L CASO DELL EMERGENZA RIFIUTI IN AMPANIA PROFILI DI ... · 1 Le direttive comunitarie sono, come è...

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UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI MILANO-BICOCCA Facoltà di Giurisprudenza Corso di Laurea Specialistica in Giurisprudenza IL CASO DELLEMERGENZA RIFIUTI IN CAMPANIA: PROFILI DI DIRITTO AMBIENTALE Relatore: Chiar.mo Prof. Marco ANTONIOLI Correlatore: Dott. Mattia PASCALE Tesi di Laurea di: Antonia PADUANO Matricola n. 066905 Anno Accademico 2010/2011

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UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI MILANO-BICOCCA

Facoltà di Giurisprudenza

Corso di Laurea Specialistica in Giurisprudenza

IL CASO DELL’EMERGENZA RIFIUTI IN CAMPANIA:

PROFILI DI DIRITTO AMBIENTALE

Relatore: Chiar.mo Prof. Marco ANTONIOLI

Correlatore: Dott. Mattia PASCALE

Tesi di Laurea di:

Antonia PADUANO

Matricola n. 066905

Anno Accademico 2010/2011

«… Noi sappiamo che la Terra non appartiene

all’uomo, è l’uomo che appartiene alla Terra.

Questo sappiamo.

Tutte le cose sono collegate

come il sangue che unisce una famiglia.

Tutto è connesso.

Quello che accade alla Terra,

accade ai figli della Terra.

L'uomo non ha tessuto la trama della vita,

in essa non è che un filo.

Qualsiasi cosa che egli faccia alla trama…

la fa a sé stesso …»

Risposta del Capo Indiano Seattle al Presidente Americano nel 1854

IINNDDIICCEE _____________________________________________________________

IINNTTRROODDUUZZIIOONNEE 1

1. LLAA DDIISSCCIIPPLLIINNAA DDEEII RRIIFFIIUUTTII

1.1 La normativa comunitaria 5

1.2 La normativa nazionale: dal Decreto Ronchi al nuovo

Testo Unico Ambientale 9

1.3 La nozione di rifiuto 16

1.4 Classificazione dei rifiuti 19

1.5 Il quadro delle competenze: Stato, Regioni ed Enti

locali 21

1.6 Le Autorità d’ambito 25

1.7 Le Agenzie per la protezione dell’ambiente 27

1.8 L’Albo nazionale gestori ambientali e l’Osservatorio

nazionale rifiuti 28

1.9 Gestione dei rifiuti: recupero e smaltimento 29

2. SSTTOORRIIAA DDII UUNN’’EEMMEERRGGEENNZZAA:: IILL CCAASSOO CCAAMMPPAANNIIAA

2.1 La legislazione regionale 33

2.2 La crisi dei rifiuti: una premessa storica 38

2.3 Le fasi dell’emergenza 40

2.4 La Legge regionale n. 4 del 2007: aspetti innovativi e

critici 49

2.5 La gestione dei rifiuti in Campania 52

2.6 Il Decreto Legge n. 90 del 2008: un diritto ambientale

speciale per la Campania 56

2.7 Il principio di sussidiarietà nel contesto emergenziale 60

2.8 La fine di un’emergenza? Riflessioni sulla nuova

“gerarchia dei rifiuti” 63

2.9 Campania e rifiuti: un caso ancora aperto 67

3. IILL RREEGGIIMMEE EEMMEERRGGEENNZZIIAALLEE IINN CCAAMMPPAANNIIAA

3.1 Le ordinanze extra ordinem 76

3.2 Le ordinanze di urgente necessità in materia di rifiuti 81

3.3 Abuso del potere di ordinanza 85

3.4 La grave violazione dei diritti fondamentali 89

4. RRIIFFIIUUTTII:: DDAA PPRROOBBLLEEMMAA AA RRIISSOORRSSAA

4.1 Emergenza rifiuti e danno ambientale 94

4.2 Strategie di intervento: un confronto con altre

Regioni italiane 100

4.3 Questione rifiuti: una possibile soluzione? 102

CCOONNCCLLUUSSIIOONNEE 107

RRIINNGGRRAAZZIIAAMMEENNTTII 107

BBIIBBLLIIOOGGRRAAFFIIAA 111

SSIITTOOGGRRAAFFIIAA 118

1

IINNTTRROODDUUZZIIOONNEE ___________________________________________________________________

I rifiuti sono realisticamente una parte della nostra vita.

Essi hanno sempre preoccupato le comunità degli uomini.

La disciplina dei rifiuti ha infatti tratti comuni con il

mondo antico e storicamente hanno iniziato a rappresentare un

problema quando nacquero le prime città, che dovevano

affrontare il disagio provocato dalle malattie contagiose a causa

della scarsa igiene provocata dai rifiuti, visti come causa di

inquinamento e di alterazione del decoro urbano.

Con la rivoluzione industriale è iniziato lo sfruttamento

intensivo delle risorse e hanno cominciato ad accumularsi i

rifiuti delle prime fabbriche con conseguente impatto

sull’ambiente.

Fino al boom economico, anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso,

esisteva una forte cultura del risparmio delle risorse per la quale

ogni oggetto veniva riutilizzato il più possibile.

Con l’avvento della società dei consumi prese poi piede il

moderno principio “usa e getta” e ciò ha comportato una

grandissima produzione di rifiuti, che sono stati considerati

sempre più come un problema, cresceva la loro produzione e

cresceva la preoccupazione di predisporre adeguate misure di

smaltimento.

2

Oggi noi invece concepiamo i rifiuti secondo una diversa

angolazione, che è quella della tutela ambientale. I rifiuti

nell’ultimo secolo sono diventati un problema di ordine

pubblico ed in particolare, da quando si sono affermate le

teorie ambientaliste, hanno acquisito un valore aggiunto. Non

sono più reputati come fonte di inquinamento, ma come vere e

proprie risorse da poter sfruttare.

In questi anni molto spesso abbiamo sentito parlare di

crisi dei rifiuti, in riferimento soprattutto alla vicenda

complessa dell’emergenza in Campania: una Regione

caratterizzata da fragili equilibri, dove la cultura dell’emergenza

è diventata oramai una forma ordinaria di governo, ma anche

una Regione ricca di storia, punto di riferimento del nostro

patrimonio artistico e culturale e di quello paesaggistico e

naturalistico.

La mia tesi, non ha la pretesa di fornire un esame del

caso Campania attraverso giudizi politici, vuole essere

semplicemente uno strumento di analisi del fenomeno rifiuti

nella sue fasi più acute, dal 1994 fino ad arrivare ai giorni

nostri, analizzando gli effetti che questa grave crisi ha

determinato soprattutto sull’ambiente.

Il primo capitolo si concentra su una panoramica della

normativa comunitaria e nazionale e sull’analisi degli istituti che

caratterizzano la materia rifiuti. La normativa europea, sempre

attenta al tema ambientale, persegue la finalità della

3

prevenzione nella produzione dei rifiuti, incentivando il

recupero e il riutilizzo e considerando solo in via residuale lo

smaltimento, per poter garantire un adeguata protezione

dell’ambiente e della salute pubblica.

Il secondo e il terzo capitolo affrontano il caso Campania

sotto due diverse angolazioni: la prima è rappresentata da un

excursus storico a partire dal 1994, anno in cui è stato dichiarato

per la prima volta lo stato di emergenza, per poi passare

all’analisi dei principali provvedimenti adottati e le finalità

perseguite; la seconda si concentra sull’abuso dei poteri

straordinari ed eccezionali, c.d. extra ordinem, che hanno portato

al fallimento della gestione emergenziale e alla violazione dei

diritti fondamentali.

Il quarto capitolo è dedicato essenzialmente alle

conseguenze drastiche che la crisi dei rifiuti ha determinato

sull’ambiente e ad alcuni spunti di riflessione, attraverso il

confronto di altre Regioni italiane, su possibili soluzioni per

valutare al meglio il rifiuto come una risorsa.

In particolare sono analizzate nuove ipotesi di gestione

dei rifiuti con l’utilizzo di tecnologie avanzate, in grado di

ridurre al minimo gli impatti ambientali.

Lo studio di questo caso è stato condotto con il

confronto di molti dati statistici, atti, rapporti, riferimenti

normativi, documenti pubblici e ha messo in luce quanto la

problematica dello smaltimento dei rifiuti non costituisce una

4

peculiarità campana, ma è un problema che coinvolge l’intera

società. Ecco perché bisogna soffermarsi a riflettere su ciò che

è accaduto, per evitare che in futuro possa ripetersi di nuovo.

Un contributo a questa Regione dalle mille sfaccettature,

che possa un giorno risollevarsi e tornare a splendere.

5

CCaappiittoolloo 11

LLAA DDIISSCCIIPPLLIINNAA DDEEII RRIIFFIIUUTTII ___________________________________________________________________

1.1 La normativa comunitaria

La materia dei rifiuti ha avuto una vita particolarmente

tormentata, caratterizzata dalla ricerca di un equilibrio mai

trovato, tra le esigenze della produzione e quelle di tutela

dell’ambiente e della salute, con la conseguenza che i numerosi

interventi del legislatore, spesso in contrasto con la normativa

comunitaria, hanno portato a un complesso di norme, confuso

e di difficile lettura.

E’ opportuna quindi una ricapitolazione delle fonti in

materia, cominciando dal Trattato di Roma del 1957, che ha

istituito la Comunità Economica Europea (CEE). E’ il primo

documento in materia ambientale: in esso sono stati previsti

soltanto dei riferimenti al miglioramento delle condizioni di

vita dei cittadini. Per arrivare a gettare le basi di una seria

politica di prevenzione e tutela ambientale a livello europeo si

deve attendere fino al 1972, anno in cui sono stati emanati sei

programmi d’azione comunitaria.

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6

La normativa in tema di rifiuti prende il via dalla direttiva1

del Consiglio 75/442/CEE 2 che annoverava, tra i suoi

“considerando”, la necessità di procedere al ravvicinamento delle

legislazioni nel settore rifiuti vista la disparità di disposizioni nei

vari Stati membri che creava disuguaglianza e incideva

direttamente sul funzionamento del mercato comune.

L’Italia ha proceduto alla sua attuazione prima con il

D.P.R. n. 915 del 1982 3 e poi in seguito con il decreto

legislativo n. 22 del 1997, noto come decreto Ronchi, con il

quale la materia dei rifiuti è stata completamente rivisitata.

Le politiche ambientali nazionali non possono che

muoversi all’interno del quadro comunitario per una reale

condivisione e conseguente adesione ai principi della corretta

gestione dei rifiuti, basati sulla prevenzione, quale intervento

prioritario, sul riciclaggio e sul recupero di energia,

individuando lo smaltimento in discarica solo come opzione

residuale4.

1 Le direttive comunitarie sono, come è noto, atti normativi di carattere generale che prescrivono agli Stati membri di raggiungere certi risultati, lasciando ai medesimi il compito di stabilire le competenze interne e di scegliere i mezzi all’uopo necessari. 2 Successivamente abrogata dalla direttiva 2006/12/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce il quadro normativo per il trattamento dei rifiuti nella Comunità definendo alcuni concetti basilari, come le nozioni di rifiuto, recupero e smaltimento e stabilisce inoltre principi fondamentali come l'obbligo di trattare i rifiuti in modo da evitare impatti negativi sull'ambiente e sulla salute umana, un incentivo ad applicare la gerarchia dei rifiuti e, secondo il principio "chi inquina paga", il requisito che i costi dello smaltimento dei rifiuti siano sostenuti dal detentore. 3 Recante «Attuazione delle direttive (CEE) numero 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e numero 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi». 4 V. PAONE, La tutela dell’ambiente e l’inquinamento dei rifiuti. Dal d.p.r. 915/1982 al D. lgs. 4/2008, Milano, Giuffrè, 2008, p. 2.

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7

La politica della Comunità in materia d’ambiente è fondata

sui seguenti principi5:

principio della precauzione: viene invocato per

garantire un elevato livello di protezione ambientale e

della salute umana, animale o vegetale nei casi in cui i

dati scientifici disponibili non consentano una

valutazione completa del rischio. E’ un principio di

tutela avanzata: è sufficiente il ragionevole sospetto di

pericolo sulla base di accertamenti scientifici credibili,

anche nei casi di incertezza scientifica, ovvero qualora

non si abbiano dei risultati sicuri e incontrovertibili

degli effetti di un certo fenomeno sull’uomo;

principio di prevenzione: consiste nell’esigenza di

«evitare, sin dall’inizio, inquinamenti ed altri inconvenienti

anziché combatterne successivamente gli effetti». Devono

quindi essere favorite le attività che comportano la

minor produzione di rifiuti, che allungano la durata di

vita dei beni e le attività basate sul riutilizzo dei

prodotti;

principio “chi inquina paga”: richiede che gli autori di

fenomeni di inquinamento o, in senso più ampio, di

danni causati all’ambiente, si facciano carico dei costi

necessari ad evitare o riparare l’inquinamento o il

5 G. DI PLINIO, P. FIMIANI, Principi di diritto ambientale, Milano, Giuffrè Editore, 2008, pp. 37 e ss.

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8

danno. Il tal modo il principio costituisce un deterrente

per l’esercizio di atti potenzialmente dannosi per

l’ambiente;

principio di correzione in via prioritaria alla fonte6: è

dovuta l’immediata rimozione della causa che ha

portato all'inquinamento. Quando un danno

ambientale è prodotto (non può essere evitato

mediante i principi di precauzione e di prevenzione) il

soggetto inquinante deve correggere l'eventuale

lesione7, per evitare che l'effetto dannoso si amplifichi.

In coerenza con i principi comunitari la normativa italiana

sui rifiuti è orientata ormai da tempo alla realizzazione di un

sistema di «gestione integrata» 8 mirato ad ottenere il duplice

risultato di valorizzare economicamente la risorsa rifiuto e di

tutelare la qualità dell’ambiente.

In un sistema di gestione integrata dei rifiuti lo

smaltimento viene quindi a costituire una fase residuale, mentre

la raccolta differenziata finalizzata al riciclaggio assume un

ruolo prioritario, in quanto consente di ridurre

6 I principi di precauzione, prevenzione, “chi inquina paga” e di correzione in via prioritaria alla fonte trovano la loro disciplina nell’art. 174 c.2. del TCE. 7 Ad esempio provvedere ad una bonifica dell’area, cioè l’insieme delle attività volte a rimuovere le fonti di inquinamento, con l'obiettivo di ripristinare lo stato precendente all'inquinamento. 8 La strategia adottata dall'Unione Europea e recepita in Italia prima con il decreto Ronchi (D.Lgs. n. 22 del 5 febbraio 1997) e poi con il Testo Unico Ambientale (D.Lgs. n. 152 del 3 aprile 2006) affronta la questione dei rifiuti delineando priorità di azioni all'interno di una logica di gestione integrata definendo criteri di priorità (art. 179), prevenzione della produzione di rifiuti (art. 180) e recupero dei rifiuti (art. 181).

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9

significativamente il flusso dei rifiuti da avviare allo

smaltimento e di valorizzare le componenti dei rifiuti sin dalla

fase di raccolta9.

Al fine di rafforzare le misure di prevenzione e ridurre gli

impatti ambientali, sono state recentemente adottate due nuove

direttive: la n. 2006/12/CE 10 e la n. 2008/98/CE 11 che

considerano i rifiuti come una potenziale risorsa da sfruttare. Si

ispirano al “principio di prossimità”, che sancisce l’obbligo di

smaltimento dei rifiuti il più vicino possibile alla fonte di

produzione ed al “principio dell’autosufficienza”, per il quale

ciascun Stato membro deve essere in grado di risolvere i

problemi derivanti dalla produzione dei rifiuti.

1.2 La normativa nazionale: dal Decreto Ronchi al nuovo

Testo Unico Ambientale

La legislazione nazionale in materia di rifiuti si inquadra

nel più ampio contesto della salvaguardia dell’ambiente, che

trova il suo fondamento costituzionale nei principi di tutela del

paesaggio (art. 9 Cost.) e della salute (art. 32 Cost.), cui

9 L. RAMACCI, Rifiuti: la gestione e le sanzioni. Commento organico al Testo Unico Ambientale dopo il quarto correttivo (D.L vo. n. 205/2010) e il SISTRI, Piacenza, La Tribuna, 2011, pp. 33-34. 10 Direttiva 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti. 11 Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive.

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10

corrispondono i diritti fondamentali dei cittadini e l’interesse

primario della comunità nazionale.

In Italia, così come in molti altri Paesi, l’obiettivo

prioritario è la riduzione sia della quantità che della pericolosità

dei rifiuti prodotti, sia del flusso dei rifiuti avviati allo

smaltimento. Tale politica ha sviluppato, nell’arco degli anni,

un sistema importante di principi12, alcuni dei quali di grande

interesse:

principio di prevenzione;

il principio di sussidiarietà: ha la funzione di garantire

che le finalità e gli obiettivi della politica ambientale

siano perseguiti al livello territoriale più appropriato,

tenuto conto dell’identità e della sensibilità ambientale

delle varie zone e della scelta ponderata degli strumenti

da porre in atto a tutti i livelli istituzionali, con la

tendenza ad assumere le decisioni concrete il più

possibile vicino ai cittadini;

il principio di cooperazione: mira ad assicurare, tra le

varie istituzioni pubbliche ed associazioni, imprese ed

operatori del settore a gestione privata, la necessaria

collaborazione per la difesa dell'ambiente, migliorando le

decisioni e il loro grado di accettazione ed affermando

uno spirito di corresponsabilità.

12 M. PERNICE, G. MINNINI, Il sistema normativo e tecnico di gestione dei rifiuti. La nuova disciplina dopo il D.Lgs. 152/2006 e la sua riforma, Trento, Ipsoa Indicitalia, 2008, pp. 3-8

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11

Il riferimento normativo principale relativo alla gestione

dei rifiuti è rappresentato dal decreto legislativo n. 22 del 1997,

c.d. decreto Ronchi, che recepisce tre direttive comunitarie:

una sui rifiuti (91/156/CEE), una sui rifiuti pericolosi

(91/689/99 CEE) ed una sugli imballaggi e sui rifiuti di

imballaggio (94/62/CEE). Il Ronchi abroga il D.P.R. n.

915/82, mutando completamente il quadro normativo in

vigore: il precedente decreto si proponeva di disciplinare lo

smaltimento dei rifiuti, ritenendo fasi costitutive quelle di

raccolta, spazzamento, cernita, trasporto, trattamento, deposito

e discarica sul suolo e nel suolo. Con il nuovo decreto si passa

dall’idea della centralità dello smaltimento, alla nozione di

gestione dei rifiuti 13 , all’interno della quale lo smaltimento

costituisce solo l’ultima fase. Il decreto incide profondamente

sul sistema di gestione, favorendo il passaggio da un modello

“tutti i rifiuti a discarica” ad una modello complesso di

“prevenzione e recupero” attraverso il perseguimento di

obiettivi prioritari:

attivare un sistema integrato di gestione dei rifiuti;

definire e riclassificare i rifiuti;

definire le competenze dello Stato, delle Regioni, delle

Province e dei Comuni;

13 V. PAONE, op.cit., pp. 17-19.

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12

preferire, nell’ordine, il reimpiego, il riciclaggio e il

recupero di energia, con lo smaltimento in discarica

come estrema ratio14;

creare un sistema di recupero degli imballaggi, a carico

dei produttori e utilizzatori (in applicazione del principio

della responsabilità condivisa) 15;

definizione di ambiti territoriali ottimali (ATO) 16 che

consentano una gestione unitaria del servizio ed

un’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani

non pericolosi;

ridurre la produzione dei rifiuti ed incrementare la

raccolta differenziata dei rifiuti urbani, attraverso

l’introduzione dell’obbligo di raccolta differenziata.

Il decreto Ronchi stabilisce come obiettivo principale la

corretta gestione del rifiuto al fine di: «assicurare un’elevata

protezione dell’ambiente e controlli efficaci». Per conseguire tali scopi

impone che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo

per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi

pregiudizievoli per la qualità dell’ambiente.

14 Il decreto Ronchi definisce una gerarchia comportamentale costituita da tre diverse posizioni disciplinate dagli artt. 3, 4 e 5 presente nel Capo I, relativo ai Principi Generali: prevenzione della produzione dei rifiuti, recupero dei rifiuti, smaltimento dei rifiuti. Si v. § 1.9 15 Tale principio considera il rispetto dell’ambiente, non già come un mero vincolo da rispettare, ma come obiettivo da raggiungere attraverso l’impegno di tutti i soggetti che ne fruiscono. 16 Per una definizione più precisa si v. § 1.6

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13

Con lo scopo di rendere più organica la legislazione

ambientale è stata in seguito promulgata la legge 15 dicembre

n. 308 del 2004 avente ad oggetto «Delega al Governo per il

riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia

ambientale e misure di diretta applicazione». E’ entrato così in vigore

il Testo Unico Ambientale, il decreto legislativo n. 152 del

200617, che si compone di 138 articoli e 45 allegati e risulta così

articolato:

parte prima: disposizioni comuni e principi generali;

parte seconda: procedure per la valutazione ambientale

strategica (VAS), per la valutazione d’impatto ambientale

(VIA) e per l’autorizzazione integrata ambientale (IPPC);

parte terza: difesa del suolo, tutela delle acque

dall’inquinamento e gestione risorse idriche;

parte quarta: gestione dei rifiuti e bonifica dei siti

contaminati;

parte quinta: tutela dell’aria e riduzione emissioni in

atmosfera;

parte sesta: tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente.

Le finalità del decreto sono indicate dall’articolo 2 nella

«promozione dei livelli di qualità della vita umana da realizzarsi

attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni

dell’ambiente e l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali».

17 Alcuni interventi modificativi del Testo Unico sono pervenuti pochi mesi dopo la sua emanazione: la L. 12 luglio n. 228/2006 e il D.Lgs. n. 284/2006.

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14

E’ con l’intervento del decreto legislativo n. 4 del 200818

che il Testo Unico viene arricchito di ulteriori disposizioni che

hanno apportato sostanziali modifiche alla disciplina dei rifiuti.

Questo decreto correttivo ha introdotto alcuni principi

generali di notevole importanza:

principi sulla produzione del diritto ambientale 19 :

costituiscono regole generali nell’adozione degli atti

normativi, di indirizzo e coordinamento e

nell’emanazione dei provvedimenti di natura contingibile

ed urgente. Essi possono essere modificati o eliminati

solo mediante espressa previsione legislativa;

principio dell’azione ambientale20: la tutela dell’ambiente,

degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve

essere garantita, da tutti gli enti pubblici e privati, dalle

persone fisiche e giuridiche pubbliche o private,

mediante un’azione informata dei principi comunitari in

materia ambientale;

principio dello sviluppo sostenibile 21 : le dimensioni

sociali, economiche ed ambientali devono essere

governate in maniera tale da trovare un sano equilibrio

per tutti «al fine di garantire all'uomo che il soddisfacimento dei

18 Recante «Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale». 19 Art. 3 bis D.Lgs. n. 152/2006. 20 Art. 3 ter D.Lgs. n. 152/2006. 21 Art. 3 quater D.Lgs. n. 152/2006. La prima definizione di sviluppo sostenibile viene presentata nel 1987 dal rapporto Brundtland «lo Sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni».

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15

bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità

della vita e le possibilità delle generazioni future» ;

principio di sussidiarietà e leale collaborazione22.

Un ulteriore modifica della parte quarta del Testo Unico

relativa ai rifiuti è intervenuta recentemente con il decreto

legislativo n. 205 del 201023 che qualifica la gestione dei rifiuti

come attività di «pubblico interesse» 24 al fine di assicurare un

elevata protezione dell’ambiente e controlli efficaci, tenendo

conto delle specificità dei singoli rifiuti per preservare le risorse

naturali.

L’attività di gestione dei rifiuti deve essere effettuata

secondo i «criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza,

fattibilità tecnica ed economica, nonché nel rispetto delle norme vigenti in

materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali».

Il decreto, composto da 39 articoli e 5 allegati, modifica

diversi passaggi della precedente normativa rifiuti. Alcuni di

queste modifiche interessano gli aspetti di ordine generale sul

tema dei rifiuti, altre invece coinvolgono direttamente le

modalità di gestione da parte delle imprese. Uno degli aspetti

22 Art. 3 quinquies D.Lgs. n. 152/2006. 23 Recepimento della direttiva 2008/98/Ce, «Modifiche alla Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006». 24 Art. 177 comma 2 del D.Lgs. n. 152/2006.

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16

innovativi di maggior interesse riguarda l'inserimento del

SISTRI25 nel Codice ambientale e le relative sanzioni.

1.3 La nozione di rifiuto

Il corretto inquadramento della nozione di rifiuto è di

fondamentale importanza per individuare le sostanze che

devono sottostare alle disposizioni in materia. L’art. 183 del

Testo unico Ambientale alla lettera a) definisce rifiuto «qualsiasi

sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell’ Allegato A26 e

di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi».

Il decreto legge n. 138 del 2002 27 ha fornito una

interpretazione autentica della nozione di rifiuto precisando i

seguenti termini:

“si disfi”: qualsiasi comportamento atto ad avviare

un materiale o una sostanza ad attività di

smaltimento o di recupero;

“abbia deciso”: volontà di destinare un materiale o un

bene ad operazioni di smaltimento e di recupero;

25 Il SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti) nasce nel 2009 su iniziativa del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare nel più ampio quadro di innovazione e modernizzazione della Pubblica Amministrazione per permettere l'informatizzazione dell'intera filiera dei rifiuti speciali a livello nazionale e dei rifiuti urbani per la Regione Campania. 26 Prevede un elenco di categorie di rifiuti. 27 Recante «Interventi urgenti in materia tributaria, di privatizzazioni, di contenimento della spesa farmaceutica e per il sostegno dell'economia anche nelle aree svantaggiate».

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17

“abbia l’obbligo di disfarsi”: l’obbligo di avviare un

materiale, una sostanza o un bene ad operazione di

recupero o di smaltimento stabilito da leggi o da

provvedimenti pubblici o imposto dalla natura della

sostanza28.

Per classificare una sostanza o un oggetto come rifiuto

devono essere soddisfatti i seguenti requisiti:

la sostanza o l’oggetto deve appartenere ad una delle

categorie di rifiuti elencati nell’allegato A alla parte

IV del Testo Unico (elemento oggettivo);

il detentore si deve “disfare” o deve avere “l’obbligo

di disfarsi” (elemento soggettivo)29.

L’elemento centrale di questa definizione è il riferimento

alla condotta tenuta dal detentore e il significato da attribuire al

termine “disfarsi”. L’incertezza nell’individuare l’ambito di

operatività della nozione di rifiuto ha determinato il formarsi di

due diversi approcci interpretativi: una teoria soggettiva e una

teoria oggettiva.

Secondo la teoria soggettiva viene attribuita preminenza

alla volontà del detentore circa la destinazione del rifiuto e

quindi è rifiuto tutto ciò che per il detentore è inutile in base ad

una sua scelta; mentre la teoria oggettiva si fonda su una

28 V. PAONE, op.cit., p. 151. 29 M. PERNICE, G. MINNINI, op. cit., p. 13.

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18

valutazione obiettiva della condotta del detentore o di un

obbligo cui lo stesso è tenuto e la definizione di una sostanza

come rifiuto prescinde dalla sua volontà30. Tale teoria è in linea

con la giurisprudenza comunitaria e nazionale e propende per

un concetto ampio di rifiuto fondato su risultanze oggettive31.

La Corte di Giustizia ha precisato che il verbo “disfarsi”32

deve essere interpretato alla luce delle finalità stabilite dalla

direttiva 75/442/CEE, quali la tutela della salute umana e

dell’ambiente dagli effetti nocivi dei rifiuti, e alla luce del

Trattato Ue, secondo il quale la politica della comunità in

materia ambientale mira ad un elevato livello di tutela ed è

fondata in particolare sui principi di precauzione e dell’azione

preventiva33.

Da questi principi sono stati desunti alcuni criteri

applicativi34:

in base al principio di precauzione la nozione di rifiuto

non può essere interpretata in senso restrittivo;

la nozione di rifiuto non esclude sostanze o oggetti

suscettibili di riutilizzo economico;

30 L. RAMACCI, op.cit., pp. 41-42. 31 Cass., Sez. III, 18/06/2002, n. 31011. 32 Si precisa che la direttiva 2008/98/Ce giunge a restringere la definizione di rifiuto al solo concetto del “disfarsi”. Così S. MAGLIA, Rifiuti, scarichi, bonifiche. Rassegna di giurisprudenza vigente, Piacenza, Irnerio Edizioni, 2009, p. 3. 33 Sentenze 15 giugno 2000, C-418/97 e C-419/97. 34 M. PERNICE e G. MINNINI, op.cit., p. 14.

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19

una sostanza o un oggetto rientrano nella definizione se

sono un residuo di produzione, cioè un prodotto che

non è stato ricercato al fine di un utilizzo ulteriore;

non sono residui, ma sottoprodotti 35 gli oggetti e le

sostanze che costituiscono uno degli obiettivi del ciclo di

produzione.

1.4 Classificazione dei rifiuti

Il Testo Unico all’articolo 184 determina una

classificazione dei rifiuti secondo l’origine e secondo le

caratteristiche di pericolo.

La classificazione secondo l’origine distingue tra i rifiuti

urbani e i rifiuti speciali; mentre la classificazione in base alle

caratteristiche di pericolo distingue i rifiuti pericolosi dai rifiuti

non pericolosi36.

35 Ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. n) del Testo unico Ambientale, sono sottoprodotti: «i prodotti dell’attività dell’impresa che, pur non costituendo l’oggetto dell’attività principale, scaturiscono in via continuativa dal processo industriale dell’impresa stessa e sono destinati ad un ulteriore impiego o al consumo». I sottoprodotti non sono quindi rifiuti a condizione che «l’impresa non si disfi, non sia obbligata a disfarsi e non abbia deciso di disfarsi», ma li destini al consumo o all’impiego senza la necessità di operare trasformazioni preliminari in un successivo processo produttivo. 36 S. MAGLIA, Diritto Ambientale alla luce del T.U. ambientale e delle novità 2011, II ed., Milano, Indicitalia, 2011, pp. 171-172.

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20

I rifiuti pericolosi37 sono sottoposti ad una disciplina più

stringente in considerazione dei maggiori rischi per l’ambiente

che derivano dalla loro gestione.

Tabella 1 - Classificazione dei rifiuti

Rientrano nei rifiuti urbani i rifiuti domestici, rifiuti non

pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile

abitazione, rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade,

rifiuti di qualunque altra natura o provenienza giacenti sulle

strade ed aree pubbliche, rifiuti vegetali provenienti da aree

verdi (giardini, parchi); mentre rientrano nei rifiuti speciali i

37 Di norma sono pericolosi i rifiuti non domestici che nell'elenco dei rifiuti di cui all'Allegato D alla Parte Quarta del D.Lgs. 152/2006, ossia nel comunemente detto CER, sono contrassegnati con un asterisco (art. 184, comma 5 del D.Lgs. 152/2006).

Classificazione secondo l'origine

Rifiuti urbani

Art. 184 c.2 T.U.A.

Rifiuti speciali

Art. 184 c.3 T.U.A.

Classificazione secondo le

caratteristiche di pericolo

Rifiuti pericolosi

Rifiuti non pericolosi

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21

rifiuti di attività agricole e agro-industriali, rifiuti derivanti

dall’attività di demolizione e costruzione, rifiuti da lavorazioni

industriali e artigianali, rifiuti da attività commerciali e da

attività sanitarie.

La gestione dei rifiuti speciali spetta al produttore e al

detentore che può conferire tale attività ad un soggetto

autorizzato; invece il sistema di gestione dei rifiuti urbani è

organizzato dalla Pubblica Amministrazione in regime di

privativa38, secondo i modelli determinati dalla legge e solo per

questa categoria di rifiuti è stabilito il divieto di smaltimento

fuori regione ed è prevista l’individuazione del fabbisogno

impiantistico e la tipologia di impianti necessari39.

1.5 Il quadro delle competenze: Stato, Regioni ed Enti

locali

Le Pubbliche Amministrazioni, gli Enti e gli Organismi

che esercitano funzioni pubbliche in materia di gestione rifiuti

sono: lo Stato, le Regioni, gli Enti locali, l’Albo nazionale

gestori ambientali, l’ Osservatorio nazionale rifiuti, le Autorità

38 Sussiste una situazione giuridica definibile di “privativa” quando una determinata attività o servizio possano, o debbano a seconda dei casi, essere esercitati esclusivamente dal soggetto che ne detiene il diritto; nel caso dei rifiuti urbani ne deriva l’obbligatorio espletamento da parte dei Comuni, i quali lo esercitano con diritto di privativa, nelle forme di cui all’art. 112 e ss. del D.Lgs. n. 267/2000 oltre che nel rispetto della normativa speciale nazionale (D.Lgs. n. 22/1997) e regionale (L.R. n. 3/2000). 39 M. PERNICE, G. MINNINI, op.cit., pp. 44-45.

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22

d’ambito (ATO), l’Agenzia per la protezione dell’ambiente

(ARPA).

In particolare le Pubbliche Amministrazioni devono

conformare la loro azione ai principi dell’azione ambientale e

dello sviluppo sostenibile adottati in attuazione della

Costituzione e nel rispetto del Trattato dell’ Unione europea.

L’attività della PA nell’ambito della scelta comparativa tra

interessi pubblici e privati deve considerare in modo prioritario

gli interessi alla tutela dell’ambiente e del patrimonio

culturale40.

In passato in materia ambientale sono stati frequenti i

conflitti tra Stato e Regioni, in quanto difettava nella

Costituzione un riferimento preciso all’ambiente; dottrina e

giurisprudenza infatti convenivano sull’attribuzione della tutela

ambientale alla competenza concorrente tra Stato e Regioni.

L’assenza di una ripartizione menzionata espressamente

sfociava spesso in esuberi di competenze la cui risoluzione

richiedeva l’intervento della Corte Costituzionale.

E’ solo con la Legge Costituzionale n. 3 del 2001 di

riforma del Titolo V della Costituzione, che l’ambiente trova

un preciso e chiaro riferimento nell’articolo 117, comma 2 e

comma 3. Tale articolo attribuisce la materia “tutela dell’ambiente

e dell’ecosistema” alla potestà legislativa esclusiva dello Stato,

salvo le forme di autonomia riconosciute alle Regioni a statuto

40 Articolo 3 quater comma 2, D.Lgs. n. 152/2006.

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23

speciale e le ulteriori forme di autonomia che possono essere

attribuite ad altre Regioni con legge dello Stato, su iniziativa

della Regione interessata.

Questa riforma, tuttavia, non ha attenuato gli interventi

della Corte Costituzionale la quale ha precisato che in materia

di tutela dell’ambiente l’intento del «legislatore sia stato quello di

riservare comunque allo Stato il potere di fissare standard di tutela

uniformi sull’intero territorio nazionale, senza escludere la competenza

regionale alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli

propriamente ambientali»41. Da un lato la Corte riserva i compiti

più importati allo Stato permettendo alle Regioni di legiferare

sulla base di leggi quadro e norme di principio statali; dall’altro

si assiste ad uno stemperamento della concezione di ambiente

come materia, in quanto non è configurabile una sfera di

competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata.

Spartiacque in tal senso è la sentenza n. 407 del 2002 con

cui i giudici della Consulta hanno identificato l’ambiente come

un valore di rango costituzionale e non come materia tout court.

Tra le funzioni42 riservate allo Stato bisogna ricordare:

la determinazione di valori limite, standard, obiettivi di

qualità e sicurezza e norme tecniche necessari al

41 Corte Costituzionale, 26 luglio 2002, n. 407. In questo senso l’evoluzione legislativa e la giurisprudenza costituzionale portano ad escludere che possa identificarsi una “materia” in senso tecnico, qualificabile come “tutela dell’ambiente”, dal momento che non sembra configurabile una sfera di competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata, ma al contrario essa investe e si intreccia con altri interessi e competenze. 42 I poteri e le competenze dello Stato in materia di rifiuti sono elencati nell’articolo 195 del D.Lgs. n. 152/2006.

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24

raggiungimento di un livello adeguato di tutela

dell’ambiente sul territorio nazionale;

le attività di vigilanza, sorveglianza e monitoraggio in

materia di tutela dell’ambiente;

attività di informazione ed educazione ambientale per la

promozione di tecnologie pulite.

Proseguendo l’analisi sull’assetto delle competenze in

materia di rifiuti, alle Regioni 43 è attribuito il potere di

regolamentare tutte le attività in materia attraverso la

predisposizione, l’adozione e l’aggiornamento, sentite le

Province, i Comuni e le Autorità d’ambito, di appositi Piani

regionali i cui fini sono principalmente legati alla riduzione

della quantità, del volume e della pericolosità dei rifiuti.

Svolgono inoltre un ruolo molto importante nella

localizzazione delle discariche e nella pianificazione di diversi

interventi di recupero ambientale con l’individuazione di Piani

di bonifica.

Per concludere, bisogna ricordare che anche gli Enti locali,

Comuni e Province44 , sono titolari di funzioni proprie e di

funzioni conferite con legge dello Stato e della Regione, nel

rispetto del principio di sussidiarietà. Tale principio postula che

43 Art. 196 D.Lgs. n. 152/2006. 44 Artt. 197 e 198 D.Lgs. n. 152/2006.

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25

la generalità dei compiti e delle funzioni appartenenti allo Stato

sia conferita agli enti pubblici più vicini ai cittadini45.

Al Comune sono attribuite le funzioni amministrative che

riguardano la popolazione e il territorio comunale; la Provincia,

invece, è titolare di funzioni amministrative di interesse

provinciale quali la difesa del suolo, l’organizzazione e

smaltimento dei rifiuti a livello provinciale.

1.6 Le Autorità d’ambito

L’Autorità d’ambito è una struttura dotata di personalità

giuridica. E’ un soggetto di diritto pubblico, costituita da Enti

locali, a cui è demandata l’organizzazione, l’affidamento e il

controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani46.

Con la costituzione dell’ Autorità d’ambito i Comuni di

ciascun Ambito territoriale ottimale (ATO) attuano le forme e i

modi di cooperazione che le Regioni e le Province autonome

prevedono per l’organizzazione del servizio di gestione dei

rifiuti.

Gli ambiti territoriali ottimali (ATO) realizzano un sistema

integrato ed unitario di gestione del servizio d'igiene urbana,

secondo criteri di efficienza, efficacia e economicità e sono

45 Il riferimento normativo è l’articolo 118 comma 2 (sussidiarietà verticale) e comma 4 (sussidiarietà orizzontale) della Costituzione. 46 Art. 201 D.Lgs. n. 152/2006.

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26

individuati nelle Province che, per esigenze tecnico-

organizzative, possono autorizzare la gestione dei rifiuti anche

a livello sub-provinciale, purché sia garantita una soglia

dimensionale idonea ad ottimizzare i servizi, sia dal punto di

vista tecnico-economico che ambientale47. A tal fine, i Comuni

ricadenti nel territorio provinciale hanno l’obbligo di

organizzarsi in Consorzi o in apposite Società d’Ambito, per

assicurare la gestione integrata del ciclo dei rifiuti; mentre le

Province, con la finalità di garantire la realizzazione di

economie di scala, intervengono per stabilire sia le forme ed i

modi della cooperazione tra gli Enti locali compresi nel

medesimo ambito ottimale, sia le procedure che dovranno

essere adottate per l'assegnazione del servizio di gestione dei

rifiuti e le loro relative forme di vigilanza e di controllo48.

Il principio sul quale si fonda la vigente normativa è quello

della cooperazione tra Enti locali, volta ad attuare una

complessiva riorganizzazione del servizio di gestione dei rifiuti

in un'ottica di ciclo integrato, attraverso cui favorire una

sostanziale riduzione delle quantità di rifiuti da smaltire in

discarica e la creazione di materie prime ed energia tramite i

processi di riciclo, recupero e valorizzazione.

47 M. PERNICE e G. MINNINI, op.cit., pp. 88-89. 48 L. RAMACCI, op.cit., pp. 113-114.

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27

1.7 Le Agenzie per la protezione dell’ambiente

L’agenzia per la protezione dell’ambiente e dei servizi

tecnici (APAT)49 nasce dalla fusione tra l’Agenzia nazionale per

la protezione dell’ambiente (ANPA) e il Dipartimento per i

servizi tecnici nazionali della Presidenza del Consiglio dei

Ministri50.

E’ un organismo di diritto pubblico con personalità

giuridica e svolge attività tecnico scientifiche di interesse

nazionale per la protezione dell’ambiente, per la tutela delle

risorse idriche e della difesa del suolo; è sottoposta ai poteri di

indirizzo e vigilanza del Ministro dell’ambiente e al controllo

della Corte dei Conti.

Le Agenzie regionali e provinciali per la protezione

dell’ambiente (ARPA) sono state istituite con legge regionale51

e sono deputate alla vigilanza e controllo ambientale in sede

locale. Svolgono attività che rientrano nei settori funzionali

dell’APAT e si occupano anche di prevenzione, vigilanza e

controllo ambientale. 49 Istituita dall’art. 38 del D.Lgs. n. 300/1999, «Riforma dell'organizzazione del Governo». 50 Ai sensi del D.P.R. n. 207/2002. 51 Il 18 aprile del 1993 un referendum abrogò le competenze del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e delle Unità Sanitarie Locali (USL) nel campo del controllo e della prevenzione ambientale. Si creò in questo modo un vuoto di competenze che fu colmato dal Parlamento con la Legge 21 gennaio 1994 n. 61 che affidò tali compiti ad apposite "Agenzie Regionali" deputate alla vigilanza e controllo ambientale in sede locale. La L. n. 61/1994 istituì inoltre l'ANPA (Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente), poi APAT (Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i servizi Tecnici) e oggi ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) con l'incarico di indirizzo e di coordinamento delle Agenzie regionali e delle Agenzie delle Province autonome.

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28

1.8 L’Albo nazionale gestori ambientali e l’Osservatorio

nazionale rifiuti

Le ARPA, per lo svolgimento dello loro attività, si

avvalgono delle sezioni dell’ Albo nazionale gestori ambientali

che è un organismo articolato in un Comitato nazionale con

sede presso il Ministero dell’Ambiente e in Sezioni regionali e

provinciali istituite presso i capoluoghi di Regione. Ha potere

deliberante ed è composto da membri, nominati con decreto,

di comprovata e documentata esperienza tecnico-economica o

giuridica nelle materie ambientali.

L'Albo si configura come strumento di qualificazione delle

imprese del settore, punto di riferimento e garanzia per tutti i

soggetti coinvolti nel complesso sistema della gestione dei

rifiuti52.

Come l’Albo anche Osservatorio nazionale rifiuti (ONR)53

ha sede presso il Ministero dell’ambiente ed è un organo

composto da membri esperti in materia di rifiuti, istituito per

garantire l’attuazione delle norme che disciplinano la gestione

dei rifiuti54.

L’ ONR ha compiti di valutazione su tutti i temi

riguardanti il ciclo dei rifiuti, ed in particolare ha il mandato

istituzionale di raccogliere ed esaminare i dati riguardanti la

52 P. FICCO, Rifiuti, quesiti risolti, Milano, Edizioni ambiente, 2007, pp. 27 e ss. 53 Il D.Lgs. n. 4/2008, «Ulteriori disposizioni correttive ed integrative al D.Lgs 3 aprile 2006 n. 152 recante norme in materia ambientale» ha introdotto l’art. 206-bis che prevede l’istituzione dell’Osservatorio Nazionale sui Rifiuti (ONR). 54 Parte IV del D.Lgs. n.152/2006.

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29

gestione dei rifiuti, gli imballaggi e i rifiuti di imballaggi, nonché

di elaborare criteri e specifici obiettivi di azione riguardanti la

prevenzione e la gestione dei rifiuti.

1.9 Gestione dei rifiuti: recupero e smaltimento

Che cosa si intende per “gestione dei rifiuti”? Si tratta di

un concetto del tutto nuovo, almeno fino al 1997, anno in cui il

c.d. decreto Ronchi ne ha introdotto la definizione facendone

uno dei capisaldi sottesi alla filosofia della normativa55. Essa si

identifica in un’attività di pubblico interesse costituita da un

ciclo integrato dove raccolta, trasporto, recupero e smaltimento

diventano momenti della gestione dei rifiuti assimilati a

potenziali risorse56.

La gestione dei rifiuti 57 viene disciplinata in modo da

privilegiare il recupero e il riciclaggio, limitando il più possibile

lo smaltimento58. Il recupero è necessario per poter passare

dalla politica dello smaltimento dei rifiuti a quella della loro

“economia”, per arrivare ad affrontare il fenomeno rifiuti come

una risorsa anziché come un problema.

55 Si precisa che il concetto di “gestione” va inteso in senso ampio, fino a ricomprendere qualsiasi contributo diretto a realizzare un’attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento. Così Cass. Pen., Sez. III, 11/01/2005, n. 2950. 56 A. MANZIONE, I controlli sui rifiuti e il Sistri. Disciplina, adempimenti, sanzioni, Maggioli Editore, 2011, pp. 42-43. 57 L’art. 183 del Testo Unico, al comma 1, lettera d), definisce gestione «la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni, nonché il controllo delle discariche dopo la chiusura». 58 L. RAMACCI, op.cit., p. 36.

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30

Nel “recupero” 59 confluiscono due concetti fondamentali:

“riutilizzo”, che consente il ritorno del materiale nel ciclo

produttivo o di consumo o di provenienza e “riciclaggio”, che

consente l’avvio in un ciclo produttivo o di consumo diverso.

Come è evidente, tra utilizzo e riciclaggio, la differenza si

basa sull’intensità del trattamento subito dal materiale: mentre

il riutilizzo si effettua solo per cose usate, il riciclaggio è

praticato anche per gli scarti di lavorazione. E’ l’analisi dei costi

e dei benefici nella convenienza di una scelta rispetto all’altra

che costituisce l’ ”economia dei rifiuti”.

Le strategie del recupero si concentrano in due azioni:

ottimizzazione dei sistemi di raccolta dei rifiuti

urbani che dovranno risultare efficaci sotto il profilo

tecnico, economico e ambientale;

sviluppo del mercato del riuso e del recupero dei

rifiuti60.

Dopo il recupero, a rappresentare l’estrema ratio delle

priorità del nuovo sistema gestionale61 è lo smaltimento62, che è

concepito come strumento per realizzare una rete integrata e

adeguata di impianti che tenga conto delle tecnologie più

59 La definizione di recupero è fornita dall’art. 183 lettera t) del D.Lgs. 152/2006. 60 E. MARIOTTI, M. IANNANTUONI, Il nuovo diritto ambientale, IV ed., Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2011, pp. 322-326. 61 Prevenzione, recupero e per ultimo lo smaltimento. Si v. § 1.2 62 Art. 182 del D.Lgs. 152/2006.

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31

perfezionate63, ma a costi non eccessivi. Deve essere eseguito

in condizioni di sicurezza e solo quando si sia verificata

l’impossibilità tecnica ed economica di procedere al recupero64.

Le tecniche di smaltimento dei rifiuti sono:

discarica: è un luogo dove vengono depositati in modo

non selezionato i rifiuti solidi urbani e tutti i rifiuti

provenienti dalle attività umane che non sono stati

riciclati o recuperati per produrre energia o inceneriti65.

Attualmente lo smaltimento in discarica in Italia è il

principale metodo di eliminazione dei rifiuti, poiché è

semplice ed economico, ma produce gravi effetti

sull’ambiente66;

incenerimento: è un trattamento in grado di sfruttare il

contenuto calorico dei rifiuti stessi per generare calore,

riscaldare acqua ed infine produrre energia elettrica. Gli

inceneritori 67 non eliminano i rifiuti, ma ne

trasformano semplicemente il peso ed il volume;

compostaggio: è una tecnologia biologica usata per la

trattazione dei rifiuti organici raccolti (detti anche

63 Con le tecnologie odierne non tutti i rifiuti possono essere recuperati, essi rappresentano fino al 20% del totale (ad esempio tetrapak, polistirolo, cosmetici). 64 L. RAMACCI, op.cit., p. 39. 65 Si v. G. NOÈ, La nuova disciplina dei rifiuti. Trasporto, stoccaggio e smaltimento, Forlì, Experta Edizioni, 2008, p. 125. 66 È scientificamente provato dall'organizzazione internazionale sui cambiamenti climatici, IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) che i rifiuti in discarica causano emissioni ad alto contenuto di metano e di anidride carbonica, due gas serra molto inquinanti. 67 Oggi sono stati sostituiti dai termovalorizzatori che, pur essendo molto meno inquinanti rispetto ai vecchi inceneritori, non eliminano in ogni caso l'emissione di diossine nei fumi di scarico dispersi nell'atmosfera circostante.

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32

umido), che sfruttando un processo di bio-ossidazione,

li trasforma in fertilizzante agricolo da utilizzare quale

concime naturale 68 . Tramite digestione anaerobica

viene ottenuto anche del biogas che può essere

bruciato per produrre energia elettrica e calore; in tal

modo è possibile diminuire il livello di emissioni

inquinanti della discarica e migliorarne la gestione

approfittando anche della conseguente diminuzione dei

volumi legata al riciclo dell'umido.

E’ evidente che, tra le tecniche fin qui elencate, non ne

emerge una in particolare in grado di prevalere su tutte le altre,

in quanto ognuna di esse presenta aspetti critici relativi

all’impatto e al rischio ambientale. Di certo si può affermare

che vadano privilegiate le tecniche finalizzate al recupero di

risorse (materia e/o energia), piuttosto che quelle di mero

smaltimento. In particolare il recupero di energia dai rifiuti è

forse l’unica forma di trattamento alternativa allo smaltimento

in discarica, che permette di conseguire efficaci vantaggi in

termini di risparmio di risorse e di emissioni globali di

inquinanti69.

68 L’art. 183, comma 1 del Testo Unico Ambientale, definisce alla lettera t) il “compost” come il «prodotto ottenuto dal compostaggio della frazione organica dei rifiuti urbani nel rispetto di apposite norme tecniche finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria e, in particolare, a definirne i gradi di qualità». 69 P. DE STEFANIS, M. CORONIDI, V. IABONI, La gestione dei rifiuti urbani: tecniche e risvolti ambientali, in www.enea.it.

33

CCaappiittoolloo 22

SSTTOORRIIAA DDII UUNN’’EEMMEERRGGEENNZZAA::

IILL CCAASSOO CCAAMMPPAANNIIAA ___________________________________________________________________

2.1 La legislazione regionale

La prima normativa regionale che ha disciplinato le

procedure per lo smaltimento dei rifiuti urbani in Campania

risale alla legge regionale 10 febbraio n. 10 del 1993 contenente

«Norme e procedure per lo smaltimento dei rifiuti in Campania».

Con la previsione di un apposito Piano di smaltimento

rifiuti, la legge intendeva ridurre progressivamente la quantità

di rifiuti e il numero e la capacità delle discariche1. A tal fine

vennero individuati 18 Bacini di utenza all’interno dei quali

assicurare lo smaltimento dei rifiuti prodotti.

I soggetti attuatori del Piano varato dal Consiglio

regionale erano i Comuni, ai quali venne affidato il compito di

costituire, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, i

Consorzi di Bacino che avrebbero dovuto provvedere alla

costruzione e gestione associata degli impianti di smaltimento2.

1 Il Piano prevedeva il raggiungimento di livelli di raccolta differenziata compatibili con il decreto Ronchi e la realizzazione di 9 impianti per la produzione di combustibili derivato da rifiuti (CDR) e di 7 termovalorizzatori. 2 L. COLELLA, La governance dei rifiuti in Campania tra tutela dell’ambiente e pianificazione del territorio. Dalla crisi dell’emergenza rifiuti alla società europea del riciclaggio, in «Rivista Giuridica dell’ambiente», 2010, fasc. 3-4, p. 495.

SSTTOORRIIAA DDII UUNN’’EEMMEERRGGEENNZZAA:: IILL CCAASSOO CCAAMMPPAANNIIAA

34

Tale quadro programmatorio, di fatto, rimase in vigore

nonostante il decreto Ronchi avesse impostato il sistema di

gestione unitaria dei rifiuti urbani sulla ripartizione in Ambiti

territoriali ottimali (ATO)3.

L’inadeguatezza del sistema di gestione dei rifiuti

prefigurato dalla Regione Campania, rispetto agli obiettivi

fissati dal legislatore nazionale, produsse una situazione di

paralisi tale da dover essere affrontata con misure di carattere

straordinario fin dal febbraio 19944.

Nel 1996, a seguito della nomina del Presidente della

Regione Campania come Commissario straordinario, è stata

predisposta l’approvazione di una prima versione del Piano

regionale per lo smaltimento dei rifiuti. La pianificazione

impiantistica venne assunta dal Presidente-Commissario che,

su sollecitazione del Ministero dell’Ambiente e di un ordinanza

del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 , ridimensionò

drasticamente il numero di impianti previsti nel Piano

originario6.

Il perdurare delle situazioni di emergenza nella gestione

del ciclo dei rifiuti indusse, poi, il Presidente del Consiglio dei

Ministri a prorogare più volte, a partire dal 1997 e con cadenza

3 Si v. § 1.6 4 E’ quanto emerge dall’indagine di controllo effettuata dalla Corte dei Conti, La gestione dell’emergenza rifiuti in Campania, 2010, p. 15. 5 O.P.C.M. n. 2560/1997. 6 Si passò da 7 a 2 termovalorizzatori e da 9 a 2 impianti per la produzione di CDR.

SSTTOORRIIAA DDII UUNN’’EEMMEERRGGEENNZZAA:: IILL CCAASSOO CCAAMMPPAANNIIAA

35

annuale, lo stato di emergenza nel territorio della Regione

Campania.

Nel corso del 2005 con il decreto legge n. 14, poi

convertito in legge n. 53 recante «Misure urgenti per fronteggiare

l’emergenza nel settore rifiuti nella Regione Campania», si è disposto

che il Commissario delegato autorizzasse le iniziative di

adeguamento tecnico-funzionali degli impianti di smaltimento

esistenti, da parte dei soggetti affidatari e nel caso di

inadempienza di questi ultimi, provvedesse in via sostitutiva.

Così facendo il decreto legge del 2005 finiva per ampliare

l’ambito dei poteri commissariali anche all’esercizio di poteri

sostitutivi7.

Con decreto legge n. 245 del 2005, «Misure straordinarie per

fronteggiare l’emergenza nel settore rifiuti della Regione Campania» fu

assegnato al Commissario delegato il compito di provvedere

all’adeguamento del Piano regionale di smaltimento dei rifiuti

del 1997 per incrementare i livelli di raccolta differenziata8.

Nella prospettiva di superamento dell’emergenza

attraverso un nuovo assetto istituzionale del territorio, la legge

regionale n. 4 del 2007, contenente «Norme in materia di gestione,

trasformazione, riutilizzo dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati» ha

7 A. CUCCO, Ancora misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania: il decreto legge 30 novembre 2005, n. 245, in «Prime note», fasc. 3, 2006, pp. 23-25. 8 Al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi della raccolta differenziata previsti dalla normativa ed il superamento del contesto emergenziale, si attribuì ai Consorzi di Bacino il compito di avviare la raccolta differenziata entro 30 giorni dall’affidamento del servizio, pena il loro commissariamento.

SSTTOORRIIAA DDII UUNN’’EEMMEERRGGEENNZZAA:: IILL CCAASSOO CCAAMMPPAANNIIAA

36

abrogato la legge regionale n. 10 del 1993 e ha ridisegnato le

competenze di ciascun ente territoriale9.

L’articolazione della gestione integrata dei rifiuti è stata

incentrata in linea con il decreto legislativo n. 152 del 2006

(Testo Unico Ambientale) sugli Ambiti territoriali ottimali

(ATO) coincidenti con i Comuni, ma al fine di razionalizzare

l’assetto della Pubblica Amministrazione e di conseguire

significativi risparmi di spesa, la legge finanziaria del 200810 ha

fatto carico alle Regioni di sopprimere le Autorità d’Ambito e

di attribuirne le relative funzioni di affidamento e controllo del

servizio di gestione integrata alle Province11.

Con il decreto legge n. 61 del 2007 contenente «Interventi

straordinari per superare l’emergenza del settore dello smaltimento dei

rifiuti nella regione Campania», è stato adottato un nuovo Piano

per assicurare il conseguimento degli obbiettivi di raccolta

differenziata, la messa in sicurezza degli impianti di produzione

di combustibile da rifiuti (CDR), l’utilizzo delle migliori

tecnologie ed un elevato livello di tutela ambientale e sanitario.

Sempre nel 2007 è stato adottato dal Commissario

delegato un nuovo Piano regionale dei rifiuti in Campania,

corredato da una dichiarazione contenente l’identificazione

9 Questo aspetto verrà esaminato nel § 2.3 10 L. n. 244/2007, «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)». 11 In base a tale previsione, dunque, è stato ripristinato il modello delineato dal decreto Ronchi, che stabiliva, all’art. 23 che «salvo diversa disposizione stabilita con legge regionale, gli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti sono le Province. Le Province assicurano una gestione unitaria dei rifiuti urbani e predispongono piani di gestione dei rifiuti, sentiti i comuni».

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37

della tipologia di impianti presenti su territorio, la descrizione

del sistema carente di smaltimento e le misure di monitoraggio

ambientale12.

Ai fini della soluzione dell’emergenza rifiuti il decreto

legge n. 90 del 200813 ha assegnato al Capo del Dipartimento

della protezione civile l’incarico di Sottosegretario di Stato

presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e ha qualificato i

siti, le aree e gli impianti connessi alla attività della gestione dei

rifiuti come «aree di interesse strategico nazionale» 14 : il

Sottosegretario di Stato veniva assistito dalla forza pubblica e

dalle forze armate15.

Si introdusse, attraverso il decreto legge n. 97 del 200816, il

divieto di trasferimento e smaltimento in altre Regioni di rifiuti

urbani diversi da quelli provenienti della raccolta differenziata e

la regolarizzazione di impianti di selezione e trattamento rifiuti

da sostenere economicamente mediante incentivi pubblici.

Con lo scopo di promuovere le misure idonee ad

assicurare il rientro nel regime di gestione ordinaria dei rifiuti il

12 L’ubicazione dei termovalorizzatori era prevista nei comuni di Acerra e S. Maria La Fossa. 13 Contenente «Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile». 14 Le aree di "interesse nazionale" sono quelle zone geografiche nelle quali e verso le quali è possibile che l'Autorità Politica decida di intraprendere iniziative, anche di carattere militare, al fine di salvaguardare gli interessi del paese, eventualmente anche nell'ambito delle organizzazioni internazionali di cui fa parte. 15 Il Sottosegretario di Stato viene assistito nella raccolta e nel trasporto dei rifiuti, per la vigilanza e la protezione dei siti. Inoltre, vengono introdotte nuove fattispecie criminose per le ipotesi di introduzione abusiva o ostacolo all’accesso in queste aree (artt. 340, 635, comma 2 e 682 del codice penale). 16 Recante «Disposizioni urgenti in materia di monitoraggio e trasparenza dei meccanismi di allocazione della spesa pubblica, nonché in materia fiscale e di proroga di termini»,

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38

decreto legge n. 195 del 200917 ha introdotto la riforma della

struttura commissariale, la gestione di impianti di selezione e

trattamento rifiuti e l’assegnazione ai Presidenti delle Provincie

dei compiti di programmazione del servizio di gestione rifiuti.

Da ultimo, è intervenuta la legge regionale n. 2 del 21

gennaio 2010 (finanziaria 2010) la quale ha inteso conservare ai

singoli Comuni l’esercizio del servizio di gestione rifiuti nei

territori di rispettiva competenza. Questo modulo gestionale

costituirebbe espressione attuativa, a livello regionale, dei

principi costituzionali di sussidiarietà e decentramento18.

2.2 La crisi dei rifiuti: una premessa storica

Nel 1962 la c.d. legge per Napoli destina tre miliardi di lire

alla costruzione di un impianto di incenerimento rifiuti19. Si

istituisce così una commissione per individuare le soluzioni

tecniche migliori e due anni dopo il Prefetto dispose di

utilizzare il denaro per la costruzione di un impianto della

capacità di 600 tonnellate nella città di Pianura, nella zona

nord-occidentale della città. Il bando relativo alla realizzazione

dell’impianto venne approvato nel 1966, ma nel 1970 la Giunta

17 Contenente «Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed alla protezione civile». 18 Art. 118 della Costituzione. 19 L'inceneritore è un impianto che utilizza come combustibile i rifiuti (CDR), con due obiettivi: eliminarli e produrre energia con il calore prodotto dalla loro combustione.

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39

comunale revocò il bando precedente e ne approvò uno nuovo

per la realizzazione di due impianti della capacità di 1200

tonnellate; contestualmente i costi lievitavano da tre miliardi a

dieci miliardi di lire20.

Con l’approvazione del D.P.R. del 1982, n. 91521 venne

delegata ai Comuni l’attività di smaltimento dei rifiuti urbani

mediante aziende o concessioni a enti o imprese specializzate.

Tutto ciò ha determinato un aumento considerevole di

discariche gestite dai Comuni o dai privati in base ad

autorizzazioni provvisorie rilasciate dalla Regione Campania.

E’ così che si preannuncia una lunga parentesi di tempo,

destinata a protrarsi per circa quarant’anni, segnalata da

continui rinvii e ricorsi a soluzioni provvisorie, dalla cultura

della discarica, dall’attesa dell’inceneritore, dal mancato

perseguimento di efficaci politiche alternative, dall’assenza di

controlli nello smaltimento dei rifiuti e dal progressivo esaurirsi

delle discariche disponibili.

20 M. SCIAUDONE, La Campania dell’emergenza. Riflessioni a margine della questione rifiuti, La scuola di Pitagora editrice, Napoli, 2011, pp. 53 e ss. 21 Recante «Attuazione delle direttive (CEE) n. 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi».

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40

2.3 Le fasi dell’emergenza

Ripercorrendo le lunghe tappe della situazione

emergenziale in Campania, è opportuno ricordare che l’inizio

ufficiale dell’emergenza è datato 11 febbraio 1994, quando fu

nominato, con un’ordinanza ad hoc della Presidenza del

Consiglio dei Ministri, Commissario straordinario 22 per la

situazione di emergenza nell’ambito del settore dei rifiuti solidi

urbani, il Prefetto di Napoli, con l’impegno, da parte della

Regione, di emanare un Piano regionale di smaltimento.

A disciplinare per la prima volta lo smaltimento dei rifiuti è

la legge regionale n. 10 del 1993 che ha previsto un apposito

Piano regionale di smaltimento, individuando gli ambiti

territoriali ottimali (ATO), con l’istituzione di ben 18 Consorzi

di bacino, all’interno dei quali dovevano essere assicurati lo

smaltimento dei rifiuti urbani prodotti sul territorio regionale.

E’ con il decreto 11 febbraio 199423 che il Presidente del

Consiglio dei Ministri dichiara lo stato di emergenza 24 nel

settore dello smaltimento rifiuti in Campania. Un’emergenza 22 Il primo Commissario straordinario è stato Umberto Improta. Sono a lui succeduti: Antonio Rastrelli, Andrea Losco, Antonio Bassolino, Corrado Catenacci, Guido Bertolaso, Alessandro Pansa, Umberto Cimmino e Gianni De Gennaro. 23 «Dichiarazione dello stato di emergenza a norma dell'articolo 5, comma 1, della Legge 24 febbraio 1992, n. 225, in ordine alla situazione determinatasi nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani nella Regione Campania». L’emergenza rifiuti in Campania inizia convenzionalmente l’11 febbraio del 1994 per un periodo breve di un anno. Tale termine venne prorogato con D.P.C.M. del 16 aprile 1994 e D.P.C.M. del 7 ottobre 1994 al 31 dicembre 1995. Dal 1996 al 2003 si procedette al rinnovo della proroga dello stato di emergenza con l’emanazione di numerose ordinanze. 24 Con il termine emergenza si indica, di norma, qualcosa di grave ed imprevisto, il verificarsi di eventi straordinari per natura e qualità, una condizione di eccezionale pericolo o una necessità di interesse pubblico.

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protetta dalla legge n. 225 del 1992 di istituzione del Servizio

nazionale della protezione civile, perché basata sulla persistenza

dello stato di emergenza25 ritenuto irrisolvibile anche perché

legato alla ingovernabilità del sistema campano, spesso

condizionato dal fenomeno delle ecomafie26.

L’iniziale situazione emergenziale si è ulteriormente

aggravata nel 1996 quando il Governo ha nominato il

Presidente della Regione Commissario straordinario 27 per la

predisposizione di un piano degli interventi di emergenza e ha

attribuito al Prefetto di Napoli28 i poteri per l'individuazione

dei siti fino all'entrata in vigore del Piano regionale29.

A partire dal 1997 una grave crisi degli impianti di

smaltimento rifiuti ha segnato la Campania, nonostante la

presenza di una gestione commissariale. In numerosi siti di

25 L’art. 5 di questa Legge prevede che in casi di calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità' ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari «il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi. Per l'attuazione degli interventi di emergenza si provvede anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico». 26 Con questo concetto si intende la presenza nel settore dei rifiuti di gruppi criminali associati, operanti attraverso società che gestiscono un traffico illecito di rifiuti. Così F. NOVARESE, La «nuova» disciplina «emergenziale» dei rifiuti, in «Rivista giuridica dell’ambiente», fasc. 3-4, 2003, p. 483-484. 27 L’istituto del commissariamento in materia di rifiuti rappresenta un modello di intervento amministrativo straordinario che, non trovando fonte normativa specifica, viene ricondotto nell’ambito degli interventi urgenti in materia di protezione civile. 28 Il Prefetto requisì alcune discariche private con affidamento della gestione all’ENEA al fine di eliminare le discariche di gestione privata ed evitare l’ingerenza della criminalità organizzata. 29 Il Piano venne promulgato il 31 dicembre 1996 e pubblicato nel luglio 1997. Venne valutato dalla Commissione Bicamerale, la quale riscontrò l’assenza del rispetto del principio della riduzione della produzione di rifiuti contenuto nel decreto Ronchi e l’assenza del consenso degli enti locali circa la localizzazione degli impianti.

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42

stoccaggio provvisorio30 sono state accumulate le eco-balle di

combustibile derivato dai rifiuti (CDR) e il successivo blocco

degli impianti ha portato a situazioni di emergenza sociale e

sanitaria a causa all’accumulo di tonnellate di rifiuti riversati per

le strade.

In attuazione di quanto stabilito dal nuovo Piano regionale

e in osservanza dell'ordinanza del Ministro dell'interno delegato

per il coordinamento della protezione civile n. 2774 del 1998,

venne indetta una gara d’appalto per affidare (per un periodo di

dieci anni) il trattamento dei rifiuti ad operatori privati31 capaci

di realizzare sette impianti per la produzione di combustibile

derivato dai rifiuti (CDR) nonché due termovalorizzatori, per

dar seguito alle modifiche previste dal decreto legislativo n. 22

del 5 febbraio 1997, meglio noto come decreto Ronchi32, la cui

finalità principale era quella di ridurre la produzione di rifiuti e

di incentivarne il recupero ed il riciclaggio, garantendo un

elevato grado di protezione della salute dell'uomo e

dell'ambiente.

Quindi si autorizzò all’entrata in funzione (pur con

notevoli ritardi rispetto ai tempi programmati) dei sette

impianti previsti per la selezione della frazione indifferenziata e

30 Lo stoccaggio è l’operazione di immagazzinare e conservare in un deposito merci, materie prime, prodotti intermedî o finiti, nella quantità sufficiente per l’immissione periodica al consumo. I rifiuti così selezionati vengono triturati e aggregati in grossi blocchi chiusi con vari strati di pellicola di plastica (le c.d. eco-balle). 31 Gli appalti vennero aggiudicati, nel corso dell’anno 2000, alle società Fibe s.p.a. e Fibe Campania s.p.a., appartenenti al gruppo Impregilo. 32 D.Lgs. n. 22/1997, «Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio».

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43

la produzione di CDR, anche se i lavori per la realizzazione

degli unici due impianti industriali di termovalorizzazione dei

rifiuti non fossero stati ancora avviati a causa di carenze nella

progettazione e difficoltà incontrate per la loro localizzazione33.

Numerose sono state le cause34 che hanno determinato la

situazione di paralisi:

i ritardi nella conclusione delle procedure

autorizzative;

la difficoltà nella localizzazione e realizzazione degli

impianti;

le forti opposizioni locali, sostenute anche dalle

Amministrazioni comunali;

l’affidamento ad un soggetto unico della costruzione

e gestione dell’intero servizio di trattamento e

smaltimento;

il sovraccarico degli impianti ed il conseguente loro

malfunzionamento;

gli insufficienti livelli di raccolta differenziata;

33 In base all'ordinanza n. 2774/1998, si prescriveva infatti: - il raggiungimento del 35% di raccolta differenziata entro il 1999; - la realizzazione degli impianti di combustione rifiuti e recupero energetico, anche in variante al Piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti, in siti che siano nella disponibilità delle imprese risultate aggiudicatarie a seguito dello svolgimento di gare comunitarie; - la realizzazione, entro il 1998, degli impianti di selezione e trattamento delle due frazioni (secca e umida) del rifiuto indifferenziato ed, entro il 2000, dei due inceneritori previsti per il trattamento del CDR. 34 Si v. l’indagine di controllo effettuata dalla Corte dei Conti, La gestione dell’emergenza rifiuti in Campania, 2010, p. 24.

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44

l’eccessiva frammentazione nella gestione locale del

servizio di raccolta dei rifiuti (dovuta alla mancata

attuazione degli ATO).

L’emergenza si dilata così nel corso del tempo 35 e si

trasforma in una situazione di carattere strutturale, in cui si

agisce con la proroga delle autorizzazioni per discariche già

considerate esaurite.

Nel 2004, su specifica richiesta del Presidente della Regione

Campania, veniva nominato un nuovo Commissario delegato,

al quale furono attribuiti nuovi poteri eccezionali con la

proroga dell’esercizio delle discariche attive attraverso

l’ampliamento della volumetria e autorizzando l’apertura di

nuove discariche in modo da favorire la ripresa degli impianti

rallentati.

A tutto ciò si aggiunse l’inadempienza delle società

affidatarie del servizio di smaltimento rifiuti, (che dovevano

realizzare gli impianti) che portò all’eccezionale misura dello

scioglimento del contratto per via legislativa36.

La gravità della situazione37 portò nell’ottobre del 2006, con

il decreto legge n. 26338, alla nomina di un nuovo Commissario

35 Permanevano infatti alcune problematiche riguardo le discariche operanti sul territorio campano in ordine al disagio e alle proteste degli abitanti che chiedevano l’immediata chiusura degli impianti. 36 Lo scioglimento del contratto per via legislativa lasciava in pregiudicato l’obbligo a carico della Fibe, di completare la costruzione degli impianti. 37 Fronteggiata dal Commissario chiamato ad individuare con urgenza le discariche e a disporne la relativa messa in sicurezza igenico-ambientale. Contestualmente, veniva

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45

delegato nella persona del Capo del Dipartimento della

protezione civile e all’ annullamento della procedura di gara

avviata per il nuovo affidamento del servizio smaltimento

rifiuti.

Con il decreto legge n. 61 del 200739, il Governo decise di

ottemperare alla tragica situazione che stava investendo la

Campania attraverso l’attivazione di nuovi siti da destinare a

discarica, in deroga a specifiche disposizioni in materia

ambientale, paesaggistico territoriale, di pianificazione della

difesa del suolo, nonché norme igieniche sanitarie40.

Tra il 2007 e il 2008 si verificò una nuova e grave crisi dei

rifiuti 41 a causa della chiusura di uno dei più grandi siti di

stoccaggio di eco-balle42; ciò indusse nuovamente il Governo

ad intervenire disponendo:

l’apertura di tre nuovi siti da destinare a discarica;

la realizzazione di un terzo termovalorizzatore43;

approvato, con ordinanza commissariale n. 77/2006, l’adeguamento del Piano regionale dei rifiuti, al fine di dare attuazione agli ATO e ad incrementare i livelli di raccolta differenziata. 38 Contenente «Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania». 39 Recante «Interventi straordinari per superare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e per garantire l'esercizio dei propri poteri agli enti ordinariamente competenti». 40 A. DE QUATTRO, L’emergenza rifiuti in Campania: emergenza reale o assenza di programmazione? Le ultime decisioni contenute nel decreto legge 11 maggio 2007, n. 61, in www.ambientediritto.it 41 Si evidenzia che in data 27 giugno 2007, a causa della crisi endemica dei rifiuti nella Regione Campania, la Commissione Europea avviava una procedura di infrazione contro l’Italia i cui esiti sfoceranno, come si vedrà (v. § 2.9), in una condanna da parte della Corte di Giustizia Europea. 42 Si fa riferimento al sito di stoccaggio di Taverna del Re, nel Comune di Giuliano in Campania. 43 Nella provincia di Salerno.

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46

lo scioglimento dei Consorzi di Bacino con

l’attuazione da parte dei Comuni campani di nuovi

Piani per la raccolta differenziata, da elaborare entro

60 giorni pena la nomina di un Commissario ad acta44.

Nel 2008 il nuovo Governo affidò al Sottosegretario di

Stato per l’emergenza rifiuti in Campania il compito di

superare, attraverso le iniziative necessarie, il regime

emergenziale e ritornare al sistema ordinario delle competenze.

Si stabilì, con il decreto legge n. 9045 , la costruzione a

Napoli di un nuovo termovalorizzatore46, l’individuazione di

dieci nuovi siti dove realizzare discariche e la previsione di

pesanti sanzioni per i Comuni inadempienti sul fronte della

raccolta differenziata.

Con l’apertura di nuove discariche nel 200847 e nel 200948

è stato possibile lo smaltimento di circa 125.000 tonnellate di

rifiuti prodotti e il loro incenerimento con recupero di energia49

44 L’iniziativa governativa mirava a ripristinare le ordinarie condizioni di raccolta dei rifiuti attraverso il superamento del contesto emergenziale e del supporto offerto dalla struttura commissariale, in adesione alle sollecitazioni della Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e dagli organismi dell’Unione Europea. 45 Recante «Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile». 46 In aggiunta al termovalorizzatore di Salerno, a quello di S. Maria La Fossa e a quello di Acerra, i cui lavori di realizzazione erano quasi completati. 47 Le discariche di Savignano Irpino (AV) e Sant’Arcangelo Trimonte (BN). 48 Le discariche di San Tammaro (CE), Chiaiano (NA) e Terzigno (NA). 49 Si v. l’indagine di controllo effettuata dalla Corte dei Conti, 2010, pp. 28-29

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47

favorendo, in tal modo, il progressivo normalizzarsi della

situazione50.

Figura 1 - Localizzazione di discariche in Campania nel 2008 (Fonte: Ecoalfabeta)

Al fine del rientro nel regime di gestione ordinaria dei

rifiuti, il decreto legge n. 195 del 2009 51 ha disposto, a

50 E’ quanto emerge dalla Prima relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge n. 123 del 14 luglio 2008, redatta dal Sottosegretario di Stato per l’emergenza rifiuti. 51 Contenente «Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed alla protezione civile».

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48

decorrere dal 31 dicembre 2009, la cessazione dello stato di

emergenza in Campania.

Il decreto ha previsto il subentro delle autorità

amministrative e territoriali nelle attività in precedenza svolte

dal commissariamento e ha trasferito la gestione normale dei

rifiuti alla competenza delle singole Province campane.

Nonostante la cessazione dello stato di emergenza, sono

ancora presenti carenze nel sistema di raccolta e gestione dei

rifiuti, in quanto manca un ciclo completo di trattamento tale

da consentire lo sfruttamento integrale di tutte le componenti

del rifiuto. Tale profilo ha acquisito maggior rilievo alla luce

della condanna inflitta allo Stato italiano dalla Corte di

Giustizia CE52, in conseguenza dell’inadempimento degli artt. 4

e 5 della direttiva quadro n. 2006/12/CE (recepita nel nostro

ordinamento per mezzo del Testo Unico Ambientale), che

obbliga gli Stati membri ad adottare misure necessarie ad

assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti, senza pericolo

per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio per

l’ambiente, attraverso una rete adeguata di impianti di

trattamento e smaltimento.

Sono queste le cause che conducono all’ultima crisi dei

rifiuti avvenuta nel 2010: il decreto legge n. 19653 ha rimodulato

la scelta dei siti dove realizzare le discariche (effettuata dal

52 Sentenza C-297/08 del 4 marzo 2010. Si v. § 2.9 53 Recante «Disposizioni relative al subentro delle amministrazioni territoriali della regione Campania nelle attività di gestione del ciclo integrato dei rifiuti».

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49

precedente decreto legge n. 90 del 2008) e ha nuovamente

introdotto la possibilità per il Presidente della Regione di

procedere alla nomina di commissari straordinari54.

2.4 La Legge regionale n. 4 del 2007: aspetti innovativi e

critici

La legge regionale n. 4 del 2007, recante «Norme in materia

di gestione, trasformazione, riutilizzo dei rifiuti e bonifica dei siti

inquinati», è apparsa il risultato di una scelta politico-legislativa

finalizzata a innovare la normativa di settore per raccogliere in

modo organico i principi di diritto ambientale e ripristinare il

regime ordinario di gestione dei rifiuti55.

In attuazione della normativa nazionale vigente e nel

rispetto delle norme comunitarie, la nuova legge regionale ha

disciplinato in particolare tre aspetti cardini:

ha regolamentato l’attività di gestione del ciclo

integrato dei rifiuti basato sull’individuazione, la

messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino

ambientale dei siti inquinati sul territorio regionale;

ha individuato le funzioni e i compiti amministrativi

che richiedono l’unitario esercizio a livello regionale,

disciplinandone l’organizzazione e la modalità di

svolgimento; 54 Il D.L. n. 90/2008 verrà esaminato nel § 2.9 55 L. COLELLA, op. cit., p. 498.

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50

ha determinato, in applicazione dei principi di

decentramento e di sussidiarietà, differenziazione ed

adeguatezza di cui all’articolo 118 della

Costituzione, le funzioni e compiti amministrativi, il

cui esercizio è conferito dalla Regione alle Province

e ai Comuni56.

Due sono le principali finalità perseguite dalla legge

regionale del 2007:

favorire la prevenzione e la riduzione dei rifiuti

minimizzando l’impatto ambientale;

assicurare l’autosufficienza regionale della gestione

dei rifiuti attraverso il criterio della

provincializzazione57 della gestione.

La legge stabilisce che la gestione dei rifiuti debba essere

«razionale, programmata, integrata e partecipata»; la gestione del ciclo

dei rifiuti rappresenta un condizione ineludibile di tutela della

salute e di salvaguardia dell’ambiente e del territorio.

Tra le misure previste un’ aspetto di grande interesse è

rappresentato dalla disciplina delle localizzazioni dei nuovi

impianti che devono essere ubicati nelle zone individuate dalle

Province, derogando la disciplina della procedura di

56 L. COLELLA, op. cit., p. 500 57 Ibidem.

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51

valutazione di impatto ambientale (VIA) 58 , prevista

espressamente dalla legge regionale del 1993.

Con la mancata esplicitazione di questa fondamentale

procedura di VIA, la legge n. 4 del 2007 ha escluso così dal

processo decisionale sulla localizzazione degli impianti le

popolazioni locali, in violazione anche del diritto alla

partecipazione ai processi decisionali in materia ambientale59.

Sicuramente l’obiettivo principale del legislatore è stato

quello di superare l’emergenza in Campania provvedendo alla

bonifica e al ripristino dei siti inquinati, ma si è trovato

nell’impossibilità di applicare le nuove disposizioni normative

nella fase commissariale, durante la quale al Commissario

straordinario sono stati attribuiti poteri in deroga alla

normativa vigente. Ne è conseguito che la legge non ha inciso

direttamente sulla risoluzione della crisi emergenziale e non ha

nemmeno rappresentato l’atto presupposto per la redazione del

nuovo Piano regionale.

58 La VIA nasce come strumento per individuare, descrivere e valutare gli effetti diretti ed indiretti di un progetto sulla salute umana e su alcune componenti ambientali quali la fauna, la flora, il suolo, le acque, l’aria, il clima, il paesaggio e il patrimonio culturale e sull’interazione fra questi fattori e componenti. 59 Secondo la convenzione di Aarhus, i cittadini hanno il diritto di essere informati della situazione esistente sul proprio territorio ed è compito delle autorità fornire informazioni e motivare i cittadini a sviluppare un atteggiamento e forme di comportamento responsabili. Conformemente alla direttiva 2003/35/Ce, gli Stati membri provvedono affinché al pubblico vengano offerte tempestive ed effettive opportunità di partecipazione alla preparazione e alla modifica o al riesame dei piani ovvero dei programmi che devono essere elaborati.

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52

2.5 La gestione dei rifiuti in Campania

Un aspetto interessante della normativa sulla gestione dei

rifiuti riguarda le modalità della raccolta dei rifiuti urbani. In

questo settore, infatti, per anni i Comuni della Campania hanno

operato attraverso 18 Consorzi di Bacino e il sistema di

trattamento e smaltimento dei rifiuti risultava articolato in

impianti di trattamento meccanico-biologico60, in discariche e

in siti di stoccaggio 61 . I fattori che hanno determinato le

maggiori problematiche gestionali62 sono stati:

un’eccessiva frammentazione dovuta a troppi

gestori;

una bassa capacità di trattamento da parte dell’unico

termovalorizzatore in funzione (quello di Acerra)63;

la limitata funzionalità degli impianti di trattamento

meccanico-biologico;

60 Il trattamento meccanico-biologico (TMB) è una tecnologia di trattamento a freddo dei rifiuti indifferenziati che sfrutta l'abbinamento di processi meccanici a processi biologici quali la digestione anaerobica e il compostaggio. Appositi macchinari separano la frazione umida (l'organico) dalla frazione secca (carta, plastica, vetro ecc.); quest'ultima frazione può essere in parte riciclata oppure usata per produrre combustibile derivato dai rifiuti (CDR). 61 Sul punto v. il Piano regionale rifiuti urbani della Regione Campania, 2007, p. 53, in www.redazione.regionecampania.it. 62 V. Proposta di Piano regionale per la gestione dei rifiuti urbani della Regione Campania, 2011, pp. 51-52, in www.orr.regione.campania.it. 63 Il primo inceneritore di Acerra è diventato operativo soltanto nel marzo 2010 e il suo funzionamento è stato ostacolato dalla mancanza di adeguate infrastrutture per la differenziazione e il trattamento dei rifiuti. Si v. Proposta di Risoluzione comune del Parlamento europeo sull'emergenza rifiuti in Campania, 2011, in www.europarl.europa.eu

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53

l’insufficienza di impianti per il recupero energetico

che ha costretto i Comuni ad inviare i rifiuti fuori

Regione a costi elevati64;

la scarsa diffusione della raccolta differenziata;

i pochi sforzi compiuti nella riduzione dei rifiuti e

nel riciclaggio dei rifiuti, con conseguente utilizzo

indiscriminato delle discariche;

Di fronte a tale inefficienza il legislatore nazionale ha

dovuto predisporre misure ad hoc per incentivare la raccolta

differenziata; pertanto, nei centri più popolati si è attuata

prevalentemente la raccolta dei rifiuti con cassonetti stradali,

mentre nelle aree a bassa densità abitativa si è applicato il

sistema di raccolta al domicilio.

Le competenze e funzioni in materia di gestione e raccolta

dei rifiuti spettano ai Comuni che fissano le disposizioni per

assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della

gestione dei rifiuti urbani, le modalità del servizio di raccolta e

il trasporto dei rifiuti per favorire un loro recupero. Accanto a

queste funzioni di carattere gestionale, i Comuni dispongono

anche di funzioni provvedimentali, in quanto hanno la facoltà

di adottare le ordinanze contingibili ed urgenti. Tali ordinanze

64 Tali dati sono forniti dal rapporto dell’ AMRA (centro di competenza nel settore di Analisi e Monitoraggio del Rischio Ambientale), Scenari di gestione di rifiuti solidi urbani in regione Campania, 2008, in www.amracenter.com

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54

hanno natura eccezionale e temporanea e non possono in alcun

modo derogare le altre norme in materia ambientale65.

La legge n. 4 del 2007 ha previsto un particolare piano

regionale per la gestione dei rifiuti, il c.d. P.R.G.R. Si tratta di

uno strumento di pianificazione a diretta finalità ambientale66,

che individua la modalità di intervento ottimale per garantire

una gestione ordinaria dei rifiuti e il superamento delle criticità

emergenziali, che, come è noto, hanno giustificato deroghe alla

normativa regionale.

Bisogna ricordare che la Regione Campania negli ultimi

anni non ha svolto tali poteri di pianificazione e il Governo,

con il decreto n. 90 del 2008, ha affidato al Capo della

protezione civile la predisposizione di un super piano

denominato “piano antirifiuti”, proprio per la sua

connotazione strategica.

Dopo queste precisazioni occorre sottolineare come la

gestione dei rifiuti interessa soprattutto il territorio e la vita

delle città; di conseguenza la centralità di un Piano di gestione

nella regione Campania può consentire una maggiore attività di

riciclaggio ed una collocazione degli impianti più precisa,

tenendo conto delle destinazioni urbanistiche del territorio

65 A confermarlo è stata una recente decisione della Corte di Cassazione (sentenza 7 luglio 2008, n. 27505) che ha chiarito che la norma di cui all’art. 191 del D.Lgs. 152/2006, che consente al Sindaco in via straordinaria di emettere ordinanze contingibili ed urgenti, vada interpretata nel senso che possono essere derogate soltanto le norme relative alle forme di smaltimento dei rifiuti. Si v. il cap. 3. 66 Come ha avuto modo di ribadire la giurisprudenza della Corte di Giustizia, l’obbligo di elaborare i piani di gestione dei rifiuti rappresenta per lo Stato membro un “obbligo di risultato” (v. sentenza 2 maggio 2002, C-292/99).

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55

(attraverso il coordinamento con gli strumenti di pianificazione

urbanistica) e la tutela dell’ambiente.

Grafico 1 - Produzione totale di rifiuti urbani per Regione nel 2009 La produzione di rifiuti in Campania ammonta a poco meno di 2.800.00 tonnellate l’anno. E’ quarta dopo la Lombardia, il Lazio e l’Emilia Romagna.

(Fonte: ISPRA)

Piemonte

Valle d'Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige

Veneto

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

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56

Grafico 2 - Produzione totale di rifiuti urbani in Italia nel 2009

(Fonte: ARPAC)

2.6 Il Decreto Legge n. 90 del 2008: un diritto ambientale

speciale per la Campania

Nel corso della lunga storia dell’emergenza rifiuti in

Campania necessita un particolare approfondimento il decreto

legge n. 90 del 2008, c.d. «decreto rifiuti», predisposto dal

Governo italiano per superare la gestione commissariale in

Campania.

Con questo decreto è stato istituito il Sottosegretario di

Stato (in luogo del Commissario straordinario) nella persona

del Capo del Dipartimento della protezione civile, a cui è stato

attribuito il coordinamento della complessiva azione di

gestione di rifiuti nella Regione Campania e a cui sono stati

0

5.000.000

10.000.000

15.000.000

20.000.000

25.000.000

30.000.000

35.000.000

Nord

Centro

Sud

ITALIA

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57

conferiti poteri speciali67, che vanno oltre i tradizionali poteri in

deroga conferiti al vecchio Commissario.

Il sistema ordinario delle competenze previsto dalla legge

regionale n. 4 del 2007 è stato completamente derogato e gli

Enti locali sono stati investiti di competenze marginali che non

incidono sulla gestione dell’emergenza.

Il decreto ha previsto l’allestimento di discariche e la

costruzione di termovalorizzatori, l’impiego dell’ Esercito a

tutela delle aree allestite per gli impianti qualificate come «aree di

interesse strategico nazionale»68.

Ha stabilito, al fine di evitare ritardi ed azioni di proteste

anche da parte delle comunità locali e impedire il continuo

svilupparsi di incendi dei rifiuti, che il personale delle Forze

Armate, impiegate a presidio delle aree utili alla gestione

emergenziale, agisca con le funzioni di agente di pubblica

sicurezza con la possibilità di poter procedere all'identificazione

e all'immediata perquisizione sul posto di persone e mezzi di

trasporto.

67 L’art. 18 del D.L. n. 90 del 2008 consente la deroga a tutte le leggi che regolano l’attività di gestione dei rifiuti. Il Commissario può agire anche in contrasto con i fini predeterminati dal legislatore. Si v. A. LUCARELLI e A. PIEROBON, Governo e gestione dei rifiuti. Idee, percorsi, proposte, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 2009, p. 416 68 Numerose discariche sono state dichiarate aree di interesse strategico, per cui è stato impedito ai cittadini, ai Sindaci e alle autorità locali, compresa la polizia, di verificare cosa vi venga effettivamente trasportato. Così nella Proposta di Risoluzione comune del Parlamento europeo sull'emergenza rifiuti in Campania, 2011, in www.europarl.europa.eu

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58

In verità il decreto n. 90 si presenta, secondo alcuni

ambientalisti e una parte di magistrati69, incompatibile con la

Costituzione e le leggi nazionali ed europee.

Un primo punto critico riguarda le deroghe alla

competenza territoriale dell'autorità giudiziaria 70 : nei

procedimenti relativi ai reati riferiti alla gestione dei rifiuti ed ai

reati in materia ambientale nella Regione Campania, anche se

già pendenti, la competenza è attribuita al Procuratore della

Repubblica presso il Tribunale di Napoli fino al termine dello

stato emergenziale (la c.d. «Superprocura»)71.

Alla Procura di Napoli, di fatto, sono stati trasferiti

nell’arco di 19 mesi tutti i fascicoli riguardanti le 11 procure

campane in merito ai reati ambientali. Sono stati così sollevati

dubbi di incostituzionalità di un decreto in contrasto con

l’articolo 25 della Costituzione, relativo alla pre-costituzione del

giudice naturale, perché sottrae una serie di procedimenti già

instaurati al giudice competente per legge e con l’ articolo 102

della Costituzione, sul divieto di istituire giudici straordinari o

speciali, perché favorisce l’introduzione di giudici con funzioni

69 Si tratta delle osservazioni, rivolte al Consiglio Superiore della Magistratura,

formulate da 75 magistrati della Procura della Repubblica di Napoli, in relazione ad una possibile lettura costituzionalmente orientata delle norme con le quali il decreto legge n. 90 del 2008 modifica radicalmente, per il territorio della regione Campania, l’assetto del procedimento e del processo penale in tema di reati ambientali nonché, almeno in parte, anche le norme dell’ ordinamento giudiziario in tema di poteri del dirigente dell’ Ufficio di Procura. 70 G. AIELLO, La gestione dei rifiuti nei territori in cui vige lo stato di emergenza. Aspetti Tecnici ed Operativi, 2009, in www.lexambiente.com. 71 F. PASTORE, La «Superprocura» per l’emergenza rifiuti in Campania nella dialettica tra potere legislativo e potere giudiziario, 2008, in www.forumcostituzionale.it

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59

straordinarie, in contrasto con il principio di unità della

giurisdizione72.

Un secondo punto critico riguarda l’introduzione di nuove

fattispecie di reati all’articolo 2 73 , in parte considerato

incostituzionale perché in contrasto con il principio di

uguaglianza garantito dall’articolo 3 della Costituzione74.

Ne deriva che il decreto legge n. 90 sembrerebbe aver

dato vita ad un «diritto ambientale speciale per la Campania»75, in

quanto i nuovi reati e le nuove disposizioni sono state applicate

solo ai cittadini campani, vigendo nel territorio un diritto

diverso da quello di altre Regioni76.

Una forte contraddizione contenuta nel decreto riguarda i

rapporti tra valutazione di impatto ambientale (VIA), cittadini

ed Enti Locali. La procedura di VIA su impianti e discariche

72 L. ZOPPO, L. VENTRELLA, La giurisdizione in materia di gestione dei rifiuti nel contesto emergenziale in Campania. Evoluzione della giurisprudenza amministrativa e recenti arresti, in «Rassegna Avvocatura dello Stato», vol. LXI, fasc. 4, 2009 73 Art. 2 lettera a) intralcio all’azione di gestione rifiuti; b) distruzione, deterioramento e il rendere inservibili gli impianti e gli strumenti connessi alla gestione dei rifiuti; c) l’introduzione abusiva nella aree e negli impianti connessi all’attività di gestione dei rifiuti. 74 La Corte Costituzionale, con sentenza n. 83/2010, ha però chiarito che «i soggetti tutelati dalle disposizioni sanzionatorie sono le popolazioni coinvolte, di volta in volta, dall’emergenza rifiuti. Il legislatore ritiene tali popolazioni meritevoli di una tutela rafforzata in ragione della situazione specifica in cui esse si trovano, che conferisce alle condotte illecite previste una maggiore offensività. Risulta pertanto rispettato il criterio generale di applicazione del principio di uguaglianza, che impone la disciplina diversa in situazioni diverse, identificate in modo non irragionevole dal legislatore». 75 L. COLELLA, op. cit., p. 522. Sul tema anche Stefano Rodotà, giurista e politico italiano, ha parlato di «un diritto “speciale” fondato su una sostanziale sospensione di garanzie fondamentali». 76 L’unica disposizione destinata ad operare nell’intera nazione è l’art. 4, che devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie attinenti alla gestione dei rifiuti. Si v. M. SITONGIA, L. VENTRELLA, L’art. 4 d.l. 90/2008 sulla giurisdizione in materia di emergenza rifiuti in Campania. La genesi e le prime letture della Corte di Cassazione, in «Rassegna Avvocatura dello Stato», vol. LXI, 2009, p. 217 e ss.

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60

infatti, doveva concludersi, secondo quanto previsto dal

decreto, entro sette giorni, un tempo troppo esiguo rispetto ai

90 giorni previsti dalla normativa che regolamenta la

procedura. Una deroga 77 che ha rappresentato un forte

contrasto con la convenzione sull’accesso alle informazioni e

partecipazione da parte dei cittadini ai processi decisionali che

coinvolgono il territorio.

Al quadro così delineato dal decreto n. 90, è seguito il

decreto legge n. 172 del 2008 78 , che ha rappresentato un

concreto passo avanti verso il superamento dell’emergenza,

prevedendo incentivi al riciclaggio dei rifiuti, l’arresto in seguito

all’abbandono di rifiuti pericolosi e campagne di

sensibilizzazione per la popolazione.

2.7 Il principio di sussidiarietà nel contesto emergenziale

La vicenda dei rifiuti in Campania ci fornisce un modello

esemplificativo della natura incerta del principio di

sussidiarietà.

77 Sul punto si v. TAR Lazio, Sez. I, 18/01/2010, n. 319, «La vicenda dell’emergenza rifiuti in Campania, esibisce la presenza dei presupposti giustificativi non soltanto ai fini dell’adozione di provvedimenti amministrativi di carattere emergenziale, ma anche per l’introduzione di una normazione primaria il cui carattere di necessaria specialità derogatoria rispetto al vigente quadro di disciplina trova necessario fondamento nell’esigenza di fronteggiare un’evenienza avente elevatissimo carattere di allarme sociale e di pericolosità igienico-sanitaria». 78 Contenente «Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, nonché misure urgenti di tutela ambientale».

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61

Tale principio rappresenta il criterio generale di

ripartizione delle funzioni amministrative tra Stato, Regioni ed

Enti locali ed è stato costituzionalizzato (all’articolo 118) con la

riforma del titolo V della Costituzione: il principio si manifesta

dal basso verso l’alto (prima Comuni, poi Province, infine

Regioni), in una prospettiva che contempla l’astensione del

livello statale di fronte all’attivismo regionale locale79.

Secondo l’opinione maggioritaria 80 l’articolo 118 della

Costituzione non sarebbe norma immediatamente precettiva,

ma postula l’emanazione di una legge ordinaria. Ad avviso della

Corte Costituzionale81, poi, la legge avente ad oggetto il riparto

delle funzioni amministrative può essere emanata dallo Stato

anche nelle materie di competenza legislativa concorrente o

regionale.

Emerge il problematico rapporto tra il principio di

sussidiarietà e le emergenze statali unitarie garantite dall’articolo

118 comma 1, secondo il quale le funzioni amministrative,

generalmente attribuite ai Comuni, possono essere allocate ad

un livello di governo diverso per assicurare un esercizio

unitario. Uno degli strumenti attraverso il quale è possibile

perseguire le esigenze unitarie è il coordinamento tra gli enti82.

79 C. BASSU, Emergenza rifiuti a Napoli: la doppia faccia della sussidiarietà, in «Rivista giuridica dell’ambiente», 2009, fasc. 2, p. 407 80 In questo senso Corte Cost. n. 43/2004 81 Sentenza n. 303/2003 82 Individuato dalla stessa Corte Costituzionale, nella sentenza n. 303/2003, quale modalità procedimentale che garantisce il contemperamento tra interessi riferibili ai diversi livelli di governo del territorio.

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62

Non sempre però tale modello consente di perseguire le

esigenze unitarie83; ne sono infatti un esempio le disfunzioni

relative all’emergenza rifiuti in Campania.

La vicenda campana dimostra proprio l’altro lato della

sussidiarietà rappresentato dallo Stato, che può esercitare la

massima ingerenza, può surrogarsi a soggetti inadempienti che

dimostrano di non saper padroneggiare una situazione

emergenziale.

La disciplina introdotta dalle ordinanze presupponeva un

efficace e tempestivo coordinamento tra i vari livelli di

governo84, obiettivo questo rimasto solo sulla carta perché le

comunità territoriali si sono fatte portavoce dell’effetto

NIMBY 85 opponendosi alla locazione degli impianti nei siti

individuati dal Commissario delegato.

Il difetto di comunicazione tra livelli di governo nei diversi

momenti della gestione amministrativa ha portato a scontri di

potere nelle fasi di crisi. È naturale che l’intervento invasivo

dello Stato (si pensi solo all’impiego di forze militari) sia

percepito con insofferenza dalla cittadinanza. In questo senso

83 In particolare, proprio la ragione della sussidiarietà, tesa a favorire un maggiore coinvolgimento delle comunità interessate, pregiudica, talvolta, la fisiologica applicazione del principio in quanto vengono in rilievo le esigenza solidaristiche tutelate da varie disposizioni della Carta Costituzionale (artt. 2, 5, 118 e 120). 84 Così M. FRANCAVILLA, Sussidiarietà e leale collaborazione alla prova dei fatti: l’emergenza rifiuti in Campania, in «Corriere giuridico», vol. XXV, fasc. 3, 2008, p. 303 85 Con NIMBY (acronimo inglese per Not In My Back Yard, lett. "Non nel mio cortile") si indica un atteggiamento che si riscontra nelle proteste contro opere di interesse pubblico che hanno, o si teme possano avere, effetti negativi sui territori in cui verranno costruite (come ad esempio le discariche).

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63

la configurazione di un modello di «sussidiarietà integrata» 86

poteva forse consentire il raggiungimento di opzioni decisionali

condivise, invece di un accentramento delle competenze in un

unico centro decisionale.

Forse proprio il ricorso ad un modello di

amministrazione incentrato sul principio di sussidiarietà

orizzontale, quale criterio ordinatore della società, che consenta

di riconoscere ai singoli cittadini un ruolo di amministratori

attivi, potrebbe agevolare il superamento della situazione di

grave inefficienza che ha colpito la comunità campana.

2.8 La fine di un’emergenza? Riflessioni sulla nuova

“gerarchia dei rifiuti”

Nonostante i dubbi di costituzionalità che il decreto n. 90

del 2008 ha sollevato, le misure in esso contenute hanno fatto

registrare importanti miglioramenti nella Regione Campania. La

crisi dell’emergenza rifiuti intesa nella sua fase più acuta può

forse ritenersi conclusa, ma l’incapacità di gestire l’emergenza

in via ordinaria è tutt’ora un problema.

Sul piano formale, con il decreto legge n. 195 del 200987, è

stata disposta la fine dell’emergenza rifiuti in Campania a far

86 C. BASSU, op. cit., p. 408. 87 Recante «Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed alla protezione civile».

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64

data dal 31 dicembre 2009, ma negli ultimi mesi del 2010 si è

manifestata ancora l’ennesima crisi dei rifiuti, che ha indotto lo

Stato ad adottare, ancora una volta, un provvedimento speciale:

il decreto legge n. 196 del 201088.

In base a tale decreto, al Presidente della Regione

Campania è stato affidato il compito di nominare nuovi

commissari straordinari con funzioni di amministrazione

aggiudicatrice, per individuare il soggetto aggiudicatario del

servizio pubblico, individuando le aree occorrenti per il

deposito dei rifiuti89.

Di nuovo si torna alla figura dei Commissari straordinari,

ma questa volta sono nominati ad hoc per i singoli impianti e

per un periodo di 12 mesi, con competenze e poteri in deroga

al diritto ambientale ordinario90.

La risoluzione dell’emergenza rifiuti in Campania, costruita

intorno ad una complessa trama di disposizioni speciali,

deroghe, ordinanze e decreti legge, è destinata a scontrarsi con

88 Contenente «Disposizioni relative al subentro delle amministrazioni territoriali della regione Campania nelle attività' di gestione del ciclo integrato dei rifiuti»; convertito in Legge n. 1/2011. 89 V. Legge n. 1/2011, «Disposizioni relative al subentro elle amministrazioni territoriali della Regione Campania nelle attività di gestione del ciclo integrato dei rifiuti». Tale legge ha concesso alla Regione Campania, per poter uscire dalla crisi, 150 milioni di euro provenienti dal FAS (Fondo per la aree sottoutilizzate) per realizzare impianti di trattamento volti a ridurre i volumi dei rifiuti conferiti in discariche. 90 In deroga alle disposizioni relative alla valutazione di impatto ambientale (VIA), di sui al D.Lgs. n. 152/2006, per la valutazione relativa all’apertura delle discariche ed all’esercizio degli impianti, i Commissari straordinari dovranno procedere alla convocazione della Conferenza dei servizi, che è tenuta a rilasciare il proprio parere. Sono previsti poteri sostitutivi dei Commissari e da ultimo si pronuncia il Consiglio dei Ministri nel caso in cui il parere della Conferenza sia negativo.

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65

l’attuazione della direttiva europea sui rifiuti n. 98 del 200891,

che introduce una nuova «gerarchia dei rifiuti», dalla quale si

evince un ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore

opzione ambientale nella politica di gestione dei rifiuti92, al fine

di perseguire determinati obiettivi:

ridurre gli impatti per l’ambiente e la salute nella

produzione e nella gestione dei rifiuti;

ridurre gli impatti complessivi dell’uso delle risorse e

migliorarne l’efficacia;

tendere verso una società europea del riciclaggio con

un alto livello di efficienza delle risorse93.

Al vertice di questa nuova “gerarchia” troviamo la

prevenzione, che comprende tutte quelle misure adottate prima

che una sostanza, materiale o un prodotto sia diventato rifiuto,

consentendo la riduzione della quantità dei rifiuti (anche

attraverso il riutilizzo dei prodotti o l’estensione del loro ciclo

di vita) e gli impatti negativi prodotti sull’ambiente e sulla salute

umana.

Segue poi la preparazione per il riutilizzo, che consiste in

operazioni di controllo, pulizia e riparazione attraverso cui i

91 Direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive. 92 L. COLELLA, La gestione dei rifiuti e la storia dell’emergenza «infinita». Le novità del decreto legge n. 196/2010 e gli obiettivi della direttiva 98/2008: quale futuro per la Campania felix?, in «Diritto e giurisprudenza agraria, alimentare e dell’ambiente», 2011, vol. XX, fasc. 4, pp. 247-248. 93 V. E. RONCHI, Direttiva 2008/98/CEE. Priorità nella gestione dei rifiuti e obiettivi in materia di prevenzione, riutilizzo e riciclo, in www. fondazionesvilupposostenibile.org

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66

rifiuti sono ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze

da utilizzare come combustibili.

Va considerato poi il recupero, come per esempio quello di

energia, il cui principale risultato è quello di permettere ai rifiuti

di svolgere un ruolo utile.

Alla base della gerarchia, infine, troviamo lo smaltimento: la

direttiva 94 sottolinea che gli Stati membri, tra cui l’Italia,

dovrebbero disincentivare lo smaltimento in discarica. E’ una

richiesta rivolta a tutti gli Stati di utilizzare politiche ambientali

volte a promuovere il riutilizzo dei prodotti. Per tale motivo

saranno obbligati, entro il 2015, ad istituire regimi di raccolta

differenziata e inoltre dovranno adottare, entro il 2013, i c.d.

“programmi di prevenzione” dei rifiuti, incentrati sui principali

impatti ambientali e basati sulla considerazione dell’intero ciclo

di vita dei prodotti e dei materiali. Tali programmi dovrebbero

perseguire l’obiettivo di dissociare la crescita economica dagli

impatti ambientali connessi alla produzione di rifiuti.

Disponiamo oggi, a livello comunitario e nazionale, di un

quadro normativo e di indirizzi completi e stimolanti sul tema

della gestione dei rifiuti, ed in particolare sulle possibili

94 In particolare la direttiva 98/2008 (artt. 9 e 29) prevede: - che gli Stati adottino programmi di prevenzione integrati nei piani di gestione dei rifiuti; - che gli Stati membri stabiliscano i parametri qualitativi e quantitativi per monitorare i risultati delle misure di prevenzione e stabilire specifici traguardi; - che le parti interessate e il pubblico abbiano la possibilità di partecipare all’elaborazione di questi programmi.

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67

politiche di prevenzione, che non lascia spazio ad incertezze e

inerzie da parte degli Stati.

In particolare, sarà necessario in Campania, a mio avviso,

gestire in modo sostenibile i rifiuti come attività di pubblico

interesse, che sviluppa il suo raggio d’azione tra la tutela

dell’ambiente, quale valore costituzionalmente protetto e il

governo del territorio.

Le montagne di rifiuti che si riversano per le strade di

quartiere non appartengono alla naturale bellezza della

Campania e devono quindi lasciare il posto al rispetto e alla

valorizzazione dell’immenso patrimonio paesaggistico e

ambientale che contraddistingue questa Regione.

2.9 Campania e rifiuti: un caso ancora aperto

Ancora oggi sentiamo parlare di crisi dei rifiuti in

Campania, nonostante siano trascorsi oramai ben tre anni dalla

cessazione dello stato di emergenza.

L’elemento cha ha maggiormente destato allarme in tutta

la cittadinanza campana (e non solo) è stato l’accumulo

indiscriminato e incontrollato di un elevata massa di rifiuti, la

frequenza degli incendi attivati dalla popolazione e i possibili

rischi di epidemie.

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68

Più volte le Istituzioni italiane hanno tentato di trovare,

con notevole difficoltà, una soluzione ragionevole al problema

dei rifiuti, ma la sensazione attuale è che l’emergenza in

Campania non sia solo un ricordo, ma un caso ancora aperto.

A fronte di oggettive carenze da parte

dell’amministrazione pubblica italiana nella gestione del

fenomeno, si inserisce l’Unione europea nel suo ruolo di

controllo e di guardiano della buona amministrazione negli

Stati membri.

Sono queste le premesse che hanno condotto la Corte di

Giustizia europea, nel marzo 2010, a dichiarare l’Italia

inadempiente per non aver adottato le misure necessarie allo

smaltimento dei rifiuti in Campania.

Per poter capire le ragioni di questa condanna è necessario

ripercorrere, se pur in modo breve, i fatti antecedenti 95 che

hanno condotto a tale epilogo.

Nel 2007, in presenza di una nuova situazione

emergenziale in Campania, la Commissione europea aveva

proposto un ricorso per inadempimento contro l’Italia 96 ,

ritenendo che le misure adottate dal Governo non fossero

95 Per una ricostruzione integrale della vicenda si v. D. CAPUANO, Procedure di infrazione ed emergenza rifiuti in Campania: quali dirette conseguenze di carattere finanziario per lo Stato?, in «Rivista giuridica del Mezzogiorno», vol. XXII, fasc. 2, 2008, p. 511 96 La procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea è delineata dagli artt. 266 e ss. del TCE e permette alle Istituzioni europee di vigilare sulla corretta applicazione del diritto comunitario da parte degli Stati membri. La procedura può concludersi con la comminatoria di onerose ammende, ossia con il pagamento di una somma di denaro per ogni giorno di ritardo.

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69

sufficienti per assicurare un elevato livello di protezione per

l’ambiente e la salute97.

Il Governo, per respingere le accuse della Commissione,

ha addotto l’esistenza di cause di forza maggiore, sostenendo

che l’Italia avrebbe compiuto ogni possibile sforzo per arginare

la crisi, con l’apertura di nuove discariche (ostacolata dalle

azioni di protesta della popolazione) e intraprendendo

iniziative straordinarie di raccolta98.

La Corte di Giustizia, nella sentenza del 4 marzo 201099,

ha rigettato gli argomenti del Governo italiano ritenendo che

gli impianti in servizio in Campania non erano sufficienti per

consentire lo smaltimento dei rifiuti; era infatti necessario che

entrassero in funzione nuove discariche, così come previsto dal

Piano regionale del 1997 e da quelli successivi. La Corte rileva

come non sia stato possibile rimediare alla carenza di impianti

nemmeno con la collaborazione delle Regioni italiane e di altri

Stati membri (come la Germania, dove sono stati spediti

ingenti quantitativi di rifiuti).

97 A sostegno del proprio ricorso la Commissione aveva contestato all’Italia di aver violato la direttiva rifiuti del 2006, per non aver creato una rete adeguata di impianti di smaltimento improntata al criterio di prossimità geografica. 98 Risulta da una costante giurisprudenza della Corte di Giustizia che uno Stato membro non può avvalersi di situazioni interne, come l’opposizione della popolazione locale, per giustificare l’inosservanza degli obblighi comunitari. Causa C-297/08, Commissione c/Italia, § 83. 99 Causa C-297/08, Commissione c/Italia.

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70

La situazione è apparsa ancora più grave avendo la

Campania un tasso di raccolta differenziata dei rifiuti ben più

basso rispetto alla media nazionale100.

La Corte poi ha analizzato un punto fondamentale: la

grande quantità di rifiuti giacenti per le strade ha costituito un

degrado significativo per l’ambiente e per il paesaggio e una

reale minaccia anche per la salute umana101, perché gli accumuli

dei rifiuti hanno provocato una contaminazione del suolo e

delle falde acquifere, il rilascio di sostanze inquinanti non solo

nell’atmosfera, ma anche nell’acqua potabile.

Malgrado la condanna inflitta dalla Corte di Giustizia,

l’Italia non ha provveduto a dare esecuzione alla sentenza e

proprio recentemente, nel gennaio 2012, l’ Unione Europea ha

concesso all’Italia altri cinque mesi di tempo per dare prova che

il nuovo Piano di gestione dei rifiuti in Campania, approvato lo

scorso 30 dicembre, è operativo e funziona concretamente.

L’Italia, in una lotta contro il tempo, dovrà trovare una

soluzione, altrimenti rischia cospicue multe giornaliere, circa

mezzo milione di euro al giorno, da pagare per tutta la durata

della violazione del diritto comunitario, fin dalla prima

sentenza.

100 Si trattava di 55 mila tonnellate di rifiuti che riempivano le strade e 120 mila tonnellate in attesa di trattamento presso gli impianti. 101 Il potere discrezionale degli Stati membri trova un limite: la persistenza di una situazione di fatto che mette in pericolo la salute umana e comporta un degrado per l’ambiente senza l’intervento delle autorità competenti, può rivelare che gli Stati membri hanno oltrepassato il potere discrezionale che è loro conferito (Causa C-297/08, § 97).

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I tecnici del Ministero dell'Ambiente, proprio nei mesi

scorsi, hanno predisposto il provvedimento 102 per rendere

possibile il trasporto dei rifiuti fuori Regione presso impianti

idonei ubicati nel territorio nazionale, prescindendo

dall'accordo delle Regioni interessate.

L’unione Europea si dimostra comunque fiduciosa103 nei

confronti dell’Italia e della Campania in particolare, una fiducia

dimostrata con lo sblocco di una parte dei fondi UE di

coesione per lo sviluppo regionale che erano stati congelati

proprio in attesa del nuovo piano campano.

Dunque è chiaro come per l’Europa i rifiuti debbano

essere considerati una vera e propria risorsa da valorizzare e

non come un elemento problematico della nostra società.

102 Sarà possibile fino al 31 dicembre 2012 avviare i rifiuti trattati negli impianti della Campania verso altre Regioni a prescindere «dall'osservanza dei passaggi procedimentali» contenuti nel D.L. n. 196/2010 che imponeva al Governo di promuovere, nell'ambito della conferenza Stato-Regioni, un accordo interregionale volto allo smaltimento dei rifiuti campani. 103 Secondo uno studio della Commissione Europea, pubblicato il 13 gennaio 2012, una piena attuazione della legislazione UE sui rifiuti consentirebbe di risparmiare 72 miliardi di euro l’anno, incrementando di 42 miliardi di euro il fatturato annuo del settore che gestisce i rifiuti e del settore del riciclaggio, creando oltre 400.000 posti di lavoro entro il 2020.

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Tabella 2 - Sintesi dei principali provvedimenti normativi adottati nell’ambito dell’emergenza rifiuti

1993

Legge regionale n. 10: disciplina per la prima volta la gestione dei rifiuti in Campania e fissa gli obiettivi e le procedure per l’attuazione del Piano di smaltimento rifiuti.

1994

Le discariche vengono chiuse a seguito di ordinanze sindacali e ritardi dovuti alla mancata adozione del Piano per lo smaltimento rifiuti previsto dalla legge regionale del 1993.

1994

D.P.C.M. 11/02: viene dichiarato lo stato di emergenza nel settore smaltimento rifiuti nella Regione Campania.

1996

O.P.C.M. 18/03 n. 2425: nomina di un commissario di Governo per la predisposizione di un piano di intervento di emergenza

1997

La pianificazione impiantistica viene assunta dal Commissario Presidente della Regione Campania e viene approvata la stesura finale del Piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti

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1997

A partire dal questo anno e fino al 2003, con cadenza annuale, si procede alla proroga dello stato di emergenza.

1998

O.P.C.M. 31/03 n. 2774: viene approvato il Piano rifiuti con la previsione di appaltare il sistema di smaltimento dei rifiuti in Campania

2000

O.P.C.M. 23/11 n.3095 e 22/12 n. 3100: sono riconfermati i poteri al Presidente della Regione e al Prefetto di Napoli.

2001

I Prefetti delle Province sono tenuti ad individuare con urgenza dei siti idonei per lo smatimento, in considerazione dell’aggravarsi della situazione igenico-sanitaria.

2004

OPCM 27/02 n. 3341: nomina di un nuovo Commissario delegato per il superamento dell’emergenza.

2005

D.L. 17/02 n. 14: misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dei rifiuti nella Regione Campania.

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74

2006

D.L. 9/10 n. 263: misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella Regione Campania. Il Piano regionale dei rifiuti viene predisposto ad opera del Commissario che può avvalersi delle strutture nazionali del Servizio nazionale della protezione civile.

2007

Legge regionale n. 4: norme in materia di gestione, trasformazione, riutilizzo dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati.

2007

D.L. 11/05 n. 61: interventi straordinari per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania.

2007

O.P.C.M. 3601: nomina del Prefetto di Napoli come Commissario delegato per il superamento dell’emergenza.

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75

2008

D.L. 23/05 n. 90: misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile. Incarico di Sottosegretario di Stato al Capo del Dipartimento di Servizio civile. I siti connessi allo smaltimento vengono qualificati come aree di interesse strategico nazionale.

2008

D.L. 6/11 n. 172: misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania, nonché misure urgenti di tutela ambientale.

2009

D.L. 30/12 n. 195: cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella Regione Campania. Riforma della struttura commissariale, gestione di impianti di selezione e trattamento rifiuti e assegnazione ai Presidenti delle Provincie dei compiti di programmazione del servizio di gestione rifiuti.

2010

D.L. 26/11 n. 196: subentro delle amministrazioni territoriali della Regione Campania nelle attività di gestione del ciclo integrato dei rifiuti

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CCaappiittoolloo 33

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3.1 Le ordinanze extra ordinem

Gli ordinamenti moderni, pur se basati su principi dello

Stato di diritto, di legalità e della tendenziale completezza

dell’ordinamento, conoscono strumenti eccezionali, volti a far

fronte a situazioni imprevedibili o comunque non disciplinabili

a priori con norme specifiche. Tali strumenti, di cui sono di

esempio i provvedimenti di urgenza emanati dal Prefetto «nel

caso di urgenza o per grave necessità pubblica»1 e se «indispensabili per la

tutela dell’ordine pubblico e per la sicurezza pubblica», nonché le

ordinanze contingibili2 ed urgenti emanate dal Sindaco in caso

di «gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini» 3 ,

costituiscono una «valvola di sicurezza»4 dell’ordinamento. Sono,

cioè, espressione di un potere extra ordinem 5 , ritenuto

1 Art. 2 R.D. n. 773/1931, Testo unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza. 2 «Il concetto di contingibilità rinvia ad un evento che, deviando dalla catena regolare degli avvenimenti, non può essere che affrontato con strumenti anch’essi devianti rispetto alla catena regolare dell’attività amministrativa». Così C.G.A., 2/03/2007 n. 97 3 Art. 54 D.Lgs. n. 267/2000, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. 4 Secondo la nota definizione M.S. GIANNINI, Lezioni di diritto amministrativo, Milano, Giuffrè, 1950, p. 102. 5 Cosi A. ANDRONIO, Le ordinanze di necessità e urgenza per la tutela dell’ambiente, Milano, Giuffrè Editore, 2004, p. 2 «Le ordinanze di necessità sono espressione di potestà

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compatibile con il principio di legalità6, basato sul presupposto

dell’urgenza.

È opinione condivisa in dottrina7 che la molteplicità dei

provvedimenti denominati “ordinanze contingibili ed urgenti”,

“ordinanze di necessità e di urgenza”, “ordinanze extra

ordinem”, sia riconducibile ad un unico potere amministrativo,

dotato di caratteristiche unitarie. Il potere di ordinanza

consente all’amministrazione di far fronte ad emergenze nelle

quali non è possibile intervenire mediante le procedure

ordinarie previste dalla legge e ha la funzione di colmare le

lacune dell’ordinamento giuridico 8 . Esso consiste nella

possibilità di adottare provvedimenti dal contenuto non

predeterminato dalla legge (c.d. atipici), ossia procedimenti

tipici, ma in situazioni diverse da quelle previste e secondo

procedure differenti.

Il presupposto per la loro adozione è una situazione

eccezionale di necessità ed urgenza, tale da non consentire il

ricorso a procedure ordinarie. Le ordinanze di urgente

necessità sono, in sostanza, atti generali non predeterminati

extra ordinem e come tali possono disporre praeter legem e perfino contra legem, se pure nel rispetto della Costituzione, delle leggi costituzionali e dei principi generali dell’ordinamento giuridico». 6 Come sottolineato da M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, Milano, Giuffrè, 1993, p. 270, «le ordinanze di urgenza sono provvedimenti amministrativi che, in quanto previsto dalle norme, stanno nel principio di legalità ma costituiscono un eccezione rispetto al principio della tipicità». 7 Si v. E. CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, ed. X, Giuffrè, Milano, 2008, p. 341 8 M.S. GIANNINI, op. cit., pp. 268 e ss.

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78

quanto al contenuto, emanati da autorità amministrative

diverse dal Governo9.

Nell’ambito dei poteri straordinari per fronteggiare

emergenze, la potestà di ordinanza assume alcune

caratteristiche peculiari. Con l’entrata in vigore della

Costituzione sono stati sollevati forti dubbi sulla legittimità dei

poteri riconosciuti al Sindaco e al Prefetto circa l’adozione di

provvedimenti di carattere straordinario per la tutela dell’ordine

e della sicurezza pubblica.

L’attribuzione di tali poteri ad autorità amministrative

diverse dal Governo è stato ritenuto contrario alla

Costituzione, in quanto le ordinanze essendo provvedimenti

idonei ad incidere negativamente sulle libertà individuali,

avrebbero operato sullo stesso piano degli atti legislativi, ma

senza le garanzie previste dagli articoli 76 e 77 della

Costituzione10.

Com’è noto l’art. 77, comma 2 della Costituzione dispone:

«Quando, in casi straordinari di necessità ed urgenza, il Governo adotta

sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve

il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere […]». La

Costituzione disciplina uno strumento per affrontare i casi

straordinari di necessità ed urgenza: il decreto legge.

9 A. ANDRONIO, op. cit., pp. 7 e ss. 10 A. LUCARELLI, A. PIEROBON, Governo e gestione dei rifiuti. Idee, percorsi, proposte, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 2009, pp. 390-394

IILL RREEGGIIMMEE EEMMEERRGGEENNZZIIAALLEE IINN CCAAMMPPAANNIIAA

79

Soffermiamo la nostra attenzione sulle ordinanze previste

dalla legge n. 225 del 1992 che, come abbiamo visto, ha

istituito il Servizio di protezione civile: le ordinanze possono

essere adottate nei casi di «calamità naturali, catastrofi o altri eventi,

che per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e

poteri straordinari, da parte del Presidente del Consiglio dei ministri o del

ministro delegato o anche dal commissario delegato, da parte del sindaco,

da parte del prefetto».

Il ricorso a tale strumento sembrerebbe incostituzionale

perché un organo monocratico, qual è appunto il Presidente

del Consiglio o un Ministro delegato, pone in essere degli atti

che non potranno mai essere assoggettati al sindacato della

Corte Costituzionale, non avendo forza di legge in quanto

derogano, ma non abrogano le leggi ordinarie.

L’intervento della Corte Costituzionale ha fornito una

soluzione definitiva al problema della natura delle ordinanze di

necessità, ammettendone la conformità alla Costituzione11.

Da tempo la dottrina e la Corte Costituzionale hanno

definito la disciplina che renderebbe le ordinanze compatibili

con la Costituzione.

I principi che la delineano12 sono:

11 Sentenze n. 8/1956; n. 26/1961; n. 127 del 1995. 12 A. ANDRONIO, op. cit., pp. 236-248; A. LUCARELLI, A. PIEROBON, op.cit., pp. 390-394

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rispetto delle riserve di legge fissate dalla

Costituzione13;

rispetto dei principi generali dell’ordinamento14;

motivazione congrua ed adeguata;

efficacia limitata nel tempo15;

principio di leale collaborazione;

principio di sussidiarietà16;

proporzionalità rispetto al fine perseguito17;

presenza di un pericolo attuale, concreto,

eccezionale ed imprevedibile, non fronteggiabile

con i mezzi ordinari dell’ordinamento18;

presenza di una situazione di effettiva emergenza19.

13 Proprio il carattere eccezionale delle ordinanze di urgenza implica che esse siano sufficientemente definite nel contenuto, nei tempi, nelle modalità di esercizio: il potere di ordinanza, non può incidere sui settori dell’ordinamento senza che sia specificato il nesso di strumentalità tra lo stato di emergenza e le norme di cui si consenta la momentanea sospensione. Così Corte Cost., sentenza n. 127 del 1995. 14 Cfr. C. Stato, Sez. IV, 8/06/ 2011, n. 3502, «La circostanza per cui una disposizione di legge contempli l’emanazione di atti amministrativi per affrontare eventi emergenziali mediante deroghe ad ogni disposizione vigente, ma nell’ineludibile osservanza dei principi generali dell’ordinamento giuridico non contravviene ad alcuna clausola di costituzionalità dell’ordinamento medesimo, ma si configura come pienamente conforme alla fondamentale esigenza del “buon andamento” dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.), esplicitata a sua volta negli altrettanto necessari requisiti della sua economicità, efficacia e imparzialità». 15 Cosi T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, ord. n. 717/2008; T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, ord. n. 2216/2006; C. Stato, Sez. V, sent. n. 1481/1996: «è illegittimo il ricorso da parte del Sindaco al potere di ordinanza contingibile e urgente quando il provvedimento, in relazione al suo scopo, riveste il carattere della continuità, eccedendo le finalità del momento ed appaia destinato a regolare stabilmente una situazione o un assetto di interessi». 16 Corte Cost., sent. n. 8 del 1956; n. 26 del 1961; n. 4 del 1977; n. 127 del 1995. 17 In altri termini, «per suo tramite non deve essere imposto un sacrificio privato eccessivo quando la salvaguardia dell’interesse pubblico possa essere raggiunta attraverso misure alternative». V. C. Stato, Sez. VI, sent. n 1990/2003. 18 C. Stato, Sez. V, sent. n. 1904/2001; TAR Veneto, n. 4131/2001. 19 Fermo restando che, a fondamento del provvedimento d’urgenza, non è richiesta la sussistenza di un danno, ma il rischio oggettivo che questo si realizzi. Parimenti, non è

IILL RREEGGIIMMEE EEMMEERRGGEENNZZIIAALLEE IINN CCAAMMPPAANNIIAA

81

3.2 Le ordinanze di urgente necessità in materia di rifiuti

Le ragioni di una ricerca sulle ordinanze di necessità

incentrata sulla tutela dell’ambiente risiedono nella peculiarità

dell’oggetto di tutela, che trova la sua fonte in regole e principi

di origine comunitaria, difficilmente derogabili da parte di un

atto amministrativo.

Le ordinanze si inseriscono nella disciplina emergenziale

che caratterizza purtroppo la maggioranza dei criteri normativi

in materia ambientale, a volte, con abusi documentati nella

prassi e nella giurisprudenza, che comportano uno

stravolgimento della loro funzione di rimedio provvisorio20.

L’attività di smaltimento rifiuti occupa una posizione di

primaria importanza nell’ambito della tutela d’urgenza

dell’ambiente. La legislazione ambientale contempla il ricorso

alle ordinanze contingibili ed urgenti in diverse disposizioni; tra

queste troviamo i provvedimenti dell’art. 5 della legge n. 225

del 1992 e quelli aventi ad oggetto speciali forme di gestione

dei rifiuti, di cui all’articolo 191 del Testo Unico Ambientale, il

quale prevede che, in situazioni eccezionali e per periodi di

tempo limitati, la gestione dei rifiuti avvenga in deroga alla

disciplina posta dalla parte quarta del codice stesso, quando ciò

necessario che la situazione pregiudizievole si sia verificata in epoca prossima all’adozione dell’ordinanza, essendo il requisito dell’urgenza riferito al pericolo e non al fatto generatore del rischio (C. Stato, Sez. V, n. 1904/2001; C. Stato, Sez. V, n. 6624/2002; C. Stato, Sez. V, n. 1678/2003). 20 A. ANDRONIO, op. cit., p. 92.

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si rende indispensabile per tutelare la salute dei cittadini e

l’ambiente21.

I provvedimenti contingibili ed urgenti in materia di

gestione dei rifiuti sono stati disciplinati per la prima volta dal

D.P.R. n. 915 del 1982 all’articolo 12 che attribuiva al Sindaco,

al Presidente della Giunta Regionale e al Ministro della Sanità il

potere di «ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di smaltimento

dei rifiuti anche in deroga alla disposizioni vigenti». La norma

consentiva cioè il ricorso temporaneo a speciali forme di

smaltimento di rifiuti, secondo modalità diverse da quelle

previste dalla legge.

Il presupposto per l’adozione di provvedimenti derogatori

era individuato nell’ «eccezionale e urgente necessità di tutelare la salute

pubblica o l’ambiente», specificando che i provvedimenti in deroga

non pregiudicavano in alcun modo i poteri degli organi dello

Stato preposti a tutela dalla sicurezza pubblica.

Con il decreto Ronchi sono state introdotte significative

innovazioni all’articolo 13 che ha abrogato la precedente

disposizione. La nuova norma ha introdotto accanto al

presupposto della «eccezionale e urgente necessità» di tutela della

salute e dell’ambiente, la precisazione che ai provvedimenti

21 Ivi, pp. 222-236. Cfr., C. Stato Sez. V, 17/09/2008, n. 4434, n. 4435 e 4436; 2/12/2002, n. 6624; 3/02/2000, n. 596; 4/11/2009, n. 1726, «La mancata attuazione della normativa in tema di pianificazione per lo smaltimento dei rifiuti comporta una obiettiva situazione di emergenza non fronteggiabile in breve tempo con rimedi ordinari: sotto tale profilo si presenta pertanto legittimo l'esercizio del potere "extra ordinem" previsto dall’art. 13 del d.lgs. n. 22/1997 (oggi, art. 191 d.lgs. n. 152/2006), da parte del Sindaco, al fine di far fronte all'emergenza rifiuti e scongiurare, in tal modo, situazioni di pericolo per la salute pubblica e l’ambiente».

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83

derogatori è possibile ricorrere solo qualora «non si possa

altrimenti provvedere» 22 , per evitare conseguenze di danno o

pericolo per la salute o per l’ambiente. La norma impone,

inoltre, per la prima volta nella storia dell’ordinamento, che

vengano specificatamente indicate nell’ordinanza le

disposizioni a cui si deroga23.

I provvedimenti di urgenza assumono così una

collocazione temporanea: hanno efficacia per un periodo non

superiore a sei mesi e non possono essere reiterai per più di

due volte. Il potere di ordinanza è attribuito al Presidente della

Regione, Presidente dalla Provincia e al Sindaco; il Presidente

della Regione, in particolare, deve intraprendere le iniziative

necessarie a garantire la raccolta differenziata, il riutilizzo, il

riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti e deve ricondurre a

normalità la gestione dei rifiuti una volta superata l’emergenza.

Si tratta di un potere straordinario provvisoriamente

derogatorio del diritto vigente, che ha portata generale e

contenuto non predeterminato dalla legge (libero), ma che nella

prassi attuativa risulta assai scarsamente utilizzato, perche il

22 Secondo la giurisprudenza i presupposti per l’emanazione delle ordinanze contingibili ed urgenti sono, da una parte, l’impossibilità di poter differire l’intervento ad altra data (requisito dell’urgenza) e l’impossibilità di provvedere con gli ordinari strumenti offerti dalla legislazione (requisito della contingibilità) e dall’altra si richiede che “non si possa altrimenti provvedere” così chiarendo la necessità del requisito dell’indispensabilità. Cfr., C. Stato Sez. IV, 13/10/2003, n. 6169; TAR Lazio, Roma, 17/11/2006, n. 12691. 23 A. LUCARELLI, A. PIEROBON, op.cit., pp. 386-389. Questa tipologia di ordinanze si connota, innanzitutto per il carattere derogatorio delle vigenti disposizioni di legge e in esse devono essere indicate «le norme a cui si intende derogare». Cfr., TAR Campania, 25/09/2006, n. 8255.

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84

Governo, per emergenze di livello nazionale, preferisce

ricorrere alla competenza, ben più efficace e organizzata,

attribuita dall’ art. 5 della legge sulla protezione civile24.

L’attuale disciplina contenuta nel Testo Unico Ambientale

riprende, quasi integralmente l’articolo 13 del decreto Ronchi e

non ha introdotto sostanziali innovazioni. Va osservato però

un particolare limite alla capacita derogatoria contenuto nelle

nuove disposizioni; infatti queste ordinanze devono rispettare

non solo i principi generali dell’ ordinamento giuridico, ma

anche i principi fondamentali della materia ambientale25.

Attraverso il decreto legge n. 90 del 2008 le ordinanze

possono ora essere reiterate «per un periodo non superiore a 18 mesi

per ogni speciale forma di gestione dei rifiuti», mentre in precedenza il

limite era «per non più di due volte». Il presupposto per l’adozione

dei provvedimenti non è costituito dal pericolo di un danno a

determinati in interessi pubblici, quanto all’urgenza di

provvedere alla gestione dei rifiuti.

24 A. LUCARELLI, A. PIEROBON, op.cit., pp. 407-409. Sotto ulteriore profilo «le ordinanze adottate in via straordinaria e di urgenza per fronteggiare situazioni di emergenza non richiedono, ai sensi dell’art. 5, comma quinto, della legge n. 225 del 1992, la pedissequa indicazione per estremi delle leggi cui è fatta deroga, ma solo delle principali, così che l’effetto derogatorio va desunto dal complessivo contenuto prescrittivo del provvedimento di necessità ed urgenza in relazione perimetro degli interessi di rilievo pubblico presi in considerazione e agli scopi cui esso è indirizzato». Così sent. C. Stato, 2/09/2011, n. 4916. 25 La giurisprudenza ha precisato che sarebbe infatti contraddittorio che una norma predisposta a tutelare l’ambiente consentirebbe l’emanazione di un provvedimento lesivo dell’interesse pubblico da tutelare. Cfr., Cass., Sez. III, n. 11/11/19994, n. 2538.

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85

3.3. Abuso del potere di ordinanza

Alla luce di quanto è stato esaminato fino ad ora viene da

chiedersi se la situazione in Campania sia addebitabile ad una

normativa imperfetta, oppure se sia stata determinata da un

abuso, attraverso il ricorso a strumenti normativi emergenziali

nel corso di quattordici anni, in particolare con l’adozione di

ordinanze di necessità e di urgenza da parte del soggetto di

volta in volta competente ai sensi della legge n. 225 del 1992.

Tale considerazione invita a riflettere sull’effettiva idoneità

di tali strumenti normativi a perseguire gli obiettivi loro

assegnati che sono, sostanzialmente, di tutela dei diritti

fondamentali della persona e sull’efficacia della disciplina

normativa dei poteri di ordinanza.

Il tratto peculiare della gestione dell’emergenza rifiuti in

Campania è stato l’utilizzo di strumenti straordinari per gestire

una situazione che avrebbe dovuto essere condotta con

strumenti ordinari 26 . Ne risulta, innanzitutto un complicato

quando normativo: circa 120 provvedimenti d’urgenza (decreti

legge, decreti ed ordinanze del Presidente del Consiglio dei

Ministri), emanati tra il febbraio 1994 e l’ aprile 2008 e gran

parte dei quali ancora vigenti.

26 M. GNES, Le ordinanze di protezione civile per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania, in «Rivista giuridica del Mezzogiorno», fasc. 2, 2008, p. 435.

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Il complesso delle ordinanze di urgenza ha così portato

alla sovrapposizione di un vero e proprio sistema

amministrativo e di gestione alternativo a quello ordinario27,

che il giudice amministrativo ha ritenuto in contrasto con le

condizioni stabilite dalla normativa nazionale in materia di

protezione civile, sia per l’incertezza sui tempi della cessazione

del regime di emergenza, sia per l’estensione dei poteri

commissariali dall’attività di raccolta all’intera gestione dei

rifiuti.

La legge n. 225 del 1992 assolve l’esigenza di garantire una

direzione unitaria degli interventi in caso di calamità naturali e

catastrofi evitando che si crei un caos istituzionale, istituendo

un centro unitario per la direzione e il coordinamento di tutte

le pubbliche amministrazioni coinvolte nella crisi28.

Il Consiglio dei Ministri, sulla base di tale legge, può

deliberare lo stato di emergenza determinandone la durata ed

estensione territoriale, indicando le principali norme a cui

intende derogare e anche la motivazione circa la congruità di

ciascuna deroga rispetto all’emergenza da affrontare29.

In questo senso sono state derogate non solo le norme in

materia ambientale, ma anche le stesse norme in materia di

gestione dei rifiuti, ogni qual volta non è stata valutata

preventivamente la possibilità di trovare soluzioni alternative

27 M. GNES, L’emergenza nello smaltimento dei rifiuti e la proposta di istituzione di un’agenzia per il territorio del mezzogiorno, in «Rivista giuridica del Mezzogiorno», fasc. 2, 2010, p. 537. 28 A. LUCARELLI, A. PIEROBON, op.cit., pp. 407-409. 29 Art. 5 L. n. 225/1992.

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adatte ad evitare il sacrificio degli interessi protetti, come

avvenuto in merito all’utilizzo di aree ambientali protette quale

il Parco Nazionale del Vesuvio30.

Il provvedimento di necessità ed urgenza ha per suo

presupposto il pericolo di grave danno che minacci il pubblico

interesse, a causa di una situazione di carattere eccezionale alla

quale non si può far fronte con i mezzi ordinari; ne consegue

che non può essere utilizzato il potere di ordinanza ogni volta

che sia possibile utilizzare un atto ordinario.

L’utilizzo del potere di urgenza per gestire l’emergenza in

Campania non ha comportato soltanto deroghe alla normativa

d’urgenza prevista dalla legislazione, ma addirittura alle stesse

norme derogatorie emanate in modo specifico per fronteggiare

l’emergenza nel settore dello smaltimento rifiuti in Campania31.

La disciplina della gestione dei rifiuti prevede

l’attribuzione di competenze a diversi livelli di Governo per

cercare di mediare tra gli interessi coinvolti: da un lato vi è

quello relativo alla efficiente gestione del sistema dei rifiuti e

dall’altro vi è la c.d. sindrome NIMBY, per cui nessuna

collettività locale desidera avere un impianto potenzialmente

dannoso o inquinante nel proprio territorio. Vengono a

contrapporsi non solo il principio di sussidiarietà con l’esigenza

30 Cons. Stato, Sez. VI, n. 7472/2004, in «Rivista giuridica dell’edilizia», 2005, p. 524. 31 Se si esaminano le ordinanze emanate del 1996 ad oggi si può notare che sì è creato un sistema di ordinanze «catenaccio», nel senso che le nuove ordinanze hanno consentito la deroga a norme di legge e alle stesse deroghe. Così A. LUCARELLI, A. PIEROBON, op. cit., p. 411.

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di gestione unitaria statale dell’emergenza, ma anche i diversi

poteri attribuiti ai numerosi soggetti coinvolti (Commissario

Straordinario, Prefetti, Sindaci)32.

Il caso Campania rappresenta l’esempio del fallimento dei

poteri di urgenza. Già nel 2002, la Corte dei Conti aveva

rilevato il fallimento della gestione straordinaria, il mancato

raggiungimento degli obiettivi programmati, la scarsa

sensibilizzazione delle popolazioni verso una raccolta

differenziata dei rifiuti e la sovrapposizione tra attività

straordinaria legata all’emergenza e l’attività di ordinaria

gestione33.

Si possono trarre due lezioni dall’esperienza campana: la

prima è che l’utilizzo dei poteri d’urgenza, per gestire una fase

che richiede un intervento a lungo termine, può portare alla

completa paralisi della situazione; la seconda è che l’utilizzo

improprio dei poteri d’urgenza ha alterato il sistema delle fonti

del diritto, creando zone nell’ordinamento sottratte al principio

di legalità34.

32 M. GNES, Le ordinanze di protezione civile per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania, in «Rivista giuridica del Mezzogiorno», fasc. 2, 2008, p. 441. 33 Corte dei conti, sez. contr., 19 febbraio 2002 n. 7, in www.corteconti.it. 34 M. GNES, op. cit., p. 445. La Corte Costituzionale ha affermato la fondamentale necessità che in ogni conferimento di poteri amministrativi venga osservato il principio di legalità sostanziale. Tale principio non consente «l'assoluta indeterminatezza» del potere conferito dalla legge ad una autorità amministrativa, che produce l'effetto di attribuire, in pratica, una “totale libertà” al soggetto od organo investito della funzione (sentenze n. 307/2003; n. 32 del 2009 e n. 150/1982).

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La durata e la natura dell’emergenza hanno infatti

determinato una situazione di straordinarietà strutturale, che va

oltre la catastrofe naturale o l’evento eccezionale circoscritto in

un preciso lasso di tempo.

Si è così creato un doppio quadro dell’ordinamento

giuridico: un ordinamento giuridico generale, fondato sul

principio di legalità, ed un ordinamento giuridico parallelo,

fondato su un’incontenibile quantità di ordinanze che hanno

determinato un numero imprecisato di “deroghe” e di

“deroghe delle deroghe”35.

Il principio di legalità, nella sua accezione più generale,

impone all’attività amministrativa di seguire i fini determinati

dalla legge, e si concretizza nell’esigenza che gli atti

amministrativi siano tipici e nominati. Tipici, in quanto

espressamente previsti dalla legge; nominati, poiché ammissibili

solamente in presenza dei presupposti e dei motivi che la legge

stessa indica.

In un ordinamento moderno è il Parlamento ad essere

depositario del potere di rappresentare la volontà generale,

perché la legge, ed il principio di legalità, informano l’esercizio

35 A partire dall’ordinanza n. 2425 del 1996, che affidava al commissario straordinario la stesura del piano per la gestione dei rifiuti campani e la realizzazione delle opere necessarie, ai commissari per l’emergenza rifiuti è stato consentito di operare in deroga: alla normativa sulle espropriazioni e sui vincoli idrogeologici e paesistici; alla normativa sulla partecipazione da parte dei cittadini; alla normativa sulla localizzazione delle opere pubbliche; alla normativa in materia di rifiuti e alla normativa tecnica in materia di discariche; alla normativa in materia di contrattualistica pubblica sia interna sia a livello comunitario; alla normativa sull’impatto ambientale.

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90

dei poteri normativi secondari, permettendo a questo interesse

comune di prevalere su quelli politici, settoriali e contingenti36.

La Corte costituzionale ha affermato, in più occasioni,

l’imprescindibile necessità che in ogni conferimento di poteri

amministrativi venga osservato il principio di legalità

sostanziale, posto alla base dello Stato di diritto. L’atto

amministrativo non deve soltanto trovare un legittimo e

apposito supporto nella legislazione, ma anche la previa

delimitazione del suo possibile contenuto sostanziale37.

Il potere d’urgenza costituisce una restrizione del principio

di legalità, il quale cede di fronte alle esigenze di necessità. E’

richiesto un intervento del potere amministrativo con

contenuti che, seppure non previsti dalle leggi, siano

strettamente utili a fornire un’adeguata tutela degli interessi

pubblici in pericolo38.

36 G. SGUEO, Le ordinanze di necessità ed urgenza. Riflessioni sull’inscrivibilità di un potere fortemente discrezionale in un sistema pubblicistico improntato al garantismo, 2007, in www.diritto.it 37 Con la recente sentenza n. 115/2011, la Corte Costituzionale ha affermato che «non è sufficiente che il potere sia finalizzato dalla legge alla tutela di un bene o di un valore, ma è indispensabile che il suo esercizio sia determinato nel contenuto e nelle modalità, in modo da mantenere costantemente una, pur elastica, copertura legislativa dell’azione amministrativa». 38 R. CAVALLO PERIN, Potere di ordinanza e principio di legalità. Le ordinanze amministrative di necessità ed urgenza, Milano, Giuffrè Editore, 1990, p. 15.

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3.4 La grave violazione dei diritti fondamentali

L’abuso del potere di ordinanza, quindi l’adozione di

ordinanze al di fuori di casi eccezionali e di emergenza si

sostanzia, oltre che nella violazione di norme costituzionali

attributive della competenza allo Stato e autonomie locali, nella

violazione del principio di legalità39, inteso quale garanzia del

fondamento di ogni atto proveniente dal potere esecutivo in

una legge, espressione dell’organo rappresentativo della volontà

popolare.

Il sovvertimento dell’ordine delle competenze fra

Parlamento ed Esecutivo, quando non ne ricorrano i

presupposti (i casi di necessità ed urgenza), si risolve in una

potenziale violazione dei diritti fondamentali.

La vicenda campana dei rifiuti è emblematica della

potenzialità a ledere beni costituzionali come la salute,

l’ambiente, quindi diritti fondamentali, attraverso interventi

normativi eccezionali sfuggiti ad ogni controllo.

La legge n. 225 del 1992, come abbiamo visto, disciplina le

procedure di intervento in casi di eventi eccezionali

garantendo il rispetto del principio di legalità attraverso un

sistema di controlli delle attività amministrative poste in essere.

39 TAR Campania, sent. n. 273/2007: «i provvedimenti contingibili ed urgenti sono emanati per provvedere in una situazione di urgenza e necessità e non hanno un contenuto predeterminato dalla legge, in quanto devono adeguarsi in concreto ai tratti dell’emergenza sulla quale si vuole intervenire. Per effetto di essi, il principio di legalità è compresso nei limiti massimi consessi dall’ordinamento e la deroga al principio di tipicità si traduce in una situazione di necessità ed urgenza».

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L’utilizzo dei poteri emergenziali sulla base di questa

disciplina non pregiudica i diritti fondamentali della persona40,

ma l’abuso di tali poteri ha determinato l’istaurarsi di una

situazione patologica per un lasso di tempo irragionevole,

senza che si attivassero gli strumenti di controllo previsti dalla

normativa.

La conseguenza è ben visibile: tutti i diritti fondamentali

della persona, quali il diritto alla salute, il diritto dall’ambiente

salubre 41 , ma anche la dignità umana e il principio di

uguaglianza sono stati negati, stravolgendo così le finalità dei

poteri di emergenza contenuti nell’articolo 1 della legge

225/1992: «tutelare l’integrità della vita, i beni, gli insediamenti e

l’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità

naturali, da catastrofi o altri eventi calamitosi».

In questo modo l’emergenza rifiuti ha perso i connotati

dell’eccezionalità ed imprevedibilità, abbandonando la

salvaguardia dei principi costituzionali, che non possono essere

sovvertiti nemmeno in un regime emergenziale.

40 L’utilizzo dei poteri d’emergenza in materia di protezione civile, infatti, lede sempre meno frequentemente gli interessi dei privati (i quali generalmente beneficiano dell’attività di protezione civile) e delle Regioni (che richiedono e/o concordano gli interventi con il Dipartimento della protezione civile). Cfr. M. GNES, op. cit., p. 445 41 Si v. Sent. Giudice di Pace di Napoli 27 aprile 2006 sulla lesione del diritto alla salute causato dall'emergenza rifiuti a Napoli per il «disservizio dello smaltimento dell'immondizia, per blocco, chiusura e saturazione dei Centri di Raccolta; fenomeno, questo, di enorme gravita e di risonanza nazionale, che tutti i cittadini locali, nazionali e dell'estero ben conoscono e patiscono per visione diretta, cognizione ed esperienza in prima persona e sulla propria pelle quotidianamente, per il disagio e pericolo alla pubblica e privata salute (incolumità fisica e psichica), causati dal degrado ed abbandono ambientale del territorio cittadino, invaso dapperttutto da cumuli di immondizia di ogni tipo e di qualsiasi genere, riversi per le strade e sui marciapiedi».

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Sono queste le cause scatenanti che hanno portato, nel

gennaio 2012, ad una sentenza simbolica della Corte europea

dei diritti umani di Strasburgo (CEDU), che ha condannato l’

Italia perché il protrarsi dell’emergenza rifiuti in Campania ha

determinato la violazione del diritto al rispetto della vita privata

e familiare e del diritto alla tutela giurisdizionale effettiva.

Una pronuncia che segna, per certi aspetti, una svolta nel

riconoscimento del diritto all’ambiente nel quadro della

giurisprudenza di Strasburgo42.

42 Ricorso n. 30765/08, Di Sarno e altri contro Italia, 10 gennaio 2012. La Corte ha accolto il ricorso di alcuni individui che lavoravano in una zona compromessa da un grave degrado ambientale, non richiedendo come condizione preliminare che gli stessi vivessero nella zona e ha ritenuto che la lesione del diritto si concretizza nei casi di danno ambientale che ha una portata tale da “compromettere il benessere dei ricorrenti”.

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CCaappiittoolloo 44

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4.1 Emergenza rifiuti e danno ambientale

Dal 1994 al 2009, in Campania, è stato dichiarato lo stato

di emergenza a causa della saturazione del sistema dello

smaltimento dei rifiuti. Un numero crescente di prove, tra cui

uno studio regionale dell’ OMS (Organizzazione mondiale della

sanità), dimostrano come l’accumulo dei rifiuti abbia

contaminato il suolo, l’acqua e l’aria, con una serie di agenti

tossici tra cui la diossina1.

E’ difficile stimare in via esaustiva le esternalità prodotte

dalla contaminazione dei rifiuti urbani e pericolosi in

Campania, dal momento che solo alcune zone sono state

ampiamente monitorate.

Uno dei fattori principali che ha inciso sulla qualità del

suolo e sulle altre componenti ambientali come i corsi d'acqua

e le riserve d'acqua sotterranee, è la contaminazione degli

1 Si può definire come l’insieme di sostanze che contengono cloro e si caratterizzano per la difficoltà a sciogliersi nell’acqua, la difficoltà a biodegradarsi, la lunga durata nell’ambiente, e una forte tendenza ad accumularsi negli organismi viventi. Nel 2002 in Campania sono state scoperte enormi concentrazioni di diossina, soprattutto nei prodotti alimentari.

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impianti di stoccaggio dei rifiuti, specialmente a Napoli e

Caserta, le province più colpite.

Nel 2008 l’Arpac2, in occasione della predisposizione del

Piano regionale di bonifica, svolge un monitoraggio sul

territorio e censisce la presenza in Campania di 5.281 siti

contaminati o potenzialmente contaminati3.

Figura 2 - Siti contaminati in Campania

(Fonte: ARPAC)

2 Agenzia Regionale Protezione Ambiente Campania. 3 Sono aree potenzialmente inquinate quelle per cui, a causa di specifiche attività antropiche passate o in atto, sussiste la possibilità che siano presenti sostanze contaminanti (nel suolo, sottosuolo, nelle acque) in concentrazioni tali da determinare un pericolo per la salute pubblica, ma senza che il superamento delle concentrazioni limite sia stato accertato.

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Una parte rilevante di questi siti sono costituiti da aree

industriali dismesse, che necessitano di bonifica, ma diffusa e

difficilmente incontrollabile è la presenza di aree interessate

dalla problematica dell’abbandono incontrollato dei rifiuti.

Come risulta da recenti inchieste della magistratura, solo

negli ultimi cinque anni in Campania sono stati sversati 3

milioni di tonnellate di rifiuti tossici (industriali e radioattivi).

La strategia seguita per trasportare, intermediare e smaltire

illecitamente i rifiuti è quella tipica della tecnica del “giro bolla”

che consiste nel cambiare solo nominalmente l’identificazione

del rifiuto. Ad esempio un solvente tossico destinato a una

discarica per rifiuti pericolosi, dopo il “giro bolla”, nella

migliore delle ipotesi è avviato in una discarica di rifiuti urbani,

ma nella maggior parte dei casi va a finire in discariche illegali

o, ancora peggio, viene recuperato come fertilizzante per

terreni agricoli o disperso in mare4.

In questi ultimi anni da autorevoli fonti competenti, quali

il C.N.R, l’ Istituto Superiore di Sanità, l’ Osservatorio

Epidemiologico della Regione Campania e la stessa

Organizzazione Mondiale della Sanità, era stato ipotizzato un

rapporto di causalità tra l’accumulo di rifiuti tossici in

4 V. la relazione del presidente aggiunto della Corte di Cassazione R. RAIMONDI, L’emergenza rifiuti tossici in Campania. L’obbligo di intervento degli organi di vigilanza, Napoli, 2006, p. 13, in www.napoliassise.it

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Campania, concentrato in particolare in determinate aree5, e

l’incremento in quegli stessi territori di un elevato tasso di

mortalità e di malformazioni.

Sappiamo che l’Italia è un territorio dove sono presenti

molte aree nazionali protette (sono ben 55); 6 di queste si

trovano in Campania 6 , il cui territorio 7 rientra nei siti di

interesse nazionale (Sin) 8 preservati dal Ministero

dell’Ambiente. Tra questi ha suscitato una ferma opposizione

della cittadinanza l’area del Parco Nazionale del Vesuvio, dove

il decreto legge n. 90 del 2008 imponeva la localizzazione di

ben due discariche in una zona rientrante nei siti Natura 2000 e

nella riserva MAB9.

A seguito di un parere negativo della Conferenza dei

servizi e dell’Ente Parco è stata scongiurata l’apertura della

seconda discarica di grandi dimensioni 10 , per allontanare il

5 Alcune zone sono state colpite più di altre, tanto che l’area tra i Comuni di Acerra, Nola e Marigliano è nota come il “triangolo della morte” a causa dell’aumento della mortalità. 6 Il litorale Domitio-Flegreo e l'Agro Aversano, Bagnoli-Coroglio, il litorale Vesuviano, ed i fiumi di Sarno e dei Regi Lagni. 7 Oltre il 25% del territorio è sottoposto a vincoli di tutela ambientale (due parchi nazionali, otto parchi regionali, quattro riserve statali e cinque riserve regionali, due riserve MAB Unesco). 8 I siti d’interesse nazionale (Sin) sono aree del territorio nazionale definite in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, all’impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico e di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali. 9 Natura 2000 è una rete di "siti di interesse comunitario", creata dall'Unione europea per la protezione e la conservazione degli habitat e delle specie, animali e vegetali, identificati come prioritari dagli Stati membri dell'Unione europea. Le riserve MAB, invece, sono aree comprendenti ecosistemi terrestri, marini-costieri, riconosciute a livello internazionale dall’Unesco. 10 Si fa riferimento alle discariche in località Pozzelle (discarica attualmente attiva) e in Cava Vitiello nel Comune di Terzigno.

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pericolo (purtroppo riscontrato) di un’elevata correlazione tra

l’incidenza di malattie e la presenza di discariche di rifiuti

industriali e tossici.

Figura 3 - Mappa dei siti di interesse nazionale (Sin) in Campania.

(Fonte: CNR Campania)

Gli effetti sulla salute11, in seguito alla cattiva gestione dei

rifiuti, sono da tempo oggetto di allarme percepito dalle

popolazioni locali che spesso hanno assunto un ruolo

11 Si v. il report Salute e rifiuti in Campania, 2008, in www.salute.gov.it

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oppositivo nei confronti del Governo, incapace di risolvere la

crisi12. Lo scenario campano così gravemente compromesso ha

indotto i comitati e le associazioni ambientaliste a mobilitarsi

per far sentire la propria voce.

Si può parlare di disastro ecologico? Il danno ambientale

provocato è incalcolabile e difficilmente reversibile13. Secondo

la Cassazione è un concetto inscindibile in tre dimensioni: la

prima è quella personale, che sancisce la lesione del

fondamentale diritto di ogni individuo a vivere in un ambiente

salubre; la seconda è quella sociale, intesa come lesione del

diritto all’ambiente nelle articolazioni sociali nelle quali si

sviluppa la personalità umana; infine la terza, quella pubblica,

quale lesione del diritto-dovere spettante alle Istituzioni centrali

e periferiche. La Suprema Corte ha ribadito, in numerose

sentenze 14 , che «il danno ambientale non consiste solo in una

compromissione dell’ambiente», a causa della violazione delle leggi

ambientali, ma anche contestualmente in un «offesa alla persona

umana nella sua dimensione individuale e sociale».

12 «La situazione relativa al ciclo dei rifiuti in Campania presenta una pericolosa involuzione, che ha determinato il collasso operativo del servizio, con seri rischi per la salute della popolazione», si. v. la Relazione stralcio sulla Campania della Commissione Parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, 2007, in www.senato.it 13 La Suprema Corte di Cassazione, nella sentenza sul caso Seveso ( n. 2515/2002) aveva stabilito che «in caso di compromissione all’ambiente, il danno morale soggettivo, lamentato dai soggetti che abitano e lavorano in detto ambiente e che provino in concreto di aver subito un turbamento psichico a causa delle esposizioni a sostanze inquinanti, è risarcibile autonomamente anche in mancanza di un lesione psico-fisica». 14 Cfr. Cass., Sez. III, sent. n. 2 2539/2002; Cass., Sez. III, sent. n. 439/1994.

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Proprio perché nel danno ambientale è inscindibile

l’offesa ai valori naturali e culturali e la lesione dei valori umani

e sociali, la legittimazione processuale non spetta soltanto ai

soggetti pubblici come lo Stato, le Regioni e gli Enti locali, ma

anche alla persona singola e associata. Le associazioni di

protezione dell’ambiente possono intervenire al processo quali

formazioni nella quali si volge la personalità dell’uomo, titolare

del diritto umano all’ambiente15.

4.2 Strategie di intervento: confronto con altre

Regioni italiane

Il dato dal quale occorre partire al fine di fornire utili e

concrete indicazioni per le future strategie di intervento,

emerge analizzando la situazione nella quale versano alcune

Regioni italiane16.

Rappresenta un nodo critico la carenza di impianti per il

riciclo e il recupero dei rifiuti: una peculiarità non esclusiva

delle Regioni del sud Italia. Ancora oggi, purtroppo,

l’interramento in discarica rimane il sistema più diffuso per il

basso costo di impianto e di esercizio in raffronto agli altri

sistemi, malgrado sia l’opzione meno adeguata dal punto di

vista ambientale.

15 Cass., Sez. III, sent. n. 9837/1996 16 Rapporto rifiuti ISPRA, 2011, in www.isprambiente.gov.it

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La gestione dei rifiuti appare sicuramente meno

problematica in alcune Regioni come Veneto, Lombardia e

Liguria che hanno compiuto passi significativi nell’avvio delle

attività di bonifica, nella raccolta differenziata e nel

monitoraggio da parte degli organi deputati al controllo del

territorio. In particolare la Lombardia rappresenta l’eccellenza

nella termovalorizzazione per la produzione di energia elettrica,

ma anche calore finalizzato al teleriscaldamento17.

Poi vi sono la Basilicata e il Piemonte che non hanno

ancora completamente attuato i piani in materia di ciclo

integrato dei rifiuti18.

La Toscana, invece, si contraddistingue per i buoni

risultati della raccolta differenziata e per l’efficienza del sistema

impiantistico, anche se sono presenti alcune difficoltà relative

sia al trattamento e al recupero dei rifiuti speciali pericolosi che

all’individuazione dei siti per gli impianti, in un territorio di alto

pregio per l’agricoltura di eccellente qualità e per le rinomate

attività produttive.

In Regioni quali la Sicilia, Campania e Puglia, la

percentuale di raccolta differenziata si attesta su valori minimi.

In Campania, in particolare, permangono difficoltà connesse

17 E’ un sistema di riscaldamento a distanza: una grande centrale termica produce calore e lo distribuisce, sotto forma di acqua calda, surriscaldata, vapore o liquidi diatermici ad un quartiere o ad un'intera città. 18 Cresce la raccolta differenziata: al Nord 50%, Centro 24,9% e Sud 19,1%

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alle condizioni emergenziali ancora presenti nelle Province di

Napoli e Caserta19.

Un eccezionale primato è rappresentato da Salerno,

definita come un modello da seguire in tutta la Campania. Un

programma molto avanzato di raccolta e smaltimento rifiuti fa

oggi di Salerno uno dei Comuni più virtuosi di Italia20 basato

sulla raccolta differenziata porta a porta e sulle isole ecologiche

per il deposito di rifiuti ingombranti, attraverso un progetto di

coinvolgimento dei cittadini che prevede ammende per chi non

rispetta le regole.

4.3 Questione rifiuti: una possibile soluzione?

Più volte, sentendo parlare dell’emergenza rifiuti, ci si

chiede quali siano stati i motivi che hanno condotto a

danneggiare fortemente l’ immagine della Campania. Tra questi

troviamo la lunga fase del commissariamento in materia di

gestione dei rifiuti, che ha puntato esclusivamente sulla

realizzazione di impianti di combustibile (CDR) e di

inceneritori, avviando la chiusura di tutte le discariche

disponibili prima che il piano sul ciclo dei rifiuti fosse stato

completato. Il trattamento esclusivo negli impianti CDR ha

19 Rapporto rifiuti ISPRA, 2011, in www.isprambiente.gov.it 20 Salerno è partita con il 9% di raccolta differenziata e in pochissimi anni ha raggiunto il 70%. E’ infatti stata premiata da Legambiente come uno dei Comuni Ricicloni, in www.legambiente.it

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prodotto poi un enorme quantità di altri rifiuti conferiti in

discariche o utilizzati per la produzione delle eco-balle.

Negli ultimi anni si sono registrati notevoli miglioramenti

nella gestione dei rifiuti, ma gradualmente è necessario

raggiungere risultati21 ancora più significativi.

E’ quindi possibile risolvere definitivamente la crisi dei

rifiuti?

Il primo intervento decisivo è la riduzione della massa, dei

volumi e della pericolosità dei rifiuti, accompagnata dalla

realizzazione di nuove isole ecologiche e dalla raccolta

differenziata a domicilio22, che consenta di separare il flusso dei

materiali biodegradabili dal resto dei rifiuti. E’ indispensabile

avviare campagne di sensibilizzazione della popolazione

attraverso i mass media e le scuole, al fine di una corretta

informazione, per conseguire la partecipazione dei cittadini ai

piani di raccolta differenziata.

Il secondo intervento è rappresentato dalla limitazione del

ricorso alle discariche23 e dalla conversione degli impianti CDR

in impianti per il trattamento meccanico biologico (TMB)24, che

21 V. gli interventi ad opera del WWF e di Legambiente per superare l’emergenza rifiuti in Campania, in www.wwf.it e www.legambiente.it 22 In Campania la raccolta differenziata, prevista dal Piano regionale del 1997, è stata attivata con enorme ritardo a partire dal 2002. 23 Per alcuni paesi europei come Olanda, Belgio e Germania, lo smaltimento in discarica risulta del tutto superato. Alcune grandi città, non solo europee, puntano al raggiungimento entro il 2020 dell’obiettivo “Rifiuti zero” che consiste nell’attuare una strategia di riduzione dei rifiuti. 24 Il TMB e’ costituito da due processi: quello meccanico si occupa del trattamento dei rifiuti secchi, dividendoli in riciclabili e non; quello biologico, invece, si occupa della parte umida producendo compost e biogas. Gli impianti TBM sono considerati

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attraverso il trattamento a freddo dei rifiuti indifferenziati

presenta molteplici e notevoli vantaggi in termini di riduzione

del peso e volume dei rifiuti. Inoltre i tempi di realizzazione,

costi e gestione sono altamente competitivi rispetto a qualsiasi

altra tecnologia per il trattamento dei rifiuti.

Il terzo intervento è la realizzazione di impianti di

compostaggio in grado di trasformare i rifiuti organici in

concime (definito compost). Questa strategia di valorizzazione

della frazione umida oltre ad essere funzionale in un contesto

economico legato alla agricoltura, risponde anche alla necessità

di restituire fertilità ai suoli soggetti ai fenomeni di degrado e di

desertificazione.

Occorre promuovere una legge regionale per incentivare

la raccolta differenziata finalizzata al riciclo e organizzare una

filiera per il recupero dei materiali. In più, sarebbe utile

valorizzare i rifiuti attraverso il loro recupero energetico che

consentirebbe agli stessi di acquisire un valore aggiunto e di

essere così catalogati come fonti rinnovabili.

Attualmente il sistema in grado di convertire il rifiuto in

energia è il termovalorizzatore, che presenta però lo svantaggio

di produrre emissioni inquinanti 25 . Ecco perché sono state

messe a punto strategie per il miglioramento tecnologico di

fondamentali sia per ridurre l’impatto ambientale del conferimento in discarica, sia per il recupero energetico. 25 Tra gli svantaggi prodotti dal termovalorizzatore c’è la produzione di agenti tossici come le diossine e altre sostanze inquinanti, la produzione di scorie, fumi e aumenti di polveri sottili nell’aria. Inoltre è un impianto che necessita di elevati costi di gestione e manutenzione.

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105

questi impianti, in modo da garantire un’adeguata protezione

ambientale.

Potrebbe costituire una futura alternativa l’innovazione

tecnologica finalizzata al recupero di materiale ed energia che

arriva direttamente dalla NASA: la torcia al plasma26, in grado

di avviare un processo di gassificazione e vetrificazione delle

materie organiche ed inorganiche contenute nei rifiuti 27 . Si

tratta di un impianto rispettoso dell’ambiente, perché non

produce alcun tipo di sostanza inquinante, ma purtroppo

molto costoso e infatti, ad oggi, soltanto alcuni Stati si sono

dotati di tale strumentazione.

La soluzione del problema della gestione dei rifiuti non è

sicuramente semplice, ma è tuttavia chiaro che il corretto

approccio è rappresentato dalla gestione integrata, che

contempla il concorso di più modalità operative e la

collaborazione di tutti, singoli e Istituzioni.

La migliore strategia è il rispetto delle quattro priorità

introdotte dal decreto Ronchi, la regola delle "quattro R":

riduzione, riutilizzo, riciclo e recupero.

Tra le azioni necessarie per conseguire gli obiettivi di

riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti merita di

essere promossa l’introduzione dei cosiddetti “acquisti verdi”28,

26 Il plasma generato dalla torce è costituito da un gas ionizzato ad alte temperature in grado di decomporre i materiali organici e fondere quelli inorganici. 27 Per un approfondimento si v. www.rinnovabili.it 28 Il Green Public Procurement (GPP), “acquisti verdi”, è l’integrazione di considerazioni di carattere ambientale nelle procedure di acquisto della Pubblica Amministrazione,

RRIIFFIIUUTTII:: DDAA PPRROOBBLLEEMMAA AA RRIISSOORRSSAA

106

che possono costituire un'importante parte nelle politiche

istituzionali per lo sviluppo sostenibile, favorendo l'efficienza

energetica, la riduzione delle emissioni di CO2 e la mitigazione

degli effetti dei cambiamenti climatici.

Tabella 3 – Le 4 R del Decreto Ronchi

cioè è il mezzo per poter scegliere quei prodotti e servizi che hanno un minore, oppure un ridotto, effetto sulla salute umana e sull'ambiente rispetto ad altri prodotti e servizi utilizzati allo stesso scopo. Un esempio di “acquisto verde” è rappresentato dalle etichette energetiche degli elettrodomestici .

Riduzione

minore produzione di rifiuti all'origine

Riutilizzo

prolungare il ciclo di vita dei beni

Riciclo

trasformare i rifiuti in materiali utilizzabili

Recupero

valorizzare i rifiuti per ricavare materia secondaria o energia

107

CCOONNCCLLUUSSIIOONNEE ___________________________________________________________________

La fitta trama di ordinanze, decreti legge e proroghe, ha

disegnato la crisi dei rifiuti in Campania come un vero e

proprio avvenimento drammatico.

Di certo, l’immagine che noi ricorderemo di questo

evento è quella che costantemente ci hanno proposto, fino a

poco tempo fa, televisioni e giornali: un territorio

completamente invaso da piramidi di rifiuti.

Proviamo a pensare un attimo a quanto sia impossibile

vivere vicino ad una discarica, non poter aprire le finestre a

causa dell’odore provocato dal percolato o ancora peggio,

vivere con la paura di mangiare del cibo contaminato dalla

diossina. Ai bambini è stato negato il diritto di andare a scuola

e di giocare per strada; gli adolescenti hanno perso i punti di

aggregazione all’aria aperta oramai diventate discariche.

Ecco che, se ci fermiamo a riflettere, ci rendiamo conto

che la dimensione del fenomeno Campania coinvolga tutti noi

italiani, cittadini e Istituzioni.

I cittadini campani hanno il diritto di vivere in un

ambiente sano e le Istituzioni non possono più rimanere

indifferenti, ma devono provvedere al più presto a

salvaguardare i territori devastati e le popolazioni attraverso

108

tempestivi interventi di bonifica e con l’aiuto concreto di altre

Regioni italiane.

Come abbiamo visto, la situazione nel corso degli anni ha

assunto proporzioni spaventose, ed è quindi giunto il momento

di combattere fino in fondo la battaglia per una Campania

finalmente pulita.

109

RRIINNGGRRAAZZIIAAMMEENNTTII ___________________________________________________________________

E’ la prima volta che scrivo una pagina ringraziamenti e

spero di non dimenticarmi di nessuno.

Prima di tutto vorrei ringraziare il mio relatore, il

professore Marco Antonioli, per il suo sapere, la sua gentilezza

e disponibilità. Lo ringrazio soprattutto perché mi ha trasmesso

la conoscenza di una materia bellissima quale il diritto

ambientale.

Un ringraziamento speciale va alla mia famiglia, che in

questi anni ha appoggiato le mie scelte, dandomi fiducia e

condividendo come me ogni vittoria e ogni sconfitta.

Insieme siamo una squadra e una squadra non si arrende

mai; è stata dura, lo so, ma la soddisfazione è grande. I sacrifici

che avete fatto per farmi studiare non so se saranno mai

ripagati, nel frattempo però vi dedico questo mio lavoro come

segno di riconoscimento.

Un supporto grandissimo nella creazione di questa tesi mi

è stato dato ad un vero angelo caduto dal cielo, Angelo di

nome e di fatto, che mi ha aiutato nell’elaborazione e nella

stesura. Sei stato fondamentale, senza di te non ce l’avrei mai

fatta!

110

Voglio concludere con un pensiero a te nonna, che da

lassù mi guardi, per essere stata per ben ventiquattro anni il

mio punto di riferimento. Grazie per avermi trasmesso l’amore

infinito e gioioso per la vita!

111

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