La cittadinanza e' un bene di tutti

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La cittadinanza: un bene di tutti!

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Creato da Mirella Mirchese

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Questo piccolo opuscolo, vuole rappresentare un’ occasione di riflessione per voi ragazzi sugli eventi storici che hanno contribuito all’unificazione della nostra Patria. Un mezzo per cercare di far comprendere anche ai lettori più piccoli i valori, i sentimenti e gli ideali che hanno mosso gli animi dei patrioti risorgimentali i quali, combattendo, hanno sacrificato la propria vita, affinchè gli italiani potessero divenire un popolo unito sotto i colori di un’unica bandiera.Tutti oggi riconoscono i valori democratici alla base del nostro paese, ma pochi nutrono il senso di appartenenza alla Nazione.Infatti, solo considerando l’idea di Nazione, non come un sistema astratto di regole, ma come il frutto di un percorso storico, come un unico sentire civile, potremo riappropriarci di quelli che sono i valori fondanti della nostra patria quali: la lealtà, la solidarietà, la fratellanza, l’amore ed il rispetto nei confronti di tutti i cittadini e della nostra Italia.Valori, la cui riscoperta, non può non passare anche attraverso la rivalutazione dei simboli che ci rappresentano: la Bandiera tricolore, l’emblema della Repubblica, lo stendardo presidenziale e l’inno nazionale. Difatti solo cantando lo stesso inno, onorando la stessa bandiera, rispettando la Costituzione e le leggi dello Stato, ognuno di noi potrà sentirsi e considerarsi veramente un cittadino italiano.

L’Assessore Il SindacoMirella Marchese Maurizio Brucchi

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ITALIA PREUNITARIA

Il riassetto generale dell’Europa stabilito dal Con-gresso di Vienna non c ons i d e rò la peniso-la italiana come una realtà “na-zionale” in grado di guadagnare finalmente una propria autonomia politica e territoriale. Negli anni

della Restaurazione, al contrario, il territorio italiano fu diviso in tanti piccoli stati, tutti sottoposti, anche se in misura diversa al controllo della potenza austriaca. Oltre all’estrema frammentazione, la dominazione au-striaca non permetteva al nostro paese di svilupparsi, lasciandolo in uno stato di grande arretratezza rispet-to agli altri paesi europei. In questo clima di tensione, tra gli intellettuali e i politici, ma anche negli ambienti della borghesia industriale e commerciale, cominciò a diffondersi la convinzione che il progresso dell’Italia fosse strettamente legato alla realizzazione della sua unità politica. Il progredire della coscienza nazionale e la spinta a modernizzare l’organizzazione sociale ed economica del territorio portarono ad una nuova fase della storia italiana: il “Risorgimento”.

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Monarchici e Repubblicani, liberali e democratici, laici e cattolici, si trovarono accomunati dai medesi-mi ideali e si batterono per realizzare un’Italia unita, libera e indipendente. Ma queste idee di liberazione non potevano circolare liberamente e quindi i patrioti si riunirono in società segrete. La principale socie-tà segreta di quel periodo fu la Carboneria e i suoi componenti si chiavano Carbonari. Svolgevano le loro attività di nascosto per evitare che gli austriaci li arrestassero e imprigionassero. Di tutti i patrioti che s’impegnarono nel periodo risorgimentale si ricor-dano in particolare Silvio Pellico, lo scrittore di “Le mie prigioni” il racconto del periodo in cui fu prigio-niero degli austriaci e Giuseppe Mazzini che fondò la Giovine Italia mentre era in esilio in Spagna, che auspicava un Italia indipendente e repubblicana. L’u-nificazione non fu un processo pacifico, i moti non bastarono e furono necessarie tre guerre d’Indipen-denza per giungere all’Unità d’Italia. La prima guerra d’indipendenza scoppiò nel 1848, il re di Sardegna, Carlo Alberto, su richiesta dei patrio-ti Lombardi dichiarò guerra all’Austria, inizialmente vittorioso fu poi sconfitto e dovette lasciare il regno al figlio Vittorio Emanuele II. La seconda guerra d’Indipendenza scoppio nel 1859 ed ebbe come con-

 

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seguenza la liberazione della Lombardia e della Sici-lia. La liberazione della Sicilia avvenne con l’azione di Giuseppe Garibaldi che aveva un esercito di mille uomini, l’impresa è ricordata come la “Spedizione dei mille”.Nel 1861 venne dichiarato il regno d’Italia con ca-pitale Torino.Ma l’Italia non era ancora del tutto liberata: mancava-no il Veneto e il Lazio. Con la terza guerra d’Indipen-denza fu liberato il Veneto e ancora restava il Lazio. Nel 1871 i bersaglieri giunsero a Roma e aprendosi una breccia nelle Mura della città liberarono Roma. Il processo di unità fu completato con lo spostamento della capitale da Torino a Roma.

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STORIA DELLA BANDIERA ITALIANA

La bandiera italiana è una variante della bandiera della rivoluzione francese, nella quale fu sostituito l’azzur-ro con il verde che, secondo il simbolismo massonico, significava la natura ed i diritti naturali (uguaglianza e libertà). In realtà i primi a ideare la bandiera italia-na sono stati due patrioti e studenti dell’Università di

Bologna, Luigi Zamboni, na-tio del capoluogo emiliano, e Giambattista De Rolandis, originario di Castell’Alfero (Asti), che nell’autunno del 1794 unirono il bianco e il rosso delle rispettive città al verde, colore della speran-za. Napoleone la adottò il 15

maggio 1796 per le Legioni lombarde e italiane.

Non si tratta però di una vera e propria bandiera nazionale. Soltanto l’anno dopo, nel 1797, il trico-lore bianco, rosso e verde viene scelto come bandiera della nascente Repubblica Cispadana dopo l’oc-cupazione francese dell’Emilia Romagna. Rispetto alla prece-dente bandiera napo-leonica le bande colo-rate sono orizzontali con al centro una faretra con quattro frecce e la sigla R.C. (Repubblica Cispadana).

 

 

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La disposizione del tricolore cambia ancora una volta nel 1802, quando la Repubblica Ci-spadana prende il nome di Re-pubblica Italiana (di Napoleo-ne). Le strisce sono sostituite da tre quadrati, rosso bianco e ver-de, disposti l’uno dentro l’altro.

La disposizione dei colori nella bandiera viene an-cora una volta modificata nel 1805 con la nascita del Regno Italico.

Con il Congresso di Vienna del 1815 e la scomparsa di Napoleone dalla scena europea, anche il tricolo-re cade nell’oblio.Nel 1831 il tricolore torna a essere

adottato nella versione a bande verticali dalla Giovane Italia di Giuseppe Mazzini. Salvo che per lievi modifiche alle tonalità dei colori è la bandiera italiana che ancora oggi utilizziamo. Unica eccezione è rappresentata dalla presenza dello stemma Savoia o

della Repubblica Sociale al centro della banda bianca.Da questo momento in poi, la bandiera non cambia più il suo aspetto giungendo quasi immutata fino ai giorni nostri.

Nel 1946 l’Italia repubblicana conferma la bandiera tricolore a strisce verticali eliminando ogni stemma

 

 

 

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centrale.

La foggia della nuova ban-diera, fu confermata dall’As-semblea Costituente nella seduta del 24 marzo 1947 e inserita nella nostra Costi-tuzione entrata in vigore il 1°

gennaio 1948. Costituzione che all’art. 12 recita: “La bandiera della Repubblica è il Tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni”.

CITTADINANZA

Il termine “cittadinanza” esprime il vincolo di appar-tenenza che lega un individuo, nativo o naturalizzato, ad una determinata città o Stato. Lo stesso termine indica anche, l’insieme dei diritti e dei doveri attribu-iti dalle leggi e dalla Costituzione ad ogni soggetto in quanto appartenente ad una comunità in qualità di cittadino.Il concetto di cittadinanza, quindi, si ricollega alla titolarità di determinati diritti, detti “diritti di citta-dinanza”, che si distinguono in diritti civili, diritti politici e diritti sociali.

• idiritti civili: consentono agli individui di agi-re, muoversi, esprimersi, entrare in rapporto con gli altri senza che lo Stato intervenga. Essi comprendono: la libertà personale, di movimento, di associazione, di riunione, di coscienza e di religione, l’uguaglianza di fronte alla legge, il diritto a non essere privati arbitra-riamente della proprietà, il diritto alla cittadinanza e così via;

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• idiritti politici: consentono ai cittadini di par-tecipare al governo dello Stato, delle Provincie, dei Comuni o delle Regioni, sia direttamente (attraverso istituti quali il referendum, la petizione ecc.) sia indi-rettamente, eleggendo i propri rappresentanti o can-didandosi alle relative elezioni;

• i diritti sociali: comprendono tutte quelle azioni finalizzate a garantire ad ogni cittadino condi-zioni di vita dignitose attraverso un intervento diretto dello Stato. Tra essi ricordiamo: il diritto alla salute, il diritto al lavoro, il diritto all’istruzione e così via.

Mentre i diritti civili e politici erano già presenti nel-le costituzioni ottocentesche, i diritti sociali fanno il loro ingresso solo nel XX secolo con la realizzazione di quella particolare forma di stato nota come stato sociale.

Accanto ai diritti, la cittadinanza comporta doveri. La Costituzione, infatti, prevede una serie di doveri dei cittadini nei confronti dello Stato, affinché sia data concreta attuazione al principio di solidarietà sociale. Tali doveri vengono detti inderogabili poiché nessuno può essere esentato dalla loro osservanza, in quanto costituiscono il fondamento di una pacifica e costrut-tiva convivenza. In particolare la Costituzione impo-ne ai cittadini i seguenti doveri:

• Rispettare le leggi: tutti i cittadini hanno il do-vere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi (Art.54).

• Pagare le tasse: tutti sono tenuti a concorre-re alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva (Art.53).

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• Difendere la Patria: l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie inter-nazionali (Art.11). Ogni cittadino ha il sacro dovere di difendere la propria Patria.

PATRIA

Il termine Patria che trae origine dall’aggettivo latino “patrius, patria, patrium” ritenendo sottinteso il so-stantivo “terra, terrae” , sta a significare terra patria, terra del padre, terra degli avi. La Patria è, infatti, il luogo in cui si è nati, in cui sono nati e vissuti gli an-tenati e i genitori, è la terra in cui il popolo ha svi-luppato la sua civiltà e ha creato le proprie tradizioni. La Patria, dunque, può essere definita come: il«bene comune» di un popolo.Lo studio della civiltà e della storia della nostra Patria non può prescindere dalla conoscenza dell’Inno Na-zionale e dei simboli che costituiscono l’identità della Repubblica italiana.

EMBLEMA REPUBBLICA ITALIANA

L’autore dell’emblema della Repubblica Italiana è stato Paolo Paschetto, professore di ornato all’Istituto di Belle Arti di Roma risultato vincitore di un concorso aperto a tutti bandito nell’ottobre del 1946. La commissione istituita dal Governo di De Gasperi per tale concorso, decise di basarne

le linee guida su poche tracce: esclusione rigorosa dei simboli di partito, inserimento della stella d’Italia, “ispirazione dal senso della terra e dei comuni”. Ai primi

 

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cinque classificati sarebbe andato un premio di 10.000 lire. L’emblema della Repubblica Italiana è caratterizzato da tre elementi: la stella, la ruota dentata, ed i rami di ulivo e di quercia.• La stella è uno degli oggetti più antichi del patrimonio iconografico italiano ed è sempre stata associata alla personificazione dell’Italia, sul cui capo appunto, una stella splende raggiante. Così fu rappresentata nell’iconografia del Risorgimento e così comparve, fino al 1890, nel grande stemma del Regno unitario (il famoso stellone). La stella caratterizzò, poi, la prima onorificenza repubblicana della ricostruzione, “la Stella della Solidarietà Italiana” e ancora oggi indica l’appartenenza alle Forze Armate del nostro Paese. • La ruota dentata d’acciaio, simbolo dell’attività lavorativa, traduce il primo articolo della Carta Costituzionale: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. • Il ramo di ulivo simboleggia la volontà di pace della nazione, sia nel senso della concordia interna che della fratellanza internazionale. L’articolo 11 della Costituzione italiana recita “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alle libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali ”• Ilramo di quercia incarna la forza e la dignità del popolo italiano. Insieme all’ulivo, la quercia è espressione delle specie più tipiche del nostro patrimonio arboreo.

IMPORTANZA E SIGNIFICATO DELL’INNO NAZIONALE ITALIANO

L’inno di Mameli lo ascoltiamo per le partite della nostra nazionale, o per manifestazioni legate alla Repubblica Italiana, ma pochi ne conoscono le parole e non tutti sanno come e perché sia nato. Nel periodo precedente l’Unità d’Italia si diffuse una corrente patriottica romantica nata per diffondere gli ideali dell’Italia unita nei circoli letterati, negli ambienti borghesi ma sopratutto tra i lavoratori. Il mezzo

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più adatto per divulgare questo tipo di ideali ad un pubblico così ampio risultò essere la musica, campo nel quale si espresse l’anima romantica e sentimentale di musicisti del calibro di Verdi e Rossini e di intelletuali mazziniani come Mameli.Goffredo Mameli nacque a Genova nel 1827 e morì a Roma nel 1849 dopo essere stato ferito ad una gamba durante il combattimento sul Gianicolo. Dobbiamo alla città di Genova, il Canto degli Italiani, meglio conosciuto come Inno di Mameli. Scritto nell’autunno 1847 dall’allora ventenne studente e patriota Goffredo Mameli, musicato poco dopo a Torino, da un’altro genovese Michele Navaro il Canto degli Italiani nacque in quel clima di fervore patriottico che già preludeva alla guerra contro l’Austria.Il testo è formato da 5 strofe di 8 versi, ognuna delle strofe è alternata da un ritornello di 3 versi. E’ un testo ricco di riferimenti storici, che ricordano le occasioni in cui l’Italia riuscì a sconfiggere il nemico invasore.

La prima strofa ricorda la vittoria di Scipione l’africano su Annibale. L’Italia ormai pronta alla guerra contro l’Austria, si cinge la testa, in senso figurativo, con l’elmo dell’eroico generale romano Publio Cornelio Scipione, detto l’Africano che sconfisse il generale cartaginese Annibale nella famosa battaglia di Zama. Qui il poeta fa riferimento all’uso antico di tagliare le chiome alle schiave per distinguerle dalle donne libere che portavano i capelli lunghi. Dunque la vittoria, immaginata come una donna, deve porgere la chioma perchè le venga tagliata quale schiava di Roma, sempre vittoriosa. La corte indicata nel ritornello è intesa come unità da combattimento dell’esercito romano, decima parte di una legione.

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La seconda strofa ricorda la millenaria storia di divisione politica dell’Italia a partire dalla caduta di Roma. Mameli sottolinea infatti che l’Italia all’epoca dei fatti,1848, era ancora divisa in tanti Stati.

Nella quarta strofa, Mameli ripercorre nei secoli la storia contro il dominio straniero. Anzitutto la battaglia di Legnano, in cui la lega Lombarda sconfisse Barbarossa (1176). Poi, l’estrema difesa di Firenze da parte di Francesco Ferrucci contro l’imperatore Carlo V (1530). Continua con il gesto eroico di Giambattista Perasso detto “Balilla” , il ragazzo quattordicenne genovese che con il lancio di una pietra diede inizio alla rivolta popolare di Genova contro gli austriaci il 5 Dicembre del 1746. Il verso “il suon di ogni squillo” significa campana. E’ la sera del 30 marzo 1282, tutte le campane chiamarono il popolo di Palermo all’insurrezione contro i francesi di Carlo D’Angiò nella battaglia dei Vespri Siciliani.

Nell’ultima strofa l’aquila rappresenta il simbolo degli Asburgo. L’Austria era in declino. Le spade vendute sono le truppe mercenarie deboli come giunchi. Insieme con la Russia (il Cosacco) l’Austria aveva smembrato la Polonia, che aveva subito l’aggressione austriaca come l’Italia. Ma il sangue dei due popoli oppressi si fa veleno che dilania il cuore della nera aquila d’Asburgo.L’immediatezza dei versi e l’impeto della melodia che tende a scandire molto bene le parole, ne fecero il più amato canto dell’unificazione non solo durante il periodo risorgimentale, ma anche nei decenni successivi. Non a caso Giuseppe Verdi nel suo Inno alle Nazioni del 1862 affidò proprio al Canto degli Italiani il compito di simboleggiare la nostra patria ponendolo accanto a “God Save the Queen” e alla

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“Marsigliese”. Fu quasi naturale che il 12 Ottobre 1946 l’Inno di Mameli divenisse l’inno nazionale della Repubblica Italiana.

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Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta,dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa.

Dov’è la Vittoria?Le porga la chioma, che schiava di Roma

Iddio la creò.Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte;

Siam pronti alla morte,Italia chiamò.

Noi fummo da secoli Calpesti, derisi, Perché non siam popolo, Perché siam divisi.Raccolgaci un’unica Bandiera, una speme;

Di fonderci insieme già l’ora suonò.

Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte; Siam pronti alla morte,

Italia chiamò.Uniamoci, amiamoci; L’unione e l’amore

rivelano ai popoli Le vie del Signore. Giuriamo far libero Il suolo natio: Uniti con Dio,Chi vincer ci può?

Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte; Siam pronti alla morte,

Italia chiamò.Dall’Alpe a Sicilia, Dovunque è Legnano;

Ogn’uom di Ferruccio Ha il core e la mano; I bimbi d’Italia

Si chiaman Balilla; Il suon d’ogni squilla I Vespri suonò.

Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte; Siam pronti alla morte,

Italia chiamò.Son giunchi che piegano

Le spade vendute;Già l’Aquila d’Austria le penne ha perdute.

Il sangue d’ItaliaE il sangue Polacco Bevè col Cosacco

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Ma il cor le bruciò.Stringiamoci a coorte! Siam pronti alla morte;

Siam pronti alla morte,Italia chiamò, Si!

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“una gente che libera tutta o fia serva tra l’Alpe ed il mare; una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor”

Alessandro Manzoni “Marzo 1821”

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