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SCUOLA REGIONALE DI PROTEZIONE CIVILE CORSO DI OPERATORE DI PROTEZIONE CIVILE SALERNO 27/3/2013/12/06/2013 I RISCHI E LA PIANIFICAZIONE _o_o_o_o_ L O G I S T I C A (II^ parte) DOCENTE P.I. Ing. EurEta Vincenzo LUORDO Sostituto Direttore Antincendi Capo Esperto a r. del CORPO NAZIONALE VIGILI DEL FUOCO

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SCUOLA REGIONALE DI PROTEZIONE CIVILE

CORSO DI OPERATORE DI PROTEZIONE CIVILE

SALERNO 27/3/2013/12/06/2013

I RISCHI E LA PIANIFICAZIONE

_o_o_o_o_

L O G I S T I C A (II^ parte)

DOCENTE P.I. Ing. EurEta Vincenzo LUORDO

Sostituto Direttore Antincendi Capo Esperto a r. del CORPO NAZIONALE VIGILI DEL FUOCO

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Uragani, alluvioni, frane, terremoti, eruzioni vulcaniche sono tra i fenomeni che in

maniera più distruttiva esprimono la forza della natura.

Ma perché tali eventi si verificano?

Tutto può essere ricondotto ad una continua ricerca dell’equilibrio da parte del nostro

pianeta.

Infatti, se la Terra fosse un inerte ammasso di rocce, completamente livellato,

termicamente omogeneo e privo di un’atmosfera, se, in poche parole, la Terra fosse un

sistema in equilibrio termico e gravitativo, tutti questi fenomeni non accadrebbero.

Questi fenomeni sono l’espressione di uno stato di disequilibrio del sistema Terra e si

verificano per realizzare la tendenza ad un equilibrio generalizzato. Se infatti si

formano cicloni ed anticicloni, se uragani e temporali si scatenano, si deve al

disequilibrio termico in cui si trova la nostra atmosfera: le masse d’aria calda si

spostano verso le zone a più bassa temperatura nel tentativo di raggiungere

l’omogeneità nella distribuzione delle temperature.

Se un magma risale verso la superficie terrestre alimentando eruzioni vulcaniche, si

deve alla sua densità, più bassa rispetto alle rocce circostanti, che lo porta a muoversi

verso l’alto alla ricerca di una condizione di equilibrio e di minima energia potenziale,

nel campo gravitazionale terrestre.

RISCHIO SISMICO

SCALA RICHTER

La "magnitudo" è stata definita nel 1935 dal famoso sismologo C.F. Richter come misura oggettiva della quantità di energia elastica emessa durante un terremoto. La magnitudo viene calcolata a partire dall'ampiezza delle onde sismiche registrate dai sismografi. Ogni grado di magnitudo successivo corrisponde ad un incremento, rispetto al precedente, di trenta volte dell'energia emessa. I terremoti più piccoli percettibili dall'uomo hanno una magnitudo intorno a 2,5, mentre quelli che possono provocare danni alle abitazioni e vittime hanno generalmente una magnitudo superiore a 5,5.

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dell'eruzione massima attesa. Tutta l’area esposta a pericoli che possono produrre seri danni a persone e cose si estende su una superficie di circa 1.400 km2. All'interno di quest'area sono state distinte tre zone, denominate Zona Rossa, Zona Gialla e Zona Blu, sulla base del tipo e dell’entità dei pericoli da cui potrebbero essere interessate.

La Zona Rossa è quella all’interno della quale vaste aree potrebbero essere invase da flussi piroclastici e colate di fango, e coperte da spessi accumuli di prodotti da caduta. Essa ha un’estensione di circa 200 Km2 e comprende 18 Comuni dell'area circumvesuviana, tutti della provincia di Napoli. Durante l'eruzione del 1631 quasi il 20% del territorio di questa zona fu distrutto dai flussi piroclastici. Le pareti del Monte Somma, che negli ultimi secoli hanno protetto i centri abitati ubicati a Nord dalle colate laviche, potrebbero non essere alte abbastanza da impedire il loro scavalcamento da parte dei flussi piroclastici. Per questo motivo la Zona Rossa ha geometria circolare. Per la velocità e l'elevato potere distruttivo dei flussi piroclastici, le popolazioni dovranno evacuare questa zona prima dell'inizio dell'eruzione.

La Zona Gialla è quell’area che potrebbe essere interessata da caduta di particelle con carichi maggiori di 200 Kg/m2. Essa ha un’estensione di 1100 Km2 e comprende alcune decine di Comuni delle provincie di Napoli, Salerno, Avellino, Caserta e Benevento. Solamente un settore di questa zona sarà interessato dalla caduta di grandi quantità di ceneri, pomici e frammenti di roccia, che potranno provocare oscurità, disturbi alla respirazione, crollo dei tetti, blocco dei motori, difficoltà di circolazione dei veicoli ed interruzione del normale funzionamento delle reti di servizi. Inoltre, in alcune aree, soprattutto quelle montuose, l'accumulo di ceneri sui pendii e la loro successiva mobilizzazione potrà dare origine a frane e colate di fango. Nel 1631 circa il 10 % di quest'area fu gravemente danneggiata. Il settore della zona gialla che sarà interessato dalla caduta di particelle non può essere individuato a priori perché esso sarà definito dall'altezza che la colonna eruttiva raggiungerà e dalla direzione e velocità dei venti in quota al momento dell’eruzione. Pertanto, solo una parte degli abitanti della zona gialla (si prevede circa 100.000) sarà soggetta, durante l'eruzione, all'evacuazione.

La Zona Blu è quell’area che, oltre ad essere interessata da caduta di particelle con peso superiore a 200 Kg/m2, potrebbe essere invasa da colate di fango ed essere interessata da inondazioni ed alluvionamenti. Essa ha un’estensione di circa 100 Km2 e corrisponde alla conca di Nola.

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I fenomeni franosi sono molto frequenti quando esistono condizioni atmosferiche particolari (lunghi periodi di piogge) e soprattutto dove esiste una situazione di dissesto idrogeologico grave.

Le frane che si verificano in ltalia sono molte, solo in Piemonte ne sono state cartografate circa 5.000; esse si ripropongono con frequenza, interferendo quasi inevitabilmente con l'attività umana, spesso con effetti drammatici per la vita stessa dell'uomo; citiamo, a titolo di esempio, l'evento franoso del 5 maggio 1998 accaduto nei paesi di Sarno, Siano e Quindici (Salerno - Avellino).

I rimedi da adottare per la difesa dei versanti dalle frane possono essere:

• preventivi: riguardanti il consolidamento dei pendii franosi e l'eliminazione dei fattori che possono originare le frane stesse, con sistemazione morfologica e idrologica dei versanti, rimboschimento e canalizzazione delle acque dilavanti;

• susseguenti: consistenti in palificazioni delle zone stabili, nella costruzione di canali di drenaggio, di muri e briglie di ritenuta alla fronte della frana e nel rimboschimento rapido.

Le frane si possono prevedere e spesso anche evitare.

Per prevedere il rischio di frana, bisogna eseguire uno studio geologico della zona, studiare cioè la sua litologia (i tipi di rocce), la stratigrafia (disposizione degli strati rocciosi) e le strutture geologiche presenti.

Si può anche misurare l'ampliarsi crescente di una fessura in uno strato roccioso.

Nell'affrontare lo studio delle frane, si devono considerare tre interrogativi fondamentali: come, dove e quando si verificano.

Il CNR (centro nazionale ricerche) e i SERVIZI GEOLOGICI REGIONALI, realizzano studi e ricerche per produrre carte della franosità: in queste carte vengono distinte le zone più pericolose con il colore rosso, passando poi al rosa, viola e arancio in funzione del diverso grado di pericolosità e di rischio per le opere e gli insediamenti urbani.

La conoscenza di queste zone a rischio è la prima misura preventiva per evitare disastri provocati da fenomeni franosi.

QUESTA NON ERA UNA ZONA DA URBANIZZARE!!!

SARNO, SIANO E QUINDICI: un disastro che si poteva evitare.

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FRANE (cosa fare)

PRIMA DI UNA FRANA

• Informarsi sul pericolo di frane nel luogo in cui si vive consultando i Piani predisposti dalle Autorità competenti.

• Non costruire o acquistare una casa sita in un luogo soggetto a movimenti franosi.

AL MOMENTO DELLA FRANA

• Se si è allertati, eseguire con calma le istruzioni e tutte le operazioni necessarie per mettersi in salvo.

• Se la frana vi sorprende, cercare di uscire dall'edificio in direzione perpendicolare rispetto a quella di provenienza della frana.

• Se ci si trova in un edificio a più piani, cercare di andare in alto (non al piano terreno perché il pericolo è rappresentato dal fango).

• Cercare di stare vicino a strutture solide. • Se si tenta di fuggire, cercare di raggiungere un luogo più alto rispetto a quello

in cui ci si trova.

DOPO LA FRANA

• Mantenere la calma. • Cercare di dare i primi soccorsi se è possibile. • Evitare di stare vicino ai muri (potrebbero essere pericolanti). • Evitare di stare vicino a tubature lesionate. • Evitare di stare vicino a cavi elettrici caduti. • Se si sta percorrendo una strada in macchina e una frana è appena caduta,

cercare di segnalare il pericolo.

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VALANGHE

Sono fenomeni che comportano la rimobilizzazione di masse di neve che, staccandosi dall’alto di un pendio e rotolando verso il basso, si accrescono lungo il percorso trascinando e sommergendo quanto si trova sul loro percorso.

Questo fenomeno è simile a quello franoso, per questo le valanghe vengono anche dette fenomeni franosi di neve.

Le valanghe presentano tre zone:

1. di distacco in alto, 2. di scorrimento, 3. di deposito.

Premesso che le valanghe di solito non si formano se l'inclinazione del pendio è minore di 22° - 24°, le principali cause che mettono in moto la neve sono:

o il vento, o la temperatura, o la rottura e la caduta di una cornice di neve,

ma anche

o il passo di un animale o dell'uomo, o le vibrazioni del suono.

In dipendenza dello stato della neve, si distinguono due tipi di valanghe:

1. le valanghe di neve fresca, asciutta e superficiale che forma una grande nube di neve finemente suddivisa e provoca nella caduta, per compressione, una corrente d'aria fortissima che la precede e causa gravi danni;

2. le valanghe di neve vecchia, umida, già assestata e quindi più coesa e pesante che si producono a seguito di un innalzamento della temperatura, quindi in primavera (vengono dette "valanghe di San Giuseppe) con l'inizio del disgelo. Si verificano quasi con regolarità ogni anno negli stessi luoghi e per questo motivo è possibile realizzare delle carte del rischio delle zone soggette. Sono

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caratterizzate dal formarsi di pallottole ben arrotondate e compatte e formano conoidi alti anche 20 metri.

In Italia le valanghe avvengono soprattutto nelle regioni alpine, come il Piemonte la Valle d'Aosta, nel Cadore, nella Carnia, nei gruppi dell'Adamello e dell'Ortes-Cevedale. Tra quelle più devastanti del secolo si ricordano quelle del:

• 1904 in Val Chisone (Piemonte), • 1931 a Rochemolles (Piemonte), • 1979 a Primo Polentini (Lombardia).

Per la previsione delle valanghe, nella stagione invernale, è possibile consultare un bollettino emesso da una rete nivometrica, accessibile attraverso varie fonti (stampa, telefono, connessione telematica). La pericolosità delle valanghe è classificata secondo la seguente scala:

• DEBOLE = il distacco è possibile solo con un forte sovraccarico su pochissimi pendii estremi. Sono possibili solo piccole valanghe spontanee. Condizioni generalmente sicure per gite sciistiche.

• MODERATO = il distacco è probabile con un forte sovraccarico soprattutto sui pendii ripidi indicati. Non sono da aspettarsi grandi valanghe spontanee. Condizioni favorevoli per gite sciistiche ma occorre considerare adeguatamente locali zone pericolose.

• MARCATO = Il distacco di valanghe è probabile con un debole sovraccarico soprattutto sui pendii ripidi indicati. In alcune situazioni sono possibili valanghe spontanee di media grandezza e, in singoli casi, anche grandi valanghe. Le possibilità per gite sciistiche sono limitate ed è richiesta una buona capacità di valutazione locale.

• FORTE = Il distacco è probabile già con un debole sovraccarico sulla maggior parte dei pendii ripidi. In alcune situazioni sono da aspettarsi molte valanghe spontanee di media grandezza e, talvolta, anche grandi valanghe. Le possibilità per gite sciistiche sono fortemente limitate ed è richiesta una grande capacità di valutazione locale.

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• MOLTO FORTE = Sono da aspettarsi numerose grandi valanghe spontanee anche su terreno moderatamente ripido. Le gite sciistiche non sono generalmente possibili.

(Per sovraccarico forte si intende ad esempio un gruppo compatto di sciatori, un mezzo battipista, uso di esplosivo; per debole si intende un singolo sciatore, un escursionista senza sci, ecc.).

In molti casi il rischio valanghe è stato aumentato dall'uomo (Rischio indotto) a causa del disboscamento delle montagne e la costruzione di edifici ai piedi dei versanti.

Per le opere di prevenzione, oltre al rimboschimento, è possibile realizzare strutture paravalanghe a difesa del territorio come muretti, palizzate, terrazzamenti sulla traiettoria delle valanghe o muraglioni, gallerie, cunei per la protezione di villaggi, strade, ferrovie.

Valanghe - Comportamento

Cosa non si deve mai fare:

• Avventurarsi in zone sconosciute senza una guida esperta. • Con gli sci andare nelle radure: sono pericolose. • Con gli sci tagliare in orizzontale i versanti. • Con gli sci scendere per i pendii sotto le cornici. • Fermarsi nei pressi di canaloni. • Percorrere le aree in cui si è osservato il cartello segnaletico che avvisa del

pericolo di valanghe.

Cosa si deve sempre fare:

• Prima di intraprendere un'escursione o una gita sciistica, informarsi presso la rete nuvometrica sulle condizioni della zona interessata.

• Se si decide di fare una gita in montagna, spostarsi la mattina presto. • Scegliere i percorsi più alti in quota. • Guardare spesso verso l'alto in modo da poter controllare l'eventuale distacco

di valanghe. • Con gli sci sfruttare i dorsali e le creste. • Con gli sci procedere il più possibile lungo la linea di massima pendenza. • Ricordarsi che il bosco fitto è sicuro. • Cercare sempre di spostarsi in compagnia.

Nelle zone a rischio

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Chiunque scopra un incendio che ha intaccato o minaccia di intaccare un bosco è tenuto a dare l'allarme al Comune, alle Comunità montane o più semplicemente ai Vigili del fuoco (115) e/o al Corpo Forestale dello Stato.

COSA FARE SE SI VIENE COINVOLTI IN UN INCENDIO BOSCHIVO

• Se possibile, bagnare il corpo e i vestiti con acqua (nel caso si dovesse attraversare una zona surriscaldata sarebbe molto utile).

• Evitare di respirare il fumo appoggiando sul naso un fazzoletto possibilmente bagnato.

• Se la respirazione diventa difficile, sdraiarsi a terra, e respirare molto lentamente col naso a livello del terreno (il fumo non arriva mai fino al suolo).

• Fare attenzione ai focolai secondari, tronchi o ceppi che ardono e all'eventuale materiale che potrebbe cadere addosso.

RISCHIO CHIMICO INDUSTRIALE LE NUOVE TECNOLOGIE

Alle soglie del duemila, la maggioranza delle attività umane sono condizionate dalla tecnologia. L'evoluzione dei sistemi tecnologici e lo sviluppo dell'industria, se da una parte hanno portato benefici innegabili ( a cui non siamo spesso disposti a rinunciare), dall'altra hanno generato gravi forme di inquinamento ambientale.

I PRINCIPALI AGENTI DI INQUINAMENTO

L'evoluzione dei sistemi tecnologici e lo sviluppo dell'industria, se da una parte hanno portato benefici innegabili ( a cui non siamo spessi disposti a rinunciare), dall'altra hanno generato gravi forme di inquinamento ambientale.

Il maggior inquinamento è provocato dagli incidenti industriali (incendi, esplosioni, fughe di sostanze tossiche nocive, fuoriuscita di gas altamente radioattivi,…) e dall'emissione di sostanze nocive nell'ambiente di lavoro e, soprattutto, al di fuori di esso.

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• OSSIDI DI AZOTO

Sono prodotti dai motori a combustione interna, dagli aerei, dai forni, dagli inceneritori, dall'uso eccessivo di fertilizzanti, da incendi di boschi e dalle installazioni industriali. Formano lo smog delle grandi città e possono causare infezioni respiratorie, fra cui la bronchite nei neonati.

• FOSFATI

Si trovano nelle acque di scarico; provengono, in particolare, dai detergenti, dai fertilizzanti chimici usati in eccesso e dai rifiuti dell'allevamento intensivo degli animali.

I fosfati sono uno dei principali fattori dell'inquinamento dei laghi e dei fiumi.

• MERCURIO

È prodotto dall'utilizzazione dei combustibili fossili, dall'industria cloro-alcalina, dalle centrali di energia elettrica, dai colorifici, dai processi di sfruttamento delle miniere, dalle raffinerie e dalla preparazione della carta.

È un pericoloso contaminante degli alimenti, specialmente di quelli provenienti dal mare; un veleno che accumulandosi attacca il sistema nervoso.

• PIOMBO

La fonte principale dell'inquinamento da piombo è una materia antidetonante aggiunta al petrolio. Però, contribuiscono a tale contaminazione la fusione di questo metallo e l'industria chimica. Si tratta di un tossico che attacca gli enzimi e altera il metabolismo cellulare, accumulandosi nei sedimenti marini e nell'acqua potabile.

• PETROLIO

L'inquinamento è causato dall'estrazione del prodotto di fronte alle coste, dalla sua raffinazione, dagli incidenti alle navi petroliere e dalla evacuazione del prodotto stesso durante il trasporto. Causa gravissimi danni

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nell'ambiente: distrugge il plancton, la vegetazione, gli uccelli marini e contamina le spiagge.

• D.D.T. e ALTRI INSETTICIDI

Sono molto tossici per i crostacei anche se in concentrazione molto bassa. Usati soprattutto in agricoltura, possono passare nelle acque di scolo e, inquinando il mare, causare la morte dei pesci. Nell'uomo possono produrre anche il cancro. Dal momento che la loro utilizzazione riduce diverse specie di insetti utili, contribuiscono alla comparsa di nuovi flagelli.

• RADIAZIONI

Nella maggior parte dei casi sono originate dalla produzione di energia atomica, dalla fabbricazione e dalla prova di armi di questo tipo e da navi a propulsione nucleare. È molto importante il loro impiego in medicina e nelle ricerche scientifiche; però se si superano certe dosi possono provocare tumori maligni e mutazioni genetiche.

INQUINAMENTO DEL MARE DA IDROCARBURI O ALTRE SOSTANZE NOCIVE

Le funzioni in materia di tutela e di difesa del mare sono svolte dal Ministero dell'Ambiente mediante l'Ispettorato Centrale per la Difesa del Mare (componente del Servizio Nazionale di Protezione Civile) che si avvale del Centro Operativo Antinquinamento, collegato a con il SI.D.MAR. (Sistema Difesa MARe) per tutto quanto concerne i dati ambientali marini e la sicurezza dell'ambiente marino.

In caso di inquinamento o di imminente pericolo di inquinamento, l'Autorità Marittima è tenuta a disporre le misure necessarie allo scopo di prevenire o eliminare gli effetti inquinanti, o attenuarli qualora risultasse tecnicamente impossibile eliminarli, con tecniche di recupero e abbattimento delle sostanze sversate in mare.

L'Ispettorato Centrale per la Difesa del Mare mediante il Centro Operativo Antinquinamento

autorizza:

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Gli Uffici Marittimi territoriali per tutte le attività poste in essere che comportino l'impiego di risorse (uomini e mezzi) non dipendenti, pena il mancato riconoscimento di qualsiasi onere a carico dello Stato.

L'utilizzo in mare di qualsiasi prodotto disperdente in considerazione dell'esigenza di tutelare l'ambiente marino del bacino del Mediterraneo. L'eventuale impiego dei prodotti disperdenti deve essere tempestivo, in quanto l'invecchiamento degli idrocarburi e le alterazioni connesse (aumento della viscosità, insorgere dell'emulsione inversa) rendono inutile, se non dannoso, l'utilizzo di tali prodotti.

Informare gli Organismi sovranazionali, internazionali e regionali sugli interventi adottati:

il REMPEC di Malta (Centro Regionale Mediterraneo per gli interventi di urgenza contro l'inquinamento marino accidentale);

il "Sistema Comunitario di informazioni per il controllo e la riduzione dell'inquinamento in caso di sversamento in mare di idrocarburi" della Comunità Europea;

il Centro di coordinamento del Piano di intervento franco-italo-monegasco (RAMOGEPOL);

il Fondo Internazionale per l'indennizzo dei danni causati da sversamento di idrocarburi o altre sostanze tossiche nocive (IOPCF).

In caso di inquinamento o di imminente pericolo di inquinamento esistono tre diverse procedure

di emergenza:

LOCALE quando l'emergenza è fronteggiabile con risorse disponibili dipendenti e non. Il capo del Compartimento Marittimo competente per territorio:

Dichiara l'emergenza locale.

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Informa immediatamente il Centro Operativo Antinquinamento che assume il coordinamento delle operazioni sulla base del Piano Operativo di Pronto Intervento Locale predisposto di concerto con il Prefetto di giurisdizione.

Dà comunicazione della dichiarazione di emergenza Locale al Servizio Nazionale di Protezione Civile (PROCIVILMAR).

NAZIONALE quando l'emergenza non è fronteggiabile con risorse disponibili dipendenti e non:

Il Capo dell'Ispettorato Centrale per la Difesa del Mare sottopone al Ministro dell'Ambiente la richiesta al Ministero della Protezione Civile di promuovere la Dichiarazione di Emergenza Nazionale.

Il Ministero della Protezione Civile assume la direzione e la responsabilità di tutte le operazioni sulla base del Piano di Pronto Intervento Nazionale adottato dagli Organi del Servizio Nazionale per la Protezione Civile.

IN ALTO MARE quando è necessario intervenire per prevenire, attenuare o eliminare

gravi ed imminenti rischi che possono derivare al litorale o agli interessi connessi, secondo quanto stabilito dalla Convenzione di Bruxelles del 29.11.1969, la direzione delle attività è assunta dal Direttore Generale dell'Ispettorato Centrale per la Difesa del Mare del Ministero dell'Ambiente che opera previa intesa con i Ministeri degli Affari Esteri e della Difesa, sentito il Ministero dei Trasporti e della Navigazione ed il Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato.

Per lo svolgimento dei propri compiti di:

Vigilanza e tutela delle norme di salvaguardia dell'ambiente marino.

Pattugliamento e monitoraggio delle acque.

Operazioni di antinquinamento in generale.

l'Ispettorato Centrale per la Difesa del Mare può disporre di quattro navi di altura di tipo pattugliatore della classe "Cassiopea".

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Il comandante, l'armatore o il proprietario di una nave o il responsabile di un mezzo o di un impianto situato sulla piattaforma continentale o sulla terra ferma che, attraverso il versamento di idrocarburi o di altre sostanze nocive, causano l'inquinamento del mare sono tenuti:

a informare nel minor tempo possibile l'Autorità Marittima più vicina al luogo dell'incidente,

ad adottare ogni misura utile per evitare ulteriori danni e possibilmente per eliminare gli effetti dannosi già prodotti,

ad eseguire la diffida dell'Autorità Marittima che, in caso di inadempienza, farà eseguire gli interventi ritenuti necessari per conto dei responsabili dell'evento calamitoso, recuperando poi, dagli stessi, le spese sostenute.

Per verificare l'efficacia dei piani di pronto intervento, il coordinamento delle risorse

disponibili, la tempestività degli interventi e delle relative operazioni di bonifica e per l'aggiornamento periodico del personale vengono programmate esercitazioni di antinquinamento, nel rispetto delle normative comunitarie e internazionali. Tutte le procedure di comunicazione e l'intera messaggistica, durante le esercitazioni, ha carattere di priorità e deve essere preceduta e seguita dalla scritta: "EXERCISE - EXERCISE - EXERCISE"

INCIDENTI INDUSTRIALI

Tutte le operazioni che avvengono all'interno dell'industria, soprattutto in quella chimica, coinvolgono o producono sostanze che presentano un alto grado di rischio, come:

• La tossicità • L'infiammabilità • L'esplosività • La corrosione

Da ciò deriva il cosiddetto rischio industriale, che corrono sia i lavoratori dell'industria stessa, sia gli abitanti delle zone adiacenti all'industria, ecc.

I tipici incidenti dell'industria chimica sono:

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• Lo scoppio del reattore. • La rottura di un contenitore o di una tubazione. • Lo scarico di una valvola di sicurezza (che preserva da un'esplosione,

ma che può dar luogo alla dispersione nell'ambiente di sostanze tossiche e/o infiammabili).

• L'accensione di una miscela combustibile. • Il rilascio di gas, vapori, liquidi e prodotti tossici in genere.

I prodotti che causano l'inquinamento sono, per esempio, sostanze prodotte e utilizzate nell'industria chimica e petrolchimica vera e propria; prodotti della combustione emessi da installazioni per uso industriale, civile e di trasporto; materiali usati nel settore agricolo (concimi, erbicidi, pesticidi) e nel settore civile (additivi e conservanti per prodotti alimentari, alcuni sottoprodotti dei materiali edilizi ecc.).

I complessi industriali provocano l'inquinamento atmosferico per l'emissione di fumi non sufficientemente filtrati che contengono gas e polveri nocive e l'inquinamento delle acque e del suolo attraverso lo scarico nel mare, nei fiumi, nei laghi e nel suolo di liquidi, solidi e fanghi, che contengono sostanze estremamente nocive, come piombo, cianuri, ammoniaca, elementi radioattivi, cromo, ecc.

Un esempio noto è l'inquinamento dei mari da mercurio, causato dagli scarichi industriali.

Il mercurio, come tutti i metalli pesanti, non viene eliminato dagli organismi che lo hanno assorbito e perciò si accumula passando da un anello all'altro della catena alimentare. Poiché l'uomo si trova al vertice della catena, riceve più mercurio di qualsiasi pesce.

A titolo di esempio non dimentichiamo la catastrofe di Seveso in Lombardia del 10/7/76, in seguito alla quale l'intera popolazione della zona interessata fu costretta ad abbandonare case e attività a causa della nube di gas di diossina (sostanza velenosa emessa nell'aria da uno stabilimento dell'ICMESA).

Le conseguenze dell'incidente sulla popolazione furono gravissime, perché la diossina provocò la morte di molti animali di allevamento e, nei mesi successivi l'incidente, aumentarono le nascite di bambini menomati.

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Per molto tempo la zona non fu abitabile né coltivabile.

RISCHIO NUCLEARE CENTRALI NUCLEARI

A partire dal 1973, l'aumentato costo del petrolio ha suggerito la costruzione di centrali elettriche alimentate da fonti di energia meno costose: molti paesi si sono orientati verso le centrali nucleari.

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Quando le radiazioni superano le decine di migliaia di millirem diventano estremamente nocive e possono provocare malattie come la leucemia, il cancro e danni genetici (malformazioni nei figli e nei nipoti).

LE SCORIE RADIOATTIVE Le scorie radioattive sono altamente pericolose, perché mantengono una certa quantità di radioattività, non sufficiente per alimentare la reazione a catena nel reattore, ma abbastanza elevata per procurare danni al nostro organismo.

Le scorie radioattive vengono conservate per un certo periodo di tempo all'interno del contenitore principale della centrale nucleare, dopodiché vengono trasportate negli impianti di ritrattamento, dove chimicamente si separano le sostanze ancora utilizzabili dai rifiuti, a loro volta raggruppati secondo la radioattività residua.

I prodotti più dannosi dopo essere stati trattati vengono sigillati in bidoni di acciaio e cemento e custoditi i depositi severamente sorvegliati. Questo materiale rimane pericoloso per lunghissimo tempo e attualmente non sono ancora state trovate soluzioni per una sua sistemazione definitiva.

In Italia esiste una rete nazionale per il controllo della radioattività, di cui fanno parte laboratori appartenenti a diverse amministrazioni. Un ruolo importante è quello dei Centri di Riferimento Regionali (CRR) istituiti dal Ministero della Sanità nel 1987 e coordinati a livello centrale dall'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (ANPA). Lo scopo di questa rete è quello di conoscere l'andamento della radioattività ambientale e di fare valutazioni di tipo sanitario basate su tale andamento.

Esiste poi una Commissione parlamentare che ha proposto un documento contenente le linee generali per la pianificazione delle emergenze radioattive, che dovrebbe condurre alla stesura del Piano Nazionale per il coordinamento degli interventi in caso di emergenze radioattive.

Le possibili situazioni di emergenza sono:

• Allarmi notificati dall'estero (in base agli accordi internazionali e tramite il Ministero degli Esteri;

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• La popolazione a rischio (cioè che abita nelle zone circostanti l'industria) sia informata sui rischi che corre.

• Siano date informazioni sul modo di comportarsi in caso di incidente.

Nel caso venga segnalato uno degli incidenti sopra citati, è importante conoscere alcune regole di comportamento per limitare al minimo il danno.

RILASCIO DI SOSTANZE TOSSICHE NELL'ARIA (cosa fare)

• Non agitarsi, non urlare, non scappare. • Non aprire le finestre per chiedere aiuto. • Non occupare le linee telefoniche per altro uso che non sia di chiedere aiuto. • Non uscire in strada. • Non ingerire bevande e cibi sospetti di inquinamento. • Non avvicinarsi alla fonte di inquinamento. • Non toccare gli oggetti eventualmente inquinati o inquinanti.

• Cerca di mantenere la calma. • Chiudi subito tutte le finestre e le porte esterne e, se puoi, cerca di sigillarle

con del nastro adesivo. • Ferma i sistemi di ventilazione e i condizionatori, sia centralizzati sia locali. • Spegni, se puoi, i sistemi di riscaldamento. • Se hai una mascherina ponila sulla bocca e sul naso, se non ne disponi una un

fazzoletto bagnato. • Metti degli stracci sotto la porta per evitare che i fumi e/o i gas tossici passino

attraverso le fessure. • Se c'è contaminazione agli occhi fai abbondanti lavaggi con acqua. • Telefona, se possibile, al 118 (se temi un'esplosione chiama il 115) o alle

Autorità di Protezione civile per denunciare l'incidente. • Accendi la radio e resta in attesa di comunicazioni ed eventuali istruzioni. • Se ci sono feriti, devono essere trasportati in zona non contaminata appena

possibile. • Persone e animali devono essere allontanati dalla fonte di inquinamento. • Appena possibile, sottoponiti ad una visita medica.

RILASCIO DI GAS ALTAMENTE

RADIOATTIVI (cosa fare)

Se ci si trova dentro un edificio

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• Mettersi al centro della stanza (ci si sottrae così alla ricaduta radioattiva). • Chiudere al più presto le finestre (molto bene), se possibile anche le persiane. • Coprirsi il viso, il collo, le mani con indumenti. • Cambiare i vestiti appena possibile. • Fare una doccia calda con abbondante sapone.

Se ci si trova all'aperto

• Cercare velocemente un luogo coperto per ripararsi dalla ricaduta. • Coprirsi naso e bocca con un fazzoletto, possibilmente bagnato. • Coprirsi il più possibile. • Non mangiare, né bere, né fumare. • Cambiare i vestiti appena possibile. • Fare una doccia calda con abbondante sapone

Nota: Raccolta tratta dal CD ROM “SICURO’” dal docente Vincenzo Luordo

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L O G I S T I CA (II^ parte)

MINISTERO dell’INTERNO Circolare n. 28 del 6/11/199

indica le

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DIRETTIVE SULL’ORGANIZZAZIONE ED IL

FUNZIONAMENTO DELLE

COLONNE MOBILI REGIONALI (C.M.R.)

Suddivide il territorio nazionale in DIPARTIMENTI col fine di:

1) Rafforzamento del sistema 2) Celere raggruppamento di mezzi

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MINISTERO DELL’INTERNO Dipartimento dei Vigili del Fuoco del soccorso Pubblico e della Difesa

Civile:

CIRCOLARE n. EM 1/2011 Tratta della

Riorganizzazione delle Colonne Mobili Regionali e del dispositivo di mobilitazione per grandi calamità. Mantiene l’impianto generale della Circ. 28/91 per quanto

riguarda

- Modularità delle unità operative - Flessibilità di impiego per ogni tipo di calamità - Autonomia logistica - Distribuzione uniforme su tutto il territorio

nazionale - Gestione territoriale a cura delle Direzioni Regionali

VV.F. - Allertamento

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Introduce importanti variazioni strutturali riguardanti:

1) La consistenza del dispositivo di mobilitazione 2) Comando di zona delle operazioni (Comando di

Cratere) 3) La funzione dei Comandi Operativi Avanzato (C.O.A.) 4) Raccordo con gli organismi del “Sistema di

Protezione Civile Nazionale”

1) Consistenza del Dispositivo di Mobilitazione

a) Contingente max 3.000 unità su un unico cratere b) Modularità 300 persone max per Campo Base (10

Campi Base) c) Solo alcune Regioni disporrano della logistica per la

costruzione dei Campi Base

2) Comando di zona delle operazioni (Comando di Cratere):

a) Il Direttore Regionale è il Responsabile dell’efficienza operativa e delle dotazioni di C.M.R. assegnate

b) Il Direttore Regionale competente per territorio è il Comandante di tutte le forze VV.F mobilitate nel cratere

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3) La funzione dei Comandi Operativi Avanzato (C.O.A.)

a) È il Comando del Campo Base b) Dirige tutte le operazioni nell’ambito della

competenza assegnata dal Comando di Cratere c) Cura la gestione Amministrativa del Campo Base

4) Raccordo con gli organismi del “Sistema di Protezione Civile Nazionale” (Centri di coordinamento DI.COMA.C. COM.COC

d) Viene effettuato dai Dirigenti dei VV.F. preposti alla Direzione delle Unità Operative presenti sul Cratere

DI.COMA.C. = Direzione di Comando e Controllo

C.O.M. = Centro Operativo Misto

C.O.C. = Centro Operativo Comunale

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UNITÀ DI PRONTA MOBILITAZIONE

1 - SEZIONE OPERATIVA DI CMR:

UN ACT/op

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Una CA Equipaggio : 9 Uomini

Siffatte Sezioni Operative possono essere impiegate per

SISMA e ALLUVIONE

Versione SISMA:

Personale: n.4 unità VVF (Autisti e generici)

n.5 unità VVF USAR

(Urban Search and Rescue)

Macchinario e attrezzature:

Gruppo Elettrogeno,carrello fari,carrello logistico

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2-NUCLEO SOMMOZZATORI Personale :

n. 4 unità SMZ

Macchinario e Attrezzature:

n.1 AF/SMZ + RI/BP + 1 CA

3 - G.O.S.(Gruppi Operativi Speciali) Impiegati per lavori di demolizione e movimento terra CONSISTENZA:

1) Un semirimorchio ¾ assi e motrice

2) Un escavatore (min.200 q.li in assetto operativo) con accessori (polipo o pinza selezionatrice, frantumatore o pinza;cesoie; martello demolitore

3) Un caricatore frontale gommato da almeno 120 q.li

4) Un ACT 4 assi con cassone scarrabile e ribaltabile da 400 q.li

5) Un mini caricatore frontale di larghezza compatibile col cassone dell’ACT (circa 2 mt)

6) Una CA

7) Un AF di supporto

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4 - SQUADRA SAF di CMR Operano generalmente per la messa in sicurezza delle strutture infrastrutture del Cratere

Personale:

n. 6 unità con qualificazione almeno 1B e 2A

Macchinario:

Un AF 4 x 4 ed una CA

5 -SQUADRA USAR (Urban Search and Rescue)

Composta da:

n. 3 addetti alla penetrazione in macerie e

salvataggio

n. 2 addetti alla ricerca strumentale

La squadra è diretta da un funzionario strutturista

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6- NUCLEO NBCR Provvede al rilevamento e rimozione di eventuali materiali di origine

• NUCLEARE • BIOLOGICA • CHIMICA • RADIOLOGICA

7- NUCLEO COORDINAMENTO PUNTELLAMENTI (NCP)

Prende in esame le questioni concernenti la realizzazione di opere provvisionali (Progettazione, consulenza alla programmazione, direzione lavori, ecc.)

8- NUCLEO TASS

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LOGISTTICA – S

SERVIZI

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