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Pontificia Università della Santa Croce - CONCILIO VATICANO II - Roma, 3-4 maggio 2012 IL VALORE PERMANENTE DI UNA RIFORMA PER LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE

La Costituzione "Sacrosanctum Concilium" e la riforma liturgica

PROF. HELMUT HOPING, FRIBURGO I. BR.

Introduzione: Ermeneutica e Storiografia del Concilio Con la Costituzione “Sacrosanctum Concilium” del 4 dicembre 1963, per la prima volta un Concilio Generale della Chiesa cattolica promulgò un documento sulla Liturgia del rito romano. La riforma della liturgia formava parte dell’aggiornamento del Concilio Vaticano Secondo (1962-1965). L’aggiornamento della vita ecclesiale non è stato in alcun altro posto tanto visibile, ma neanche in nessun altro punto tanto controverso come nell’ambito della liturgia.1 Come l’ermeneutica del Concilio in generale, così oggi anche l’ermeneutica della Costituzione sulla liturgia è, in parte, oggetto di accese controversie. Non è esagerato parlare di una “battaglia interpretativa”2 e questo vale anche per la storiografia del Concilio. Lo storico deve ricostruire quanto è accaduto, ma dal momento che le ricostruzioni storiche implicano necessariamente delle interpretazioni, sono sempre anche delle costruzioni. Dunque non stupisce che lo scontro per la corretta interpretazione del Concilio si ripercuota anche nella sua storiografia. Il Concilio, per citare soltanto due posizioni, è stato “un Concilio del passaggio”, una “svolta storica”3 verso una trasformazione fondamentale della Chiesa cattolica? Oppure è stato un evento rivoluzionario avviato da una alleanza di Vescovi europei?4 Quella del Concilio come “rottura”, come “frattura” è una categoria storiografica frequente nella classificazione del Concilio. Una via media è rappresentata da coloro che, come Papa Benedetto XVI, lo considerano un Concilio riformista in continuità con la più ampia tradizione della Chiesa.5

Le ermeneutiche della “rottura” sono presente anche nella questione liturgica visto che la cosiddetta Messa “tridentina” e la Messa di Paolo VI (1963-1978) vengono dichiarate incompatibili fra loro sia dai circoli progressisti sia da quelli tradizionalisti dai punti di vista ecclesiologico, teologico-eucaristico e teologico-ministeriale. Qui si dimostra vero l’adagio: “L’extrème se touchent”. La Costituzione sulla Liturgia aveva per scopo il rinnovamento e la promozione della liturgia, che doveva essere riveduta “con prudenza nello spirito della sana tradizione” e adattata “come richiedono le circostanze e le necessità del nostro tempo” (Sacrosanctum Concilium n. 4). La Costituzione non parla di una reformatio della liturgia (presumibilmente per motivi di teologia controversistica), ma di instauratio, di un rinnovamento generale della liturgia (Ibidem 21; 24). Per i testi liturgici la Costituzione richiede un esame, ovvero una revisione (Ibidem, 25; “Libri liturgici quam primum recognoscantur”). La Commissione Preparatoria del Concilio per la Liturgia doveva rielaborare i testi liturgici ex integro, ovvero nella loro totalità.6

1 Il documento conclusivo del Sinodo straordinario die Vescovi su „mistero della Chiesa“ (1985 definisce a

ragione la nuova liturgia „il frutto più visibile del Concilio“ Cf. DEL III, Nr. 5790.e 2 Massimo Faggioli, Vatican II: The Battle of Meaning, New York/Mahwah, N.J. 2012. Cf. anche John W.

O’Malley, What Happend at Vatican II, Cambridge, MA 2008. 3 Giuseppe Alberigo, Ein epochaler Übergang?, in: Geschichte des Zweiten Vatikanischen Konzils, Bd. V, hg.

von Klaus Wittstadt, Ostfildern-Leuven 2008, 655-741: 705 4 Cf. Roberto de Mattei, Il Concilio Vaticano II: Una storia mai scritta, Torino 2010. Dt.: Das Zweite

Vatikanische Konzil. Eine bislang ungeschriebene Geschichte (Edition Kirchliche Umschau), Opfikon 2011. 5 Benedetto XVI, Discorso del Santo Padre Benedetto XVI agli Em.mi Signori Cardinali, alla Curia Romana e

alla Famiglia pontificia per la presentazione degli auguri natalizi, 2011. 6 Josef Andreas Jungmann intendeva dire che fra le due affermazioni non c'e' alcuna differenza reale. Cf.

Konstitution über die heilige Liturgie: Einleitung und Kommentar, in: Das Zweite Vatikanische Konzil = LThK,

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Nella valutazione della riforma liturgica bisogna distinguere almeno cinque momenti: (1.) la preistoria della riforma, (2.) la genesi della Sacrosanctum Concilium, (3.) l’introduzione dei testi liturgici rivisti, (4.) le prime correzioni a partire dalla metà degli anni ’80 e (5.) il periodo che inizia con l'elezione di Benedetto XVI.7 Inoltre, naturalmente, bisogna considerare anche lo sviluppo effettivo della liturgia dopo il Concilio. A questo proposito le voci essenziali sono: “desacralizzazione e risacralizzazione”, “unità e pluralità culturale del rito” e “Ars celebrandi e ordine liturgico”. Sebbene l’ultimo Concilio non abbia presentato alcuna definizione dottrinale, il testo della Costituzione sulla Sacra Liturgia è la base di partenza vincolante per l’ermeneutica della riforma liturgica. Non ci si può sottrarre a singole disposizioni della Costituzione facendo ricorso allo spirito del Concilio e a presunti compromessi nelle formulazioni.8 Innanzitutto ricorderò brevemente la preistoria della riforma della liturgia, prima di parlare del suo fondamento, della sua applicazione e delle dispute che ne sono scaturite.

I. L’antefatto della riforma liturgica

La riforma liturgica non si verificò dalla sera alla mattina, ma fu preparata dal Movimento Liturgico e dalle Riforme di Pio X, Pio XI e Pio XII in ambito liturgico. Il Movimento Liturgico non fu un fenomeno uniforme, ma fu promosso da diverse personalità e da vari centri teologici.9 Riguardò soprattutto un approfondimento della fede e della spiritualità a partire dalla celebrazione della liturgia.10 Per lo più, i rappresentanti del Movimento si concentrarono sul potenziamento della participatio actuosa attraverso forme di Messa comunitaria e la diffusione di messali popolari bilingui. In occasione di un Katholikentag a Mecheln, nel 1909, Lambert Beauduin OSB († 1960) richiese in questo senso un potenziamento della liturgia celebrata collettivamente - null'altro si intendeva infatti con il concetto ambiguo di “democratizzazione della liturgia”.11 L’”Evento di Mecheln”12 segna l’inizio del Movimento Liturgico nel XX secolo, che trovò sostenitori non solo in Olanda e in Belgio, ma anche in Italia e in Francia. Fra gli altri dobbiamo citare Giulio Bevilacqua († 1965), Cyprian Vagaggini OSB († 1999) e Aimé-Georges Martimort († 2000).

Il Movimento Liturgico fu particolarmente attivo nell’area di lingua tedesca. Ne furono centri l’Abbazia benedettina di Maria Laach con l’Abate Ildefons Herwegen OSB († 1946) e

Ergänzungsband I, Freiburg-Basel-Wien 1966, 10-109: 34f.

7 Simile la classificazione di Faggioli, The Battle of Meaning ... per la storiografia del Concilio e la sua ricezione complessiva.

8 In questo senso Alberigo parla di un „superamento di molte parti delle deliberazioni conciliari“. Cf. Ein epochaler Übergang? 722-725.

9 Cf. Waldemar Trapp, Vorgeschichte und Ursprung der liturgischen Bewegung: vorwiegend in Hinsicht auf das deutsche Sprachgebiet, Würzburg 1939; Theodor Bogler, Liturgische Bewegung nach 50 Jahren (Theologie und Mönchtum 24), Maria Laach 1959; Ferdinand Kolbe, Die liturgische Bewegung, Aschaffenburg 1964; Bernard Botte, Le mouvement liturgique: témoignage et souvenirs, Paris 1973; Les movements liturgiques. Corrélations entre prqtiques et recherches. Conérence Saint-Serge, Le Semaine d'Études Liturgique, Paris, 23-27 Juin 2003 (Ephemerides Liturgicae, Subsidia 129), éd. par C. Braga et al., Roma 2004; Martin Klöckener, Die katholische Liturgische Bewegung in Europa. 10 Thesen und Auswahlbibliographie, in: Liturgie der Bewegung. Liturgie en mouvement, hg. von B. Bürki und M. Köckener unter Mitarbeit von A. Join-Lambert, Freiburg/Schweiz – Geneve 2000, 25-32; Andrea Grillo, La nascita della liturgia nel XX secolo. Saggio sul rapporto tra movimento liturgico e (post-) modernità, Assisi 2003

10 Cf. Klöckener, Die katholische Liturgische Bewegung in Europa 27: „Lo scopo del Movimento Liuturgico fu per molto tempo un rinnovamento della liturgia attarverso la revisione delle prescrizioni esistenti o la creazione di nuove disposizioni per il culto divino. Con il ricorso a modelli della Chiesa antica si trattò anche del risveglio di una nuova comprensione della liturgia esistente e l'introduzione die cristiani a essa.“

11 Cf. Lambert Beauduin, La vrai prierè de l’Église. Résumé du rapport de Dom Lambert Beauduin au Congrès de Malines, in: QLP 40 (1959) 218-221 (dt. Das eigentliche Gebet der Kirche, in: Liturgisches Jahrbuch 9 [1959]) 198-202). Zu Beauduin siehe André Haquin, Dom Lambert Beauduin et le renouveau liturgique. Préface de O. Rousseau, Gembloux 1970.

12 Cf. Balthasar Fischer, Das „Mechelner Ereignis“ vom 23. September 1909. Ein Beitrag zur Geschichte der Liturgischen Bewegung, in: Liturgisches Jahrbuch 9 (1959) 203-219: 212.

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l’Oratorium13 di Lipsia con Heinrich Kahlefeld († 1980) e Otto Spülbeck († 1970), che come Vescovo di Meißen partecipò al Concilio Vaticano Secondo e fu membro della Commissione Preparatoria del Concilio per la Liturgia. In Austria il centro del Movimento Liturgico fu il Chorherrenstift Klosterneuburg con Pius Parsch CRSA († 1954). I grandi teologi del Movimento Liturgico furono Odo Casel OSB (+ 1948) e Romano Guardini († 1968). Casel, con la sua teologia dei misteri, preparò il terreno per la teologia del mistero di Pasqua, che divenne un concetto portante e fondamentale nella visione conciliare del culto divino.14 Guardini, che apparteneva al movimento giovanile “Quickborn”, fece propri le istanze liturgico-teologiche della Scuola Cattolica di Tubinga e riportò in auge l’idea di Chiesa come Corpo di Cristo.15

Tuttavia, se il magistero pontificio non avesse riconosciuto il Movimento Liturgico non si sarebbe giunti alla Costituzione sulla Liturgia e alla sua unanime approvazione da parte dei Padri del Concilio Vaticano Secondo. A tale proposito, bisogna ricordare innanzitutto i meriti di Papa Pio X (1903-1914), al cui Motu Proprio Tra le sollecitudini (1903) sulla riforma della musica sacra risale il concetto della “partecipazione attiva” dei fedeli. Pio X, influenzato dall’Abate Prosper Guéranger († 1875), fondatore di Solesmes, aveva già in mente un rinnovamento della liturgia, ma il piano in un primo momento non fu perseguito. Pio X non solo ordinò nuove edizioni dei più importanti libri corali e introdusse una riforma parziale del Breviario, ma con i Decreti “Sacra Tridentina Synodus” (1905) e “Quam singulari” (1910) promosse la Comunione quotidiana e la Prima Comunione per i bambini più piccoli. Nella Bolla “Divini cultus” (1928) Pio XI richiese con maggior vigore una partecipazione quotidiana della fede ai misteri cristiani. Sebbene il Movimento Liturgico, all’inizio degli anni ’30, contasse numerose parrocchie, incontrava ancora notevoli opposizioni. Scatenata soprattutto dalle affermazioni critiche di Max Kassiepe OMI († 1948)16 e dell’Arcivescovo di Friburgo, Conrad Gröber, scoppiò, infatti, la crisi del Movimento Liturgico, che però trovò rapida soluzione.17

Magna Charta del Movimento Liturgico fu l’Enciclica Mediator Dei (1947) di Pio XII. Grazie all’Enciclica sulla Liturgia e a quella precedente “Mystici Corporis” (1943) si giunse alla formulazione dell'idea di Chiesa come Corpo mistico di Cristo nella Costituzione sulla Liturgia e nella Costituzione Lumen gentium (1964) sulla Chiesa (LG 1-8). Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Pio XII (1939-1958) istituì una Commissione per la Riforma liturgica, operativa a partire dal 1948. Un anno dopo, Annibale Bugnini CM († 1982), Segretario della Commissione per la Riforma, pubblicò l'articolo programmatico “Per una riforma liturgica generale”.18 Le misure di riforma liturgica autorizzate da Papa Pio XII andarono dall'approvazione dei riti in due lingue fino al ripristino della Veglia di Pasqua (1951), dalla riforma della Settimana Santa (1955) all’autorizzazione alla recitazione delle pericopi in vernacolo.19 Negli anni’50 si svolsero i

13 Cf. Andreas Poschmann, Das Leipziger Oratorium. Die Liturgie als Mitte einer lebendige Gemeinde, Leipzig 2011. 14 Sulla teologia del mistero pasquale Cf. Burkhard Neunheuser, Mysterium Paschale. Das Österliche Mysterium

in der Konzilskonstitution „Über die heilige Liturgie“, in: Österliches Heilsmysterium. Das Paschamysterium – Grundmotiv der Liturgiekonstitution. Gesammelte Aufsätze (Liturgie und Mönchtum. Laacher Hefte 36), hg. Th. Bogler, Maria Laach 1966, 12-33; Irmgard Pahl, Das Paschamysterium in seiner zentralen Bedeutung für die Gestalt christlicher Liturgie, in: Liturgisches Jahrbuch 46 (1996) 71-93; Reiner Kaczynski, Was heißt „Ge-heimnisse feiern“? Über den Zusammenhang von Mysterientheologie und Liturgiereform, in: Münchener Theologische Zeitschrift 38 (1987) 241-255.

15 Romano Guardini, Vom Sinn der Kirche. Fünf Vorträge, Mainz 1922, 51990. – Dalla Riforma, che per le sue tesi aveva fatto ricorso alla Chiesa invisibile, l'idea della Chiesa come Copro di Cristo era completamente scomparsa dalla ecclesiologia cattolica, che a partire dal XIX secolo era stata fortemente giuridica.

16 Max Kassiepe, Irrwege und Umwege im Frömmigkeitsleben der Gegenwart, Kevelaer 1939. 17 Cf. Theodor Maas-Ewerd, Die Krise der liturgischen Bewegung in Deutschland und Österreich. Studien zu

den Auseinandersetzungen um die „liturgische Frage“ in den Jahren 1939 bis 1944 (Studien zur Pastoralliturgie 3), Regensburg 1981.

18 Cf. Annibale Bugnini, Per una riforma liturgica generale, in: Ephemerides Liturgicae 63 (1949) 166-184. 19 Cf. die Auflistung der Reformmaßnahmen bei Emil Lengeling, Die Konstitution des Zweiten Vatikanischen

Konzils über die heilige Liturgie. Lateinisch-deutscher Text mit einem Kommentar (Lebendiger Gottesdienst 5/6), Münster 21965, 45f*.

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cosiddetti Incontri internazionali di Studio,20 il Congresso di Liturgia pastorale di Assisi-Roma (1956) e la Settimana Internazionale di Studi a Nimwegen (1959). Numerosi Vescovi e Cardinali di alto rango vi presero parte.

A proseguire la strada intrapresa da Pio XII fu Giovanni XXIII (1958-1963) con la codifica delle rubriche del Messale (1960), la riforma di gran parte del Pontificale Romanum (1960) e la riforma dell’Ordo battesimale per gli adulti (1962). Un anno prima della sua morte, Giovanni XXIII approvò una nuova edizione del “Missale Romanum” (1962), che modificò soprattutto le rubriche. Per i Sacramenti (eccezion fatta per l’Eucaristia) e i sacramentali Giovanni XXIII aveva ammesso l'uso di due lingue. Ciononostante, aveva espresso delle riserve verso l’utilizzo costante del vernacolo nella liturgia. Il Papa voleva preservare la lingua latina per la Chiesa cattolica romana.21 Controversa risulta dunque la valutazione della Costituzione Apostolica Veterum Sapientia, che Giovanni XXIII pubblicò il 22 febbraio 1962 a difesa della lingua latina.22

II. Le basi della riforma liturgica

Quando, il 25 gennaio 1959, Giovanni XXIII annunciò un Concilio generale della Chiesa cattolica, non fece menzione di una riforma liturgica, ma non sorprese che un quarto di tutti gli aneliti di rinnovamento della vita ecclesiale riguardassero la liturgia.23 Furono nominati Presidente della Commissione Preparatoria del Concilio per la Liturgia il Prefetto della Congregazione dei Riti, Cardinale Gaetano Cicognani († 1962), e Segretario Annibale Bugnini. Membri e Consultori della Commissione furono noti studiosi di liturgia e Vescovi esperti per le questioni liturgiche. Il 22 febbraio 1962 la Commissione presentò all'esame della Commissione Centrale Preparatoria uno Schema di Liturgia completo in otto capitoli. Lo Schema contiene principi generali per un rinnovamento della liturgia. Il Cardinale Cicognani, scomparso poco tempo prima, aveva esitato fino a cinque giorni prima della morte a firmare lo Schema, con cui non riusciva a sentirsi del tutto a suo agio.

Dopo la morte del Cardinale Cicognani, ancor prima del Concilio, Giovanni XXIII nominò Presidente della Commissione Preparatoria del Concilio per la Liturgia il nuovo Prefetto della Congregazione dei Riti, il Cardinale Arcadio Maria Larraona Saralegui CMF († 1973). Non ne divenne Segretario, come nelle altre Commissioni conciliari, il Segretario della Commissione Preparatoria, ovvero Bugnini, ma Ferdinando Antonelli OFM, Rettore della Pontificia Università Antonianum, che tanta parte aveva avuto nelle riforme liturgiche di Pio XII.24 Contro la mancanza di riguardo per Bugnini protestarono i Cardinali Augustin Bea († 1968) e Giacomo Lercaro († 1976) di Bologna e Giovanni Battista Montini di Milano. Quest'ultimo nel 1963 succedette a Papa Giovanni XXIII. Ancora oggi non è del tutto chiaro il motivo per cui Bugnini non venne preso in considerazione. Certo è che Larraona perseguiva una riforma più moderata rispetto a Bugnini, considerato da molti un progressista. Larraona fece anche in modo che Bugnini perdesse la cattedra presso la Università Lateranense. Bugnini divenne però perito conciliare per lo Schema della Liturgia. Fra i periti ricordiamo Josef Andreas Jungman SJ (+ 1975), Martimort e Vagaggini.

Poiché si sperava di far passare senza grandi difficoltà lo Schema, che stava al quinto posto nell'ordine dei dibattimenti, lo si affrontò per primo.25 Nei ricordi della sua vita, Joseph Ratzinger

20 Maria Laach (1951); Odilienburg (1952), Lugano (1953), Löwen (1954), Assisi (1956), Montserrat (1958) und München (1960).

21 Cf. Vincenzo Fagiolo, Il cardinale Amleto Cicognani e mons. Pericle Felici, in: Le deuxième Concile du Vatican II (1959-1965). Actes du colloque organisé par l‘École Française de Rom (Rom 26-30 mai 1986), Roma 1989, 229-242: 235.

22 Secondo Hans Küng, Erkämpfte Freiheit. Erinnerungen, München-Zürich 2002, 362, Papa Giovanni XXIII ha pubblicato la Costituzione contro le proprie convinzioni. Secondo una fonte non citata Giovanni XXIII avrebbe detto a un Cardinale: „Non mi parli di questa maledetta costitutione.“

23 Emil Joseph Lengeling, Die Konstitution des Zweiten Vatikanischen Konzils über die heilige Liturgie 55* 24 Küng, in Erkämpfte Freiheit 385, definisce il Cardinale Antonelli un „Francescano conformista“. 25 Cf. Jungmann, Konstitution über die heilige Liturgie: Einleitung und Kommentar 12. Ci si chiedeva con

timore se fosse sensato cominciare con lo Schema sulla Liturgia, perché esistevano gruppi influenti di Vescovi che rifiutavano categoricamente una riforma generale della liturgia. Quindi, fra gli altri, il Cardinale Ottaviani avrebbe

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scrive che la riforma liturgica “per la maggior parte dei Padri conciliari non aveva alcuna priorità. Per molti non era nemmeno un argomento di discussione”. 26“Il fatto che questo testo (lo Schema per la Liturgia) sia stato affrontato per primo, non fu dovuto ad alcun interesse entusiastico della maggioranza dei Padri conciliari per la questione liturgica, ma semplicemente al fatto che non si prevedevano in proposito grandi scontri… nessun Padre vedeva in quel testo una “rivoluzione”, che avrebbe significato la “fine del Medioevo”, come nel frattempo i teologi ritengono di dover invece interpretarlo. Lo si considerava un proseguimento delle riforme avviate da Pio X e proseguite con prudenza, ma con determinazione da Pio XII”.27 Tuttavia, le consultazioni sullo Schema non si svolsero così armoniosamente come alcuni avevano sperato.28 Accese discussioni suscitarono soprattutto il secondo Capitolo sull’Eucaristia, l’uso del vernacolo, la concelebrazione, la Comunione con il calice, la riforma del breviario e innanzitutto il rapporto fra autorità della Chiesa universale e autorità della Chiesa locale nell’applicazione delle riforme liturgiche. Su quest'ultimo punto, la Commissione Centrale del Concilio aveva già apportato modifiche chiare. Il diritto di decisione delle Conferenze Episcopali sulla questione dell’uso del vernacolo era divenuto diritto di proposta. Inoltre, allo Schema della Liturgia venne apposta una Nota, che affidava l’applicazione della riforma liturgica alla Santa Sede. Alcuni Cardinali e funzionari di Curia auspicarono quindi una revisione dogmatica dello Schema da parte della commissione teologica conciliare, in particolare dell’Art. 7 sulla presenza di Cristo nella liturgia.29

Il 14 novembre 1962, dopo consultazioni durate ben tre settimane, lo Schema venne approvato a larga maggioranza (2162 placet, 46 non placet, 7 voti non validi). Oltre al Cardinale Lercaro anche i Cardinali Joseph Frings († 1978) di Colonia e Julius Döpfner (†19769 di Monaco e Frisinga) lodarono il carattere moderno e pastorale dello Schema della Liturgia.30 Come il Vescovo Franz Zauner († 1994) di Linz31 anche il patriarca melchita di Antiochia, Maximos IV, Saigh († 1967)32 si espresse a favore del fatto che le Conferenze Episcopali mantenessero il diritto di stabilire da sole la quantità di vernacolo ammissibile.33 Favorevoli al mantenimento della lingua latina nella liturgia si dichiararono fra gli altri il Cardinale di curia Antonio Bacci († 1971)34 e il Cardinale di New York Francis Spellman († 1967)35. Per la controversa questione della lingua nella liturgia, il Cardinale Montini propose come compromesso il principio del bilinguismo36, che poi nelle consultazioni sullo Schema della Liturgia si impose per la celebrazione della Messa (SC n. 36). Il 21 novembre 1963 fu abbandonata la richiesta esplicita del mantenimento della lingua latina per la “forma sacramentorum”. Inoltre, non si raggiunse la maggioranza per l’uso del vernacolo nelle preghiere presidiali, in particolare nel Canone.

preferito cominciare con gli schemi dogmatici, ma questi ultimi, a causa del loro carattere neoscolastico, potevano non convincere. Fra tutti, lo Schema della Liturgia era sicuramente quello elaborato meglio. Il 15 ottobre il Consiglio dei Presidenti del Concilio decise con una ristretta maggioranza di cominciare le consultazioni con lo Schema della Liturgia. A posteriori, alcuni hanno visto in questa decisione un disegno divino perché in tal modo fu chiaro a tutto il mondo che la liturgia costituisce il centro della vita ecclesiale e che il Concilio riguardava il suo rinnovamento. Cf. Lengeling, Die Konstitution des Zweiten Vatikanischen Konzils über die heilige Liturgie 55*.

26 Joseph Ratzinger, Aus meinem Leben. Erinnerungen (1926-1977), Stuttgart 1998, 103. 27 Ratzinger, Aus meinem Leben 104. 28 Si narra che il Cardinale Julius Döpfner († 1976) avrebbe detto all'Arcivescovo Eugene D‘Souza MSFS (†

2003): „Ci troviamo davanti a un muro spesso e pare che non dobbiamo superarlo.“ Cf. P. Ralph M. Wiltgen SVD, Der Rhein fließt in den Tiber. Eine Geschichte des Zweiten Vatikanischen Konzils, Feldkirch 1988, 37.

29 Cf. Lengeling, Die Konstitution Zweiten Vatikanischen Konzils über die heilige Liturgie 57* 30 Cf. AS I/1, 309-310.319-322. 31 In un documento che circolava prima della discussione sulla Schema della Liturgia. Cf. de Mattei, Das Zweite

Vatikanische Konzil 269f. 32 Cf. AS I/1, 377-380. 33 Il Vescovo Zauner aveva idee avanzate non solo a proposito della lingua della liturgia, ma anche sulla

questione della inculturazione della liturgia romana. Dunque, propose nell' adattamento del rito romano l'introduzione degli usi locali nella liturgia della Chiesa, alla condizione che non contenessero alcun elemento di supersitizione. Cf. Wiltgen, Der Rhein fließt in den Tiber 142f.

34 Cf. AS I/1, 408-411 35 In verità per la Messa, non per il Breviario. 36 Cf. AS I/1, 313-316.

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Per esaminare e rivedere gli interventi e le obiezioni scritte, la Commissione per la liturgia fu suddivisa in trenta sottocommissioni. Dal 21 ottobre al 6 dicembre 1962 riuscì a elaborare, in ventuno sedute, un terzo delle proposte avanzate. Il 7 dicembre 1962 il Capitolo I rivisto fu approvato a larga maggioranza. Le consultazioni su di esso erano cominciate in sei congregazioni generali conciliari il 17 novembre. Fra il 23 aprile e il 10 maggio 1963 la Commissione per la Liturgia effettuò la revisione delle proposte per i restanti Capitoli.

Dopo la sua elezione a successore di Giovanni XXIII, Paolo VI annunciò che il secondo periodo del Concilio sarebbe cominciato il 29 settembre 1963 e che uno dei più importanti settori di lavoro sarebbe stato lo Schema della Liturgia. Nella sua idea di liturgia Paolo VI era influenzato dal suo collega di studi Bevilacqua ed era più vicino al Cardinale Lercaro e a Bugnini che al Cardinale Larraona e ad Antonelli. A proposito dello Schema della Liturgia Paolo VI disse che con esso si sarebbe “fatto un passo efficace verso l’aggiornamento”.37 Fra l’8 e il 31 ottobre 1963, nelle sedici congregazioni generali del Concilio, si svolsero le consultazioni sui Capitoli dello Schema ancora in fase di elaborazione. All’inizio però i Capitoli II e III non ottennero la maggioranza richiesta.38 Particolare opposizione suscitarono gli articoli 6 (Sacrificio e Sacramento), 9 (Liturgia come fonte e culmine di tutta l’azione ecclesiale), 57 (ampliamenti della concelebrazione) e 75 (ripetibilità dell’unzione dei malati). Dal 18 al 22 novembre 1963 si deliberò sul testo rivisto dalla Commissione per la Liturgia. Si votarono proprio le modifiche alla concelebrazione nell’art. 57 (con 123 non placet) nonché sulla questione della quantità del vernacolo ammissibile nella liturgia nell’art. 63 (con 335 non placet).

L’intero Schema della Liturgia fu approvato il 22 novembre a larga maggioranza (2158 placet, 19 non placet). Il 4 dicembre si tenne la votazione solenne sulla Costituzione Sacrosanctum Concilium (2147 placet, 4 non placet) nonché la sua promulgazione da parte di Paolo VI, esattamente quattrocento anni dopo la fine del Concilio di Trento (1545-1563).39 Il Segretario Generale del Concilio, l’arcivescovo Pericle Felici († 1982), spiegò che la Costituzione sulla Liturgia non era un testo di natura dottrinale. Felici parlò di “tantum de re disciplinari”, di una questione meramente disciplinare, senza con ciò voler sminuire il carattere vincolante del testo del Concilio. L’arcivescovo Virgilio Noè († 2011), dal 1982 Segretario della Congregazione per il Culto Divino, parlò di fine della liturgia tridentina.40 Martimort e altri esperti di liturgia riconobbero nella Costituzione una “nuova ecclesiologia”.41 Si andavano già delineando le controversie post-conciliari sulla riforma liturgica. Ancora oggi, spesso, l'ermeneutica conciliare non considera in maniera adeguata il significato della Costituzione. 42 A partire dall’essenza della liturgia e dal suo significato nella vita della Chiesa, la Sacrosanctum Concilium formula criteri e linee guida per una riforma liturgica generale. Si tratta di un insieme di principi in cui emergono entrambi i concetti guida di participatio actuosa e mysterium paschale, che vengono indicati anche come principio materiale e formale della riforma liturgica.43 Gli altri criteri scaturiscono dallo scopo della riforma e da entrambi i principi guida. I criteri di trasparenza,

37 Cf. Wiltgen, Der Rhein fließt in den Tiber 69. 38 Per il Capitolo II votarono 1417 con placet, 36 con non placet e 781 con placet iuxta modum; per il Capitolo

III votarono 1130 con placet, 30 non placet e1054 con placet iuxta modum 39 Paolo VI nel suo discorso in occasione della promulgazione della Costituzione sulla Liturgia disse: „iL tema

della liturgia, che è stato affrontato per primo e che in una certa misura è il più importante a motivo del valore intrinseco e del suo significato per la vita della Chiesa, è stato concluso felicemente. Citato in Lengeling, Die Konstitution des Zweiten Vatikanischen Konzils über die heilige Liturgie 76*.

40 Cf. Virgilio Noé, Storia della constituzione liturgica. Punti di riferimento, in: Costituzione liturgica „Sacrosanctum Concilium“. Studi, a cura della Congregazione per il Culto Divino (Ephemerides liturgicae : Subsidia 38), Roma 1986, 9-24: 15

41 Cf. Aimé-George Martimort, La Constitution liturgique et sa place dans l‘uvre de Vatican II, in: Le Deuxième Concile, 497-509: 505-509.

42 Cf. Patrick Pretot, La Constitution sur la liturgie: Une herméneutique de la tradition liturgique, in: Vatican II et la théologie. Perspectives pour Le XXIe sciècle, ed. par Ph. Bardeyne et L. Villemin, Paris 2006, 17-34.

43 Winfried Haunerland, Participatio actuosa. Programmwort liturgischer Erneuerung, in: Internationale Katholische Zeitschrift Communio 38 (2009) 585-595; ders., Mysterium paschale. Schlüsselbegriff liturgietheologischer Erneuerung, in: Liturgie als Mitte des christlichen Lebens (Theologie im Dialog 7), hg. von G. Augustin und K. Kardinal Koch, Freiburg-Basel-Wien 2012, 189-209.

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semplicità e intelligibilità dei riti (SC n. 34) nonché l’uso del vernacolo (Ibidem n. 36) concretizzano il principio della participatio actuosa. La richiesta di una biblicità maggiore della liturgia romana fu avanzata dal Movimento della Bibbia e dal primo Movimento Ecumenico e corrispose all’idea sempre più diffusa della unità di Parola e Sacramento. Particolare attenzione merita il principio del progresso organico della liturgia (SC n. 23).44

La Sacrosantum Concilium soddisfaceva l'esigenza di una riforma prudente che fosse in continuità con la più ampia tradizione liturgica. Così “non si introducano innovazioni se non quando lo richieda una vera e accertata utilità della Chiesa”, con l’avvertenza che “le nuove forme scaturiscano organicamente, in qualche maniera, da quelle già esistenti”. Con la garanzia di un’ unità sostanziale del rito romano, sottolineano i Padri conciliari, può svolgersi un aggiornamento culturale del rito, in cui non è richiesta “una rigida uniformità” (SC, n. 37). Tuttavia non viene detto in cosa consista la sostanziale unità del rito romano e quindi non sorprende che la questione dell'entità di una legittima inculturazione liturgica sia ancora oggi alquanto controversa.

III. L’applicazione della riforma liturgica Il 25 gennaio 1964 fu emanato il Motu Proprio Sacram Liturgiam45 sulla applicazione di alcune prescrizioni della Costituzione. Alcuni studiosi di liturgia, fra i quali Salvatore Marsili (+ 1983), ne rimasero delusi. Il Motu Proprio prevede, in effetti, solo poche variazioni immediate per la liturgia e rinvia invece alla revisione ancora mancante dei libri liturgici. Fra l'ottobre 1962 e il dicembre 1963 Bugnini aveva utilizzato i suoi contatti per impedire che dell’applicazione della riforma liturgica non fosse incaricata la Congregazione dei Riti. Su richiesta di Paolo VI un gruppo di esperti in liturgia lavorava già dall’autunno del 1963 per “preparare per il Santo Padre le innovazioni liturgiche da introdurre subito”.46 Alla fine di novembre, il gruppo guidato da Lercaro e da Bugnini, ancor prima della solenne votazione finale, sulla Costituzione sulla Liturgia, aveva stilato un documento ad essa relativo. Non è del tutto chiaro il motivo per cui il documento con l’initium “primitiae” non fu pubblicato, come previsto, nel dicembre 1963. Il Motu Proprio Sacram Liturgiam emanato a suo posto, prevede fra le altre cose che, dall'inizio del nuovo anno liturgico, nella santa Messa l’omelia sia obbligatoria la domenica e nelle feste comandate. Vengono istituite commissioni liturgiche nelle Diocesi. La Confermazione può essere amministrata durante la Messa. La celebrazione del matrimonio deve avvenire, se possibile, durante la Messa. Per quanto riguarda la preghiera delle Ore i sacerdoti sono dispensati dall’Ora di Prima e possono sceglierne una fra le altre Ore minori.

Già durante il Concilio si temeva che con la trasformazione apportata dalla riforma i sacerdoti potessero agire in modo arbitrario. I timori si dimostrarono fondati.47 Paolo VI ricorda perciò nella Sacram Liturgiam che secondo la Sacrosanctum Concilium n. 22, § 3, a nessuno nemmeno se sacerdote è “lecito aggiungere o togliere o mutare qualcosa in materia liturgica”.48 Il Motu Proprio Sacram liturgiam si pronuncia anche sulla questione delle traduzioni in vernacolo dei testi liturgici per il culto divino, tema che ancora oggi è motivo di controversie. Secondo il Motu Proprio le traduzioni devono essere effettuate dalle autorità preposte delle Chiese locali e approvate cioè confermate della Sede Apostolica.49 Molti lo ritengono in contraddizione con la Sacramentum Concilium n. 36 § 4, secondo la quale invece le traduzioni in vernacolo di testi liturgici devono essere approvate dalla preposta autorità territoriale (si confronti anche il n. 101). Inoltre il n. 36 § 3 stabilisce che tutte le decisioni de usu et modo linguae vernaculae necessitino della conferma cioè

44 Per il principio dello sviluppo organico della liturgia prima del Concilio Vaticano Secondo Cf. Alcuin Reid,

The organic development of the Liturgy : the principles of liturgical reform and their relation to the twentieth century liturgical movement prior to the Second Vatican Council, Farnborough 2004.

45 Cf. DEL I, 92-96. 46 Reiner Kaczynski, Der Liturgiereform entgegen, in: Geschichte des Zweiten Vatikanischen Konzils (1959-

1965), Bd. III: Das mündige Konzil: Zweite Sitzungsperiode und Intersessio (September 1963 - September 1964), hg. von G. Alberigo. Deutsche Ausgabe von K. Wittstadt, Mainz-Leuven 2002, 223-297: 277.

47 La terza Istruzione per l'applicazione della riforma liturgica „Liturgicae instaurationes“ del 5 settembre 1970 chiede in modo iinsistente la fine degli esperimenti. Cf. DEL I, 949-962: 961f.

48 DEL I, 96. 49 Cf. DEL I, 95.

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della approvazione della Sede Apostolica (actis ab Apostolica Sede probatae seu confirmatis). Nel testo ufficiale in latino del Motu Proprio si parla precisamente di ad Apostolica Sede essere rite probanda seu confirmanda.50 Di certo nella Sacramentum Concilium n. 36 non si parla di una revisione dei libri liturgici, ma se ne parla piuttosto, come abbiamo visto, nel n. 25. Attualmente il diritto di approvazione per i libri liturgici è tema piuttosto controverso.51

Sulla base della Sacrosanctum Concilium n. 23, il Motu Proprio Sacram Liturgiam istituì anche il Consiglio per l’applicazione della riforma liturgica. Il Consilium ad exsequendam Constitutionem de sacra Liturgia, che venne subordinato direttamente al Papa e che lavorò così fino al 1969, aveva il compito di applicare fedelmente la Costituzione sulla Liturgia, ovvero una sorta di legge quadro. Furono nominati Presidente del Consilium il Cardinale Lercaro e Segretario Annibale Bugnini.52 In tal modo, il Consilium, come fu presto evidente, assunse un orientamento diverso da quello della Commissione del Concilio per la Liturgia con il Cardinale Larraone e con Antonelli. Giuseppe Alberigo († 2007) definisce il Consilium una sorta di “amministrazione ombra” accanto alla Congregazione dei Riti.53 Un conflitto con la Congregazione dei Riti era quindi previsto. Il fatto che dell’applicazione della riforma liturgica non fosse stata incaricata la Congregazione dei Riti, ma si fosse optato per un Consiglio composto da Vescovi e Cardinali di tutto il mondo e sostenuto da consultori, fu interpretato come il desiderio di Papa Paolo VI di rendere il collegio episcopale partecipe dell'attuazione della riforma. Durante il Concilio era fallito il tentativo di affidare l’applicazione concreta della riforma liturgica alla Congregazione dei Riti. Compito di quest'ultima era però la pubblicazione di nuovi libri liturgici romani. Nel 1969 la suddetta Congregazione fu suddivisa da Papa Paolo VI in Congregazione per il Culto Divino (Sacra Congregazione pro Culto Divino), in seno alla quale finì il Consilium, e in Congregazione per le Cause dei Santi (Sacra Congregatione pro Causis Sanctorum). La riforma fu portata avanti in condizioni mutate dalla Congregazione per il Culto Divino e dai Cardinali Prefetti che si succedettero a breve distanza temporale l’uno dall’altro, ovvero Benno Gut OSB († 1970), Arturo Tabera († 1975) e James Robert Knox († 1983). Il Cardinale Tabera entrò in conflitto con Annibale Bugnini, che morì nel 1982, a settant’anni.54 Oggi, dalle annotazioni nei diari sappiamo che già in seno al Consilium esistevano forti disaccordi sull’applicazione della riforma liturgica fra i riformatori radicali come Bugnini e quelli moderati come Josef Andreas Jungman55, Antonelli56 e il sacerdote oratoriano Louis Bouyer († 2004). Fra i riformatori radicali dominavano una sorta di archeologia liturgica e una quasi assoluta incomprensione per lo sviluppo della liturgia a partire dal primo Medioevo.

In questa sede non è possibile elencare e recensire tutti i libri liturgici rivisti che furono pubblicati durante il Concilio. Desidero concentrarmi, invece, sulla riforma del Messale che è il fulcro della riforma liturgica. Già il 27 aprile 1964 vennero autorizzate le traduzioni della prefazione per uso liturgico.57 Il 26 settembre fu pubblicata l’Istruzione Ordo missae, che regola, fra le altre cose, la quantità di vernacolo ammissibile nella Messa. Contiene anche indicazioni per la traduzione di testi

50 AAS 56 (1964) 139-144: 143. 51 La traduzione dei testi liturgici romani viene regolata dal CIC can. 826 e 838. In conformità a essi spetta

all'autorità ecclesiastica locale preparare le versioni nelle lingue correnti dei libri liturgici. Dopo la revisione della Sede Apostolica vengono pubblicati dall'Autorità ecclesiastica locale. (can. 826; 838 CIC/1983).

52 Nei suoi ricordi del secondo periodo del Concilio del 1964 Joseph Ratzinger afferma che il Consilium, sotto la presidenza del Cardinale Lercaro, è stato composto in modo eccellente. Cf. Das Konzil auf dem Weg. Rückblick auf die zweite Sitzungsperiode, Köln 1964, 72. In seguito il giudizio di Ratzinger sull'applicazione della riforma liturgica diviene più critico, soprattutto per quanto concerne la riforma del Messale dopo il 1965.

53 Giuseppe Alberigo, Die neue Gestalt des Konzils, in: Geschichte des Zweiten Vatikanischen Konzils Bd. III, 573-600: 594f. – Mentre Alberigo loda questo come un passo coraggioso di Paolo VI, de Mattei critica la prevista esautorazione della Congregazione die Riti Cf. de Mattei, Das Zweite Vatikanische Konzil 403.

54 Pubblicata come omaggio a Bugnini in occasione del suo 70° compleanno, nell'anno della sua morte: Liturgia opera divina e umana. Studi sulla riforma liturgica offerti a S.E. Mons. Annibale Bugnini in occasione del suo 70° compleanno a cura di P. Journel, R. Kaczynski e G. Pasqualetti (Ephemerides Liturgicae, Subsidia 26), Roma 1982.

55 Cf. Anche Rudolf Pacik, Das Konzilstagebuch von Josef Andreas Jungmann SJ, in: Heiliger Dienst 57 (2003) 244–259; ders., I diari privati di Josef Andreas Jungmann (1913–1937; 1965–1970), in: Cristianesimo nella Storia 25 (2004) 181–194. – Già alla fined egli anni cinquanta Jungmann aveva espresso idee contro una liturgia celebrata in vernacolo, coem è era stato propsoto , per esempio, da Hans Küng. Cf. Küng, Erkämpfte Freiheit 382f

56 Cf. Nicola Giampietro, Il card. Guiseppe Ferdinando Antonelli e gli sviluppi della riforma liturgica dal 1948 al 1970 (Analecta liturgica 21; Studia Anselmiana 121), Roma 1998.

57 Già il 25 aprile 1964 Paolo VI aveva introdotto nella comunione dei fedeli la nuova formula per l’amministrazione Corpus Christi.

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liturgici sulla base della Sacrosanctum Concilium n. 36 § 3. Secondo quest’ultima, per la preghiera eucaristica ci si attiene alla lingua liturgica latina, ma numerose Conferenze Episcopali insistettero per ammettere anche in quel caso il vernacolo. Infine, il 27 gennaio 1965 venne pubblicato un Ordo missae con il testo latino del “Canon Romanus” senza traduzione. In quello stesso anno, secondo una norma di “Inter oecumenici” furono pubblicati i primi libri per la Messa in due lingue. Controversa è la valutazione dell’Ordo Missae del 1965 e dei libri in due lingue pubblicati in base a esso. La Congregazione dei Riti non ha trattato i libri per la Messa solo come “Messali ad interim”.58 Il Consilium però, nella sua maggioranza, non era soddisfatto dell’Ordo Missae del 1965. Con il sostegno di Paolo VI, che voleva dalle due alle tre nuove preghiere, poiché una revisione del “Canon romanus” si prospettava difficile, il Consilium lavorò ulteriormente alla riforma del Messale.59

Il 23 maggio 1968 la Congregazione dei Riti pubblicò tre nuove preghiere eucaristiche e otto nuove prefazioni.60 Il 6 aprile 1969 la Congregazione pubblicò il nuovo Ordo Missae insieme con la Istitutio generalis. Tre giorni prima, Paolo VI aveva approvato il nuovo Messale Romano con la Costituzione Apostolica Missale Romanum (3 aprile 1969). Inoltre Paolo VI, il 19 novembre 1969, tenne nella Basilica di san Pietro un breve discorso “de novo Ordine Missae”61 cosicché il concetto di “novus Ordo Missae”, sebbene non ufficialmente, ha la sua giustificazione, soprattutto se si paragona l'Ordo Missae del 1969 con quello del 1965. Con il nome di “Intervento Ottaviani” fu diffuso lo scritto polemico “Breve esame critico del Novus Ordo Missae” (1969), che accusava la riforma della Messa di essere inconciliabile con le affermazioni del Concilio di Trento sulla Santa Messa e con il “Missale romanum” del 1570. Già durante il Concilio, il Cardinale Ottaviani aveva messo in guardia contro una riforma dell’Ordo Missae.62 Lo scritto polemico fu redatto da un gruppo di personalità dell’ambiente del Coetus Internationalis Patrum. Paolo VI reagì a quelle critiche con un proemio al “Missale Romanum” del 1970, nel quale confermò la compatibilità della Riforma con la Tradizione romana. Il 26 marzo 1970 la Congregazione per il Culto Divino pubblicò la editio typica del nuovo Missale Romanum. Nel 1975 fu pubblicata una editio typica altera.

Fin dall’inizio si discusse in modo acceso non solo della quantità di vernacolo ammissibile nella celebrazione della Messa, ma anche della trasposizione dei libri liturgici romani nelle singole lingue nazionali. Secondo la prima Istruzione per l'applicazione regolare della Costituzione sulla Liturgia, il vernacolo era previsto soltanto per le letture, la preghiera dei fedeli, i canti, i saluti, le acclamazioni e i dialoghi come pure il Padre nostro e le parole per l’amministarzione della communione. La seconda Istruzione Tres abhinc annos del 4 maggio 1967 permise alle autorità territoriali competenti l’uso del vernacolo per il Canone della Messa, ma la Congregazione per la Dottrina della Fede rifiutò le traduzioni presentate perché troppo libere e insistette per una traduzione fedele e integrale.

A segnare una svolta fu l’Istruzione del Consilium del 15 gennaio 1969, De interpretatione textuum liturgicorum, redatta originariamente in francese e citata per lo più con il titolo Comme le prèvoit.63 L’Istruzione richiede una traduzione integre et fideliter soltanto per la preghiera eucaristica. Le orazioni quindi possono essere tradotte liberamente e con l’uso del vernacolo. Qui, come in altre parti della Messa, non viene dunque richiesta alcuna traduzione integrale. Dal punto di vista dell'ermeneutica della traduzione l’Istruzione diede alla equivalenza dinamica una netta precedenza

58 Cf. La lettera del Cardinale Segretario Amleto Ciovanni Cicognani († 1973) all'arciabate di Beuron sulla nuova

edizione del „Schott“ 1966 nonché il responso negativo della Congregazione dei Riti sulla questione di ulteriori modifiche all' “Ordo Missae“. Cf. Das Messbuch der heiligen Kiche. Mit neuen liturgischen Einführungen. In Übereinstimmung mit dem Altarmeßbuch. Neubearbeitet von den Benediktinern der Erzabtei Beuron, Freiburg-Basel-Wien 1966; Notitiae 2 (1966) 32, Nr. 97.

59 Der „Coetus X De Ordine Missae“, una sottocommissione del Consilium, si riunì per la prima volta dal 7 al 10 maggio 1964 a Treviri. Nello stesso anno si svolsero altre sedute a Roma (4–7 giugno), a Friburgo/Svizzera (23–28 agosto) e poi di nuovo a Roma (21–23 settembre). Nella quarta seduta si pepraò la bozza del nuovo „Ordo Missae“.

60 Cf. DEL I, 529-534. 61 AAS 61 (1969) 777-780: 777. 62 Cf. AS I/2, 18-20. 63 Cf. DEL I, 592-605.

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sull'equivalenza formale.64 Sulla base di questa decisione il Missale Romanum del 1970 fu tradotto nelle lingue nazionali. Da una modifica di Comme le prèvoit scaturì la quinta Istruzione per la retta applicazione della riforma liturgica Liturgiam authenticam (28 marzo 2001). Secondo quest'ultima i principi centrali per la traduzione dei testi liturgici sono “fedeltà al testo” e “intellegibilità”.65 L'Istruzione Liturgiam authenticam ha avviato una revisione completa delle traduzioni in vernacolo del Missale Romanum. Nel 2002 è apparsa la editio typica tertia del Missale Romanum, nel 2008 una edizione aggiornata con lievi modifiche e senza pubblicazione della preghiera eucaristica dei fanciulli. La Prima Domenica di Avvento 2011 il nuovo Messale Romano, rivisto sulla base della Liturgiam authenticam,è stato introdotto nell’area anglofona. 66 Nella riforma del Messale Romano, oltre all’adozione del vernacolo, controversa fin dall’inizio fu l’introduzione della Comunione sulla mano. Il Consilium condusse un sondaggio in tutto il mondo fra i Vescovi, che a maggioranza si dissero contrari a questa modalità. Già il 12 ottobre 1965 il Consilium comunicò che Papa Paolo VI non riteneva opportuna la pratica della Comunione sulla mano, che si stava diffondendo in alcuni Paesi (soprattutto Germania, Olanda, Belgio e Francia). L’Istruzione sulla celebrazione e sull'adorazione dell’Eucaristia Eucharisticum mysterium (25 maggio 1967) lasciò libera la scelta relativa alla Comunione in ginocchio e sulla mano. Secondo uno scritto della Segreteria di Stato del 3 giugno 1968 per il Santo Padre la Comunione sulla mano praticamente, ovvero riguardo alle sue conseguenze, era “molto pericolosa e discutibile”. In singoli casi, le Conferenze Episcopali potevano richiedere l’autorizzazione ad adottare la Comunione sulla mano alla Congregazione dei Riti, ma poi, per le numerose proteste, i permessi concessi in Germania e in Belgio furono sospesi. Poiché però si ebbe l’impressione di non poter più fermare la diffusione della Comunione sulla mano, soprattutto in Europa, le Conferenze Episcopali furono autorizzate, mediante l’Istruzione Memoriale Domini, ad adottare la Comunione sulla mano come possibilità, ma sempre con la garanzia che i credenti fossero liberi di scegliere la modalità per ricevere la Comunione. La Comunione in bocca doveva comunque rimanere la norma generale.

IV. Lo scontro per la riforma liturgica Obiettivi della Costituzione Sacrosanctum Concilium sulla Sacra Liturgia erano il rinnovamento e l'approfondimento della vita religiosa attraverso un rinnovamento liturgico: Sacrosanctum concilium, cum sibi proponat vitam christianam inter fideles in dies augere... suum esse arbitratur peculiari ratione etiam instaurandam atque fovendam Liturgiam curare” (SC n. 1).67 Fino a che punto abbia avuto buon esito una instauratio della liturgia e come va giudicata la riforma liturgica sono interrogativi che suscitano oggi molte controversie. Secondo il teologo nordamericano Francis Mannion68 si possono distinguere cinque posizioni: (1.) Difesa e proseguimento della riforma

64 Cf. Dennis McManus, Translation Theory in Liturgiam authenticam, in: Benedict XVI and the Sacred Liturgy,

ed. by N.J. Roy and J.E. Rutherford, Dublin 2010, 116-131. 65 Cf. Dieter Böhler, Anmerkungen eines Exegeten zur Instructio Quinta „Liturgiam Authenticam“, in:

Liturgisches Jahrbuch 54 (2004) 205-222; Winfried Haunerland, Die Leitlinien der Revision: Texttreue und Verständlichkeit. Referat zur Auftaktveranstaltung der Kommission „Ecclesia Celebrans“ in Bensberg (30.-31. März 2005). Abdruck in: Gottesdienst 39 (2005) 153-156. – Kritisch zur Instrukion Cf. Peter Jeffery, Translating Tradition. A Chant Historien Reads Liturgiam Authenticam, Collegeville/Minnesota 2005.

66 Cf. The Roman Missal. Renewed by Decree of the Most Holy Second Ecumenical Council of the Vatican, promulgated by Authority of Pope Paul VI and Revised at the Direction of Pope John Paul II. English Translation According to the Third Typical Edition. For Use in the Dioceses of the United States of America. Approved by the United States Conference of Catholic Bishops and Confirmed by the Apostolic See, New Jersey 2011. – La critica al nuovo Messale non provenne tanto dai fedeli , quanto da singoli sacerdoti e da un certo orientamento della scienza della liturgia. 23.000 cattolici nordamericani si sono già espressi una volta per il mantenimento del Messale Romano classico e per una revisione della nuova traduzione. Cf. www.whatifwejustsaidwait.org

67 Ribadiscono questo anche i Vescovi cattolici nella loro Lettera Pastorale del 4 dicembre 1963 sulla Costituzione sulla Liturgia. Cf. Lengeling, Die Konstitution des Zweiten Vatikanischen Konzils über die heilige Liturgie 7*-12*: 9*.

68 Cf. Francis Mannion, America, 30. November 1996; ders., The Catholicity of the Liturgy: Shaping a New Agenda, in: Beyond the Prosaic, 11-48: 12-31; Cf. auch den Überblick von GREGUR, J., Die nachkonziliare Bewertung der Liturgiekonstitution „Sacrosanctum Concilium“, in: Liturgiereform. Historische Studien zu einem bleibenden Grundzug des christlichen Gottesdienstes. FS A.A. Häußling OSB, Teil II, hg. von M. Klöckener – B. Kranemann, Münster 2002, 751-784.

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liturgica attuata dal Consilium,69 (2.) ritorno tradizionalista alla liturgia preconciliare,70 (3.) richiamo a una “riforma della riforma”,71 (4.) “ricattolicizzazione della riforma”72 contro la desacralizzazione della liturgia, (5.) inculturazione della riforma con promozione del pluralismo e del decentramento della vita liturgica.73 In questa sede non posso affrontare in maniera più approfondita di così lo scontro per la riforma liturgica, ma desidero chiarire che non vedo il futuro della liturgia romana né in una diversificazione culturale,74 cosa che non esclude parziali specificità nelle chiese particolari, né in un ritorno al cosiddetto rito “tridentino”. Lo sviluppo della liturgia dopo il Concilio solleva però degli interrogativi. Proprio come il primo capitolo della Lumen gentium sul mistero della Chiesa è stato spesso alterato da un'ecclesiologia unilaterale popolo-Dio (nel senso di una “ecclesiologia dal basso”), lo sviluppo della liturgia è stato dominato da un'immagine orizzontale della comunità riunita come comunità conviviale e soggetto di liturgia.A questo proposito si è parlato di un “orizzontalismo superficiale”75 nella liturgia. Non si sa bene fino a che punto le variazioni, in parte ampie, apportate dal l'introduzione del Messale di Paolo VI, siano da considerare responsabili di questo. In ogni caso il Messale del 1970 ha rafforzato l'impressione che si potesse fare la liturgia.

Il Missale Romanum del 1970 presenta luci e ombre. Le nuove preghiere che vi sono state aggiunte sono sicuramente un guadagno, nonostante tutte le obiezioni che si possono muovere nel dettaglio.76 E' vero che una pluralità di preghiere è una novità assoluta nella storia del rito romano, ma si potrebbe considerare anche come un avvicinamento auspicabile alla pratica liturgica delle Chiese dell'ortodossia, sebbene lo sviluppo della Seconda Preghiera Eucaristica per la preghiera domenicale standard corrisponda a malapena al principio dello sviluppo organico della liturgia. Il nuovo ordine delle pericopi rafforza la biblicità della liturgia romana. L'uso del vernacolo potenzia la participatio actuosa. La comunione dei fedeli nella celebrazione liturgica sottolinea il loro essere una comunità. Invece, per esempio, la struttura radicalmente nuova dei riti di apertura e

69 Adrien Nocent, A Re-reading of the Renewed Liturgy, Collegeville 1994; Piero Marini, A Challenging

Reform: Realizing the Vision of the Liturgical Renewal 1963-1975, ed. by M. Francis, J.R. Page, and K.F. Pecklers, Collegeville, MN 2007; John Baldovin, Reforming the Liturgy: A Response to the Critics, Collegeville, MN 2008; Rita Ferrone, Liturgy: Sacrosanctum Concilium, New York/Mahwah 2007.

70 Cf. Priesterbruderschaft St. Pius X., Das Problem der Liturgiereform. Die Messe des II. Vatikanum und Pauls VI. Eine theologische und liturgische Studie, Stuttgart 2001.

71 Cf. Klaus Gamber, Die Reform der römischen Liturgie. Vorgeschichte und Problematik, Regensburg 1981; ders., Alter und Neue Messritus. Der theologische Hintergrund der Liturgiereform, Regensburg 1983; ders., Zurück zum gemeinsamen Erbe. Kritische Überlegungen zur Situation von Liturgie und Kirche. Ausgewählte Texte aus dem Lebenswerk von Kl. Gamber, Hg. von M. Reinecke, St. Ottilien 1999; Aidan Nichols, Looking at the Liturgy, 115-123; Cf. Looking at the Question of the Liturgy with Cardinal Ratzinger. Proceedings of the July 2001 Fontgombault Liturgical Conference, ed. by Alcuin Reid, 2003 (Autour de la Question Liturgique avec Le Cardinal Ratzinger. Actes des ‚Journées liturgiques de Fontgombault‘ 22-24 Juillet 2001, Fontgombault 2001); Thomas M. Kocik, The Reform of the Reform. A Liturgical Debate: Return or Reform, Ft. Collins 2003; Pamela Jackson, An Abundance of Graces: Reflections on Sacrosanctum Concilium, Mundelein 2004; dies., Theology of the Liturgy, in: Vatican II: Renewal with in Tradition, ed. by M.L. Lamb and M. Levering, NewYork-Oxford 2008, 101-128; Nicola Bux, La riforma di Benedetto XVI. La liturgia tra innovazione e traditione. Prefazione di V. Messori, Casale Monferrato 2008.

72 Cf. Mannion, The Catholicity of the Liturgy, 11.23-36. 73 Cf. Anscar J. Chapungco, Cultural Adoption of the Liturgy, New York 1982; ders., Liturgy of the Future: The

Process and Methods of Inculturation, New York 1989; ders., Liturgical Inculturation: Sacramentals, Religiosity and Catechesis, Collegeville 1992.

74 So z.B. Karl Rahner, Über die bleibende Bedeutung des Zweiten Vatikanischen Konzils (Katholische Akademie in Bayern, Sonderdruck 5), München 1979, 5-6 (con piccole modifiche in: Schriften zur Theologie 14, 303-318: 305f); Burhard Neuenheuser, Ein Vierteljahrhundert Liturgiereform. 25 Jahre „Sacrosanctum Concilium“, in: Archiv für Liturgiewissenschaft 30 (1988) 265-277; Reiner Kaczynski, Zwanzig Jahre Liturgiereform. Rückschau und Ausblick, in: Münchener Theologische Zeitschrift 36 (1985) 52-66; ders., Theologischer Kommentar zur Konstitution über die heilige Liturgie Sacrosanctum Concilium 204-210.

75 Haunerlannd, Mysterium paschale 201. 76 Soprattutto contro la Seconda Preghiera Eucaristica. Cf. Heinz-Lothar Barth, Die Mär vom antiken Kanon des

Hippolytos. Untersuchungen zur Liturgiereform, Stuttgart 2008 (1999), 21-137.

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dell'offertorio non convince veramente.

Qui intervengono coloro che, come l’allora Cardinale di Curia Joseph Ratzinger, si sono pronunciati a favore di una “riforma della riforma”. Discusso è anche il quasi totale venir meno dell'orientamento collettivo della preghiera nella Messa di oggi.77 Nella celebratio versus populum si esprime in modo adeguato il carattere sacro e cultuale dell'Eucaristia nonché il suo carattere sacrificale? Com'è noto, su questo punto, Joseph Ratzinger ha assunto una posizione molto chiara a favore dell'orientamento collettivo. Quel che è certo è che esiste una notevole opposizione al ritorno all'orientamento collettivo a partire dall'offertorio. Non ci si può dunque aspettare una modifica della pratica attuale in tempi brevi. La proposta di compromesso di Ratzinger di esporre un crocifisso sull'altare quale segno di oriente interiore78 non ha finora riscosso molto successo. Anche se spesso frainteso, quello di Papa Benedetto XVI non è un “dietrofront79 teologico-liturgico” né un ritorno generale alla vecchia Messa. Con il suo Motu Proprio Summorum pontificum (2007) e con l'Istruzione Universae Ecclesiae (2011) Benedetto XVI mira a una riconciliazione80 liturgica nonché a un “ritorno all'adorazione”. Più precisamente: dalla “pastorale liturgica” alla “latreutica liturgica”. Infatti, è vero che la liturgia ha anche un carattere catechetico, ma è soprattutto un accadimento sacro e precisamente la santificazione dell'uomo (SC n. 7) e l'adorazione e la venerazione di Dio, cultus divinae majestatis (SC n. 33).

Per “riforma della riforma”, su cui attualmente si scrive e si discute molto, c'è bisogno di un'azione prudente. Infatti, sebbene la liturgia non sia una struttura statica, essa appartiene, proprio come la tradizione magisteriale, alla tradizione viva della Chiesa ma non può essere modificata di continuo. Certo è che il rinnovamento liturgico scaturito dal Concilio Vaticano Secondo non è un processo che può svolgersi nel tempo di una generazione. I Padri conciliari non pensavano però a una riforma liturgica costante.81 Non parlano né di una liturgia semper reformanda né di una ecclesia semper reformanda, ma piuttosto di una ecclesia semper purificanda (LG n. 8), perché nella una sancta catholica il peccato è comunque sempre molto. La riforma liturgica non si esaurisce nell'elaborazione dei libri liturgici, ma mira a un rinnovamento della pratica liturgica nel senso della Costituzione del Concilio sulla Liturgia. Questo rinnovamento, che, sul lungo periodo, renderà senza dubbio necessarie alcune modifiche alla riforma liturgica, si può ottenere soltanto grazie a una migliore formazione liturgica e a una catechesi mistagogica delle celebrazioni liturgiche della Chiesa. Senza formazione liturgica e mistagogia non è possibile alcuna nuova evangelizzazione.

77 Cf. Joseph Ratzinger/Benedikt XVI., Der Geist der Liturgie (2000), in: Gesammelte Schriten, Bd. 11:

Theologie der Liturgie, Freiburg-Basel-Wien 2008, 29-194: 77-85. 78 Cf. Ratzinger/Benedikt XVI., Der Geist der Liturgie 84 79 Così la pensa Kranemann, Die Theologie des Pascha-Mysteriums im Widerspruch 151. 80 Cf. Christophe Geffroy, Benoît et „la paix liturgique, Paris 2008. 81 Diversamente Kaczynski, che però non può presentare alcun testo conciliare. Cf. Theologischer Kommentar

zur Konstitution über die heilige Liturgie Sacrosanctum Concilium 200.