La ceramica nello scaffale - Gian Carlo Bojani e la ceramica umbra · 2018-06-06 · della...

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Giulio Busti e Franco Cocchi GIAN CARLO BOJANI E LA CERAMICA UMBRA Si era da poco insediato alla direzione del Museo internazionale delle ceramiche in Faenza quan- do nel 1980 Gian Carlo Bojani avvia la prima collaborazione umbra. Provincia di Perugia e Comune di Deruta lo chiamano, infatti, a stimare la Collezione del notaio Leonardo Pecchioli, una raccolta privata di oltre cento opere quasi tutte di produzione derutese tra il XVI e il XVIII secolo, in vista dell’acquisto destinato al nuovo Museo Regionale della Ce- ramica di Deruta. L’incarico è condiviso con Grazia Biscontini Ugolini, ordinatrice delle Raccolte ceramiche dei Musei civici del Castello Sforzesco e, a sua volta, Bojani affida la schedatura delle ceramiche a Carola Fiocco e Gabriella Gherardi. L’occasione è importante, non tanto per l’incarico in sé, quanto perché segna un’inversione di ten- denza radicale nelle politiche culturali e museali locali che diverrà il punto di avvio di un feconda stagione di studi e di rilancio dell’immagine dell’Umbria e di Deruta. Il museo della ceramica di Deruta dalla fondazione nel 1898 era rimasto fino a quella data pressoché im- mutato. La dotazione si era incrementata di qualche sporadica acquisizione di maioliche antiche nei pri- mi decenni del Novecen- to mentre il campionario della “Maioliche Deruta e CIMA”, acquisito nel 1964, era rimasto chiuso nei de- positi comunali¹. La amministrazione comu- nale in carica fra il 1975 e il 1980, di cui Giulio Busti faceva parte in qualità di assessore alla cultura, rilan- cia la questione del Museo della Ceramica trovando sostegno convinto nella Provincia di Perugia, in particolare da parte del presidente Umberto Pagliacci, dell’assessore Francesco Marucci e del consigliere Adriana Lunga- rotti, e nella Regione dell’Umbria che lo incluse nella pianificazione per la conservazione dei beni culturali con la denominazione di “Museo regionale della ceramica umbra”. L’idea originaria e la sua funzione è riassunta da Umberto Pagliacci, nella presentazione del catalogo della mostra che seguì l’acquisizione: “…una struttura istituzionale capace di svolgere, rispetto all’insieme della attività che hanno via via caratterizzato la produzione ceramica in questa regione, funzioni di ricerca e documentazione museale in termini metodologicamente aggiornati e in stretto riferi- mento a un più vasto progetto di promozione culturale ed economica del territorio … esso si pone peraltro come uno degli elementi nodali del vasto programma, avviato in questa regione, per il ri- ¹ MAZZERIOLI-MENGANNA,1999, n. 26. Museo Regionale della Ceramica di Deruta 27

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Giulio Busti e Franco Cocchi

Gian carLo Bojani e La ceramica umBra

Si era da poco insediato alla direzione del Museo internazionale delle ceramiche in Faenza quan-do nel 1980 Gian Carlo Bojani avvia la prima collaborazione umbra. Provincia di Perugia e Comune di Deruta lo chiamano, infatti, a stimare la Collezione del notaio Leonardo Pecchioli, una raccolta privata di oltre cento opere quasi tutte di produzione derutese tra il XVI e il XVIII secolo, in vista dell’acquisto destinato al nuovo Museo Regionale della Ce-ramica di Deruta.L’incarico è condiviso con Grazia Biscontini Ugolini, ordinatrice delle Raccolte ceramiche dei Musei civici del Castello Sforzesco e, a sua volta, Bojani affida la schedatura delle ceramiche a Carola Fiocco e Gabriella Gherardi.L’occasione è importante, non tanto per l’incarico in sé, quanto perché segna un’inversione di ten-denza radicale nelle politiche culturali e museali locali che diverrà il punto di avvio di un feconda stagione di studi e di rilancio dell’immagine dell’Umbria e di Deruta.

Il museo della ceramica di Deruta dalla fondazione nel 1898 era rimasto fino a quella data pressoché im-mutato. La dotazione si era incrementata di qualche sporadica acquisizione di maioliche antiche nei pri-mi decenni del Novecen-to mentre il campionario della “Maioliche Deruta e CIMA”, acquisito nel 1964, era rimasto chiuso nei de-positi comunali¹.La amministrazione comu-nale in carica fra il 1975 e il 1980, di cui Giulio Busti faceva parte in qualità di assessore alla cultura, rilan-cia la questione del Museo

della Ceramica trovando sostegno convinto nella Provincia di Perugia, in particolare da parte del presidente Umberto Pagliacci, dell’assessore Francesco Marucci e del consigliere Adriana Lunga-rotti, e nella Regione dell’Umbria che lo incluse nella pianificazione per la conservazione dei beni culturali con la denominazione di “Museo regionale della ceramica umbra”. L’idea originaria e la sua funzione è riassunta da Umberto Pagliacci, nella presentazione del catalogo della mostra che seguì l’acquisizione: “…una struttura istituzionale capace di svolgere, rispetto all’insieme della attività che hanno via via caratterizzato la produzione ceramica in questa regione, funzioni di ricerca e documentazione museale in termini metodologicamente aggiornati e in stretto riferi-mento a un più vasto progetto di promozione culturale ed economica del territorio … esso si pone peraltro come uno degli elementi nodali del vasto programma, avviato in questa regione, per il ri-

¹ MAZZERIOLI-MENGANNA,1999, n. 26.

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ordinamento e il rafforzamento dei centri museali ‘tradizionali’ e per la costituzione di una nuova rete di nuovi centri di ricerca e documentazione, territoriali o settoriali, sulle condizioni di vita, il lavoro e le espressioni culturali delle classi popolari, coordinata dal Museo etnografico regionale dell’Umbria (anch’esso in via di costituzione)”2. Impostazione che trova in Bojani un convinto sostenitore che, benché successore di Giuseppe Liverani, sembra avere più interesse verso la va-lorizzazione della ceramica come cultura materiale e arte industriale, più che come espressione d’arte in sé. Già nel 1981 è consulente e presiede alla selezione dei materiali, di fatto il curatore della mostra, “Ceramiche medioevali dell’Umbria”, che dà seguito alla precedente dedicata alle antiche maioliche derutesi, promossa dalla Provincia di Perugia e di cui esplicita le motivazioni nel catalogo edito dalla Nuova Guaraldi per la collana “Le classi popolari nell’Italia Centrale” diretta dall’antropologo Tullio Seppilli. “Un’attenzione privilegiata al territorio - scrive Bojani- significa soprattutto mettere in atto strumenti di salvaguardia e di valorizzazione del patrimonio esistente nel territorio stesso… Orientarsi alla costruzione di un Museo, soprattutto oggi, significa predisporsi a dotarlo di un patrimonio di base che proceda soprattutto da una documentazione di origine archeologica. Non si tratta ovviamente di avere del “frammento” o del “coccio” una con-cezione feticistica, quanto di constatare un dato di fatto: la storia della ceramica, e le istituzioni che ad essa si collegano, trovano sempre più la loro identità e il loro campo sperimentale di indagini e raffronti nei recuperi documentati”3.Il progetto regionale rimase incompiuto fra i continui rinvii di un complesso intreccio fra politiche locali e regionali. Il Museo etnografico dell’Umbria ideato dall’Istituto di etnologia e antropologia

2 PAGLIACCI, 1980, pp. 9-10.3 BOJANI, 1981, p. 11.

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culturale dell’Università di Perugia4 non fu mai costituito e quello di Deruta, pur assumendo la denominazione di Regionale rimase un museo comunale, ma ciò non ha impedito lo sviluppo di ricerche e di ulteriori avanzamenti delle istituzioni museali di cui Bojani fu più volte partecipe.Bojani sovrintende nuovamente nel 1982 alla terza mostra promossa dalla Provincia di Perugia dedicata alla maiolica a lustro umbra ed interviene in apertura al catalogo con un saggio dedicato alle origini del lustro. Benché parte della stessa serie editoriale dedicata alle classi popolari, si è già del tutto attenuata, se non esaurita, la attenzione alla “soggettività popolare”5. Nessun cenno allo sviluppo della musealità locale è fatto nelle premesse istituzionali e lo stesso contributo di Bojani si limita alla elencazione delle ipotesi tratte dalla letteratura ceramologica sulle diverse origini del lustro. Unica blanda concessione ad una prospettiva di storia del lavoro è nella premessa per cui “… come per la porcellana a cui si pervenne dopo assai lunghi tentativi e ricerche, certamente così dovette essere per il lustro, e i risultati umbri dovettero essere se non i più clamorosi, il punto di ar-rivo”6. Ipotesi che, proprio perché indimostrata e contraria all’idea prevalente di una trasmissione diretta delle procedure tecniche, appare più una posizione ideologica che un’ulteriore indicazione di ricerca. In futuro nuovamente Bojani tornerà sia sul lustro su cui svilupperà dal 1999 la serie di manifestazioni eugubine, che sugli sviluppi del museo derutese. Nel 1984, infatti, provvede alla perizia di un piccolo gruppo di maioliche che il Comune di Deruta acquisisce per incrementare la dotazione del museo e nel 1989, in collaborazione con Giulio Busti, l’impegnativo acquisto della Collezione Milziade Magnini, una raccolta di oltre novecento opere7. Non solo a Deruta si sente l’influenza e il sostegno del direttore del Museo di Faenza. Nel maggio 1983 Museo internazionale delle ceramiche in Faenza e Provincia di Terni organizzano la mostra “La ceramica orvietana degli Anni Venti” a cura di Alberto Satolli e primo studio critico sulla vicenda del Novecento storicista di Pericle Perali e Ilario Ciaurro, su cui Bojani interviene nella premessa in catalogo. Ancora ad Orvieto nel 1985 per la mostra “Omaggio agli Etruschi” di Nino Caruso che recensisce con un breve saggio dal titolo “Un sottile percorso di coerenza” dove attribuisce a Caruso “un arcaismo di evidente significato antropologico, nella stessa direzione di quell’arte contemporanea che già dall’inizio del secolo aveva riscoperto le civiltà extra-europee”8. Bojani non è nuovo all’arte contemporanea che è, anzi, uno dei suoi temi preferiti, ma è la prima volta su un artista legato all’Umbria. Torna di nuovo su questa mostra e sulle altre dell’anno dedi-cato agli Etruschi con un intervento su “Faenza”, la rivista del Museo, dove ripropone una lettura dei fenomeni culturali nel loro legame con i luoghi di produzione: “Le mostre…si sono svolte nel territorio legando così strettamente gli oggetti, le testimonianze residue ai luoghi, ai paesaggi d’origine, ricomponendone in qualche modo l’unitarietà e come suggerendone la continuità con particolare forza evocativa”9.Ancora nel 1986, cura a Gubbio la sezione ceramica della XIX Biennale d’arte10 dedicandosi agli artisti emergenti degli anni Ottanta e di poco segue11 la pubblicazione sulla rivista del Museo di

4 SEPPILLI - MINNELLI - PAPA 2008.5 “L’approccio metodologico che qui si vuole affermare è quello di un’analisi interpretativa degli assetti popolari di cul-tura - o, se vogliamo, della soggettività popolare- condotta individuandone le articolate e complesse determinazioni: i nessi con le condizioni di esistenza e con le strutture dei rapporti di classe, di egemonia e di potere, le dinamiche attivate dai grandi flussi di comunicazione e di circolazione culturale, dai fenomeni di mobilità, dalle contraddizioni e trasformazio-ni della intera società”, si legge nel frontespizio dei volumi della collana.6 BOJANI 1982, p. 10.7 MAZZERIOLI-MENGANNA, 1999, nn. 40, 42.8 BOJANI 19859 BOJANI 1986a, p. 5.10 BOJANI 1986b.11 BOJANI 1987.

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una lunga recensione sul volume di Enzo Storelli ed altri “La ceramica a Gualdo Tadino”, che è occasione per ribadire l’approccio storico-antropologico alla storia della ceramica. “Le discipline storiche italiane - scrive Bojani - da più che un ventennio, ormai, hanno ampiamente acquisito il concetto di “cultura materiale”. Le ricerche sul campo della vita quotidiana, specie per quanto attiene all’ambito sterminato dell’implicito che le è proprio, hanno così investito anche la cerami-ca. La ceramica, non solo e non tanto come manufatto suntuario, come opera d’arte che riflette, rielabora e interpreta le emergenze delle grandi correnti estetiche epocali: ma anche e soprattutto come attività fabbrile primigenia dell’uomo, nelle caratteristiche dei suoi materiali e delle sue prassi di lavorazione nei suoi usi quotidiani e nelle sue forme, nell’organizzazione del lavoro e nella diffusione commerciale intra o extra moenia del prodotto, e così via; una storia sommersa di durata immemorabile, fatta da uomini per la massima parte anonimi, che via via con fatica sta riemergendo sui dati delle indagini archeologiche dei contesti post-classici, coi presupposti delle metodologie antropologiche ed etnologiche così come nello studio delle residue fonti scritte.Tutto questo comporta la riscoperta, che sta avvenendo in questi anni, di un fitto reticolo terri-toriale relativo alla pratica dell’arte vasaria, di una artigianato forse più di altri presente quasi ovunque sia nei suoi centri urbani sia nelle campagne. Questa riscoperta, peraltro, avviene nel momento in cui quella realtà è ormai irrimediabilmente superata così almeno com’era diffusa; e ove se ne ricerchi una identità storica, questo normalmente avviene per motivare e in un certo modo per legittimare un’attività del presente di ri-creazione se non soltanto per documentazione storiografica. Gualdo Tadino è un caso emblematico, direi, di una storia negata…”12. Caso em-blematico perché aggiunge Bojani Gualdo è parte dell’area dell’Esino “… da Fabriano a Matelica, da Esanatoglia a Sassoferrato: un’area anch’essa di storia ceramica negata”13. Gualdo Tadino, diviene immediatamente motivo di stimolo e interesse. Bojani cura con Luigi Lambertini ed Enzo Storelli, per conto della Provincia di Perugia, la retrospettiva dei concorsi internazionali di ceramica d’arte nel 1988 e presenzia all’edizione dello stesso anno come giurato presentando il catalogo con un breve scritto in cui auspica che “la ceramica quale fatto d’arte si imponga per selettività”14 e di nuovo nell’edizione 1989. Parallelamente all’impegno profuso per la riorganizzazione e il rilancio del museo faentino, all’i-nizio degli anni Novanta, Bojani è fortemente coinvolto nello sviluppo e nella realizzazione del nuovo museo di Deruta. Oltre alla valutazione per l’acquisto della Collezione Milziade Magnini di cui si è già detto, Bojani cura un impegnativo progetto sviluppato nell’ambito dei consolidati rapporti tra il Comune di Deruta e il Comune di Monte San Savino che esita in una mostra e catalogo dedicata alla ceramica toscana antica15 e, subito dopo nell’affidamento dell’incarico, insieme a Giulio Busti, di redigere il progetto funzionale del nuovo museo16. Il rapporto di stretta collaborazione e di consolidata fiducia con Giulio Busti, ceramologo e ceramista, rafforzato dai frequenti soggiorni a Deruta di Bojani esitano anche nella monografia editata in occasione della mostra realizzata a Monte San Savino nel 199117 dove nell’anno successivo curerà la mostra sull’a-raldica medicea18. Il 1992 rappresenta l’avvio di una breve, ma intensa stagione che vedrà Bojani contrassegnare pressoché tutte le ricerche, gli studi e le iniziative espositive sulla ceramica umbra con una di-

12 Ivi, p. 334.13 Ivi, p. 335.14 BOJANI 1988, p. 6.15 BOJANI 1990.16 BOJANI - BUSTI 1991.17 BOJANI 1991.18 BOJANI 1992a.

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mensione non più municipalistica o legata a qualche centro di antica tradizione, ma di portata regionale. Fa propria l’iniziativa di uno studio retrospettivo sulla ceramica fra le due guerre che esita in una mostra e catalogo promossa dalla Regione dell’Umbria su sollecitazione di alcuni comuni19. L’intento dichiarato dal curatore è quello di correggere lo stereotipo storicista che accompagna le manifatture umbre, ma la dichiarazione è prudente e quasi al ribasso rispetto alla nutrita serie di sperimentazioni e innovazioni che si manifestarono nelle fabbriche umbre di cui il catalogo forni-sce una sufficiente documentazione. Sempre sul livello regionale si collocano le “curatele scientifiche” che la Regione Umbria gli affi-da nella catalogazione dei beni culturali nei musei umbri della ceramica. Dal Museo del Vino di Torgiano20 al Museo comunale di Gubbio21, al Museo di Deruta22. L’intervento nel Catalogo del museo di Gubbio23 è motivo per un ricognizione degli studi storici sulla ceramica umbra che si era avviata con le mostre e le ricerche promosse dalla Provincia di Perugia fin dal 1980 che ricollega alla contemporanea iniziativa regionale spinta dalle legislazioni nazionale e regionale sui marchi di origine delle produzioni ceramiche. Qui Bojani rivendica il ruolo dei musei come fonte di me-moria e di attualizzazione: “Non è detto che proprio il museo, per la memoria che racchiude e conserva, non debba essere individuato come il “laboratorio informatico” per eccellenza, per il migliore futuro dell’artigianato. Personalmente ne sono convinto. Il lavoro da me stesso svolto per un più che opportuno adeguamento del museo di Deruta, quanto da me operato per l’avvio di Gualdo Tadino, per i riordinamento delle collezioni ceramiche di Gubbio e per l’acquisizione di maioliche per un futuro museo di Orvieto mi confermano un’intima convinzione”24.Un progetto che trova il suo punto più elevato nel lavoro di ricerca su scala regionale che Bojani coordina e porta a sintesi nel 1998 con il volume “Artigianato in Umbria. Il lavoro ceramico”. Nel saggio introduttivo25 ne rammenta le origini per la redazione di un “thesaurus” della ceramica umbra, e ne rivendica l’interpretazione che spazia dalla ricostruzione delle forme organizzative dei vasai antichi, alle emergenze archeologiche, alle influenze artistiche e alle soluzioni applicative. Include, poi, nel lavoro la ricognizione sulle terrecotte e i laterizi dell’Umbria di poco precedente, ma nata dal medesimo intento26.Si tratta ancora oggi, a venti anni di distanza, di una sintesi insuperata, di un lavoro preliminare ad ulteriori approfondimenti che nessuno ha più ripreso. Di li a poco, infatti, le spinte per i marchi di tutela si esauriranno nelle rivendicazioni locali di fantasiose tutele anticontraffazione indotte dalla urgenza di una crisi incombente che decimerà le aziende umbre e condizionerà le politiche regionali verso provvidenze assistenzialistiche.Nello stesso volume Bojani, fa il punto della innovazione umbra ricomponendo un quadro che dai primi decenni del Novecento ripercorre le sperimentazioni artistiche e di design che hanno avuto luogo nelle fabbriche umbre e che lo stesso Bojani ha sollecitato e promosso, a partire da un primo raffronto tra Deruta e Faenza27 del rapporto tra artigianato e design e, poi, con le ripe-

19 BOJANI 1992b.20 FIOCCO - GHERARDI 1991.21 FIOCCO - GHERARDI 1995.22 BUSTI - COCCHI 1999.23 BOJANI 1995b.24 Ivi, p. 12.25 BOJANI 1998.26 BUSTI - COCCHI 1996.27 BOJANI 1995d.

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tute edizioni della mostra Virtualità del Vaso28 e le manifestazioni Vitalità perenne del lustro29

con il Comune di Gubbio, entrambe feconde di coinvolgimenti e di novità. Le mostre di vir-tualità del vaso che coinvolgono un numero variabile di artisti contemporanei ampliano il dibattito e la platea oltre la cerchia di appassio-nati e addetti ai lavori30, mentre le esercitazio-ni contemporanee sul lustro aprono ad artisti stranieri e nazionali con Abbozzo, Alamaro, Bowers, Busti, Drysdale, Mingotti, Peascod e Recalcati.Sembra aprirsi una nuova stagione per l’arte ceramica umbra che la rilanci su una dimen-sione attuale e globale: “Il futuro - scrive Boja-ni - sta nel complesso delle esperienze, nel loro sorreggersi a vicenda, in una intelligente e di-namica imprenditorialità per la quale la tradi-zione non significa stereotipo anche se, talora, può anche rendere meglio in termini commer-ciali per òa siggestione che l’antico continua ad aver su tanta gente. La copia può sorregge-re l’innovazione, nel senso che il rinnovamento si regge sempre sulla conoscenza pregressa e

sulla sperimentazione che il patrimonio della memoria sempre sollecita: tuttavia il suo ruolo è nel contribuire a mantenere una effettiva sapienza fattuale, tecnica e manuale”31. L’idea di Bojani di un futuro “colto” della ceramica umbra, e della ceramica contemporanea, ebbe ancora qualche sviluppo nelle iniziative del Museo di Deruta con la mostra dedicata al pittore e architetto ucraino David Zipirovic32 e quella per lo scultore Eduard Pignon33 che consolidano un background di ricerca scientifica e culturale, ma con esse si chiude l’esperienza umbra di Bojani.Non la sua lezione che attende ancora di essere compresa e ripresa dalla cultura ceramica italiana.

28 BOJANI 1995c, 1996, 1997.29 BOJANI 1999.30 Si vedano gli interventi di Livio Rossetti, Rubina Giorgi e Bruno Munari in “Faenza” (1996).31 BOJANI 1998, p. 288.32 BUSTI - BOJANI - COCCHI 2000.33 BOJANI - BOUCHET 2002.