La Chiesa e la società italiana in età moderna e contemporanea

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Marco Martini La Chiesa e la società italiana in La Chiesa e la società italiana in La Chiesa e la società italiana in La Chiesa e la società italiana in età moderna e contemporanea età moderna e contemporanea età moderna e contemporanea età moderna e contemporanea EDIZIONI ISSUU.COM

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A. A. 1999/2000 - CONVEGNO DI STORIA: CORSO NAZIONALE DI AGGIORNAMENTO DI STORIA PER DOCENTI DI STORIA ORGANIZZATO DAL DIPARTIMENTO DI “STORIA MODERNA E CONTEMPORANEA” DELL’ UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA, DAL DIPARTIMENTO DI “STORIA” DELL’ UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE E DAL LICEO CLASSICO “ G. GALILEI “ DI PISA PER UN TOTALE DI 21 (VENTUNO) ORE, NEI GG. VEN. 25 (H. 14,00/20,00), SAB. 26 (H.9/14 E H.15/20), DOM. 27 (H.9/14) FEBBRAIO 2000. ESONERO MINISTERIALE DALL’INSEGNAMENTO - AUTORIZZAZIONI DEL PROVVEDITORATO AGLI STUDI DI LUCCA E DEL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE CON D.M. 28/10/1999. SCUOLA NORMALE SUPERIORE DI PISA

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Marco Martini

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EDIZIONI ISSUU.COM

- A. S. ED A. A. 1999/2000 -

CONVEGNO DI STORIA: CORSO NAZIONALE DI AGGIORNAMENTO DI STORIA PER DOCENTI DI STORIA NELLE

SCUOLE SECONDARIE SUPERIORI

ORGANIZZATO DAL DIPARTIMENTO DI “STORIA MODERNA E CONTEMPORANEA” DELL’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA, DAL DIPARTIMENTO DI “STORIA” DELL’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE E DAL LICEO CLASSICO “ G. GALILEI “ DI PISA PER UN TOTALE DI 21 (VENTUNO) ORE, NEI GG. VEN. 25 (H. 14,00/20,00), SAB. 26 (H.9/14 E H.15/20), DOM. 27 (H.9/14) FEBBRAIO 2000. ESONERO MINISTERIALE DALL’INSEGNAMENTO - AUTORIZZAZIONI DEL PROVVEDITORATO AGLI STUDI DI LUCCA E DEL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE CON D.M. 28/10/1999.

LA CHIESA E LA SOCIETA’ ITALIANA IN ETA’ MODERNA E CONTEMPORANEA

- ATTI DEL CONVEGNO -

I° MODULO

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VEN. 25 FEBBRAIO - H. 15,00/20,00 INTRODUZIONE AL CORSO DEL PROF. ADRIANO PROSPERI, ORDINARIO DI “STORIA MODERNA” ALL’UNIVERSITA’ DI PISA. Il tribunale dell’Inquisizione non è costituito solo da uomini sanguinari, ma ha una lunga storia, non comprensibile se scissa dalla plurisecolare storia della Chiesa, soprattutto in Italia. Tale storia implica processi economici, sociali, giuridici ancora in atto. G. Greco in La Chiesa in Italia nell’età moderna parla del rogo di Giordano Bruno, avvenuto in Campo dei Fiori a Roma, dopo il processo del Santo Uffizio; si sofferma anche sul “caso Galileo”. Anche la “cattolicissima Spagna” ed il Portogallo hanno avuto molti rapporti con il mondo ecclesiastico e l’Inquisizione, ma l’Italia presenta delle proprie peculiarità. In Italia, infatti, la Chiesa si radica perché risponde alle carenze della giustizia e soprattutto alla necessità di una giustizia interiore, come sottolineano lettere di padri cappuccini del ‘600. La popolazione invoca ed ottiene perdono; è fiduciosa in un mondo senza colpe. Il 20 settembre 1788 Pietro Leopoldo di Toscana abolisce il tribunale ecclesiastico di Firenze; il nunzio apostolico è ridotto al rango di ambasciatore non è più un giudice delegato dal papa, come prima. Paolo Prodi ha scritto Una storia della giustizia (Bologna, Il Mulino): di fatto, si tratta di una storia della Chiesa. Già nel VI° secolo la confessione viene considerata una “seconda tavola” di salvezza, dopo il battesimo. Colui che assolve il confessato assume un potere giuridico, conferitogli dal papa; non è un potere carismatico, ma giuridico; il prete è quindi un giudice, ha un potere delegato di tipo giurisdizionale. La Chiesa, tra Gregorio VII° e Bonifacio VIII°, persegue il riconoscimento di un potere giuridico. Innocenzo III trasferisce il concetto di “crimen” dal diritto romano al campo ecclesiastico come “delitto di lesa maestà”. Federico II° istituì il rogo per gli eretici, proseguendo così la linea di Innocenzo III°. Con Lutero nasce un nuovo diritto, quello della coscienza, che sfugge agli altri due poteri, quello della Chiesa e quello imperiale. Pietro Carnesecchi morì sul rogo come eretico, nel secondo ‘500: il suo gigantesco processo è conservato negli archivi. 1) R. BIZZOCCHI, ROMA E GLI STATI ITALIANI IN ETA’ MODERNA. Machiavelli, nei Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, ai capp, 1/12, sostiene la debolezza di Roma, che non è stata in grado di mettersi alla testa di un processo di unificazione politica; Montaigne sostiene che Roma è il punto di riferimento di ogni italiano. Tali tesi sono all’origine delle due grandi interpretazioni storiografiche italiane sul rapporto tra Roma e gli Stati italiani in Età moderna. Paolo Prodi nel suo testo Il sovrano pontefice sostiene che nella prima Età moderna lo Stato della Chiesa è stato il modello per la formazione degli Stati moderni. Tuttavia, altri storici hanno rivelato che la tesi di Prodi è carente, in quanto allo Stato della Chiesa mancano altri aspetti per essere assunto quale prototipo di Stato moderno, nonostante il notevole influsso della Chiesa sulla coscienza dei popoli. Nella tesi di Prodi, Riforma protestante luterana e Controriforma cattolica con il Concilio di Trento (1545-63) hanno avuto, in Italia, un ruolo marginale. Lutero, nelle note 95 tesi, dimostra uno spirito fortemente antiitaliano e ciò conferma l’italianizzazione della Curia. Nel 1659 il papa Alessandro VII° ordina che per accedere al grado minimo della burocrazia ecclesiastica bisogna essere nobili sia da parte paterna che materna e ciò segna l’alleanza fra trono ed altare. Il clero cardinalizio, nel ‘600 e nel ‘700, è sempre più legato alla nobiltà, come sostiene Franco Venturi in Settecento riformatore. Sismondi accusò la Controriforma di essere alla base della corruzione della Chiesa in Età moderna, soprattutto a causa dell’Indice dei libri proibiti. Vengono messi all’indice il Principe di Machiavelli e le opere di Erasmo da Rotterdam; viene impedita la lettura della Bibbia in volgare e si autorizza la sola lettura latina della Bibbia, la cui interpretazione è debitamente controllata dal magistero ecclesiastico, perché solo la Chiesa si arroga il potere di interpretare le Sacre Scritture. Adriano Prosperi, in Tribunale della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari (Torino, Einaudi, 1966) studia l’Inquisizione in Italia sottolineando come l’Inquisizione, più che un tribunale di sanguinari, diventa, nel secondo ‘500 e

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nel ‘600, uno strumento di controllo capillare dei comportamenti, in modo particolare dei giovani. Studia il reato di bestemmia, inteso non come volontà di sfidare la divinità, ma come comportamento di una persona irrequieta, che va controllata come si controllano canti, filastrocche, teatri popolari, che intenderebbero sviluppare una coscienza italiana laica.

II° MODULO - SAB. 26 FEBBRAIO - H. 9,00/14,00. 1) ANNA SCATTIGNO (PROFESSORE ASSOCIATO DI “STORIA DELLA CHIESA”, UNIVERSITA’ DI PISA), IL CONCILIO VATICANO II°. Le diocesi metropolitane sono maggiormente servite dagli ordini religiosi, cioè dal clero regolare, e non secolare. La “Chiesa delle opere”, delle missioni, nel tardo Medioevo e nell’età moderna, è perlopiù sostenuta non dal clero, né secolare, né regolare, ma dalle religiose: rappresenta un punto di contatto notevole con il mondo; è la “Chiesa invisibile”. E’ una Chiesa femminile rilevante sul piano numerico, ma poco importante sul piano simbolico. L’immagine della Chiesa è quindi molto variegata ed in via di trasformazione. La “Gaudium et Spes” del 1965 affronta il problema della secolarizzazione. L’annuncio del Concilio Vaticano II° fu fatto nel gennaio 1959 da papa Giovanni XXIII°, eletto pontefice nel conclave del 1958. L’intento del Concilio Vaticano II° era quello di traghettare la Chiesa verso una radicale modifica, anche se questo intento fallì. Giovanni XXIII° è noto come “vescovo di Roma”, visita le parrocchie, i quartieri popolari, il carcere di Regina Coeli; era di origine semplice e contadina. E’ un segno di rottura con il precedente papa Pio XII°, un papa che esercitò da solo il potere pontificio. Giovanni XXIII° presiede il Concilio ed interviene autorevolmente, in modo rivoluzionario sulla prassi della Chiesa. Uno dei temi più rilevanti del Concilio è quello dei poveri; un altro tema importante è quello del rapporto tra ebrei e cristiani. I cardinali Siri, Ottaviani e Ruffini, intransigenti tradizionalisti, ostacoleranno i lavori del Concilio ed accuseranno il papa di modernismo. Le chiese cristiane, protestanti ed ortodosse ed il patriarcato di Mosca partecipano, nel 1962, all’apertura dei lavori del Concilio. Nel 1961 l’enciclica “Mater et Magistra”, la più nota di Giovanni XXIII°, coincide con la data della costruzione del muro di Berlino; il Concilio si apre in questo clima di anni difficili: nel 1962 si verifica la crisi di Cuba, seguiranno l’apertura della D. C., le fasi di Fanfani e di Moro, i preti operai, mentre è grave ancora, in Italia, la questione sociale. Il cardinal Lercaro fu una delle più note figure del Concilio. Nel 1963 esce la “Pacem in terris” di Giovanni XXIII°, un documento fondamentale del Concilio, in cui si condanna duramente la guerra; è un’idea coerente del secondo dopoguerra mondiale, perché nell’era atomica si teme la distruzione del genere umano; non è più proponibile l’idea della “guerra giusta”. Come sosteneva Kennedy riprendendo Isaia, ci vuole “l’aratro, non la spada”. Giovanni XXIII° muore nel 1963: aveva indubbiamente aperto una nuova fase nella storia della Chiesa e nei rapporti di questa con il mondo. Viene minata la cultura dell’intransigenza, come era successo con la Rivoluzione francese e la questione romana nel Risorgimento. La cultura dell’intransigenza è tornata alla ribalta con la caduta del muro di Berlino, il crollo delle ideologie, il papa Giovanni Paolo II°, anche se sembrava tramontata con il Concilio Vaticano II° di papa Giovanni. Paolo VI°, ossia papa Montini, figlio di un aderente al partito popolare di don Luigi Sturzo, portò il Concilio dal 1963 alla sua conclusione, nel 1965, dopo un’esperienza alla segreteria di Stato con Pio XII°; Paolo VI° intervenne decisamente sul Concilio, ristabilendo l’immagine di una Chiesa giuridica e strutturata gerarchicamente. Le riforme strutturali della Chiesa e la sua internazionalizzazione sono di Paolo VI°. Altri storici sostengono che il protagonista del Concilio fu invece Paolo VI° e non papa Giovanni.

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2) MARIO ROSA (DOCENTE DI “STORIA MODERNA” PRESSO LA “SCUOLA NORMALE SUPERIORE” DI PISA), IL MONDO DELLE DEVOZIONI.

L’Europa cristiana, tardomedievale e moderna, ma anche contemporanea, vede la nascita ed il consolidamento del “mondo delle devozioni” nell’Occidente cristiano: anche in questo contesto nasce l’età moderna e si consuma la Riforma protestante. In quest’ottica si sviluppano l’attività missionaria dei gesuiti e l’opera dei cappuccini. Con le devozioni, nell’età moderna, nasce un mondo di simboli, ancora presente nell’età contemporanea. La Chiesa moderna è una Chiesa rinnovata con la Riforma ed in espansione, con l’attenzione verso le Americhe e l’Oriente; è una Chiesa basata sulla catechesi e la pratica religiosa, ossia la “devozione”. Si vuole manifestare, con le devozioni, la fede: si partecipa alla Messa ed al sacramento dell’eucarestia. Si vuole creare il “buon cristiano”. Si diffondono semplici libri di preghiera, facili da memorizzare, anche se non mancano strumenti elevati di devozione, come L’imitazione di Cristo. Il “fervore spirituale”, la pratica, è la “devozione”. I punti di riferimento del mondo devozionale sono l’eucarestia, che come adorazione del Signore rappresenta una risposta al protestantesimo; le “quarant’ore” si sviluppano nel ‘500 e nel ‘600, soprattutto nel periodo carnevalizio, come profonda forma devozionale di penitenza di fronte al peccato. Nel ‘700, con Ludovico Antonio Muratori, si cerca di regolare questi eccessi di devozioni. Il culto mariano, come forma di devozione, porterà, nell’ Ottocento, con Pio IX°, al dogma dell’Immacolata Concezione. Nel 1672 la Repubblica di Genova istituisce la festa del nome di Maria; tale festa viene estesa a tutta la Chiesa nel 1683, data che segna la fine dell’assedio dei Turchi a Vienna; è la vittoria cristiana sul mondo islamico, secolare nemico della cristianità. Il mondo occidentale è fortemente legato al culto mariano, ancora oggi, con Giovanni Paolo II° ed il santuario della “Madonna Nera” di Czestochowa. Maggio è il mese mariano perché Maria protegge i raccolti; nel mese di maggio, nell’area danubiana, i cristiani si m muovevano contro gli Ottomani e necessitavano della protezione della Madonna. Nell’ambiente claustrale si contempla e si medita, a livello più intellettuale, su Maria e sulla passione di Cristo. Nel ‘600, in tali ambienti, si sviluppa il culto di Gesù Bambino e ciò testimonia la sensibilità verso l’infanzia. Nelle chiese del ‘600 e del ‘700 si costruiscono e si venerano molto le reliquie. La devozione non dev’essere solo esteriorizzata, ma dev’essere anche “sensibile al cuore”, cioè “interiore”; questo secondo aspetto delle devozioni si sviluppa nel ‘600 e nel ‘700, come sostiene Pascal. Un altro aspetto importante del mondo devozionale è la devozione ai santi, nel ‘600, con Urbano VIII°. Nel Medioevo il santo era il taumaturgo, colui che compiva miracoli (cfr. M. Bloch, I re taumaturghi), con la Controriforma il santo è il martire; nei Paesi Bassi ed in Inghilterra ci sono martiri cattolici uccisi dai protestanti, spesso dagli Ugonotti. Nel ‘600 e nel ‘700 i santi sono i missionari che vengono uccisi in Giappone ed in Oriente. Accanto a queste grandi forme di devozione ce ne sono altre, più modeste, con un significato protettivo, tra la fine del ‘600 ed il primo ‘700, come la “devozione al sacro cuore di Gesù”; si pensi a San Filippo Neri (il cuore con una fiamma è il simbolo dell’amore) ed a San Francesco di Sales (il cuore con una spada è il simbolo della sofferenza). In Francia, i vandeani, con il sacro cuore, rispondono alla Rivoluzione e negli anni 1880-90, a Montmartre, con la Chiesa del Sacro Cuore, i francesi cercano protezione dalla Terza Repubblica. Il “Sacro Cuore” è quindi il simbolo della risposta cristiana all’eresia. Nelle campagne del Settecento e dell’Ottocento le pratiche religiose sono sempre più importanti: è il modello rurale delle parrocchie, che nell’Ottocento sarà trasferito nelle città. III° MODULO-

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SAB. 26 FEBBRAIO - H. 15,00-20,00. 1) G. GRECO, I BENEFICI ECCLESIASTICI NELLA VITA SOCIALE. Il concetto di “beneficio ecclesiastico” è da noi lontanissimo; in quanto tale, è un ufficio sacro, ma è stato fondato su un patrimonio, come le decime che i contadini dovevano pagare alla Chiesa. Tale “beneficium” si ritrova nell’età feudale e nella lotta per le investiture tra papato ed impero. Al concetto di beneficio ecclesiastico, che oggi non esiste più, si affianca quello di giuspatronato. Ci sono benefici notevoli, come l’investitura, e benefici semplici, derivati dalle offerte durante la messa. Nella Pisa della fine del ‘500 si registrano più di 200 uffici, considerando le parrocchie, atti a raccogliere benefici su una popolazione di 10000 persone. Tali uffici avevano dei patrimoni. Si distinguono un patronato laicale pubblico ( i dogi di Venezia, ad esempio), un patronato ecclesiastico (come l’Ospedale di Santa Chiara a Pisa o la Pia Casa di Misericordia), un patronato locale privato (costituito dalle famiglie nobili, dai terreni e dalle “doti”). Grazie alla rinuncia dei beneficiari, alcune persone si trovano cariche di benefici e titoli. Su questa logica si costruiscono anche le grandi banche, come il “Banco dei Medici” nel Rinascimento. Si emanano leggi, a Firenze, che impediscono ai chierici stranieri di ottenere benefici, durante il primo ‘400, eccezion fatta per i parenti o i raccomandati del papa Niccolò V°. Alla fine del ‘400 si verifica la crisi degli Stati regionali italiani ed il conseguente conflitto franco-asburgico, iniziato con l’invasione, nel Ducato di Milano, di Carlo VIII° di Francia, nel 1494; solo Venezia non risentì di tale crisi. Cosimo I° de’ Medici a Firenze difende i giuspatronati privati, nel primo ‘500; vengono espropriati dal patronato solo gli eretici o i nemici personali di Cosimo I°; le famiglie si tutelavano rappresentando, nel proprio seno, tutti i partiti, mediceo, strozziano, filofrancese, filospagnolo. Cosimo I° stabilì inoltre il diritto del principe di gestire il giuspatronato laicale pubblico. Le guerre d'Itali’, tra la fine del '400 e‘ il primo '500, insanguinano le campagne e distruggono le parrocchie; terminato il conflitto, si ricostruiscono le parrocchie, che diventano così nuovi micropatronati. Solo con Pietro Leopoldo di Toscana, riformatore illuminato, nel ‘700, si aboliscono i benefici ecclesiastici “in toto”, che vengono venduti ai privati laici. Tale riforma è presente nella politica ecclesiastica napoleonica. Ritorna nel Risorgimento, con i liberali ed i monarchici, come Cavour, Bettino Ricasoli, Vittorio Emanuele II°, che accusano la Chiesa di aver tradito i patrioti nella prima guerra d’indipendenza del 1848-49; in quest’ottica s’inseriscono le leggi Siccardi del 1852. Si vuole punire la Chiesa e tale necessità è più espressa dalla borghesia liberale che non dai garibaldini rivoluzionari. Dalla seconda metà dell’Ottocento nasce una nuova Chiesa, fondata su una precisa gerarchia, precedentemente assente, ai tempi dei benefici ecclesiastici e dei patronati, oggi definitivamente tramontati. 2) A. BANTI, LA CHIESA ED IL RISORGIMENTO. Nel 1834 si pubblica Del primato morale e civile degli italiani di Vincenzo Gioberti: il primato deriva dal centro della cattolicità. La soluzione della questione nazionale può avvenire mediante un federalismo degli Stati italiani presieduto dal papa. La proposta di Gioberti è debole su due fronti: 1)non considera la presenza degli Austriaci nel Lombardo-Veneto e 2) il papa Gregorio XVI° è disinteressato alla questione nazionale. Nel giugno 1946 viene eletto Pio IX°: concede l’amnistia ai prigionieri politici ed attua varie riforme. E’ considerato un “papa illuminista”. Nei primi mesi del 1848 invia un contingente di truppe nella prima guerra d’indipendenza; Pio IX° sembra essere il papa desiderato dal progetto politico neoguelfo di Gioberti. Con l’allocuzione del 29 aprile 1848 Pio IX° ritira le truppe pontificie, sostenendo di non poter combattere una guerra contro uno Stato cattolico come l’Austria. L’ipotesi neoguelfa entra in crisi in questo momento. Letteratura, musica ed arti figurative non sono indenni, nel Risorgimento, da un’enfasi retorica. Molti preti e vescovi partecipano alla prima guerra d’indipendenza. Dal 1843 al 1849 nasce ed entra in crisi, nello stesso tempo, un progetto politico, il neoguelfismo. I progetti politici, nel Risorgimento, sono presentati in vista di un progetto collettivo: la creazione di uno stato nazionale unitario. In nome di un soggetto sentito come astratto, quello della nazione italiana, si mobilitano

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intere masse ed intellettuali. L’obiettivo dell’unità nazionale diventa una sorta di religione civile degli italiani. Berchet, Manzoni, Foscolo, in parte Leopardi, Vincenzo Cuoco, Mazzini, Gioberti, Cattaneo, D’Azeglio, Balbo sono i grandi autori della letteratura risorgimentale, le cui opere hanno convinto la gente a aderire ad un movimento eversivo, quale il Risorgimento: è possibile parlare di politica solo in clandestinità. Nella musica si ricordi Giuseppe Verdi. La figura dell’eroe nazionale ha caratteri molto ricorrenti nella letteratura del Risorgimento: è un guerriero, come Ettore Fieramosca o Francesco Ferruccio, che combatte per la libertà della propria patria, che è l'Italia. L’eroe, alla fine del romanzo, muore e la sua morte è una “morte teatrale”, non si nasconde agli occhi della gente. Il traditore, nella letteratura risorgimentale, è l’antitesi dell’eroe, che trama nell’ombra; è un vile che crea “suspence” ed è per questo importante. Maramaldo è il traditore che uccide Ferruccio (“Tu uccidi un uomo morto” sono le parole che Ferruccio pronuncia a Maramaldo in punto di morte), come narra Guerrazzi; Ferruccio si avvolge, morente, nello stendardo austriaco, macchiandolo di sangue e morendo così felice. Altro personaggio della letteratura risorgimentale è l’eroina, essere di una purezza virginea. Laudomia de’ Lapi è un’eroina del Risorgimento. Si può parlare, in letteratura e nella pittura di Hayez, di mitologia risorgimentale. Il seno scoperto della donna, nella pittura di Hayez, rappresenta la disponibilità della donna pura ad “allattare la patria”. La triade eroe-traditore-eroina corrisponde, nell’ecclesiologia, alla triade cristiana Cristo-caduta con il peccato-risurrezione. Risorgimento significa risurrezione dopo la caduta, è l’eroina, come evidenzia Pietro Giannone in L’esule (1829). Il traditore, nel linguaggio ecclesiastico, è Giuda; non a caso il traditore è definito un “Giuda” nel linguaggio comune e nel Risorgimento. L’eroina, la donna nazionale, deriva molto, nella purezza, da Maria Vergine. Gli intellettuali del Risorgimento propongono un affratellamento universale dell’umanità: è la fraternità neogiacobina che corrisponde alla fratellanza cattolica, ben lontana dall’idea particolaristica dell’unità nazionale. Manzoni e Silvio Pellico tentano una conciliazione delle idee universali con il particolarismo nazionale. L’allocuzione di Pio IX° ricerca questa universalità e cerca di superare una visione particolaristica; è un “gioco di specchi” tra Chiesa e Risorgimento. Pio IX° risolve il problema allontanandosi dal movimento risorgimentale. Nel 1870, con la breccia di Porta Pia, Roma viene presa: la sfaldatura aperta con l’allocuzione del 29 aprile assume proporzioni gigantesche, perché Pio IX° emana il “non expedit”, uscendo dalla scena politica. IV° MODULO- DOM. 25 FEBBRAIO - H. 9,00-14,00 1) M. LUZZATTI, CRISTIANI ED EBREI. L’ Atlante storico del popolo ebraico (Zanichelli, Bologna) ripercorre le tappe principali della storia ebraica. Quando si affermano il cristianesimo prima e l’islamismo poi, l’ebraismo ha già una lunga tradizione di “minoranza”. Quando si afferma il cristianesimo, gli Ebrei non occupavano più solo la Palestina, ma erano già presenti nel Mediterraneo. Si può già parlare di “antisemitismo”, anche se questo termine viene coniato solo nell’Ottocento. La società medievale è una società profondamente cristiana. Molti ebrei non rinunciano alla propria fede ed accettano il martirio, anche se gli Ebrei cercano di sopravvivere fisicamente, per far sopravvivere la religione. Per questo motivo gli Ebrei trattano costantemente con i cristiani ed i musulmani e ricorrono spesso all’uso del denaro. Accusati dai tribunali ecclesiastici o laici, gli ebrei diventano espertissimi nel diritto, soprattutto nella Venezia del Seicento: in questo contesto gli Ebrei entrano negli apparati giudiziari. Anche questo è uno strumento per sopravvivere. Durante le crociate moltissimi ebrei vengono massacrati: possono salvarsi solo se si convertono al cristianesimo. Di fronte al rifiuto, gli ebrei vengono uccisi. Molti altri ebrei, invece, si convertono, soprattutto durante il ‘400. Nel 1492 gli ebrei non convertiti, in Spagna, vengono espulsi dal Paese; questo spiega il continuo nomadismo del popolo ebraico. I cristiani, fin dai tempi di Agostino, sono contrari all’espulsione degli ebrei, che devono convivere con i cristiani; tuttavia la società deve

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anche vedere palesemente che gli ebrei non hanno creduto in Cristo; i cristiani pongono comunque, quindi, gli ebrei in una situazione di inferiorità e di vergogna. La Chiesa ortodossa, nei confronti degli ebrei, è decisamente più polemica rispetto alla Chiesa di Roma. Fino alla metà del ‘500 gli ebrei sono veri cittadini romani; solo da allora in poi si apre il ghetto. La Chiesa romana, nel suo atteggiamento verso gli ebrei, segue la tesi agostiniana. Nel Medioevo, l’Italia meridionale è molto popolata di ebrei rispetto al centro-nord; Lucca e Pisa sono le città con un numero minore di ebrei. Solo nel Rinascimento si stanziano nel centro-nord. Nel 1542 gli ebrei vengono espulsi dall’Italia meridionale, passato sotto il dominio spagnolo. Fin dalla metà del ‘400 gli ebrei sono accusati di usura. In quanto usurai, gli ebrei vengono espulsi perché considerati pericolosi nella società. Si può tuttavia sostenere che in Italia, nel ‘500, c’è una generale accettazione degli ebrei, a differenza degli altri Paesi europei. Nel 1497 arriva a Lucca un bravo medico ebreo proveniente da Toledo; i lucchesi chiedono al papa Niccolò V° un’autorizzazione, solo verbale, per farsi curare dal medico ebreo, ma il papa rispose negativamente, nonostante il medico fosse bravissimo ed al papa fosse stato detto che il medico non preparava le medicine, limitandosi a redigere le ricette. E’ una chiara traccia, in pieno Umanesimo, di antisemitismo. L’Inquisizione, invece, non tocca gli ebrei, a meno che questi non ostacolino il cristianesimo. Comunque, in Spagna, nel ‘500, c’è una forte pregiudiziale nei confronti di cristiani di origine ebraica. A Lucca, città cattolicissima, gli ebrei, anche socialmente elevati, sono considerati “malae famae” e non “bonae famae” perché non credono in Cristo. Gli ebrei vengono, anche ingiustamente, accusati del reato di bestemmia. Nelle università medievali, lo studente ebreo deve portare il berretto giallo, a differenza del tradizionale berretto nero. La Chiesa, in conclusione, può essere accusata di antigiudaismo, ma non di antisemitismo. L’antisemitismo conosce due forme, una orientata nelle società dopo l’ ”ancien regime”, l’altra esplode tragicamente nella “Shoa” durante la seconda guerra mondiale, con la “soluzione finale”, ovvero il tentativo di eliminare fisicamente un’intera etnia.

PROGRAMMA DEL CORSO

I° MODULO - VEN. 25 FEBBRAIO H. 14,00/20,00

1) A. PROSPERI, INTRODUZIONE AL CORSO

2) R. BIZZOCCHI, ROMA E GLI STATI ITALIANI IN ETA’ MODERNA II° MODULO - SAB. 26 FEBBRAIO H. 9,00/14,00 1) A. SCATTIGNO, IL CONCILIO VATICANO II° 2) M. ROSA, IL MONDO DELLE DEVOZIONI III° MODULO - SAB. 26 FEBBRAIO H. 15,00/20,00 1) G. GRECO, I BENEFICI ECCLESIASTICI NELLA VITA SOCIALE 2) A. BANTI, LA CHIESA E IL RISORGIMENTO IV° MODULO - DOM. 27 FEBBRAIO H. 9,00/14,00 1) M. LUZZATTI, CRISTIANI ED EBREI