quale le competenze riguardo l’igiene e sicurezza del lavoro passavano

dall’Ispettorato del Lavoro alle costituende USL, il legislatore prevedeva

in breve tempo di dover formalizzare un testo unico di norme che

regolassero la materia.

Successivamente diverse commissioni della Camera e del Senato

auspicavano l’introduzione di tale testo, definendo anche una serie di

contenuti della stesso. Nel 2003, l’esecutivo del governo Berlusconi

formalizzava una prima versione di tale complessa normativa che veniva

però bocciata da parte sia del Consiglio di Stato che da parte delle

Regioni, oltre che dalle associazioni sindacali dei lavoratori. Il testo

venne così ritirato e la delega del parlamento al governo decadde.

Recentemente il perdurare di tristi eventi, quali una media di tre

lavoratori quotidianamente oggetto d’infortunio mortale, hanno portato le

più alte cariche dello Stato, oltre che il Santo Padre, a rilanciare lo sdegno

per questa situazione, pertanto il parlamento si è fatto carico di riprendere

in mano la stesura di un Testo Unico che rivedesse in modo armonico e

moderno l’ampia e complessa normativa che discendendo da principi

costituzionali regolasse gli aspetti dell’igiene e sicurezza del lavoro.

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Nell’agosto 2007, è stata promulgata la legge 123 al cui interno erano

previsti i tempi ed i criteri a cui il governo doveva attenersi nella

formulazione del Testo Unico ma anche una serie di norme entrate in

vigore nell’immediatezza.

All’articolo 1 della legge viene definita la delega al governo per il

riassetto e la riforma della normativa in materia di tutela della salute e

della sicurezza del lavoro.

Tale articolo è composto da 7 commi molto corposi, tra cui quello che

prevedeva che, entro 9 mesi (prorogabili di altri tre) il governo avrebbe

dovuto adottare uno o più decreti legislativi per il riassetto e la

riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza

dei lavoratori nei luoghi di lavoro.

Il 30 aprile 2008 è stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale, il

D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, i cui criteri e contenuti del Testo Unico

possono essere sintetizzati negli argomenti seguenti:

- Generale riordino dell’intera normativa vigente;

- Estensione delle tutele a tutte le tipologie di rischio e a tutti i

lavoratori, subordinati, autonomi e ad essi equiparati;

- Razionalizzazione dell’apparato sanzionatorio, amministrativo e

penale con inasprimento delle ammende;

- Ridefinizione dei ruoli e responsabilità dei vari attori della

prevenzione compresi i preposti;

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- Spazio alla applicazione dei Sistemi di Gestione della Sicurezza

che mettono in pratica i principi del risk management;

- Possibilità per il sindacato di costituirsi parte civile nei processi,

riconoscimento del ruolo centrale del sindacato e valorizzazione

degli organismi paritetici;

- Coordinamento delle strutture centrali e territoriali di vigilanza;

- Modifica del criterio del massimo ribasso d’asta per

l’assegnazione degli appalti pubblici;

- Rafforzamento del principio della responsabilità solidale fra

appaltante e appaltatore;

- Semplificazione delle procedure per le piccole e medie (PMI).

Analisi di alcune novità normative

Le innovazioni da segnalare nel testo del nuovo decreto, in parte

anticipate dalla Legge 123, possono essere suddivise nei seguenti

macroargomenti:

- disposizioni per il contrasto del lavoro nero e per la tutela della

salute e della sicurezza dei lavoratori;

- appalti, subappalti;

- la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche,

applicazione del D.Lgs 231/2001;

- abrogazione della normativa previdente e trasposizione dei

contenuti della stessa nei titoli del decreto di nuova emanazione.

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Tralasciando, in questa sede, la trattazione esaustiva dei contenuti del

D.Lgs. 81/2008, in relazione ai rischi connessi agli appalti nel comparto

della cantieristica, appare importante riportare alcune annotazioni relative

alla gestione delle interferenze ed al documento ad essa collegato

(cosiddetto documento unico di valutazione dei rischi di interferenze)

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Il documento unico di valutazione delle interferenze (DUVRI)

La reale innovazione del D. Lgs. 81/08 è quella introdotta dall’art. 26, i

cui contenuti ricalcano l’art. 7 de D. Lgs. 626/94 s.m.i.

“Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il

coordinamento …elaborando un unico documento di valutazione dei

rischi che indichi le misure adottate per eliminare le interferenze. Tale

documento è allegato al contratto di appalto o d’opera. Le disposizioni

del presente comma non si applicano ai rischi specifici propri

dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.”

Il documento unico di valutazione delle interferenze (DUVRI) deve

essere scritto prima del contratto, altrimenti non si comprende come

possa essere allegato allo stesso, ed è il modo con cui il committente

promuove la cooperazione ed il coordinamento tra le varie imprese

partecipanti alla realizzazione dell’opera in regime di appalto o contratto

d’opera.

Con le modifiche introdotte dalla nuova normativa, le cose cambiano

radicalmente rispetto al passato. Il primo aspetto da evidenziare, che in

qualche modo ratifica lo stato dell’arte, è quello di stabilire che le

informazioni sui rischi e le regole di sicurezza devono essere messe per

iscritto.

Il datore di lavoro committente, inoltre, diventa il responsabile unico del

documento e, di conseguenza, il principale artefice del coordinamento cui

spetta l’individuazione delle interferenze e delle relative misure per

eliminarle.

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Con il termine “interferenze” appare plausibile riferirsi a situazioni

generate da attività lavorative svolte in un medesimo luogo di lavoro.

Con l’espressione “eliminare le interferenze” pare condivisibile che il

legislatore abbia inteso riferirsi a quelle generanti rischi lavorativi

aggiuntivi rispetto a quelli specifici propri di un’attività, avendo

comunque presente che le diverse attività lavorative possono

interferire tra loro senza che da ciò derivino ulteriori rischi per i

lavoratori.

L’indicazione contenuta nel DUVRI delle misure adottate “per eliminare

le interferenze” deve essere letta alla luce del principio generale di cui

all’art. 15 del D.Lgs. 81/08 (Misure generali di tutela), secondo il quale

anche i “rischi da interferenze”, al pari di ogni altro rischio lavorativo,

devono essere oggetto di “eliminazione in relazione alle conoscenze

acquisite in base al progresso tecnico o, ove ciò non è possibile”, di

“riduzione al minimo”.

Le misure tecniche, organizzative, e procedurali definite dal committente

devono essere applicate dagli appaltatori, mentre il committente deve

verificarne tramite azioni di coordinamento, il loro puntuale rispetto.

Il datore di lavoro committente, in quanto responsabile del documento,

anche utilizzando le informazioni provenienti dalle ditte in appalto, deve

valutare:

- i rischi propri dell’ambiente di lavoro;

- i rischi introdotti dalle ditte in appalto;

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- eventuali rischi derivanti dalle interferenze;

quindi definire in modo armonizzato le misure di sicurezza da adottare e

fare adottare.

Un altro aspetto importante per capire come deve essere organizzato e

gestito il documento unico, deriva dal fatto che questo deve essere

allegato al contratto.

Due sono gli aspetti da evidenziare. Innanzitutto, essendo un documento

che viene sottoscritto unitamente al contratto, risulta evidente l’impegno

delle ditte in appalto a rispettare le regole stabilite dal committente; in

quanto se non le ritenessero appropriate dovrebbero chiedere una

modifica o una integrazione prima della firma del contratto stesso.

La seconda questione è: come realizzare un documento tecnico leggibile

che sia davvero di aiuto a tutti i lavoratori. Sicuramente deve contenere

una analisi chiara dei rischi e una precisa descrizione delle misure, senza

essere prolisso e deve risultare sufficientemente stabile nel tempo per

evitare di ingenerare confusione.

In sostanza, l’utilità è legata alla concreta possibilità di utilizzare il

documento direttamente per la informazione e formazione dei lavoratori

interessati, senza ulteriori mediazioni che risulterebbero difficili da

gestire. Quindi lunghezza, livello di dettaglio, linguaggio e modalità

comunicative devono essere adeguate, quanto meno per le parti tecnico /

operative di interesse dei lavoratori.

Il documento unico, potrebbe essere costituito come segue:

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1. una sezione strettamente procedurale (organizzativa) dove

si definiscono ruoli, responsabilità, flussi informativi,

modalità di gestione delle anomalie, documentazione ecc.

2. uno o due allegati inerenti i rischi dell’ambiente di lavoro

del committente e i rischi introdotti dalle ditte (con relative

misure di sicurezza);

3. un allegato riguardante i rischi derivanti dalle interferenze

fra committente e ditte e fra ditte e ditte (con relative misure

di sicurezza);

4. un cronoprogramma dei lavori che consenta a chi deve

coordinare quotidianamente le lavorazioni (preposto/capo

barca del cantiere assieme ai responsabili delle ditte in

appalto) di aver chiare le operazioni che saranno svolte ed

evidenziate le fasi di lavoro incompatibili.

L’indice potrebbe essere costituito da:

- identificazione e descrizione dell’opera;

- individuazione dei soggetti con compiti di sicurezza;

- individuazione, analisi e valutazione dei rischi;

- individuazione delle scelte progettuali ed organizzative;

- indicazioni di eventuali procedure di lavoro;

- individuazione delle interferenze;

- indicazione delle misure preventive e protettive adottate;

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- indicazione delle misure di coordinamento e cooperazione

adottate;

- indicazione del tipo di organizzazione per la gestione delle

emergenze;

- cronoprogramma delle lavorazioni;

- indicazione dei costi della sicurezza.

Avere un documento unico, stabile per tutta la durata del contratto, è

ammissibile se esiste (definita nella procedura) una modalità chiara di

gestione del coordinamento settimanale o quotidiano.

È opportuno ricordare che, chi pianifica le attività delle ditte sulla base

delle esigenze lavorative, deve effettuare anche il coordinamento (analisi

delle interferenze effettivamente presenti, definizione delle misure

previste dal manuale da adottare in quel periodo di tempo ecc.) per il

periodo di competenza.

A questo fine potrebbe essere utile redigere un mini cronoprogramma

(magari utilizzando il metodo GANTT) per la giornata o per la settimana.

Ogni ditta sarà responsabile (ovviamente) di avvertire e chiedere la

autorizzazione, qualora si renda necessario variare il programma dei

lavori. Inoltre, almeno nella fase iniziale di analisi dei rischi, potrebbe

assumere notevole importanza il software analizzato e denominato

“GES.SI.CA”.

In ogni caso, il DUVRI si configura quale strumento dinamico il cui

contenuto, a seguito della stipula del/dei contratti e dell‘avvio dei lavori,

deve essere revisionato e aggiornato costantemente ad ogni eventuale

mutamento dei rischi da interferenze indotto da variazioni contrattuali,

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produttive e/o organizzative, intervenute in qualsiasi momento nei

rapporti tra committente e appaltatori/lavoratori autonomi.

Riguardo, infine, all’ipotesi in cui il contratto d’appalto o d’opera siano

stipulati in forma non scritta, è da ritenere che il DUVRI possa essere

allegato a qualunque documento idoneo ad individuare il contratto (ad es.

la conferma d’ordine). Tale elaborazione, tuttavia, non risulta inclusa tra i

compiti del datore di lavoro dei quali l’art. 17 comma 1, del D.Lgs. 81/08

esclude espressamente la delegabilità. È da ritenere, pertanto, che il

documento possa essere redatto e sottoscritto da un soggetto delegato dal

datore di lavoro.

Ultimo punto: vigilanza e supporto.

Il DUVRI può essere considerato come una sorta di “sistema di gestione

della sicurezza” anche se di piccola entità, la cui efficacia è connessa alla

effettiva applicabilità delle misure organizzative e tecniche definite ed

alla volontà dei lavoratori di seguire le regole stabilite. Non si può

pensare di definire un set di regole (non semplici) sperando poi che si

applichino da sole. È evidente che occorrerà vigilare, ma anche mettere a

disposizione dei lavoratori principalmente coinvolti (preposti del

committente, capi squadra delle ditte) un supporto specialistico (in

materia di sicurezza) che li aiuti a superare le situazioni di dubbio /

incertezza. Si tratta quindi di inserire, nella parte procedurale cui si

accennava, anche una opportuna organizzazione di vigilanza e supporto

che abbia le risorse e i poteri adeguati.

Il coordinamento è importante anche nella gestione delle situazioni di

emergenza e sull’effettuazione delle prove di evacuazione, indispensabili

per validare i piani di emergenza elaborati dalle aziende.

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I costi della sicurezza

La norma non indica espressamente quale tipologia di costi debba essere

specificamente indicata nei contratti di appalto e subappalto.

In proposito, sussistono plausibili ragioni per ritenere che l’obbligo di

tale indicazione riguardi essenzialmente i rischi derivanti dalle

interferenze tra le attività oggetto dell’appalto/subappalto e le altre

attività svolte nel medesimo luogo di lavoro.

In effetti, alla luce dei contenuti del DUVRI – che , come detto,

riguardano l’analisi dei soli rischi da interferenze e la determinazione

delle misure prevenzionali per la loro eliminazione o riduzione al minimo

- devono in via di principio ritenersi esclusi dal novero dei costi di

sicurezza imputabili all’opera appaltata - e, come tali, da non indicare in

contratto - quelli generali, comunque obbligatori per il datore di lavoro

appaltatore o subappaltatore ai sensi di legge (DPI, formazione,

informazione, sorveglianza sanitaria, spese amministrative, ecc.), fatti

salvi eventuali costi ulteriori di sicurezza derivanti da misure “generali”

integrative (ad es. DPI particolari, formazione aggiuntiva, ecc.) che

fossero rese necessarie dalla specificità delle lavorazioni oggetto

dell’appalto/subappalto.

Da una lettura letterale della norma, si può affermare che i costi a cui ci si

riferisce, e che dovranno essere allegati al contratto di appalto, sono tutti

quelli previsti nell’ambito dell’appalto, senza alcuna distinzione tra quelli

dell’appaltante e quelli degli appaltatori.

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Questo implica che si possono individuare almeno tre tipologie di “costi

della sicurezza”:

- i costi della sicurezza che ciascun appaltatore affronterà per garantire

la sicurezza del proprio personale, rientranti nel cosiddetto “rischio

d’impresa” (costi ex lege);

- i costi della sicurezza che ciascun appaltatore ed il committente

affronteranno per garantire la sicurezza del relativo personale dai

rischi interferenziali derivanti dall’esecuzione dei lavori all’interno

dell’azienda (costi contrattuali);

- costi che il committente affronterà per garantire azioni di

coordinamento e di dotazione degli apprestamenti da mettere a

disposizione dei propri operatori ma anche dei lavoratori delle ditte in

appalto.

L’altro aspetto da tenere in considerazione è rappresentato dal fatto che la

questione dei costi della sicurezza in ambito dei cantieri edili è stata già

ampiamente dibattuta e per la loro definizione si può fare riferimento al

vecchio DPR 222/2003 (ora Allegato XV p.to 4 del D. Lgs. 81/08) ed

anche alle linee guida redatte dal Coordinamento Tecnico delle Regioni e

delle Province Autonome della prevenzione nei luoghi di lavoro.

Tenendo conto dei principi contenuti nei documenti suddetti, i costi della

sicurezza possono essere così distinti:

- costi della sicurezza contrattuali;

- costi della sicurezza ex lege.

I primi riconosciuti all’appaltatore dall’appaltante, si riferiscono a tutti gli

apprestamenti, attrezzature, infrastrutture e mezzi di protezione che fanno

riferimento alla specifica modalità di lavoro per erogare la prestazione

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lavorativa specifica di quell’appalto e non alle modalità ordinarie di

esecuzione dei lavori.

In pratica questi rappresentano un vincolo contrattuale cui l’impresa è

legata a dare compimento, in quanto sono costi previsti per dar corso

all’appalto medesimo; e per essi non è proponibile alcuna sorta di azione

di ribasso.

I costi della sicurezza ex lege si riferiscono ai costi che un datore di

lavoro è tenuto a sostenere in quanto “imprenditore” e come tale soggetto

chiamato a rispettare i contenuti normativi inerenti l’igiene e sicurezza

dei propri dipendenti, nell’ordinarietà delle attività svolte dall’impresa a

prescindere da quanto previsto nel singolo appalto.

In tali costi possono rientrare le spese per i DPI , la formazione,

l’informazione dei lavoratori che indipendentemente dallo specifico

appalto il datore di lavoro deve fornire e garantire ai propri dipendenti.

Nella pratica, pertanto, agli appaltatori verranno riconosciuti i “costi della

sicurezza contrattuali” per intero, non essendo eticamente corretta alcuna

azione di ribasso, mentre i “costi della sicurezza ex lege” vengono

anch’essi resi all’impresa, in quanto inclusi in seno alle voci di costo

della produzione e quindi inglobati nell’offerta per l’appalto.

A parere di chi scrive, in considerazione del fatto che una serie di costi

contrattuali possono mutare a seconda delle scelte fatte all’interno del

documento unico di valutazione per le interferenze, pare ovvio che la

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migliore definizione si potrà avere soltanto quando gli appaltatori

abbiano preso visione di tale documento.

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Analisi riferita al contesto della cantieristica viareggina

La nuova organizzazione del lavoro della cantieristica navale, cosiddetto

“Modello Viareggio”, dove pochi dipendenti del cantiere madre

organizzano e controllano lo svolgimento dei lavori di centinaia di operai

di ditte esterne in appalto, comporta problematiche inerenti l’igiene del

lavoro, con esposizioni indebite dei lavoratori ai rischi derivanti dalle

diverse lavorazioni che vengono effettuate contemporaneamente nello

stesso ambiente, e problematiche di sicurezza (come dimostrano i dati

sugli infortuni, evidenziati dall’osservatorio infortuni del U.F. P.I.S.L.L.),

per la compresenza di lavoratori, apparecchiature, macchinari ecc. che

fanno capo a direzioni diverse ed a modalità organizzative estremamente

variabili.

Tali complessità esigono un elevato livello di coordinamento fra i diversi

soggetti coinvolti nell’organizzazione lavorativa. Oltre ai documenti

formali, si devono mettere in atto reali procedure operative e di

coordinamento, che siano rese note a tutti i lavoratori e che prendano in

considerazione anche le situazioni meno usuali che si possono verificare

durante il corso delle lavorazioni. Inoltre, il coordinamento è importante

anche nella gestione delle situazioni di emergenza e sull’effettuazione

delle prove di evacuazione, indispensabili per validare i piani di

emergenza elaborati dalle aziende.

Con le novità introdotte dalla legge 123/07, recepite nel decreto

legislativo 81/08, si delineano possibilità di prevenzione diverse rispetto

al passato, tali possibilità sono date dalla corretta applicazione del

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“nuovo” articolo sui contratti di appalto e contratti d’opera e

dall’applicazione dei modelli di gestione e controllo previsti dal D. Lgs.

231/01.

Le riflessioni debbono partire dalla definizione di coordinamento e

cooperazione tratte dalla giurisprudenza (sentenza Cass. Penale sez.

IV n° 31459 del 20/09/2002):

COORDINARE significa “collegare razionalmente le varie fasi

dell’attività in corso, in modo da evitare disaccordi,

sovrapposizioni, intralci che possono accrescere notevolmente i

pericoli per tutti coloro che operano nel medesimo ambiente”.

COOPERARE è qualcosa di più, perché vuol dire “contribuire

attivamente, dall’una e dall’altra parte, a predisporre ed applicare

le misure di prevenzione e protezione necessarie”.

Rispetto alla questione del coordinamento, un ulteriore contributo

ad una migliore definizione delle modalità di espletamento dello

stesso, è dato dall’emanazione del citato D. Lgs. 81/08, in quanto

l’art. 28 (oggetto della valutazione dei rischi), prevede

l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da

realizzare, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi

debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente

soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri;

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In sintesi, viene ad assumere una particolare rilevanza la stesura del

DUVRI che deve fornire non valutazioni formali ma “regole del

gioco” ben precise e basate su una serie di valutazioni stringenti,

rispetto alle fasi di lavoro, alle ditte in appalto che le compiono e le

reali misure, sia tecniche che organizzative, da mettere in atto.

L’applicazione, inoltre, dei modelli ex D. Lgs. 231/01 implica la

definizione di regole e responsabilità che sino ad oggi non

risultavano oggetto di esplicitazione.

Da quanto sopra, discendono alcuni quesiti.

- L’applicazione coordinata del DUVRI e dei modelli ex D. Lgs.

231/01 come inciderà sulla scelta delle aziende a cui il cantiere

madre intende affidare l’appalto?

Sicuramente dovrà esservi una sorta di selezione basata, non

soltanto, sui costi dell’appalto, ma anche sulla valutazione delle

capacità di queste di far fronte alle regole definite dal committente

nel DUVRI (ad es. in riferimento alle attrezzature di lavoro, alla

formazione particolare che i dipendenti di quella azienda dovranno

avere o alla possibilità che alcune lavorazioni siano effettuate in

orari particolari).

- L’applicazione coordinata del DUVRI e dei modelli ex D. Lgs.

231/01 che riflessi avrà sulle responsabilità, il ruolo, nonché la

formazione dei preposti/capi barca dei cantieri madre?

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Questi soggetti dovranno essere messi in grado di svolgere le

proprie funzioni, garantendo non soltanto il rispetto dei tempi di

produzione ma anche l’effettivo espletamento della funzione di

controllo che la normativa ha sempre assegnato loro, ma che forse

l’operatività quotidiana ed il loro livello di consapevolezza in

materia di sicurezza, non rendeva così evidenti.

In pratica, saranno loro a verificare quotidianamente le “regole del

gioco” definite dalle direzioni di cantiere, ma se non saranno messi

nelle condizione di farle rispettare, stante alle previsioni del D. Lgs.

231/01, gli stessi vertici aziendali potranno andare incontro a

pesantissime sanzioni.

Nell’ambito dei corsi di formazione specifici previsti all’art. 37 del

D.Lgs. 81/08, per i preposti, non sarà sufficiente l’insegnamento di

argomenti tecnici e/o normativi, ma sarà necessario prevedere un

percorso che modifichi il modo di approcciarsi ai lavoratori da loro

controllati, per renderli soggetti qualificati a svolgere il ruolo di cui

sono investiti.

- Come dovrà essere modificata l’organizzazione aziendale ed i

rapporti tra le varie parti della stessa, per rendere sia il DUVRI

che i modelli ex D. Lgs. 231/01, documenti “dinamici”

nell’ambito della realizzazione dell’imbarcazione?

Certamente anche l’organizzazione aziendale dovrà modificarsi,

non sarà più possibile che soltanto gli uffici amministrativi deputati

alla stesura dei contratti di appalto, siano gli unici regolamentatori

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della materia, su questa dovranno poter esprimere i loro pareri

(vincolanti??) anche i soggetti del circuito della prevenzione

aziendali sia interni che esterni (RSPP, RLS, medico competente).

L’organizzazione dovrà prevedere momenti di confronto tra i vari

soggetti chiamati in gioco e, quindi, delineare flussi relazionali

specifici oltre all’impatto che avrà sulla stessa le azioni

dell’organismo di vigilanza ex dei modelli ex D. Lgs. 231/01.

- Quale impatto avranno la formulazione e la verifica delle

“procedure di lavoro/protocolli” che il nuovo sistema renderà

praticamente cogenti?

Anche questo sarà un impatto notevole sull’organizzazione

complessiva del cantiere, in quanto dovrà essere stabilito chi li

formalizza, chi li autorizza, chi li controlla (questo è più semplice

perché è materia del preposto/capo barca) e come.

Ovviamente tutte queste procedure creeranno un circuito

d’informazioni che i vari soggetti, con il loro livello di

responsabilità, dovranno governare, ma prima ancora organizzare,

non dimenticando i rapporti con l’organismo di vigilanza ex D.

Lgs. 231/01.

È prevedibile, che questo comporterà un “ingessamento” del modo

di lavorare che modificherà radicalmente quello attuale, con la

probabile conseguenza dell’allungamento dei tempi di produzione.

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- Quanto fin qui detto, come inciderà sulle lavorazioni previste in

banchina o nei piazzali?

Pare evidente che il DUVRI sarà un documento aggiuntivo al

documento di valutazione dei rischi previsto dal D. Lgs. 272/99, il

quale a sua volta non potrà non tenere di conto di alcune eventuali

procedure previste dal DUVRI. I contenuti del DUVRI dovranno

trovare applicazione anche nei piazzali.

Concludendo, è possibile affermare che l’introduzione di poche

righe in una norma di legge, avranno un enorme impatto sia sulla

organizzazione del lavoro che sulla sicurezza dello stesso, anche se

questo in un organizzazione come quella definita “Modello

Viareggio” potrà essere oggettivamente complesso e sicuramente

dovrà impiegare le migliori risorse intellettuali e operative del

settore, magari pensando a sperimentazioni singole e cercando di

replicarle.

Se ciò non accadesse sarebbe andata persa l’opportunità di fare,

realmente, del lavoro una fonte di sostentamento anziché una fonte

di rischio che espone i vari soggetti con ruoli di responsabilità, a

rispondere davanti alla legge del loro operato.

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• AZIENDA USL 12 VIAREGGIO E INAIL VIAREGGIO – OSSERVATORIO

INFORTUNI SUL LAVORO