L EI UI - corriere.it · to e due modi diversi di affrontare il progetto. ... adesso puoi chiamarmi...

1
L UI U n uomo e una donna. Due generazioni a confron- to e due modi diversi di affrontare il progetto. Ci- ni Boeri con misura ed eleganza, Fabio Novembre con irruenza e passione. Cini Boeri, milanese, una dei grandi maestri del design italiano, ha alle spalle più di cinquant’anni di progetti di architettura e design di successo: alcuni pezzi diventati cult come la famiglia degli «Strips», le sedute «Bobo», il divano «Serpento- ne». Ma le manca ancora qualcosa: sogna di disegna- re un aeroplano. Fabio Novembre, leccese, classe 1966 è un «architetto per caso» come ama dire, ruba- to al cinema da Anna Molinari a New York e — a soli due anni dalla laurea — incaricato di fare lo store Blu- marine a Hong Kong. Ne realizzerà altri della stessa griffe a Londra, Singapore e Taipei. La sua specializza- zione sono gli spazi pubblici, ristoranti, discoteche, al- berghi, negozi e showrooms. I suoi oggetti di design sono provocatori e fluidi. Lui si definisce un «crociato dello spazio» ma rifiuta ogni etichetta perché vive e lavora all’insegna della libertà. Qual è stata la vostra formazione? Boeri : «Quando mi sono laureata, Piero Portalup- pi, il preside della facoltà, mi disse in milanese: Adess te me podet ciamà zio , adesso puoi chiamarmi zio. Feci pratica per alcuni mesi da Gio Ponti; poi per 12 anni ho lavorato con Marco Zanuso. In quel periodo conobbi Ernesto Rogers che diventò amico della mia famiglia». Novembre: «Quando mi sono iscritto all’università l’atmosfera era delirante, anche i docenti erano allo sbando; a parte alcuni grandi "fari" come Achille Ca- stiglioni che insegnava quando c’ero io. Un grande punto di riferimento per me è stato Corrado Levi, do- cente di Composizione 3, un corso teorico, filosofico, quindi un approccio umanistico contro tutti quelli che volevano insegnarti come mettere un mattone so- pra l’altro». Boeri : «Questo era il problema dei laureati della vo- stra generazione: che non sapevate assolutamente di- segnare, mentre per noi la matita è stato il nostro fuci- le. Giò Ponti disegnava moltissimo, scriveva lettere più con disegni che con parole». Cini Boeri, i suoi progetti di architettura e di de- sign sono essenziali, privi di decorazione. Mentre i suoi, Fabio Novembre, sono iperdecorati, un po’ folli. Novembre : «Ma io trovo che non siamo così diver- genti, abbiamo un vocabolario formale diverso ma gli input sono gli stessi. Il suo bunker alla Maddalena ha delle linee superdecorative e il divano Serpentone è un oggetto assolutamente folle. Quindi io penso che il suo razionalismo non sia vero. Secondo me è troppo facile incasellare: loro sono i razionalisti, voi siete i «pazzarielli». È solo un problema di anima». Boeri : «Il concetto di design agli albori di questa di- sciplina voleva indicare una produzione in serie di og- getti di uso comune. Era ben lon- tano dal decorativismo: la forma era legata alla funzione. Negli an- ni ’50 ci voleva una comunicazio- ne facile dell’uso dell’oggetto. Nel momento in cui ricevevo un incarico cercavo di rendere quel- l’oggetto più funzionale dei pre- cedenti, così sono nati il divano Strip e il Serpentone». Io partivo dall’ergonomia che mi diceva, ad esempio, che il braccio doveva sempre essere pie- gato ad angolo retto, per cui i miei tavoli sono più bas- si degli altri. Novembre: «Rispetto alla vostra generazione noi abbiamo perso questa storia del forma-funzione solo perché si sono allargati gli orizzonti. Questo è un mon- do che si è aperto anche a livello di vocabolario forma- le. Oggi abbiamo un panorama di oggetti talmente esagerato, sofisticato, che dobbiamo esplorare forme nuove, funzioni nuove» Che ruolo ha l’azienda, in tutto questo? Boeri : «Tieni presente che allora le industrie ci se- guivano in una certa maniera, sostenevano la ricerca, sperimentavano. Perché il Serpentone non era uno scherzo, dietro c’era tutta una ricerca tecnologica fat- ta dall’Arflex con la Bayer. Oggi è cambiato tutto, gli industriali ti dicono: "Si vende molto bene una cosa così, me la faccia simile"». Novembre : «Non sono così negativo, Cini. Credo che in quegli anni ci fossero delle isole felici ma anco- ra oggi ci sono aziende che investono in ricerca, ci so- no grandi palestre della progettazione». È vero che tu, Fabio, non riesci a tracciare una linea di demarcazione tra arte e architettura? Novembre: «Per me sono soltanto forme diverse di comunicazione. A me interessa il messaggio e non mi creo alcun tipo di problema stilistico. Sono un paladi- no dello spazio. Viviamo in un mondo che ci sta ap- piattendo. Io voglio ricordare a tutti che siamo fatti di carne e sangue e che i bambini li fanno ancora gli uo- mini e le donne, facendo l’amore. Questa è l’architet- tura. A me dei muri non me ne frega niente. A me inte- ressano i corpi nello spazio». Boeri : «Però è difficile escludere i muri da un pro- getto, è un limite spaziale che viene dato per forza. Tu lo rompi, lo spacchi e fai benissimo ma io non vedo i muri come una delimitazione spaziale, io li vedo co- me una parola, una frase in un discorso, funzionale a qualcosa di più ampio». Cini Boeri disegna forme pulite, eleganti. Fabio Novembre propone forme organiche, provocato- rie: una bella differenza… Novembre: «Sai cos’è la differenza? È che Cini è mi- surata ed elegante mentre io sono un casinaro vulca- nico e non posso essere nient’altro. Cini ha fatto anali- si junghiana che l’aiuta molto nell’affrontare il rappor- to con il cliente. Io il cliente lo tratto come uno spon- sor. Io mi sento come un calciatore che indossa la ma- glietta dello sponsor, va in campo e cerca di fare i goal più belli. Io trovo che tu, Cini, hai un rispetto per il cliente che forse ti viene da un rapporto più umano, ma oggi il cliente lo devi rintuzzare, guai se non oppo- ni una forte barriera alle sue richieste e non gli dici "Scusa, comando io, tu sei l’armatore ma il capitano della nave sono io!"». Boeri: «È stato difficile imporre il mio punto di vista in un universo maschile negli anni ’50. Ma lo è ancora oggi. Io sono sempre stata brava a tener duro. Mi so- no sempre battuta per convincere il committente del- la validità di certe soluzioni e ci sono quasi sempre riuscita Per certi oggetti che assomigliano a opere d’arte si può parlare di design industriale? Novembre: «Il design industriale è una bufala. Non esiste più». Boeri: «Esiste ancora, invece. Allora disegnare una maniglia di una porta cos’è?». Novembre: «Non esiste più nel senso che i numeri non ci sono più, ormai sono serie ridottissime. Parlia- mo della plastica, ormai c’è una tecnologia nuova per affrontare serie più limitate. E c’è una tecnica nuovis- sima, la stereolitografia: tu dai il modellino tridimen- sionale al computer e una macchina te lo produce in serie, massimo 10 pezzi». È questo il futuro del design? La personal factory? Boeri: «Ma io questo non lo chiamo più design. Fin- ché sarò al mondo, se devo disegnare una sedia devo pensare che stia in piedi, che porti il peso di una per- sona, che sia comoda. Devo tener conto di tutti questi elementi». Novembre: «Ma oggi c’è un’attenzione mediatica completamente diversa. I clienti vogliono una perfor- mance, la qualità non sanno nemmeno cosa sia». Avete altre passioni oltre al lavoro? Boeri: «La vita! I miei tre ragazzi, Sandro, Stefano e Tito e i miei nipoti. Certi pezzi me li hanno ispirati loro, perché siamo cresciuti insieme». Novembre: «La vita tutta e mia figlia Verde che me l’ha cambiata completamente. Si chiama Verde No- vembre, perché la mamma è brasiliana e laggiù in no- vembre non è autunno, è tutto fiorito». L EI A P ROPOSITO DEL P ROGETTO IL F ACCIA A F ACCIA «Divina» L’interno della discoteca milanese (2001) è un ambiente tutto rivestito in velluto rosso. Il soffitto sinuoso è con tessere di specchio Il Bisazza Store A Berlino, in Kantstrasse 150, realizzato nel 2003 con tessere in mosaico di vetro. Si ispira a un’opera di Beckett Fabio Novembre si afferma come architetto e designer subito dopo la laurea, nel 1992. Ha curato i progetti di ristoranti, discoteche e negozi a Milano, New York e Barcellona. Nel campo del design ha realizzato pezzi per Cappellini e per Meritalia, di cui è art director Io non riesco a tracciare una linea di demarcazione tra arte, musica, architettura e quant’altro: sono soltanto diverse forme di comunicazione. A me interessa il messaggio. Non mi creo problemi stilistici Lei: «Per la mia generazione la matita è stata un fucile». Lui: «A me dei muri non me ne frega niente». Abbiamo fatto incontrare la signora che negli anni ’50 ha infranto il maschilismo della progettazione e il paladino della provocazione spettacolare Fabio Novembre e Cini Boeri, due modi di vedere gli oggetti «Il design ormai è una bufala». «E allora creare una maniglia che cos’è?» Serpentone L’innovativo divano in schiuma poliuretanica, una seduta flessibile da vendersi a metri. Arflex, 1971 «Ghost» La poltrona trasparente è fatta con un solo foglio di vetro piegato e tagliato. Una seduta rigida ma comodissima. Fiam, 1987 Cini Boeri si laurea al Politecnico di Milano nel 1951. Dopo aver collaborato con Marco Zanuso, progetta in Italia e all’estero showrooms, abitazioni, banche, mostre, alberghi e l’aeroporto di Verona. Come designer ha collaborato, tra i tanti, con Arflex, Artemide e Molteni Non posso dire, ahimè, di avere inventato la ruota. Ma posso dire di avere dotato di ruote tutti i pezzi di arredamento. I miei mobili non sono quasi mai immobili, ma «mobili», cioè movibili. Si tratta sempre del concetto di flessibilità DI ALESSANDRA BURIGANA Idee e parole Cini Boeri e Fabio Novembre nell’incontro organizzato dal Corriere nello studio della Boeri (Foto M. Scarpa) 9 Mode e Modi Mercoledì 5 Aprile 2006 Corriere della Sera

Transcript of L EI UI - corriere.it · to e due modi diversi di affrontare il progetto. ... adesso puoi chiamarmi...

Page 1: L EI UI - corriere.it · to e due modi diversi di affrontare il progetto. ... adesso puoi chiamarmi zio. Feci pratica per alcuni mesi da Gio Ponti; poi ... che il braccio doveva sempre

LUI

U n uomo e una donna. Due generazioni a confron-to e due modi diversi di affrontare il progetto. Ci-

ni Boeri con misura ed eleganza, Fabio Novembrecon irruenza e passione. Cini Boeri, milanese, una deigrandi maestri del design italiano, ha alle spalle più dicinquant’anni di progetti di architettura e design disuccesso: alcuni pezzi diventati cult come la famigliadegli «Strips», le sedute «Bobo», il divano «Serpento-ne». Ma le manca ancora qualcosa: sogna di disegna-re un aeroplano. Fabio Novembre, leccese, classe1966 è un «architetto per caso» come ama dire, ruba-to al cinema da Anna Molinari a New York e — a solidue anni dalla laurea — incaricato di fare lo store Blu-marine a Hong Kong. Ne realizzerà altri della stessagriffe a Londra, Singapore e Taipei. La sua specializza-zione sono gli spazi pubblici, ristoranti, discoteche, al-berghi, negozi e showrooms. I suoi oggetti di designsono provocatori e fluidi. Lui si definisce un «crociatodello spazio» ma rifiuta ogni etichetta perché vive elavora all’insegna della libertà.

Qual è stata la vostra formazione?Boeri : «Quando mi sono laureata, Piero Portalup-

pi, il preside della facoltà, mi disse in milanese:Adess te me podet ciamà zio, adesso puoi chiamarmizio. Feci pratica per alcuni mesi da Gio Ponti; poiper 12 anni ho lavorato con Marco Zanuso. In quelperiodo conobbi Ernesto Rogers che diventò amicodella mia famiglia».

Novembre: «Quando mi sono iscritto all’universitàl’atmosfera era delirante, anche i docenti erano allosbando; a parte alcuni grandi "fari" come Achille Ca-stiglioni che insegnava quando c’ero io. Un grandepunto di riferimento per me è stato Corrado Levi, do-cente di Composizione 3, un corso teorico, filosofico,quindi un approccio umanistico contro tutti quelliche volevano insegnarti come mettere un mattone so-

pra l’altro».Boeri : «Questo era il problema dei laureati della vo-

stra generazione: che non sapevate assolutamente di-segnare, mentre per noi la matita è stato il nostro fuci-le. Giò Ponti disegnava moltissimo, scriveva letterepiù con disegni che con parole».

Cini Boeri, i suoi progetti di architettura e di de-sign sono essenziali, privi di decorazione. Mentrei suoi, Fabio Novembre, sono iperdecorati, un po’folli.

Novembre : «Ma io trovo che non siamo così diver-genti, abbiamo un vocabolario formale diverso ma gliinput sono gli stessi. Il suo bunker alla Maddalena hadelle linee superdecorative e il divano Serpentone èun oggetto assolutamente folle. Quindi io penso che ilsuo razionalismo non sia vero. Secondo me è troppofacile incasellare: loro sono i razionalisti, voi siete i«pazzarielli». È solo un problema di anima».

Boeri : «Il concetto di design agli albori di questa di-sciplina voleva indicare una produzione in serie di og-getti di uso comune. Era ben lon-tano dal decorativismo: la formaera legata alla funzione. Negli an-ni ’50 ci voleva una comunicazio-ne facile dell’uso dell’oggetto.Nel momento in cui ricevevo unincarico cercavo di rendere quel-l’oggetto più funzionale dei pre-cedenti, così sono nati il divanoStrip e il Serpentone». Io partivodall’ergonomia che mi diceva,ad esempio, che il braccio doveva sempre essere pie-gato ad angolo retto, per cui i miei tavoli sono più bas-si degli altri.

Novembre: «Rispetto alla vostra generazione noiabbiamo perso questa storia del forma-funzione soloperché si sono allargati gli orizzonti. Questo è un mon-do che si è aperto anche a livello di vocabolario forma-le. Oggi abbiamo un panorama di oggetti talmenteesagerato, sofisticato, che dobbiamo esplorare formenuove, funzioni nuove»

Che ruolo ha l’azienda, in tutto questo?Boeri : «Tieni presente che allora le industrie ci se-

guivano in una certa maniera, sostenevano la ricerca,sperimentavano. Perché il Serpentone non era unoscherzo, dietro c’era tutta una ricerca tecnologica fat-ta dall’Arflex con la Bayer. Oggi è cambiato tutto, gliindustriali ti dicono: "Si vende molto bene una cosacosì, me la faccia simile"».

Novembre : «Non sono così negativo, Cini. Credoche in quegli anni ci fossero delle isole felici ma anco-ra oggi ci sono aziende che investono in ricerca, ci so-no grandi palestre della progettazione».

È vero che tu, Fabio, non riesci a tracciare unalinea di demarcazione tra arte e architettura?

Novembre: «Per me sono soltanto forme diverse dicomunicazione. A me interessa il messaggio e non micreo alcun tipo di problema stilistico. Sono un paladi-no dello spazio. Viviamo in un mondo che ci sta ap-piattendo. Io voglio ricordare a tutti che siamo fatti dicarne e sangue e che i bambini li fanno ancora gli uo-mini e le donne, facendo l’amore. Questa è l’architet-tura. A me dei muri non me ne frega niente. A me inte-ressano i corpi nello spazio».

Boeri : «Però è difficile escludere i muri da un pro-getto, è un limite spaziale che viene dato per forza. Tulo rompi, lo spacchi e fai benissimo ma io non vedo imuri come una delimitazione spaziale, io li vedo co-me una parola, una frase in un discorso, funzionale a

qualcosa di più ampio».Cini Boeri disegna forme pulite, eleganti. Fabio

Novembre propone forme organiche, provocato-rie: una bella differenza…

Novembre: «Sai cos’è la differenza? È che Cini è mi-surata ed elegante mentre io sono un casinaro vulca-nico e non posso essere nient’altro. Cini ha fatto anali-si junghiana che l’aiuta molto nell’affrontare il rappor-to con il cliente. Io il cliente lo tratto come uno spon-sor. Io mi sento come un calciatore che indossa la ma-glietta dello sponsor, va in campo e cerca di fare i goalpiù belli. Io trovo che tu, Cini, hai un rispetto per ilcliente che forse ti viene da un rapporto più umano,ma oggi il cliente lo devi rintuzzare, guai se non oppo-ni una forte barriera alle sue richieste e non gli dici"Scusa, comando io, tu sei l’armatore ma il capitanodella nave sono io!"».

Boeri: «È stato difficile imporre il mio punto di vista

in un universo maschile negli anni ’50. Ma lo è ancoraoggi. Io sono sempre stata brava a tener duro. Mi so-no sempre battuta per convincere il committente del-la validità di certe soluzioni e ci sono quasi sempreriuscita

Per certi oggetti che assomigliano a opere d’artesi può parlare di design industriale?

Novembre: «Il design industriale è una bufala. Nonesiste più».

Boeri: «Esiste ancora, invece. Allora disegnare unamaniglia di una porta cos’è?».

Novembre: «Non esiste più nel senso che i numerinon ci sono più, ormai sono serie ridottissime. Parlia-mo della plastica, ormai c’è una tecnologia nuova peraffrontare serie più limitate. E c’è una tecnica nuovis-sima, la stereolitografia: tu dai il modellino tridimen-sionale al computer e una macchina te lo produce inserie, massimo 10 pezzi».

È questo il futuro del design? La personalfactory?

Boeri: «Ma io questo non lo chiamo più design. Fin-ché sarò al mondo, se devo disegnare una sedia devopensare che stia in piedi, che porti il peso di una per-sona, che sia comoda. Devo tener conto di tutti questielementi».

Novembre: «Ma oggi c’è un’attenzione mediaticacompletamente diversa. I clienti vogliono una perfor-mance, la qualità non sanno nemmeno cosa sia».

Avete altre passioni oltre al lavoro?Boeri: «La vita! I miei tre ragazzi, Sandro, Stefano e

Tito e i miei nipoti. Certi pezzi me li hanno ispiratiloro, perché siamo cresciuti insieme».

Novembre: «La vita tutta e mia figlia Verde che mel’ha cambiata completamente. Si chiama Verde No-vembre, perché la mamma è brasiliana e laggiù in no-vembre non è autunno, è tutto fiorito».

LEI

A PROPOSITODEL PROGETTO

I L F A C C I A A F A C C I A

‘‘

«Divina» L’interno della discoteca milanese(2001) è un ambiente tutto rivestito in vellutorosso. Il soffitto sinuoso è con tessere di specchio

Il Bisazza Store A Berlino, in Kantstrasse150, realizzato nel 2003 con tessere in mosaicodi vetro. Si ispira a un’opera di Beckett

Fabio Novembre si afferma come architetto

e designer subito dopo la laurea, nel 1992. Ha

curato i progetti di ristoranti, discoteche e negozi

a Milano, New York e Barcellona. Nel campo

del design ha realizzato pezzi per Cappellini

e per Meritalia, di cui è art director

Io non riesco a tracciare una

linea di demarcazione tra arte,

musica, architettura e

quant’altro: sono soltanto

diverse forme di comunicazione.

A me interessa il messaggio.

Non mi creo problemi stilistici

Lei: «Per la mia generazione la matita è stata un fucile».

Lui: «A me dei muri non me ne frega niente». Abbiamo fatto

incontrare la signora che negli anni ’50 ha infranto il maschilismo

della progettazione e il paladino della provocazione spettacolare

Fabio Novembre e Cini Boeri, due modi di vedere gli oggetti«Il design ormai è una bufala». «E allora creare una maniglia che cos’è?»

Serpentone L’innovativo divanoin schiuma poliuretanica, una sedutaflessibile da vendersi a metri. Arflex, 1971

«Ghost» La poltrona trasparente è fatta conun solo foglio di vetro piegato e tagliato. Unaseduta rigida ma comodissima. Fiam, 1987

Cini Boeri si laurea al Politecnico di Milano nel

1951. Dopo aver collaborato con Marco Zanuso,

progetta in Italia e all’estero showrooms,

abitazioni, banche, mostre, alberghi e l’aeroporto

di Verona. Come designer ha collaborato,

tra i tanti, con Arflex, Artemide e Molteni

Non posso dire, ahimè, di avere

inventato la ruota. Ma posso dire

di avere dotato di ruote tutti i

pezzi di arredamento. I miei mobili

non sono quasi mai immobili, ma

«mobili», cioè movibili. Si tratta

sempre del concetto di flessibilità

D I A L E S S A N D R A B U R I G A N A

Idee e parole Cini Boeri e Fabio Novembre nell’incontro organizzato dal Corriere nello studio della Boeri (Foto M. Scarpa)

9Mode e Modi Mercoledì 5 Aprile 2006 Corriere della Sera