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ARREDI SETTECENTESCHI FARMACIA NAVARRA-BRAGLIANI CHIOSTRO S. MARIA DELLE GRAZIE Š FACOLTĖ DI FARMACIA UNIVERSITĖ DEGLI STUDI DI FERRARA graffita perdette il suo sostentamento e le sue significazio- ni e quindi morì completamente: gli ingegnosi metodi di produzione e le empiriche complesse formulazioni andaro- no segretamente sepolte con gli ultimi ceramisti. Dopo quattro secoli, un gruppo di ceramisti ferraresi, con un la- voro durato molti anni di difficoltosissime ricerche e di feli- ci intuizioni, ha riportato in vita la ceramica graffita ridan- do a Ferrara un artigianato tipicamente suo. Albarello seconda metà secolo XV Provenienza: da rinvenimenti in Ferrara, epoca non accertata. Ferrara, collezione privata. Forma di piccolo albarello cilindrico con cordoli in prossimità del bordo e in prossimità del piede all’inizio di una rastremazione sensibile che caratterizza la parte inferiore. Corpo ceramico compatto di colore rosso-mattone. Esterno ingobbiato e invetri- ato. Colori: bruno-ferraccia e verde-ramina. Decoro a medaglio- ni con animali intercalati da foglie gotiche accartocciate (secondo da sinistra). Albarello inizio sec. XVII Provenienza: da sterri presso Bondeno (Ferrara), 1902. Ferrara, Collezione Pasetti. Forma ad albarello con due anse contrapposte a torciglione. Ornato floreale suddiviso in tre grandi fasce orizzontali con girali di foglie e fiori su fondo risparmiato. Graffito a fondo risparmia- to. Colori ramina, ferraccia ed azzurro molto diffuso e diluito (primo da sinistra). Albarello - fine sec. XVI Provenienza: da sterri per la costruzione dell’Ospedale di S. Anna (Ferrara), 1912. Ferrara, Collezione Pasetti. Forma ad albarello. Dipinto con bande verticali sinuose. Colori ferraccia e ramina dipinti su ingobbio e sotto vetrina. Argilla ros- sa. Piede piatto senza cercine (secondo da destra). Albarello - seconda metà secolo XV Provenienza: Ferrara Bologna, collezione privata. Nei due medaglioni scene simboliche con putti. Tutto intorno, elegantissime girali di foglie di quercia accartocciate. Raffigura- zioni di chiara simbologia amatoria (primo da destra). pieghevole a cura di C.B.Vicentini Nel momento di ricreare il corredo della farmacia Na- varra-Bragliani molti sono stati gli interrogativi. È stata alla fine adottata la scelta di ricercare un legame con la città e con quanto le fosse peculiare, affidandosi in pri- ma istanza su forti pressioni di Giorgio Forlani alla ge- nerosità dei farmacisti ferraresi risultata però con limiti a fine ‘800–prima metà del ‘900. Lo sguardo è stato quindi rivolto non tanto a vasi coevi, ma quanto a vasi che potessero essere stati prodotti nel momento del massimo fulgore della ceramica ferrarese. Da un’attenta ed accurata ricerca condotta da Chiara Bea- trice Vicentini tra pezzi catalogati di patrimonio pubbli- co o apparsi in mostre provenienti da collezioni private è emersa una rosa di albarelli. Tra questi sono stati scel- ti quattro vasi di straordinaria bellezza, ai quali è stata ridata vita, complice Manuela Barattini di Ceramiche artistiche ferraresi. La ceramica graffita ferrarese Albarelli ispirati a originali di produzione ferrarese L’affascinante e responsabile pratica dell’incisione, l’uso di pochi colori primitivi (generalmente: ossido di ferro e ossido di rame) che il contrastato fuoco, con la sua arte, scioglie e sfuma, rappresentano le caratteristi- che fondamentali della ceramica graffita. Sotto il ducato di casa d’Este nei secoli XV e XVI la cera- mica graffita, oltre a conservare il carattere di oggetto d’uso e ornamentale, come accadeva in tutti gli altri centri ceramici, acquisì la funzione di oggetto celebrati- vo e cerimoniale (piatti amatori) caricandosi quindi di più larghi valori culturali ed artistici. Ferrara, il cui sotto- suolo è diffusamente ricco di testimonianze, fu il centro dove questo tipo di ceramica raggiunse la sua massima espressività e caratterizzazione. Lo stretto legame esi- stente fra i mecenati estensi e l’arte ceramica ferrarese comportò che, decadendo la casa d’Este, la ceramica

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graffita perdette il suo sostentamento e le sue significazio-ni e quindi morì completamente: gli ingegnosi metodi di produzione e le empiriche complesse formulazioni andaro-no segretamente sepolte con gli ultimi ceramisti. Dopo quattro secoli, un gruppo di ceramisti ferraresi, con un la-voro durato molti anni di difficoltosissime ricerche e di feli-ci intuizioni, ha riportato in vita la ceramica graffita ridan-do a Ferrara un artigianato tipicamente suo.

Albarello – seconda metà secolo XV Provenienza: da rinvenimenti in Ferrara, epoca non accertata. Ferrara, collezione privata. Forma di piccolo albarello cilindrico con cordoli in prossimità del bordo e in prossimità del piede all’inizio di una rastremazione sensibile che caratterizza la parte inferiore. Corpo ceramico compatto di colore rosso-mattone. Esterno ingobbiato e invetri-ato. Colori: bruno-ferraccia e verde-ramina. Decoro a medaglio-ni con animali intercalati da foglie gotiche accartocciate (secondo da sinistra).

Albarello – inizio sec. XVII Provenienza: da sterri presso Bondeno (Ferrara), 1902. Ferrara, Collezione Pasetti. Forma ad albarello con due anse contrapposte a torciglione. Ornato floreale suddiviso in tre grandi fasce orizzontali con girali di foglie e fiori su fondo risparmiato. Graffito a fondo risparmia-to. Colori ramina, ferraccia ed azzurro molto diffuso e diluito (primo da sinistra).

Albarello - fine sec. XVI Provenienza: da sterri per la costruzione dell’Ospedale di S. Anna (Ferrara), 1912. Ferrara, Collezione Pasetti. Forma ad albarello. Dipinto con bande verticali sinuose. Colori ferraccia e ramina dipinti su ingobbio e sotto vetrina. Argilla ros-sa. Piede piatto senza cercine (secondo da destra).

Albarello - seconda metà secolo XV Provenienza: Ferrara Bologna, collezione privata. Nei due medaglioni scene simboliche con putti. Tutto intorno, elegantissime girali di foglie di quercia accartocciate. Raffigura-zioni di chiara simbologia amatoria (primo da destra).

pieghevole a cura di C.B.Vicentini

Nel momento di ricreare il corredo della farmacia Na-varra-Bragliani molti sono stati gli interrogativi. È stata alla fine adottata la scelta di ricercare un legame con la città e con quanto le fosse peculiare, affidandosi in pri-ma istanza su forti pressioni di Giorgio Forlani alla ge-nerosità dei farmacisti ferraresi risultata però con limiti a fine ‘800–prima metà del ‘900. Lo sguardo è stato quindi rivolto non tanto a vasi coevi, ma quanto a vasi che potessero essere stati prodotti nel momento del massimo fulgore della ceramica ferrarese. Da un’attenta ed accurata ricerca condotta da Chiara Bea-trice Vicentini tra pezzi catalogati di patrimonio pubbli-co o apparsi in mostre provenienti da collezioni private è emersa una rosa di albarelli. Tra questi sono stati scel-ti quattro vasi di straordinaria bellezza, ai quali è stata ridata vita, complice Manuela Barattini di Ceramiche artistiche ferraresi.

La ceramica graffita ferrarese

Albarelli ispirati a originali

di produzione ferrarese

L’affascinante e responsabile pratica dell’incisione, l’uso di pochi colori primitivi (generalmente: ossido di ferro e ossido di rame) che il contrastato fuoco, con la sua arte, scioglie e sfuma, rappresentano le caratteristi-che fondamentali della ceramica graffita.

Sotto il ducato di casa d’Este nei secoli XV e XVI la cera-mica graffita, oltre a conservare il carattere di oggetto d’uso e ornamentale, come accadeva in tutti gli altri centri ceramici, acquisì la funzione di oggetto celebrati-vo e cerimoniale (piatti amatori) caricandosi quindi di più larghi valori culturali ed artistici. Ferrara, il cui sotto-suolo è diffusamente ricco di testimonianze, fu il centro dove questo tipo di ceramica raggiunse la sua massima espressività e caratterizzazione. Lo stretto legame esi-stente fra i mecenati estensi e l’arte ceramica ferrarese comportò che, decadendo la casa d’Este, la ceramica

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Correva l’anno 1738 quando lo Stato Pontificio con-cedeva a tale Giovanni Battista Nannini il diritto di un esercizio farmaceutico al numero civico 1692 della allora piazza della Pace, oggi Corso Martiri della Li-bertà, in Ferrara.

Il 30 gennaio 1864 con rogito Notaio Ferraguti l’immobile compresa la farmacia veniva venduto al sig. Filippo Navarra. I lavori di ristrutturazione venne-ro affidati all’ing. Conte Carlo Laderchi, figura di spic-co della società ferrarese.

Questa farmacia è la più antica della città e ha godu-to di gran fama per i suoi preparati, richiesti in tutto il regno. Era il tradizionale incontro tra medici, farma-cisti e storici locali. Nel 1910 i signori Navarra cedono ai F.lli Bragliani la farmacia che passerà in mancanza di figli al nipote Alessandro, il quale nel 1976 dopo una lunga e onorata gestione cederà il diritto della farmacia alla dott.ssa Caretti. (Documentazione Giu-lio Cesare Frignani)

Nel 1977 il Dr. Bragliani, Presidente dell’Ordine di Farmacisti dal 1949 al 1978, cede con un atto ufficiale di donazione alla Facoltà di Farmacia dell’Università di Ferrara gli arredi, con vincolo di sistemazione e conservazione del prestigioso mobilio.

Dopo anni di abbandono, l’intervento di recupero

avviene a partire dal 1989, come service del Lions

Club Ferrara Host e Ferrara-Poggio Renatico, presi-

denti Giulio Ce-

sare Frignani,

Dionisio Maz-

zotta e Giorgio

Forlani. Il socio

Michele Capo-

macchia coinvol-

ge un

amico lion di Macerata, antiquario e maestro d’arte, vie-ne interessato anche un noto laboratorio cittadino di restauro diretto da Lino Zanella e dal figlio Marcello. L’antiquario Maurizi non si accontenta di consolidare e ripristinare le strutture portanti, lo incuriosiscono e non lo convincono le strane tonalità cromatiche non armo-nizzabili tra loro e fa una scoperta. Con coraggio e insi-stenza dà inizio ad una profonda pulitura di un piccolo cassetto. Appare come per miracolo nascosto tra tre strati di vernice, forse aggiunti dai ragazzi di farmacia, uno splendido grigio azzurro. Questa la tinta originale, di qui l’avvio di un definitivo e futuro restauro. Le parti aggettanti di un avorio chiaro sono per fortuna quasi tutte intatte. Nell’anno successivo 1994/95 vengono ri-fatti i fregi dorati che decorano le cimase delle vetrine e rimesse le specchiere che con effetto scenografico fanno da sfondo alle eleganti scaffalature. Il 1995/96 segna il definitivo importante traguardo. Sostituiti i decori lignei scomparsi, tutti gli elementi decorativi mancanti, non resta che la pulitura generale che confermerà quanto scoperto dal lion Maurizi di Macerata. Si rinfrescano tut-te le dorature, l’orologio torna a scandire il tempo. Man-ca nella parte centrale il lume a gas che sovrastava il pia-no di lavoro, purtroppo perduto e di difficile reperibilità.

Nel 1960 la farmacia comparve nel famoso film “La lunga notte del ‘43”, arrangiato dall’omonimo romanzo tratto da “Cinque storie ferraresi” di Gior-gio Bassani. Fu girato da Flore-stano Vancini al suo esordio co-me regista con l’aiuto, tra gli al-tri, di Pier Paolo Pasolini.

Vetri e strumenti. Collezione Dipartimento di Scienze Farmaceutiche.

Albarelli. Ceramica graffita ferrarese XV-XVII secolo.