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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLVII n. 226 (47.660) Città del Vaticano lunedì-martedì 2-3 ottobre 2017 . y(7HA3J1*QSSKKM( +/!#!z!"!@! NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Eccellenza il Signor Gerardo Ángel Bugallo Ottone, Amba- sciatore di Spagna, per la pre- sentazione delle Lettere Cre- denziali. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Eccellenza Monsignor Chri- stophe Pierre, Arcivescovo ti- tolare di Gunela, Nunzio Apostolico negli Stati Uniti d’America. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza il Signor Noel Diaz, con la Consorte e i Figli. Erezione di Diocesi e relativa Provvista Il Santo Padre ha elevato a Diocesi il Vicariato Apostolico di Francistown (Botswana), rendendola suffraganea della Sede metropolitana di Pretoria (Sud Africa). Il Papa ha nominato primo Vescovo della Diocesi di Fran- cistown (Botswana) Sua Eccel- lenza Monsignor Frank Atese Nubuasah, S. V .D., attuale Vica- rio Apostolico della medesima Sede. Durante la visita a Cesena e a Bologna il Pontefice invita a superare ogni forma di egoismo e rinnova l’appello all’accoglienza La Chiesa è di tutti Aprire corridoi umanitari per evitare la tragedia dei migranti inghiottiti dal deserto o dal mare Elogio della politica Tra i tanti temi della visita del Papa a Cesena e a Bologna spicca senz’altro l’attenzione alla politica e un suo elogio alto e realista nel- lo stesso tempo. Non nuovo nel Pontefice, ma che ha legato tra loro i momenti diversi del viag- gio, dall’importante prologo nella cittadina romagnola agli appunta- menti bolognesi. Grazie a parole e riflessioni che Francesco ha dichiarato, parlando al mondo del lavoro davanti a San Petronio, valide «per l’Italia nel suo insieme e per l’intera Eu- ropa». Come anche il dialogo con le comunità religiose nelle due cattedrali e l’omelia finale vanno ben al di là dei confini della re- gione. Territorio ristretto che nel giro di un sessantennio, dal 1769 al 1830, ha espresso ben cinque Pontefici, mentre due secoli più tardi la progressiva crescita mon- diale della Chiesa ha portato alla successione, dal 1978, di tre vesco- vi di Roma non più italiani. In un contesto dove in Italia e in Europa si moltiplicano i parti- colarismi, spesso miopi, a Cesena, che a due dei Papi sopra ricordati ha dato i natali, Bergoglio ha così parlato dell’importanza di un «luogo emblematico» come la piazza. Là dove i desideri dei gruppi «vanno armonizzati con quelli della collettività», dove è «essenziale lavorare tutti insieme per il bene comune», dove è ne- cessaria una politica «buona». Precisando che questa politica non è «quella asservita alle ambi- zioni individuali o alla prepoten- za di fazioni o centri di interessi», con il realismo, al tempo dell’an- tipolitica, di chi «sa che anche la migliore classe dirigente non può risolvere in un baleno tutte le questioni». E la stessa tradiziona- le passione politica romagnola è servita al Pontefice per incorag- giare, di fronte allo strapotere fi- nanziario e mediatico, la riscoper- ta di «questa dimensione essen- ziale della convivenza civile», ma per «far prevalere il bene del tut- to su quello di una parte». E l’attenzione alla dimensione politica ha percorso l’incontro, non a caso il primo delle ore bo- lognesi, con centinaia di migranti che il Papa ha voluto salutare fer- mandosi con ognuno sotto una pioggerella fredda e insistente. A conferma della lungimiranza con cui guarda alla questione migrato- ria. Il fenomeno delle migrazioni infatti «richiede visione e grande determinazione nella gestione, in- telligenza e strutture, meccanismi chiari che non permettano distor- sioni o sfruttamenti, ancora più inaccettabili perché fatti sui pove- ri» ha detto Bergoglio. Che ha poi chiesto ai migranti di essere aperti alla cultura di una città tra- dizionalmente ospitale e di «cam- minare sulla strada indicata dalle leggi» italiane. La politica alta è infine tornata nell’incontro con l’università, luo- go identitario per Bologna, dove il Papa ha parlato ancora una vol- ta dei «sogni coraggiosi» dei fon- datori dell’Europa unita. In nome dei milioni di morti vittime dei conflitti, come esplicitamente di- chiarò alle Nazioni unite Paolo VI, le cui parole sono state ripetu- te dal suo successore («mai più la guerra, mai più contro gli altri, mai più senza gli altri»), che ha condannato con forza «chi fabbri- ca violenza, alimentando la corsa alle armi e calpestando la pace con gli affari». g.m.v. Il dolore del Papa per le vittime del massacro Cinquanta morti e centinaia di feriti a Las Vegas Appelli al dialogo in Catalogna Si inasprisce il confronto dopo la giornata del referendum Le credenziali dell’ambasciatore di Spagna PAGINA 2 Nel pomeriggio gli ultimi due ap- puntamenti con la comunità bolo- gnese: nella cattedrale di San Pietro per salutare sacerdoti, religiosi e se- minaristi e ricordare loro, in partico- lare, che la diocesanità è «il nocciolo della spiritualità della vita del pre- sbitero»; e infine allo stadio Dall’Ara per la messa celebrata in vi- sta della conclusione del congresso eucaristico diocesano e caratterizzata da una triplice consegna affidata dal Pontefice alla Chiesa felsinea: la pa- rola, il pane e i poveri. PAGINE DA 6 A 11 MADRID, 2. «La violenza in Catalo- gna è deplorevole. Dobbiamo trova- re una via pacifica e democratica per uscire dalla situazione che stiamo vi- vendo». Con queste parole l’arcive- scovo di Barcellona, cardinale Juan José Omella, ha chiesto che si torni al dialogo nella regione spagnola dove ieri si è tenuto tra i disordini il referendum per l’indipendenza. Una consultazione che il governo centrale di Madrid ha cercato di bloccare mobilitando le forze dell’ordine. Unendosi all’appello alla pace lan- ciato dall’arcivescovo di Tarragona, Jaume Pujol Balcells, il cardinale ha espresso preoccupazione per una cri- si che rischia di aggravarsi per il confronto molto acceso tra Carles Puigdemont, presidente della Gene- ralitat, e il capo del governo spagno- lo, Mariano Rajoy. Mentre le autori- tà di Barcellona sembrano decise a proclamare unilateralmente l’indi- pendenza, Madrid ribadisce infatti che la consultazione è incostituzio- nale e priva di qualsiasi fondamento giuridico. Ieri la polizia spagnola è interve- nuta in centinaia di seggi elettorali per impedire lo svolgimento del re- ferendum. Molti i feriti nei tafferugli che sono seguiti. Secondo gli orga- nizzatori, alle urne si sono recate ol- tre due milioni di persone, il 42,3 per cento degli aventi diritto. Oltre il 90 per cento dei votanti hanno ri- sposto sì al quesito «vuoi che la Ca- talogna diventi uno stato indipen- dente in forma di repubblica?», an- che se mancano conferme indipen- denti e certe sull’adesione al voto mentre divampano le polemiche su possibili brogli e sull’uso spregiudi- cato di notizie e immagini false. Il leader catalano ha sostenuto che la regione «si è guadagnato il diritto a essere uno stato indipen- dente» e ha annunciato che trasmet- terà al parlamento locale il risultato della consultazione in modo che lo applichi. Ma Puigdemont si è anche rivolto all’Unione europea (Ue) che ha sempre sottolineato l’intenzione di rispettare l’ordine costituzionale del paese. «La situazione che si è creata in Catalogna a causa di in- transigenza e repressione non è una questione interna. È una questione di interesse europeo» ha detto. Il portavoce del governo spagno- lo, Íñigo Méndez de Vigo, ha da parte sua ribadito che l’Ue non rico- noscerà un’eventuale dichiarazione unilaterale di indipendenza della Catalogna, perché «per l’Europa si- gnificherebbe un pasticcio» di enor- mi proporzioni. Una simile presa di posizione da parte del parlamento catalano, ha aggiunto, «non avrebbe alcun effetto politico o giuridico». Entrambi i leader hanno fissato incontri. Rajoy — secondo il quale ieri non ha avuto luogo nessun refe- rendum — vede i leader del Partito socialista e di Ciudadanos, Pedro Sánchez e Albert Rivera, il quale ha già chiesto di attivare l’articolo 155 della costituzione per sospendere l’autonomia catalana. Puigdemont da parte sua ha convocato una riu- nione del governo locale per prepa- rare le prossime mosse sulla strada dell’indipendenza. Nella mattina di lunedì 2 ottobre Papa Francesco ha ricevuto in udienza Sua Eccellenza il Signor Gerardo Ángel Bugallo Ottone nuovo ambasciatore di Spagna in occasione della presentazione delle lettere con cui viene accreditato presso la Santa Sede Oggi il numero di ottobre «donne chiesa mondo» IN ALLEGATO L’appello al buon governo della cit- tà, la denuncia del tarlo della corru- zione, l’invito al dialogo tra anziani e giovani, la critica alla mondanità spirituale. Nelle due ore trascorse a Cesena domenica mattina, 1 ottobre, Papa Francesco ha ripreso e rilancia- to alcuni dei temi più cari al suo pontificato. Con la raccomandazio- ne, rivolta all’intera comunità civile e religiosa della città romagnola, di ri- scoprire i valori e le passioni che in passato hanno animato la sua ricca storia. «Date il vostro contributo, pronti a far prevalere il bene del tutto su quello di una parte» ha det- to ai fedeli riuniti in piazza del Po- polo, riproponendo poi, durante l’incontro nella cattedrale di San Giovanni Battista, l’urgenza delle sfide della famiglia, dei giovani, dell’educazione. Temi, questi, ritornati con forza durante la successiva visita a Bologna, dove il Pontefice ha trascorso il resto della gior- nata domenicale. Comin- ciando il suo itinerario con la lunga sosta nell’hub re- gionale, dove sono accolti immigrati, profughi e resi- denti asilo. Un momento di solidarietà e di condivi- sione, che ha offerto al Papa l’occasione per riba- dire che il fenomeno dell’emigrazione «richiede visione e grande determi- nazione nella gestione, in- telligenza e strutture, mec- canismi chiari che non per- mettano distorsioni o sfrutta- menti, ancora più inaccettabili perché fatti sui poveri». E di povertà Francesco ha parlato anche nei successivi incontri che hanno concluso la mattinata: in piazza Maggiore, dove ha avvertito che «non si offre vero aiuto ai pove- ri senza che possano trovare lavoro e dignità», e quindi nella basilica di San Petronio, dove si è fermato a pranzare con un migliaio di anziani, rifugiati, senza fissa dimora, carcera- ti, disabili ed ex tossicodipendenti. «La Chiesa è di tutti, particolarmen- te dei poveri» ha sottolineato, riba- dendo ancora una volta la necessità di «superare ogni forma di egoismo per accedere alla gioia dell’acco- glienza reciproca». I primi soccorsi alle vittime della strage a Las Vegas (Afp)

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLVII n. 226 (4 7. 6 6 0 ) Città del Vaticano lunedì-martedì 2-3 ottobre 2017

.

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NOSTREINFORMAZIONI

Il Santo Padre ha ricevutoquesta mattina in udienza SuaEccellenza il Signor GerardoÁngel Bugallo Ottone, Amba-sciatore di Spagna, per la pre-sentazione delle Lettere Cre-denziali.

Il Santo Padre ha ricevutoquesta mattina in udienza SuaEccellenza Monsignor Chri-stophe Pierre, Arcivescovo ti-tolare di Gunela, NunzioApostolico negli Stati Unitid’America.

Il Santo Padre ha ricevutoquesta mattina in udienza ilSignor Noel Diaz, con laConsorte e i Figli.

Erezione di Diocesie relativa Provvista

Il Santo Padre ha elevato aDiocesi il Vicariato Apostolicodi Francistown (Botswana),rendendola suffraganea dellaSede metropolitana di Pretoria(Sud Africa).

Il Papa ha nominato primoVescovo della Diocesi di Fran-cistown (Botswana) Sua Eccel-lenza Monsignor Frank AteseNubuasah, S.V.D., attuale Vica-rio Apostolico della medesimaSede.

Durante la visita a Cesena e a Bologna il Pontefice invita a superare ogni forma di egoismo e rinnova l’appello all’accoglienza

La Chiesa è di tuttiAprire corridoi umanitari per evitare la tragedia dei migranti inghiottiti dal deserto o dal mare

Elogiodella politica

Tra i tanti temi della visita delPapa a Cesena e a Bologna spiccasenz’altro l’attenzione alla politicae un suo elogio alto e realista nel-lo stesso tempo. Non nuovo nelPontefice, ma che ha legato traloro i momenti diversi del viag-gio, dall’importante prologo nellacittadina romagnola agli appunta-menti bolognesi.

Grazie a parole e riflessioni cheFrancesco ha dichiarato, parlandoal mondo del lavoro davanti aSan Petronio, valide «per l’Italianel suo insieme e per l’intera Eu-ropa». Come anche il dialogo conle comunità religiose nelle duecattedrali e l’omelia finale vannoben al di là dei confini della re-gione. Territorio ristretto che nelgiro di un sessantennio, dal 1769al 1830, ha espresso ben cinquePontefici, mentre due secoli piùtardi la progressiva crescita mon-diale della Chiesa ha portato allasuccessione, dal 1978, di tre vesco-vi di Roma non più italiani.

In un contesto dove in Italia ein Europa si moltiplicano i parti-colarismi, spesso miopi, a Cesena,che a due dei Papi sopra ricordatiha dato i natali, Bergoglio ha cosìparlato dell’importanza di un«luogo emblematico» come lapiazza. Là dove i desideri deigruppi «vanno armonizzati conquelli della collettività», dove è«essenziale lavorare tutti insiemeper il bene comune», dove è ne-cessaria una politica «buona».

Precisando che questa politicanon è «quella asservita alle ambi-zioni individuali o alla prepoten-za di fazioni o centri di interessi»,con il realismo, al tempo dell’an-tipolitica, di chi «sa che anche lamigliore classe dirigente non puòrisolvere in un baleno tutte lequestioni». E la stessa tradiziona-le passione politica romagnola èservita al Pontefice per incorag-giare, di fronte allo strapotere fi-nanziario e mediatico, la riscoper-ta di «questa dimensione essen-ziale della convivenza civile», maper «far prevalere il bene del tut-to su quello di una parte».

E l’attenzione alla dimensionepolitica ha percorso l’i n c o n t ro ,non a caso il primo delle ore bo-lognesi, con centinaia di migrantiche il Papa ha voluto salutare fer-mandosi con ognuno sotto unapioggerella fredda e insistente. Aconferma della lungimiranza concui guarda alla questione migrato-ria. Il fenomeno delle migrazioniinfatti «richiede visione e grandedeterminazione nella gestione, in-telligenza e strutture, meccanismichiari che non permettano distor-sioni o sfruttamenti, ancora piùinaccettabili perché fatti sui pove-ri» ha detto Bergoglio. Che hapoi chiesto ai migranti di essereaperti alla cultura di una città tra-dizionalmente ospitale e di «cam-minare sulla strada indicata dalleleggi» italiane.

La politica alta è infine tornatanell’incontro con l’università, luo-go identitario per Bologna, doveil Papa ha parlato ancora una vol-ta dei «sogni coraggiosi» dei fon-datori dell’Europa unita. In nomedei milioni di morti vittime deiconflitti, come esplicitamente di-chiarò alle Nazioni unite PaoloVI, le cui parole sono state ripetu-te dal suo successore («mai più laguerra, mai più contro gli altri,mai più senza gli altri»), che hacondannato con forza «chi fabbri-ca violenza, alimentando la corsaalle armi e calpestando la pacecon gli affari».

g. m .v.

Il dolore del Papa per le vittime del massacro

Cinquanta mortie centinaia di feriti a Las Vegas

Appelli al dialogo in CatalognaSi inasprisce il confronto dopo la giornata del referendum

Le credenzialidell’ambasciatore di Spagna

PAGINA 2

Nel pomeriggio gli ultimi due ap-puntamenti con la comunità bolo-gnese: nella cattedrale di San Pietroper salutare sacerdoti, religiosi e se-minaristi e ricordare loro, in partico-lare, che la diocesanità è «il nocciolodella spiritualità della vita del pre-sbitero»; e infine allo stadioD all’Ara per la messa celebrata in vi-sta della conclusione del congressoeucaristico diocesano e caratterizzatada una triplice consegna affidata dalPontefice alla Chiesa felsinea: la pa-rola, il pane e i poveri.

PAGINE DA 6 A 11

MADRID, 2. «La violenza in Catalo-gna è deplorevole. Dobbiamo trova-re una via pacifica e democratica peruscire dalla situazione che stiamo vi-vendo». Con queste parole l’a rc i v e -scovo di Barcellona, cardinale JuanJosé Omella, ha chiesto che si tornial dialogo nella regione spagnoladove ieri si è tenuto tra i disordini ilreferendum per l’indipendenza. Unaconsultazione che il governo centraledi Madrid ha cercato di bloccaremobilitando le forze dell’o rd i n e .Unendosi all’appello alla pace lan-ciato dall’arcivescovo di Tarragona,

Jaume Pujol Balcells, il cardinale haespresso preoccupazione per una cri-si che rischia di aggravarsi per ilconfronto molto acceso tra CarlesPuigdemont, presidente della Gene-ralitat, e il capo del governo spagno-lo, Mariano Rajoy. Mentre le autori-tà di Barcellona sembrano decise aproclamare unilateralmente l’indi-pendenza, Madrid ribadisce infattiche la consultazione è incostituzio-nale e priva di qualsiasi fondamentogiuridico.

Ieri la polizia spagnola è interve-nuta in centinaia di seggi elettorali

per impedire lo svolgimento del re-ferendum. Molti i feriti nei tafferugliche sono seguiti. Secondo gli orga-nizzatori, alle urne si sono recate ol-tre due milioni di persone, il 42,3per cento degli aventi diritto. Oltreil 90 per cento dei votanti hanno ri-sposto sì al quesito «vuoi che la Ca-talogna diventi uno stato indipen-dente in forma di repubblica?», an-che se mancano conferme indipen-denti e certe sull’adesione al votomentre divampano le polemiche supossibili brogli e sull’uso spregiudi-cato di notizie e immagini false.

Il leader catalano ha sostenutoche la regione «si è guadagnato ildiritto a essere uno stato indipen-dente» e ha annunciato che trasmet-terà al parlamento locale il risultatodella consultazione in modo che loapplichi. Ma Puigdemont si è ancherivolto all’Unione europea (Ue) cheha sempre sottolineato l’intenzionedi rispettare l’ordine costituzionaledel paese. «La situazione che si ècreata in Catalogna a causa di in-transigenza e repressione non è unaquestione interna. È una questionedi interesse europeo» ha detto.

Il portavoce del governo spagno-lo, Íñigo Méndez de Vigo, ha daparte sua ribadito che l’Ue non rico-noscerà un’eventuale dichiarazioneunilaterale di indipendenza dellaCatalogna, perché «per l’Europa si-gnificherebbe un pasticcio» di enor-mi proporzioni. Una simile presa diposizione da parte del parlamento

catalano, ha aggiunto, «non avrebbealcun effetto politico o giuridico».

Entrambi i leader hanno fissatoincontri. Rajoy — secondo il qualeieri non ha avuto luogo nessun refe-rendum — vede i leader del Partitosocialista e di Ciudadanos, PedroSánchez e Albert Rivera, il quale hagià chiesto di attivare l’articolo 155della costituzione per sospenderel’autonomia catalana. Puigdemontda parte sua ha convocato una riu-nione del governo locale per prepa-rare le prossime mosse sulla stradadell’indip endenza.

Nella mattina di lunedì 2 ottobre Papa Francesco ha ricevuto in udienzaSua Eccellenza il Signor Gerardo Ángel Bugallo Ottone nuovo ambasciatore di Spagna

in occasione della presentazione delle lettere con cui viene accreditato presso la Santa Sede

Oggi il numero di ottobre

«donnechiesa mondo»

IN A L L E G AT O

L’appello al buon governo della cit-tà, la denuncia del tarlo della corru-zione, l’invito al dialogo tra anzianie giovani, la critica alla mondanitàspirituale. Nelle due ore trascorse aCesena domenica mattina, 1 ottobre,Papa Francesco ha ripreso e rilancia-to alcuni dei temi più cari al suopontificato. Con la raccomandazio-ne, rivolta all’intera comunità civile ereligiosa della città romagnola, di ri-scoprire i valori e le passioni che inpassato hanno animato la sua riccastoria. «Date il vostro contributo,pronti a far prevalere il bene deltutto su quello di una parte» ha det-to ai fedeli riuniti in piazza del Po-polo, riproponendo poi, durantel’incontro nella cattedrale di SanGiovanni Battista, l’urgenza dellesfide della famiglia, dei giovani,dell’educazione.

Temi, questi, ritornati con forzadurante la successiva visita aBologna, dove il Pontefice hatrascorso il resto della gior-nata domenicale. Comin-ciando il suo itinerario conla lunga sosta nell’hub re-gionale, dove sono accoltiimmigrati, profughi e resi-denti asilo. Un momentodi solidarietà e di condivi-sione, che ha offerto alPapa l’occasione per riba-dire che il fenomenodell’emigrazione «richiedevisione e grande determi-nazione nella gestione, in-telligenza e strutture, mec-canismi chiari che non per-mettano distorsioni o sfrutta-menti, ancora più inaccettabiliperché fatti sui poveri».

E di povertà Francesco ha parlatoanche nei successivi incontri chehanno concluso la mattinata: inpiazza Maggiore, dove ha avvertitoche «non si offre vero aiuto ai pove-ri senza che possano trovare lavoro edignità», e quindi nella basilica diSan Petronio, dove si è fermato apranzare con un migliaio di anziani,rifugiati, senza fissa dimora, carcera-ti, disabili ed ex tossicodipendenti.«La Chiesa è di tutti, particolarmen-te dei poveri» ha sottolineato, riba-dendo ancora una volta la necessitàdi «superare ogni forma di egoismoper accedere alla gioia dell’acco-glienza reciproca».

I primi soccorsi alle vittime della strage a Las Vegas (Afp)

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 lunedì-martedì 2-3 ottobre 2017

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Vi e t a t oil volto coperto

in Austria

Entrato in vigore l’accordo raggiunto all’inizio di settembre

Iniziata in Colombia la tregua tra governo e Eln

In un messaggio il Papa esprime profondo dolore per l’insensata tragedia

Strage a Las VegasCinquanta morti e centinaia di feriti in una sparatoria

Armi consegnate dalle forze ribelli dopo gli accordi di pace in Colombia (Ansa)

VIENNA, 2. È entrata in vigore ieriin Austria la legge che vieta di in-dossare indumenti che coprano in-teramente il volto. A essere vietato,in pubblico, sarà l’utilizzo di ma-schere da sci, travestimenti facciali,caschi da motocicletta e mascherineda ospedali. Saranno poi coinvoltele donne che indossano il burqa e ilniqab, indumenti che coprono inte-ramente o quasi il volto e che sep-pur non nominati nel testo dellalegge saranno colpiti dal divieto. Ilprovvedimento viene considerato,da alcuni, come discriminatorio.

Su tutto il territorio austriacovengono distribuiti migliaia di vo-lantini in quattro lingue (tedesco,inglese, turco e arabo), sui quali inmodo esemplificativo e con l’ausiliodi disegni vengono illustrati i varitipi di coperture del volto messi albando dal primo di ottobre.

La sanzione nel caso in cui sivioli la norma è di 150 euro. La leg-ge autorizza la polizia a usare laforza nei confronti di chi si rifiutidi mostrare il proprio viso in pub-blico.

La legge è stata promossa dal mi-nistro degli esteri e leader del Parti-to popolare, Sebastian Kurz, e ap-provata dal parlamento di Viennal’8 giugno scorso. L’Austria è go-vernata, dal 2013, da un governo dicoalizione tra il Partito socialdemo-cratico e quello popolare.

Il nuovoa m b a s c i a t o redi Spagna

Sua Eccellenza il Signor Gerar-do Ángel Bugallo Ottone, nuovoAmbasciatore di Spagna pressola Santa Sede, è nato a Madrid,il 21 settembre 1954. È sposato eha due figli. Laureato in diritto,ha ottenuto il diploma di rela-zioni internazionali della Scuoladiplomatica.

Ha ricoperto i seguenti incari-chi: segretario di ambasciata econsole ad Algeri (1984 - aprile1987); segretario di ambasciata aBudapest (maggio 1987 – aprile1990); console generale aggiuntoincaricato degli affari culturali aNew York (maggio 1990 – luglio1993); vice direttore generale deldipartimento America del Nordpresso il ministero degli Affariesteri (agosto 1993 – luglio 1994);consigliere culturale all’amba-sciata a Tokyo (aprile 1996 – lu-glio 2000); capo dipartimentopresso il ministero degli Affariesteri (luglio–novembre 2000);consigliere nel Gabinetto dellapresidenza del Governo (aprile2001 – 2002); direttore generaledel dipartimento America delNord, Asia e Pacifico presso ilministero degli Affari esteri(2003 – marzo 2004); ambascia-tore rappresentante permanentealla Conferenza del disarmopresso le Nazioni Unite a Gine-vra (luglio 2004 – marzo 2009);console generale a Sydney (apri-le 2009 – agosto 2013); ambascia-tore a Kiev (settembre 2013 -agosto 2017).

A sua eccellenza il signor Ge-rardo Ángel Bugallo Ottone,nuovo ambasciatore di Spagnapresso la Santa Sede, nel mo-mento in cui si accinge a ri-coprire il suo alto incarico giun-gano le felicitazioni del nostrogiornale.

PARIGI, 2. Un attentato terroristicoha sconvolto nuovamente la Fran-cia. Questa volta nel mirino non cisono stati gendarmi o poliziotti. Gliobiettivi sono state due ragazze,una di 20 e l’altra di 21 anni, ucciseappena fuori dalla stazione di Mar-siglia. Le vittime erano cugine. Laprima era una studentessa, l’altraun’allieva infermiera. Quest’ultimaera originaria di Rilleux-la-Pape,nella banlieue di Lione, e aveva tra-scorso il fine settimana a Marsigliadove aveva festeggiato il suo com-pleanno.

L’assassino era conosciuto dallapolizia per reati comuni. Non erainvece schedato dai servizi di intel-ligence. Alle sue impronte digitalisono associati otto diversi pseudo-nimi. Ogni volta che è stato arresta-to dalla polizia ha infatti fornitoun’identità diversa. Stando all’emit-tente France 3, sarebbe di originealgerina. Secondo i media francesi,il sospetto sarebbe stato fermato aLione venerdì 29 settembre conl’accusa di taccheggio e poi rilascia-to. In occasione del suo ultimo fer-mo aveva presentato un passaportotunisino a nome di Ahmed H., eaveva dichiarato di essere un senza-tetto, divorziato e consumatore didroghe pesanti. Queste le notiziefornite oggi dal procuratore di Pari-gi, François Molins, in una confe-

renza stampa. Sono in corso accer-tamenti sulla vera identità dell’as-sassino.

In serata il sedicente stato islami-co (Is) ha rivendicato l’attacco, de-finendo l’assalitore un suo “solda-to”. Gli investigatori non hanno pe-rò ancora concluso le indagini e ri-mane qualche dubbio sul realemandante di quello che il presiden-te della Repubblica, EmmanuelMacron, ha definito un «atto bar-baro». Il capo di stato ha inoltreringraziato le forze dell’ordine a unmese da quella che potrebbe esserela conclusione di uno stato d’emer-genza che nel paese dura da dueanni. In parlamento infatti si sta di-scutendo un pacchetto antiterrori-smo che potrebbe rendere leggepermanente alcune delle disposizio-ni eccezionali in scadenza.

Secondo le ricostruzioni detta-gliate delle forze dell’ordine, aMarsiglia erano le 13.45 quando èavvenuto l’attentato. La stazioneera affollatissima come sempre ac-cade di domenica. L’attacco è statoconsumato in pochi secondi. Le vi-deocamere di sorveglianza inqua-drano l’uomo, seduto, immobile suuna panchina della stazione, mentreaspetta di entrare in azione. All’im-provviso si alza e si scaglia imme-diatamente contro la prima vittima.Poi, fugge, torna indietro e attaccal’altra. In mano ha un un grossocoltello, ma quando i poliziotti loperquisiscono dopo averlo ucciso siscopre che addosso ne aveva ancheun altro.

Non ci sono dubbi: secondo gliinquirenti l’uomo si reca da Lione aSaint Charles proprio per sferrareun attacco. Fra le grida della gentee la fuga delle persone che si trova-vano nelle vicinanze, una pattugliadel dispositivo antiterrorismo «sen-tinelle» individua l’assassino che sigetta con il coltello sui militari.Uno di loro estrae l’arma d’o rd i -

nanza e gli spara uccidendolo edevitando ulteriori vittime, come nonhanno mancato di sottolineare granparte dei commentatori.

Nonostante l’apparente evidenzadei fatti, secondo gli osservatorisull’episodio permane ancora qual-che incertezza. L’inchiesta è stataaffidata alla procura antiterrorismo,ma prima della rivendicazionedell’Is il ministro dell’interno, Gé-rard Collomb, aveva anticipato lapossibilità di un attentato terroristi-co, ma senza fornire informazionicirca l’assassino.

LAS VEGAS, 2. È stato l’attacco di un“lupo solitario” secondo la polizia acausare la strage avvenuta nella not-te a Las Vegas durante un concertocountry al Mandalay Bay. Si trattadella sparatoria più sanguinosa dellastoria degli Stati Uniti, con un bi-lancio provvisorio di 50 morti e 400feriti, riferisce l’emittente televisivaCnn. Il Papa ha espresso profondodolore per «l’insensata tragedia», inun telegramma, a firma del segreta-rio di Stato, cardinale Pietro Parolin,indirizzato al vescovo di Las VegasJoseph Anthony Pepe. Papa France-sco ha assicurato «vicinanza spiritua-le a tutti coloro che sono stati coin-volti» e ha promesso preghiere per iferiti e per le vittime.

«Non consideriamo l’episodio unatto di terrorismo», riferiscono leforze di polizia sottolineando che re-stano ancora da chiarire i motivi allabase della sparatoria. Il killer, uccisodalle forze dell’ordine subito dopola strage, era Stephen Paddock, unuomo bianco di sessantaquattro anniresidente a Las Vegas. «Non abbia-mo idea di quale fossero le sue con-vinzioni», ha detto lo sceriffo dellaClark County, Joe Lombardo, ri-spondendo ai giornalisti che glichiedevano quale possa essere statoil movente dell’attacco. Lombardoha poi sottolineato che nella stanzadell’assassino sono state ritrovate«diverse» armi da fuoco. La poliziasta inoltre cercando due veicoli con-siderati di «interesse» per le indagi-ni. Nelle ultime ore gli agenti avreb-bero anche rintracciato Mary LouDanley, una donna di origini asiati-che che potrebbe avere informazioniutili sull’a g g re s s o re .

L’azione solitaria dell’assassino sa-rebbe confermata anche dalle moda-lità dell’attacco. Secondo le prime ri-costruzioni, infatti l’uomo avrebbesparato sulla folla dal trentaduesimopiano del Mandalay Bay. Gli spariprovenivano da una sola area e nonci sono state esplosioni. Un testimo-ne oculare sostiene però di averesentito una donna pronunciare le pa-role «morirete tutti» mentre si allon-tanava dal concerto poco prima del-la sparatoria.

Il presidente degli Stati Uniti,Donald Trump, con un tweet haespresso il proprio dolore per la stra-ge. «Il mio più sentito cordoglio e lamia compassione per le vittime e i

familiari della terribile sparatoria diLas Vegas. Che Dio vi benedica»,ha scritto sul social network il capodella Casa Bianca. Secondo fonti distampa, Trump potrebbe annullare ilviaggio previsto per domani a PortoRico per vigilare sugli sviluppi delleindagini.

Il primo commento del presidenteè arrivato quasi in contemporaneacon una dichiarazione della sua por-tavoce Sarah Sanders che ha spiega-to come il capo della Casa Biancasia «tenuto costantemente informatosull’orribile tragedia». «Noi stiamomonitorando attentamente la situa-zione e offriamo il pieno sostegnoalle autorità statali e locali».

Forze dell’o rd i n esul luogo della strage (Afp)

OT TAWA , 2. Attentato nella città di Edmonton, nel Ca-nada occidentale. Un uomo di trent’anni ha aggreditoun agente con un coltello e poi in un’altra zona dellacittà si è messo alla guida di un tir, prendendo di mirai passanti che affollavano, in quel momento, la zonadei bar e dei locali notturni. Cinque persone sono ri-maste ferite: l’agente accoltellato e quattro passanti. Ilprimo ministro canadese, Justin Trudeau, ha parlato dit e r ro r i s m o .

Secondo il capo della polizia di Edmonton, RodKnecht, l’uomo, che sarebbe un residente della città,avrebbe agito da solo. In una conferenza stampa ierisera la polizia di Edmonton ha affermato che l’a r re s t a -to è un trentenne rifugiato di origine somala, su cuiera stata aperta un’indagine già nel 2015 senza che si

trovassero elementi per ritenerlo pericoloso per il Ca-nada o particolarmente vicino a movimenti estremisti.

La polizia non ha diffuso il nome del sospettato,che non è ancora stato formalmente accusato, ma hadetto che una bandiera del sedicente stato islamico(Is) è stata ritrovata nel veicolo usato per gli attacchi eche sta considerando di formalizzare accuse di terrori-smo e di tentato omicidio.

Un’importante associazione musulmana dell’Alb er-ta, lo stato dove si trova Edmonton, ha criticato l’epi-sodio e ha indetto una marcia, a questo scopo, a cuihanno preso parte centinaia di persone.

Da Washington, un comunicato della Casa Biancaparla di «attacchi codardi».

BO GOTÁ, 2. È entrato in vigore do-menica il cessate il fuoco, che dureràcento giorni, tra il governo colom-biano e il gruppo ribelle dell’Eln.La tregua, la prima da quando leforze dell’Esercito di liberazione na-zionale (Eln) hanno iniziato a ribel-larsi al governo di Bogotá nel 1964,dovrebbe servire a facilitare un dia-logo più ampio e profondo conl’esecutivo colombiano.

Il presidente colombiano JoséManuel Santos ha parlato di un pri-mo passo importante che porterà ilgruppo ad abbandonare la lotta ar-mata.

I colloqui di pace tra Bogotá el’Eln sono iniziati nel febbraio diquest’anno in Ecuador. Durante ilcessate il fuoco, il gruppo si è impe-gnato a non attuare più rapimenti, anon attaccare le installazioni petroli-fere, a non arruolare più minori neisuoi ranghi e a non deporre più mi-ne antiuomo.

Il governo colombiano, in cam-bio, proteggerà i leader delle comu-nità locali dagli attacchi e miglioreràle condizioni detentive dei 450 pri-

gionieri membri dell’Eln. In un vi-deo messo in onda venerdì scorso,Nicolás Rodríguez, leader dell’Eln,ha affermato di avere fiducia nel fat-to che le milizie non attaccherannole forze governative e non porteran-no avanti azioni vietate dal cessate ilfuo co.

Gli Stati Uniti e l’Unione euro-pea per anni hanno classificato ilgruppo come terroristico per averattuato rapimenti, assassinii, trafficodi droga, attacchi alle infrastruttureeconomiche ed estorsioni a compa-gnie petrolifere e minerarie.

Nel 2016 il governo colombiano,dopo un percorso travagliato duratoquattro anni, ha firmato un accordodi pace, all’Avana, con le Farc, ilpiù importante gruppo ribelle co-lombiano. In cambio della smobili-tazione delle milizie, l’esecutivo diBogotá si è impegnato a concedereun’amnistia per alcuni crimini com-messi dai ribelli e ha promesso diassegnare un numero di seggi parla-mentari per i rappresentanti del par-tito politico che prenderà il postodella formazione armata.

L’OSSERVATORE ROMANOlunedì-martedì 2-3 ottobre 2017 pagina 3

Con Stati Uniti e Corea del Sud sul programma nucleare

Pyongyangrifiuta il dialogo

Visita nei campi in Bangladesh

L’Onu tra i profughi rohingyaTo r n a

l’incubo dell’Isnella provincia

di HomsDA M A S C O, 2. Nella provincia diHoms tornano a seminare terrorele forze del sedicente stato isla-mico (Is). Alcuni miliziani, dopoessersi infiltrati nella cittadina diAl-Qaryatain, ne hanno pratica-mente preso il controllo. Si trattadell’area vicino all’antica città diPalmira che le forze governativehanno strappato all’Is durantel’offensiva dello scorso marzo,con la copertura aerea fornita dairussi. Dopo il forte ridimensiona-mento degli ultimi mesi, al mo-mento i jihadisti sono impegnatiin una vasta controffensiva con-tro postazioni governative, russee iraniane nella Siria orientale,anche nell’area di Deir Ezzor. Inparticolare, l’Is ha preso di mirala strada tra Palmira e Deir Ez-zor in mano ai governativi, e lastrada tra Deir Ezzor e Hasake,in parte controllata dalle forzecurde filo-statunitensi. È quantorende noto l’Osservatorio sirianoper i diritti umani (Ondus).

Sempre secondo dati dell’O n-dus, a settembre 3000 personehanno perso la vita nel conflittoin Siria. Quello appena trascorsoè stato il mese più cruentodall’inizio dell’anno. Sembra checirca un terzo delle vittime, esat-tamente 995, fossero civili e chealmeno 207 fossero minori. Se-condo l’Ondus, il 70 per cento diquanti tra la popolazione hannoperso la vita sono stati colpiti daraid aerei russi e governativi, oda bombardamenti della coalizio-ne anti-Is a guida statunitense.

Da parte sua, la Russia rendenoto l’ultimo bilancio degli attac-chi delle forze aeree russe controle posizioni jihadiste in Siria: unportavoce del ministero della di-fesa ha parlato di almeno 2359miliziani uccisi, aggiungendo chealtri 2700 jihadisti sono rimastiferiti.

Nella zona occidentale dellaSiria, continuano i raid russi e si-riani sulle città di Idlib e Hama,un’area ancora in mano ai com-battenti dell’opposizione armata.I raid proseguono nonostante latregua annunciata ad Astana, ca-pitale del Kazakhstan che ospitacolloqui di pace.

SEOUL, 2. La Corea del Sud intensi-fica il coordinamento con gli StatiUniti nella gestione della crisi nord-coreana, dopo le parole pronunciateieri a Pechino dal segretario di statoamericano Rex Tillerson. Dalla ca-pitale cinese, il capo della diploma-

zia statunitense ha dichiarato chetra Washington e Pyongyang ci so-no «due, tre canali di comunicazio-ne» aperti, per possibili colloqui sulprogramma nucleare di Pyongyang.

«Secondo il nostro governo, ildialogo può essere raggiunto inmolteplici formati, inclusi i colloquibilaterali tra Stati Uniti e Corea delNord, quelli tra Corea del Sud eCorea del Nord, e quelli multilate-rali», ha dichiarato il portavoce pre-sidenziale sudcoreano, Park Soo-hyun, precisando che il regime diKim Jong-un non ha, però, mostra-to interesse per il dialogo.

Le parole provenienti da Seoulseguono di poche ore quelle delpresidente statunitense D onaldTrump, che su Twitter ha chiesto aTillerson, di «non sprecare tempo»con i tentativi di colloqui con Pyon-gyang. «Risparmia le energie, Rex,faremo ciò che deve essere fatto!»,ha scritto Trump in un tweet. Po cheore più tardi, ha ribadito la sua po-sizione. Riferendosi a Kim, Trumpha detto che «essere cortesi non hafunzionato in 25 anni, perché do-

vrebbe funzionare ora?». Kim Jong-un, che ha poco più di trenta anni,è al potere da meno di sei anni, do-po la morte del padre, Kim Jong-il,avvenuta nel dicembre del 2011.«Clinton ha fallito, Bush ha fallito eObama ha fallito. Io non fallirò»,ha concluso Trump. Sempre suTwitter, il portavoce del dipartimen-to di stato, Heather Nauert, ha ag-giunto che Pyongyang «non entreràin possesso di una capacità nuclea-re», specificando che «spetterà aKim decidere se con la diplomaziao con la forza».

E mentre l’Italia ha deciso diespellere l’ambasciatore nordcorea-no, l’Egitto — riferisce il «Washin-gton Post» — ha sequestrato a bor-do di una nave cambogiana, ma conequipaggio tutto nordcoreano, piùdi 30.000 granate con propulsione arazzo. Il giornale precisa che il se-questro è avvenuto nel canale diSuez ad agosto, su segnalazione de-gli Stati Uniti all’Egitto. Si è tratta-to del maggiore sequestro di arminella storia delle sanzioni contro laCorea del Nord, ha indicato l’O nu.

Rohingya nel campo profughi a Balukhaliin Bangladesh (Afp)

Giornata internazionale della non violenza

Un mondo di bambini abusati

DACCA, 2. Una missione congiunta dell’Onu e dell’Uni-cef (il Fondo della Nazioni Unite per l’infanzia) ha pre-so il via nei campi in Bangladesh dove sono stati riuni-ti, tra enormi difficoltà, i profughi rohingya in fuga dalMyanmar. Lo ha annunciato l’Unicef in una nota, pre-cisando che il compito del gruppo di esperti sarà quellodi verificare di persona la «disastrosa situazione umani-taria» della minoranza etnica musulmana, costretta a la-sciare lo stato occidentale del Rakhine in Myanmar, acausa delle ripetute violenze dei militari governativi. Il

vicesegretario generale dell’Onu per gli affari umanitari,Mark Lowcock, sarà oggi a Dacca insieme con il diret-tore dell’Unicef, Anthony Lake, per una serie di collo-qui con le autorità del Bangladesh.

Si tratta del primo accesso umanitario da parte difunzionari delle Nazioni Unite nell’area, dopo l’iniziodelle violenze, oltre un mese fa. Sono più di mezzo mi-lione i rohingya costretti a lasciare il Rakhine per fuggi-re nel vicino Bangladesh. I campi profughi lungo la co-sta sono ormai saturi e si teme l’insorgere di epidemie.

Erdoğan in Iranper colloqui

sul Kurdistan

AN KA R A , 2. Dopo aver espressoforte preoccupazione per la svol-ta nel Kurdistan iracheno — doveil 25 settembre si è votato perl’indipendenza — il presidenteturco Recep Tayyip Erdoğan haannunciato che sarà mercoledì inIran per discuterne con i rappre-sentanti iraniani. Da parte sua,Teheran ha già deciso l’e m b a rg osugli scambi petroliferi con la re-gione irachena.

Il Kurdistan «pagherà il prez-zo» del referendum sull’indip en-denza. È quanto ha affermato Er-doğan nei giorni scorsi, nel suodiscorso ai suoi sostenitori delPartito per la giustizia e lo svi-luppo riuniti a Erzurum. «Non cipentiamo di aver sostenuto il go-verno regionale del Kurdistaniracheno in passato — ha detto illeader turco — ma ora le cose so-no cambiate perché è stato fattoun passo nonostante la posizionecontraria della Turchia». Per ilpresidente turco, l’insistenza deileader della regione nel volereuno stato indipendente si trasfor-merà solo in «una ferita che san-guina».

Intanto, sul territorio irachenoil mese appena concluso ha regi-strato un’impennata di violenza:196 vittime di attentati e com-battimenti. La provincia più col-pita è stata quella di Theqar, nelsud dell’Iraq, con 82 morti e 157feriti.

Assegnatoil Nobel

per la medicinaSTO CCOLMA, 2. Il premio Nobelper la medicina 2017 è stato asse-gnato a Jeffrey C. Hall, MichaelRosbash e Michael W. Young.

L’ambito riconoscimento è statoassegnato ai tre ricercatori statuni-tensi per la scoperta del meccani-smo molecolare che controlla ilritmo circadiano.

Hall, Rosbash e Young, geneti-sti cronobiologi, hanno sostanzial-mente scoperto che l’o rg a n i s m oumano è regolato da un “o ro l o -gio” biologico. Le loro scoperte —si legge nelle motivazioni — spie-gano come le piante, gli animali egli esseri umani adattino il lororitmo biologico in modo che siasincronizzato con le rivoluzionidella Terra.

L’annuncio è stato dato oggi,come da tradizione, al KarolinskaInstitutet di Stoccolma. I vincitorisono stati scelti fra i 361 scienziaticandidati quest’anno.

Il premio Nobel ammonta a 9milioni di corone svedesi, oltre940.000 euro. Dal 1901 al 2016 so-no stati 107 i premi Nobel per lamedicina consegnati a un totale di211 scienziati, dato che il ricono-scimento viene dato spesso a piùdi una persona.

Allarme peste bubbonicain Madagascar

Le regioni anglofone hanno dichiarato la secessione

Violenze durante le manifestazioni dei separatisti in Camerun

Un bambino orfano vittima di violenze (Reuters)

NEW YORK, 2. Si celebra oggi in tut-to il mondo la giornata della nonviolenza. Un rapporto dell’Unicefevidenzia una situazione drammaticaper i minori, con oltre un miliardo e700 milioni di bambini e ragazzi vit-tima di un qualche tipo di abuso.Nel 60 per cento dei casi la violenzaavviene all’interno del nucleo fami-l i a re .

Ogni anno, la metà delle morticomprese tra i 15 e i 19 anni è dovutaa omicidi, mentre ammontano a oltre20.000 gli infanticidi da 0 a 4 anni.E 150 milioni di bambine e 73 milio-ni di bambini sotto i 18 anni sonostati sottoposti a rapporti sessualiforzati o ad altre forme di violenzache includono il contatto fisico mo-lesto. Uno studio dell’Oms, com-

prendente tanto paesi sviluppati chein via di sviluppo, indica che tral’uno e il 21 per cento delle bambi-ne-ragazze ha denunciato di esserestata abusata sessualmente prima delquindicesimo anno di età. Altro fe-nomeno preoccupante, e in rapidaascesa, è quello del bullismo, checolpisce oltre il 40 per cento deibambini. Inoltre, secondo lo studio,

sono circa un miliardo le piccole vit-time tra i due e i 14 anni che subi-scono regolarmente punizioni fisiche,dai genitori o da altre persone chedovrebbero prendersene cura.

In testa a questa classifica dell’or-rore c’è l’America latina, seguitadall’Africa centro-occidentale.

L’iniziativa della giornata interna-zionale è stata istituita dall’Assem-blea generale delle Nazioni Unite il15 giugno del 2007, con un’app ositarisoluzione in cui si riafferma l’im-portanza del principio della «nonviolenza e l’intenzione di creare unacultura di pace, tolleranza e com-prensione reciproca». Si celebra ognianno il 2 ottobre perché è stato scel-to il giorno della nascita di Mahat-ma Gandhi, leader del movimentoindiano per l’indipendenza ma so-prattutto pioniere della filosofia edella strategia della non violenza,adottata in tutto il mondo da diversimovimenti nelle loro azioni messe inatto in difesa dei diritti umani.

YAOUNDÉ, 2. Almeno otto personesono state uccise durante diversiscontri avvenuti sabato e domenicain Camerun, nelle due regioni an-glofone a sud ovest. Manifestantiche si definiscono separatisti hannoscelto la data del primo ottobre, an-niversario della riunificazione uffi-ciale delle due parti anglofona efrancofona — avvenuta nel 1961 —per proclamare unilateralmente lapropria indipendenza. Marce di ma-nifestanti si susseguono da Buea aKumbo e mille paramilitari sonostati dispiegati nella zona. Oltre allepersone uccise durante le manifesta-zioni, si deve registrare anche lamorte di tre carcerati che volevanoapprofittare della confusione perscappare ma sono stati colpiti dalleg u a rd i e .

La dichiarazione di secessione èstata annunciata sui social network,domenica mattina, da Sisiky Ayuk,

sedicente presidente dell’Ambazo-nia, nome della repubblica separati-sta che gli indipendentisti intendo-no creare. La prospettiva della sepa-razione viene respinta categorica-mente dal potere centrale.

Da novembre 2016, la minoranzaanglofona — circa il 20 per centodei 22 milioni di camerunensi —protesta contro quella che definiscela sua marginalizzazione all’internodella società. Alcuni anglofoni chie-dono di tornare al federalismo, ab-bandonato nel 1972, mentre altri vo-gliono addirittura una vera e pro-pria divisione del Camerun. Primadell’estate c’erano state altre manife-stazioni con conseguenti operazionidi polizia e la sospensione dell’ac-cesso a internet nelle due regioni.

Il Camerun era una colonia tede-sca, che è stata poi spartita alla finedella prima guerra mondiale tra ivincitori francesi e britannici. Le re-

gioni del sud e del nord si sonounite al resto del Camerun nel 1961con un referendum applicativo dellarisoluzione Onu numero 1608 chesecondo i separatisti non è mai stataformalizzata nei termini dovuti dalgoverno centrale di Yaoundé.

Secondo i manifestanti anglofoni,dei proventi del petrolio che si trovanelle regioni del sud, hanno benefi-ciato solo le altre regioni. Le discri-minazioni contro gli anglofoni, di-cono gli attivisti, si compiono ovun-que, specialmente sul posto di lavo-ro, dove sono costretti a parlarefrancese, nonostante l’inglese siauna delle lingue ufficiali del paese.

Il presidente della Repubblica,Paul Biya, ha condannato «con vi-gore tutti gli atti di violenza, daqualunque parte vengano». Controgli attivisti si applicano le leggi anti-terrorismo stilate dopo i raid di Bo-ko Haram nel paese.

AN TA N A N A R I V O, 2. Come quasiogni anno dal 1980, in questa sta-gione la peste torna a colpire il Ma-dagascar. Almeno 24 sono le vittimedella nuova epidemia iniziata adagosto, secondo il ministero dellasalute malgascio. Il primo decesso èavvenuto, nel centro del paese, il 28agosto, dopodiché l’epidemia si èdiffusa in tutto il paese, colpendoanche la capitale Antananarivo. Disolito è nelle regioni rurali che siregistrano i casi di persone conta-giate.

Misure di emergenza sono stateprese sabato dal governo, in accor-do con l’Organizzazione mondialedella sanità (Oms), per tentare diostacolare l’espansione della peste,che coincide con la stagione dellepiogge. In particolare, ogni tipo diriunione o manifestazione è provvi-soriamente vietata nella capitale. Ilministero della pubblica istruzione

ha autorizzato il rientro a scuola deibambini, oggi, ma i direttori dellescuole hanno ricevuto alcune racco-mandazioni: far disinfestare gli isti-tuti scolastici, appendere manifestidi prevenzione del ministero dellasalute sulla trasmissione della pestee contattare immediatamente il me-dico in caso di febbre o tosse. Inol-tre, «sia negli aeroporti che nellestazioni degli autobus, varie misureverranno prese per i passeggeri perevitare episodi di panico e contene-re l’epidemia», ha annunciato il pri-mo ministro Olivier Mahafaly Solo-nandrasana dopo la riunione diemergenza tra il governo e l’O ms.

Il batterio della peste si sviluppasui topi e viene trasmesso tramite lepulci. La peste bubbonica si puòcurare con semplici antibiotici mala forma polmonare è una delle ma-lattie infettive più letali e può por-tare alla morte in sole 24 ore.

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 lunedì-martedì 2-3 ottobre 2017

ne 448, euro 90), presentato il 28settembre nei Musei vaticani, dedi-cato ai materiali etrusco-italici e gre-ci per un totale di duecentododicioggetti compresi tra il IX e il I secoloprima dell’era cristiana. Si tratta delvolume di esordio della Collana de-dicata all’edizione integrale di que-sto fondo museale, di cui è autoreFerdinando Sciacca, con un contri-buto di Lucina Vattuone e la curascientifica di chi scrive. A opera dialtri, seguiranno i cataloghi dedicatialle ingenti testimonianze del Vicinooriente antico e dell’Egitto.

Tale programma editoriale intendeassicurare la più ampia conoscenza evalorizzazione a un ingente patrimo-nio. Ogni singolo oggetto, illustratonel dettaglio, apparirà al contemporeintegrato nel suo contesto, dallaprovenienza alla collezione. In talmodo verrà restituito a nuova visibi-lità quanto, in oltre un secolo, è pas-sato dalle mani degli scopritori e deicollezionisti alle teche densamente evariamente allestite del museo delBiblico.

Al suo innesto nella storia plurise-colare dei Musei vaticani il museodel Biblico aveva maturato una vitarelativamente breve, circa un settan-tennio. Il Pontificio istituto biblico,fondato il 7 maggio 1909 da Pio X eaffidato alla Compagnia di Gesù,avrebbe raggiunto nel 1911 la storicae prestigiosa sede del seicentesco Pa-lazzo Muti Papazzurri in piazza del-la Pilotta a Roma. L’istituto, votatoallo studio scientifico delle sacrescritture e del contesto delle terre bi-bliche, inclusi gli aspetti naturalisticie archeologici, si era perciò dotatodi un museo chiamato a fornire labase documentaria empirica nellostudio e nella formazione didatticagenerale. La Collezione costituisceuna felice combinazione di casualità

i principi Torlonia — che con mece-natismo finanziarono lo scavo el’edizione degli scavi della scuolafrancese, esemplarmente pubblicatida Stéphane Gsell — concludono lastagione delle ricerche ottocenteschea Vulci, sulle orme di Luciano Bona-parte di cui avevano acquistato leterre. A noi viene oggi restituita unaparte dei materiali rinvenuti a Vulcidagli scavi Gsell, ritenuti dispersi, equesto è forse uno dei risultati piùconsistenti di questo lavoro.

Ma un museo è anche luogo dimemoria ed è opportuno che gli og-getti in esso raccolti non finiscanoatomizzati nelle classificazioni e ne-gli allestimenti tematici. La storiacollezionistica rappresenta un patri-monio immateriale inscindibile, che

cumentale visivo ed empirico allefonti del sapere affidate alla parolascritta.

Nell’articolare le sue sezioni versouna totalità del sapere, comprenden-do anche le scienze naturali, con mi-

gorosa di stampo positivista, comepure dall’approccio sperimentale checontempla anche materiale cartogra-fico e fotografico che sembra precor-rere l’approccio multimediale.

Da evidenziare è anche la prepon-derante incidenza delle testimonian-ze preistoriche — strumenti litici dal-le più svariate aree e anche repertifossili neandertaliani — effetto delgrande impulso avuto dalle scienzepreistoriche a partire dagli ultimi de-cenni del XIX secolo; si direbbe unacifra, un sedimento della contempo-raneità, ma è soprattutto una testi-monianza dell’interesse del pensierocattolico verso questo ambito dellaricerca cui, inizialmente, aveva guar-dato con una certa diffidenza.

La compresenza di antichità etru-sche, greche e romane accanto alletestimonianze del Vicino oriente an-tico travalicano la semplice valenzadidattica e sembrano voler offrire alcontempo una visione in cui orientee occidente si percepiscono nella lo-ro unitarietà dialettica in tempi re-moti, quasi a voler anticipare

quell’innesto del mondo semitico nelfilone della classicità poi determina-to dal cristianesimo.

Quando il museo del Biblico sistava formando, archeologi comeWolfgang Helbig avevano assuntoOmero e la Bibbia come parametrointerpretativo per la civiltà etrusca aisuoi primordi. Nella sua percezioneunitaria del mondo mediterraneo,anche la collezione del museo delBiblico contribuisce a ricordare cheuna frattura tra oriente e occidente èesistita più nella storiografia che nel-la storia. L’oriente continua a viverenella cultura dell’occidente attraver-so gli ebrei della diaspora, i cristianie le sacre scritture. Senza dimentica-re che quando sotto le insegne diRoma la storia portò i due mondi aincontrarsi, per le donne e gli uomi-ni di fede l’incontro avvenne anche esoprattutto tra il Cielo e la Terra.

Un pezzodi storia del pensiero

Nel museo del Pontificio istituto biblico

L’interno del Pontificio istituto biblico

Cecilia Campironi racconta le figure retoriche

Il signor Litote e il mago Ossimoro

di ANGELA MAT T E I

Cicerone, nel De oratore, afferma che«ogni orazione è fatta di contenu-to e di parole: le parole non trova-

no collocazione se viene a mancare ilcontenuto, e il contenuto non si puòesprimere con chiarezza eliminando leparole». È pensiero emblematico dell’im-portanza che filosofi e scrittori attribuiva-no alla retorica, l’arte del parlare bene,fin dall’antichità. Nel mondo greco-roma-no, da Aristotele a Isocrate, fino a Cice-rone e Quintiliano, tutti colgono il valoredella parola e la forza di un discorso do-tato di argomentazioni solide e di unaforma elegante ed efficace. La retoricadomina nella polis democratica e nella re spublica, luoghi in cui l’uomo esercitava ilsuo diritto/dovere di cittadino, parteci-pando attivamente alla vita politica dellacittà. Anche il padre della lingua italiana,Dante, coglie, dietro ogni scrittura, oltreal senso letterale, un significato anche al-legorico, morale e anagogico.

Oggi, invece, litote, metafora, metoni-mia, sono solo le figure retoriche che po-polano i peggiori incubi degli studentiche tentano di orientarsi in quel noioso ecomplicato ginepraio che è l’analisi deltesto. Quasi sempre restano parole vuoteche i più volenterosi imparano a memoriaper guadagnarsi un buon voto e che tuttiritengono, erroneamente, un modo antico

e artificioso che usavano gli scrittori nelleloro poesie. Cecilia Campironi, nel librodi esordio Che figura! (Macerata, EdizioniQuodlibet/Ottimomassimo, 2016, pagine62, euro 14,50) dimostra che si sbagliano,e di grosso anche.

Le figure retoriche affiorano sulle no-stre labbra anche se non ne siamo consa-pevoli e nelle pagine del libro assumonosembianze umane, disegnate a matita dal-la sapiente mano dell’autrice. I bizzarripersonaggi — tecnicamente personifica-zioni — di cui si leggono le avventure, so-no tanti, uno più riuscito dell’altro: c’è ilsignor Litote, rappresentato nell’atto difare no con la testa, così abituato a diresempre di no che soffre di torcicollo, zioCacofemismo, una sorta di ex galeottodall’aspetto trasandato e dal linguaggioscurrile, Tony Dissimulatio, con gli occhicoperti da un enorme ciuffo rosso e lelunghissime orecchie che finge sempre dinon capire. Tra le più riuscite è sicura-mente Onomatopea, la diva del teatroche recita le sue “ru m o ro s e ” battute, ilmago Ossimoro, con la sua straordinariacapacità di rinfrescarsi con il fuoco, chearriva a chiedere di urlare in silenzio emaestro Allitterazione, un direttore d’or-chestra attento al suono che produconole parole.

Che figura! è un libro leggero, versatilee di grande utilità che riesce a sdoganarela retorica e a restituirle il posto che lespetta anche fuori dai libri, nel linguag-gio e nella vita quotidiana. Pregio ulte-riore del libro è di essere opera di una di-segnatrice, diplomata all’Istituto Europeodi design impegnata da anni in laboratoriper bambini che, ammette, le hanno for-nito gli strumenti per elaborare un puntodi vista diverso, spontaneo e diretto.

Campironi ha scelto per il suo debuttoda scrittrice un tema ostico a tanti e, inapparenza, lontano anni luce dalla suaformazione. Da studente di liceo classico,appassionata di letteratura ma poco incli-ne ai tecnicismi, ha fronteggiato le diffi-coltà della retorica con la innata capacitàdi costruire storie e di giocare con le pa-role per ricordare gli argomenti più diffi-cili. Ciononostante ha sempre provatouna spiccata curiosità per il linguaggio fi-gurato e ha sempre amato tradurre in im-magini le parole. In seguito, da illustra-trice professionista, ha colto subito nellefigure retoriche «il loro essere prima ditutto figure, con caratteri specifici chepossono essere rappresentati».

Il libro permette dunque di osservarele immagini e di cogliere la peculiarità diciascuna figura, come nel caso di Miss

Enfasi che, con gli attributi di un pavo-ne, ama farsi notare con le sue esagera-zioni o Lady Accumulazione che indossamaglioni e giacche l’uno sull’altro o il ca-polavoro di Cavalier Tautologia, che èanche la copertina e che, da un’armaturache ricorda il cavaliere inesistente di Cal-vino, pomposa e altisonante, fa uscire unpappagallo che ripete solo ovvietà. Storiee immagini, inoltre, rivelano i gradi diparentela tra le diverse figure, tra princi-pessa similitudine e la madre sua maestàmetafora, tra le gemelle sineddoche e me-tonimia, tra Allitterazione e la Diva Ono-matopea legati da una storia d’a m o re .

Con approcci diversi, tutti possonoleggere Che figura! o anche solo sfogliar-lo. I bambini guarderanno con curiositàSir Anastrofe che ha la bocca al postodegli occhi o Maestro Climax che è capa-ce di tenere in equilibrio su una manoprima un piccolo peso, poi una cassafortee, infine, un elefante; gli adulti avrannoun’occasione per riscoprire l’attualità del-le nozioni imparate a scuola; infine, po-trà essere un ottimo strumento per gli in-segnanti che combattono ogni giorno peraprire i loro studenti alla meraviglia, allapotenza e alla forza della lingua, quandosi è capace di usarla bene.

Oli essenzialiper i giardini vaticani

È dalla fine del 2014 che procede il restauro delle circa 570 opere conservatenei Giardini vaticani: si tratta di un ampio progetto la cui finalità èsoprattutto quella di conservare e mantenere nel tempo le opere che vivononella natura. Nel corso del lavoro sono state sperimentate e impiegatemetodologie che utilizzano — nel rispetto dell’ambiente, dei manufatti e deglioperatori — gli oli essenziali, consentendo così di ridurre i biodeteriogeni alivelli fisiologici e non patologici, eliminando così sostanze con attivitàbiocida che presentano un elevato impatto ambientale nelle concentrazionid’uso. Di tutto ciò si parlerà il 3 ottobre durante la giornata di studio che siterrà nella sala conferenze dei Musei vaticani. Introdotti da Barbara Jatta,direttore dei Musei vaticani, e da don Rafael García de la Serrana Villalobos,direttore dei Servizi tecnici del Governatorato, i lavori illustreranno sia lesperimentazioni di laboratorio e in situ sia le metodologie utilizzate duranteil restauro dei Giardini.

La collezione contribuisce a ricordareche una fratturatra oriente e occidenteè esistita più nella storiografiache nella storia

di MAU R I Z I O SANNIBALE

Un museo racchiude piùdi quanto contiene. Sitratta della componen-te immateriale cheogni singolo oggetto

assume attraverso la propria storiacollezionistica caricandosi di valoriattraverso le epoche, così come undono di omerica memoria acquistavapregio in base a chi lo aveva posse-duto. Ciò si verifica in modo pecu-liare nelle collezioni che con il pro-prio contenuto finiscono per narrareanche un capitolo della storia delpensiero e della cultura. Uno diquesti capitoli è rappresentato dalmuseo del Pontificio istituto biblico,le cui sezioni storiche, archeologiche,numismatiche ed etnologiche furonodepositate e affidate ai Musei vatica-ni nel 1982, per oltre seimilatrecentooggetti a oggi inventariati.

Di una parte di questi tratta il ca-talogo Materiali etrusco-italici e grecida Vulci (scavi Gsell) e di provenienzavaria (Città del Vaticano, EdizioniMusei Vaticani, 2017, I volume, pagi-

e di selettivo discernimento e, nelsuo insieme, vede rappresentati tuttii continenti e una prospettiva tem-porale che dal Paleolitico giungeall’epoca contemporanea. Mentre imateriali italiani in essa presenti silegano principalmente alle vicendedel collezionismo e alla liberalità deipossessori, quelli del Vicino orientesi devono anche ai viaggi di studio ealla crescente attività archeologicasul terreno concentratasi poi nellasede di Gerusalemme.

I Musei vaticani vengono indivi-duati come destinatari naturali dellecollezioni del Biblico non solo peressere entrambi istituzioni della San-ta Sede, ma anche e soprattutto perl’attinenza alla storia e alla naturadelle proprie raccolte, nel caso speci-fico del Museo etrusco e del Museoegizio. I due musei, fondati a pocadistanza da Gregorio XVI nel 1837 enel 1839, recano l’impronta personaledel dotto monaco camaldolese, solle-citato principalmente dalle scopertearcheologiche e dal crescente interes-se verso questi due popoli della re-mota antichità, ma in un contesto

che vedeva il contempo-raneo sviluppo dellescienze bibliche con ap-proccio storico e filologi-co.

Per il Museo gregoria-no egizio, il nuovo seg-mento collezionistico co-stituì l’elemento aggre-gante per il già auspicatoampliamento tematico al-le antichità del Vicinooriente antico, superandola sua originaria esclusivaimpronta egittologica.

Per il Museo gregoria-no etrusco, l’accesso deimateriali etrusco-italicidel Biblico, e in partico-lare di quelli vulcenti,rappresentò l’ideale epi-logo del contesto epocaleche vide la sua formazio-ne durante la grande sta-gione di scavi a Vulcinella prima metà del XIXsecolo. Nel caso dei re-perti vulcenti del Biblico,

porta alla fine del percorso a riconsi-derare la collezione nel suo insiemecome prodotto unitario di un pro-cesso creativo dalla valenza culturalee che merita un esame a sé stante.

Il museo del Biblico nella suaconcezione attinge a una tradizionelontana. Come i musei della Biblio-teca in Vaticano nel primo Settecen-to, a loro volta retaggio della Wun-derkammer, anch’esso è ospitato cone tra i libri, a fornire un apporto do-

nerali, fossili, flora e animali imbal-samati, compreso l’immancabile coc-codrillo, i gesuiti del Biblico richia-mano al contempo il precedente e

più illustre caso delMuseo Kircheriano nelCollegio Romano a Ro-ma, fondato nel 1651.

Il museo di piazzadella Pilotta non è im-menso e non ha preteseenciclopediche univer-sali. Pur ispirandosi auna museografia passa-ta, è figlio del suo tem-po e questo si evincedalla classificazione ri-

Cecilia Campironi, «Signor Palindromo»

Kylix, ceramica etrusca e falisca a figure rosse(seconda metà del IV secolo prima dell’era cristiana)

L’OSSERVATORE ROMANOlunedì-martedì 2-3 ottobre 2017 pagina 5

Finanziati dalla Cei centoventotto progetti a favore del terzo mondo

Sostegno per lo sviluppoROMA, 2. La costruzione diun ospedale nel distretto diTemeke, in Tanzania, uncomplesso scolastico perstudenti in agraria nell’a rc i -diocesi di Bangui, in Re-pubblica Centrafricana, ilsostegno economico e so-ciale per cinquecento fami-glie di Haiti, e ancora larealizzazione di struttureper l’accoglienza di senza-tetto e altri emarginati inPakistan: sono solo alcunidei centoventotto progettifinanziati dalla Conferenzaepiscopale italiana (Cei) at-traverso il Comitato per gliinterventi caritativi a favoredel terzo mondo, per unostanziamento totale di30.432.409 euro. La riunio-ne del comitato, tenutasiun paio di settimane fa aRoma, ha approvato azionidi sostegno e sviluppo inAfrica, America latina,Asia, Vicino oriente, Euro-pa dell’est e Oceania.

Tra i progetti scelti, co-me detto, c’è la costruzionedi un ospedale nel distrettodi Temeke in Tanzania. Lastruttura mira a far fronte adiversi bisogni urgenti del-la popolazione locale che,a oggi, deve percorrere an-che più di trenta chilometriper raggiungere l’osp edalepiù vicino. Molte persone,purtroppo, muoiono du-rante il tragitto. Il disagioe il pericolo aumentano perle donne in attesa di un fi-glio. Sempre in Africa, nel-la Repubblica Centrafrica-na, si erigerà un complessoscolastico per studenti inagraria, nell’arcidiocesi diBangui. Ad Haiti, colpitadalle devastazioni dell’ura-gano Matthew, l’obiettivodel progetto finanziato è ilsostegno economico, socia-le e ambientale di cinque-cento nuclei familiari. «Loschema delle attività — in-forma un comunicato —vuole agire su più fronti

per riattivare un circuito diproduzione interrotto daldissesto meteorologico, isti-tuire un fondo di microcre-dito, bonificare l’acquacontaminata, riparare le ca-se danneggiate, acquistaresemenze e attrezzi agricoliper sopperire alle pianta-gioni (alberi da frutta, al-beri di alto fusto) distruttedalla violenza degli ele-menti». Tra i diciannoveprogrammi che prenderan-no vita in Asia, si segnalain Pakistan la realizzazionedi strutture per l’accoglien-za dei senzatetto e controschiavitù e lavoro minorile.Nel Vicino oriente un’ini-ziativa riguarderà invece lareintegrazione sociale degliex tossicodipendenti in Li-bano.

A fine luglio una delega-zione guidata da don Leo-nardo Di Mauro, responsa-bile del Servizio per gli in-terventi caritativi a favoredei paesi del terzo mondo,si è recata nella RepubblicaDemocratica del Congo do-ve ha visitato cinquanta sitiper constatare lo stato deiprogetti (finanziati conl’8xmille) conclusi o in cor-so di esecuzione, come purequelli in prospettiva di rea-lizzazione. Una missioneche ha cercato anche di co-gliere opportunità di dialo-go con i vescovi locali, atti-vare un confronto sulla si-tuazione attuale (attraversa-ta da condizioni di instabili-tà politica), accogliere lepriorità che la Chiesa localeha individuato nel suo ser-vizio ai più poveri.

Iniziativa promossa dalla Conferenza episcopale belga

Specialisti nel dialogo interreligioso

In un libro di Antonio Illibato

L’ep op eadi Bartolo Longo

Con il linguaggiodella carità

Il cardinale Gualtiero Bassetti alla supplica di Pompei

POMPEI, 2. Il mondo ha bisognodi cristiani coerenti con la fedeche parlano il linguaggio delleopere di carità. È quanto ha af-fermato il cardinale arcivescovodi Perugia - Città della Pieve epresidente della Conferenza epi-scopale italiana (Cei), GualtieroBassetti, che ieri, prima domeni-ca di ottobre, di fronte a mi-gliaia di fedeli ha presieduto lamessa e la recita della supplicasul sagrato della basilica diPompei. «Non possiamo presen-tarci al Signore con belle inten-zioni e poi comportarci nella vi-ta di tutti i giorni come se Dionon ci fosse», ha detto il porpo-rato, che ha messo in guardia ibattezzati dalle tentazioni sem-pre ricorrenti della «doppiezza»e della «simulazione».

Al contrario, ha detto Basset-ti, la fedeltà al Vangelo, costrui-ta sulla preghiera, in particolareil rosario, e sostenuta dall’inter-cessione di Maria deve essere te-stimoniata nel continuo aiuto aifratelli che vivono nel bisogno.Anche perché, ha sottolineato,«i poveri, i malati, i bimbi chenon hanno famiglia, come hadetto più volte Papa Francesco,sono la carne straziata di Gesù».Concetti che il presidente dellaCei ha affrontato anche a margi-ne della celebrazione. «Gli scartinon sono una “categoria” — hadetto incontrando i giornalisti —sono i giovani che rischiano diarrivare all’età pensionabile sen-za mai conoscere la cultura dellavoro, sono gli emarginati, sonoi migranti». In questo senso, haaggiunto, «gli scarti sono pro-dotti dalla globalizzazione dellafinanza gestita da pochi a disca-

pito della globalizzazione dellasolidarietà che dovrebbe esseredi tutti».

«Preghiera e carità» sono in-somma il messaggio che arrivada Pompei, una città natadall’intuizione di Bartolo Lon-go, ma che «non evoca soltantoil ricordo di gesta lontane», hadetto ancora Bassetti nell’ome-lia. La Pompei di oggi «è un af-fascinante e concreto raccontodal vivo di come l’amore perDio non può essere che amoreper il prossimo. Questa è unaterra che parla di Vangelo e nellinguaggio che il Vangelo predi-lige: quello delle opere». Certa-mente anche qui, come per«tante altre nostre città», non

mancano i problemi, con il«lavoro che manca» e i «giovaniche lo cercano e fanno fatica atrovarlo», con «tensioni socialiche stentano a comporsi».Tuttavia, «questa terra, più diogni altra, è terra di speranza,perché è la casa di Maria, e ilsantuario a lei dedicato è ritrovoamato di un popolo che ha lapreghiera e la fiducia in Dioben radicate nel cuore». Nellaconvinzione, come ha ricordatol’arcivescovo prelato TommasoCaputo, «che l’amore verso Dionon possa e non debba mai es-sere disgiunto dall’amore, reale econcreto, verso i fratelli, soprat-tutto quelli più poveri e in diffi-coltà».

Concluso il pellegrinaggio in Egittodella comunità di Taizé

Bartolo Longocon i figli dei carcerati (1894)

BRUXELLES, 2. Un polo di specializ-zazione sul dialogo interreligiosoper fornire alla Chiesa in Belgio in-formazioni utili sulle diverse tradi-zioni religiose presenti a Bruxelles,rispondere alle richieste di formazio-ne, sostenere la promozione di pro-getti da parte di comunità, scuole eistituti religiosi. È l’iniziativa pro-mossa nella capitale dalla Conferen-za episcopale belga con l’obiettivodi avvicinare e rendere più semplicii rapporti fra le differenti confessio-ni religiose presenti nel paese.

«Bruxelles — si legge in una notadiffusa dall’arcidiocesi di Malines-

Bruxelles — è una città multicultura-le e multireligiosa. Non è scontatovivere insieme, appartenendo a di-verse culture e religioni. Bisognaimpararlo e metterci impegno. Sitratta oltretutto di fare attenzioneaffinché queste differenze non di-ventino fonte di opposizione e diodio. Da qui l’importanza dell’in-contro e del dialogo al servizio dellapace e della riconciliazione».

Negli ultimi anni, l’arrivodell’islam attraverso l’immigrazionee i nuovi movimenti religiosi hannoportato in Belgio all’aumento di va-rie forme di ostilità sociali che, se-

condo la Chiesa cattolica e altreconfessioni cristiane, dovrebbero es-sere sradicate attraverso l’educazio-ne e la promozione di eventi e di-battiti con i responsabili delle variere l i g i o n i .

Il polo di specializzazione suldialogo interreligioso è diretto dapadre Jan Van Eycken e offre tuttauna serie di servizi. Si presenta co-me centro di documentazione sullegrandi tradizioni religiose presentinella città di Bruxelles, islam, ebrai-smo, buddismo, sui rispettivi luoghidi culto e associazioni culturali espirituali. Inoltre, offre e suggeriscevisite guidate ai luoghi di culto, mo-menti di incontro e scambio in oc-casione delle principali feste religio-se, organizzazione di eventi interre-ligiosi (concerti, esposizioni, confe-re n z e ) .

Il logo del polo è una croce cri-stiana che «abbraccia» in ciascunodei suoi quattro lati i simboli dellereligioni islamica, ebraica, buddistae indù, segno dell’eredità lasciata al-la Chiesa dal concilio Vaticano II,l’apertura a un dialogo «vero esincero» con le altre tradizioni reli-giose.

Sempre in Belgio, sabato 7 otto-bre, presso l’abbazia di Sint-Andriesde Zevenkerken, a Brugge, si svol-gerà una giornata di studio e d’in-contro dal titolo: «L’impatto dellaRiforma nelle nostre Chiese». L’ini-ziativa è promossa dalla commissio-ne nazionale cattolica per l’ecumeni-smo. Nel corso della giornata sonoprevisti interventi di numerosi stu-diosi di teologia.

Nel pomeriggio si terrà poi unauna tavola rotonda, durante la qualei partecipanti all’incontro avrannomodo di confrontasi sul tema dellanecessità e dell’opportunità di unacostante riforma della Chiesa.

TAIZÉ, 2. Si è concluso con l’i n c o n t rocon il patriarca della Chiesa copta orto-dossa, Teodoro II di Alessandria, il pel-legrinaggio compiuto in Egitto dal prio-re di Taizé, fratel Alois, assieme a due-cento giovani provenienti da ventiduepaesi. Ieri, nella residenza sul lago Ma-riout — informa un comunicato — Te o -doro e Alois hanno parlato dell’esp erien-za di fede vissuta dai partecipanti alviaggio, delle origini monastiche dellacomunità di Taizé, della pastorale giova-nile e dell’urgenza di una riconciliazionefra cristiani.

Il pellegrinaggio si è svolto dal 26 set-tembre al 1° ottobre e vi hanno presoparte, per metà, persone di varie cittàegiziane e, per l’altra metà, giovani pro-venienti dal Vicino oriente (Iraq, Liba-no, Palestina) ed Europa (in particolareFrancia, Germania, Paesi Bassi, Polo-nia). Il luogo principale del viaggio èstato il monastero di Anafora, fondato

dal vescovo copto ortodosso di El Qus-seia-Meir-Anafora, Thomas.

La comunità di Anafora, situata a 75chilometri dal Cairo, sulla strada perAlessandria, è un centro dove molti cri-stiani di diverse confessioni si raccolgo-no in ritiro spirituale. Qui fratel Alois eil vescovo Thomas hanno guidato mo-menti di preghiera e di riflessione, men-tre i giovani si sono confrontati su diffe-renti temi (dalla presenza cristiana interra d’Egitto alla nascita della vita mo-nastica, dall’incontro con le culture gre-ca e araba all’impegno sociale delle co-munità cristiane nei confronti dei più bi-sognosi, alla spiritualità copta).

I partecipanti sono stati anche all’Isti-tuto di studi orientali del Cairo, hannoincontrato i padri domenicani e Oussa-ma Nabil, docente all’università Al-Azhar, oltre a visitare il monastero diSan Macario a Wadi el-Natrun.

di FABRIZIO CONTESSA

La carità non è mai astratta o ir-rilevante. Piccola o grande, evi-dente o nascosta è sempre gene-ratrice di altro bene, di fattorideterminanti per una costruzio-ne positiva della storia e deirapporti tra le persone. Ce se nerende conto, una volta di più,osservando Pompei, la città delsantuario, della devozione ma-riana, della supplica alla Ma-donna del rosario. Una realtàche, come è noto, deve la suafortuna alla fertile visione diBartolo Longo, avvocato salenti-no vissuto a cavallo tra otto enovecento, al quale va ascritto ilmerito di avere praticamente dalnulla risollevato le sorti delladesolata Valle di Pompei: dandovita a un santuario e a una città,dando lavoro e dignità a un po-polo di contadini poveri.

Un esempio di santità sociale— Longo è stato beatificato nel1980 da Giovanni Paolo II —particolarmente fiorente nellasua epoca: Giovanni Bosco,Leopoldo Murialdo, AnnibaleMaria di Francia, Giuseppe Mo-scati solo per citarne alcuni. Co-

sì all’ombra del santuario e deisuoi istituti caritativi ed educati-vi nacque la nuova Pompei, cheproprio Longo volle al passocon i tempi moderni. Le stradee le piazze, le stazioni delle fer-rovie dello stato e della circum-vesuviana, l’acqua corrente comela luce elettrica, perfino l’osser-vatorio geodinamico e un im-pianto di parafulmini furonofrutto delle sue intuizioni, realiz-zate tra mille difficoltà e senzaun briciolo di finanziamentopubblico. Una vera e istruttivaepopea oggi riproposta da An-tonio Illibato, già direttoredell’archivio storico diocesano diNapoli, in Bartolo Longo dal Sa-lento a Pompei. La carità che fanuova la storia (Città delVaticano – Pompei, Libreria edi-trice vaticana – Edizioni santua-rio di Pompei, 2017, pagine 365,euro 12).

Un volume in cui il sacerdotenapoletano, oggi membro delcomitato scientifico della rivista«Campania Sacra», sintetizza eriorganizza, con l’aggiunta di al-cuni elementi inediti, tre libriche, usciti nel 1996, nel 1999 enel 2002, segnarono una svolta

nel campo degli studi longhiani:finalmente cioè «senza conces-sioni agiografiche», come ebbe ariconoscere Gabriele De Rosa.

Il volume in questione hadunque il pregio di riaccenderele luci dei riflettori, in una for-ma più snella e accattivante, suuna delle personalità più inte-ressanti della società e del catto-licesimo del suo tempo, riper-correndo le tappe di una avven-tura umana tutt’altro che sconta-ta, segnata nella sua fase giova-nile, è bene ricordarlo, da unmarcato anticlericalismo. Inquesto modo il lettore viene ca-tapultato — sottolinea nella pre-sentazione l’arcivescovo Tomma-so Caputo, prelato di Pompei edelegato pontificio per il santua-rio — «nella straordinaria vicen-da umana ed ecclesiale di unfondatore e nella storia, addirit-tura unica e irripetibile, di unacittà che ha visto trasformare inpietre d’angolo le intuizioni dicarità e in monumenti alla fedele preghiere di un laico». Un“miracolo” che a suo modo an-cora oggi può davvero rappre-sentare un benefico pungolo perl’intelligenza e la fede di molti.

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 lunedì-martedì 2-3 ottobre 2017

dal nostro inviato NICOLA GORI

Un grande abbraccio, semplice e genuinoquanto un “bracciatello”, uno di quei bi-scotti fatti con tanta passione dalle “azdo-re ”, come vengono chiamate le massaie indialetto romagnolo. È quello che hannoriservato al Papa gli abitanti di Cesena edei paesi limitrofi durante la visita alla cit-tà e alla diocesi durata due intere ore: dal-le 8, quando è atterrato all’eliporto neipressi dell’ippodromo del Savio, fino alle10, quando è decollato alla volta di Bolo-gna.

Francesco ha voluto così unirsi allacommemorazione dei trecento anni dellanascita di Pio VI. Del resto Cesena è chia-mata anche la città dei Papi, per aver datoi natali, oltre che a Giannangelo Braschi(1717-1799) morto in esilio in Francia, an-che al suo successore Pio VII, al secoloBarnaba Chiaramonti (1742-1823). E non èla prima volta che la città riceve la visitadi un Pontefice: Pio VI vi passò nel 1782,Pio IX nel 1857, quando visitò le Roma-gne, e Giovanni Paolo II dall’8 al 9 mag-gio 1986.

Accolto dal vescovo Douglas Regattieri,dal prefetto di Forlì-Cesena, Fulvio Roccode Marinis, dal presidente della provinciadi Forlì-Cesena, Davide Drei, e dal sinda-co di Cesena, Paolo Lucchi, il Ponteficeha preso posto sulla papamobile scoperta,percorrendo tra due ali di folla festante lestrade che portano a piazza del Popolo,dove l’attendeva la popolazione cesenate edei comuni del circondario, rappresentatidai diciassette gonfaloni schierati sotto unarco del loggiato del municipio.

Nel grande spiazzo, diviso in otto setto-ri, hanno trovato spazio un centinaio diammalati e disabili, alcuni detenuti dellacasa circondariale di Forlì accompagnatidalla direttrice e un gruppo di rifugiati. Altermine dell’incontro, prima della benedi-zione, il Papa si è congedato dalla follacon queste parole: «Vi ringrazio per l’ac-coglienza calorosa, ma prima di andarme-ne, vorrei salutare, avvicinarmi almeno, a

quelli che con la loro sofferenza, il lorodolore, sostengono in silenzio, lo sviluppodella città. Arrivederci». Quindi, ha incon-trato alcuni malati, portatori di handicape bambini costretti sulla sedia a rotelle.

L’addobbo del palco papale è stato cu-rato dai commercianti di Assofioristi-con-fesercenti. Sul rosso della struttura risalta-vano le composizioni di garofani bianchi efestoni di medeola, una fronda di verdemolto delicata. Al termine, il primo citta-dino di Cesena ha donato al Pontefice, anome dell’amministrazione comunale, duemedaglie realizzate da Ilario Fioravanti:una raffigura la Madonna del popolo, l’al-tra celebra il bicentenario dell’i n c o ro n a z i o -ne dell’immagine mariana avvenuta nel1782 per opera di Papa Braschi.

Risalito a bordo della papamobile,Francesco si è diretto verso la cattedralededicata a san Giovanni Battista. Lungo iltragitto si è fermato davanti al palazzo delRidotto, dove il sindaco Lucchi ha scoper-to una targa per l’inaugurazione del nuo-vo “Largo Pio VI” dedicato al Ponteficecesenate. Tra le due file di transenne, ungrande sventolio di fazzoletti e di bandie-rine. Molti gli striscioni con scritto: “Cese-na ti ama”, “Benvenuto Santo Padre”,“Cesena è una Chiesa in uscita”. Numero-si i fedeli commossi che gridavano: «Vivail Papa!».

In piazza Giovanni Paolo II, davanti alduomo, Francesco è stato accolto dallagioia contagiosa di millecinquecento bam-bini che sventolavano drappi bianchi egialli. Con loro gli educatori e il coro dio-cesano “Alma Canta”, composto da due-cento elementi. Più raccolta l’assemblea diottocento tra sacerdoti, religiosi e religio-se, diaconi e laici che lo attendevanoall’interno del tempio. Dopo aver pregatodavanti al Santissimo Sacramento nellacappella della Madonna del popolo, il Pa-pa si è fermato a salutare una ventina diammalati. Tra questi anziani, particolar-mente commossi, una religiosa di 105 anni,suor Imelde Assirelli, delle ancelle del Sa-cro Cuore del convento di San Carlo, e

don Mario, prete novantasettenne, che hatenuto il conto di tutte le messe celebratenella propria vita: 29.880.

Molto emozionato don Sauro Rossi, giàparroco a Macerone e San Domenico,ospite nella casa di riposo Don Baronio.Si trovava nel presbiterio insieme agli altriammalati quando il Papa si è avvicinatoper salutarlo. Don Rossi gli ha chiesto unautografo sul suo libro Chi sono io per giu-d i c a re ? , curato da Anna Maria Foli (Edi-

zioni Piemme, settembre 2017, pagine228), che raccoglie gli interventi del Pon-tefice su perdono, grazia, giudizio, omo-sessualità, divorziati risposati, contenuti inomelie, interviste e discorsi. Il Papa non siè tirato indietro davanti alla richiesta e hafirmato una dedica: «Don Sauro Rossi.Francesco. 1° ottobre 2017 (Duomo di Ce-sena)». Il Pontefice ha anche scritto unmessaggio sul registro personale di monsi-gnor Walter Amaducci, vicario per la pa-

storale e responsabile del comitato orga-nizzatore della visita papale: «Con la miabenedizione e chiedo, per favore, di pre-gare per me. Francesco 1-10-2017».

Dopo aver pronunciato il suo discorso,in sacrestia il Pontefice ha incontrato imembri della casa famiglia della comunitàPapa Giovanni XXIII, che da qualche setti-mana abitano in episcopio, nell’apparta-mento ricavato per loro, per volontà delvescovo, nei locali della ex curia.

Al termine della visita — allietata daicanti eseguiti dalla corale Santa Ceciliadella cattedrale, diretta dal maestro GianniDella Vittoria — il vescovo ha donato alPontefice un quadro realizzato dall’artistatoscano Giovanni Chiapello, raffiguranteil compatrono della diocesi san Vicinio. IlPapa ha donato alla diocesi un calice. In-fine Francesco ha impartito la benedizionee all’uscita ha salutato i giovani presenti inpiazza, che gli hanno tributato un’ovazio-ne. Verso le 10 è salito sull’elicottero de-collato alla volta di Bologna.

Lo hanno accompagnato, in questa visi-ta in Emilia-Romagna, l’arcivescovo Bec-ciu, sostituto della Segreteria di Stato,monsignor Sapienza, reggente della Pre-fettura della Casa pontificia, gli aiutanti diCamera Mariotti e Zanetti, e i direttoridella Sala stampa della Santa Sede, Bur-ke, e dell’Osservatore Romano.

Imponente il numero di volontari che sisono messi a disposizione per la giornata:a Cesena in duecentoventotto hanno ri-sposto al bando comunale, duecentotrentaerano a disposizione per il soccorso sani-tario e duecentosessanta della Protezionecivile; centoquaranta quelli organizzatidalla diocesi, in gran parte scout.

La Chiesa di Cesena-Sarsina si era pre-parata con varie iniziative: domenica 24settembre, in tutte le comunità e chiesedella diocesi si era svolta una raccoltastraordinaria, il cui ricavato è stato donatoper la carità del Papa. Mentre la sera divenerdì 29, nel santuario di Santa Mariadel Monte una veglia di preghiera era sta-ta presieduta dal vescovo Regattieri.

L’abbraccio della città dei Papi

Nella mattina di domenica 1° ottobre PapaFrancesco si è recato in visita a Cesena e aBologna. Giunto in elicottero nella cittàromagnola, il Pontefice si è trasferito inautomobile a piazza del Popolo per incontrarela comunità cesenate. Di seguito il discorsopronunciato nella circostanza.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!Mi piace iniziare la mia visita a Cesena in-contrando la cittadinanza, in questo luogocosì significativo per la vita civile e socialedella vostra città. Una città ricca di civiltàe carica di storia, che tra i suoi figli illustriha dato i natali anche a due Papi: Pio VI,di cui ricordiamo il terzo centenario dellanascita, e Pio VII.

Da secoli questa Piazza costituisce ilpunto d’incontro dei cittadini e l’ambitodove si svolge il mercato. Essa meritadunque il suo nome: Piazza del Popolo, osemplicemente “la Piazza”, perché è del

permettetemi l’immagine —: in questapiazza si “impasta” il bene comune di tut-ti, qui si lavora per il bene comune di tut-ti. Questa armonizzazione dei desideripropri con quelli della comunità fa il benecomune. In questa piazza si apprende che,senza perseguire con costanza, impegno eintelligenza il bene comune, nemmeno isingoli potranno usufruire dei loro diritti erealizzare le loro più nobili aspirazioni,perché verrebbe meno lo spazio ordinato ecivile in cui vivere e operare.

La centralità della piazza manda dun-que il messaggio che è essenziale l a v o ra retutti insieme per il bene comune. È questa labase del buon governo della città, che larende bella, sana e accogliente, crocevia diiniziative e motore di uno sviluppo soste-nibile e integrale.

Questa piazza, come tutte le altre piaz-ze d’Italia, richiama la necessità, per la vi-ta della comunità, della buona politica; non

saccheggi e inquini le risorse naturali —esse infatti non sono un pozzo senza fon-do ma un tesoro donatoci da Dio perchélo usiamo con rispetto e intelligenza. Unapolitica che sappia armonizzare le legitti-me aspirazioni dei singoli e dei gruppi te-nendo il timone ben saldo sull’i n t e re s s edell’intera cittadinanza.

Questo è il volto autentico della politi-ca e la sua ragion d’essere: un servizio ine-stimabile al bene all’intera collettività. Equesto è il motivo per cui la dottrina so-ciale della Chiesa la considera una nobileforma di carità. Invito perciò giovani emeno giovani a prepararsi adeguatamentee impegnarsi personalmente in questocampo, assumendo fin dall’inizio la pro-spettiva del bene comune e respingendoogni anche minima forma di corruzione.La corruzione è il tarlo della vocazionepolitica. La corruzione non lascia crescerela civiltà. E il buon politico ha anche lapropria croce quando vuole essere buonoperché deve lasciare tante volte le sue ideepersonali per prendere le iniziative deglialtri e armonizzarle, accomunarle, perchésia proprio il bene comune ad essere por-tato avanti. In questo senso il buon politi-co finisce sempre per essere un “m a r t i re ”al servizio, perché lascia le proprie ideema non le abbandona, le mette in discus-sione con tutti per andare verso il benecomune, e questo è molto bello.

Da questa piazza vi invito a considerarela nobiltà dell’agire politico in nome e afavore del popolo, che si riconosce in unastoria e in valori condivisi e chiede tran-quillità di vita e sviluppo ordinato. Vi in-vito ad esigere dai protagonisti della vitapubblica coerenza d’impegno, preparazio-ne, rettitudine morale, capacità d’iniziati-va, longanimità, pazienza e forza d’animonell’affrontare le sfide di oggi, senza tutta-via pretendere un’impossibile perfezione.E quando il politico sbaglia, abbia lagrandezza d’animo di dire: «Ho sbagliato,scusatemi, andiamo avanti». E questo ènobile! Le vicende umane e storiche e lacomplessità dei problemi non permettonodi risolvere tutto e subito. La bacchettamagica non funziona in politica. Un sanorealismo sa che anche la migliore classedirigente non può risolvere in un balenotutte le questioni. Per rendersene contobasta provare ad agire di persona invecedi limitarsi a osservare e criticare dal bal-cone l’operato degli altri. E questo è un

difetto, quando le critiche non sono co-struttive. Se il politico sbaglia, vai a dir-glielo, ci sono tanti modi di dirlo: «Ma,credo che questo sarebbe meglio così, co-sì...». Attraverso la stampa, la radio... Madirlo costruttivamente. E non guardare dalbalcone, osservarla dal balcone aspettandoche lui fallisca. No, questo non costruiscela civiltà. Si troverà in tal modo la forzadi assumersi le responsabilità che ci com-petono, comprendendo al tempo stessoche, pur con l’aiuto di Dio e la collabora-zione degli uomini, accadrà comunque dicommettere degli sbagli. Tutti sbagliamo.“Scusatemi, ho sbagliato. Riprendo lastrada giusta e vado avanti”.

Cari fratelli e sorelle, questa città, cometutta la Romagna, è stata tradizionalmenteterra di accese passioni politiche. Vorreidire a voi e a tutti: riscoprite anche perl’oggi il valore di questa dimensione es-senziale della convivenza civile e date ilvostro contributo, pronti a far prevalere ilbene del tutto su quello di una parte;pronti a riconoscere che ogni idea va veri-ficata e rimodellata nel confronto con larealtà; pronti a riconoscere che è fonda-mentale avviare iniziative suscitando am-pie collaborazioni più che puntare all’o c-cupazione dei posti. Siate esigenti con voistessi e con gli altri, sapendo che l’imp e-gno coscienzioso preceduto da un’idoneapreparazione darà il suo frutto e farà cre-scere il bene e persino la felicità delle per-sone. Ascoltate tutti, tutti hanno diritto difar sentire la loro voce, ma specialmente

ascoltate i giovani e gli anziani. I giovani,perché hanno la forza di portare avanti lecose; e gli anziani, perché hanno la sag-gezza della vita, e hanno l’autorità di direai giovani — anche ai giovani politici —:«Guarda ragazzo, ragazza, su questo sba-gli, prendi quell’altra strada, pensaci».Questo rapporto fra anziani e giovani èun tesoro che noi dobbiamo ripristinare.Oggi è l’ora dei giovani? Sì, a metà: è an-che l’ora degli anziani. Oggi è l’ora in po-litica del dialogo fra i giovani e gli anzia-ni. Per favore, andate su questa strada!

La politica è sembrata in questi anni avolte ritrarsi di fronte all’aggressività e allapervasività di altre forme di potere, comequella finanziaria e quella mediatica. Oc-corre rilanciare i diritti della buona politi-ca, la sua indipendenza, la sua idoneitàspecifica a servire il bene pubblico, ad agi-re in modo da diminuire le disuguaglian-ze, a promuovere con misure concrete ilbene delle famiglie, a fornire una solidacornice di diritti-doveri — bilanciare tutti edue — e a renderli effettivi per tutti. Il po-polo, che si riconosce in un ethos e in unacultura propria, si attende dalla buona po-litica la difesa e lo sviluppo armonico diquesto patrimonio e delle sue migliori po-tenzialità. Preghiamo il Signore perché su-sciti buoni politici, che abbiano davvero acuore la società, il popolo e il bene deipoveri. A Lui, Dio di giustizia e di pace,affido la vita sociale e civile della vostracittà. Grazie.

Per la buona politicaA Cesena il Papa denuncia il tarlo della corruzione e sprona al bene comune

p op olo, spazio pubblico in cui si prendo-no decisioni rilevanti per la città nel suoPalazzo Comunale e si avviano iniziativeeconomiche e sociali. La piazza è un luo-go emblematico, dove le aspirazioni deisingoli si confrontano con le esigenze, leaspettative e i sogni dell’intera cittadinan-za; dove i gruppi particolari prendono co-scienza che i loro desideri vanno armoniz-zati con quelli della collettività. Io direi —

di quella asservita alle ambizioni indivi-duali o alla prepotenza di fazioni o centridi interessi. Una politica che non sia néserva né padrona, ma amica e collaboratri-ce; non paurosa o avventata, ma responsa-bile e quindi coraggiosa e prudente nellostesso tempo; che faccia crescere il coin-volgimento delle persone, la loro progres-siva inclusione e partecipazione; che nonlasci ai margini alcune categorie, che non

L’OSSERVATORE ROMANOlunedì-martedì 2-3 ottobre 2017 pagina 7

A dare il benvenuto e a presentare aFrancesco tutte le realtà della comunitàcristiana di Cesena-Sarsina è stato il ve-scovo Douglas Regattieri. Ne ha ricorda-to la storia per poi delineare il profilo dioggi. A cominciare dai sacerdoti, ha det-to il presule, rivolgendo un particolarepensiero ai confratelli più anziani e am-malati che non hanno potuto incontrareil Papa ma erano comunque «spiritual-mente presenti» nella preghiera. E poi idiaconi permanenti con le loro famiglie,e i seminaristi. Quindi anche «le religiosee i religiosi, i consacrati, con i monaci be-nedettini, le monache benedettine e lemonache clarisse cappuccine», tutti insie-me «fermamente decisi a dare umile e si-lenziosa testimonianza della gioia delVa n g e l o » .

La cattedrale, ha fatto notare il vesco-vo al Pontefice, «è gremita dai rappresen-tanti laici delle novantacinque parrocchiedella diocesi: sono qui come membri deiconsigli delle diciannove unità e delle seizone pastorali». E «la sfida di lavorarepastoralmente insieme, che prende ancheil nome di sinodalità, è ancora tutta lì,davanti a loro, ma non si avviliscono pergli insuccessi, per le fatiche e per le delu-sioni».

«Sotto lo sguardo materno e misericor-dioso della nostra Madonna del popolo»ha proseguito monsignor Regattieri, èstato particolarmente significativo il salu-to del Pontefice «ai nostri fratelli amma-lati, in rappresentanza di quella “carne diCristo” che siamo chiamati tutti a tocca-re, per “purificarci dall’ipocrisia e render-ci inquieti per la sua condizione”».

Successivamente in cattedrale ilPapa ha incontrato il clero delladiocesi di Cesena-Sarsina, con iconsacrati, i laici dei consiglipastorali e i rappresentanti delleparrocchie. Dopo il saluto rivoltoglidal vescovo Douglas Regattieri, ilPontefice ha pronunciato il seguented i s c o rs o .

Cari fratelli e sorelle!Vi ringrazio per la vostra acco-glienza e vi saluto cordialmente,ad iniziare dal vostro VescovoMons. Douglas Regattieri. Lamia presenza oggi in mezzo avoi esprime anzitutto vicinanzaal vostro impegno di evangeliz-zazione. Questa è la principalemissione dei discepoli di Cristo:annunciare e testimoniare congioia il Vangelo.

L’evangelizzazione è più effi-cace quando è attuata con unitàdi intenti e con una collabora-zione sincera tra le diverse realtàecclesiali e tra i diversi soggettipastorali, che trovano nel Vesco-vo il sicuro punto di riferimentoe di coesione. C o r re s p o n s a b i l i t à èuna parola-chiave, sia per porta-re avanti il lavoro comune neicampi della catechesi, dell’educa-zione cattolica, della promozioneumana e della carità; sia nella ri-cerca coraggiosa, davanti alle sfi-de pastorali e sociali, di formenuove di cooperazione e pre-senza ecclesiale sul territorio.È già una efficace testimo-nianza di fede il fatto stessodi vedere una Chiesa che sisforza di camminare nella fra-ternità e nell’unità. Se non c’èquesto, le altre cose non servono.Quando l’amore in Cristo è po-sto al di sopra di tutto, anche dilegittime esigenze particolari,allora si diventa capaci di usci-re da sé stessi, di decentrarsi alivello sia personale che digruppo e, sempre in Cristo,andare incontro ai fratelli.

Le piaghe di Gesù riman-

Persone ferite dalle dure provedella vita, che sono umiliate, chesi trovano in carcere o in ospe-dale. Accostando e curando contenerezza queste piaghe, spessonon solo corporali ma anche spi-rituali, veniamo noi purificati etrasformati dalla m i s e r i c o rd i a diDio. E insieme, pastori e fedelilaici, sperimentiamo la grazia diessere umili e generosi portatoridella luce e della forza del Van-gelo. Mi piace ricordare, a pro-posito di questo primo doveredella diaconia con i poveri,l’esempio di san Vincenzo dePaoli, che 400 anni fa inizia-va in Francia una vera “ri-voluzione” della carità.Anche a noi oggi è chie-sto di inoltrarci con ar-dore apostolico nel ma-re aperto delle povertàdel nostro tem-po, consape-voli peròche da solinon pos-

to su di loro ed è consapevoledelle loro grandi risorse, della lo-ro attitudine al bene, al bello, al-la libertà autentica e alla giusti-zia. Hanno bisogno di essereaiutati a scoprire i doni di cui ilSignore li ha dotati, incoraggiatia non temere dinanzi alle grandisfide del momento presente. Perquesto incoraggio a incontrarli,ad ascoltarli, a camminare conloro, perché possano incontrareCristo e il suo liberante messag-gio di amore. Nel Vangelo e nel-la coerente testimonianza dellaChiesa i giovani possono trovare

quella prospettiva divita che li aiuti a

superare i condi-zionamenti di

avete, e si dice che quando Dionon dà figli, il diavolo dà nipoti!Cari sacerdoti, a voi in modospeciale è affidato il m i n i s t e rodell’incontro con Cristo; e questopresuppone il v o s t ro i n c o n t roquotidiano con Lui, il vostro es-sere in Lui. Vi auguro di risco-prire continuamente, nelle diver-se tappe del cammino personalee ministeriale, la gioia di esserepreti. Non perdete questa gioia!Non perdetela. Forse vi aiuteràleggere i quattro numeri finalidella Evangelii nuntiandi del Bea-to Paolo VI: parla di questo. Lagioia. Non perdere la gioia. Tan-te volte la gente trova sacerdotitristi, tutti ammusoniti, con lafaccia da peperoncino all’aceto, ea me alcune volte viene da pen-sare: ma tu con cosa hai fattocolazione? Caffelatte o aceto?No. La gioia, la gioia! E se tutrovi il Signore, sarai gioioso. Lagioia di essere preti, di esserechiamati dal Signore a seguirloper portare la sua parola, il suoperdono, il suo amore, la suagrazia. La gioia di finire la gior-nata stanchi: questo è bello! Enon avere bisogno delle pastiglieper dormire. Sei stanco, vai aletto e dormi da solo. È unachiamata che non finisce mai distupirci, la chiamata del Signore.Ogni giorno essa ci viene rinno-vata nella celebrazione eucaristi-ca e nell’incontro con il popolodi Dio a cui siamo inviati. Il Si-gnore vi aiuti a lavorare congioia nella sua vigna come ope-rai accoglienti, pazienti e soprat-tutto misericordiosi. Come eraGesù. E che possiate contagiarenelle persone e nelle comunità lospirito missionario.

Cari fratelli e sorelle della dio-cesi di Cesena-Sarsina, non sco-raggiatevi di fronte alle difficol-tà. Siate tenaci nel rendere testi-monianza al Vangelo, cammi-nando insieme: sacerdoti, consa-crati, diaconi e fedeli laici. Avolte ci saranno incomprensioni,ma quando ci sono incompren-sioni, parlatene, o parlate con ilparroco, perché vi aiuti. Ma mai

le chiacchiere! Le chiacchiere di-struggono una comunità: unacomunità religiosa, una comunitàparrocchiale, una comunità dio-cesana, una comunità presbitera-le. Le chiacchiere sono un atto“t e r ro r i s t i c o ”. Sì, chiacchierare èun terrorismo, perché tu vai,butti la chiacchiera — che è unabomba —, distruggi l’altro e tene vai contento. Chiacchierare èquesto. Pensateci. Cosa dice Ge-sù? «Se tu hai qualcosa controtuo fratello, vai, diglielo in fac-cia» (cfr. Mt 18, 15). Sii corag-gioso, sii coraggiosa. E se nonhai il coraggio di dirlo, morditila lingua. E così andrà bene. Nelvostro cammino sentitevi sempreaccompagnati e sostenuti dallapromessa del Signore, cioè laforza dello Spirito Santo. Vi rin-grazio di cuore di questo incon-tro e affido ciascuno di voi e levostre comunità, i progetti e lesperanze alla Vergine Santa, chevoi invocate con un titolo moltobello: “Madonna del popolo” —non populista!, è madre del po-polo, è brava. Vi benedico dicuore e vi chiedo per favore dipregare per me. Adesso vi do labenedizione. [Benedizione]

Al termine dell’incontro, uscendodalla cattedrale, il Papa haimprovvisato un breve saluto aibambini, ai giovani e ai tanti fedeliradunati nell’antistante piazzaGiovanni Paolo II.

Vi auguro buona domenica!Saluto il coro: canta tanto bene;come anche la corale dentro lacattedrale. Tutti e due saluto.Grazie tante.

E qui ci sono i giovani: alzinola mano, bambini e giovani! Co-sa devono fare i giovani? Avetesentito cosa ho detto [nel discor-so in cattedrale]? Cosa devonofare?... Parlare con?... [rispondo-no: “Parlare con gli anziani”]Parlare con gli anziani. Ascolta-re, parlare con gli anziani. Cosìdiventerete rivoluzionari.

Ciao! Grazie, e il Signore vib enedica!

L’incontro nella cattedrale di Cesena

Anziani e giovaniin dialogo

La sfidadella sinodalità

siamo fare nulla. «Se il Signorenon costruisce la casa, invano siaffaticano i costruttori» (Sal127, 1).

Pertanto, è necessario riservareadeguato spazio alla preghiera ealla meditazione della Parola diDio: la preghiera è la forza dellanostra missione — come più re-centemente ci ha dimostrato an-che santa Teresa di Calcutta.L’incontro costante con il Signo-re nella preghiera diventa indi-spensabile sia per i sacerdoti eper le persone consacrate, sia pergli operatori pastorali, chiamatiad uscire dal proprio “orticello”e andare verso le periferie esi-stenziali. Mentre la spinta apo-stolica ci conduce ad u s c i re — masempre uscire con Gesù —, sen-tiamo il bisogno profondo di ri-m a n e re saldamente uniti al centrodella fede e della missione: ilcuore di Cristo, pieno di miseri-cordia e di amore. Nell’i n c o n t rocon Lui, veniamo contagiati dalsuo s g u a rd o , quello che posavacon compassione sulle personeche incontrava nelle strade diGalilea. Si tratta di recuperare lacapacità di “g u a rd a re ”, la capaci-tà di guardare! Oggi si possonovedere tanti volti attraverso imezzi di comunicazione, ma c’èil rischio di guardare sempre me-no negli occhi degli altri. Èguardando con rispetto e amorele persone che possiamo fare an-che noi la rivoluzione della tene-rezza. E io invito voi a farla, afare questa rivoluzione della te-n e re z z a .

Tra quanti hanno più bisognodi sperimentare questo amore diGesù, ci sono i giovani. Grazie aDio, i giovani sono parte vivadella Chiesa — la prossima As-semblea del Sinodo dei Vescovili coinvolge direttamente — epossono comunicare ai coetaneila loro testimonianza: giovaniapostoli dei giovani, come scrisseil beato Paolo VI nell’Esortazioneapostolica Evangelii nuntiandi(cfr. n. 72). La Chiesa conta mol-

una cultura soggettivistica cheesalta l’io fino a idolatrarlo —quelle persone si dovrebberochiamare «io, me, con me, perme e sempre con me» — e li aprainvece a propositi e progetti disolidarietà. E per spingere i gio-vani, c’è bisogno oggi di ripristi-nare il dialogo tra i giovani e glianziani, i giovani e i nonni. Sicapisce che gli anziani vanno inpensione, ma la loro vocazionenon va in pensione, e loro devo-no dare a tutti noi, specialmenteai giovani, la saggezza della vita.Dobbiamo imparare a far sì che igiovani colloquino con gli anzia-ni, che vadano da loro. Il profetaGioele ha una bella frase nel ca-pitolo III, versetto 1: «I vecchisogneranno e i giovani profetiz-

zeranno». E questa è la ricettarivoluzionaria di oggi. Che i vec-chi non entrino in quell’atteggia-mento che dice: «Ma, sono cosepassate, tutto è arrugginito...»,no, sogna! Sogna! E il sogno delvecchio farà che il giovane vadaavanti, che si entusiasmi, che siaprofeta. Ma sarà proprio il gio-vane a far sognare il vecchio epoi a prendere questi sogni. Miraccomando, voi, nelle vostre co-munità, nelle vostre parrocchie,nei vostri gruppi, fate in modoche ci sia questo dialogo. Questodialogo farà miracoli.

Una Chiesa attenta ai giovaniè una Chiesa famiglia di famiglie.Vi incoraggio nel vostro lavorocon le famiglie e per la famiglia,che vi sta impegnando in questoanno pastorale nella riflessionesull’educazione all’affettività eall’a m o re . E torno sull’a rg o m e n t odei vecchi, perché l’ho a cuore.Un giovane che non ha impara-to, che non sa accarezzare un an-ziano, gli manca qualcosa. E unanziano che non ha la pazienzadi ascoltare i giovani, gli mancaqualcosa. Tutti e due devonoaiutarsi ad andare avanti insie-me. L’educazione all’affettività eall’amore. È un lavoro che il Si-gnore ci chiede di fare in modoparticolare in questo tempo, cheè un tempo difficile sia per la fa-miglia come istituzione e cellula-base della società, sia per le fa-miglie concrete, che sopportanobuona parte del peso della crisisocio-economica senza riceverein cambio un adeguato sostegno.Ma proprio quando la situazioneè difficile, Dio fa sentire la suavicinanza, la sua grazia, la forzaprofetica della sua Parola. E noisiamo chiamati ad essere testi-moni, mediatori di questa vici-nanza alle famiglie e di questaforza profetica per la famiglia. Eanche qui mi fermo su un’altracosa. Quando io confesso e vie-ne una donna o un uomo giova-ne e mi dice che è stanco, cheperde anche la pazienza con i fi-gli perché ha tanto da fare, io, laprima domanda che faccio è:«Quanti figli ha?», e diconodue, tre... E poi faccio un’altradomanda: «Lei gioca con i suoifigli?». E tante volte ho sentitodai genitori, soprattutto dai pa-pà: «Padre, quando io esco dicasa loro ancora dormono, equando torno sono a letto».Questa situazione socio-econo-mica chiude il bel rapporto deigenitori con i figli. Dobbiamolavorare perché questo non av-venga, perché i genitori possanoperdere il tempo giocando con iloro figli. Questo è importante!

Cari s a c e rd o t i ... Voi non avetefigli… sì, c’è uno là, greco-catto-lico, che ne ha; ma voi non ne

gono visibili in tanti uomini edonne che vivono ai margini del-la società, anche bambini: segna-ti dalla sofferenza, dal disagio,dall’abbandono e dalla povertà.

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 lunedì-martedì 2-3 ottobre 2017

Lottatori di speranzaA Bologna la preghiera per i migranti inghiottiti dal deserto o dal mare

In piazza Maggiore con il mondo del lavoro

Non piegare la solidarietà alla logica del profitto

Porticicome ponti

«Chi guarda al futuro abbatte i muri, non li costruisce. Dobbiamotutti sconfiggere i muri più pericolosi, invisibili e tanto resistenti,quelli della solitudine e dell’individualismo, del pregiudizio e dellaindifferenza». Lo ha detto, nel discorso con cui ha accolto PapaFrancesco, l’arcivescovo Zuppi. «Grazie» è stata la prima parola ri-volta al Pontefice: «La Chiesa vuole vivere nella piazza, nelle stradedella città degli uomini, perché non perde la sua verità mischiando-si a essa». Bologna, ha aggiunto, è la città delle «porte aperte» edei «portici che sono i nostri ponti che la uniscono e facilitanol’incontro e il cammino». Ricordando la storia religiosa e civile del-la città, monsignor Zuppi ha indicato «la speranza» come parolachiave. E proprio la speranza, ha concluso, è venuto a portare ilPapa, «un altro Francesco che dopo tanto tempo, era il 1222, visitaBologna».

Conclusa la visita a Cesena, a metà mattinata il Papa ha raggiunto inelicottero Bologna, seconda tappa della visita pastorale di domenica 1°ottobre. In automobile si è quindi diretto all’hub regionale di via EnricoMattei per incontrare i migranti ospiti e il personale che li assiste. Ecco ilsaluto rivolto loro dal Pontefice.

resta un estraneo, addirittura unnemico, e non può diventare ilmio prossimo. Da lontano pos-siamo dire e pensare qualsiasicosa, come facilmente accadequando si scrivono frasi terribilie insulti via internet. Se guardia-mo il prossimo senza misericor-dia, non ci rendiamo conto dellasua sofferenza, dei suoi proble-mi. E se guardiamo il prossimosenza misericordia, rischiamo cheanche Dio ci guardi senza mise-ricordia. Oggi vedo solo tantavoglia di amicizia e di aiuto.Vorrei ringraziare le istituzioni etutti i volontari per l’attenzione el’impegno nel prendersi cura diquanti siete qui ospitati. In voi

vedo, come in ogni forestiero chebussa alla nostra porta, GesùCristo, che si identifica con lostraniero, di ogni epoca e condi-zione, accolto o rifiutato (cfr. Mt25, 35.43).

Il fenomeno richiede visione egrande determinazione nella ge-stione, intelligenza e strutture,meccanismi chiari che non per-mettano distorsioni o sfrutta-menti, ancora più inaccettabiliperché fatti sui poveri. Credodavvero necessario che un nume-ro maggiore di Paesi adottinoprogrammi di sostegno privato ecomunitario all’accoglienza eaprano corridoi umanitari per irifugiati in situazioni più diffici-li, per evitare attese insopporta-bili e tempi persi che possono il-ludere. L’integrazione inizia conla conoscenza. Il contatto conl’altro porta a scoprire il “s e g re -to” che ognuno porta con sé e

anche il dono che rappresenta,ad aprirsi a lui per accogliernegli aspetti validi, imparando cosìa volergli bene e vincendo lapaura, aiutandolo ad inserirsinella nuova comunità che lo ac-coglie. Ognuno di voi ha la pro-pria storia, mi diceva la signorache mi accompagnava. E questastoria è qualcosa di sacro, dob-biamo rispettarla, accettarla, ac-

coglierla e aiutare ad andareavanti. Alcuni di voi sono mino-renni: questi ragazzi e ragazzehanno un particolare bisogno ditenerezza e hanno diritto allaprotezione, che preveda pro-grammi di custodia temporaneao di affidamento.

Vengo in mezzo a voi perchévoglio portare nei miei i vostriocchi — io ho guardato i vostriocchi —, nel mio il vostro cuore.Voglio portare con me i vostrivolti che chiedono di essere ri-cordati, aiutati, direi “adottati”,perché in fondo cercate qualcu-no che scommetta su di voi, chevi dia fiducia, che vi aiuti a tro-vare quel futuro la cui speranzavi ha fatto arrivare fino a qui.

Sapete cosa siete voi? Sietedei «lottatori di speranza»!Qualcuno non è arrivato perchéè stato inghiottito dal deserto odal mare. Gli uomini non li ri-cordano, ma Dio conosce i loronomi e li accoglie accanto a sé.Facciamo tutti un istante di si-lenzio, ricordandoli e pregandoper loro [silenzio]. A voi, lotta-tori di speranza, auguro che lasperanza non diventi delusioneo, peggio, disperazione, grazie atanti che vi aiutano a non per-derla. Nel mio cuore voglio por-tare la vostra paura, le difficoltà,i rischi, l’incertezza…, anche tan-te scritte: «Aiutaci ad avere dei

documenti»; le persone che ama-te, che vi sono care e per le qualivi siete messi a cercare un futu-ro. Portarvi negli occhi e nelcuore ci aiuterà a lavorare di piùper una città accogliente e capa-ce di generare opportunità pertutti. Per questo vi esorto ad es-sere aperti alla cultura di questacittà, pronti a camminare sullastrada indicata dalle leggi diquesto Paese.

La Chiesa è una madre chenon fa distinzione e che amaogni uomo come figlio di Dio,sua immagine. Bologna è unacittà da sempre nota per l’acco-glienza. Questa si è rinnovatacon tante esperienze di solidarie-tà, di ospitalità in parrocchie erealtà religiose, ma anche in mol-te famiglie e nelle varie compagi-ni sociali. Qualcuno ha trovatoun nuovo fratello da aiutare oun figlio da far crescere. E qual-cuno ha trovato dei nuovi geni-tori che desiderano assieme a luiun futuro migliore. Come vorreiche queste esperienze, possibiliper tutti, si moltiplicassero! Lacittà non abbia paura di donare icinque pani e i due pesci: laProvvidenza interverrà e tutti sa-ranno saziati.

Bologna è stata la prima cittàin Europa, 760 anni or sono, aliberare i servi dalla schiavitù.Erano esattamente 5855. Tantissi-mi. Eppure Bologna non ebbepaura. Vennero riscattati dal Co-mune, cioè dalla città. Forse lofecero anche per ragioni econo-miche, perché la libertà aiutatutti e a tutti conviene. Non eb-bero timore di accogliere quelleche allora erano considerate“non persone” e riconoscerle co-me esseri umani. Scrissero in unlibro i nomi di ognuno di loro!Come vorrei che anche i vostrinomi fossero scritti e ricordatiper trovare assieme, come avven-ne allora, un futuro comune.

Vi ringrazio e di cuore vibenedico. E per favore pregateper me.

Cari fratelli e sorelle, vi salutotutti cordialmente e voglio assi-curarvi la mia vicinanza. Ho vo-luto che fosse proprio qui il mioprimo incontro con Bologna.Questo è il “p orto” di apprododi coloro che vengono da piùlontano e con sacrifici che a vol-te non riuscite nemmeno a rac-c o n t a re .

Molti non vi conoscono ehanno paura. Questa li fa sentirein diritto di giudicare e di poter-lo fare con durezza e freddezzacredendo anche di vedere bene.Ma non è così. Si vede bene so-lo con la vicinanza che dà la mi-sericordia. Senza questa, l’a l t ro

Dopo quello con i migranti, il secondoappuntamento del Pontefice è stato conil mondo del lavoro bolognese in piazzaMaggiore. Salutato dall’a rc i v e s c o v oMatteo Maria Zuppi, il Papa harivolto ai presenti il seguente discorsocon cui ha introdotto la recitadell’Angelus domenicale.

Cari fratelli e sorelle, buonadomenica!Saluto tutti voi che appartenete almondo del lavoro, nella varietà dellesue espressioni. Tra queste c’è pur-troppo anche quella negativa, cioè lasituazione difficile, a volte ango-sciante, della mancanza di lavoro.Grazie per la vostra accoglienza!

Voi rappresentate parti sociali di-verse, spesso in discussione ancheaspra tra loro, ma avete imparatoche solo insieme si può uscire dallacrisi e costruire il futuro. Solo il dia-logo, nelle reciproche competenze,può permettere di trovare risposteefficaci e innovative per tutti, anchesulla qualità del lavoro, in particola-re l’indispensabile w e l f a re . È quello

che alcuni chiamano il “sistema Emi-lia”. Cercate di portarlo avanti. C’èbisogno di soluzioni stabili e capacidi aiutare a guardare al futuro perrispondere alle necessità delle perso-ne e delle famiglie.

Nel vostro territorio da lungotempo si è sviluppata l’esp erienzacooperativa, che nasce dal valorefondamentale della solidarietà. Oggiessa ha ancora molto da offrire, an-che per aiutare tanti che sono in dif-ficoltà e hanno bisogno diquell’“ascensore sociale” che secon-do alcuni sarebbe del tutto fuoriuso. Non pieghiamo mai la solida-rietà alla logica del profitto finanzia-rio, anche perché così la togliamo —potrei dire la rubiamo — ai più de-boli che ne hanno tanto bisogno.Cercare una società più giusta non èun sogno del passato ma un impe-gno, un lavoro, che ha bisogno oggidi tutti.

La situazione della disoccupazio-ne giovanile e quella di tanti chehanno perduto il lavoro e non rie-scono a reinserirsi sono realtà allequali non possiamo abituarci, trat-tandole come se fossero solamentedelle statistiche. E questa è la tenta-zione.

L’accoglienza e la lotta alla po-vertà passano in gran parte attraver-so il lavoro. Non si offre vero aiutoai poveri senza che possano trovarelavoro e dignità. Questa è la sfidaappassionante, come negli anni del-la ricostruzione dopo la guerra, chetanta povertà aveva lasciato. Il re-cente “Patto per il lavoro”, che havisto tutte le parti sociali, e anche laChiesa, firmare un comune impe-gno per aiutarsi nella ricerca di ri-sposte stabili, non di elemosine,è un metodo importanteche auspico possadare i frutti sperati.

La crisi economicaha una dimensione

europea e globale; e, come sappia-mo, essa è anche crisi etica, spiri-tuale e umana. Alla radice c’è untradimento del bene comune, daparte sia di singoli sia di gruppi dipotere. È necessario quindi toglierecentralità alla legge del profitto eassegnarla alla persona e al benecomune. Ma perché tale centralitàsia reale, effettiva e non solo procla-mata a parole, bisogna aumentare leopportunità di lavoro dignitoso.Questo è un compito che appartie-ne alla società intera: in questa fasein modo particolare, tutto il corposociale, nelle sue varie componenti,è chiamato a fare ogni sforzoperché il lavoro, che è fattore pri-mario di dignità, sia una preoccu-pazione centrale.

Qui ci troviamo davanti a San Pe-tronio, ricordato come Pater et Pro-tector e raffigurato sempre con la cit-tà sulle sue mani. Da qui fisicamentevediamo tre aspetti costitutivi dellavostra città: la Chiesa, il Comune el’Università. Quando essi dialoganoe collaborano tra loro, si rafforza ilprezioso umanesimo che essi espri-mono e la città — per così dire —“re s p i r a ”, ha un orizzonte, e non hapaura di affrontare le sfide che sipresentano. Vi incoraggio a valoriz-zare questo umanesimo di cui sietedepositari per cercare soluzioni sa-pienti e lungimiranti ai complessiproblemi del nostro tempo, veden-doli sì come difficoltà, ma anche co-me opportunità di crescita e di mi-glioramento. E questo che dico vale

per l’Italia nel suo insieme e perl’intera Europa.

Cari amici, vi sono particolarmen-te vicino, mettendo nelle mani delSignore e della Madonna di San Lu-ca tutte le vostre ansie e preoccupa-zioni. A Lei, così venerata da tutti ibolognesi, ci rivolgiamo ora con lapreghiera dell’An g e l u s .

Al termine della preghiera mariana ilPapa ha ricordato la beatificazione delsalesiano Titus Zeman, la memoria disan Girolamo e la tradizionale supplicaalla Madonna del rosario di Pompei.Ecco le sue parole.

Cari fratelli e sorelle,ieri, a Bratislava (Slovacchia), è statobeatificato Titus Zeman, sacerdotesalesiano. Egli si unisce alla lungaschiera dei martiri del XX secolo,perché morì nel 1969 dopo esserestato per lungo tempo in carcere acausa della sua fede e del suo servi-zio pastorale. La sua testimonianzaci sostenga nei momenti più difficilidella vita e ci aiuti a riconoscere, an-che nella prova, la presenza del Si-g n o re .

In questa domenica culmina lasettimana dedicata in modo partico-lare alla Parola di Dio, in occasionedella ricorrenza, ieri, della memoriadi San Girolamo, grande maestrodella Sacra Scrittura. RingraziamoDio per il dono della sua Parola eimpegniamoci a leggere e meditarela Bibbia, specialmente il Vangelo.

Infine, ci uniamo spiritualmente aifedeli convenuti presso il Santuariodi Pompei per la tradizionale Sup-plica alla Madonna del Rosario, pre-sieduta oggi dal Presidente dellaConferenza Episcopale Italiana, Car-dinale Bassetti.

A tutti voi, bolognesi nativi e“adottivi”, auguro una buona dome-nica. Per favore, non dimenticatevidi pregare per me. Buon pranzo ea r r i v e d e rc i !

L’OSSERVATORE ROMANOlunedì-martedì 2-3 ottobre 2017 pagina 9

Nell’incontro con sacerdoti, religiosi e seminaristi

L’esp erienzadella diocesanità

Tra la gentecome don Camillo

Al convegno di Firenze «lei ha par-lato di don Camillo, che è della no-stra regione e qui ne ho conosciutitanti: vogliamo come lui pregare ilSignore crocifisso e come lui cono-scere tutti e parlare con tutti pernon essere profeti di sventura eguardare nei segni dei tempi quelloche il Signore ci chiede». È conqueste parole che l’arcivescovo Zup-pi, ha presentato a Papa Francescoi sacerdoti, i religiosi e i seminaristidella diocesi. E gli ha subito fattoun dono particolare, nella consape-volezza, ha detto, che il Papa prefe-risce «i regali che sono per gli al-tri»: così il presule ha annunciatoche sarà costruita la chiesa a Ma-panda, un piccolo villaggio in Tan-zania gemellato da oltre quarant’an-ni con la diocesi di Bologna. Lachiesa, ha spiegato, vuole essere unsegno concreto del congresso euca-ristico in fase di chiusura. E ancheper questo, ha concluso, «sentiamola gioia di poter guardare il futurocon speranza».

Nel pomeriggio Francesco dall’a rc i v e s c o v a d oha raggiunto la cattedrale di San Pietroper incontrare i sacerdoti, i religiosi,i seminaristi e i diaconi permanentidell’arcidiocesi di Bologna. Dopo il salutodi monsignor Zuppi, il Papa ha dialogatocon i presenti. Di seguito pubblichiamoil testo del colloquio, riportando per interole parole del Pontefice e in sintesi le duedomande che gli sono state rivolte.

Buona sera, buon pomeriggio!Ringrazio per la vostra presenza: per me èuna consolazione stare con i consacrati,con i sacerdoti, con i diaconi, con quelliche portano avanti — in parte, ci sono an-che i laici, ma in gran parte — l’ap ostolatodella Chiesa, e con i religiosi perché sonoquelli che cercano di darci la testimonian-za dell’anti-mondanità. Grazie tante. Hoscelto come metodo, per essere più spon-taneo, che voi facciate delle domande e iorispondo. Ho ricevuto tanti progetti didomande, ma sono due quelle che verran-no fatte.

Un sacerdote ha chiesto come può esprimersi ecome può crescere l’esigenza evangelica dellafraternità nella vita dei presbiteri.

Il centro della domanda è la fraternitànella vita dei presbiteri. Questa fraternitàsi esprime nel presbiterio. Andiamo ancheoltre. A volte, scherzando tra i religiosi e isacerdoti diocesani, i diocesani dicono:«Io sono dell’ordine che ha fondato SanPietro» — cioè dell’ordine vero —, «voi, viha fondato il santo tale, il beato tale...». Ècosì, no? Ma qual è il centro, qual è pro-prio il nocciolo della spiritualità della vitadel presbitero diocesano? La diocesanità.Noi non possiamo giudicare la vita di unpresbitero diocesano senza domandarcicome vive la diocesanità. E la diocesanitàè una esperienza di appartenenza: tu ap-partieni a un corpo che è la diocesi. Que-sto significa che tu non sei un “lib ero”,

hypomenein, la hypomoné. Le due virtù chePaolo usava per fare la descrizionedell’uomo di Chiesa. E questo coraggio diparlare e coraggio di pazienza ci vuole, ènecessario per vivere la diocesanità. Il co-raggio di parlare. «Ma no, è meglio nonparlare...». Io ricordo, quando ero studen-te di filosofia, un vecchio gesuita, furbac-chione, buono ma un po’ furbacchione,mi consigliò: «Se tu vuoi sopravvivere nel-la vita religiosa, pensa chiaro, sempre; maparla sempre oscuro». È un modo di ipo-crisia clericale, diciamo così. «No, la pen-so così, ma c’è il vescovo, o c’è quel vica-rio, c’è quell’altro... meglio stare zitti... epoi la “cucino” con i miei amici». Questoè mancanza di libertà. Se un sacerdotenon ha libertà di p a n - re i n , di p a r re s i a , nonvive bene la diocesanità; non è libero, eper vivere la diocesanità ci vuole libertà. Epoi l’altra virtù è sopportare. Sopportare ilvescovo, sempre. Tutti i vescovi abbiamole nostre [mancanze], tutti; ognuno di noiha i suoi difetti… Sopportare il vescovo.Sopportare i fratelli: quello non mi piacequello che dice... guarda questo, guardaquello... È interessante, quello che non hala libertà di parlare, il coraggio di parlaredavanti a tutti, ha l’atteggiamento “basso”di sparlare di nascosto. Non ha la pazien-za di sopportare in silenzio, non ha la pa-zienza di “p ortare-su” in silenzio. E noidobbiamo fare del tutto per avere la virtùdi dire le cose in faccia, con prudenza, madirle. È vero, se io non sono d’accordo colfratello in una riunione, non devo dire «tusei un disgraziato», no, ma «io non sonod’accordo perché penso così e così», senzainsultare. Ma dire quello che penso, libe-ramente. E poi, se c’è qualcuno che miannoia e viene sempre con le solite storiee rovina forse una riunione... la pazienza,la pazienza di sopportare. In questo ciaiuta tanto pensare a Dio che in GesùCristo è entrato in pazienza, cioè ha sop-portato tutti noi.

Diocesanità che ha quella virtù del par-lare chiaro che ci fa liberi, e anchequell’altra virtù della pazienza.

Ma inoltre c’è il popolo di Dio, chenon entra nel collegio presbiterale, ma en-tra nella Chiesa diocesana. E vivere la dio-cesanità è anche viverla col popolo diDio. Il sacerdote deve domandarsi: com’èil mio rapporto col popolo santo di Dio?E lì c’è un brutto difetto, un brutto difettoda combattere: il clericalismo. Cari sacerdo-ti, noi siamo pastori, pastori di popolo, enon chierici di Stato. Penso a quei tempi,in Francia, al tempo delle corti, a “Mon-sieur l’abb é”, chierico di Stato; ma senzaessere un “Monsieur l’abb é”, ci sono tantichierici di Stato, che sono funzionari delsacro, ma il rapporto col popolo è — que-sta è una “figuraccia” — quasi come quellotra il padrone e l’operaio: io sono il chieri-co e tu sei ignorante. Ma, pensate bene, ilnostro clericalismo è molto forte, moltoforte; e ci vuole una conversione grande,continua per essere pastori. Abbiamo fini-to di leggere — non so se anche nella Li-turgia italiana, perché io continuo con ilBreviario argentino — il De pastoribus [disant’Agostino] nell’Ufficio delle Letture, elì si vede chiaramente che Agostino ci favedere com’è un pastore, ma non uno cle-ricale, un pastore di popolo, che non vuoldire un populista, no, pastore di popolo,cioè vicino al popolo perché è stato invia-to lì a far crescere il popolo, a insegnare alpopolo, a santificare il popolo, ad aiutareil popolo a trovare Gesù Cristo. Invece, ilpastore che è troppo clericale assomiglia aquei farisei, a quei dottori della legge, aquei sadducei del tempo di Gesù: soltantola mia teologia, il mio pensiero, quello chesi deve fare, quello che non si deve fare,chiuso lì, e il popolo è là; mai interloquirecon la realtà di un popolo.

A me oggi è piaciuto il pranzo..., nontanto perché la lasagna fosse molto buo-na, ma mi è piaciuto perché c’era il popo-lo di Dio, anche i più poveri, lì, e i pastorierano lì, in mezzo al popolo di Dio. Il pa-store deve avere un rapporto — e questa èsinodalità — un triplice rapporto con ilpopolo di Dio: stare davanti, per far vede-re la strada, diciamo il pastore catechista,il pastore che insegna la strada; in mezzo,per conoscerli: vicinanza, il pastore è vici-no, in mezzo al popolo di Dio; e anched i e t ro , per aiutare quelli che rimangono inritardo e anche a volte per lasciare al po-polo di vedere — perché sa, “annusa” b enepopolo —, per vedere quale strada sceglie-re: le pecorelle hanno il fiuto per saperedove ci sono i pascoli buoni. Ma non solodietro, no. Muoversi nelle tre [posizioni]:davanti, in mezzo e dietro. Un bravo pa-store deve fare questo movimento.

Riassumo, per non dimenticare. Il rap-porto della diocesanità, il rapporto tra noisacerdoti, il rapporto con il vescovo, con il

coraggio di parlare di tutto, il coraggio disopportare tutto. Il rapporto con il popo-lo di Dio, senza il quale cado nel clericali-smo, uno dei peccati più forti — Agostino,nel De pastoribus, descrive tanto bene ilclericalismo, tanto bene —, e nel popolo diDio questi tre posti: davanti al popolo diDio, come figura, come catechista, per farvedere dove è la strada; in mezzo, per co-noscere, per capire bene come è il popolo;e dietro, per aiutare quelli che rimangono[in fondo] e anche per lasciare un po’ dilibertà e vedere come va il “fiuto” del po-polo di Dio nello scegliere l’erba buona.

Inoltre, è triste quando un pastore nonha orizzonte di popolo, del popolo diDio; quando non sa cosa fare... È moltotriste quando le chiese rimangono chiuse— alcune devono rimanere chiuse —, oquando si vede un cartello lì sulla porta:«dalla tal ora alla tal ora», poi non c’ènessuno. Confessioni soltanto nel tal gior-no da tale ora a tale ora. Ma, non è un uf-ficio del sindacato! È il posto dove si vie-ne ad adorare il Signore. Ma se un fedelevuole adorare il Signore e trova la porta

porsi nella prospettiva indicata dal Papa diessere testimoni di gioia e di speranza, senzacadere nella psicologia della sopravvivenza.

Cadere nella psicologia della sopravvi-venza è come “aspettare la carrozza”, lacarrozza funebre. Aspettiamo che arrivi lacarrozza e porti via il nostro istituto. È unpessimismo “sp olverato” di speranza, nonè da uomini e donne di fede, questo. Nel-la vita religiosa, “aspettare la carrozza”non è un atteggiamento evangelico: è unatteggiamento di sconfitta. E, mentreaspettiamo la carrozza, ci arrangiamo co-me possiamo e, per sicurezza, prendiamodei soldi per essere sicuri. Questa psicolo-gia della sopravvivenza porta a mancanzadi povertà. A cercare la sicurezza nei sol-di. Si sente a volte: “Nel nostro istitutosiamo vecchie — ho sentito da alcune suo-re, questo — siamo vecchie e non ci sonole vocazioni, ma abbiamo dei beni, per as-sicurarci la fine». E questa è la strada piùadatta per portarci alla morte. La sicurez-za, nella vita consacrata, non la danno levocazioni, non la dà l’abbondanza di sol-di; la sicurezza viene da un’altra parte. Io

giovani non si sentono entusiasti, non sen-tono l’entusiasmo per il mio carisma, peril carisma del mio istituto? perché l’istitu-to ha perso la capacità di convocare, dichiamare? Fare un vero esame di coscienzasulla realtà, e dire tutta la verità. Questovale anche per i diocesani, e anche per ilaici, ma io lo direi per i religiosi: io vichiedo, fatemi un favore, vi chiedo di me-ditare gli ultimi tre numeri della Evangeliinuntiandi, quel documento pastorale post-sinodale che ancora è attuale, non è passa-to, no!, ha la sua forza; quando il BeatoPaolo VI parla dell’“identikit dell’evange-l i z z a t o re ”, come lo vuole, e lì fare l’esamedi coscienza: «io e il mio istituto, faccia-mo questo?». O, come dice Paolo VI, è unistituto triste, amareggiato, che non sa co-sa fare?... Meditate quei numeri che aiute-ranno a fare l’esame di coscienza su que-sta psicologia della sopravvivenza. Ma ilnocciolo del problema cercatelo semprenella povertà: come vivere la povertà.

Poi, nella domanda c’è: «...e mettercicon Gesù in mezzo al suo popolo, toccan-do le piaghe di Gesù nelle piaghe delmondo». Questa è un po’ la strada di Fi-lippesi 2, 7: la strada di Gesù è quelladell’abbassamento — “si abbassò”, “si an-nientò” —; abbassarsi con il popolo diDio, con quelli che soffrono, con quelliche non ti possono dare nulla. Soltantoavrai la forza della preghiera. Ricordo una

come nel calcio, non sei un libero — nelcalcio amatoriale c’è il libero —. No, nonsei un “lib ero”. Sei un uomo che appartie-ne a un corpo, che è la diocesi, alla spiri-tualità e alla diocesanità di quel corpo; ecosì è anche il consiglio presbiterale, ilcorpo presbiterale. Credo che questo lodimentichiamo tante volte, perché senzacoltivare questo spirito di diocesanità di-ventiamo troppo “singoli”, troppo soli conil pericolo di diventare anche infecondi ocon qualche... — diciamolo delicatamente— nervosismo, un po’ innervositi per nondire nevrotici, e così un po’ “zitelloni”. Èil prete solo, che non ha quel rapportocon il corpo presbiterale. “Vae soli!”, dice-vano i Padri del deserto (cfr. Ecclesiaste 4,10 Vulg.), “guai a chi è solo”, perché finiràmale. E per questo è importante coltivare,far crescere il senso della diocesanità, cheha anche una dimensione di sinodalitàcon il vescovo. Quel corpo ha una forzaspeciale e quel corpo deve andare avantisempre con la trasparenza. L’impegno del-la trasparenza, ma anche la virtù della tra-sparenza. La trasparenza cristiana come lavive Paolo, cioè il coraggio di parlare, didire tutto. Paolo sempre andava avanticon questo coraggio, usava la parola “par-re s i a ”, andare avanti... Il coraggio di parla-re; e anche il coraggio della pazienza, dis o p p o r t a re , di portare-su, sulle spalle: la

non vorrei dire cose che uno sa per uffi-cio, ma dico soltanto le cose che si vedo-no. Alcune congregazioni che diminuisco-no, diminuiscono e i beni ingrandiscono.Tu vedi quei religiosi o religiose attaccatiai soldi come sicurezza. Questo è il noc-ciolo della psicologia della sopravvivenza,cioè sopravvivo, sono sicuro, perché hodei soldi. Il problema non è tanto nellacastità o nell’obbedienza, no. È nella po-vertà. Il pesce incomincia a corrompersidalla testa e la vita consacrata incominciaa corrompersi dalla mancanza di povertà.Ed è davvero così. Sant’Ignazio chiamavala povertà “madre e muro” della vita reli-giosa; “m a d re ” perché genera la vita reli-giosa, e “m u ro ” perché la difende da ognimondanità. La psicologia della sopravvi-venza ti porta a vivere mondanamente,con speranze mondane, non a mettertisulla strada della speranza divina, la spe-ranza di Dio. I soldi sono davvero una ro-vina, per la vita consacrata. Ma Dio è tan-to buono, è tanto buono, perché quandoun istituto di vita consacrata incomincia aincassare e incassare, il Signore è tantobuono che gli invia un economo o un’eco-noma cattivo/a che fa crollare tutto, equesta è una grazia! Quando crollano ibeni di un istituto religioso, io dico: “Gra-zie, Signore!”, perché questi incomince-ranno ad andare sulla via della povertà edella vera speranza nei beni che ti dà ilSignore: la vera speranza di fecondità cheti dà la strada del Signore. Per favore, vidico, sempre, sempre fate un esame di co-scienza sulla povertà: la povertà personale,che non è soltanto andare a chiedere ilpermesso al superiore, alla superiora perfare una cosa, è più profonda, è una cosapiù profonda ancora; e anche la povertàdell’istituto, perché lì c’è la [vera] soprav-vivenza della vita consacrata, nel sensopositivo, cioè lì sta la speranza vera chefarà crescere la vita consacrata.

Poi c’è un’altra cosa. Il Signore ci visitatante volte con la scarsità dei mezzi: scar-sità dei mezzi, scarsità di vocazioni, scarsi-tà di possibilità... con una vera povertà,non solo la povertà del voto, ma anche lapovertà reale. E la mancanza di vocazioniè una povertà ben reale! In queste situa-zioni è importante parlare con il Signore:perché le cose sono così? cosa succede nelmio istituto? perché le cose finiscono così?perché manca quella fecondità? perché i

volta, nella diocesi, quella che avevo pri-ma, all’ospedale le suorine erano anziane,austriache, davvero non avevano vocazionie con tanto dolore sono dovute tornare inpatria. E quell’ospedale è finito senza suo-re. Ma c’era là un sacerdote coreano, chesi è mosso e ha portato suorine dalla Co-rea. Ne ha portate quattro, e sono arriva-te, tutte giovani. Sono arrivate di lunedì eil mercoledì sono scese nei reparti. Quan-do io sono andato sabato a visitarequell’ospedale, gli ammalati, tutti, diceva-no: «Ma che buone le suorine, ma che be-ne mi hanno fatto!». Io ho pensato: «Maqueste coreane, di spagnolo sanno lo stes-so che io so di coreano; e come gli amma-lati possono dire: Che buone le suorine?».Ma loro, con il sorriso, prendevano loro lamano, li accarezzavano, e con questo sonoarrivate al cuore del popolo di Dio, delpopolo sofferente, della piaga, della carnesofferente di Gesù.

Quando c’è una vita così, non parlareuna lingua e vivere in un Paese dove siparla quella lingua, è una povertà impres-sionante, è una grande povertà. E questesuore vivevano questa condizione, ma conpace e facevano tanto bene. Nell’abbassa-mento, toccare la carne sofferente di Gesùe dei poveri: e questa è una psicologia cheallontana quella della sopravvivenza; èuna psicologia della costruzione del Re-gno di Dio, perché proprio Matteo 25 ciindica questa strada per il Regno di Dio.La psicologia della sopravvivenza è sem-pre pessimistica. Non apre degli orizzonti,è chiusa. Ed è orientata verso il cimitero.

Scendere, come Gesù, alla sua carnesofferente, ai più deboli, agli ammalati, atutti quelli che dice Matteo 25. Questo hacome orizzonte non il cimitero, ha unorizzonte fecondo. Questo è seminare, e lacrescita del seme la dà il Signore. Per que-sto dico queste due cose: la povertà e l’at-teggiamento verso la carne dolente di Cri-sto. Con sincerità. Senza ideologie. Gra-zie.

Mi dicono che siamo in ritardo e chedobbiamo congedarci. Vi ringrazio tantodella vostra presenza. Vi ringrazio dellatestimonianza. E ai religiosi vorrei direuna cosa, perché ho parlato di meno ai re-ligiosi che ai diocesani: la vita consacrataè uno schiaffo alla mondanità spirituale! An-date avanti!

due “p esti” forti: questa è una. Gli arram-picatori, che cercano di farsi strada e sem-pre hanno le unghie sporche, perché vo-gliono andare su. Un arrampicatore è ca-pace di creare tante discordie nel seno diun corpo presbiterale. Pensa alla carriera:«Adesso finisco in questa parrocchia e midaranno un’altra più grande...». È interes-sante: l’arrampicatore, quando finisce inuna e il vescovo gliene dà un’altra nontanto “alta”, più “bassa”, si offende. Si of-fende! «Ma no: a me tocca quella!». Nonti tocca niente, a te tocca soltanto il servi-zio. Le cose dobbiamo dirle così, chiara-mente. Gli arrampicatori fanno tanto maleall’unione comunitaria del presbiterio, tan-to male, perché sono in comunità ma fan-no così per andare avanti loro.

L’altro vizio frequente è il chiacchieric-cio. «Ma quello...» — «Hai visto que-sto...» — «Si dice di questo...» — «Si dicedi questo...». E la fama del fratello preteviene sporcata, finisce sporcata, la fama sirovina. Distruggere la fama degli altri. Ilchiacchiericcio è un vizio, un vizio “diclausura”, diciamo noi. Quando c’è unpresbiterio dove ci sono tanti uomini conl’anima chiusa, c’è il chiacchiericcio, spar-lare degli altri. «Ti ringrazio, Signore, per-ché non sono come gli altri, e neppure co-me quel pubblicano» (cfr. Lc 18, 11), «gra-zie a Dio che non sono come quello!».Questa è la musica del chiacchiericcio, an-che del chiacchiericcio clericale. L’arram-picamento e il chiacchiericcio sono due vi-zi propri del clericalismo.

Come può esprimersi e crescere questaesigenza evangelica di fraternità nella vitadei presbiteri? Vivendo la diocesanità, conil coraggio di parlare chiaro sempre e disopportare gli altri; con un buon rapportocon il popolo di Dio, sia davanti, per in-dicare il cammino, sia in mezzo, nella vici-nanza delle opere di carità, sia dietro, perguardare come va il popolo e aiutare quel-li che sono in ritardo; e fuggendo da ogniforma di clericalismo, perché i due vizipiù brutti che ha il clericalismo sono l’ar-rampicamento e il chiacchiericcio.

Non so se ho risposto alla domanda...Diocesanità, questo è il carisma proprio diun sacerdote diocesano, e diocesanità si-gnifica questo che ho detto. Grazie.

Quindi un religioso ha chiesto quali sono ipassi che i consacrati dovrebbero compiere per

chiusa, dove va a farlo? Pastori conorizzonte di popolo: questo vuoldire [chiedersi]: come faccio io peressere vicino al mio popolo? Alcu-ne volte penso alle chiese che sonosulle strade molto molto popolose,chiuse; e qualche parroco ha fattol’esperienza di aprirle, e di cercareche fosse sempre a disposizione unconfessore, con la accesa luce sulconfessionale. E quel confessorenon finiva di confessare. La gentevede la porta aperta, entra, vede laluce e va. Sempre la porta aperta,sempre con quel servizio al popolodi Dio.

Tutto questo è la diocesanità.Poi, io vorrei parlare di due vizi,

vizi che ci sono dappertutto — nonso, forse a Bologna non ci sono,grazie a Dio, ma dappertutto si ve-dono, non tutti, alcuni.

Uno è pensare il servizio presbi-terale come carriera ecclesiastica.Nella vita dei santi — quelle anti-che — si diceva: «E a quell’età sentìla chiamata alla carriera ecclesiasti-ca». È un modo di dire di altritempi. Ma io non mi riferisco aquesto, mi riferisco a un vero atteg-giamento “a r r a m p i c a t o re ”. Questoè “p este” in un presbiterio. Ci sono

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 10 lunedì-martedì 2-3 ottobre 2017

Dalla cattedrale di Bologna, Francesco ha raggiunto in automobile piazzaSan Domenico per incontrare, sempre nel pomeriggio di domenica,gli studenti e il mondo accademico. Dopo il saluto rivoltogli dal rettoredell’ateneo bolognese, Francesco Ubertini, e da uno studente di medicina,Davide Leardini, il Pontefice ha pronunciato il seguente discorso.

gna è da quasi mille anni labora-torio di umanesimo: qui il dialo-go con le scienze ha inauguratoun’epoca e ha plasmato la città.Per questo, Bologna è chiamata“la dotta”: dotta ma non saccen-te, proprio grazie all’Università,che l’ha sempre resa aperta, edu-cando cittadini del mondo e ri-

cordando che l’identità a cui siappartiene è quella della casa co-mune, dell’u n i v e rs i t a s .

La parola u n i v e rs i t a s contienel’idea del tutto e quella della co-munità. Ci aiuta a fare memoriadelle origini — è tanto preziosocoltivare la memoria! —, di queigruppi di studenti che comincia-rono a radunarsi attorno ai mae-stri. Due ideali li spinsero, uno“verticale”: non si può viveredavvero senza elevare l’animo al-la conoscenza, senza il desideriodi puntare verso l’alto; e l’a l t ro“orizzontale”: la ricerca va fattainsieme, stimolando e condivi-dendo buoni interessi comuni.Ecco il carattere universale, chenon ha mai paura di includere.Lo testimoniano seimila stemmimulticolori, ognuno dei qualirappresenta la famiglia di ungiovane venuto qui a studiare,non solo da tante città italiane,ma da molti Paesi europei e per-sino dal Sudamerica! La vostraAlma Mater, e ogni università, èchiamata a ricercare ciò che uni-sce. L’accoglienza che riservate astudenti provenienti da contestilontani e difficili è un bel segno:che Bologna, crocevia secolare diincontri, di confronto e relazio-ne, e in tempi recenti culla delprogetto E ra s m u s , possa coltivaresempre questa vocazione!

Tutto qui è iniziato attorno al-lo studio del diritto, a testimo-nianza che l’università in Europaha le radici più profonde nel-l’umanesimo, cui le istituzioni ci-vili e la Chiesa, nei loro ruoliben distinti, hanno contribuito.

Lo stesso San Domenico rimaseammirato dalla vitalità di Bolo-gna e dal grande numero di stu-denti che vi accorrevano per stu-diare il diritto civile e canonico.Bologna col suo Studium avevasaputo rispondere ai bisogni del-la nuova società, attirando stu-denti desiderosi di sapere. SanDomenico li incontrò spesso. Se-condo una narrazione, fu pro-prio uno scolaro, colpito dallasua conoscenza della Sacra Scrit-tura, a domandargli su quali libriavesse studiato. È nota la rispo-sta di Domenico: «Ho studiatonel libro della carità più che inaltri; questo libro infatti insegnaogni cosa».

La ricerca del bene, infatti, èla chiave per riuscire veramentenegli studi; l’amore è l’i n g re d i e n -te che dà sapore ai tesori dellaconoscenza e, in particolare, aidiritti dell’uomo e dei popoli.Con questo spirito vorrei pro-porvi tre diritti, che mi sembranoattuali.

1. Diritto alla cultura. Non miriferisco solo al sacrosanto dirittoper tutti di accedere allo studio— in troppe zone del mondo tan-ti giovani ne sono privi —, maanche al fatto che, oggi special-mente, diritto alla cultura signifi-ca tutelare la sapienza, cioè unsapere umano e umanizzante.Troppo spesso si è condizionatida modelli di vita banali ed effi-meri, che spingono a perseguireil successo a basso costo, scredi-tando il sacrificio, inculcandol’idea che lo studio non serve senon dà subito qualcosa di con-creto. No, lo studio serve a porsidomande, a non farsi anestetiz-zare dalla banalità, a cercare sen-so nella vita. È da reclamare ildiritto a non far prevalere le tan-te sirene che oggi distolgono daquesta ricerca. Ulisse, per noncedere al canto delle sirene, cheammaliavano i marinai e li face-vano sfracellare contro gli scogli,

si legò all’albero della nave e tu-rò gli orecchi dei compagni diviaggio. Invece Orfeo, per con-trastare il canto delle sirene, fecequalcos’altro: intonò una melo-dia più bella, che incantò le sire-ne. Ecco il vostro grande compi-to: rispondere ai ritornelli para-lizzanti del consumismo culturalecon scelte dinamiche e forti, conla ricerca, la conoscenza e lacondivisione.

Armonizzando nella vita que-sta bellezza custodirete la cultu-ra, quella vera. Perché il sapereche si mette al servizio del mi-glior offerente, che giunge adalimentare divisioni e a giustifi-care sopraffazioni, non è cultura.C u l t u ra — lo dice la parola — èciò che coltiva, che fa crescerel’umano. E davanti a tanto la-mento e clamore che ci circonda,oggi non abbiamo bisogno dichi si sfoga strillando, ma di chipromuove buona cultura. Ci ser-vono parole che raggiungano lementi e dispongano i cuori, nonurla dirette allo stomaco. Nonaccontentiamoci di assecondarel’audience; non seguiamo i teatri-ni dell’indignazione che spessonascondono grandi egoismi; de-dichiamoci con passione all’edu-cazione, cioè a “trarre fuori” ilmeglio da ciascuno per il benedi tutti. Contro una pseudocul-tura che riduce l’uomo a scarto,la ricerca a interesse e la scienzaa tecnica, affermiamo insiemeuna cultura a misura d’uomo,una ricerca che riconosce i meritie premia i sacrifici, una tecnicache non si piega a scopi mercan-tili, uno sviluppo dove non tuttoquello che è comodo è lecito.

2. Diritto alla speranza. Tantioggi sperimentano solitudine eirrequietezza, avvertono l’aria pe-sante dell’abbandono. Allora oc-corre dare spazio a questo dirittoalla speranza: è il diritto a nonessere invasi quotidianamentedalla retorica della paura edell’odio. È il diritto a non esse-re sommersi dalle frasi fatte deipopulismi o dal dilagare inquie-tante e redditizio di false notizie.È il diritto a vedere posto un li-mite ragionevole alla cronaca ne-ra, perché anche la “c ro n a c abianca”, spesso taciuta, abbia vo-ce. È il diritto per voi giovani acrescere liberi dalla paura del fu-turo, a sapere che nella vita esi-stono realtà belle e durature, percui vale la pena di mettersi ingioco. È il diritto a credere chel’amore vero non è quello “usa egetta” e che il lavoro non è unmiraggio da raggiungere, mauna promessa per ciascuno, cheva mantenuta.

Quanto sarebbe bello che leaule delle università fossero can-tieri di speranza, officine dove silavora a un futuro migliore, dovesi impara a essere responsabili disé e del mondo! Sentire la re-sponsabilità per l’avvenire dellanostra casa, che è casa comune. Avolte prevale il timore. Ma oggiviviamo una crisi che è ancheuna grande opportunità, una sfi-da all’intelligenza e alla libertàdi ciascuno, una sfida da acco-gliere per essere artigiani di spe-ra n z a . E ognuno di voi lo puòdiventare, per gli altri.

3. Diritto alla pace. Anche que-sto è un diritto, e un dovere,iscritto nel cuore dell’umanità.Perché «l’unità prevale sul con-flitto» (Evangelii gaudium, 226).Qui, alle radici dell’universitàeuropea, mi piace ricordare chequest’anno si è celebrato il ses-santesimo anniversario dei Trat-tati di Roma, degli inizi dell’Eu-ropa unita. Dopo due guerremondiali e violenze atroci di po-poli contro popoli, l’Unione è

nata per tutelare il diritto allapace. Ma oggi molti interessi enon pochi conflitti sembrano farsvanire le grandi visioni di pace.Sperimentiamo una fragilità in-certa e la fatica di sognare ingrande. Ma, per favore, non ab-biate paura dell’unità! Le logicheparticolari e nazionali non vani-fichino i sogni coraggiosi deifondatori dell’Europa unita. Emi riferisco non solo a queigrandi uomini di cultura e di fe-de che diedero la vita per il pro-getto europeo, ma anche ai mi-lioni di persone che persero lavita perché non c’erano unità epace. Non perdiamo la memoriadi questi!

Cent’anni fa si levò il grido diBenedetto X V, che era stato Ve-scovo di Bologna, il quale definìla guerra «inutile strage» (L e t t e raai Capi dei Popoli belligeranti, 1°agosto 1917). Dissociarsi in tuttodalle cosiddette “ragioni dellaguerra” parve a molti quasi unaffronto. Ma la storia insegnache la guerra è sempre e soloun’inutile strage. Aiutiamoci, co-me afferma la Costituzione Ita-liana, a “ripudiare la guerra” ( c f r.Art. 11), a intraprendere vie dinonviolenza e percorsi di giusti-zia, che favoriscono la pace. Per-ché di fronte alla pace non pos-siamo essere indifferenti o neu-trali. Il Cardinale Lercaro quidisse: «La Chiesa non può essereneutrale di fronte al male, daqualunque parte esso venga: lasua vita non è la neutralità, mala profezia» (Omelia, 1° gennaio1968). Non neutrali, ma schieratiper la pace!

All’Alma mater studiorum

Lab oratoriodi umanesimo

Un posto per i rifugiati

Consegnando a Francesco il sigillum magnum,massima onorificenza dell’università di Bologna,il rettore Francesco Ubertini ha fatto presente che«l’Alma mater ha deciso di accogliere in sé glistudenti che si trovano nella condizione di rifu-giati, coloro che qui trovano una casa al posto diquella che hanno perduta: una casa accogliente esolida, una casa dentro la quale nessuno avrà maiil diritto di usare parole che non vengano dallaragione e dal cuore».

Del resto, ha affermato il rettore, «l’accoglien-za e l’ascolto, la capacità di dialogo e di confron-to sono i valori che stanno alla base del nostrolavoro quotidiano, così come caratterizzano que-

sta città sempre aperta al pluralismo e all’ascolto,anche nei momenti difficili».

Dopo il rettore, ha preso la parola DavideLeardini, futuro medico, vice presidente del con-siglio degli studenti, che ha posto la questione dicome oggi si può cercare la verità superando ilclima di incertezza. «Riteniamo che la nostraUniversità — ha detto al Papa — abbia bisogno dimaestri veri, cioè come lei ha spesso sottolineato,di testimoni». Un pensiero, infine, è stato rivoltoall’importanza dello studio e della ricerca per ri-spondere seriamente alle cruciali questioni dellepovertà e delle ingiustizie che segnano profonda-mente il nostro tempo.

A tavola con gli ultimiPranzo di solidarietà nella basilica di San Petronio

L’ultimo appuntamento dellamattinata domenicale per il Papaera stato il pranzo di solidarietàcon i poveri, i rifugiati e i detenuti,svoltosi nella basilica di SanPetronio. Prima di sedersi a tavolail Pontefice ha rivolto un brevediscorso ai commensali.

Cari fratelli e sorelle,che gioia vederci in tanti in que-sta casa! È proprio come la casadi nostra Madre, la casa della mi-sericordia, la Chiesa che tutti ac-coglie, specialmente quanti han-no bisogno di un posto.

Siete al centro di questa casa.La Chiesa vi vuole al centro. Nonprepara un posto qualsiasi o di-verso: al centro e assieme. LaChiesa è di tutti, particolarmentedei poveri. Siamo tutti degli invi-tati, solo per grazia. È un misterodi amore gratuito di Dio che civuole suoi, qui, non per merito,ma per suo amore.

In questa casa normalmente sicelebra il mistero dell’Eucaristia,la mensa sulla quale è deposto ilpane e il vino che diventano ilCorpo e il Sangue di Gesù, spez-zato e versato per la moltitudinedi uomini che Egli ama. Chestrana la matematica di Dio: simoltiplica solo se si divide! Ap-

parecchiamo sempre una mensadi amore per chi ne ha bisogno.

La carità non è mai a sensounico, è sempre circolare e tuttidonano e ricevono qualcosa. Tuttiriceviamo e tutti sappiamo e pos-siamo donare tanto. Gesù nonscarta nessuno, non disprezza.Lui ha sete e ci chiede di darglida bere perché cammina con noie soffre con noi. E proprio noiabbiamo quella brocca, magariun po’ usata, che può dargli ac-qua, che è il nostro cuore! La no-stra vita è sempre preziosa e tuttiabbiamo qualcosa da dare agli al-tri.

Al termine vi verrà consegnatoil cibo più prezioso, il Vangelo, laParola di quel Dio che tutti por-tiamo nel cuore, che per noi cri-stiani ha il volto buono di Gesù.È per voi! È rivolto proprio a chiha bisogno! Prendetelo tutti eportatelo come segno, sigillo per-sonale di amicizia di Dio che sifa pellegrino e senza posto perprepararlo a tutti.

Siamo tutti dei viandanti, deimendicanti di amore e di speran-za, e abbiamo bisogno di questoDio che si fa vicino e si rivelanello spezzare del pane.

Questo pane di amore che oggicondividiamo portatelo anche voiad altri. Regalate a tutti simpatia

e amicizia. È l’impegno che pos-siamo avere tutti. Ce n’è un gran-de bisogno. Voi avete una sensi-bilità particolare nel cogliere ladimensione umana perché sapeteche cosa è la fragilità, il bisognodi tendere le mani, di farsi aiutaremettendo da parte l’o rg o g l i o .

Il “Padre nostro” che recitere-mo alla fine è davvero la preghie-ra dei poveri. La richiesta del pa-ne, infatti, esprime l’affidamentoa Dio per i bisogni primari dellanostra vita. Quanto Gesù ci hainsegnato con questa preghieraesprime e raccoglie la voce di chisoffre per la precarietà dell’esi-stenza e per la mancanza del ne-

cessario. Ai discepoli che chiede-vano a Gesù di insegnare loro apregare, Egli ha risposto con leparole dei poveri che si rivolgonoall’unico Padre in cui tutti si rico-noscono come fratelli. Il “Pa d ren o s t ro ” è una preghiera che siesprime al plurale: il pane che sichiede è “n o s t ro ”, e ciò comportacondivisione, partecipazione e re-sponsabilità comune. In questapreghiera tutti riconosciamo l’esi-genza di superare ogni forma diegoismo per accedere alla gioiadell’accoglienza reciproca.

Oggi possiamo condividere ilnostro pane quotidiano. E tuttine vogliamo ringraziare Dio.

Perciò invochiamo lo ius pacis,come diritto di tutti a comporrei conflitti senza violenza. Perquesto ripetiamo: mai più laguerra, mai più contro gli altri,mai più senza gli altri! Venganoalla luce gli interessi e le trame,spesso oscuri, di chi fabbricaviolenza, alimentando la corsaalle armi e calpestando la pacecon gli affari. L’Università è sor-ta qui per lo studio del diritto,per la ricerca di ciò che difendele persone, regola la vita comunee tutela dalle logiche del più for-te, della violenza e dell’arbitrio.È una sfida attuale: affermare idiritti delle persone e dei popoli,dei più deboli, di chi è scartato,e del creato, nostra casa comune.

Non credete a chi vi dice chelottare per questo è inutile e cheniente cambierà! Non acconten-tatevi di piccoli sogni, ma sogna-te in grande. Voi, giovani, so-gnate in grande! Sogno anch’io,ma non solo mentre dormo, per-ché i sogni veri si fanno ad occhiaperti e si portano avanti alla lu-ce del sole. Rinnovo con voi ilsogno di «un nuovo umanesimoeuropeo, cui servono memoria,coraggio, sana e umana utopia»;di un’Europa madre, che «rispet-ta la vita e offre speranze di vi-ta»; di un’Europa «dove i giova-ni respirano l’aria pulitadell’onestà, amano la bellezzadella cultura e di una vita sem-plice, non inquinata dagli infinitibisogni del consumismo; dovesposarsi e avere figli sono unaresponsabilità e una gioia gran-de, non un problema dato dallamancanza di un lavoro sufficien-temente stabile» (Discorso per ilconferimento del Premio Carlo Ma-gno, 6 maggio 2016). Sognoun’Europa “universitaria e ma-d re ” che, memore della sua cul-t u ra , infonda s p e ra n z a ai figli esia strumento di pace per il mon-do. Grazie.

Cari amici,

sono contento di condividerequesto momento con voi e rin-grazio cordialmente il Rettore elo studente per i loro interventi.Non potevo venire a Bolognasenza incontrare il mondo uni-versitario. L’Università di Bolo-

L’OSSERVATORE ROMANOlunedì-martedì 2-3 ottobre 2017 pagina 11

dal nostro inviato NICOLA GORI

Solidarietà, accoglienza, attenzione ai po-veri, agli ultimi, a chi si trova nel bisogno,eliminando le barriere di discriminazione edi incomunicabilità. Sono i fili conduttoridella visita a Bologna di Papa Francesco,che è arrivato nel capoluogo emiliano do-po la sosta di due ore a Cesena, atterran-do con l’elicottero alle 10.20 in un grandeparcheggio in via Enrico Mattei.

Accolto dall’arcivescovo Matteo MariaZuppi, dal presidente della regione Emi-lia-Romagna, Stefano Bonaccini, dal pre-fetto di Bologna, Matteo Piantedosi, e dalsindaco Virginio Merola, sotto una freddapioggerella, il Pontefice si è diretto in au-tomobile verso il primo appuntamento,che significativamente si è svolto nel vici-no hub regionale dove sono accolti immi-grati, profughi e richiedenti asilo per farfronte all’emergenza sbarchi.

Lungo il percorso, hanno salutato il Pa-pa i sordomuti dell’opera don Gualandi,assistiti dai padri e dalle suore della picco-la missione. All’ingresso del centro di ac-coglienza, il Papa ha ricevuto una tesserae un braccialetto di plastica giallo con so-pra scritti il suo nome e il numero3900003. È uguale a quelli che vengonoassegnati ai migranti ospiti e Francesco havoluto metterlo al polso per testimoniareloro la propria vicinanza.

Tra bandiere delle tante nazioni di pro-venienza dei rifugiati e cartelloni con scrit-te di benvenuto in varie lingue, il Pontefi-ce ha attraversato a piedi il piazzale dellastruttura, accompagnato dall’a rc i v e s c o v o .Nonostante la pioggia, si è intrattenutoper quasi un’ora a scambiare strette di ma-no e abbracci, salutando personalmentetutti gli ospiti che si accalcavano dietro letransenne. Immancabili le foto ricordo e iselfie scattati con gli smartphone. Poi, hapronunciato il primo discorso in terra bo-lognese, chiedendo un minuto di silenzioper coloro che sono morti durante il viag-gio della speranza in Europa.

Dopo l’abbraccio degli ospiti dell’hub,Francesco si è diretto a piazza Maggiore.Lungo il tragitto una folla di persone hasalutato la papamobile. In particolare fe-deli in festa attendevano il passaggio da-vanti alle parrocchie di Santa Rita e diSant’Antonio di Savena. Il Papa è giuntonel cuore della città, nella piazza delimita-ta dalla basilica di San Petronio e dai pa-

15.30, si è trasferito in papamobile, tra dueali di folla, in piazza San Domenico, dovel’attendevano gli studenti e i professoridell’Alma Mater.

Prima dell’incontro con il mondo acca-demico, Francesco è entrato nella basilicadedicata al fondatore dell’ordine dei pre-dicatori, dove è stato accolto dai frati del-la comunità guidati dal priore Davide Pe-done. Nella cappella del santo, ha sostato

no nella Chiesa e ho chiesto come regaloun notevole aumento delle vocazioni. Caridomenicani: che Gesù vi benedica e che laVergine vi protegga. E, per favore, non vidimenticate di pregare per me. Fraterna-mente, Francesco». La seconda dedica èstata per l’università: «Chiedo al Signoredi benedire l’Alma Mater di Bologna».

Uscito nella piazza, Francesco è statoaccolto dall’entusiasmo degli studenti e ha

ricevuto dal rettore il sigillum magnum, lamassima onorificenza dell’ateneo.

Infine in automobile il Papa si è direttoverso lo stadio Renato Dall’Ara, dovel’attendevano i fedeli per l’abbraccio ditutta la diocesi. Nell’ultima tappa della vi-sita, il Pontefice ha celebrato la messa perla fase finale del congresso eucaristico dio-cesano, davanti a quarantamila persone,provenienti da tutte le parrocchie dell’a rc i -diocesi. Numerosi i membri dei movimen-ti e delle comunità ecclesiali, come delleassociazioni laicali. Sul palco non potevamancare la patrona di Bologna, l’iconadella Madonna di San Luca, che per l’o c-casione è stata portata dall’omonimo san-tuario sul colle della Guardia. La crocesull’altare riproduceva la croce di portaRavegnana, conservata in San Petronio.Sugli spalti erano stati collocati numerosistriscioni. Tra i più significativi: «Con Ge-sù Crocifisso sempre nasce e rinasce lagioia» e «La gioia del Vangelo riempie ilcuore e la vita intera di coloro che incon-trano Gesù».

Con Francesco hanno concelebrato l’ar-civescovo Becciu e ventiquattro presulidell’Emilia-Romagna, tra i quali, l’a rc i v e -scovo Zuppi e il vescovo Regattieri di Ce-sena-Sarsina, e oltre quattrocento sacerdo-ti. Al termine della messa, il Papa ha do-nato ad alcuni rappresentati della diocesiuna copia del Vangelo e degli Atti degliapostoli. Questi da parte loro hanno mo-strato il plastico di una chiesa in costru-zione in Tanzania, dove da oltre qua-rant’anni il clero bolognese aiuta nella pa-storale. La chiesa, che sorgerà nella dioce-si di Iringa, verrà dedicata a san GiovanniBattista. Il Papa ha donato alla comunitàecclesiale un calice.

Infine, l’arcivescovo di Bologna, nel sa-luto rivolto al Papa al momento del con-gedo, ha voluto ricordare anche il suo pre-decessore, il cardinale Carlo Caffarra,morto il 6 settembre.

Francesco si è poi diretto verso il centrosportivo Corticelli dove lo attendeva l’eli-cottero che intorno alle 19 è decollato allavolta del Vaticano.

Col braccialetto giallo numero 3900003

Infine, raggiunto in automobile lo stadioRenato Dall’Ara, il Papa ha presieduto laconcelebrazione eucaristica per la chiusura delcongresso eucaristico diocesano. Ecco l’omeliadel Pontefice.

Celebro con voi la prima Domenica dellaP a ro l a : la Parola di Dio fa ardere il cuore(cfr. Lc 24, 32), perché ci fa sentire amati econsolati dal Signore. Anche la Madonnadi San Luca, evangelista, può aiutarci acomprendere la tenerezza materna dellaParola «viva», che tuttavia è al tempostesso «tagliente», come nel Vangelo dioggi: infatti penetra nell’anima (cfr. Eb 4,12) e porta alla luce i segreti e le contrad-dizioni del cuore.

Oggi ci provoca mediante la paraboladei due figli, che alla richiesta del padredi andare nella sua vigna rispondono: ilprimo no, ma poi va; il secondo sì, ma

poi non va. C’è però una grande differen-za tra il primo figlio, che è pigro, e il se-condo, che è ipocrita. Proviamo a immagi-nare cosa sia successo dentro di loro. Nelcuore del primo, dopo il no, risuonava an-cora l’invito del padre; nel secondo, inve-ce, nonostante il sì, la voce del padre erasepolta. Il ricordo del padre ha ridestato ilprimo figlio dalla pigrizia, mentre il se-condo, che pur conosceva il bene, hasmentito il dire col fare. Era infatti diven-tato impermeabile alla voce di Dio e dellacoscienza e così aveva abbracciato senzaproblemi la doppiezza di vita. Gesù conquesta parabola pone due strade davanti anoi, che — lo sperimentiamo — non siamosempre pronti a dire di sì con le parole ele opere, perché siamo peccatori. Ma pos-siamo scegliere se essere peccatori in cam-mino, che restano in ascolto del Signore equando cadono si pentono e si rialzano,

come il primo figlio; oppure peccatori sedu-ti, pronti a giustificarsi sempre e solo a pa-role secondo quello che conviene.

Questa parabola Gesù la rivolse ad al-cuni capi religiosi del tempo, che assomi-gliavano al figlio dalla vita doppia, mentrela gente comune si comportava spesso co-me l’altro figlio. Questi capi sapevano espiegavano tutto, in modo formalmenteineccepibile, da veri intellettuali della reli-gione. Ma non avevano l’umiltà di ascolta-re, il coraggio di interrogarsi, la forza dipentirsi. E Gesù è severissimo: dice chepersino i pubblicani li precedono nel Re-gno di Dio. È un rimprovero forte, perchéi pubblicani erano dei corrotti traditoridella patria. Qual era allora il problema diquesti capi? Non sbagliavano in qualcosa,ma nel modo di vivere e pensare davanti aDio: erano, a parole e con gli altri, infles-sibili custodi delle tradizioni umane, inca-paci di comprendere che la vita secondoDio è in cammino e chiede l’umiltà diaprirsi, pentirsi e ricominciare.

Cosa dice questo a noi? Che non esisteuna vita cristiana fatta a tavolino, scientifi-camente costruita, dove basta adempierequalche dettame per acquietarsi la coscien-za: la vita cristiana è un cammino umile diuna coscienza mai rigida e sempre in rap-porto con Dio, che sa pentirsi e affidarsi aLui nelle sue povertà, senza mai presume-re di bastare a sé stessa. Così si superanole edizioni rivedute e aggiornate di quelmale antico, denunciato da Gesù nella pa-rabola: l’ipocrisia, la doppiezza di vita, ilclericalismo che si accompagna al legali-

smo, il distacco dalla gente. La parolachiave è p e n t i rs i : è il pentimento che per-mette di non irrigidirsi, di trasformare i noa Dio in sì, e i sì al peccato in no per amo-re del Signore. La volontà del Padre, cheogni giorno delicatamente parla alla no-stra coscienza, si compie solo nella formadel pentimento e della conversione conti-nua. In definitiva, nel cammino di ciascu-no ci sono due strade: essere peccatori pen-titi o peccatori ipocriti. Ma quel che contanon sono i ragionamenti che giustificano etentano di salvare le apparenze, ma uncuore che avanza col Signore, lotta ognigiorno, si pente e ritorna a Lui. Perché ilSignore cerca puri di cuore, non puri “difuori”.

Vediamo allora, cari fratelli e sorelle,che la Parola di Dio scava in profondità,«discerne i sentimenti e i pensieri del cuo-re» (Eb 4, 12). Ma è pure attuale: la para-bola ci richiama anche ai rapporti, nonsempre facili, tra padri e figli. Oggi, allavelocità con cui si cambia tra una genera-zione e l’altra, si avverte più forte il biso-gno di autonomia dal passato, talvolta fi-no alla ribellione. Ma, dopo le chiusure e

i lunghi silenzi da una parte o dall’altra, èbene recuperare l’incontro, anche se abita-to ancora da conflitti, che possono diven-tare stimolo di un nuovo equilibrio. Comein famiglia, così nella Chiesa e nella socie-tà: non rinunciare mai all’incontro, al dia-logo, a cercare vie nuove per camminareinsieme.

Nel cammino della Chiesa giunge spes-so la domanda: dove andare, come andareavanti? Vorrei lasciarvi, a conclusione diquesta giornata, tre punti di riferimento,tre “P”. La prima è la Parola, che è labussola per camminare umili, per nonperdere la strada di Dio e cadere nellamondanità. La seconda è il Pane, il Paneeucaristico, perché dall’Eucaristia tutto co-mincia. È nell’Eucaristia che si incontra laChiesa: non nelle chiacchiere e nelle cro-nache, ma qui, nel Corpo di Cristo condi-viso da gente peccatrice e bisognosa, cheperò si sente amata e allora desidera ama-re. Da qui si parte e ci si ritrova ogni vol-ta, questo è l’inizio irrinunciabile del no-stro essere Chiesa. Lo proclama “ad altavo ce” il C o n g re s s o Eucaristico: la Chiesa siraduna così, nasce e vive attorno all’Euca-ristia, con Gesù presente e vivo da adora-re, ricevere e donare ogni giorno. Infine,la terza P: i poveri. Ancora oggi purtroppotante persone mancano del necessario. Maci sono anche tanti poveri di affetto, per-sone sole, e poveri di Dio. In tutti lorotroviamo Gesù, perché Gesù nel mondoha seguito la via della povertà, dell’an-nientamento, come dice san Paolo nellaseconda Lettura: «Gesù svuotò se stessoassumendo una condizione di servo» (Fil2, 7) Dall’Eucaristia ai poveri, andiamo aincontrare Gesù. Avete riprodotto la scrit-ta che il Card. Lercaro amava vedere inci-sa sull’altare: «Se condividiamo il panedel cielo, come non condivideremo quelloterrestre?». Ci farà bene ricordarlo sem-pre. La Parola, il Pane, i poveri: chiedia-mo la grazia di non dimenticare mai que-sti alimenti-base, che sostengono il nostrocammino.

La Parola, il pane, i poveriTre punti di riferimento per la comunità bolognese

In tutte le strade della città

«Pane, parola, poveri sono tre amori che si uniscono e ci uniscono»: lo ha dettol’arcivescovo di Bologna al termine della celebrazione eucaristica nello stadioD all’Allara. «Quella che abbiamo celebrato oggi — ha spiegato — è una vera Eu-caristia che ci aiuterà a contemplare ogni nostra celebrazione, anche la più picco-la, con questa larghezza, sull’altare del mondo». Il mistero eucaristico, ha afferma-to, «apre il nostro cuore all’adorazione del mistero di Dio, alla proclamazione del-la sua parola, a vivere la carità che nessuno esclude e tutto comprende». Oggi, haaggiunto il presule, «abbiamo spezzato il Corpus Domini e il Verbum Dominiperché noi possiamo servire e amare quell’altro Corpus Domini che sono i poverie i fratelli». E così, ha concluso, «sceglieremo di non restare chiusi, di non essereun condominio o un club, ma di amare e costruire una Chiesa comunione, dovenessuno è spettatore, per ripensare in missione la nostra presenza nella città degliuomini ed essere in tutte le sue strade e i suoi crocevia».

il Papa si è rivolto ai presenti prima di se-dersi a tavola. Il menù per rispetto ai mu-sulmani non prevedeva carne di maiale.

La seconda parte della visita è iniziatacon l’incontro, nella cattedrale di San Pie-tro, riservato ai sacerdoti, ai religiosi e allereligiose, ai seminaristi e ai diaconi perma-nenti. Rispondendo a due domande, il Pa-pa ha parlato a braccio. Poi, verso le

in preghiera davanti all’arca che ne con-serva i resti mortali e a un suo reliquiario.Quindi ha lasciato una dedica nel librod’onore, scrivendo in spagnolo: «Davantialla tomba di san Domenico ho pregatoper l’ordine dei predicatori. Ho chiestoper i suoi membri la grazia della fedeltàall’eredità ricevuta. Ho ringraziato il Si-gnore per tutto il bene che i suoi figli fan-

lazzi d’Accursio, dei Notai e deiBanchi. Una parte dello spazio di-sponibile è stata riservata al mon-do del lavoro: rappresentanti diconfindustria, sindacati, confcoo-perative, legacoop, ma anche moltidisoccupati. Tra i presenti anchealcune persone toccate da tragedieconsumatesi a distanza di anni: daisuperstiti delle strage di Marzabot-to, compiuta dai nazisti nel 1944,ai familiari delle vittime della bom-ba alla stazione ferroviaria di Bolo-gna del 2 agosto 1980, fino a quellidel disastro aereo avvenuto nei cie-li di Ustica il 27 giugno dello stes-so anno.

Tra gli altri anche il noto can-tante Gianni Morandi, che in atte-sa dell’arrivo del Pontefice ha ese-guito alcuni brani del suo vasto re-pertorio; Marina Orlandi, vedovadel giuslavorista Marco Biagi ucci-so dalle Brigate rosse nel 2002; ilrabbino capo di Bologna, AlbertoSermoneta; e il presidente della co-munità islamica bolognese, YassineLafram. Dopo il saluto rivoltoglisul sagrato di San Petronio dall’a rc i v e s c o -vo Zuppi, il Papa ha pronunciato il suodiscorso e guidato la recita dell’Angelus.Quindi è entrato nella basilica per pranza-re con un migliaio di poveri provenientida vari paesi. Tra loro anziani, rifugiati,senza fissa dimora, carcerati ed ex tossico-dipendenti, portatori di handicap ai qualiha regalato una copia del Vangelo. Accol-to dal rettore monsignor Oreste Leonardi,

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 12 lunedì-martedì 2-3 ottobre 2017

braccia di Maria, per amore verso di noi,e che ancora vuole donarsi a ciascuno dinoi, umilmente, per amore. Oggi, dopoquasi ottant’anni dalla fondazionedell’Istituto, più di mille Piccole Sorellesono sparse per il mondo. Esse si trovanoin situazioni umanamente difficili, con ipiù piccoli e i più poveri. Non sono lìprincipalmente per curare, educare, cate-chizzare — anche se queste cose le fannobene —, ma per amare, per stare con i piùpiccoli, come faceva Gesù, per annunciareil Vangelo con la semplice vita fatta di la-voro, di presenza, di amicizia, di acco-glienza incondizionata. È importante, divitale importanza per voi ritornare conti-nuamente a questa esperienza originariadella vicinanza di Dio, che si dona mite eumile a noi per salvarci e ricolmarci delsuo amore. E questo amore di Dio deveesprimersi più nell’evangelizzazione deigesti che delle parole: il sorriso, il silenzio,l’adorazione, la pazienza. Mi viene inmente quel dialogo tra la quercia e il man-dorlo. La quercia disse al mandorlo: “Pa r -lami di Dio”, e il mandorlo fiorì. Questo èquello che la Chiesa chiede a voi: fiorire,fiorire in gesti d’amore di Dio.

Soprattutto, care sorelle, fate in mododi mantenere fervente la vostra vita spiri-tuale, perché è da questo amore, ricevutoda Dio in modo incessante e sempre nuo-vo, che trabocca il vostro amore per i fra-telli e le sorelle. È di questa vita spiritualeche i giovani hanno sete e che permettead essi di rispondere a loro volta all’invitodel Signore. È da questa vita spiritualeche sgorga la testimonianza evangelica chei poveri attendono. Le ricette servono, madopo; se non c’è questo, non hanno effet-to.

Non abbiate paura di andare avanti,portando nei vostri cuori il piccolo Bam-bino Gesù, in tutti i luoghi in cui ci sonoi più piccoli del nostro mondo. Rimanetelibere da legami con opere e cose, libereper amare coloro che incontrate, dovun-que lo Spirito vi conduce. Libere per vola-re, libere per sognare. Le difficoltà deltempo presente vi fanno condividere i do-lori di tanti fratelli: anche voi, insieme aloro, vi trovate a volte costrette a chiudereo abbandonare le vostre case per fuggirealtrove; anche voi conoscete le provedell’età, della solitudine e della sofferenza;anche voi sperimentate la durezza delcammino quando si tratta di rimanere fe-deli attraversando deserti. Ma in tuttoquesto, l’amore che portate nei vostri cuo-ri fa di voi delle donne libere attaccateall’essenziale.

Abbiate a cuore la qualità della vita fra-terna nelle vostre comunità. Nonostante leprove, Piccola Sorella Maddalena, seguen-do Gesù povero tra i poveri, trovò la veragioia, una gioia che ella condivise con tut-ti, a partire dalle sue sorelle. La semplicitàe la gioia appartengono alla vita consacra-ta, e in un modo particolare alla vostra. IlBambino Gesù a Nazareth era gioioso,Egli ha sicuramente giocato e riso conMaria e Giuseppe, con i bambini dellasua età e con i vicini di casa. Per ritrovareil gusto della vita comunitaria, bisognacercare sempre la semplicità, l’affetto, le

piccole attenzioni, il servizio, la meravi-glia.

È da questa fraternità tra voi che nasceil servizio dell’autorità. L’esercizio dellaresponsabilità, nella Chiesa, è radicatonella volontà comune e fraterna di ascolta-

re il Signore, di mettersi alla sua scuola edi vivere del suo Spirito, affinché il suoRegno possa estendersi a tutti i cuori. Èin questo contesto di ascolto comune efraterno che trovano posto il dialogo el’obbedienza. E in una tale obbedienza,come il Bambino Gesù, tutte le Piccole

Sorelle cresceranno «in sapienza, età egrazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52).

La fraternità vissuta tra di voi apre i vo-stri cuori alla fraternità verso tutti. La vo-stra Fondatrice vi ha invitato a farvi «ara-bi tra gli arabi, nomadi tra i nomadi, lavo-ratori tra i lavoratori e, soprattutto, umanitra gli esseri umani» (Annie de Jésus, LaPiccola Sorella Maddalena di Gesù. L’espe-

Il Papa ricorda il carisma della fraternità

Sorelle di tutti

Tra i popolimusulmani

I dibattiti e gli incontri di dialogo e ri-flessione del capitolo generale delle pic-cole sorelle di Gesù, che si svolge aRoma alle Tre Fontane, si sono concen-trati sulla presenza della fraternità tra ipopoli musulmani e dove vivono i po-veri e gli esclusi. Lo ha detto DolorsFrancesca, la nuova superiora generaleeletta il 27 settembre, nel saluto a PapaFrancesco. Tra gli altri argomenti trat-tati durante le riunioni capitolari: laformazione, la vita di lavoro, le struttu-re, l’economia e l’autofinanziamento, lacontemplazione, l’incontro con gli altri,l’interculturalità l’unità, e l’universalitàche si cerca di vivere nelle comunità.Le piccole sorelle provenivano da ven-totto paesi sparsi nei cinque continenti.In un clima di ascolto reciproco e se-gnato da un tempo di preghiera e di si-lenzio, hanno discusso sulle conclusionidel lavoro preparatorio. In particolare,sulle domande e le sfide che la fraterni-tà deve affrontare in una Chiesa e inun mondo in profonda trasformazione.La responsabile ha detto che un capito-lo generale è «come una grande do-manda che insieme rivolgiamo al Si-gnore per discerne e scoprire la sua vo-lontà». Infatti, Cristo esce all’i n c o n t ro ,«cammina con noi e ci permette di sco-prire la novità evangelica» che vuole ri-velare nel cuore stesso della fraternità.Poi, ha assicurato la preghiere dellepiccole sorelle per il Pontefice e per ilsuo ministero.

All’istituto italiano della donazione

Di fronte alla crisi ecologica«Abbiamo il compito di conservaree consegnare integro alle future generazioniil pianeta»: lo ha detto il Ponteficeai partecipanti all’incontro promossodall’Istituto italiano della donazione,ricevuti in udienza nella Sala Clementina,lunedì mattina 2 ottobre, in occasionedella giornata del dono.

Cari fratelli e sorelle,sono contento di accogliervi in occasionedel Giorno del Dono e vi saluto tutti con af-fetto, ad iniziare dal Presidente dell’IstitutoItaliano della Donazione, ente promotoredi questo evento, che ringrazio per le suep a ro l e .

Il dono più grande che Dio ha fatto aciascuno di noi è la vita; e la vita fa partedi un altro dono divino originario che è ilc re a t o . Tutti dovremmo sentire la grande re-sponsabilità di custodire adeguatamente ilcreato e averne cura, proteggendolo dallediverse forme di degrado. Abbiamo il com-pito di conservare e consegnare integro allefuture generazioni il pianeta, che abbiamoricevuto come dono gratuito dalla bontà di

Dio. Di fronte alla crisi ecologica che stia-mo vivendo, la prospettiva del dono ricevu-to e da consegnare a chi verrà dopo di noiè motivo di impegno e di speranza.

Il dono della vita e il dono del creatoprovengono dall’amore di Dio per l’umani-tà; anzi, attraverso questi doni Dio ci offrequesto suo amore. E nella misura in cui ciapriamo e lo accogliamo, possiamo diven-tare a nostra volta dono d’amore per i fra-telli. Ce lo ha ricordato Gesù durante l’Ul-tima Cena, quando lasciò ai suoi discepoliil «comandamento nuovo» dell’amore. Sa-pendo che era giunta la sua ora di passareda questo mondo al Padre, l’ora della suaPasqua di morte e risurrezione, Egli si con-geda dagli Apostoli con la consegnadell’amore, quasi fosse un testamento. E di-ce: «Vi do un comandamento nuovo: che viamiate gli uni gli altri. Come io ho amatovoi, così amatevi anche voi gli uni gli altri»(Gv 13, 34).

In che senso Gesù può definire “nuovo”il suo comandamento? La novità della suaconsegna sta proprio nel fatto che non sitratta di un amore qualsiasi, ma dell’a m o re

della fraternità e della condivisione. Così sicostruisce la civiltà dell’a m o re !

Per queste ragioni il Giorno del Dono èun’opportunità stimolante prima di tuttoper i giovani: perché possano scoprire cheil dono è una parte di noi stessi che vienegratuitamente regalata all’altro, non perperderla, ma per aumentarne il valore. Do-nare fa sentire più felici noi stessi e gli al-tri; donando si creano legami e relazioniche fortificano la speranza in un mondom i g l i o re .

Vi incoraggio a proseguire con gioia ilvostro cammino. Siate uomini e donne, ra-gazzi e ragazze difensori della vita, custodidel creato, testimoni dell’amore donato chegenera frutti di bene per la collettività. Viaccompagno con la mia preghiera. E anchevoi, per favore, pregate per me. Di cuore vib enedico.

Presentata l’assemblea generale della Pav

Tecnologia e responsabilitàIl significato della vita umana «nonpuò essere ridotto solo a quanto di essaci dicono le scienze naturali», ma daqueste ultime e dalla tecnologia posso-no giungere aiuti preziosi affinché la vi-ta umana sia «accompagnata» in tuttele sue fasi e le sia sempre garantita lagiusta dignità. È questo il tema di cuisi occuperà, dal 5 al 7 ottobre, la Ponti-ficia accademia per la vita nella sua pri-ma assemblea generale dopo la riorga-nizzazione decisa da Papa Francescocon la pubblicazione, lo scorso anno,dello statuto.

Ne hanno anticipato i contenuti ilpresidente, l’arcivescovo Vincenzo Pa-glia, e il cancelliere, monsignor RenzoPegoraro, che nella mattina di lunedì 2ottobre hanno tenuto una conferenzanella Sala stampa della Santa Sede.«La situazione contemporanea — hadetto il presule — ci sollecita a una ri-flessione sulla vita umana che tengaconto delle nuove tecnologie che hannoun impatto in questo campo e dei mol-teplici fattori che incidono nel mutaredei contesti sociali».

In questo senso, ha aggiunto, l’as-semblea generale seguirà un percorso incui «l’attenzione alle diverse età della

vita e il reciproco custodirsi fra le gene-razioni indicano una strada feconda eimprescindibile». Importante sarà, nelvalutare il ruolo della tecnologia, met-tere in evidenza «le immense possibilitàche essa offre, e, al contempo, la ri-schiosa pretesa che essa avanza di di-ventare nuova religione cui sacrificareogni altro valore». Riflessioni che sa-ranno anche approfondite nei prossimimesi attraverso una serie di iniziative,tra le quali un congresso in Russia incollaborazione col patriarcato di Moscae la mostra organizzata insieme ai Mu-sei Vaticani dal 6 ottobre al 5 gennaio.

Monsignor Pegoraro ha illustrato idettagli del congresso scientifico cheaccompagnerà l’assemblea, intitolato«Accompagnare la vita: nuova respon-sabilità nell’era tecnologica». In esso simetterà a fuoco «l’impatto della tecno-logia sulla vita umana in tutte le sue fa-si». Il confronto fra gli scienziati per-metterà di affrontare le «rilevanti e ur-genti questioni di carattere etico» cheaccompagnano l’uso della tecnologia:dalla riproduzione assistita, all’assisten-za sanitaria, fino alle cure palliative eall’accompagnamento nella fase finaledella vita.

Con la logicadella gratuità

«Il dono non è un concetto astratto, mauna pratica orientata dalla parola cheDio regala all’uomo». Su questa basel’Istituto italiano della donazione si im-pegna, dal 2015, a diffondere tra la po-polazione, e «soprattutto tra i giovani»,la «cultura del dono e della gratuità».Lo ha detto il presidente Edoardo Pa-triarca che, nel salutare il Papa, ha par-lato delle iniziative portate avanti conmigliaia di studenti in tutta Italia in oc-casione della prossima Giornata del do-no che si celebrerà il 4 ottobre. Nel mes-saggio che l’istituto cerca di recapitare,ha aggiunto, vi sono altre parole fonda-mentali per la costruzione di una societàmigliore: «gratuità, dedizione, spirito diservizio, reciprocità, amore per il benecomune».

Tra gli studenti giunti in Vaticano inrappresentanza di tutti quelli che hannocontribuito ai progetti di quest’anno,c’erano anche alcuni ragazzi dell’Istitutocomprensivo Pietro Leone di Caltanis-setta che ha realizzato un videocontestsul tema della misericordia e del dono.Alcuni lavori degli studenti sono statiraccolti in un album donato al Papa.Uno dei disegni è stato consegnato di-rettamente da Peter, un giovane migran-te nigeriano, sopravvissuto due anni fa aun naufragio. Sul foglio, i compagni discuola del sedicenne africano hannoprovato a raccontare con i colori la suastoria per illustrare cosa significa, per lo-ro, la parola misericordia.

La piccola sorella Maddalena di Gesù tra i beduini di un villaggio algerino

Il disegno di Valeria Sanguiné donato al Papa durante l’udienza

stesso di Gesù, che ha da-to la sua vita per noi. Unamore che si traduce nelservizio agli altri: pocoprima, infatti, Gesù ave-va lavato i piedi ai disce-poli. Un amore che saabbassarsi, che rifiutaogni forma di violenza,rispetta la libertà, pro-muove la dignità, respin-ge ogni discriminazione.Un amore disarmato, chesi rivela più fortedell’odio. Questa è la re-gola dell’amore perquanti vogliono seguireGesù: lasciarsi afferrareda Lui, amare con Lui,modellare le proprieazioni sulla sua infinitag e n e ro s i t à .

Il “dono”, che si cele-bra in Italia il 4 ottobre,non è un concetto astrat-to, un generico richiamoal “re g a l o ” — tanti regalipossono essere “i n t e re s s a -ti”, non gratuiti —, ma unatteggiamento e un’azio-ne che hanno le proprieradici nel messaggio delVa n g e l o . Tutti, special-mente i ragazzi e i giova-ni, sono chiamati a farela stupenda esperienzadel dono. Si tratta diun’esperienza educativa,che fa crescere umana-mente e spiritualmente,aprendo la mente e ilcuore agli ampi spazi

Il carisma della fraternità verso tutti è statoricordato dal Papa alle piccole sorelledi Gesù ricevute in udienza lunedì mattina,2 ottobre, nella Sala del Concistoro,in occasione del capitolo generale.

Care sorelle,sono contento di accogliervi in occasionedel vostro Capitolo Generale. Saluto laResponsabile generale e, attraverso di voi,saluto tutte le Piccole Sorelle di Gesù.

La celebrazione di un Capitolo Genera-le è un momento di grazia per ogni istitu-to di vita consacrata. In un clima di pre-ghiera e di affetto fraterno, i religiosi simettono insieme per ascoltare lo SpiritoSanto, per affrontare insieme le molte do-mande e le sfide che l’istituto affronta inquel preciso momento della sua storia.Tuttavia, prima di essere un momento diriflessione sulle questioni pratiche, un Ca-pitolo è l’esperienza spirituale comune diun ritorno alla sorgente della chiamata,personale e comunitaria.

E alla sorgente del vostro Istituto c’èl’esperienza travolgente della tenerezza diDio fatta dalla vostra Fondatrice, PiccolaSorella Maddalena di Gesù. Sulle ormedel Beato Charles de Foucauld, lei ha per-cepito che il Dio Onnipotente, Creatore eSignore dell’universo, non ha avuto pauradi farsi piccolo bambino, fiducioso, tra le

rienza di Betlemme fino alla fi-ne del mondo, Cerf, 2008, p.184). Lunaparkisti con i luna-parkisti, come qui a Roma.Ed è così che l’Istituto si èdiffuso in molti Paesi e voiavete incontrato tanti di que-ste piccoli, di tutte le razze,lingue e religioni. I vostricuori non hanno barriere. Na-turalmente, voi non potetecambiare il mondo da sole,ma potete illuminarlo portan-do la gioia del Vangelo neiquartieri, nelle strade, mesco-late alle folle, sempre vicine aipiù piccoli.

Essendo voi stesse tra i pic-coli che la Beata Vergine pre-senta a suo Figlio Gesù no-stro Signore, potete contaresulla sua materna intercessio-ne, come pure sulla preghieradella Chiesa per il vostro Isti-tuto, soprattutto in occasionedi questo Capitolo Generale.

Vi ringrazio davvero, vi rin-grazio per la vostra visita, e vichiedo per favore di pregareper me. Grazie.