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28/04/2016 L a C ontrostoria “Una lettura altra della storia” 1

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28/04/2016

La Controstoria �“Una lettura altra della storia”

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Questa è l’espressione adatta a definire la storia negata del Sud Italia, “colonizzato” dai governi nordisti che hanno sancito la polarizzazione della penisola dopo la sua unione, mossi dalla convinzione comune che il problema del Sud fosse una questione straordinaria e territorialmente circoscritta. Il 1860 rappresentò per il Mezzogiorno uno spartiacque storico che sancisce il passaggio dal vecchio mondo borbonico, radicato nella sua cultura e nelle sue tradizioni e abituato ad un’amministrazione paternalistica e autoritaria, ad uno del tutto nuovo: uno stato unitario, centrista, moderno e culturalmente distante . Il Mezzogiorno basato sull’agricoltura latifondista , sulla piccola e frammentata proprietà contadina, unica fonte di lavoro e di ricchezza, era caratterizzato da molteplici problemi: ristrettezza economica, staticità delle strutture burocratiche e ministeriali, protezionismo e fiscalismo. Ciò non agevolò la formazione di vasti ceti imprenditoriali moderni, non permise di assimilare e tradurre in atto i progetti dei riformatori delle aree del Nord con leggi dello Stato post - unitario. Da allora ad oggi( per certi aspetti ), l'economia del Sud è stata sempre una forma di pura sopravvivenza, tagliata fuori dai ritmi e dai livelli del mercato comune nazionale ed europeo. Perciò la “controstoria“ del Meridione lo ha reso, un mondo distante, arcaico, mitico, lontano dalla confusione della società moderna e dal suo nuovo modo di vivere .

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La storia che non fu:�La Controstoria�

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L’ intento dell’approfondimento è dimostrare quanto sia sostanziale la differenza di prospettiva, di giudizio e di percezione della realtà storica tra intellettuali del meridione e del settentrione. Costoro fino al 1861 si fanno interpreti di un desiderio comune, quello di liberare l’Italia dalla dominazione straniera e renderla “una” dalle Alpi alla Sicilia, ma dopo il raggiungimento dell’unificazione nazionale e il trasferimento della capitale a Roma maturano concezioni opposte. Dopo questi eventi si assiste ad un fenomeno paradossale: la letteratura si divide una volta raggiunta l’unificazione nazionale, tanto che alcuni studiosi hanno parlato di “secessione” letteraria. Infatti sebbene la delusione per gli esiti del Risorgimento appaia assai diffusa in tutta la penisola, gli intellettuali italiani esternano il proprio disagio in un modo che, pur nella varietà delle esperienze individuali, rivela una coesione d’insieme nei due “poli” della penisola:

• Nel Nord, le delusioni si manifestano soprattutto attraverso un ritiro silenzioso e triste alla vita privata o attraverso il culto degli anni eroici del Risorgimento.

•  Il Sud, invece, misura la distanza tra le speranze pre-unitarie e le delusioni successive al 1861, inaugurando una “linea” letteraria di opposizione, in particolare, la Sicilia. Nel Meridione lo sguardo impietoso degli scrittori si appunta sulle contraddizioni della storia italiana, facendosi portavoce di un diffuso malessere. A cominciare da Verga, le opere s'incentrano sul tema cruciale del «vero»; investigano le ragioni del «Male», sociale ed esistenziale e si confrontano con il nodo irrisolto della «giustizia» e delle sue contraffazioni, con una spietata carica di obiettività. In questa prospettiva, le singole opere si configurano come le tessere di, un’"autobiografia della nazione” sino a tradursi narrativamente nell'ottica dello smascheramento.

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Federico De Roberto�

De Roberto (1861 - 1927) svolse un’intensa attività giornalistica (collaborando, fra l’altro, al «Corriere della Sera», critica e

saggistica. Come critico, si occupò particolarmente di Leopardi, cui dedicò una monografia nel 1898, che lo influenzò in modo decisivo con il suo materialismo pessimistico, e di Flaubert, che ne influenzò

invece le scelte stilistiche a favore dell’impersonalità. Si interessò anche di Verga, pubblicando fra l’altro l’unico capitolo rimasto

nella Duchessa di Leyra. Visse prevalentemente a Catania, ma anche a Milano, dove Verga lo introdusse nel 1889 negli ambienti letterari,

e a Roma, dove fece lunghi soggiorni soprattutto fra il 1908 e il 1913. Negli ultimi anni di vita aderì al nazionalismo e promosse l’interventismo in occasione della Grande Guerra; ma ciò non gli

impedì di denunciare gli orrori bellici in una straordinaria novella, La paura, pubblicata nel 1921, in anni di facile retorica bellicista.

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I Viceré�De Roberto compone I Viceré (1894), romanzo incentrato sulla

storia della famiglia aristocratica degli Uzeda, principi di Francalanza, una razza padrona di origine spagnola, che per

secoli ha esercitato la carica di Viceré. La vicenda si svolge per circa un trentennio, fra i moti risorgimentali nell’isola e le

elezioni politiche del 1882. Per certi versi si tratta dunque di un romanzo storico, ma privo di fiducia nella storia, vista come

perenne sopraffazione dei più forti. Gli Uzeda sono dilaniati al loro interno da odi feroci e da

contrasti di interessi. Ma per quanto divisi fra loro, sono poi uniti nel difendere i loro secolari privilegi e nell’affermazione

della famiglia. Così riescono a superare senza danni il processo unitario e risorgimentale, uscendone anzi arricchiti e rafforzati.

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Tematiche fondamentali�

✤  Un romanzo anti-storico e immobilità della storia: nega il cambiamento storico. Nella concezione del mondo di De Roberto a dominare non possono che essere i potenti di

sempre che passano intatti attraverso le trasformazioni, o meglio le pseudotrasformazioni, della storia. Quest’ultima resta sempre uguale a se stessa, perché

le leggi materiali che decretano la vittoria del forte sul giusto e dell’interesse sul disinteresse non possono essere scalfite e dominano ineluttabili e perenni.

✤  Accettazione della “follia” del mondo: Particolare è il capitolo ultimo (Parte Terza, cap. IX) che tratta di un lungo discorso di Consalvo Uzeda, principe di Francalanza,

rivolto alla vecchia zia Ferdinanda. Consalvo nega che si possa parlare di degenerazione per gli Uzeda. Vede chiaramente le loro follie e i loro vizi; ma gli

sembrano connaturati, da sempre, al loro modo di esercitare il potere. In realtà nel pessimismo di De Roberto, il mondo stesso è folle e ammalato, e dunque chi meglio vi

si adegua più facilmente vi trionfa. La follia degli Uzeda non è degenerazione ma normalità.

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Analisi dell’opera�

✤  Edizioni: il libro ebbe due edizioni; in quella del 1920 l’autore rende il linguaggio più agile e moderno.

✤  Stile e lingua: La prospettiva estraniata consente di dare al resoconto storico un tono insieme realistico, freddamente oggettivo, e allucinato, angosciato, visionario.

Essa permette al narratore una regia variata e complessa, che gli consente l’immedesimazione in una miriade di punti di vista. A loro volta, poi questi punti di

vista introducono nel tessuto narrativo una molteplicità di registri linguistici, seppure tendenzialmente unificati da un parlato “basso” e fortemente prosastico.

✤  Fortuna: De Roberto non riscosse il successo che si aspettava poiché era fuori moda il romanzo verista e poi successivamente stroncato da una dichiarazione di Croce che la la definì «Un’opera pesante e che non illumina». Soltanto dopo la Seconda

Guerra Mondiale fu rivalutato.

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Giovanni Verga� Nacque nel 1840 a Catania da una famiglia di proprietari terrieri di ascendenza nobiliare che lo educò a valori romantico-rinascimentali . Compì i primi studi presso Antonio Abate, patriota entusiasta che gli

trasmise la sua passione per i romanzi storico - patriottici e per la narrativa d’appendice; i romanzi giovanili di Verga riflettono gli ideali

risorgimentali dello scrittore. Col passare degli anni Verga decise di dedicarsi totalmente al mestiere di scrittore. Abbandonò gli studi in

legge (1869) e si trasferì a Firenze dove fu influenzato dalla letteratura filantropico-sociale. Tre anni dopo si stabilì a Milano, vero centro della

cultura nazionale e dell'industria editoriale. Ivi frequentò i salotti intellettuali e gli ambienti della Scapigliatura. Alla

fine del 1877 con l’ arrivo a Milano di Capuana, alcuni intellettuali, narratori e critici si proposero di creare il “romanzo moderno”. L’ anno

successivo uscì il primo racconto verista di Verga, Rosso Malpelo.Dopo un’esperienza politica intensa, si ritirò nel 1893 a Catania, dove

morì nel 1922.

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Spazio e tempo �ne�

I Malavoglia�

✤  Ne I Malavoglia coesistono e si scontrano due dimensioni temporali, il tempo della natura e il tempo della storia, a cui corrispondono due diversi spazi, quello del microcosmo paesano e quello del

mondo esterno.

✤  Tuttavia in questa opera sembra dominare il tempo della natura, ciclico e scandito dall’alternarsi delle stagioni, dalle ore del lavoro agricolo e dalle ricorrenze religiose.

✤  La storia nazionale appare sullo sfondo del romanzo, in una lontananza di favola: «Raccontavano che si era combattuta una gran battaglia di mare, e si erano annegati dei bastimenti grandi come

Aci Trezza, carichi zeppi di soldati; insomma in un mondo di cose che parevano quelli che raccontavano la storia d’Orlando e dei paladini di Francia alla Marina di Catania, e la gente stava

ad ascoltare colle orecchie tese…» (cap. IX, Battaglia di Lissa).

✤  Lo scontro tra le due dimensioni temporali e spaziali riflette il conflitto che è al centro del romanzo tra due mondi diversi: la vecchia società rurale e la società moderna del progresso. Questo conflitto culmina con la distruzione della società patriarcale; non esiste infatti possibilità di mediazione tra i

due mondi.

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Spazio e tempo� in �

Mastro Don Gesualdo �

✤  Il tempo e lo spazio, soprattutto di giorno, sono assai diversi da quelli de I Malavoglia dove erano possibili ancora ritmi lenti e dove il tempo verbale prevalente era quello dell’imperfetto. Qui prevale il tempo dell’azione, il passato remoto, perché si è persa completamente l’aria incantata e favolosa che aveva

circondato i due soldati-eroi della battaglia di Lissa.(vedi slide precedente)

✤  Il tempo della giornata è lineare, mentre è circolare ne I Malavoglia ma continuamente interrotto dai vari momenti della sua attività lavorativa che obbligano Gesualdo a correre da una parte all’altra: «Sempre in moto, sempre affaticato, sempre in piedi di qua e di là, al vento, al sole, alla pioggia». (La giornata di Don

Gesualdo).

✤  Lo spazio è cambiato assieme al tempo: non siamo più nel mondo arcaico e rurale ma in quello moderno, stratificato e predominato dalla borghesia in ascesa, incarnata dal protagonista stesso.

✤  Se ne I Malavoglia il tempo della storia rimane sullo sfondo, Mastro Don Gesualdo può essere considerato anche un romanzo storico che abbraccia gli anni dalla rivolta carbonara del 1828 ai moti del 1848. Gesualdo

rappresenta proprio il momento storico dell’ascesa della borghesia.

✤  Tuttavia in questo romanzo storico non vi è la fiducia nella storia e nelle capacità umane di contribuire ad essa. Anche dietro alla campagna rivoluzionaria si nascondono gli interessi personali. Ne risulta una storia

dominata dalla lotta per la vita e senza alcuna prospettiva di progresso possibile.

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Novelle Rusticane�Libertà�

✤  Si racconta un episodio avvenuto nel 1860 a Bronte, durante la spedizione dei Mille, durante il quale i contadini insorgono contro i proprietari terrieri facendone una strage. La novella si risolve con

l’arrivo di Nino Bixio e il ritorno alla situazione precedente, come se nulla fosse avvenuto.

✤  Questa novella mostra l’impossibilità di cambiare le cose (stato sociale), di fatti nell’ottica del pessimismo materialistico di Verga

ogni aspirazione al mutamento nasce interessi egoistici e utilitaristici.

✤  La concezione di libertà di cui si fanno portatori i contadini di Bronte è diversa da quella dei risorgimentali: per i primi libertà è libertà dalla sudditanza economica di chi li opprime; per i secondi

invece libertà è di parola, di pensiero, di associazione.

✤  Verga era stato educato agli ideali risorgimentali e all’unità d’Italia, di fatti giustifica Nino Bixio e anzi lo presenta quasi con un’aria

mitica.

✤  Nel finale trionfa l’assurdità delle rivoluzioni, la lotta di ciascuno contro ciascuno come spirito vitale che non può aspirare ad un risvolto pratico: «I Galantuomini non potevano lavorare le loro

terre colle proprie mani, e la povera gente non poteva vivere senza i galantuomini. Fecero la pace». (Libertà!, Novelle Rusticane).

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L’ideale dell’ostrica�

Verga parla dell'ideale dell'ostrica sia nella novella Fantasticheria che ne I Malavoglia.

✤  Nel concetto dell'autore, finché i contadini, i braccianti, i pescatori vivono protetti dall'ambiente che li ha visti nascere e crescere, finché credono e rispettano i valori in cui hanno creduto, allora, anche se poveri, sono al sicuro.

✤  Quando cominciano a provare il desiderio di migliorare e progredire e si allontanano dal loro habitat naturale, ecco che arrivano i problemi. L'ostrica allo stesso modo vive sicura finché resta avvinghiata al suo scoglio, se se ne separa viene meno la protezione.

«... mi è parso ora di leggere una fatale necessità nelle tenaci affezioni dei deboli, nell'istinto che hanno i piccoli di stringersi fra loro per resistere alle tempeste della vita, e ho cercato di decifrare il dramma modesto e ignoto che deve aver sgominati gli attori plebei che conoscemmo insieme. Allorquando uno di quei piccoli, o più debole, o più incauto, o più egoista degli altri, volle staccarsi dai suoi per vaghezza dell'ignoto, o per brama di meglio, o per curiosità di conoscere il mondo; il mondo, da pesce vorace com'è, se lo ingoiò, e i suoi più prossimi con lui». (Fantasticheria, Vita dei campi)

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Corrado Alvaro �

VITA

✤ Alvaro, Corrado. - Scrittore e giornalista italiano (San Luca, Reggio di Calabria, 1895 - Roma 1956). Combattente della guerra 1915-18, entrò

poi nel giornalismo, come redattore del «Mondo» di G. Amendola, schierandosi fra gli avversari del fascismo. Fu quindi collaboratore de

«La stampa» per molti anni, e di altri giornali e periodici.  Nel 1945 fondò il Sindacato nazionale scrittori, di cui fu segretario fino alla

morte, e la Cassa nazionale scrittori. Scrisse diversi romanzi, ma fu soprattutto nella forma del racconto (Gente in Aspromonte) che trovarono l'espressione più appropriata le

caratteristiche della sua scrittura, fatta di profonde e sofferte antinomie.

SCELTA DELLE TEMATICHE

✤ La giovinezza dell’autore si svolge nel periodo giolittiano, durante il quale il giovane intellettuale meridionale percepisce il

grave squilibrio fra lo sviluppo eccezionale della grande industria del Nord e l’arretratezza permanente di un Sud condannato ad

una economia tradizionale, oppressa dal peso di un vasto sottoproletariato fatto di pastori miserabili e di contadini

primitivi, dominato da rapporti fissi e prestabiliti. Ciò impediva la dinamica interna delle classi precludendo al

popolo di evolversi civilmente e socialmente.

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Gente �in �

Aspromonte��

-NUOVO REALISMO -

NARRATIVA MERIDIONALISTICA: ESSA RIFLETTE LA DRAMMATICA SITUAZIONE DEL SUD NEGLI ANNI TRENTA E LA SCISSIONE DEGLI AUTORI MERIDIONALI

DIVISI FRA LA CONDIZIONE DELL’INTELLETTUALE DI ESTRAZIONE CONTADINA PICCOLO BORGHESE E QUELLA DELL’

ARTISTA INSERITO NEI MECCANISMI SOCIALI DELLA METROPOLI MODERNA .

✤ Pubblicato per la prima volta a Firenze da Le Monnier nel 1930, l’opera è una raccolta di tredici racconti (Gente in

Aspromonte, La pigiatrice d’uva, Il rubino, La zingara, Coronata, Teresita, Romantica, La signora Flavia, Innocenza, Vocesana e Primante, Temporale d’autunno, Cata dorme,Ventiquattr’ore).

✤ Narra la storia breve ed amara, quasi un grido di protesta, dei pastori dell'Aspromonte, ambientata tra gli ultimi anni

dell'Ottocento e i primi del Novecento. Il terremoto di Messina, che compare nello sfondo, è l'unico dato che ci

permetta di situare questa storia in un’epoca. L'ambiente, le situazioni umane, i personaggi, narrati sono validi per tutti i decenni che seguirono e ancora reperibili nella realtà della

Calabria di oggi.

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Lingua e stile ✤ Alvaro rappresenta la costate lotta per la sopravvivenza dei

pastori calabresi con toni realistici, percorrendo la narrativa neorealistica. Questi toni si alternano alla tendenza lirica, mitico-

simbolica, che si riduce ad un tono fortemente letterario, magico e mitico, attraverso cui si esprime la nostalgia per la terra natale. L’

impegno etico-sociale, evidente nell’argomento del racconto, si riduce ad un moto di pietà verso gli umili.

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Tematiche principali�

✤ LA CALABRIA: terra "mitica", non ancora raggiunta dalla civiltà, costituisce un rifugio tranquillo, di innocenza per un uomo afflitto dalla crisi e dall'angoscia del '900. Ma essa è anche una terra "arida", in cui gli uomini sono condannati a vivere una vita di stenti, di miseria, come eroi sempre in

lotta contro la malasorte e l’ingiustizia, condannati a vivere ed ad osservare la realtà senza capire la gerarchia dei rapporti tra ricchi e poveri a cui devono sottostare.

✤ LA MEMORIA DI UN MONDO DESTINATO A SCOMPARIRE: «La Calabria è una terra che possiede anche i suoi valori, una sua bellezza, le sue segrete dolcezze, che poi s’ identificano, agi occhi di Alvaro i ricordi della sua infanzia. Perciò se su di esso non c'è da piangere, dice Alvaro, bisogna tuttavia custodirne generosamente la memoria. Quello descritto è un mondo severamente giudicato, ma in pari tempo amorosamente rivissuto, in un

perpetuo ondeggiamento dei sentimenti». (Mario Pomilio).

✤ LA DENUNCIA: dei mali della società in contrapposizione all'ottimismo e alla fiducia della cultura fascista. La cultura moderna e tecnologica significa dispersione di creativita , di fantasia, d’invenzione, anche d’umanita : il mondo materiale e la ricchezza causano la perdita dell’identita , spingono a

trasformare l’uomo come persona falsa e ingannatrice, lo costringono a perdere i buoni valori dell’umanita . «L’uomo moderno e un frammento d’uomo. Tolto della sua funzione materiale non e piu buono a nulla: egli non inventa piu nulla, non si destina nulla [...]. Piu viaggio nelle grande metropoli e piu ne divento ostile. Mi sembrano rappresentare l’annullamento della qualità umana, la negazione dell’originalita dello spirito umano». (Corrado Alvaro).

✤ LA FUGA: è oggi, il tema della vita calabrese. Lo e sempre stato in qualche modo, ma oggi si ha l’impressione d’una primitiva tribu che abbandona una terra inospite. E cio e tanto piu crudele in quanto la loro terra e bella. Ho sentito dire da molti stranieri che e una delle piu belle d’Italia. Io non so perche l’amo. Ma so che si fugge e si rimpiange con la sua pena; si torna e su vuole fuggire: come con la casa paterna dove il pane non basta. (Corrado Alvaro).

✤ GLI “EROI”: sono degli eterni profughi, trascinati da una doppia corrente di nostalgia. Amano il vecchio mondo contadino delle madri di un amore disperato e deluso e il mondo moderno che li affascina e li respinge. La loro condizione e in bilico perpetuo tra nostalgia e stupore: la Calabria è un modello di civiltà e il passato non e un rifugio ma un legame con le radici su cui deve essere rifondata la modernita ormai priva di voglia di vivere,

amore ingenuita , paura, incomprensione, egoismo e delle leggi del rispetto della volonta del padre e del rigore dei miti e dei riti.

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Giuseppe Tomasi

di Lampedusa�

VITA

Giuseppe Tomasi, principe di Lampedusa, nacque a Palermo nel 1896 da nobile e antica famiglia siciliana. Nel 1916 interruppe gli studi per partecipare alla Prima

guerra mondiale. Catturato dagli austriaci, riuscì a fuggire.Finita la guerra ritornò a Palermo e condusse d'allora in poi un'esistenza ritirata,

interrotta solo da alcuni viaggi all'estero (in Inghilterra, Francia, Lettonia). Nel corso di uno di essi conobbe Alessandra Wolff- Stomersee, che sposò nel 1932.A Palermo collabora alla rivista «Le opere e i giorni» di Fausto Martini.

Nel 1954 Tomasi accompagnò il cugino, il poeta Lucio Piccolo, a un convegno letterario a San Pellegrino Terme. Il contatto con la società letteraria lo scosse dall'inerzia; in pochi mesi, tra il 1955 e il 1956, scrisse Il Gattopardo, opera che

all’indizio stentò a trovare un editore. Essa fu rifiutata da Mondadori e Einaud ed anche Elio Vittorini si oppone alla pubblicazione; fu invece apprezzata da Giorgio

Bassani e quindi stampata dall'editore Feltrinelli nel 1958, un anno dopo la morte di Tomasi, avvenuta a Roma nel luglio 1957.

Il grande successo del romanzo portò alla riscoperta della figura dell'autore, di cui nel 1961 si è pubblicata una raccolta di Racconti.

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Il Gattopardo �

UN ROMANZO TRA OTTOCENTO E NOVECENTO ✤  In quest’opera appartenente alla tradizione

novecentesca nel campo del romanzo i moduli ottocenteschi, ispirati a De Roberto, Stendhal e

Balzac, si uniscono a quelli novecenteschi di Proust e Virginia Woolf:

da un lato il romanzo presenta una costruzione compatta e distesa nel tempo, fra 1860 e 1910,

tipica del romanzo storico; dall’altra il tempo si ferma in parti staccate,

ciascuna relativa ad un capitolo, in cui la durata non supera quasi mai le ventiquattro ore,

dominata dalla prospettiva interiore dell’anima del protagonista, il principe di Salina.

Il romanzo presenta un intreccio tra analisi psicologica, prosa lirica e senso decadente della morte e del disfacimento di una classe e di una

civiltà.

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TRAMA ✤  Il principe Fabrizio di Salina assiste con preoccupazione allo sbarco dei garibaldini in Sicilia e comprende che il mondo gerarchico,

fisso ed immutabile in cui ha da sempre vissuto è destinato a scomparire. Egli approva la scelta dell’amato nipote Tancredi di arruolarsi fra i rivoltosi e appoggiare l’annessione della Sicilia allo Stato sabaudo. Sapendo che sua figlia Concetta ama Tancredi, egli acconsente al matrimonio tra il nipote e Angelica, figlia del sindaco di Donnafugata, don Calogero Sedara. L’unione tra un esponente

della vecchia aristocrazia e una donna della nascente borghesia avara e cinica è l’evidente simbolo di un cambiamento epocale. Mentre Tancredi si adatta con facilità ai cambiamenti, durante un ballo in un palazzo di Palermo, il principe di Salina si rende conto

con profondo rammarico che la classe sociale a cui appartiene è desinata ad estinguersi e con essa un’intera epoca.

TEMATICHE ✤  Il principe di Salina aspira ad una distanza superiore e signorile, al controllo sul tempo, al distacco concessoli dall’estrazione

nobiliare, si convince dell’idea del nipote cioè che tutto deve cambiare affinché nulla cambi. La certezza dell’autore, che alla fine sarà anche quella del protagonista nel momento della morte a lungo contemplata, è che

Garibaldi e la borghesia sono i vincitori e assieme ad essi anche il tempo storico ha travolto la “perennità”della tradizione nobiliare. Contrariamente a quanto creduto dal protagonista, il tempo non si è congelato, la tradizione non si è conservata ma è stata sommersa

dalle abitudini, dalla nuova cultura e dai nuovi disvalori borghesi.

✤  La storia non e che uno strumento per testimoniare sia la delusione di don Fabrizio per il fallimento degli ideali risorgimentali sia dell'uomo contemporaneo, Tomasi di Lampedusa, per il fallimento degli ideali che di volta in volta gli vengono proposti. Dunque l'autore nega la storia intesa come progresso; per lui essa porta mutamenti limitati: i Savoia prendono il posto dei Borboni, i Sedara

quello dei Salina e ciò non porta ad alcun miglioramento, ma solamente a una semplice sostituzione che risulta essere un peggioramento. Gli eventi storici portano ad una riflessione amara e velata dall'apparente ironia: il Risorgimento viene definito una «rumorosa, romantica commedia con qualche macchia di sangue sulla veste buffonesca» che si traduce in una lenta sostituzione dei

ceti nobiliari con il ceto emergente, che non aveva in se i germi di nessun miglioramento, anzi era soltanto colmo di ambizioni, intrighi, opportunismi, incapace di cancellare o attenuare gli errori del passato.

Trama e Tematiche�

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Bibliografia e Sitografia�

✤  Corrado Alvaro e Gattopardo: http://cronologia.leonardo.it/storia/biografie/garibal5.htm /https://it.wikipedia.org/wiki/Gente_in_Aspromonte /http://biblio.univ-annaba.dz/wp-content/uploads/2015/02/BRIKI-Madiha.pdf /www.treccani.it/enciclopedia/aspromonte/ Gente in Aspromonte-Garzanti Elefanti 2015

✤  Federico De Roberto: Romanzi, novelle e saggi, a cura di C.A. Madrignani,Milano, Mondadori, 1984

✤  V. Spinazzola, Federico De Roberto e il verismo, Milano, Feltrinelli, 1961

✤  Il romanzo antistorico, Roma, Editori Riuniti, 1990.

✤  Giovanni Verga: www.itcgdavinci.it / www.wikipedia.it

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Beatrice Pigorini �Francesco Rispoli �Giorgia Tripodi � classe VD, L.C. Giulio Cesare, Roma�

Lavoro a cura di :

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