“L ’Eucarestia compimento del cammino d’Iniziazione...

24
Incontri di formazione per i Ministri straordinari della Santa Comunione CUrIA ArCIVesCoVIle AGrIGento UFFICIo lItUrGICo Anno PAstorAle 2013-2014 “L’ Eucarestia compimento del cammino d’Iniziazione Cristiana”

Transcript of “L ’Eucarestia compimento del cammino d’Iniziazione...

Incontri di formazione per i Ministri straordinari

della Santa Comunione

CUrIA ArCIVesCoVIleAGrIGento UFFICIo lItUrGICo

Anno PAstorAle 2013-2014

“L’Eucarestia compimento del cammino

d’Iniziazione Cristiana”

In copertina: Chiesa Purgatorio, Canicattì.

InIzIo

V. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. 

r. Amen.

sAlUto

V. Il Signore sia con voi. 

r. e con il tuo spirito.

MonIzIone IntroDUttIVA

V. Gesù ha promesso di essere presente in mezzo ai suoi discepoli, ogni volta che si riuniscononel suo nome. In questo incontro fraterno di meditazione e di preghiera, all’inizio di questigiorni di formazione, egli è presente e ci parla, ma è necessario che la nostra vita corrispondapienamente alla sua Parola. Innalziamo la nostra mente a Dio, perché nel suo Santo Spiritoci guidi alla verità tutta intera.

PreGhIAMo insieme

T. Signore Gesù, tu che sei presente in mezzo a noicome “colui che serve”, rendimi testimone del tuo Amore.Tu, ricco di misericordia e di bontà, diventi il pane per il mio cammino,la luce per i miei passi, il perdono per i miei peccati.Ecco ti consegno tutto quello che sono, che sento, che bramo.Dammi di volere Te, di abbandonarmi con estrema fiducia sul tuo cuore. Il tuo Spirito ci unisca tutti in comunione di fede e di carità.Con te, o Signore, saremo presenti nel mondo come segno della tua bontà. Amen 

Canto Vieni, vieni, Spirito d’amore,ad insegnar le cose di Dio.Vieni, vieni, Spirito di pace,a suggerir le cose che Lui ha detto a noi.

Insegnaci a sperare, insegnaci ad amareinsegnaci a lodare Iddio.Insegnaci a pregare, insegnaci la via insegnaci tu l’unità.

PreGhIAMo

Tutti pregano per qualche momento in silenzio.

V. Ispira le nostre azioni, Signore, e accompagnale con il tuo aiuto, perché ogni nostra attività abbia da te il suo inizio e in te il suo compimento. Per Cristo nostro Signore.

R. Amen. seduti 

L’incontro prosegue normalmente.

1

PreGhIerA InIzIAle(I° giorno)

Segue la preghiera del Signore: Padre nostro… in piedi

PreGhIerA DI BeneDIzIone

S. Ti ringraziamo, Padre Santo, e ti benediciamo: molte volte e in molti modi parlasti ai nostri padri per mezzo dei profeti nella pienezza dei tempi hai parlato nel tuo Figlio, per manifestare a tutti gli uomini le ricchezze della tua grazia;nella tua immensa bontà guarda a questi tuoi figliconvocati per questi giorni di formazionein preparazione del mandato a servire la tua Chiesa come Ministri Straordinari della Santa Comunione,aiutali a riconoscere i segni della tua volontà, perché aderendo in tutto al tuo beneplacito portino frutti abbondanti di opere buone.Per Cristo nostro Signore. Amen.

Segue la benedizione.

Con la preghiera e il canto finale affidiamo alla Vergine il viaggio di ritorno a casa.

PreGhIAMo insieme

Santa Maria, Madre tenera e forte,nostra compagna di viaggio sulle strade della vita,ogni volta che contempliamo le cose grandi che l’Onnipotente ha fatto in te,proviamo una così viva malinconia per le nostre lentezze,che sentiamo il bisogno di allungare il passo per camminarti vicino.Asseconda, pertanto, il nostro desiderio di prenderti per mano,e accelera le nostre cadenze di camminatori un po’ stanchi.Divenuti anche noi pellegrini nella fede,non solo cercheremo il volto del Signore,ma, contemplandoti quale icona della sollecitudine umanaverso coloro che si trovano nel bisogno, raggiungeremo in fretta la “città”recandole gli stessi frutti di gioia che tu portasti un giorno a Elisabetta lontana.

Canto Mentre trascorre la vita solo tu non sei mai;Santa Maria del cammino sempre sarà con te.

Vieni, o Madre, in mezzo a noi,vieni Maria quaggiù.Cammineremo insieme a teverso la libertà.

2

PreGhIerA ConClUsIVAa conclusione dell’incontro…

PreMessA

Ci sono alcune parole che hanno bisogno di un’attenzione particolare, prima di trattare il tema checi siamo prefissi per la nostra formazione: «Memoriale - Partecipare - epiclesi».

Nel linguaggio comune queste tre parole non sono usuali, ma appena decidiamo di entrare in unachiesa e partecipiamo alla celebrazione Eucaristica, esse diventano a noi familiari. Infatti, esprimono tredinamismi liturgici, senza i quali non ci sarebbe celebrazione di un sacramento.

La celebrazione sacramentale comporta: la presenza salvifica di Cristo che viene comunicata attra-verso “segni sensibili” (memoriale); ciò che viene comunicato è accolto dai fedeli attraverso il rito (parteci-

pazione); la presenza dello Spirito che rende viva la memoria di Cristo e attraverso i segni sacramentali,ci mette in comunione con Lui, perché possiamo ricevere i doni salvifici in essi significati (epiclesi).

MeMorIAle

Questo termine lo troviamo per la prima volta in un documento assai antico in Es 12,1-27, che rac-conta la Pasqua ebraica. Dio dopo aver dato ordine a Mosè e Aronne di far immolare agli israeliti unagnello per famiglia il 14 di Nisan, aggiunse «Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo

mese dell’anno … Questo giorno sarà per voi un memoriale...». Questo avvenimento storico, decisivo perla vita del popolo d’Israele, in quanto segna il passaggio dalla schiavitù egiziana alla libertà, non potevaessere dimenticato. Attraverso il rito dell’immolazione dell’agnello, ripetuto ogni anno, gli ebrei avreb-bero ricordato il dono della libertà e la continua presenza di Dio. Che cos’è allora il memoriale? Pos-siamo definirlo come un avvenimento di salvezza del passato, che con l’intervento divino si fa presentea noi attraverso il linguaggio simbolico del rito, celebrato per espresso comando del Signore, così cherende partecipe il popolo dei doni salvifici frutto di tale evento. L’avvenimento storico, la liberazionedall’Egitto, non può avvenire più perché irripetibile, ma attraverso il rito che lo commemora, Dio s’im-pegna a proteggere nel presente e nel futuro il suo popolo da ogni schiavitù. Perciò questo rito pa-squale, celebrato con grande solennità e festa, non era un semplice ricordo soggettivo, un’evocazione,ma memoria reale, memoriale, attualizzazione che rende presente in mezzo al popolo il Signore, chel’ aveva liberato e continua a proteggerlo.

Nel Nuovo Testamento non troviamo in modo specifico la parola memoriale, Luca nella descri-zione dell’ultima cena riferisce queste parole del Signore «Questo è il mio corpo che è dato per voi:fate questo in memoria di me….» (Lc22,19-20). Anche Paolo, nella prima lettera ai Corinzi, ci descrivel’ultima cena del Signore «… Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me …. Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me

...» (1Cor 11,23-26).Le parole del Signore pronunciate sul pane e sul vino rivelano apertamente che in questi segni Egli

si rendeva presente con il suo «corpo sacrificato» e il suo «sangue sparso». Così che nei segni del pane edel vino è presente il sacrificio della croce. Ma poiché la sua morte in croce è stata annientata per operadel Padre, mediante la resurrezione, nei segni del pane e del vino, egli è presente non solo come sacrifi-cato, ma anche come glorioso risorto.

L’ultima cena voluta da Gesù, la nuova Pasqua, ha sostituito quella antica; offrendo se stesso, comeagnello immolato al Padre, Gesù ha liberato il popolo dal peccato e divenendo Lui stesso Via, apriva leporte dell’eternità, che il peccato di Adamo aveva chiuso. Nella cena veniva resa presente l’opera salvificadi Cristo, la sua morte e resurrezione, attraverso i segni del pane e del vino. Come per la pasqua ebraica,così per la Pasqua di Cristo, la comunità cristiana celebra il memoriale del suo Signore ed obbedisce aun suo preciso comando. La comunità non ripete l’evento storico, che non può ripetersi, ma attua neisanti segni gli effetti salvifici che il mistero porta in se. La celebrazione eucaristica è, allora, il memorialedella salvezza che Cristo ha attuato per noi, attraverso la sua morte e resurrezione; è l’attualizzazionenell’«oggi»liturgico della sua Pasqua, fonte di redenzione per quanti partecipano.

3

l’eucarestia compimento del cammino d’Iniziazione Cristiana

PArteCIPAzIone

Con la parola partecipazione possiamo intendere «essere presenti in modo attivo», «intervenire»,«prendere parte». Questo termine è abbastanza usato sia in campo profano che in quello religioso. In am-bito religioso spesso ha significato, almeno per alcuni, «attivismo», o «fare qualcosa» durante una celebra-zione. Questa espressione include in se e nei suoi significati «relazione», «rapporto», «comunicazione».

Nei documenti conciliari questo termine è usato frequentemente con accezioni diverse. In particolareè utilizzato nella costituzione sulla Sacra Liturgia «Sacrosanctum Concilium» e successivamente nei libriliturgici che scaturiscono dalla riforma conciliare. Nei libri liturgici ricorre nelle seguenti espressioni «par-

tecipare al tuo sacramento», «partecipazione al dono divino» ecc. Da quanto è affermato, anche se pur breve-mente, la partecipazione presuppone e indica il coinvolgimento da parte dei fedeli e dei ministri nel-l’evento salvifico reso presente nella celebrazione, affinché la loro vita sia resa santa.

La partecipazione comporta, almeno, tre elementi: la realtà salvifica, cui si partecipa, i soggetti che vipartecipano, l’azione del partecipare.

La realtà alla quale si partecipa è l’evento della salvezza attualizzato dal memoriale, con i vari nomicon cui spesso viene indicato: «sacramenti», «mistero pasquale». Inoltre la varietà dei sacramenti evi-denzia i vari aspetti dell’evento salvifico e i doni diversi che scaturiscono da ogni sacramento. Il donoche si riceve nel battesimo è diverso da quello dell’unzione degli infermi, ecc.

I soggetti della partecipazione sono sia i fedeli sia i ministri che sono disposti ad entrare in comunionecon il Signore nella celebrazione. Essi, ministri e fedeli, non vivono in modo individuale, ma sono in re-lazione con la SS. Trinità. Padre, Figlio e Spirito Santo sono i protagonisti di ogni azione liturgica, infatticomunicano, nell’oggi celebrativo, le meraviglie della salvezza.

L’azione del partecipare induce i fedeli e i ministri a penetrare nel cuore del mistero. Non bisogna con-fondere «l’azione del partecipare» con «l’accezione del fare». Il partecipare o la partecipazione non si-gnifica «fare qualcosa, inventare qualcosa per essere protagonisti», ma associarsi interiormente al misteroeucaristico per crescere nell’amore di Dio e verso i fratelli. Benedetto XVI nella Sacramentum Caritatis52 afferma «Conviene pertanto mettere in chiaro che con tale parola non si intende fare riferimento ad una semplice

attività esterna durante la celebrazione. In realtà, l’attiva partecipazione auspicata dal Concilio deve essere compresa

in termini più sostanziali, a partire da una più grande consapevolezza del mistero che viene celebrato e del suo rap-

porto con l’esistenza quotidiana». Ai gesti esteriori alzarsi, inginocchiarsi, ascoltare corrispondono i gestiinteriori, dell’attenzione, della fede che costituiscono il mezzo attraverso il quale si raggiunge la pienacomunione con il Signore.

ePIClesI

La parola epiclesi deriva da un termine greco «epikalèo» che significa «chiamo sopra». Nella termino-logia teologica indica l’invocazione dello Spirito Santo che la Chiesa rivolge al Padre perché lo invii. Taleparola non indica solo la venuta dello Spirito, ma anche la presenza di Cristo attraverso i segni sacra-mentali. Il compito dello Spirito è quello direndere efficace il memoriale: lo Spirito santo ha agito nella vitastorica di Gesù, permettendo la sua incarnazione, è presente nella sua vita quotidiana lo sospinge finoalla morte in croce e dispone i fedeli a partecipare al suo mistero di morte e resurrezione. Nell’oggi ce-lebrativo lo Spirito Santo rende presente il Cristo, il quale comunica ai fedeli i beni salvifici che sono staticompiuti nel tempo storico. Questo permette di comprendere quanto affermava S. Gregorio Magno «tuttociò che era nella vita di Cristo ora è passato nei sacramenti». Così la salvezza è partecipata ai fedeli i qualivivono tra il «già» e il «non ancora», non in modo compiuto. Lo Spirito permette alla comunità celebrantela salvezza, per mezzo del rito e delle preghiere, ciò la induce a proiettarsi verso l’eternità anche se è an-cora immersa nella storia.

Oltre a rendere presente la salvezza, lo Spirito permette a quanti partecipano di disporsi ad acco-glierlo. Egli è il principio costitutivo della partecipazione dei fedeli all’azione liturgica. Crea i legami ela disponibilità ad accogliere il dato rivelato, suscita la fede e apre i cuori all’accoglienza sincera dellaparola di Dio facendo comprendere il significato di quanto è celebrato nei riti.

Con la sua azione, lo Spirito santo conforma la vita dell’assemblea e dei singoli al mistero che si pro-clama, si professa e si vive, perché sull’esempio di Cristo la vita dei fedeli sia un sacrificio di lode e unperenne rendimento di grazie.

4

CeleBrIAMo lA tUA Morte sIGnore, ProClAMIAMo lA tUA resUrrezIone

Attraverso le tre categorie «Memoriale, Partecipazione ed Epiclesi» metteremo in risalto come nella ce-lebrazione eucaristica il Cristo si rende presente nel pane e nel vino.

MeMorIAle: La costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium al n 47 afferma: «ll nostro Salvatore

nell’ultima cena, la notte in cui fu tradito, istituì il sacrificio eucaristico del suo corpo e del suo sangue, onde per-

petuare nei secoli fino al suo ritorno il sacrificio della croce, e per affidare così alla sua diletta sposa, la Chiesa, il

memoriale della sua morte e della sua resurrezione: sacramento di amore, segno di unità, vincolo di carità, convito

pasquale, nel quale si riceve Cristo, l’anima viene ricolma di grazia e ci è dato il pegno della gloria futura».Attraverso le preghiere eucaristiche tenteremo di comprendere il mistero della morte e resurrezione

di Cristo che si realizza nella celebrazione dell’eucarestia, la quale ci permette di fare memoria degli altrisacramenti ricevuti, e come essa è culmine del cammino di iniziazione cristiana.

Il Messale romano descrive il mistero pasquale di Cristo attraverso le preghiere eucaristiche e ciascun for-mulario lo presenta con delle peculiarità proprie. Infatti alcune di queste preghiere fanno menzione solodella morte e resurrezione «Celebrando il memoriale della morte e risurrezione del tuo Figlio» (PE II); altre oltre afare menzione della morte e resurrezione ricordano l’ascensione di Gesù e invitano ad attendere la sua venutaalla fine dei tempi «Celebrando il memoriale del tuo Figlio, morto per la nostra salvezza, gloriosamente ri-sorto e asceso al cielo, nell’attesa della sua venuta» (PE III); la preghiera eucaristica IV menziona anche delladiscesa agli inferi «Celebriamo, o Padre, la morte di Cristo, la sua discesa agli inferi...». Richiamando il rac-conto dell’ultima cena, le preghiere eucaristiche ci ricordano ciò che fece Gesù nella notte in cui veniva tradito.Con il gesto di prendere, benedire e donare il pane e il vino consegnava nelle mani dei suoi discepoli il suocorpo e il suo sangue «per la salvezza di tutti». Ma, nello stesso tempo, comandava di fare questo in suo me-moria. Nella consegna non è racchiuso solo il mistero della morte di Cristo, ma anche quello della sua re-surrezione e del suo ritorno glorioso alla fine dei. Per questo è significativo che la comunità cristiana, findelle origini, abbia scelto come giorno memoriale la domenica, pasqua settimanale, e non il giovedì che ri-cordava l’istituzione dell’eucarestia.

La celebrazione dell’Eucarestia non è un sacramento a se stante, ma quanti vi partecipano fanno me-moria anche degli altri sacramenti ricevuti. La partecipazione non è solo in riferimento alla mistero di Cristo,ma anche in riferimento al modo con cui questo si attualizza nella vita del battezzato attraverso i vari sa-cramenti ricevuti. Per questo la celebrazione dell’Eucarestia è compimento del cammino di iniziazione cri-stiana; il battezzato, celebrando l’Eucarestia, non solo fa memoria della morte e risurrezione del Signore,ma fa memoria, anche, del suo inserimento nel corpo mistico attraverso il battesimo, che fa rinascere a vitanuova. Lo Spirito effuso e donato nella confermazione rende il battezzato più consapevole della sua ap-partenenza a Cristo. Infatti il prefazio della messa della confermazione afferma «rinnovati a immagine di Cri-

sto, unto dallo Spirito Santo .... li fai tuoi commensali al banchetto eucaristico». Lo stretto legame tra eucarestia econfermazione è ben evidenziato; chi partecipa all’eucarestia dei confermati, fa memoria del sacramentoche ha ricevuto.

I due sacramenti, battesimo e confermazione, sono orientati alla celebrazione eucaristica e in essa tro-vano il compimento di quanto hanno iniziato nel fedele.

PArteCIPAzIone: Nella celebrazione liturgica la partecipazione è importante, infatti se manca questoelemento essenziale il memoriale non si realizza. Infatti lo Spirito Santo non renderebbe presente il misterodi Cristo se non ci fosse qualcuno ad attingerlo.

Per poter accedere all’eucarestia è necessario essere battezzati e confermati, cioè inseriti nel misteropasquale di Cristo. Questa non è una norma solo giuridica, ma è la natura stessa dei sacramenti dell’ini-ziazione cristiana a richiederlo. Questi due sacramenti non vanno considerati staccati dall’eucarestia, macome eventi che imprimono nel fedele l’immagine di Cristo che sarà perfezionata nella partecipazioneai divini misteri. L’eucarestia porta in se la dimensione sia battesimale che crismale. Con il battesimo, ela liturgia ce lo fa vivere, siamo incorporati a Cristo e riceviamo la sua stessa vita. Il cristiano aderiscein modo pieno e consapevole alla vita nuova offerta; la professione di fede e i segni che accompagnanoil battesimo, manifestano ciò che avviene:«sei diventato nuova creatura e ti sei rivestito di Cristo». Nel-

5

l’eucarestia coloro che mangiano il corpo e bevono al sangue di Cristo sono chiamati a vivere in questavita nuova. Con la confermazione il fedele prende coscienza che è diventato testimone. Questa testimo-nianza non è offerta solo a livello sacramentale; infatti partecipando all’eucarestia arricchiti dal donodello Spirito testimoniano che Cristo continua a offrire se stesso al Padre comunicando la salvezza ai suoifedeli; a livello comunitario, vivono ricolmi dello Spirito e testimoniano che hanno incontrato il Signore.

Poiché la partecipazione è importante la chiesa si premura che i fedeli non siano muti spettatori maper mezzo «dei riti e delle preghiere» (SC 48) partecipino in modo consapevole, attivo, pio, fruttuoso al-l’evento salvifico.

Per poter attuare quanto il testo conciliare afferma, circa la partecipazione, è importante la disponi-bilità interiore, che non significa intimismo, ma raccoglimento interiore che porterà a vivere, attraversoi gesti esterni, il dinamismo che porta in sé la celebrazione: ascolto, sentimenti, percezione, emozioni ine-sprimibili, che spingono ad aprirsi a Cristo.

La partecipazione è piena e consapevole non solo quando si partecipa al rito e alle preghiere, maquando questi misteri orientano la vita. Quando la vita è pasquale, le scelte fatte scaturiscono dal misterocelebrato attraverso il rito e le preghiere.

ePIClesI: Senza lo Spirito Santo nulla avviene nella vita del cristiano e la memoria di Cristo non si rea-lizza. L’invocazione dello Spirito nella celebrazione permette due avvenimenti legati l’uno all’altro, chetroviamo nelle preghiere eucaristiche, la trasformazione del pane e del vino in corpo e sangue di Cristo,(la prima epiclesi o invocazione); e la trasformazione della comunità radunata attorno all’altare del Si-gnore in comunità, popolo, chiesa (seconda epiclesi). La prima permette di rendere visibile la presenzadi Cristo, la seconda rende visibile in noi e con noi la comunione con Cristo e fra di noi. Attraverso questacomunione con Cristo e fra di noi si attua la manifestazione dello Spirito, poiché tale manifestazione è ilvertice a cui ci spinge l’azione santificante dello Spirito. Da ciò ne segue che il cristiano, partecipando al-l’eucarestia, è strutturalmente uomo di comunione non solo con Dio ma anche con i fratelli.

ConClUsIone

I tre movimenti «memoriale - partecipazione - epiclesi» sono stati il metodo per cogliere in primo luogoche i tre sacramenti della vita cristiana, battesimo - cresima - eucarestia,sono quelli che ci introducono almistero della vita nuova in Cristo. L’eucarestia ne è il vertice di questo percorso, poiché permette di ren-dere vivo la memoria e il comando del Signore, nell’attesa della sua venuta. Infatti sia il battesimo chela confermazione se non sfociano nell’eucarestia rimangono mancanti e inefficaci, poiché sono realtà sa-cramentali che vivono insieme.

6

*Per la preparazione di questo testo sono stati consultati i seguenti testi:A. Cecchinato, Al cuore della Messa, guidati dalla fede, Edizione Messaggero Padova, Padova 2012.S. Bordoni, Celebrare per comunicare la fede, san Paolo, Cinisello balsamo (MI) 2013.

l. l’Atto DI nAsCItA Del serVIzIo strAorDInArIo DellA DIstrIBUzIone DellA s. CoMUnIone

L’istruzione Immensæ caritatis della Congregazione dei Sacramenti, pubblicata il 29 gennaio 1973,segna la data di nascita del ministero straordinario della distribuzione della s. Comunione. Il semplice bat-tezzato-cresimato adulto, uomo o donna, può venire incaricato della distribuzione del pane eucaristico siadurante che fuori della messa. Un fatto che si è manifestato di grande utilità pastorale. Fino a poco tempofa, il semplice fedele non poteva neppure toccare i vasi sacri! Immaginarsi toccare le specie consacrate!

Perché questo cambiamento?Si danno tante risposte: la mancanza o l’indisponibilità di un prete o di un diacono, ministri compe-

tenti della distribuzione dell’eucaristia; la maggiore formazione teologica e pastorale di tanti laici chepermette di assumerli nei diversi compiti ecclesiali; un modo concreto per far crescere la coscienza delsacerdozio comune, fondata sul battesimo, attraverso una ministerialità di fatto; uno stato di necessità

dovuto alla diminuzione numerica dei preti.L’istruzione Immensæ caritatis adduce le seguenti ragioni pratiche: «Le circostanze, nelle quali può mancare un sufficiente numero di ministri per la distribuzione dellasanta comunione, sono diverse, cioè:

– durante la celebrazione della messa, a motivo di un grande affollamento di fedeli, oppure per qualcheparticolare difficoltà, in cui venga a trovarsi il celebrante;

– fuori della celebrazione della messa, quando per le distanze dei luoghi è difficile portare le sacre spe-cie, soprattutto in forma di viatico, agli ammalati che si trovino in pericolo di morte, oppure quandoil numero degli infermi, soprattutto negli ospedali o in istituti simili, richieda l’opera di più ministri.Pertanto, affinché i fedeli, che sono in stato di grazia e hanno retta e pia intenzione di accostarsi alconvito eucaristico, non siano privati dell’aiuto e del conforto di questo sacramento, il Sommo Pon-tefice ha ritenuto opportuno di istituire ministri straordinari, che possano comunicarsi da se stessi edistribuire agli altri fedeli la santa comunione» (Sacra Congregazione dei Sacramenti, Istruzione «Im-

mensæ caritatis» sulla comunione da distribuirsi in modo più facile in alcune circostanze, EV, Dehoniane,Bologna 1978, vol. 4, pp. 1212-1225 [nn. 1924-1944], n. 1926, ed. cit.).

2. AlCUne notIzIe storIChe

Il ministero della distribuzione della comunione affidato a laici, uomini e donne, a molti è apparsocome una novità senza precedenti. Ma non è così. Basta conoscere un pò la storia. Al tempo di sanGiustino (secolo II), i diaconi erano incaricati di portare l’eucaristia agli infermi. In un caso, però, ri-sulta che eccezionalmente tale ufficio fu affidato ad un giovanetto, mentre sarebbe toccato al prete.

Fino al secolo V e oltre, i fedeli di ambo i sessi ebbero facoltà di portar con sè il corpo del Signore edi comunicarsi da sé in casa. Anche quando questa disciplina scomparve, non era molto raro il caso chevenisse affidato a un laico anche donna di recare il viatico a un moribondo. Lo potevano suggerire l’ur-gente necessità, la grande distanza dalla chiesa, un impedimento del sacerdote.

Nei primi tre secoli, durante i quali i rischi della lotta contro il paganesimo ponevano d’improvvisoi fedeli dinanzi alla persecuzione e alla morte, la Chiesa sentì il dovere di premunirne permanentementela naturale debolezza con la forza divina dell’eucaristia, recata anche dai laici, in modo che, in qualsiasimomento, soprattutto quando era impossibile avere il sacerdote, i fedeli potessero ricevere la comunione.Fin dal secolo II perciò constatiamo il costume di portare ciascuno al proprio domicilio il pane consacratoe di custodirlo presso di sé.

Come si vede, non c’è proprio niente di nuovo. Anzi, tutto di antico e neppure con l’ampiezza di con-cessioni riscontrate in antico.

7

IDentItA’ Del MInIstrostArorDInArIo DellA CoMUnIone

3. I MInIsterI ConsIDerAtI nel MIstero DI CrIsto e DellA ChIesA

Sopra sono state esposte le ragioni pastorali che hanno indotto la Chiesa ad affidare anche a laici ilservizio della distribuzione della comunione. Ora occorre comprendere qual è il senso vero e profondodi tutti i ministeri nella Chiesa. Dobbiamo, allora, rifarci a Cristo. La Chiesa, infatti, è «Cristo continuatoe diffuso».

Il Signore Gesù ha compiuto l’opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio,facendosi servo. In tal modo ha rivelato il vero volto di Dio, che è Padre ed è Amore (cfr. 1Gv 4,8). I mi-nisteri nella Chiesa vanno compresi in questa luce.

Un’immagine con cui Cristo ha voluto descrivere se stesso nell’atteggiamento fondamentale dellasua missione è appunto quella del «servo», che precisa il senso del suo essere pastore.

A seconda dei casi, «servo», per noi, può significare colui che è ministro, che svolge cioè il suo compitoa servizio di qualcuno, oppure colui che è schiavo, totalmente dipendente, nell’essere e nell’agire, dalsuo padrone.

Nel riferire a sé questa immagine, Cristo passa dall’uno all’altro significato.Egli afferma la propria volontà di essere servo e prescrive questo atteggiamento come modello della

missione assegnata ai suoi collaboratori: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le do-minano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Tra voi però non è così; ma chi vuole essere grandetra voi si farà vostro servitore, e chi vuole essere il primo fra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell’uomoinfatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,42-45).

Queste parole di Gesù interpretano la sua vita e il mistero del servizio che presta.Anche la Chiesa, di conseguenza, è serva, come servo fu il Cristo e come fu serva Maria, la Vergine

Madre. Tra i rapporti reali e i motivi di somiglianza della Chiesa con Maria, è da rilevare la nota dellaministerialità, comune e di entrambe. La carità pastorale e la prontezza a servire, con la capacità e la ge-nerosità di immolarsi per la vita del mondo, segnano indelebilmente l’essere e l’agire della Chiesa.

Lo Spirito del Signore innesta e promuove nella Chiesa una particolare presenza articolata e gerarchicadi servizi che, pur nella diversità di essenza e di grado, sono ordinati all’edificazione dell’unico corpo diCristo.

Il concilio Vaticano II nella Costituzione Dogmatica Lumen gentium sulla Chiesa insegna che «Cristonel suo corpo, che è la Chiesa, continuamente dispensa i doni dei ministeri, con i quali, per virtù sua, ciaiutiamo vicendevolmente a salvarci» (n. 7). Inoltre «lo Spirito Santo non solo per mezzo dei sacramentie dei ministeri santifica il popolo di Dio e lo guida e adorna di virtù, ma, “distribuendo a ciascuno i propridoni come piace a lui” (1Cor 12,11), dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con le qualili rende adatti e pronti ad assumersi varie opere e uffici, utili al rinnovamento della Chiesa e allo sviluppodella sua costruzione, secondo quelle parole: “A ciascuno è data la manifestazione dello Spirito perchétorni a comune vantaggio” (1Cor 12,7)» (n. 12).

4. I MInIsterI orDInAtI

Quando si parla di ministeri occorre distinguere

– i ministeri ordinati (episcopato, presbiterato, diaconato) che hanno il loro fondamento nel sacramentodell’ordine,

– dai ministeri istituiti (lettorato e accolitato) che hanno il loro fondamento nel battesimo e nella realtàdella Chiesa come comunione di fede e di amore,

– dai ministeri di fatto, che sono esercitati dai semplici fedeli in base a tante concrete necessità dellavita ecclesiale.

Anche per i ministeri ordinati: episcopato, presbiterato e diaconato, anzi, soprattutto per questi, ilprincipio costitutivo ed esemplare è la «diaconia» o servizio del Cristo. A questa «diaconia» (il misterodel Cristo che si è fatto obbediente al Padre fino alla morte) si richiamano le significative immagini cheesprimono la missione affidata dal Padre al Verbo fatto Uomo: Cristo-servo; Cristo-pastore; Cristo-sa-cerdote; Cristo-maestro.

8

Queste immagini illuminano la precisa fisionomia della missione e della vita del popolo di Dio e laprospettiva essenziale dei ministeri e della spiritualità che li anima.

All’origine sia dell’elezione che della santificazione e della missione dei ministri ordinati c’è una spe-ciale effusione dello Spirito. Perciò non ci può essere azione consacratoria senza l’invocazione dello SpiritoSanto associata al gesto apostolico dell’imposizione delle mani.

5. I MInIsterI non orDInAtI o IstItUItI

Oltre ai ministeri ordinati, abbiamo nella Chiesa anche i ministeri istituiti. Attualmente sono due, illettorato e l’accolitato. Per questi ministeri «istituiti» si deve anzitutto dire che essi non nascono dal sa-cramento dell’ordine, ma sono appunto istituiti dalla Chiesa sulla base dell’attitudine che i fedeli hanno,in forza del battesimo, a farsi carico di speciali compiti e mansioni nella comunità. Anche questi ministericostituiscono una grazia, ossia un dono che lo Spirito Santo concede per il bene della Chiesa; e compor-tano pure, per quanti li assumono, una grazia, non sacramentale, ma invocata e meritata dall’intercessionee dalla benedizione della Chiesa.

«I ministeri istituiti, quindi, hanno il loro fondamento teologico nella realtà della Chiesa come co-munione di fede e di amore, espressa nei grandi documenti del Vaticano II.

In essi si configura una Chiesa tutta ministeriale che sotto l’azione incessante dello Spirito nasce dallaparola, si edifica nella celebrazione dell’eucaristia e, attenta ai segni dei tempi, si protende all’evangeliz-zazione del mondo mediante l’annunzio missionario del vangelo e la testimonianza della carità.

Tutta la Chiesa, seguendo il suo Signore - che non è venuto per essere servito, ma per servire, - è posta inatteggiamento di servizio» (Pontificale Romano. Istruzione dei ministeri, CEI 1980, Premessa, I, 1, p. 9).

Parlare, dunque, di ministeri significa comprendere nella fede che Cristo agisce attraverso il suo corpo,la Chiesa. Dio è libero di agire quando, dove e come vuole, ma certamente agisce nella e attraverso lasua Chiesa per il dono dello Spirito, generando i suoi figli con un proprio nome singolare.

Mentre lo Spirito ci rende figli del Padre, ci rende figli con una precisa identità di grazia. E ogni donoè servizio. Tutto questo viene dal battesimo nello Spirito mediante il quale siamo generati in Cristo allavita nuova e veniamo incorporati alla Chiesa, ognuno con una precisa vocazione e missione.

Occorre che la Chiesa non consideri i ministeri come pura delega e tanto meno come riconoscimentoonorifico, ma animata da essi prenda consapevolezza che l’impegno per la crescita comune riguarda tutticoloro che sono membra vive del corpo di Cristo.

6. Il MInIstero strAorDInArIo DellA DIstrIBUzIone DellA s. CoMUnIone

Simile al ministero dell’accolitato abbiamo il ministero straordinario per la distribuzione della s. Co-munione. Questo servizio se ne differenzia per il campo più ristretto e per le circostanze eccezionali incui può essere svolto. È un incarico straordinario, ausiliario, non permanente, concesso in relazione aparticolari vere necessità di situazioni, di tempi e di persone.

Ministro straordinario della comunione eucaristica può essere tanto l’uomo quanto la donna. Ricevela facoltà di «comunicarsi direttamente, distribuire la comunione ai fedeli, portarla ai malati e agli anziani,recarla come viatico ai moribondi».

La possibilità di questo servizio è un gesto di squisita bontà della Chiesa, «perché non restinoprivi della luce e del conforto di questo sacramento i fedeli che desiderano partecipare al banchettoeucaristico» e ai frutti del sacrificio di Cristo. Il profitto spirituale e pastorale, che proviene daquesta comprensiva dispensazione della Chiesa, è anch’esso considerevole, sia per i singoli fedelie sia per i gruppi delle case religiose, degli ospedali, degli istituti e simili: un profitto che si riflettenaturalmente e si riversa su tutta la comunità (CEI, Documento pastorale «Evangelizzazione e mini-

steri», n. 66).Si tratta di un particolare aspetto della ministerialità della comunità cristiana qual è il servizio della

distribuzione dei doni eucaristici ai fedeli sia durante la celebrazione della messa sia fuori di essa, in de-terminate circostanze.

Questo ministero straordinario, quindi, è suppletivo e integrativo degli altri ministeri istituiti, ri-chiama il significativo di un servizio liturgico intimamente connesso con la carità e destinato soprattuttoai malati e alle assembIee numerose. Esso impegna laici o religiosi a una più stretta unità spirituale e pa-

9

storale con le comunità nelle quali svolgono il loro apostolato (Pontificale Romano. Istruzione dei ministeri,

CEI 1980, Premessa, IV, 1, pp. 14-15).

7. ChI PUò ConFerIre Il MAnDAto AI MInIstrI strAorDInArI DellA DIstrIBUzIone DellA s. CoMUnIone

Il mandato di distribuire la comunione come ministro straordinario viene conferito dall’«ordinario».Nelle diocesi, praticamente, il vescovo e il vicario generale. La citata istruzione Immensae caritatis precisa:

«Agli ordinari dei luoghi è data facoltà di consentire che persone idonee, individualmente scelte, pos-sano, in qualità di ministri straordinari, in singole circostanze od anche per un periodo di tempo definito,oppure anche permanentemente in caso di necessità, sia cibarsi da se stesse del pane eucaristico sia di-stribuirlo agli altri fedeli e portarlo agli ammalati nelle loro case, quando:

a) manchino il sacerdote, o il diacono, o l’accolito;b) i medesimi siano impediti di distribuire la santa comunione a motivo di altro ministero pastorale,

per malattia e per età avanzata;c) il numero dei fedeli che desiderano accostarsi alla santa comunione sia tale da far prolungare ec-

cessivamente la celebrazione della messa o della distribuzione della comunione fuori della messa.Gli stessi ordinari godono della facoltà di permettere ai singoli sacerdoti, che esercitano il sacro mi-

nistero, di deputare una persona idonea la quale, nei casi di vera necessità, in quella circostanza soltanto,distribuisca la santa comunione.

I menzionati ordinari dei luoghi possono delegare tali facoltà ai vescovi ausiliari, ai vicari episcopalie ai delegati episcopali.

La designazione della persona idonea si farà tenendo presente il seguente ordine, che può essere peraltro mutato secondo il prudente giudizio dell’ordinario del luogo: lettore, alunno di seminario maggiore,

religioso, religiosa, catechista, fedele: uomo o donna.

Negli oratori delle comunità religiose, dell’uno o dell’altro sesso, l’ufficio di distribuire la santa co-munione può essere giustamente affidato al superiore privo dell’ordine sacro o alla superiora o ai rispet-tivi vicari.

Se c’è il tempo sufficiente, è bene che la persona idonea riceva il mandato secondo il rito» (IstruzioneImmensæ caritatis, ed. cit., pp. 1215-1216).

8. InDICAzIonI PrAtIChe

a) L’esercizio di questo ministero non cambia l’identità ecclesiale del ministro e quindi egli lo compie in-dossando abiti laicali o religiosi propri della sua condizione; essi siano semplici e decorosi. La tunica bianca

può essere usata solo quando il ministro è chiamato a svolgere in tutta la messa la funzione di accolito.

b) Ogni ministro si prepari con cura a svolgere la propria mansione nel pieno rispetto delle norme dellaliturgia, affinché tutto si svolga in un clima di fede e di carità.

c) Non sono consentiti al ministro gesti rituali non previsti dalla liturgia, come il lavarsi le mani in pub-blico.

d) La presenza di un MSC nell’assemblea non rende automatico il servizio di distribuzione della Co-munione. Il MSC si mette a disposizione e, solo se chi presiede la celebrazione lo richiede, si avvicinaall’altare e riceve la pisside con le ostie da distribuire.

e) Coloro che portano la comunione ai malati, terminata la distribuzione in Chiesa, ricevono dal presi-dente della celebrazione la teca e partono, senza aspettare la fine della messa. Chi aiuta nella distri-buzione durante la stessa celebrazione, ritorna al proprio posto, nell’assemblea.

f) Nessun ministro ha diritto a remunerazione. E’ proibito accettare qualsiasi tipo di offerta in occasionedell’esercizio del Ministero.

g) Il Parroco/Cappellano/Superiore competente, sulla base delle circostanze pastorali, può chiederel’esonero di un Ministro istituito. L’Ordinario, attraverso l’Ufficio Liturgico, può sospendere provvi-soriamente o a tempo indefinito dall’esercizio del Ministero.

h) Si ritiene opportuno indicare nel compimento dei 25 anni l’età minima e 70 anni l’età massima per esercitareil Ministero. Dopo tre mandati consecutivi il ministero non si può rinnovare almeno per un triennio.

10

InIzIo

V. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. 

r. Amen.

sAlUto

V. Il Signore sia con voi. 

r. e con il tuo spirito.

PreGhIerA a cori alterni voci femminili e voci maschili

F. Non ho altra scelta perché il tuo, Signore, non è un consiglio e nemmeno una propostaper gente che non ha nulla da fare. «Va’ e anche tu fa come il samaritano»:sono parole rivolte anche a me cristiano che vivo questa Chiesa.Non posso sfuggire. Mi hai dato un compito ben preciso.Non posso trovare scuse e nemmeno far finta di non aver sentito.

M. Rivestimi, Signore, della tua grazia perchè sappia dimenticarmi, fammi capire che non ha senso vivere per me stessoe che la mia vita ha senso solo se saprò farne dono.Fa’, o Signore, che ogni giorno sappia spendermiper qualcuno che vale, per comunicare un sorriso,per alleggerire un peso, per asciugare una lacrima, per condividere una croce anche se questo può scomodarmi.

t. Fa’, o signore, che sia sempre più convinto chePiù mi dono agli altri e più mi possiedo, più mi carico del peso altrui e più mi spuntano le ali.Aiutami, però, a fare quello che tu mi chiedi, ma non da solo;sostienimi sempre con la forza del tuo spiritoperché ogni mio servizio abbia da te il suo inizio e in te il suo compimento.

InVoCAzIone Dello sPIrIto sAnto

Rit. Manda il tuo Spirito Signore, a rinnovare la terra.

Spirito Santo, calore e fuoco che divampa da Cristo,dà luce e vigore al mio spirito e discernimento alla mia anima.Piccolo e povero, ignaro e debole, sono nel mondo distrattoumile e vivo indizio del tuo amore instancabile. Rit.

Spirito Santo, Spirito d’amore,che io possa eleggere, sempre, eternamente, il tuo amore, unico, esauriente, determinante per la mia vita.Nell’amore si consumi il tuo essere in me,nel servizio si esprima il mio essere in Te. Rit.

11

PreGhIerA InIzIAle(II giorno)

Entra, o Luce di Dio, scaccia le ombre che sono in noi.Fa’ germogliare nella nostra vita una nuova voglia di vivere.Entra, o Luce di Dio, scandaglia il profondo del nostro cuore,dona uno slancio nuovo, libera le energie assopite, cambia tutti i nostri giorni fino a renderli tasselli di un’unica ricerca di te. Amen! Rit.

L’incontro prosegue normalmente. seduti

12

...segue la preghiera del Signore: Padre nostro… in piedi

PreGhIAMo

Tutti pregano per qualche momento in silenzio

S. Dio, Padre misericordioso, che ha inviato il suo Figlio e ha donato il suo Spirito per guidarci alla verità tutta intera, ci faccia discepoli e testimoni del suo Vangelo.

r. Amen.

Segue la benedizione.

Con la preghiera e il canto finale affidiamo alla Vergine il viaggio di ritorno a casa.

PreGhIAMo insieme

Santa Maria, Madre tenera e forte,

nostra compagna di viaggio sulle strade della vita,

ogni volta che contempliamo le cose grandi

che l’Onnipotente ha fatto in te,

proviamo una così viva malinconia per le nostre lentezze,

che sentiamo il bisogno di allungare il passo per camminarti vicino.

Asseconda, pertanto, il nostro desiderio di prenderti per mano,

e accelera le nostre cadenze di camminatori un po’ stanchi.

Divenuti anche noi pellegrini nella fede,

non solo cercheremo il volto del Signore,

ma, contemplandoti quale icona della sollecitudine umana

verso coloro che si trovano nel bisogno, raggiungeremo in fretta la “città”

recandole gli stessi frutti di gioia che tu portasti un giorno a Elisabetta lontana.

Canto Salve Regina, madre di misericordia.Vita, dolcezza, speranza nostra salve! Salve Regina!

A te ricorriamo, esuli figli di Eva.A te sospiriamo, piangenti in questa valle di lacrime.

Avvocata nostra, volgi a noi gli occhi tuoi,mostraci dopo questo esilio il frutto del tuo seno, Gesù.

Salve regina, madre di misericordia.O clemente, o pia, o dolce vergine Maria, Salve Regina! Salve regina, salve, salve!

13

PreGhIerA ConClUsIVAa conclusione dell’incontro…

. CUlto eUCArIstICo FUorI DellA MessA e CeleBrAzIone eUCArIstICA

1. La celebrazione dell’Eucaristia:• è il centro di tutta la vita cristiana. • In essa è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo. • È veramente l’origine e il fine del culto che a essa vien reso fuori della Messa.

Nessun dubbio quindi che «tutti i fedeli, in linea con la pratica tradizionale e costante della Chiesacattolica, nella loro venerazione verso questo santissimo Sacramento, rendano a esso quel culto di latriache è dovuto al vero Dio. E se Cristo Signore ha istituito questo sacramento come nostro cibo, non perquesto ne è sminuito il dovere di adorarlo».

Per ben orientare la pietà verso il santissimo Sacramento dell’Eucaristia e per alimentarla è necessariotener presente il mistero eucaristico in tutta la sua ampiezza, sia nella celebrazione della Messa che nelculto delle sacre specie, conservate dopo la Messa per estendere la grazia del sacrificio.

II. FIne Per CUI sI ConserVA l’eUCArIstIA

Scopo primario e originario è l’amministrazione del Viatico; scopi secondari sono: 1) la distribuzione della comunione 2) l’adorazione di nostro Signore Gesù Cristo, presente nel Sacramento.

La Costituzione Sacrosanctum Concilium al n°7 ci ricorda che: nella celebrazione della Messa sonogradualmente messi in evidenza i modi principali della presenza di Cristo nella Chiesa. • È presente in primo luogo nell’assemblea stessa dei fedeli riuniti in suo nome; • è presente nella sua Parola, allorché si legge in chiesa la Scrittura e se ne fa il commento; • è presente nella persona del ministro; • è presente infine e soprattutto sotto le specie eucaristiche: una presenza, questa, assolutamente unica,

perché nel sacramento dell’Eucaristia vi è il Cristo tutto e intero, Dio e uomo, sostanzialmente e inin-terrottamente.

Proprio per questo la presenza di Cristo sotto le specie consacrate vien chiamata reale: «reale non peresclusione, come se le altre non fossero tali, ma per antonomasia».

III. lUoGo Per ConserVAre l’eUCArIstIA

Il luogo per la conservazione dell’Eucaristia si distingua davvero per nobiltà e decoro. Il responsabile della chiesa o dell’oratorio procuri che la chiave del tabernacolo in cui si conserva la

santissima Eucaristia venga custodita con la massima diligenza.La presenza della santissima Eucaristia nel tabernacolo venga indicata dal conopeo o da altro mezzo

idoneo, stabilito dall’Autorità competente.Dinanzi al tabernacolo, in cui si conserva la santissima Eucaristia, arda in continuità una lampada

particolare, per indicare e onorare la presenza di Cristo.

IV. lA sAntA CoMUnIone FUorI DellA MessA

1. Santa Comunione fuori della Messa e Sacrificio Eucaristico

Partecipazione perfetta alla celebrazione eucaristica è la comunione sacramentale ricevuta durantela Messa.

14

PresentAzIone eD Uso DellA GUIDA lItUrGICo-PAstorAle“Il ministero straordinario della Santa Comunione”

Per la comunione dei fedeli si usi quindi pane di confezione recente, e lo si consacri, di norma, inogni celebrazione eucaristica.

Si devono indurre i fedeli a comunicarsi durante la celebrazione eucaristica.È bene anzi che a quanti sono impediti di partecipare alla celebrazione eucaristica della comunità, si

porti con premura il cibo e il conforto dell’Eucaristia, perché possano così sentirsi uniti alla comunitàstessa, e sostenuti dall’amore dei fratelli.

I pastori d’anime curino che agli infermi e agli anziani, anche se non gravemente malati né in im-minente pericolo di vita, spesso e anzi, se possibile, ogni giorno, specialmente nel tempo pasquale, siaofferta la possibilità di ricevere l’eucaristia; nel caso poi di malati che non possano ricevere l’Eucaristiasotto le specie del pane, è consentito amministrarla loro sotto la sola specie del vino.

Si abbia cura di insegnare ai fedeli che anche quando ricevono la comunione fuori della Messa, siuniscono intimamente con il sacrificio in cui si perpetua il sacrificio della Croce, e prendono parte aquel sacro convito.

2. Ministro della Santa Comunione

È compito soprattutto del sacerdote e del diacono amministrare la santa comunione ai fedeli che nefanno richiesta. E’ quindi per essi un doveroso impegno dedicare a questo ministero del loro ordine unaparte conveniente di tempo, secondo la necessità dei fedeli. Anche all’accolito debitamente «istituito»è affidato il compito di distribuire come ministro straordinario la santa comunione, qualora sacerdote ediacono manchino o siano impediti per malattia, per l’età avanzata o per impegni del ministero pastorale,o quando il numero dei fedeli che si accostano alla sacra mensa sia così grande, da far prolungare ecces-sivamente la Messa o un’altra sacra celebrazione.

L’Ordinario del luogo può dare ad altri ministri straordinari la facoltà di distribuire la santa comu-nione, qualora lo ritenga necessario per l’utilità pastorale dei fedeli, e non ci sia un sacerdote o un diaconoo un accolito disponibile.

3. Norme particolari per la distribuzione della Santa Comunione

Quando la santa comunione viene distribuita in altri luoghi che non sia la chiesa, • si prepari un tavolo adatto, • coperto di tovaglia; • si pensi anche a procurare i ceri.

la distribuzione della Comunione può avvenire secondo le disposizioni della Conferenza episco-pale Italiana in due modi:• Deporla sulla lingua• Deporla nelle mani

I frammenti eventualmente rimasti dopo la comunione, vengano raccolti con rispetto e depostinella pisside o in un vasetto con acqua.

Così pure, se viene amministrata la comunione sotto la specie del vino, il calice o il recipiente usatoallo scopo sia lavato con acqua.

l’acqua delle abluzioni si beva o si versi in un luogo conveniente.

4. Disposizioni per ricevere la Santa Comunione

Coloro tuttavia che intendono ricevere il Corpo del Signore, per aver parte ai frutti del sacramentopasquale, vi si devono accostare con purezza di coscienza e con buone disposizioni spirituali.

Perciò la Chiesa prescrive che:

15

• «nessuno, consapevole di essere in peccato mortale, per quanto si creda contrito, si accosti allasanta eucaristia, senza premettere la confessione sacramentale».

• Quanto a coloro che sono soliti comunicarsi ogni giorno o frequentemente, è bene che a congrue sca-denze, secondo la condizione di ognuno, si accostino al sacramento della Penitenza.

• D’altra parte, i fedeli considerino l’Eucaristia anche come antidoto, per il quale sono liberati dallecolpe quotidiane e preservati dai peccati mortali;

• sappiano inoltre servirsi debitamente delle parti penitenziali della liturgia, specialmente della liturgiadella Messa.

Per ricevere il Sacramento, i comunicandi devono essere digiuni, almeno da un’ora, di cibo e di be-vande, fatta soltanto eccezione per l’acqua e per le medicine. Le persone anziane, i malati e coloro cheli accudiscono possono ricevere la santissima Eucaristia anche se entro l’ora precedente hanno presoqualcosa.

Si raccomanda a coloro che si sono accostati alla santa comunione, di sostare per qualche tempo inpreghiera.

V. lA sAntA CoMUnIone e Il VIAtICo AGlI InFerMIDAtI DAl MInIstro strAorDInArIo

Quando la santissima Eucaristia è portata agli infermi da un accolito, o da un ministro straordinariodella comunione deputato a questo a norma del diritto, si osserva il presente rito.

Ai malati che non possono ricevere l’Eucaristia sotto la specie del pane, si può dar loro la comunionesotto la sola specie del vino.

Per portare il sangue del Signore all’infermo, si usi un recipiente adatto e ben chiuso, in modo da evi-tare il pericolo che si versi.

Nel dare poi il sacramento, caso per caso si scelga il modo più adatto tra quelli proposti per la distri-buzione della comunione sotto le due specie. Se dopo la comunione rimane ancora un po’ del preziosis-simo Sangue, lo consumi il ministro, prima di fare le debite abluzioni.

VI. CUlto eUCArIstICo

e vivamente raccomandata la devozione sia privata che pubblica verso la santissima eucaristia,anche fuori della Messa, secondo le norme stabilite dalla legittima autorità; il sacrificio eucaristico è infattisorgente e culmine di tutta la vita cristiana.

Nel disporre i pii esercizi eucaristici, si tenga conto dei tempi liturgici, in modo che gli esercizi stessisi armonizzino con la liturgia: da essa in qualche modo traggano ispirazione, e ad essa conducano il po-polo cristiano.

I fedeli, quando venerano Cristo presente nel sacramento, ricordino che questa presenza derivadal sacrificio e tende alla comunione, sacramentale e spirituale.

La pietà, dunque, che spinge i fedeli a prostrarsi in adorazione dinanzi alla santa Eucaristia, li attraea partecipare più profondamente al mistero pasquale e a rispondere con gratitudine al dono di colui checon la sua umanità infonde incessantemente la vita divina nelle membra del suo Corpo. Trattenendosipresso Cristo Signore, essi godono della sua intima familiarità e dinanzi a lui aprono il loro cuore per sestessi e per tutti i loro cari e pregano per la pace e la salvezza del mondo. Offrendo tutta la loro vita conCristo al Padre nello Spirito Santo, attingono da questo mirabile scambio un aumento di fede, di speranzae di carità. Essi intensificano così le disposizioni necessarie per celebrare con la debita devozione il me-moriale del Signore e ricevere frequentemente quel pane che ci è dato dal Padre.

Nell’uno e nell’altro caso, la santa comunione dev’esser distribuita dal ministro competente, chepresenta e porge al comunicando la particola di pane consacrato dicendo la formula «Il Corpo di Cri-sto», a cui il fedele risponde «Amen». Il fedele non può prendere da se il pane consacrato.

Quanto alla distribuzione della santa comunione sotto la specie del vino, si osservino scrupolosamentele norme liturgiche.

16

PreMessA

Nel giugno del 2006 la Commissione Episcopale per il servizio della carità e la salute della CEI hapubblicato la nota pastorale dal titolo “Predicate il Vangelo e curate i malati. La comunità cristiana e lapastorale della salute”. Si tratta di un documento che segna una tappa importante nel cammino della pa-storale della salute in Italia. Già nel titolo, infatti, i vescovi evidenziano la necessità di integrazione trala vita della comunità cristiana in parrocchia e la pastorale del mondo sanitario, per rispondere efficace-mente alle sfide che i temi della salute e della malattia pongono oggi alla Chiesa e alla società.

Nel testo si dichiara in maniera esplicita la necessità “di sostenere l’integrazione della pastorale sa-nitaria nella pastorale d’insieme delle comunità cristiane”(n.4), stabilendo una continuità tra la pastoraledella salute nei luoghi di cura e la pastorale ordinaria della parrocchia e persino sviluppando forme dicollaborazione tra le cappellanie ospedaliere e le comunità ecclesiali territoriali”(ibidem). Inoltre, i vescoviin più punti raccomandano la visita frequente ai malati nelle strutture sanitarie e nelle loro case e indi-viduano nel ministro straordinario della comunione una figura chiave. In particolare, riguardo al servizioche questi svolge a favore dei malati affermano che: “Si tratta di una ministerialità da promuovere e davalorizzare come segno di una comunità che si fa vicina al malato e lo ha presente nel cuore della cele-brazione eucaristica, come membro del corpo di Cristo, a cui va offerta la cura più grande”(n.65).

Questa indicazione dei vescovi ci aiuta da un lato a riflettere sulla natura propria di tale ministerialità,che si indirizza originariamente proprio verso chi è impedito a partecipare fisicamente alla celebrazionecomunitaria dell’Eucaristia. D’altro canto, la guida dei nostri pastori ci aiuta a guardare con realismo agliesiti dell’allungamento della vita media degli uomini e delle donne e dell’invecchiamento della popola-zione. Tale fenomeno, a cui stiamo assistendo ormai progressivamente da oltre trentanni, è comune atutto il mondo a più avanzato sviluppo economico e riguarda una fascia sempre più larga di persone.Mai, infatti, nella storia dell’umanità si è verificato un così forte incremento del numero di anziani, conil conseguente aumento della malattie croniche invalidanti legate all’età e maggior bisogno di assistenza,che ricade sia sui familiari e sugli operatori sanitari, sia sulla comunità civile ed ecclesiale.

Nel contesto dell’Europa, l’Italia detiene il primato di nazione demograficamente più anziana e nello stessotempo mantiene ancora una pratica religiosa e una richiesta di sacramenti più alta della media europea.

Se mettiamo insieme il dato demografico dell’invecchiamento, la richiesta dei sacramenti della po-polazione anziana e la riduzione del numero dei ministri ordinati, appare evidente la difficoltà a far frontealle necessità spirituali di una porzione di popolo di Dio in situazione di particolare fragilità. Ci rendiamofacilmente conto, perciò, di quanto il servizio dei fedeli laici, e in particolare dei ministri straordinaridella comunione, diventi sempre più necessario per rispondere ai bisogni di tanti nostri fratelli anzianio malati e per supportare i sacerdoti nel loro impegnativo ministero.

L’Istruzione del 15 agosto 1997 “Su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministerodei sacerdoti” ricordava opportunamente che: «Occorre tener presente l’urgenza e l’importanza del-l’azione apostolica dei fedeli laici nel presente e nel futuro dell’evangelizzazione. La Chiesa non può pre-scindere da quest’opera, perché è connaturale ad essa, in quanto Popolo di Dio, e perché ne ha bisognoper realizzare la propria missione evangelizzatrice» (Premessa).

La sottolineatura del ruolo dei laici nell’evangelizzazione, che si trova praticamente all’apertura deldocumento (secondo capoverso della Premessa), ci permette di inquadrare meglio quanto poi viene in-dicato circa il servizio dei laici come ministri straordinari della comunione (articolo 8) e nel loro apostolatoper gli infermi (articolo 9). In pratica, l’intero documento vuole far emergere la corresponsabilità di tuttoil popolo di Dio nell’evangelizzazione e la peculiarità dell’apporto che i laici possono fornire, nelle formeopportune, con l’aiuto spirituale e materiale verso gli infermi.

17

Il serVIzIo DeI MInIstrI strAorDInArI DellA CoMUnIone

nellA PAstorAle DellA sAlUte: lA relAzIone Con

l’AMMAlAto FonDAMento e VIA Per l’eVAnGelIzzAzIone*

Nella pastorale della salute oggi si avverte in modo urgente la necessità di una nuova evangelizzazioneche sappia portare in maniera forte e concreta la Buona Novella di Cristo a chi vive la sofferenza nella propriacarne e a chi è chiamato a prendersi cura dei sofferenti (in primis familiari, volontari, operatori sanitari).

1. I MInIstrI strAorDInArI DellA CoMUnIone nellA PAstorAle DellA sAlUte

I ministri straordinari della comunione vengono istituiti con lo scopo di supplire alle circostanze incui i ministri ordinati siano insufficienti (può accadere, per esempio, quando le chiese sono particolar-mente affollate), ma in particolar modo essi sono istituiti “per portare le sacre specie, soprattutto in formadi Viatico, agli ammalati che si trovino in pericolo di morte oppure quando il numero degli infermi, so-prattutto negli ospedali o in istituti simili, richieda l’opera di più ministri”.

Un ministro straordinario quando porta la comunione a un malato interagisce sempre con una per-sona in una situazione delicata e a volte critica. Si viene a contatto con le ferite della disabilità, di malattiecroniche gravi, di depressioni invalidanti o anche di persone in lutto nelle quali è sicuramente più forteil dolore della ferita che la speranza di poterla riparare. Si tratta quindi di situazioni complesse in cui lapersona sofferente pone sempre, anche se non sempre esplicitamente, una richiesta d’aiuto. D’altra partenessuno, nemmeno il ministro della comunione, ha in sé la capacità e la forza di rispondere in toto aquella richiesta. In quel contesto il ministro può solo farsi compagno di strada del malato e dei suoi fa-miliari in un percorso che passa necessariamente per la ricerca di una relazione e di un senso, o più pro-priamente di una relazione che dia senso e consolazione. Una relazione che non deve rimandare in primoluogo al ministro stesso e alla sua capacità ed esperienza nell’ascoltare o assistere il malato. Il centro èl’Eucaristia, è il mettersi tutti nelle mani di Cristo, «l’affidarsi» , e non solo l’avere fiducia, poiché comesottolineato nel Messaggio di Sua Santità Benedetto XVI per la XVI Giornata Mondiale del Malato (2008)“proprio dall’Eucaristia la pastorale della salute deve attingere la forza spirituale necessaria a soccorrereefficacemente l’uomo e ad aiutarlo a comprendere il valore salvifico della propria sofferenza” (n.4).

L’incontro con il malato è un incontro con una persona che quasi sempre ha su di sé più di una sof-ferenza. Oltre al disagio fisico l’ammalato è infatti afflitto dai problemi sociali, ad esempio quelli costituitidall’accesso difficile alle terapie e all’assistenza, come accade frequentemente per gli anziani soli (in par-ticolare donne vedove) o nel caso delle malattie rare, dove l’assistenza spirituale deve essere estesa atutta la famiglia che sperimenta nel suo vissuto una situazione invalidante pari a quella del familiareammalato. Ricorrendo a una immagine evangelica, il ministro straordinario della comunione deve im-parare con i suoi comportamenti a favorire il contatto e l’incontro tra la forza salvifica di Gesù presentenell’Eucaristia e il malato. In altre parole egli è chiamato a essere, in un certo qual modo, come il lembodel mantello di Gesù che l’emorroissa vuol toccare per essere guarita (cfr Mc 5,24 e ss). Uno snodo fon-damentale, nel quale si gioca la possibilità di essere “il lembo del mantello”, è la capacità di cogliere eac-cogliere la domanda di senso che sempre, seppure in diversi modi, l’ammalato ha dentro di sé.

La domanda di senso è compagna di viaggio nell’esistenza umana, ma si fa più acuta e urgente neltempo della vecchiaia e della malattia. L’uomo ammalato è nudo e impotente di fronte alla richiesta di sensoche prorompe dal dolore e si scopre solo di fronte alla domanda che Cristo sulla Croce rivolge al Padre:“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Cristo rivolge al Padre la stessa domanda che tutti noigli rivolgiamo ogni volta che sentiamo gli strappi dolorosi della carne, per ogni separazione e ogni abban-dono, per ogni volta che la vita ci rivela il limite dell’esistenza terrena e la sua fragilità. Nella Montagna in-cantata di Thomas Mann l’uomo ammalato si sente “esclusivamente un corpo”, sperimenta in manieranuova e assoluta l’intera fragilità della sua corporeità, e quindi di una delle dimensioni più complesse dellasua esistenza: l’essere corpo, l’essere carne e sentire, di quel corpo e di quella carne, la bellezza e il dolorecome mai gli era accaduto durante l’intero viaggio della vita. Il tempo della malattia sfida ogni uomo at-traverso il corpo a ritrovare ciò che corporeo non è, ma che è altrettanto radicato nella natura umana, e ariconoscere l’inevitabile indissolubilità di queste due dimensioni, facendo appello a un orizzonte che neconcili il significato e che restituisca un senso a un dualismo antico. Precisamente, quella dualità di animae di corpo di cui ci parla il Cratilo platonico, e alla quale è necessario restituire un’unità per cui il corpo nonrimanga semplicemente “carcere” o “tomba” dell’anima, ma ne divenga anche”segno”e custodia, luogoimprescindibile per sperimentare il significato più profondo dell’esistenza umana.

18

Portare la comunione agli ammalati è un incarico in qualche modo speciale, poiché spesso significaportare Cristo accanto al letto di colui che da Cristo si sente abbandonato, nonostante sia il momento incui maggiormente invoca una consolazione, una ragione, un senso per la sua condizione. Sicuramente èanche uno di quei momenti in cui è più difficile mostrare i segni della presenza di Cristo che consola edel senso di una Croce che possa illuminare altri angoli della sofferenza. Dove trovare una prospettivada cui guardare a quel dolore e fare in modo che da essa possa scaturire vita e, soprattutto, amore e fiducianel guardare alle sofferenze di Cristo per potervi contemplare la propria? E come camminare insiemecon il malato verso quella prospettiva?

2. IMPArAre A essere seGno e PresenzA DI Un DIo Che sI PrenDe CUrA

I ministri straordinari della comunione sono voce e presenza della comunità cristiana accanto a chisoffre e non speciali “fattorini” incaricati di consegnare a un anonimo destinatario, seppure con il mas-simo riguardo, un “oggetto prezioso” o un “farmaco miracoloso”. Al contrario, proprio il delicato compitodi essere voce e presenza della comunità implica la capacità di vedere Cristo nel malato e di essere essistessi Cristo per il malato, aiutando il sofferente spiritualmente e, quando possibile, anche materialmente,imitando la sollecitudine del Buon Samaritano nella parabola di Luca. Occorre loro, perciò, una solidoimpianto biblico e catechetico, una spiritualità coltivata e sensibile e una formazione specifica, sia nellagestione della propria e altrui sofferenza, sia nella relazione e comunicazione con l’ammalato.Tale formazione deve essere innervata dal messaggio biblico sul senso della vita, della sofferenza e dellamorte, ma non può prescindere dalla conoscenza delle peculiarità del mondo sanitario, dagli elementifondamentali della psicologia dell’ammalato e della comunicazione con lui. Per stare a contatto con l’am-malato c’è bisogno di una preparazione adeguata che permetta un ascolto maturo della sua sofferenza,senza la quale non può esserci accoglienza e rispetto reciproco, condizioni necessarie perché si possa por-tare Cristo nelle case in cui abita la sofferenza.

Una formazione tanto necessaria quanto complessa e difficile anche da un punto di vista umano, inuna società che nasconde e sfugge in molti modi il confronto con la realtà del dolore e della morte. I mi-nistri straordinari dell’Eucaristia sono invece chiamati alla consapevolezza della propria umanità, dellapropria impotenza e vulnerabilità attraverso un percorso che apra all’ascolto e sottolinei l’umiltà, segniriflessi della condizione di mancanza che accomuna tutti gli esseri umani. Si tratta di un processo in totalecontrotendenza con una società in cui è vincente l’immagine di un uomo che ha fiducia nella sua auto-noma capacità di riparare sempre a ogni limite che la vita gli pone davanti. D’altra parte il limite è unaquestione centrale. Il limite, ogni limite, persino quello supremo e inevitabile della morte, può essere ne-gato o rimosso dall’illusoria idea di onnipotenza che la società della tecnica cerca di veicolarci. Oppure,si può scegliere di vivere il proprio limite, di confrontarsi con esso e di abitarlo. Il limite può essere vissutocome un dolore o come un rassegnazione; ma è da lì, sempre, che ha inizio la ricerca di una via per ar-ginare quel limite e conviverci, la ricerca che può diventare il tramite con la pienezza che ci viene offertadall’incontro con Cristo. Ciò vale tanto per l’ammalato quanto per il ministro straordinario e, anzi, puòessere comunicato più efficacemente al malato nella misura in cui il ministro straordinario ne ha fattoesperienza e ne è divenuto consapevole.

Gesù, infatti, è il guaritore ferito perché “per le sue piaghe siamo guariti tutti”(cfr Is 53,5). Per entrarenel dolore degli altri è necessario attraversare il proprio dolore e fare in modo che esso diventi la sorgentedi un’empatia profonda. È questa l’unica via efficace attraverso la quale è possibile prendere in caricouna sofferenza e alleggerirla, portarla insieme, almeno per un tratto,”compatirla” nella sua accezione eti-mologica ossia sentirla insieme e, insieme, così, dalla stessa visuale cercare di scorgere la luce oltre la te-nebra.

La compassione è uno dei sentimenti centrali che deve animare la cura, il prendersi cura. Il buon sa-maritano, infatti, passando accanto all’uomo percosso e sofferente lasciato a terra dai briganti “lo vide”,dunque ne fu consapevole, si accorse della sua sofferenza, fino a provarne compassione. Prima ancorache lo fasciasse con olio e vino e che lo accompagnasse alla locanda, lo curò con la presenza ,”gli si fecevicino”, ribadendo che la fede cristiana è contatto, prossimità, e che non può essere vissuta senza andareincontro all’altro.

19

Ogni volta che ci accostiamo a qualcuno l’avvicinarsi stesso, lo stare in prossimità, non è mai neutro,poiché nessuna relazione umana autentica può essere neutrale. Ogni incontro che sia davvero tale ine-vitabilmente ci modifica. In quel contatto si giocano le fragilità e la forza di entrambe le persone che en-trano in relazione e che, grazie all’incontro mutano e si spostano dalla propria prospettiva per megliocomprendere quella dell’altro. L’incontro con l’ammalato è un incontro particolarmente complesso poichéspesso è ostacolato da una sofferenza che rende impermeabili e diventa un muro di cinta dal quale in-consciamente si spera che non salga più altro dolore. Incontrare un malato significa prima di tutto acco-gliere la sua ferita, che ha a che fare sempre con ferite di cui tutti noi, più o meno consapevolmente, por-tiamo i segni, e da cui cerchiamo di fuggire. Bisogna accettare entrambi la fatica di scalare quel muro dicinta dietro cui ognuno di noi si è barricato a difesa del dolore di vivere. Perciò è necessario andare in-contro al malato camminando “in punta di piedi”, cercando con discrezione e delicatezza la direzionedi un ingresso, cioè di quel punto in cui il dolore può cessare di essere assordante per far spazio a un dia-logo o semplicemente al lasciarsi avvicinare, permettendo che si crei un varco, piccolo o grande, nellabarriera creata dalla sofferenza. Entrati in quel varco, bisogna mettersi innanzitutto all’ascolto non di ungenerico dolore, ma di quel dolore e di come quella persona lo vive dentro di sé e poi lentamente indi-viduare ed esplorare le risorse dell’ammalato, cioè tutto ciò a cui lui si appiglia e che lo tiene attaccatoalla vita. I suoi interessi, i suoi affetti, le sue domande, tutto ciò che gli dà sollievo, consolazione e speranzadiventa occasione di conoscerlo e servirlo, incarnando nella nostra prossimità il volto di un Dio vicino.Neanche un medico, infatti, e nessuna medicina è capace di curare davvero, né tanto meno di prendersicura, se rinuncia all’ascolto del malato. Curare non necessariamente significa guarire, ma prendersi curaè possibile sempre. Per prendersi cura, però, è indispensabile una relazione personale, perché ogni per-sona, e così anche il suo dolore e la sua malattia, sono unici e irripetibili sia sul piano biologico, sia suquello spirituale. È arrogante ogni medicina che in nome del protocollo crede di poter fare a meno del-l’ascolto, così come è inutile e altrettanto arrogante ogni consolazione che sa già cosa dire prima del rac-conto della sofferenza di quella persona, con la sua storia e il suo vissuto, che è diverso per ogni essereumano che soffre.

Nell’attraversare la sofferenza altrui il ministro straordinario della comunione è chiamato a ricom-prendere la propria, a venire a contatto più profondamente con la verità del corpo, con i limiti della suaprecarietà, a fare i conti con l’essere al mondo per un tempo limitato che rende provvisorio ogni benemateriale e necessaria la ricerca di una verità più profonda che restituisca la speranza, virtù teologaleche il ministro deve coltivare in sé e alimentare nell’altro. La dimensione del racconto in questo senso ècentrale poiché è collegata intimamente a quella dell’ascolto e poiché entrambe partecipano alla costru-zione della relazione e dell’apertura che deve essere necessariamente reciproca. Ascoltare significa am-plificare tutti i sensi, attraverso lo sguardo, il contatto, l’udito e mobilitare tutti i mezzi espressivi ed emo-tivi: comunicare con gesti di affetto e attraverso il sorriso e non semplicemente con le parole. La comu-nicazione, infatti, è molto spesso non verbale e tra i momenti più delicati c’è la gestione del silenzio.

La malattia non ha sempre una cura e non sempre le cure sono capaci di cancellare i segni, la disabilitào il dolore; può accadere che l’esito delle terapie permetta di salvare una vita, lasciandola però segnataper sempre dalla malattia e dalla disabilità e pertanto difficile da accettare. Non sempre le parole possonospiegare il senso di un’esperienza che è più ampia del mero dolore fisico e le cui radici affondano nel mi-stero. Ed è la gestione del silenzio che si apre all’attesa di un riconoscimento del dolore, la prova più durada affrontare nel dialogo che precede o, a volte, segue la comunione degli infermi. E fare in modo chequel silenzio si riempia di senso, si apra al significato della sofferenza e sia un silenzio “compreso” e fe-condo, un silenzio di compassione.

Dunque non si tratta di un ascolto semplice, ma di un ascolto che mette in gioco se stessi e richiederigore nella concentrazione e l’assoluta capacità di mettere da parte ogni giudizio e di imporre il proprioschema di riferimento o di valori. L’ascolto non si traduce mai in un consiglio, né in una ricetta, e, se purpuò mettere da parte la parola, non può abbandonare lo sguardo, il contatto visivo con il volto; un ascoltoche non è il tentativo di comprendere intellettualmente e che non coincide con l’identificazione emotiva,ma piuttosto con la capacità di accompagnare le emozioni altrui e accettare di dialogare con la natura diquelle emozioni generate dalla sofferenza.

20

D’altra parte, tale sofferenza chiede di trasformarsi, di ricomprendersi, secondo un bisogno che è diciascun uomo, ma dalla sofferenza ciascun uomo naturalmente si ritrae, come scriveva Alda Merini, lapoetessa che trovava i suoi versi “intingendo il calamaio nel cielo”. Ed è nel dolore che l’uomo può con-temporaneamente cercare e negare Cristo, è nel patimento, nello scandalo del dolore che l’uomo, magni-ficamente descritto da Alda Merini, incontra la paura e la pietà per Cristo e quindi per se stesso, per ilCristo che, facendosi uomo, abbraccia l’umanità nel suo segno più doloroso: «Gesù, /forse è per pauradelle tue immonde spine / ch’io non ti credo, / per quel dorso chino sotto la croce / ch’io non voglioimitarti. / Forse, come fece San Pietro, / io ti rinnego per paura del pianto. / Però io ti percorro ad ogniora / e sono lì in un angolo di strada / e aspetto che tu passi. / E ho un fazzoletto, amore, / che nessunoha mai toccato, / per tergerti la faccia»

ConClUsIone

Sempre e nuovamente, siamo chiamati a riscoprire che ogni nostro dolore e persino la nostra mortesono uniti e trasformati dalla sofferenza e dalla morte del Signore Gesù. Non a caso, papa Francescoscrive nella Lumen Fidei: “Il cristiano sa che la sofferenza non può essere eliminata, ma può ricevere unsenso, può diventare atto di amore, affidamento alle mani di Dio che non ci abbandona e, in questo modo,essere una tappa di crescita della fede e dell’amore. Contemplando l’unione di Cristo con il Padre, anchenel momento della sofferenza più grande sulla croce (cfr Mc 15,34), il cristiano impara a partecipare allosguardo stesso di Gesù. Perfino la morte risulta illuminata e può essere vissuta come l’ultima chiamatadella fede, l’ultimo “Esci dalla tua terra” (Gen 12,1), l’ultimo “Vieni!” pronunciato dal Padre, cui ci con-segniamo con la fiducia che Egli ci renderà saldi anche nel passo definitivo” (n.56).

Essere ministri di Gesù Eucaristia al letto del malato significa essere inviati a testimoniare una fedeche si fa prossima con l’ascolto, il servizio, la com-passione. Con la luce di questa fede si può accenderela speranza nell’amore che porta la Croce e mostrare come, proprio in quell’amore, è presente la Risur-rezione. Una fede personale che si nutre in primo luogo di contemplazione e vita di carità. Una fede peròvissuta pienamente anche nella dimensione comunitaria, con lo zelo per l’evangelizzazione, con la par-tecipazione attiva nella comunità cristiana e la responsabilità per la propria formazione al servizio.

Va ricordato, specialmente ai presbiteri, che il primo atto della formazione consiste nella selezionedei ministri straordinari della comunione. A questi ultimi si richiede la disponibilità a servire i malatimediante il raggiungimento di un equilibrio personale capace di ascolto, accoglienza e amore e conun’apertura del cuore in grado di gestire il silenzio e di ricolmarlo della speranza e della consolazionedi Cristo. Ai ministri è necessaria una capacità empatica che può avere solo chi ha attraversato le proprieferite e sa ripercorrerle nuovamente ogni volta nel contatto con quelle altrui. Così è possibile restituireal dolore degli altri il senso che si è dato al proprio dolore, senza imporlo, ma offrendolo come una luceche si offre nel buio in una strada di cui si conoscono le asprezze e di cui, però, si può indicare anche labellezza perché quella bellezza la si è potuta scorgere. Ai presbiteri, allora, andrebbe raccomandato lostesso cammino, curando che essi scelgano adeguatamente le persone a cui proporre questo servizio, ele accompagnino con un percorso di maturazione spirituale e, almeno inizialmente, con una forma di ti-rocinio.

Come già i Dodici, ancora oggi ogni credente, laico o presbitero che sia, è messo in questione dalloscandalo della Croce, ed è misurato dall’Eucaristia, segno supremo dell’Amore che si dona fino alla fine,non fuggendo il dolore e il sacrificio. Chi porta la comunione al malato deve imparare, con la grazia diCristo, ad amare la propria e l’altrui croce e crescere nel dono di sé al fratello proprio attraverso la pre-senza, l’ascolto, l’empatia, la consolazione. Non a caso il Beato Giovanni Paolo II, che attraverso l’espe-rienza della malattia era largamente passato, affermava nella Salvifici Doloris, che “il mondo dell’umanasofferenza invoca senza sosta un altro mondo, quello dell’amore umano”(n.29).

21

*articolo di mons. Andrea Manto in rivista Fonte e culmine 6/13