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UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI MILANO-BICOCCA
Facoltà di Giurisprudenza
Corso di Laurea Specialistica in Giurisprudenza
IL CASO DELL’EMERGENZA RIFIUTI IN CAMPANIA:
PROFILI DI DIRITTO AMBIENTALE
Relatore: Chiar.mo Prof. Marco ANTONIOLI
Correlatore: Dott. Mattia PASCALE
Tesi di Laurea di:
Antonia PADUANO
Matricola n. 066905
Anno Accademico 2010/2011
«… Noi sappiamo che la Terra non appartiene
all’uomo, è l’uomo che appartiene alla Terra.
Questo sappiamo.
Tutte le cose sono collegate
come il sangue che unisce una famiglia.
Tutto è connesso.
Quello che accade alla Terra,
accade ai figli della Terra.
L'uomo non ha tessuto la trama della vita,
in essa non è che un filo.
Qualsiasi cosa che egli faccia alla trama…
la fa a sé stesso …»
Risposta del Capo Indiano Seattle al Presidente Americano nel 1854
IINNDDIICCEE _____________________________________________________________
IINNTTRROODDUUZZIIOONNEE 1
1. LLAA DDIISSCCIIPPLLIINNAA DDEEII RRIIFFIIUUTTII
1.1 La normativa comunitaria 5
1.2 La normativa nazionale: dal Decreto Ronchi al nuovo
Testo Unico Ambientale 9
1.3 La nozione di rifiuto 16
1.4 Classificazione dei rifiuti 19
1.5 Il quadro delle competenze: Stato, Regioni ed Enti
locali 21
1.6 Le Autorità d’ambito 25
1.7 Le Agenzie per la protezione dell’ambiente 27
1.8 L’Albo nazionale gestori ambientali e l’Osservatorio
nazionale rifiuti 28
1.9 Gestione dei rifiuti: recupero e smaltimento 29
2. SSTTOORRIIAA DDII UUNN’’EEMMEERRGGEENNZZAA:: IILL CCAASSOO CCAAMMPPAANNIIAA
2.1 La legislazione regionale 33
2.2 La crisi dei rifiuti: una premessa storica 38
2.3 Le fasi dell’emergenza 40
2.4 La Legge regionale n. 4 del 2007: aspetti innovativi e
critici 49
2.5 La gestione dei rifiuti in Campania 52
2.6 Il Decreto Legge n. 90 del 2008: un diritto ambientale
speciale per la Campania 56
2.7 Il principio di sussidiarietà nel contesto emergenziale 60
2.8 La fine di un’emergenza? Riflessioni sulla nuova
“gerarchia dei rifiuti” 63
2.9 Campania e rifiuti: un caso ancora aperto 67
3. IILL RREEGGIIMMEE EEMMEERRGGEENNZZIIAALLEE IINN CCAAMMPPAANNIIAA
3.1 Le ordinanze extra ordinem 76
3.2 Le ordinanze di urgente necessità in materia di rifiuti 81
3.3 Abuso del potere di ordinanza 85
3.4 La grave violazione dei diritti fondamentali 89
4. RRIIFFIIUUTTII:: DDAA PPRROOBBLLEEMMAA AA RRIISSOORRSSAA
4.1 Emergenza rifiuti e danno ambientale 94
4.2 Strategie di intervento: un confronto con altre
Regioni italiane 100
4.3 Questione rifiuti: una possibile soluzione? 102
CCOONNCCLLUUSSIIOONNEE 107
RRIINNGGRRAAZZIIAAMMEENNTTII 107
BBIIBBLLIIOOGGRRAAFFIIAA 111
SSIITTOOGGRRAAFFIIAA 118
1
IINNTTRROODDUUZZIIOONNEE ___________________________________________________________________
I rifiuti sono realisticamente una parte della nostra vita.
Essi hanno sempre preoccupato le comunità degli uomini.
La disciplina dei rifiuti ha infatti tratti comuni con il
mondo antico e storicamente hanno iniziato a rappresentare un
problema quando nacquero le prime città, che dovevano
affrontare il disagio provocato dalle malattie contagiose a causa
della scarsa igiene provocata dai rifiuti, visti come causa di
inquinamento e di alterazione del decoro urbano.
Con la rivoluzione industriale è iniziato lo sfruttamento
intensivo delle risorse e hanno cominciato ad accumularsi i
rifiuti delle prime fabbriche con conseguente impatto
sull’ambiente.
Fino al boom economico, anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso,
esisteva una forte cultura del risparmio delle risorse per la quale
ogni oggetto veniva riutilizzato il più possibile.
Con l’avvento della società dei consumi prese poi piede il
moderno principio “usa e getta” e ciò ha comportato una
grandissima produzione di rifiuti, che sono stati considerati
sempre più come un problema, cresceva la loro produzione e
cresceva la preoccupazione di predisporre adeguate misure di
smaltimento.
2
Oggi noi invece concepiamo i rifiuti secondo una diversa
angolazione, che è quella della tutela ambientale. I rifiuti
nell’ultimo secolo sono diventati un problema di ordine
pubblico ed in particolare, da quando si sono affermate le
teorie ambientaliste, hanno acquisito un valore aggiunto. Non
sono più reputati come fonte di inquinamento, ma come vere e
proprie risorse da poter sfruttare.
In questi anni molto spesso abbiamo sentito parlare di
crisi dei rifiuti, in riferimento soprattutto alla vicenda
complessa dell’emergenza in Campania: una Regione
caratterizzata da fragili equilibri, dove la cultura dell’emergenza
è diventata oramai una forma ordinaria di governo, ma anche
una Regione ricca di storia, punto di riferimento del nostro
patrimonio artistico e culturale e di quello paesaggistico e
naturalistico.
La mia tesi, non ha la pretesa di fornire un esame del
caso Campania attraverso giudizi politici, vuole essere
semplicemente uno strumento di analisi del fenomeno rifiuti
nella sue fasi più acute, dal 1994 fino ad arrivare ai giorni
nostri, analizzando gli effetti che questa grave crisi ha
determinato soprattutto sull’ambiente.
Il primo capitolo si concentra su una panoramica della
normativa comunitaria e nazionale e sull’analisi degli istituti che
caratterizzano la materia rifiuti. La normativa europea, sempre
attenta al tema ambientale, persegue la finalità della
3
prevenzione nella produzione dei rifiuti, incentivando il
recupero e il riutilizzo e considerando solo in via residuale lo
smaltimento, per poter garantire un adeguata protezione
dell’ambiente e della salute pubblica.
Il secondo e il terzo capitolo affrontano il caso Campania
sotto due diverse angolazioni: la prima è rappresentata da un
excursus storico a partire dal 1994, anno in cui è stato dichiarato
per la prima volta lo stato di emergenza, per poi passare
all’analisi dei principali provvedimenti adottati e le finalità
perseguite; la seconda si concentra sull’abuso dei poteri
straordinari ed eccezionali, c.d. extra ordinem, che hanno portato
al fallimento della gestione emergenziale e alla violazione dei
diritti fondamentali.
Il quarto capitolo è dedicato essenzialmente alle
conseguenze drastiche che la crisi dei rifiuti ha determinato
sull’ambiente e ad alcuni spunti di riflessione, attraverso il
confronto di altre Regioni italiane, su possibili soluzioni per
valutare al meglio il rifiuto come una risorsa.
In particolare sono analizzate nuove ipotesi di gestione
dei rifiuti con l’utilizzo di tecnologie avanzate, in grado di
ridurre al minimo gli impatti ambientali.
Lo studio di questo caso è stato condotto con il
confronto di molti dati statistici, atti, rapporti, riferimenti
normativi, documenti pubblici e ha messo in luce quanto la
problematica dello smaltimento dei rifiuti non costituisce una
4
peculiarità campana, ma è un problema che coinvolge l’intera
società. Ecco perché bisogna soffermarsi a riflettere su ciò che
è accaduto, per evitare che in futuro possa ripetersi di nuovo.
Un contributo a questa Regione dalle mille sfaccettature,
che possa un giorno risollevarsi e tornare a splendere.
5
CCaappiittoolloo 11
LLAA DDIISSCCIIPPLLIINNAA DDEEII RRIIFFIIUUTTII ___________________________________________________________________
1.1 La normativa comunitaria
La materia dei rifiuti ha avuto una vita particolarmente
tormentata, caratterizzata dalla ricerca di un equilibrio mai
trovato, tra le esigenze della produzione e quelle di tutela
dell’ambiente e della salute, con la conseguenza che i numerosi
interventi del legislatore, spesso in contrasto con la normativa
comunitaria, hanno portato a un complesso di norme, confuso
e di difficile lettura.
E’ opportuna quindi una ricapitolazione delle fonti in
materia, cominciando dal Trattato di Roma del 1957, che ha
istituito la Comunità Economica Europea (CEE). E’ il primo
documento in materia ambientale: in esso sono stati previsti
soltanto dei riferimenti al miglioramento delle condizioni di
vita dei cittadini. Per arrivare a gettare le basi di una seria
politica di prevenzione e tutela ambientale a livello europeo si
deve attendere fino al 1972, anno in cui sono stati emanati sei
programmi d’azione comunitaria.
LLAA DDIISSCCIIPPLLIINNAA DDEEII RRIIFFIIUUTTII
6
La normativa in tema di rifiuti prende il via dalla direttiva1
del Consiglio 75/442/CEE 2 che annoverava, tra i suoi
“considerando”, la necessità di procedere al ravvicinamento delle
legislazioni nel settore rifiuti vista la disparità di disposizioni nei
vari Stati membri che creava disuguaglianza e incideva
direttamente sul funzionamento del mercato comune.
L’Italia ha proceduto alla sua attuazione prima con il
D.P.R. n. 915 del 1982 3 e poi in seguito con il decreto
legislativo n. 22 del 1997, noto come decreto Ronchi, con il
quale la materia dei rifiuti è stata completamente rivisitata.
Le politiche ambientali nazionali non possono che
muoversi all’interno del quadro comunitario per una reale
condivisione e conseguente adesione ai principi della corretta
gestione dei rifiuti, basati sulla prevenzione, quale intervento
prioritario, sul riciclaggio e sul recupero di energia,
individuando lo smaltimento in discarica solo come opzione
residuale4.
1 Le direttive comunitarie sono, come è noto, atti normativi di carattere generale che prescrivono agli Stati membri di raggiungere certi risultati, lasciando ai medesimi il compito di stabilire le competenze interne e di scegliere i mezzi all’uopo necessari. 2 Successivamente abrogata dalla direttiva 2006/12/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce il quadro normativo per il trattamento dei rifiuti nella Comunità definendo alcuni concetti basilari, come le nozioni di rifiuto, recupero e smaltimento e stabilisce inoltre principi fondamentali come l'obbligo di trattare i rifiuti in modo da evitare impatti negativi sull'ambiente e sulla salute umana, un incentivo ad applicare la gerarchia dei rifiuti e, secondo il principio "chi inquina paga", il requisito che i costi dello smaltimento dei rifiuti siano sostenuti dal detentore. 3 Recante «Attuazione delle direttive (CEE) numero 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e numero 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi». 4 V. PAONE, La tutela dell’ambiente e l’inquinamento dei rifiuti. Dal d.p.r. 915/1982 al D. lgs. 4/2008, Milano, Giuffrè, 2008, p. 2.
LLAA DDIISSCCIIPPLLIINNAA DDEEII RRIIFFIIUUTTII
7
La politica della Comunità in materia d’ambiente è fondata
sui seguenti principi5:
principio della precauzione: viene invocato per
garantire un elevato livello di protezione ambientale e
della salute umana, animale o vegetale nei casi in cui i
dati scientifici disponibili non consentano una
valutazione completa del rischio. E’ un principio di
tutela avanzata: è sufficiente il ragionevole sospetto di
pericolo sulla base di accertamenti scientifici credibili,
anche nei casi di incertezza scientifica, ovvero qualora
non si abbiano dei risultati sicuri e incontrovertibili
degli effetti di un certo fenomeno sull’uomo;
principio di prevenzione: consiste nell’esigenza di
«evitare, sin dall’inizio, inquinamenti ed altri inconvenienti
anziché combatterne successivamente gli effetti». Devono
quindi essere favorite le attività che comportano la
minor produzione di rifiuti, che allungano la durata di
vita dei beni e le attività basate sul riutilizzo dei
prodotti;
principio “chi inquina paga”: richiede che gli autori di
fenomeni di inquinamento o, in senso più ampio, di
danni causati all’ambiente, si facciano carico dei costi
necessari ad evitare o riparare l’inquinamento o il
5 G. DI PLINIO, P. FIMIANI, Principi di diritto ambientale, Milano, Giuffrè Editore, 2008, pp. 37 e ss.
LLAA DDIISSCCIIPPLLIINNAA DDEEII RRIIFFIIUUTTII
8
danno. Il tal modo il principio costituisce un deterrente
per l’esercizio di atti potenzialmente dannosi per
l’ambiente;
principio di correzione in via prioritaria alla fonte6: è
dovuta l’immediata rimozione della causa che ha
portato all'inquinamento. Quando un danno
ambientale è prodotto (non può essere evitato
mediante i principi di precauzione e di prevenzione) il
soggetto inquinante deve correggere l'eventuale
lesione7, per evitare che l'effetto dannoso si amplifichi.
In coerenza con i principi comunitari la normativa italiana
sui rifiuti è orientata ormai da tempo alla realizzazione di un
sistema di «gestione integrata» 8 mirato ad ottenere il duplice
risultato di valorizzare economicamente la risorsa rifiuto e di
tutelare la qualità dell’ambiente.
In un sistema di gestione integrata dei rifiuti lo
smaltimento viene quindi a costituire una fase residuale, mentre
la raccolta differenziata finalizzata al riciclaggio assume un
ruolo prioritario, in quanto consente di ridurre
6 I principi di precauzione, prevenzione, “chi inquina paga” e di correzione in via prioritaria alla fonte trovano la loro disciplina nell’art. 174 c.2. del TCE. 7 Ad esempio provvedere ad una bonifica dell’area, cioè l’insieme delle attività volte a rimuovere le fonti di inquinamento, con l'obiettivo di ripristinare lo stato precendente all'inquinamento. 8 La strategia adottata dall'Unione Europea e recepita in Italia prima con il decreto Ronchi (D.Lgs. n. 22 del 5 febbraio 1997) e poi con il Testo Unico Ambientale (D.Lgs. n. 152 del 3 aprile 2006) affronta la questione dei rifiuti delineando priorità di azioni all'interno di una logica di gestione integrata definendo criteri di priorità (art. 179), prevenzione della produzione di rifiuti (art. 180) e recupero dei rifiuti (art. 181).
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9
significativamente il flusso dei rifiuti da avviare allo
smaltimento e di valorizzare le componenti dei rifiuti sin dalla
fase di raccolta9.
Al fine di rafforzare le misure di prevenzione e ridurre gli
impatti ambientali, sono state recentemente adottate due nuove
direttive: la n. 2006/12/CE 10 e la n. 2008/98/CE 11 che
considerano i rifiuti come una potenziale risorsa da sfruttare. Si
ispirano al “principio di prossimità”, che sancisce l’obbligo di
smaltimento dei rifiuti il più vicino possibile alla fonte di
produzione ed al “principio dell’autosufficienza”, per il quale
ciascun Stato membro deve essere in grado di risolvere i
problemi derivanti dalla produzione dei rifiuti.
1.2 La normativa nazionale: dal Decreto Ronchi al nuovo
Testo Unico Ambientale
La legislazione nazionale in materia di rifiuti si inquadra
nel più ampio contesto della salvaguardia dell’ambiente, che
trova il suo fondamento costituzionale nei principi di tutela del
paesaggio (art. 9 Cost.) e della salute (art. 32 Cost.), cui
9 L. RAMACCI, Rifiuti: la gestione e le sanzioni. Commento organico al Testo Unico Ambientale dopo il quarto correttivo (D.L vo. n. 205/2010) e il SISTRI, Piacenza, La Tribuna, 2011, pp. 33-34. 10 Direttiva 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti. 11 Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive.
LLAA DDIISSCCIIPPLLIINNAA DDEEII RRIIFFIIUUTTII
10
corrispondono i diritti fondamentali dei cittadini e l’interesse
primario della comunità nazionale.
In Italia, così come in molti altri Paesi, l’obiettivo
prioritario è la riduzione sia della quantità che della pericolosità
dei rifiuti prodotti, sia del flusso dei rifiuti avviati allo
smaltimento. Tale politica ha sviluppato, nell’arco degli anni,
un sistema importante di principi12, alcuni dei quali di grande
interesse:
principio di prevenzione;
il principio di sussidiarietà: ha la funzione di garantire
che le finalità e gli obiettivi della politica ambientale
siano perseguiti al livello territoriale più appropriato,
tenuto conto dell’identità e della sensibilità ambientale
delle varie zone e della scelta ponderata degli strumenti
da porre in atto a tutti i livelli istituzionali, con la
tendenza ad assumere le decisioni concrete il più
possibile vicino ai cittadini;
il principio di cooperazione: mira ad assicurare, tra le
varie istituzioni pubbliche ed associazioni, imprese ed
operatori del settore a gestione privata, la necessaria
collaborazione per la difesa dell'ambiente, migliorando le
decisioni e il loro grado di accettazione ed affermando
uno spirito di corresponsabilità.
12 M. PERNICE, G. MINNINI, Il sistema normativo e tecnico di gestione dei rifiuti. La nuova disciplina dopo il D.Lgs. 152/2006 e la sua riforma, Trento, Ipsoa Indicitalia, 2008, pp. 3-8
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11
Il riferimento normativo principale relativo alla gestione
dei rifiuti è rappresentato dal decreto legislativo n. 22 del 1997,
c.d. decreto Ronchi, che recepisce tre direttive comunitarie:
una sui rifiuti (91/156/CEE), una sui rifiuti pericolosi
(91/689/99 CEE) ed una sugli imballaggi e sui rifiuti di
imballaggio (94/62/CEE). Il Ronchi abroga il D.P.R. n.
915/82, mutando completamente il quadro normativo in
vigore: il precedente decreto si proponeva di disciplinare lo
smaltimento dei rifiuti, ritenendo fasi costitutive quelle di
raccolta, spazzamento, cernita, trasporto, trattamento, deposito
e discarica sul suolo e nel suolo. Con il nuovo decreto si passa
dall’idea della centralità dello smaltimento, alla nozione di
gestione dei rifiuti 13 , all’interno della quale lo smaltimento
costituisce solo l’ultima fase. Il decreto incide profondamente
sul sistema di gestione, favorendo il passaggio da un modello
“tutti i rifiuti a discarica” ad una modello complesso di
“prevenzione e recupero” attraverso il perseguimento di
obiettivi prioritari:
attivare un sistema integrato di gestione dei rifiuti;
definire e riclassificare i rifiuti;
definire le competenze dello Stato, delle Regioni, delle
Province e dei Comuni;
13 V. PAONE, op.cit., pp. 17-19.
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12
preferire, nell’ordine, il reimpiego, il riciclaggio e il
recupero di energia, con lo smaltimento in discarica
come estrema ratio14;
creare un sistema di recupero degli imballaggi, a carico
dei produttori e utilizzatori (in applicazione del principio
della responsabilità condivisa) 15;
definizione di ambiti territoriali ottimali (ATO) 16 che
consentano una gestione unitaria del servizio ed
un’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani
non pericolosi;
ridurre la produzione dei rifiuti ed incrementare la
raccolta differenziata dei rifiuti urbani, attraverso
l’introduzione dell’obbligo di raccolta differenziata.
Il decreto Ronchi stabilisce come obiettivo principale la
corretta gestione del rifiuto al fine di: «assicurare un’elevata
protezione dell’ambiente e controlli efficaci». Per conseguire tali scopi
impone che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo
per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi
pregiudizievoli per la qualità dell’ambiente.
14 Il decreto Ronchi definisce una gerarchia comportamentale costituita da tre diverse posizioni disciplinate dagli artt. 3, 4 e 5 presente nel Capo I, relativo ai Principi Generali: prevenzione della produzione dei rifiuti, recupero dei rifiuti, smaltimento dei rifiuti. Si v. § 1.9 15 Tale principio considera il rispetto dell’ambiente, non già come un mero vincolo da rispettare, ma come obiettivo da raggiungere attraverso l’impegno di tutti i soggetti che ne fruiscono. 16 Per una definizione più precisa si v. § 1.6
LLAA DDIISSCCIIPPLLIINNAA DDEEII RRIIFFIIUUTTII
13
Con lo scopo di rendere più organica la legislazione
ambientale è stata in seguito promulgata la legge 15 dicembre
n. 308 del 2004 avente ad oggetto «Delega al Governo per il
riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia
ambientale e misure di diretta applicazione». E’ entrato così in vigore
il Testo Unico Ambientale, il decreto legislativo n. 152 del
200617, che si compone di 138 articoli e 45 allegati e risulta così
articolato:
parte prima: disposizioni comuni e principi generali;
parte seconda: procedure per la valutazione ambientale
strategica (VAS), per la valutazione d’impatto ambientale
(VIA) e per l’autorizzazione integrata ambientale (IPPC);
parte terza: difesa del suolo, tutela delle acque
dall’inquinamento e gestione risorse idriche;
parte quarta: gestione dei rifiuti e bonifica dei siti
contaminati;
parte quinta: tutela dell’aria e riduzione emissioni in
atmosfera;
parte sesta: tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente.
Le finalità del decreto sono indicate dall’articolo 2 nella
«promozione dei livelli di qualità della vita umana da realizzarsi
attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni
dell’ambiente e l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali».
17 Alcuni interventi modificativi del Testo Unico sono pervenuti pochi mesi dopo la sua emanazione: la L. 12 luglio n. 228/2006 e il D.Lgs. n. 284/2006.
LLAA DDIISSCCIIPPLLIINNAA DDEEII RRIIFFIIUUTTII
14
E’ con l’intervento del decreto legislativo n. 4 del 200818
che il Testo Unico viene arricchito di ulteriori disposizioni che
hanno apportato sostanziali modifiche alla disciplina dei rifiuti.
Questo decreto correttivo ha introdotto alcuni principi
generali di notevole importanza:
principi sulla produzione del diritto ambientale 19 :
costituiscono regole generali nell’adozione degli atti
normativi, di indirizzo e coordinamento e
nell’emanazione dei provvedimenti di natura contingibile
ed urgente. Essi possono essere modificati o eliminati
solo mediante espressa previsione legislativa;
principio dell’azione ambientale20: la tutela dell’ambiente,
degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve
essere garantita, da tutti gli enti pubblici e privati, dalle
persone fisiche e giuridiche pubbliche o private,
mediante un’azione informata dei principi comunitari in
materia ambientale;
principio dello sviluppo sostenibile 21 : le dimensioni
sociali, economiche ed ambientali devono essere
governate in maniera tale da trovare un sano equilibrio
per tutti «al fine di garantire all'uomo che il soddisfacimento dei
18 Recante «Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale». 19 Art. 3 bis D.Lgs. n. 152/2006. 20 Art. 3 ter D.Lgs. n. 152/2006. 21 Art. 3 quater D.Lgs. n. 152/2006. La prima definizione di sviluppo sostenibile viene presentata nel 1987 dal rapporto Brundtland «lo Sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni».
LLAA DDIISSCCIIPPLLIINNAA DDEEII RRIIFFIIUUTTII
15
bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità
della vita e le possibilità delle generazioni future» ;
principio di sussidiarietà e leale collaborazione22.
Un ulteriore modifica della parte quarta del Testo Unico
relativa ai rifiuti è intervenuta recentemente con il decreto
legislativo n. 205 del 201023 che qualifica la gestione dei rifiuti
come attività di «pubblico interesse» 24 al fine di assicurare un
elevata protezione dell’ambiente e controlli efficaci, tenendo
conto delle specificità dei singoli rifiuti per preservare le risorse
naturali.
L’attività di gestione dei rifiuti deve essere effettuata
secondo i «criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza,
fattibilità tecnica ed economica, nonché nel rispetto delle norme vigenti in
materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali».
Il decreto, composto da 39 articoli e 5 allegati, modifica
diversi passaggi della precedente normativa rifiuti. Alcuni di
queste modifiche interessano gli aspetti di ordine generale sul
tema dei rifiuti, altre invece coinvolgono direttamente le
modalità di gestione da parte delle imprese. Uno degli aspetti
22 Art. 3 quinquies D.Lgs. n. 152/2006. 23 Recepimento della direttiva 2008/98/Ce, «Modifiche alla Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006». 24 Art. 177 comma 2 del D.Lgs. n. 152/2006.
LLAA DDIISSCCIIPPLLIINNAA DDEEII RRIIFFIIUUTTII
16
innovativi di maggior interesse riguarda l'inserimento del
SISTRI25 nel Codice ambientale e le relative sanzioni.
1.3 La nozione di rifiuto
Il corretto inquadramento della nozione di rifiuto è di
fondamentale importanza per individuare le sostanze che
devono sottostare alle disposizioni in materia. L’art. 183 del
Testo unico Ambientale alla lettera a) definisce rifiuto «qualsiasi
sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell’ Allegato A26 e
di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi».
Il decreto legge n. 138 del 2002 27 ha fornito una
interpretazione autentica della nozione di rifiuto precisando i
seguenti termini:
“si disfi”: qualsiasi comportamento atto ad avviare
un materiale o una sostanza ad attività di
smaltimento o di recupero;
“abbia deciso”: volontà di destinare un materiale o un
bene ad operazioni di smaltimento e di recupero;
25 Il SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti) nasce nel 2009 su iniziativa del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare nel più ampio quadro di innovazione e modernizzazione della Pubblica Amministrazione per permettere l'informatizzazione dell'intera filiera dei rifiuti speciali a livello nazionale e dei rifiuti urbani per la Regione Campania. 26 Prevede un elenco di categorie di rifiuti. 27 Recante «Interventi urgenti in materia tributaria, di privatizzazioni, di contenimento della spesa farmaceutica e per il sostegno dell'economia anche nelle aree svantaggiate».
LLAA DDIISSCCIIPPLLIINNAA DDEEII RRIIFFIIUUTTII
17
“abbia l’obbligo di disfarsi”: l’obbligo di avviare un
materiale, una sostanza o un bene ad operazione di
recupero o di smaltimento stabilito da leggi o da
provvedimenti pubblici o imposto dalla natura della
sostanza28.
Per classificare una sostanza o un oggetto come rifiuto
devono essere soddisfatti i seguenti requisiti:
la sostanza o l’oggetto deve appartenere ad una delle
categorie di rifiuti elencati nell’allegato A alla parte
IV del Testo Unico (elemento oggettivo);
il detentore si deve “disfare” o deve avere “l’obbligo
di disfarsi” (elemento soggettivo)29.
L’elemento centrale di questa definizione è il riferimento
alla condotta tenuta dal detentore e il significato da attribuire al
termine “disfarsi”. L’incertezza nell’individuare l’ambito di
operatività della nozione di rifiuto ha determinato il formarsi di
due diversi approcci interpretativi: una teoria soggettiva e una
teoria oggettiva.
Secondo la teoria soggettiva viene attribuita preminenza
alla volontà del detentore circa la destinazione del rifiuto e
quindi è rifiuto tutto ciò che per il detentore è inutile in base ad
una sua scelta; mentre la teoria oggettiva si fonda su una
28 V. PAONE, op.cit., p. 151. 29 M. PERNICE, G. MINNINI, op. cit., p. 13.
LLAA DDIISSCCIIPPLLIINNAA DDEEII RRIIFFIIUUTTII
18
valutazione obiettiva della condotta del detentore o di un
obbligo cui lo stesso è tenuto e la definizione di una sostanza
come rifiuto prescinde dalla sua volontà30. Tale teoria è in linea
con la giurisprudenza comunitaria e nazionale e propende per
un concetto ampio di rifiuto fondato su risultanze oggettive31.
La Corte di Giustizia ha precisato che il verbo “disfarsi”32
deve essere interpretato alla luce delle finalità stabilite dalla
direttiva 75/442/CEE, quali la tutela della salute umana e
dell’ambiente dagli effetti nocivi dei rifiuti, e alla luce del
Trattato Ue, secondo il quale la politica della comunità in
materia ambientale mira ad un elevato livello di tutela ed è
fondata in particolare sui principi di precauzione e dell’azione
preventiva33.
Da questi principi sono stati desunti alcuni criteri
applicativi34:
in base al principio di precauzione la nozione di rifiuto
non può essere interpretata in senso restrittivo;
la nozione di rifiuto non esclude sostanze o oggetti
suscettibili di riutilizzo economico;
30 L. RAMACCI, op.cit., pp. 41-42. 31 Cass., Sez. III, 18/06/2002, n. 31011. 32 Si precisa che la direttiva 2008/98/Ce giunge a restringere la definizione di rifiuto al solo concetto del “disfarsi”. Così S. MAGLIA, Rifiuti, scarichi, bonifiche. Rassegna di giurisprudenza vigente, Piacenza, Irnerio Edizioni, 2009, p. 3. 33 Sentenze 15 giugno 2000, C-418/97 e C-419/97. 34 M. PERNICE e G. MINNINI, op.cit., p. 14.
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19
una sostanza o un oggetto rientrano nella definizione se
sono un residuo di produzione, cioè un prodotto che
non è stato ricercato al fine di un utilizzo ulteriore;
non sono residui, ma sottoprodotti 35 gli oggetti e le
sostanze che costituiscono uno degli obiettivi del ciclo di
produzione.
1.4 Classificazione dei rifiuti
Il Testo Unico all’articolo 184 determina una
classificazione dei rifiuti secondo l’origine e secondo le
caratteristiche di pericolo.
La classificazione secondo l’origine distingue tra i rifiuti
urbani e i rifiuti speciali; mentre la classificazione in base alle
caratteristiche di pericolo distingue i rifiuti pericolosi dai rifiuti
non pericolosi36.
35 Ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. n) del Testo unico Ambientale, sono sottoprodotti: «i prodotti dell’attività dell’impresa che, pur non costituendo l’oggetto dell’attività principale, scaturiscono in via continuativa dal processo industriale dell’impresa stessa e sono destinati ad un ulteriore impiego o al consumo». I sottoprodotti non sono quindi rifiuti a condizione che «l’impresa non si disfi, non sia obbligata a disfarsi e non abbia deciso di disfarsi», ma li destini al consumo o all’impiego senza la necessità di operare trasformazioni preliminari in un successivo processo produttivo. 36 S. MAGLIA, Diritto Ambientale alla luce del T.U. ambientale e delle novità 2011, II ed., Milano, Indicitalia, 2011, pp. 171-172.
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20
I rifiuti pericolosi37 sono sottoposti ad una disciplina più
stringente in considerazione dei maggiori rischi per l’ambiente
che derivano dalla loro gestione.
Tabella 1 - Classificazione dei rifiuti
Rientrano nei rifiuti urbani i rifiuti domestici, rifiuti non
pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile
abitazione, rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade,
rifiuti di qualunque altra natura o provenienza giacenti sulle
strade ed aree pubbliche, rifiuti vegetali provenienti da aree
verdi (giardini, parchi); mentre rientrano nei rifiuti speciali i
37 Di norma sono pericolosi i rifiuti non domestici che nell'elenco dei rifiuti di cui all'Allegato D alla Parte Quarta del D.Lgs. 152/2006, ossia nel comunemente detto CER, sono contrassegnati con un asterisco (art. 184, comma 5 del D.Lgs. 152/2006).
Classificazione secondo l'origine
Rifiuti urbani
Art. 184 c.2 T.U.A.
Rifiuti speciali
Art. 184 c.3 T.U.A.
Classificazione secondo le
caratteristiche di pericolo
Rifiuti pericolosi
Rifiuti non pericolosi
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21
rifiuti di attività agricole e agro-industriali, rifiuti derivanti
dall’attività di demolizione e costruzione, rifiuti da lavorazioni
industriali e artigianali, rifiuti da attività commerciali e da
attività sanitarie.
La gestione dei rifiuti speciali spetta al produttore e al
detentore che può conferire tale attività ad un soggetto
autorizzato; invece il sistema di gestione dei rifiuti urbani è
organizzato dalla Pubblica Amministrazione in regime di
privativa38, secondo i modelli determinati dalla legge e solo per
questa categoria di rifiuti è stabilito il divieto di smaltimento
fuori regione ed è prevista l’individuazione del fabbisogno
impiantistico e la tipologia di impianti necessari39.
1.5 Il quadro delle competenze: Stato, Regioni ed Enti
locali
Le Pubbliche Amministrazioni, gli Enti e gli Organismi
che esercitano funzioni pubbliche in materia di gestione rifiuti
sono: lo Stato, le Regioni, gli Enti locali, l’Albo nazionale
gestori ambientali, l’ Osservatorio nazionale rifiuti, le Autorità
38 Sussiste una situazione giuridica definibile di “privativa” quando una determinata attività o servizio possano, o debbano a seconda dei casi, essere esercitati esclusivamente dal soggetto che ne detiene il diritto; nel caso dei rifiuti urbani ne deriva l’obbligatorio espletamento da parte dei Comuni, i quali lo esercitano con diritto di privativa, nelle forme di cui all’art. 112 e ss. del D.Lgs. n. 267/2000 oltre che nel rispetto della normativa speciale nazionale (D.Lgs. n. 22/1997) e regionale (L.R. n. 3/2000). 39 M. PERNICE, G. MINNINI, op.cit., pp. 44-45.
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22
d’ambito (ATO), l’Agenzia per la protezione dell’ambiente
(ARPA).
In particolare le Pubbliche Amministrazioni devono
conformare la loro azione ai principi dell’azione ambientale e
dello sviluppo sostenibile adottati in attuazione della
Costituzione e nel rispetto del Trattato dell’ Unione europea.
L’attività della PA nell’ambito della scelta comparativa tra
interessi pubblici e privati deve considerare in modo prioritario
gli interessi alla tutela dell’ambiente e del patrimonio
culturale40.
In passato in materia ambientale sono stati frequenti i
conflitti tra Stato e Regioni, in quanto difettava nella
Costituzione un riferimento preciso all’ambiente; dottrina e
giurisprudenza infatti convenivano sull’attribuzione della tutela
ambientale alla competenza concorrente tra Stato e Regioni.
L’assenza di una ripartizione menzionata espressamente
sfociava spesso in esuberi di competenze la cui risoluzione
richiedeva l’intervento della Corte Costituzionale.
E’ solo con la Legge Costituzionale n. 3 del 2001 di
riforma del Titolo V della Costituzione, che l’ambiente trova
un preciso e chiaro riferimento nell’articolo 117, comma 2 e
comma 3. Tale articolo attribuisce la materia “tutela dell’ambiente
e dell’ecosistema” alla potestà legislativa esclusiva dello Stato,
salvo le forme di autonomia riconosciute alle Regioni a statuto
40 Articolo 3 quater comma 2, D.Lgs. n. 152/2006.
LLAA DDIISSCCIIPPLLIINNAA DDEEII RRIIFFIIUUTTII
23
speciale e le ulteriori forme di autonomia che possono essere
attribuite ad altre Regioni con legge dello Stato, su iniziativa
della Regione interessata.
Questa riforma, tuttavia, non ha attenuato gli interventi
della Corte Costituzionale la quale ha precisato che in materia
di tutela dell’ambiente l’intento del «legislatore sia stato quello di
riservare comunque allo Stato il potere di fissare standard di tutela
uniformi sull’intero territorio nazionale, senza escludere la competenza
regionale alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli
propriamente ambientali»41. Da un lato la Corte riserva i compiti
più importati allo Stato permettendo alle Regioni di legiferare
sulla base di leggi quadro e norme di principio statali; dall’altro
si assiste ad uno stemperamento della concezione di ambiente
come materia, in quanto non è configurabile una sfera di
competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata.
Spartiacque in tal senso è la sentenza n. 407 del 2002 con
cui i giudici della Consulta hanno identificato l’ambiente come
un valore di rango costituzionale e non come materia tout court.
Tra le funzioni42 riservate allo Stato bisogna ricordare:
la determinazione di valori limite, standard, obiettivi di
qualità e sicurezza e norme tecniche necessari al
41 Corte Costituzionale, 26 luglio 2002, n. 407. In questo senso l’evoluzione legislativa e la giurisprudenza costituzionale portano ad escludere che possa identificarsi una “materia” in senso tecnico, qualificabile come “tutela dell’ambiente”, dal momento che non sembra configurabile una sfera di competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata, ma al contrario essa investe e si intreccia con altri interessi e competenze. 42 I poteri e le competenze dello Stato in materia di rifiuti sono elencati nell’articolo 195 del D.Lgs. n. 152/2006.
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24
raggiungimento di un livello adeguato di tutela
dell’ambiente sul territorio nazionale;
le attività di vigilanza, sorveglianza e monitoraggio in
materia di tutela dell’ambiente;
attività di informazione ed educazione ambientale per la
promozione di tecnologie pulite.
Proseguendo l’analisi sull’assetto delle competenze in
materia di rifiuti, alle Regioni 43 è attribuito il potere di
regolamentare tutte le attività in materia attraverso la
predisposizione, l’adozione e l’aggiornamento, sentite le
Province, i Comuni e le Autorità d’ambito, di appositi Piani
regionali i cui fini sono principalmente legati alla riduzione
della quantità, del volume e della pericolosità dei rifiuti.
Svolgono inoltre un ruolo molto importante nella
localizzazione delle discariche e nella pianificazione di diversi
interventi di recupero ambientale con l’individuazione di Piani
di bonifica.
Per concludere, bisogna ricordare che anche gli Enti locali,
Comuni e Province44 , sono titolari di funzioni proprie e di
funzioni conferite con legge dello Stato e della Regione, nel
rispetto del principio di sussidiarietà. Tale principio postula che
43 Art. 196 D.Lgs. n. 152/2006. 44 Artt. 197 e 198 D.Lgs. n. 152/2006.
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25
la generalità dei compiti e delle funzioni appartenenti allo Stato
sia conferita agli enti pubblici più vicini ai cittadini45.
Al Comune sono attribuite le funzioni amministrative che
riguardano la popolazione e il territorio comunale; la Provincia,
invece, è titolare di funzioni amministrative di interesse
provinciale quali la difesa del suolo, l’organizzazione e
smaltimento dei rifiuti a livello provinciale.
1.6 Le Autorità d’ambito
L’Autorità d’ambito è una struttura dotata di personalità
giuridica. E’ un soggetto di diritto pubblico, costituita da Enti
locali, a cui è demandata l’organizzazione, l’affidamento e il
controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani46.
Con la costituzione dell’ Autorità d’ambito i Comuni di
ciascun Ambito territoriale ottimale (ATO) attuano le forme e i
modi di cooperazione che le Regioni e le Province autonome
prevedono per l’organizzazione del servizio di gestione dei
rifiuti.
Gli ambiti territoriali ottimali (ATO) realizzano un sistema
integrato ed unitario di gestione del servizio d'igiene urbana,
secondo criteri di efficienza, efficacia e economicità e sono
45 Il riferimento normativo è l’articolo 118 comma 2 (sussidiarietà verticale) e comma 4 (sussidiarietà orizzontale) della Costituzione. 46 Art. 201 D.Lgs. n. 152/2006.
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26
individuati nelle Province che, per esigenze tecnico-
organizzative, possono autorizzare la gestione dei rifiuti anche
a livello sub-provinciale, purché sia garantita una soglia
dimensionale idonea ad ottimizzare i servizi, sia dal punto di
vista tecnico-economico che ambientale47. A tal fine, i Comuni
ricadenti nel territorio provinciale hanno l’obbligo di
organizzarsi in Consorzi o in apposite Società d’Ambito, per
assicurare la gestione integrata del ciclo dei rifiuti; mentre le
Province, con la finalità di garantire la realizzazione di
economie di scala, intervengono per stabilire sia le forme ed i
modi della cooperazione tra gli Enti locali compresi nel
medesimo ambito ottimale, sia le procedure che dovranno
essere adottate per l'assegnazione del servizio di gestione dei
rifiuti e le loro relative forme di vigilanza e di controllo48.
Il principio sul quale si fonda la vigente normativa è quello
della cooperazione tra Enti locali, volta ad attuare una
complessiva riorganizzazione del servizio di gestione dei rifiuti
in un'ottica di ciclo integrato, attraverso cui favorire una
sostanziale riduzione delle quantità di rifiuti da smaltire in
discarica e la creazione di materie prime ed energia tramite i
processi di riciclo, recupero e valorizzazione.
47 M. PERNICE e G. MINNINI, op.cit., pp. 88-89. 48 L. RAMACCI, op.cit., pp. 113-114.
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27
1.7 Le Agenzie per la protezione dell’ambiente
L’agenzia per la protezione dell’ambiente e dei servizi
tecnici (APAT)49 nasce dalla fusione tra l’Agenzia nazionale per
la protezione dell’ambiente (ANPA) e il Dipartimento per i
servizi tecnici nazionali della Presidenza del Consiglio dei
Ministri50.
E’ un organismo di diritto pubblico con personalità
giuridica e svolge attività tecnico scientifiche di interesse
nazionale per la protezione dell’ambiente, per la tutela delle
risorse idriche e della difesa del suolo; è sottoposta ai poteri di
indirizzo e vigilanza del Ministro dell’ambiente e al controllo
della Corte dei Conti.
Le Agenzie regionali e provinciali per la protezione
dell’ambiente (ARPA) sono state istituite con legge regionale51
e sono deputate alla vigilanza e controllo ambientale in sede
locale. Svolgono attività che rientrano nei settori funzionali
dell’APAT e si occupano anche di prevenzione, vigilanza e
controllo ambientale. 49 Istituita dall’art. 38 del D.Lgs. n. 300/1999, «Riforma dell'organizzazione del Governo». 50 Ai sensi del D.P.R. n. 207/2002. 51 Il 18 aprile del 1993 un referendum abrogò le competenze del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e delle Unità Sanitarie Locali (USL) nel campo del controllo e della prevenzione ambientale. Si creò in questo modo un vuoto di competenze che fu colmato dal Parlamento con la Legge 21 gennaio 1994 n. 61 che affidò tali compiti ad apposite "Agenzie Regionali" deputate alla vigilanza e controllo ambientale in sede locale. La L. n. 61/1994 istituì inoltre l'ANPA (Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente), poi APAT (Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i servizi Tecnici) e oggi ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) con l'incarico di indirizzo e di coordinamento delle Agenzie regionali e delle Agenzie delle Province autonome.
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28
1.8 L’Albo nazionale gestori ambientali e l’Osservatorio
nazionale rifiuti
Le ARPA, per lo svolgimento dello loro attività, si
avvalgono delle sezioni dell’ Albo nazionale gestori ambientali
che è un organismo articolato in un Comitato nazionale con
sede presso il Ministero dell’Ambiente e in Sezioni regionali e
provinciali istituite presso i capoluoghi di Regione. Ha potere
deliberante ed è composto da membri, nominati con decreto,
di comprovata e documentata esperienza tecnico-economica o
giuridica nelle materie ambientali.
L'Albo si configura come strumento di qualificazione delle
imprese del settore, punto di riferimento e garanzia per tutti i
soggetti coinvolti nel complesso sistema della gestione dei
rifiuti52.
Come l’Albo anche Osservatorio nazionale rifiuti (ONR)53
ha sede presso il Ministero dell’ambiente ed è un organo
composto da membri esperti in materia di rifiuti, istituito per
garantire l’attuazione delle norme che disciplinano la gestione
dei rifiuti54.
L’ ONR ha compiti di valutazione su tutti i temi
riguardanti il ciclo dei rifiuti, ed in particolare ha il mandato
istituzionale di raccogliere ed esaminare i dati riguardanti la
52 P. FICCO, Rifiuti, quesiti risolti, Milano, Edizioni ambiente, 2007, pp. 27 e ss. 53 Il D.Lgs. n. 4/2008, «Ulteriori disposizioni correttive ed integrative al D.Lgs 3 aprile 2006 n. 152 recante norme in materia ambientale» ha introdotto l’art. 206-bis che prevede l’istituzione dell’Osservatorio Nazionale sui Rifiuti (ONR). 54 Parte IV del D.Lgs. n.152/2006.
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29
gestione dei rifiuti, gli imballaggi e i rifiuti di imballaggi, nonché
di elaborare criteri e specifici obiettivi di azione riguardanti la
prevenzione e la gestione dei rifiuti.
1.9 Gestione dei rifiuti: recupero e smaltimento
Che cosa si intende per “gestione dei rifiuti”? Si tratta di
un concetto del tutto nuovo, almeno fino al 1997, anno in cui il
c.d. decreto Ronchi ne ha introdotto la definizione facendone
uno dei capisaldi sottesi alla filosofia della normativa55. Essa si
identifica in un’attività di pubblico interesse costituita da un
ciclo integrato dove raccolta, trasporto, recupero e smaltimento
diventano momenti della gestione dei rifiuti assimilati a
potenziali risorse56.
La gestione dei rifiuti 57 viene disciplinata in modo da
privilegiare il recupero e il riciclaggio, limitando il più possibile
lo smaltimento58. Il recupero è necessario per poter passare
dalla politica dello smaltimento dei rifiuti a quella della loro
“economia”, per arrivare ad affrontare il fenomeno rifiuti come
una risorsa anziché come un problema.
55 Si precisa che il concetto di “gestione” va inteso in senso ampio, fino a ricomprendere qualsiasi contributo diretto a realizzare un’attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento. Così Cass. Pen., Sez. III, 11/01/2005, n. 2950. 56 A. MANZIONE, I controlli sui rifiuti e il Sistri. Disciplina, adempimenti, sanzioni, Maggioli Editore, 2011, pp. 42-43. 57 L’art. 183 del Testo Unico, al comma 1, lettera d), definisce gestione «la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni, nonché il controllo delle discariche dopo la chiusura». 58 L. RAMACCI, op.cit., p. 36.
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30
Nel “recupero” 59 confluiscono due concetti fondamentali:
“riutilizzo”, che consente il ritorno del materiale nel ciclo
produttivo o di consumo o di provenienza e “riciclaggio”, che
consente l’avvio in un ciclo produttivo o di consumo diverso.
Come è evidente, tra utilizzo e riciclaggio, la differenza si
basa sull’intensità del trattamento subito dal materiale: mentre
il riutilizzo si effettua solo per cose usate, il riciclaggio è
praticato anche per gli scarti di lavorazione. E’ l’analisi dei costi
e dei benefici nella convenienza di una scelta rispetto all’altra
che costituisce l’ ”economia dei rifiuti”.
Le strategie del recupero si concentrano in due azioni:
ottimizzazione dei sistemi di raccolta dei rifiuti
urbani che dovranno risultare efficaci sotto il profilo
tecnico, economico e ambientale;
sviluppo del mercato del riuso e del recupero dei
rifiuti60.
Dopo il recupero, a rappresentare l’estrema ratio delle
priorità del nuovo sistema gestionale61 è lo smaltimento62, che è
concepito come strumento per realizzare una rete integrata e
adeguata di impianti che tenga conto delle tecnologie più
59 La definizione di recupero è fornita dall’art. 183 lettera t) del D.Lgs. 152/2006. 60 E. MARIOTTI, M. IANNANTUONI, Il nuovo diritto ambientale, IV ed., Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2011, pp. 322-326. 61 Prevenzione, recupero e per ultimo lo smaltimento. Si v. § 1.2 62 Art. 182 del D.Lgs. 152/2006.
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31
perfezionate63, ma a costi non eccessivi. Deve essere eseguito
in condizioni di sicurezza e solo quando si sia verificata
l’impossibilità tecnica ed economica di procedere al recupero64.
Le tecniche di smaltimento dei rifiuti sono:
discarica: è un luogo dove vengono depositati in modo
non selezionato i rifiuti solidi urbani e tutti i rifiuti
provenienti dalle attività umane che non sono stati
riciclati o recuperati per produrre energia o inceneriti65.
Attualmente lo smaltimento in discarica in Italia è il
principale metodo di eliminazione dei rifiuti, poiché è
semplice ed economico, ma produce gravi effetti
sull’ambiente66;
incenerimento: è un trattamento in grado di sfruttare il
contenuto calorico dei rifiuti stessi per generare calore,
riscaldare acqua ed infine produrre energia elettrica. Gli
inceneritori 67 non eliminano i rifiuti, ma ne
trasformano semplicemente il peso ed il volume;
compostaggio: è una tecnologia biologica usata per la
trattazione dei rifiuti organici raccolti (detti anche
63 Con le tecnologie odierne non tutti i rifiuti possono essere recuperati, essi rappresentano fino al 20% del totale (ad esempio tetrapak, polistirolo, cosmetici). 64 L. RAMACCI, op.cit., p. 39. 65 Si v. G. NOÈ, La nuova disciplina dei rifiuti. Trasporto, stoccaggio e smaltimento, Forlì, Experta Edizioni, 2008, p. 125. 66 È scientificamente provato dall'organizzazione internazionale sui cambiamenti climatici, IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) che i rifiuti in discarica causano emissioni ad alto contenuto di metano e di anidride carbonica, due gas serra molto inquinanti. 67 Oggi sono stati sostituiti dai termovalorizzatori che, pur essendo molto meno inquinanti rispetto ai vecchi inceneritori, non eliminano in ogni caso l'emissione di diossine nei fumi di scarico dispersi nell'atmosfera circostante.
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32
umido), che sfruttando un processo di bio-ossidazione,
li trasforma in fertilizzante agricolo da utilizzare quale
concime naturale 68 . Tramite digestione anaerobica
viene ottenuto anche del biogas che può essere
bruciato per produrre energia elettrica e calore; in tal
modo è possibile diminuire il livello di emissioni
inquinanti della discarica e migliorarne la gestione
approfittando anche della conseguente diminuzione dei
volumi legata al riciclo dell'umido.
E’ evidente che, tra le tecniche fin qui elencate, non ne
emerge una in particolare in grado di prevalere su tutte le altre,
in quanto ognuna di esse presenta aspetti critici relativi
all’impatto e al rischio ambientale. Di certo si può affermare
che vadano privilegiate le tecniche finalizzate al recupero di
risorse (materia e/o energia), piuttosto che quelle di mero
smaltimento. In particolare il recupero di energia dai rifiuti è
forse l’unica forma di trattamento alternativa allo smaltimento
in discarica, che permette di conseguire efficaci vantaggi in
termini di risparmio di risorse e di emissioni globali di
inquinanti69.
68 L’art. 183, comma 1 del Testo Unico Ambientale, definisce alla lettera t) il “compost” come il «prodotto ottenuto dal compostaggio della frazione organica dei rifiuti urbani nel rispetto di apposite norme tecniche finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria e, in particolare, a definirne i gradi di qualità». 69 P. DE STEFANIS, M. CORONIDI, V. IABONI, La gestione dei rifiuti urbani: tecniche e risvolti ambientali, in www.enea.it.
33
CCaappiittoolloo 22
SSTTOORRIIAA DDII UUNN’’EEMMEERRGGEENNZZAA::
IILL CCAASSOO CCAAMMPPAANNIIAA ___________________________________________________________________
2.1 La legislazione regionale
La prima normativa regionale che ha disciplinato le
procedure per lo smaltimento dei rifiuti urbani in Campania
risale alla legge regionale 10 febbraio n. 10 del 1993 contenente
«Norme e procedure per lo smaltimento dei rifiuti in Campania».
Con la previsione di un apposito Piano di smaltimento
rifiuti, la legge intendeva ridurre progressivamente la quantità
di rifiuti e il numero e la capacità delle discariche1. A tal fine
vennero individuati 18 Bacini di utenza all’interno dei quali
assicurare lo smaltimento dei rifiuti prodotti.
I soggetti attuatori del Piano varato dal Consiglio
regionale erano i Comuni, ai quali venne affidato il compito di
costituire, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, i
Consorzi di Bacino che avrebbero dovuto provvedere alla
costruzione e gestione associata degli impianti di smaltimento2.
1 Il Piano prevedeva il raggiungimento di livelli di raccolta differenziata compatibili con il decreto Ronchi e la realizzazione di 9 impianti per la produzione di combustibili derivato da rifiuti (CDR) e di 7 termovalorizzatori. 2 L. COLELLA, La governance dei rifiuti in Campania tra tutela dell’ambiente e pianificazione del territorio. Dalla crisi dell’emergenza rifiuti alla società europea del riciclaggio, in «Rivista Giuridica dell’ambiente», 2010, fasc. 3-4, p. 495.
SSTTOORRIIAA DDII UUNN’’EEMMEERRGGEENNZZAA:: IILL CCAASSOO CCAAMMPPAANNIIAA
34
Tale quadro programmatorio, di fatto, rimase in vigore
nonostante il decreto Ronchi avesse impostato il sistema di
gestione unitaria dei rifiuti urbani sulla ripartizione in Ambiti
territoriali ottimali (ATO)3.
L’inadeguatezza del sistema di gestione dei rifiuti
prefigurato dalla Regione Campania, rispetto agli obiettivi
fissati dal legislatore nazionale, produsse una situazione di
paralisi tale da dover essere affrontata con misure di carattere
straordinario fin dal febbraio 19944.
Nel 1996, a seguito della nomina del Presidente della
Regione Campania come Commissario straordinario, è stata
predisposta l’approvazione di una prima versione del Piano
regionale per lo smaltimento dei rifiuti. La pianificazione
impiantistica venne assunta dal Presidente-Commissario che,
su sollecitazione del Ministero dell’Ambiente e di un ordinanza
del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 , ridimensionò
drasticamente il numero di impianti previsti nel Piano
originario6.
Il perdurare delle situazioni di emergenza nella gestione
del ciclo dei rifiuti indusse, poi, il Presidente del Consiglio dei
Ministri a prorogare più volte, a partire dal 1997 e con cadenza
3 Si v. § 1.6 4 E’ quanto emerge dall’indagine di controllo effettuata dalla Corte dei Conti, La gestione dell’emergenza rifiuti in Campania, 2010, p. 15. 5 O.P.C.M. n. 2560/1997. 6 Si passò da 7 a 2 termovalorizzatori e da 9 a 2 impianti per la produzione di CDR.
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35
annuale, lo stato di emergenza nel territorio della Regione
Campania.
Nel corso del 2005 con il decreto legge n. 14, poi
convertito in legge n. 53 recante «Misure urgenti per fronteggiare
l’emergenza nel settore rifiuti nella Regione Campania», si è disposto
che il Commissario delegato autorizzasse le iniziative di
adeguamento tecnico-funzionali degli impianti di smaltimento
esistenti, da parte dei soggetti affidatari e nel caso di
inadempienza di questi ultimi, provvedesse in via sostitutiva.
Così facendo il decreto legge del 2005 finiva per ampliare
l’ambito dei poteri commissariali anche all’esercizio di poteri
sostitutivi7.
Con decreto legge n. 245 del 2005, «Misure straordinarie per
fronteggiare l’emergenza nel settore rifiuti della Regione Campania» fu
assegnato al Commissario delegato il compito di provvedere
all’adeguamento del Piano regionale di smaltimento dei rifiuti
del 1997 per incrementare i livelli di raccolta differenziata8.
Nella prospettiva di superamento dell’emergenza
attraverso un nuovo assetto istituzionale del territorio, la legge
regionale n. 4 del 2007, contenente «Norme in materia di gestione,
trasformazione, riutilizzo dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati» ha
7 A. CUCCO, Ancora misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania: il decreto legge 30 novembre 2005, n. 245, in «Prime note», fasc. 3, 2006, pp. 23-25. 8 Al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi della raccolta differenziata previsti dalla normativa ed il superamento del contesto emergenziale, si attribuì ai Consorzi di Bacino il compito di avviare la raccolta differenziata entro 30 giorni dall’affidamento del servizio, pena il loro commissariamento.
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36
abrogato la legge regionale n. 10 del 1993 e ha ridisegnato le
competenze di ciascun ente territoriale9.
L’articolazione della gestione integrata dei rifiuti è stata
incentrata in linea con il decreto legislativo n. 152 del 2006
(Testo Unico Ambientale) sugli Ambiti territoriali ottimali
(ATO) coincidenti con i Comuni, ma al fine di razionalizzare
l’assetto della Pubblica Amministrazione e di conseguire
significativi risparmi di spesa, la legge finanziaria del 200810 ha
fatto carico alle Regioni di sopprimere le Autorità d’Ambito e
di attribuirne le relative funzioni di affidamento e controllo del
servizio di gestione integrata alle Province11.
Con il decreto legge n. 61 del 2007 contenente «Interventi
straordinari per superare l’emergenza del settore dello smaltimento dei
rifiuti nella regione Campania», è stato adottato un nuovo Piano
per assicurare il conseguimento degli obbiettivi di raccolta
differenziata, la messa in sicurezza degli impianti di produzione
di combustibile da rifiuti (CDR), l’utilizzo delle migliori
tecnologie ed un elevato livello di tutela ambientale e sanitario.
Sempre nel 2007 è stato adottato dal Commissario
delegato un nuovo Piano regionale dei rifiuti in Campania,
corredato da una dichiarazione contenente l’identificazione
9 Questo aspetto verrà esaminato nel § 2.3 10 L. n. 244/2007, «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)». 11 In base a tale previsione, dunque, è stato ripristinato il modello delineato dal decreto Ronchi, che stabiliva, all’art. 23 che «salvo diversa disposizione stabilita con legge regionale, gli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti sono le Province. Le Province assicurano una gestione unitaria dei rifiuti urbani e predispongono piani di gestione dei rifiuti, sentiti i comuni».
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della tipologia di impianti presenti su territorio, la descrizione
del sistema carente di smaltimento e le misure di monitoraggio
ambientale12.
Ai fini della soluzione dell’emergenza rifiuti il decreto
legge n. 90 del 200813 ha assegnato al Capo del Dipartimento
della protezione civile l’incarico di Sottosegretario di Stato
presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e ha qualificato i
siti, le aree e gli impianti connessi alla attività della gestione dei
rifiuti come «aree di interesse strategico nazionale» 14 : il
Sottosegretario di Stato veniva assistito dalla forza pubblica e
dalle forze armate15.
Si introdusse, attraverso il decreto legge n. 97 del 200816, il
divieto di trasferimento e smaltimento in altre Regioni di rifiuti
urbani diversi da quelli provenienti della raccolta differenziata e
la regolarizzazione di impianti di selezione e trattamento rifiuti
da sostenere economicamente mediante incentivi pubblici.
Con lo scopo di promuovere le misure idonee ad
assicurare il rientro nel regime di gestione ordinaria dei rifiuti il
12 L’ubicazione dei termovalorizzatori era prevista nei comuni di Acerra e S. Maria La Fossa. 13 Contenente «Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile». 14 Le aree di "interesse nazionale" sono quelle zone geografiche nelle quali e verso le quali è possibile che l'Autorità Politica decida di intraprendere iniziative, anche di carattere militare, al fine di salvaguardare gli interessi del paese, eventualmente anche nell'ambito delle organizzazioni internazionali di cui fa parte. 15 Il Sottosegretario di Stato viene assistito nella raccolta e nel trasporto dei rifiuti, per la vigilanza e la protezione dei siti. Inoltre, vengono introdotte nuove fattispecie criminose per le ipotesi di introduzione abusiva o ostacolo all’accesso in queste aree (artt. 340, 635, comma 2 e 682 del codice penale). 16 Recante «Disposizioni urgenti in materia di monitoraggio e trasparenza dei meccanismi di allocazione della spesa pubblica, nonché in materia fiscale e di proroga di termini»,
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decreto legge n. 195 del 200917 ha introdotto la riforma della
struttura commissariale, la gestione di impianti di selezione e
trattamento rifiuti e l’assegnazione ai Presidenti delle Provincie
dei compiti di programmazione del servizio di gestione rifiuti.
Da ultimo, è intervenuta la legge regionale n. 2 del 21
gennaio 2010 (finanziaria 2010) la quale ha inteso conservare ai
singoli Comuni l’esercizio del servizio di gestione rifiuti nei
territori di rispettiva competenza. Questo modulo gestionale
costituirebbe espressione attuativa, a livello regionale, dei
principi costituzionali di sussidiarietà e decentramento18.
2.2 La crisi dei rifiuti: una premessa storica
Nel 1962 la c.d. legge per Napoli destina tre miliardi di lire
alla costruzione di un impianto di incenerimento rifiuti19. Si
istituisce così una commissione per individuare le soluzioni
tecniche migliori e due anni dopo il Prefetto dispose di
utilizzare il denaro per la costruzione di un impianto della
capacità di 600 tonnellate nella città di Pianura, nella zona
nord-occidentale della città. Il bando relativo alla realizzazione
dell’impianto venne approvato nel 1966, ma nel 1970 la Giunta
17 Contenente «Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed alla protezione civile». 18 Art. 118 della Costituzione. 19 L'inceneritore è un impianto che utilizza come combustibile i rifiuti (CDR), con due obiettivi: eliminarli e produrre energia con il calore prodotto dalla loro combustione.
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comunale revocò il bando precedente e ne approvò uno nuovo
per la realizzazione di due impianti della capacità di 1200
tonnellate; contestualmente i costi lievitavano da tre miliardi a
dieci miliardi di lire20.
Con l’approvazione del D.P.R. del 1982, n. 91521 venne
delegata ai Comuni l’attività di smaltimento dei rifiuti urbani
mediante aziende o concessioni a enti o imprese specializzate.
Tutto ciò ha determinato un aumento considerevole di
discariche gestite dai Comuni o dai privati in base ad
autorizzazioni provvisorie rilasciate dalla Regione Campania.
E’ così che si preannuncia una lunga parentesi di tempo,
destinata a protrarsi per circa quarant’anni, segnalata da
continui rinvii e ricorsi a soluzioni provvisorie, dalla cultura
della discarica, dall’attesa dell’inceneritore, dal mancato
perseguimento di efficaci politiche alternative, dall’assenza di
controlli nello smaltimento dei rifiuti e dal progressivo esaurirsi
delle discariche disponibili.
20 M. SCIAUDONE, La Campania dell’emergenza. Riflessioni a margine della questione rifiuti, La scuola di Pitagora editrice, Napoli, 2011, pp. 53 e ss. 21 Recante «Attuazione delle direttive (CEE) n. 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi».
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2.3 Le fasi dell’emergenza
Ripercorrendo le lunghe tappe della situazione
emergenziale in Campania, è opportuno ricordare che l’inizio
ufficiale dell’emergenza è datato 11 febbraio 1994, quando fu
nominato, con un’ordinanza ad hoc della Presidenza del
Consiglio dei Ministri, Commissario straordinario 22 per la
situazione di emergenza nell’ambito del settore dei rifiuti solidi
urbani, il Prefetto di Napoli, con l’impegno, da parte della
Regione, di emanare un Piano regionale di smaltimento.
A disciplinare per la prima volta lo smaltimento dei rifiuti è
la legge regionale n. 10 del 1993 che ha previsto un apposito
Piano regionale di smaltimento, individuando gli ambiti
territoriali ottimali (ATO), con l’istituzione di ben 18 Consorzi
di bacino, all’interno dei quali dovevano essere assicurati lo
smaltimento dei rifiuti urbani prodotti sul territorio regionale.
E’ con il decreto 11 febbraio 199423 che il Presidente del
Consiglio dei Ministri dichiara lo stato di emergenza 24 nel
settore dello smaltimento rifiuti in Campania. Un’emergenza 22 Il primo Commissario straordinario è stato Umberto Improta. Sono a lui succeduti: Antonio Rastrelli, Andrea Losco, Antonio Bassolino, Corrado Catenacci, Guido Bertolaso, Alessandro Pansa, Umberto Cimmino e Gianni De Gennaro. 23 «Dichiarazione dello stato di emergenza a norma dell'articolo 5, comma 1, della Legge 24 febbraio 1992, n. 225, in ordine alla situazione determinatasi nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani nella Regione Campania». L’emergenza rifiuti in Campania inizia convenzionalmente l’11 febbraio del 1994 per un periodo breve di un anno. Tale termine venne prorogato con D.P.C.M. del 16 aprile 1994 e D.P.C.M. del 7 ottobre 1994 al 31 dicembre 1995. Dal 1996 al 2003 si procedette al rinnovo della proroga dello stato di emergenza con l’emanazione di numerose ordinanze. 24 Con il termine emergenza si indica, di norma, qualcosa di grave ed imprevisto, il verificarsi di eventi straordinari per natura e qualità, una condizione di eccezionale pericolo o una necessità di interesse pubblico.
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protetta dalla legge n. 225 del 1992 di istituzione del Servizio
nazionale della protezione civile, perché basata sulla persistenza
dello stato di emergenza25 ritenuto irrisolvibile anche perché
legato alla ingovernabilità del sistema campano, spesso
condizionato dal fenomeno delle ecomafie26.
L’iniziale situazione emergenziale si è ulteriormente
aggravata nel 1996 quando il Governo ha nominato il
Presidente della Regione Commissario straordinario 27 per la
predisposizione di un piano degli interventi di emergenza e ha
attribuito al Prefetto di Napoli28 i poteri per l'individuazione
dei siti fino all'entrata in vigore del Piano regionale29.
A partire dal 1997 una grave crisi degli impianti di
smaltimento rifiuti ha segnato la Campania, nonostante la
presenza di una gestione commissariale. In numerosi siti di
25 L’art. 5 di questa Legge prevede che in casi di calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità' ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari «il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi. Per l'attuazione degli interventi di emergenza si provvede anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico». 26 Con questo concetto si intende la presenza nel settore dei rifiuti di gruppi criminali associati, operanti attraverso società che gestiscono un traffico illecito di rifiuti. Così F. NOVARESE, La «nuova» disciplina «emergenziale» dei rifiuti, in «Rivista giuridica dell’ambiente», fasc. 3-4, 2003, p. 483-484. 27 L’istituto del commissariamento in materia di rifiuti rappresenta un modello di intervento amministrativo straordinario che, non trovando fonte normativa specifica, viene ricondotto nell’ambito degli interventi urgenti in materia di protezione civile. 28 Il Prefetto requisì alcune discariche private con affidamento della gestione all’ENEA al fine di eliminare le discariche di gestione privata ed evitare l’ingerenza della criminalità organizzata. 29 Il Piano venne promulgato il 31 dicembre 1996 e pubblicato nel luglio 1997. Venne valutato dalla Commissione Bicamerale, la quale riscontrò l’assenza del rispetto del principio della riduzione della produzione di rifiuti contenuto nel decreto Ronchi e l’assenza del consenso degli enti locali circa la localizzazione degli impianti.
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42
stoccaggio provvisorio30 sono state accumulate le eco-balle di
combustibile derivato dai rifiuti (CDR) e il successivo blocco
degli impianti ha portato a situazioni di emergenza sociale e
sanitaria a causa all’accumulo di tonnellate di rifiuti riversati per
le strade.
In attuazione di quanto stabilito dal nuovo Piano regionale
e in osservanza dell'ordinanza del Ministro dell'interno delegato
per il coordinamento della protezione civile n. 2774 del 1998,
venne indetta una gara d’appalto per affidare (per un periodo di
dieci anni) il trattamento dei rifiuti ad operatori privati31 capaci
di realizzare sette impianti per la produzione di combustibile
derivato dai rifiuti (CDR) nonché due termovalorizzatori, per
dar seguito alle modifiche previste dal decreto legislativo n. 22
del 5 febbraio 1997, meglio noto come decreto Ronchi32, la cui
finalità principale era quella di ridurre la produzione di rifiuti e
di incentivarne il recupero ed il riciclaggio, garantendo un
elevato grado di protezione della salute dell'uomo e
dell'ambiente.
Quindi si autorizzò all’entrata in funzione (pur con
notevoli ritardi rispetto ai tempi programmati) dei sette
impianti previsti per la selezione della frazione indifferenziata e
30 Lo stoccaggio è l’operazione di immagazzinare e conservare in un deposito merci, materie prime, prodotti intermedî o finiti, nella quantità sufficiente per l’immissione periodica al consumo. I rifiuti così selezionati vengono triturati e aggregati in grossi blocchi chiusi con vari strati di pellicola di plastica (le c.d. eco-balle). 31 Gli appalti vennero aggiudicati, nel corso dell’anno 2000, alle società Fibe s.p.a. e Fibe Campania s.p.a., appartenenti al gruppo Impregilo. 32 D.Lgs. n. 22/1997, «Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio».
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43
la produzione di CDR, anche se i lavori per la realizzazione
degli unici due impianti industriali di termovalorizzazione dei
rifiuti non fossero stati ancora avviati a causa di carenze nella
progettazione e difficoltà incontrate per la loro localizzazione33.
Numerose sono state le cause34 che hanno determinato la
situazione di paralisi:
i ritardi nella conclusione delle procedure
autorizzative;
la difficoltà nella localizzazione e realizzazione degli
impianti;
le forti opposizioni locali, sostenute anche dalle
Amministrazioni comunali;
l’affidamento ad un soggetto unico della costruzione
e gestione dell’intero servizio di trattamento e
smaltimento;
il sovraccarico degli impianti ed il conseguente loro
malfunzionamento;
gli insufficienti livelli di raccolta differenziata;
33 In base all'ordinanza n. 2774/1998, si prescriveva infatti: - il raggiungimento del 35% di raccolta differenziata entro il 1999; - la realizzazione degli impianti di combustione rifiuti e recupero energetico, anche in variante al Piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti, in siti che siano nella disponibilità delle imprese risultate aggiudicatarie a seguito dello svolgimento di gare comunitarie; - la realizzazione, entro il 1998, degli impianti di selezione e trattamento delle due frazioni (secca e umida) del rifiuto indifferenziato ed, entro il 2000, dei due inceneritori previsti per il trattamento del CDR. 34 Si v. l’indagine di controllo effettuata dalla Corte dei Conti, La gestione dell’emergenza rifiuti in Campania, 2010, p. 24.
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l’eccessiva frammentazione nella gestione locale del
servizio di raccolta dei rifiuti (dovuta alla mancata
attuazione degli ATO).
L’emergenza si dilata così nel corso del tempo 35 e si
trasforma in una situazione di carattere strutturale, in cui si
agisce con la proroga delle autorizzazioni per discariche già
considerate esaurite.
Nel 2004, su specifica richiesta del Presidente della Regione
Campania, veniva nominato un nuovo Commissario delegato,
al quale furono attribuiti nuovi poteri eccezionali con la
proroga dell’esercizio delle discariche attive attraverso
l’ampliamento della volumetria e autorizzando l’apertura di
nuove discariche in modo da favorire la ripresa degli impianti
rallentati.
A tutto ciò si aggiunse l’inadempienza delle società
affidatarie del servizio di smaltimento rifiuti, (che dovevano
realizzare gli impianti) che portò all’eccezionale misura dello
scioglimento del contratto per via legislativa36.
La gravità della situazione37 portò nell’ottobre del 2006, con
il decreto legge n. 26338, alla nomina di un nuovo Commissario
35 Permanevano infatti alcune problematiche riguardo le discariche operanti sul territorio campano in ordine al disagio e alle proteste degli abitanti che chiedevano l’immediata chiusura degli impianti. 36 Lo scioglimento del contratto per via legislativa lasciava in pregiudicato l’obbligo a carico della Fibe, di completare la costruzione degli impianti. 37 Fronteggiata dal Commissario chiamato ad individuare con urgenza le discariche e a disporne la relativa messa in sicurezza igenico-ambientale. Contestualmente, veniva
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delegato nella persona del Capo del Dipartimento della
protezione civile e all’ annullamento della procedura di gara
avviata per il nuovo affidamento del servizio smaltimento
rifiuti.
Con il decreto legge n. 61 del 200739, il Governo decise di
ottemperare alla tragica situazione che stava investendo la
Campania attraverso l’attivazione di nuovi siti da destinare a
discarica, in deroga a specifiche disposizioni in materia
ambientale, paesaggistico territoriale, di pianificazione della
difesa del suolo, nonché norme igieniche sanitarie40.
Tra il 2007 e il 2008 si verificò una nuova e grave crisi dei
rifiuti 41 a causa della chiusura di uno dei più grandi siti di
stoccaggio di eco-balle42; ciò indusse nuovamente il Governo
ad intervenire disponendo:
l’apertura di tre nuovi siti da destinare a discarica;
la realizzazione di un terzo termovalorizzatore43;
approvato, con ordinanza commissariale n. 77/2006, l’adeguamento del Piano regionale dei rifiuti, al fine di dare attuazione agli ATO e ad incrementare i livelli di raccolta differenziata. 38 Contenente «Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania». 39 Recante «Interventi straordinari per superare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e per garantire l'esercizio dei propri poteri agli enti ordinariamente competenti». 40 A. DE QUATTRO, L’emergenza rifiuti in Campania: emergenza reale o assenza di programmazione? Le ultime decisioni contenute nel decreto legge 11 maggio 2007, n. 61, in www.ambientediritto.it 41 Si evidenzia che in data 27 giugno 2007, a causa della crisi endemica dei rifiuti nella Regione Campania, la Commissione Europea avviava una procedura di infrazione contro l’Italia i cui esiti sfoceranno, come si vedrà (v. § 2.9), in una condanna da parte della Corte di Giustizia Europea. 42 Si fa riferimento al sito di stoccaggio di Taverna del Re, nel Comune di Giuliano in Campania. 43 Nella provincia di Salerno.
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lo scioglimento dei Consorzi di Bacino con
l’attuazione da parte dei Comuni campani di nuovi
Piani per la raccolta differenziata, da elaborare entro
60 giorni pena la nomina di un Commissario ad acta44.
Nel 2008 il nuovo Governo affidò al Sottosegretario di
Stato per l’emergenza rifiuti in Campania il compito di
superare, attraverso le iniziative necessarie, il regime
emergenziale e ritornare al sistema ordinario delle competenze.
Si stabilì, con il decreto legge n. 9045 , la costruzione a
Napoli di un nuovo termovalorizzatore46, l’individuazione di
dieci nuovi siti dove realizzare discariche e la previsione di
pesanti sanzioni per i Comuni inadempienti sul fronte della
raccolta differenziata.
Con l’apertura di nuove discariche nel 200847 e nel 200948
è stato possibile lo smaltimento di circa 125.000 tonnellate di
rifiuti prodotti e il loro incenerimento con recupero di energia49
44 L’iniziativa governativa mirava a ripristinare le ordinarie condizioni di raccolta dei rifiuti attraverso il superamento del contesto emergenziale e del supporto offerto dalla struttura commissariale, in adesione alle sollecitazioni della Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e dagli organismi dell’Unione Europea. 45 Recante «Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile». 46 In aggiunta al termovalorizzatore di Salerno, a quello di S. Maria La Fossa e a quello di Acerra, i cui lavori di realizzazione erano quasi completati. 47 Le discariche di Savignano Irpino (AV) e Sant’Arcangelo Trimonte (BN). 48 Le discariche di San Tammaro (CE), Chiaiano (NA) e Terzigno (NA). 49 Si v. l’indagine di controllo effettuata dalla Corte dei Conti, 2010, pp. 28-29
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favorendo, in tal modo, il progressivo normalizzarsi della
situazione50.
Figura 1 - Localizzazione di discariche in Campania nel 2008 (Fonte: Ecoalfabeta)
Al fine del rientro nel regime di gestione ordinaria dei
rifiuti, il decreto legge n. 195 del 2009 51 ha disposto, a
50 E’ quanto emerge dalla Prima relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge n. 123 del 14 luglio 2008, redatta dal Sottosegretario di Stato per l’emergenza rifiuti. 51 Contenente «Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed alla protezione civile».
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decorrere dal 31 dicembre 2009, la cessazione dello stato di
emergenza in Campania.
Il decreto ha previsto il subentro delle autorità
amministrative e territoriali nelle attività in precedenza svolte
dal commissariamento e ha trasferito la gestione normale dei
rifiuti alla competenza delle singole Province campane.
Nonostante la cessazione dello stato di emergenza, sono
ancora presenti carenze nel sistema di raccolta e gestione dei
rifiuti, in quanto manca un ciclo completo di trattamento tale
da consentire lo sfruttamento integrale di tutte le componenti
del rifiuto. Tale profilo ha acquisito maggior rilievo alla luce
della condanna inflitta allo Stato italiano dalla Corte di
Giustizia CE52, in conseguenza dell’inadempimento degli artt. 4
e 5 della direttiva quadro n. 2006/12/CE (recepita nel nostro
ordinamento per mezzo del Testo Unico Ambientale), che
obbliga gli Stati membri ad adottare misure necessarie ad
assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti, senza pericolo
per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio per
l’ambiente, attraverso una rete adeguata di impianti di
trattamento e smaltimento.
Sono queste le cause che conducono all’ultima crisi dei
rifiuti avvenuta nel 2010: il decreto legge n. 19653 ha rimodulato
la scelta dei siti dove realizzare le discariche (effettuata dal
52 Sentenza C-297/08 del 4 marzo 2010. Si v. § 2.9 53 Recante «Disposizioni relative al subentro delle amministrazioni territoriali della regione Campania nelle attività di gestione del ciclo integrato dei rifiuti».
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precedente decreto legge n. 90 del 2008) e ha nuovamente
introdotto la possibilità per il Presidente della Regione di
procedere alla nomina di commissari straordinari54.
2.4 La Legge regionale n. 4 del 2007: aspetti innovativi e
critici
La legge regionale n. 4 del 2007, recante «Norme in materia
di gestione, trasformazione, riutilizzo dei rifiuti e bonifica dei siti
inquinati», è apparsa il risultato di una scelta politico-legislativa
finalizzata a innovare la normativa di settore per raccogliere in
modo organico i principi di diritto ambientale e ripristinare il
regime ordinario di gestione dei rifiuti55.
In attuazione della normativa nazionale vigente e nel
rispetto delle norme comunitarie, la nuova legge regionale ha
disciplinato in particolare tre aspetti cardini:
ha regolamentato l’attività di gestione del ciclo
integrato dei rifiuti basato sull’individuazione, la
messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino
ambientale dei siti inquinati sul territorio regionale;
ha individuato le funzioni e i compiti amministrativi
che richiedono l’unitario esercizio a livello regionale,
disciplinandone l’organizzazione e la modalità di
svolgimento; 54 Il D.L. n. 90/2008 verrà esaminato nel § 2.9 55 L. COLELLA, op. cit., p. 498.
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ha determinato, in applicazione dei principi di
decentramento e di sussidiarietà, differenziazione ed
adeguatezza di cui all’articolo 118 della
Costituzione, le funzioni e compiti amministrativi, il
cui esercizio è conferito dalla Regione alle Province
e ai Comuni56.
Due sono le principali finalità perseguite dalla legge
regionale del 2007:
favorire la prevenzione e la riduzione dei rifiuti
minimizzando l’impatto ambientale;
assicurare l’autosufficienza regionale della gestione
dei rifiuti attraverso il criterio della
provincializzazione57 della gestione.
La legge stabilisce che la gestione dei rifiuti debba essere
«razionale, programmata, integrata e partecipata»; la gestione del ciclo
dei rifiuti rappresenta un condizione ineludibile di tutela della
salute e di salvaguardia dell’ambiente e del territorio.
Tra le misure previste un’ aspetto di grande interesse è
rappresentato dalla disciplina delle localizzazioni dei nuovi
impianti che devono essere ubicati nelle zone individuate dalle
Province, derogando la disciplina della procedura di
56 L. COLELLA, op. cit., p. 500 57 Ibidem.
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valutazione di impatto ambientale (VIA) 58 , prevista
espressamente dalla legge regionale del 1993.
Con la mancata esplicitazione di questa fondamentale
procedura di VIA, la legge n. 4 del 2007 ha escluso così dal
processo decisionale sulla localizzazione degli impianti le
popolazioni locali, in violazione anche del diritto alla
partecipazione ai processi decisionali in materia ambientale59.
Sicuramente l’obiettivo principale del legislatore è stato
quello di superare l’emergenza in Campania provvedendo alla
bonifica e al ripristino dei siti inquinati, ma si è trovato
nell’impossibilità di applicare le nuove disposizioni normative
nella fase commissariale, durante la quale al Commissario
straordinario sono stati attribuiti poteri in deroga alla
normativa vigente. Ne è conseguito che la legge non ha inciso
direttamente sulla risoluzione della crisi emergenziale e non ha
nemmeno rappresentato l’atto presupposto per la redazione del
nuovo Piano regionale.
58 La VIA nasce come strumento per individuare, descrivere e valutare gli effetti diretti ed indiretti di un progetto sulla salute umana e su alcune componenti ambientali quali la fauna, la flora, il suolo, le acque, l’aria, il clima, il paesaggio e il patrimonio culturale e sull’interazione fra questi fattori e componenti. 59 Secondo la convenzione di Aarhus, i cittadini hanno il diritto di essere informati della situazione esistente sul proprio territorio ed è compito delle autorità fornire informazioni e motivare i cittadini a sviluppare un atteggiamento e forme di comportamento responsabili. Conformemente alla direttiva 2003/35/Ce, gli Stati membri provvedono affinché al pubblico vengano offerte tempestive ed effettive opportunità di partecipazione alla preparazione e alla modifica o al riesame dei piani ovvero dei programmi che devono essere elaborati.
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2.5 La gestione dei rifiuti in Campania
Un aspetto interessante della normativa sulla gestione dei
rifiuti riguarda le modalità della raccolta dei rifiuti urbani. In
questo settore, infatti, per anni i Comuni della Campania hanno
operato attraverso 18 Consorzi di Bacino e il sistema di
trattamento e smaltimento dei rifiuti risultava articolato in
impianti di trattamento meccanico-biologico60, in discariche e
in siti di stoccaggio 61 . I fattori che hanno determinato le
maggiori problematiche gestionali62 sono stati:
un’eccessiva frammentazione dovuta a troppi
gestori;
una bassa capacità di trattamento da parte dell’unico
termovalorizzatore in funzione (quello di Acerra)63;
la limitata funzionalità degli impianti di trattamento
meccanico-biologico;
60 Il trattamento meccanico-biologico (TMB) è una tecnologia di trattamento a freddo dei rifiuti indifferenziati che sfrutta l'abbinamento di processi meccanici a processi biologici quali la digestione anaerobica e il compostaggio. Appositi macchinari separano la frazione umida (l'organico) dalla frazione secca (carta, plastica, vetro ecc.); quest'ultima frazione può essere in parte riciclata oppure usata per produrre combustibile derivato dai rifiuti (CDR). 61 Sul punto v. il Piano regionale rifiuti urbani della Regione Campania, 2007, p. 53, in www.redazione.regionecampania.it. 62 V. Proposta di Piano regionale per la gestione dei rifiuti urbani della Regione Campania, 2011, pp. 51-52, in www.orr.regione.campania.it. 63 Il primo inceneritore di Acerra è diventato operativo soltanto nel marzo 2010 e il suo funzionamento è stato ostacolato dalla mancanza di adeguate infrastrutture per la differenziazione e il trattamento dei rifiuti. Si v. Proposta di Risoluzione comune del Parlamento europeo sull'emergenza rifiuti in Campania, 2011, in www.europarl.europa.eu
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53
l’insufficienza di impianti per il recupero energetico
che ha costretto i Comuni ad inviare i rifiuti fuori
Regione a costi elevati64;
la scarsa diffusione della raccolta differenziata;
i pochi sforzi compiuti nella riduzione dei rifiuti e
nel riciclaggio dei rifiuti, con conseguente utilizzo
indiscriminato delle discariche;
Di fronte a tale inefficienza il legislatore nazionale ha
dovuto predisporre misure ad hoc per incentivare la raccolta
differenziata; pertanto, nei centri più popolati si è attuata
prevalentemente la raccolta dei rifiuti con cassonetti stradali,
mentre nelle aree a bassa densità abitativa si è applicato il
sistema di raccolta al domicilio.
Le competenze e funzioni in materia di gestione e raccolta
dei rifiuti spettano ai Comuni che fissano le disposizioni per
assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della
gestione dei rifiuti urbani, le modalità del servizio di raccolta e
il trasporto dei rifiuti per favorire un loro recupero. Accanto a
queste funzioni di carattere gestionale, i Comuni dispongono
anche di funzioni provvedimentali, in quanto hanno la facoltà
di adottare le ordinanze contingibili ed urgenti. Tali ordinanze
64 Tali dati sono forniti dal rapporto dell’ AMRA (centro di competenza nel settore di Analisi e Monitoraggio del Rischio Ambientale), Scenari di gestione di rifiuti solidi urbani in regione Campania, 2008, in www.amracenter.com
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54
hanno natura eccezionale e temporanea e non possono in alcun
modo derogare le altre norme in materia ambientale65.
La legge n. 4 del 2007 ha previsto un particolare piano
regionale per la gestione dei rifiuti, il c.d. P.R.G.R. Si tratta di
uno strumento di pianificazione a diretta finalità ambientale66,
che individua la modalità di intervento ottimale per garantire
una gestione ordinaria dei rifiuti e il superamento delle criticità
emergenziali, che, come è noto, hanno giustificato deroghe alla
normativa regionale.
Bisogna ricordare che la Regione Campania negli ultimi
anni non ha svolto tali poteri di pianificazione e il Governo,
con il decreto n. 90 del 2008, ha affidato al Capo della
protezione civile la predisposizione di un super piano
denominato “piano antirifiuti”, proprio per la sua
connotazione strategica.
Dopo queste precisazioni occorre sottolineare come la
gestione dei rifiuti interessa soprattutto il territorio e la vita
delle città; di conseguenza la centralità di un Piano di gestione
nella regione Campania può consentire una maggiore attività di
riciclaggio ed una collocazione degli impianti più precisa,
tenendo conto delle destinazioni urbanistiche del territorio
65 A confermarlo è stata una recente decisione della Corte di Cassazione (sentenza 7 luglio 2008, n. 27505) che ha chiarito che la norma di cui all’art. 191 del D.Lgs. 152/2006, che consente al Sindaco in via straordinaria di emettere ordinanze contingibili ed urgenti, vada interpretata nel senso che possono essere derogate soltanto le norme relative alle forme di smaltimento dei rifiuti. Si v. il cap. 3. 66 Come ha avuto modo di ribadire la giurisprudenza della Corte di Giustizia, l’obbligo di elaborare i piani di gestione dei rifiuti rappresenta per lo Stato membro un “obbligo di risultato” (v. sentenza 2 maggio 2002, C-292/99).
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55
(attraverso il coordinamento con gli strumenti di pianificazione
urbanistica) e la tutela dell’ambiente.
Grafico 1 - Produzione totale di rifiuti urbani per Regione nel 2009 La produzione di rifiuti in Campania ammonta a poco meno di 2.800.00 tonnellate l’anno. E’ quarta dopo la Lombardia, il Lazio e l’Emilia Romagna.
(Fonte: ISPRA)
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino Alto Adige
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Liguria
Emilia Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
SSTTOORRIIAA DDII UUNN’’EEMMEERRGGEENNZZAA:: IILL CCAASSOO CCAAMMPPAANNIIAA
56
Grafico 2 - Produzione totale di rifiuti urbani in Italia nel 2009
(Fonte: ARPAC)
2.6 Il Decreto Legge n. 90 del 2008: un diritto ambientale
speciale per la Campania
Nel corso della lunga storia dell’emergenza rifiuti in
Campania necessita un particolare approfondimento il decreto
legge n. 90 del 2008, c.d. «decreto rifiuti», predisposto dal
Governo italiano per superare la gestione commissariale in
Campania.
Con questo decreto è stato istituito il Sottosegretario di
Stato (in luogo del Commissario straordinario) nella persona
del Capo del Dipartimento della protezione civile, a cui è stato
attribuito il coordinamento della complessiva azione di
gestione di rifiuti nella Regione Campania e a cui sono stati
0
5.000.000
10.000.000
15.000.000
20.000.000
25.000.000
30.000.000
35.000.000
Nord
Centro
Sud
ITALIA
SSTTOORRIIAA DDII UUNN’’EEMMEERRGGEENNZZAA:: IILL CCAASSOO CCAAMMPPAANNIIAA
57
conferiti poteri speciali67, che vanno oltre i tradizionali poteri in
deroga conferiti al vecchio Commissario.
Il sistema ordinario delle competenze previsto dalla legge
regionale n. 4 del 2007 è stato completamente derogato e gli
Enti locali sono stati investiti di competenze marginali che non
incidono sulla gestione dell’emergenza.
Il decreto ha previsto l’allestimento di discariche e la
costruzione di termovalorizzatori, l’impiego dell’ Esercito a
tutela delle aree allestite per gli impianti qualificate come «aree di
interesse strategico nazionale»68.
Ha stabilito, al fine di evitare ritardi ed azioni di proteste
anche da parte delle comunità locali e impedire il continuo
svilupparsi di incendi dei rifiuti, che il personale delle Forze
Armate, impiegate a presidio delle aree utili alla gestione
emergenziale, agisca con le funzioni di agente di pubblica
sicurezza con la possibilità di poter procedere all'identificazione
e all'immediata perquisizione sul posto di persone e mezzi di
trasporto.
67 L’art. 18 del D.L. n. 90 del 2008 consente la deroga a tutte le leggi che regolano l’attività di gestione dei rifiuti. Il Commissario può agire anche in contrasto con i fini predeterminati dal legislatore. Si v. A. LUCARELLI e A. PIEROBON, Governo e gestione dei rifiuti. Idee, percorsi, proposte, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 2009, p. 416 68 Numerose discariche sono state dichiarate aree di interesse strategico, per cui è stato impedito ai cittadini, ai Sindaci e alle autorità locali, compresa la polizia, di verificare cosa vi venga effettivamente trasportato. Così nella Proposta di Risoluzione comune del Parlamento europeo sull'emergenza rifiuti in Campania, 2011, in www.europarl.europa.eu
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In verità il decreto n. 90 si presenta, secondo alcuni
ambientalisti e una parte di magistrati69, incompatibile con la
Costituzione e le leggi nazionali ed europee.
Un primo punto critico riguarda le deroghe alla
competenza territoriale dell'autorità giudiziaria 70 : nei
procedimenti relativi ai reati riferiti alla gestione dei rifiuti ed ai
reati in materia ambientale nella Regione Campania, anche se
già pendenti, la competenza è attribuita al Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Napoli fino al termine dello
stato emergenziale (la c.d. «Superprocura»)71.
Alla Procura di Napoli, di fatto, sono stati trasferiti
nell’arco di 19 mesi tutti i fascicoli riguardanti le 11 procure
campane in merito ai reati ambientali. Sono stati così sollevati
dubbi di incostituzionalità di un decreto in contrasto con
l’articolo 25 della Costituzione, relativo alla pre-costituzione del
giudice naturale, perché sottrae una serie di procedimenti già
instaurati al giudice competente per legge e con l’ articolo 102
della Costituzione, sul divieto di istituire giudici straordinari o
speciali, perché favorisce l’introduzione di giudici con funzioni
69 Si tratta delle osservazioni, rivolte al Consiglio Superiore della Magistratura,
formulate da 75 magistrati della Procura della Repubblica di Napoli, in relazione ad una possibile lettura costituzionalmente orientata delle norme con le quali il decreto legge n. 90 del 2008 modifica radicalmente, per il territorio della regione Campania, l’assetto del procedimento e del processo penale in tema di reati ambientali nonché, almeno in parte, anche le norme dell’ ordinamento giudiziario in tema di poteri del dirigente dell’ Ufficio di Procura. 70 G. AIELLO, La gestione dei rifiuti nei territori in cui vige lo stato di emergenza. Aspetti Tecnici ed Operativi, 2009, in www.lexambiente.com. 71 F. PASTORE, La «Superprocura» per l’emergenza rifiuti in Campania nella dialettica tra potere legislativo e potere giudiziario, 2008, in www.forumcostituzionale.it
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straordinarie, in contrasto con il principio di unità della
giurisdizione72.
Un secondo punto critico riguarda l’introduzione di nuove
fattispecie di reati all’articolo 2 73 , in parte considerato
incostituzionale perché in contrasto con il principio di
uguaglianza garantito dall’articolo 3 della Costituzione74.
Ne deriva che il decreto legge n. 90 sembrerebbe aver
dato vita ad un «diritto ambientale speciale per la Campania»75, in
quanto i nuovi reati e le nuove disposizioni sono state applicate
solo ai cittadini campani, vigendo nel territorio un diritto
diverso da quello di altre Regioni76.
Una forte contraddizione contenuta nel decreto riguarda i
rapporti tra valutazione di impatto ambientale (VIA), cittadini
ed Enti Locali. La procedura di VIA su impianti e discariche
72 L. ZOPPO, L. VENTRELLA, La giurisdizione in materia di gestione dei rifiuti nel contesto emergenziale in Campania. Evoluzione della giurisprudenza amministrativa e recenti arresti, in «Rassegna Avvocatura dello Stato», vol. LXI, fasc. 4, 2009 73 Art. 2 lettera a) intralcio all’azione di gestione rifiuti; b) distruzione, deterioramento e il rendere inservibili gli impianti e gli strumenti connessi alla gestione dei rifiuti; c) l’introduzione abusiva nella aree e negli impianti connessi all’attività di gestione dei rifiuti. 74 La Corte Costituzionale, con sentenza n. 83/2010, ha però chiarito che «i soggetti tutelati dalle disposizioni sanzionatorie sono le popolazioni coinvolte, di volta in volta, dall’emergenza rifiuti. Il legislatore ritiene tali popolazioni meritevoli di una tutela rafforzata in ragione della situazione specifica in cui esse si trovano, che conferisce alle condotte illecite previste una maggiore offensività. Risulta pertanto rispettato il criterio generale di applicazione del principio di uguaglianza, che impone la disciplina diversa in situazioni diverse, identificate in modo non irragionevole dal legislatore». 75 L. COLELLA, op. cit., p. 522. Sul tema anche Stefano Rodotà, giurista e politico italiano, ha parlato di «un diritto “speciale” fondato su una sostanziale sospensione di garanzie fondamentali». 76 L’unica disposizione destinata ad operare nell’intera nazione è l’art. 4, che devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie attinenti alla gestione dei rifiuti. Si v. M. SITONGIA, L. VENTRELLA, L’art. 4 d.l. 90/2008 sulla giurisdizione in materia di emergenza rifiuti in Campania. La genesi e le prime letture della Corte di Cassazione, in «Rassegna Avvocatura dello Stato», vol. LXI, 2009, p. 217 e ss.
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60
infatti, doveva concludersi, secondo quanto previsto dal
decreto, entro sette giorni, un tempo troppo esiguo rispetto ai
90 giorni previsti dalla normativa che regolamenta la
procedura. Una deroga 77 che ha rappresentato un forte
contrasto con la convenzione sull’accesso alle informazioni e
partecipazione da parte dei cittadini ai processi decisionali che
coinvolgono il territorio.
Al quadro così delineato dal decreto n. 90, è seguito il
decreto legge n. 172 del 2008 78 , che ha rappresentato un
concreto passo avanti verso il superamento dell’emergenza,
prevedendo incentivi al riciclaggio dei rifiuti, l’arresto in seguito
all’abbandono di rifiuti pericolosi e campagne di
sensibilizzazione per la popolazione.
2.7 Il principio di sussidiarietà nel contesto emergenziale
La vicenda dei rifiuti in Campania ci fornisce un modello
esemplificativo della natura incerta del principio di
sussidiarietà.
77 Sul punto si v. TAR Lazio, Sez. I, 18/01/2010, n. 319, «La vicenda dell’emergenza rifiuti in Campania, esibisce la presenza dei presupposti giustificativi non soltanto ai fini dell’adozione di provvedimenti amministrativi di carattere emergenziale, ma anche per l’introduzione di una normazione primaria il cui carattere di necessaria specialità derogatoria rispetto al vigente quadro di disciplina trova necessario fondamento nell’esigenza di fronteggiare un’evenienza avente elevatissimo carattere di allarme sociale e di pericolosità igienico-sanitaria». 78 Contenente «Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, nonché misure urgenti di tutela ambientale».
SSTTOORRIIAA DDII UUNN’’EEMMEERRGGEENNZZAA:: IILL CCAASSOO CCAAMMPPAANNIIAA
61
Tale principio rappresenta il criterio generale di
ripartizione delle funzioni amministrative tra Stato, Regioni ed
Enti locali ed è stato costituzionalizzato (all’articolo 118) con la
riforma del titolo V della Costituzione: il principio si manifesta
dal basso verso l’alto (prima Comuni, poi Province, infine
Regioni), in una prospettiva che contempla l’astensione del
livello statale di fronte all’attivismo regionale locale79.
Secondo l’opinione maggioritaria 80 l’articolo 118 della
Costituzione non sarebbe norma immediatamente precettiva,
ma postula l’emanazione di una legge ordinaria. Ad avviso della
Corte Costituzionale81, poi, la legge avente ad oggetto il riparto
delle funzioni amministrative può essere emanata dallo Stato
anche nelle materie di competenza legislativa concorrente o
regionale.
Emerge il problematico rapporto tra il principio di
sussidiarietà e le emergenze statali unitarie garantite dall’articolo
118 comma 1, secondo il quale le funzioni amministrative,
generalmente attribuite ai Comuni, possono essere allocate ad
un livello di governo diverso per assicurare un esercizio
unitario. Uno degli strumenti attraverso il quale è possibile
perseguire le esigenze unitarie è il coordinamento tra gli enti82.
79 C. BASSU, Emergenza rifiuti a Napoli: la doppia faccia della sussidiarietà, in «Rivista giuridica dell’ambiente», 2009, fasc. 2, p. 407 80 In questo senso Corte Cost. n. 43/2004 81 Sentenza n. 303/2003 82 Individuato dalla stessa Corte Costituzionale, nella sentenza n. 303/2003, quale modalità procedimentale che garantisce il contemperamento tra interessi riferibili ai diversi livelli di governo del territorio.
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62
Non sempre però tale modello consente di perseguire le
esigenze unitarie83; ne sono infatti un esempio le disfunzioni
relative all’emergenza rifiuti in Campania.
La vicenda campana dimostra proprio l’altro lato della
sussidiarietà rappresentato dallo Stato, che può esercitare la
massima ingerenza, può surrogarsi a soggetti inadempienti che
dimostrano di non saper padroneggiare una situazione
emergenziale.
La disciplina introdotta dalle ordinanze presupponeva un
efficace e tempestivo coordinamento tra i vari livelli di
governo84, obiettivo questo rimasto solo sulla carta perché le
comunità territoriali si sono fatte portavoce dell’effetto
NIMBY 85 opponendosi alla locazione degli impianti nei siti
individuati dal Commissario delegato.
Il difetto di comunicazione tra livelli di governo nei diversi
momenti della gestione amministrativa ha portato a scontri di
potere nelle fasi di crisi. È naturale che l’intervento invasivo
dello Stato (si pensi solo all’impiego di forze militari) sia
percepito con insofferenza dalla cittadinanza. In questo senso
83 In particolare, proprio la ragione della sussidiarietà, tesa a favorire un maggiore coinvolgimento delle comunità interessate, pregiudica, talvolta, la fisiologica applicazione del principio in quanto vengono in rilievo le esigenza solidaristiche tutelate da varie disposizioni della Carta Costituzionale (artt. 2, 5, 118 e 120). 84 Così M. FRANCAVILLA, Sussidiarietà e leale collaborazione alla prova dei fatti: l’emergenza rifiuti in Campania, in «Corriere giuridico», vol. XXV, fasc. 3, 2008, p. 303 85 Con NIMBY (acronimo inglese per Not In My Back Yard, lett. "Non nel mio cortile") si indica un atteggiamento che si riscontra nelle proteste contro opere di interesse pubblico che hanno, o si teme possano avere, effetti negativi sui territori in cui verranno costruite (come ad esempio le discariche).
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63
la configurazione di un modello di «sussidiarietà integrata» 86
poteva forse consentire il raggiungimento di opzioni decisionali
condivise, invece di un accentramento delle competenze in un
unico centro decisionale.
Forse proprio il ricorso ad un modello di
amministrazione incentrato sul principio di sussidiarietà
orizzontale, quale criterio ordinatore della società, che consenta
di riconoscere ai singoli cittadini un ruolo di amministratori
attivi, potrebbe agevolare il superamento della situazione di
grave inefficienza che ha colpito la comunità campana.
2.8 La fine di un’emergenza? Riflessioni sulla nuova
“gerarchia dei rifiuti”
Nonostante i dubbi di costituzionalità che il decreto n. 90
del 2008 ha sollevato, le misure in esso contenute hanno fatto
registrare importanti miglioramenti nella Regione Campania. La
crisi dell’emergenza rifiuti intesa nella sua fase più acuta può
forse ritenersi conclusa, ma l’incapacità di gestire l’emergenza
in via ordinaria è tutt’ora un problema.
Sul piano formale, con il decreto legge n. 195 del 200987, è
stata disposta la fine dell’emergenza rifiuti in Campania a far
86 C. BASSU, op. cit., p. 408. 87 Recante «Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed alla protezione civile».
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64
data dal 31 dicembre 2009, ma negli ultimi mesi del 2010 si è
manifestata ancora l’ennesima crisi dei rifiuti, che ha indotto lo
Stato ad adottare, ancora una volta, un provvedimento speciale:
il decreto legge n. 196 del 201088.
In base a tale decreto, al Presidente della Regione
Campania è stato affidato il compito di nominare nuovi
commissari straordinari con funzioni di amministrazione
aggiudicatrice, per individuare il soggetto aggiudicatario del
servizio pubblico, individuando le aree occorrenti per il
deposito dei rifiuti89.
Di nuovo si torna alla figura dei Commissari straordinari,
ma questa volta sono nominati ad hoc per i singoli impianti e
per un periodo di 12 mesi, con competenze e poteri in deroga
al diritto ambientale ordinario90.
La risoluzione dell’emergenza rifiuti in Campania, costruita
intorno ad una complessa trama di disposizioni speciali,
deroghe, ordinanze e decreti legge, è destinata a scontrarsi con
88 Contenente «Disposizioni relative al subentro delle amministrazioni territoriali della regione Campania nelle attività' di gestione del ciclo integrato dei rifiuti»; convertito in Legge n. 1/2011. 89 V. Legge n. 1/2011, «Disposizioni relative al subentro elle amministrazioni territoriali della Regione Campania nelle attività di gestione del ciclo integrato dei rifiuti». Tale legge ha concesso alla Regione Campania, per poter uscire dalla crisi, 150 milioni di euro provenienti dal FAS (Fondo per la aree sottoutilizzate) per realizzare impianti di trattamento volti a ridurre i volumi dei rifiuti conferiti in discariche. 90 In deroga alle disposizioni relative alla valutazione di impatto ambientale (VIA), di sui al D.Lgs. n. 152/2006, per la valutazione relativa all’apertura delle discariche ed all’esercizio degli impianti, i Commissari straordinari dovranno procedere alla convocazione della Conferenza dei servizi, che è tenuta a rilasciare il proprio parere. Sono previsti poteri sostitutivi dei Commissari e da ultimo si pronuncia il Consiglio dei Ministri nel caso in cui il parere della Conferenza sia negativo.
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65
l’attuazione della direttiva europea sui rifiuti n. 98 del 200891,
che introduce una nuova «gerarchia dei rifiuti», dalla quale si
evince un ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore
opzione ambientale nella politica di gestione dei rifiuti92, al fine
di perseguire determinati obiettivi:
ridurre gli impatti per l’ambiente e la salute nella
produzione e nella gestione dei rifiuti;
ridurre gli impatti complessivi dell’uso delle risorse e
migliorarne l’efficacia;
tendere verso una società europea del riciclaggio con
un alto livello di efficienza delle risorse93.
Al vertice di questa nuova “gerarchia” troviamo la
prevenzione, che comprende tutte quelle misure adottate prima
che una sostanza, materiale o un prodotto sia diventato rifiuto,
consentendo la riduzione della quantità dei rifiuti (anche
attraverso il riutilizzo dei prodotti o l’estensione del loro ciclo
di vita) e gli impatti negativi prodotti sull’ambiente e sulla salute
umana.
Segue poi la preparazione per il riutilizzo, che consiste in
operazioni di controllo, pulizia e riparazione attraverso cui i
91 Direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive. 92 L. COLELLA, La gestione dei rifiuti e la storia dell’emergenza «infinita». Le novità del decreto legge n. 196/2010 e gli obiettivi della direttiva 98/2008: quale futuro per la Campania felix?, in «Diritto e giurisprudenza agraria, alimentare e dell’ambiente», 2011, vol. XX, fasc. 4, pp. 247-248. 93 V. E. RONCHI, Direttiva 2008/98/CEE. Priorità nella gestione dei rifiuti e obiettivi in materia di prevenzione, riutilizzo e riciclo, in www. fondazionesvilupposostenibile.org
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66
rifiuti sono ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze
da utilizzare come combustibili.
Va considerato poi il recupero, come per esempio quello di
energia, il cui principale risultato è quello di permettere ai rifiuti
di svolgere un ruolo utile.
Alla base della gerarchia, infine, troviamo lo smaltimento: la
direttiva 94 sottolinea che gli Stati membri, tra cui l’Italia,
dovrebbero disincentivare lo smaltimento in discarica. E’ una
richiesta rivolta a tutti gli Stati di utilizzare politiche ambientali
volte a promuovere il riutilizzo dei prodotti. Per tale motivo
saranno obbligati, entro il 2015, ad istituire regimi di raccolta
differenziata e inoltre dovranno adottare, entro il 2013, i c.d.
“programmi di prevenzione” dei rifiuti, incentrati sui principali
impatti ambientali e basati sulla considerazione dell’intero ciclo
di vita dei prodotti e dei materiali. Tali programmi dovrebbero
perseguire l’obiettivo di dissociare la crescita economica dagli
impatti ambientali connessi alla produzione di rifiuti.
Disponiamo oggi, a livello comunitario e nazionale, di un
quadro normativo e di indirizzi completi e stimolanti sul tema
della gestione dei rifiuti, ed in particolare sulle possibili
94 In particolare la direttiva 98/2008 (artt. 9 e 29) prevede: - che gli Stati adottino programmi di prevenzione integrati nei piani di gestione dei rifiuti; - che gli Stati membri stabiliscano i parametri qualitativi e quantitativi per monitorare i risultati delle misure di prevenzione e stabilire specifici traguardi; - che le parti interessate e il pubblico abbiano la possibilità di partecipare all’elaborazione di questi programmi.
SSTTOORRIIAA DDII UUNN’’EEMMEERRGGEENNZZAA:: IILL CCAASSOO CCAAMMPPAANNIIAA
67
politiche di prevenzione, che non lascia spazio ad incertezze e
inerzie da parte degli Stati.
In particolare, sarà necessario in Campania, a mio avviso,
gestire in modo sostenibile i rifiuti come attività di pubblico
interesse, che sviluppa il suo raggio d’azione tra la tutela
dell’ambiente, quale valore costituzionalmente protetto e il
governo del territorio.
Le montagne di rifiuti che si riversano per le strade di
quartiere non appartengono alla naturale bellezza della
Campania e devono quindi lasciare il posto al rispetto e alla
valorizzazione dell’immenso patrimonio paesaggistico e
ambientale che contraddistingue questa Regione.
2.9 Campania e rifiuti: un caso ancora aperto
Ancora oggi sentiamo parlare di crisi dei rifiuti in
Campania, nonostante siano trascorsi oramai ben tre anni dalla
cessazione dello stato di emergenza.
L’elemento cha ha maggiormente destato allarme in tutta
la cittadinanza campana (e non solo) è stato l’accumulo
indiscriminato e incontrollato di un elevata massa di rifiuti, la
frequenza degli incendi attivati dalla popolazione e i possibili
rischi di epidemie.
SSTTOORRIIAA DDII UUNN’’EEMMEERRGGEENNZZAA:: IILL CCAASSOO CCAAMMPPAANNIIAA
68
Più volte le Istituzioni italiane hanno tentato di trovare,
con notevole difficoltà, una soluzione ragionevole al problema
dei rifiuti, ma la sensazione attuale è che l’emergenza in
Campania non sia solo un ricordo, ma un caso ancora aperto.
A fronte di oggettive carenze da parte
dell’amministrazione pubblica italiana nella gestione del
fenomeno, si inserisce l’Unione europea nel suo ruolo di
controllo e di guardiano della buona amministrazione negli
Stati membri.
Sono queste le premesse che hanno condotto la Corte di
Giustizia europea, nel marzo 2010, a dichiarare l’Italia
inadempiente per non aver adottato le misure necessarie allo
smaltimento dei rifiuti in Campania.
Per poter capire le ragioni di questa condanna è necessario
ripercorrere, se pur in modo breve, i fatti antecedenti 95 che
hanno condotto a tale epilogo.
Nel 2007, in presenza di una nuova situazione
emergenziale in Campania, la Commissione europea aveva
proposto un ricorso per inadempimento contro l’Italia 96 ,
ritenendo che le misure adottate dal Governo non fossero
95 Per una ricostruzione integrale della vicenda si v. D. CAPUANO, Procedure di infrazione ed emergenza rifiuti in Campania: quali dirette conseguenze di carattere finanziario per lo Stato?, in «Rivista giuridica del Mezzogiorno», vol. XXII, fasc. 2, 2008, p. 511 96 La procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea è delineata dagli artt. 266 e ss. del TCE e permette alle Istituzioni europee di vigilare sulla corretta applicazione del diritto comunitario da parte degli Stati membri. La procedura può concludersi con la comminatoria di onerose ammende, ossia con il pagamento di una somma di denaro per ogni giorno di ritardo.
SSTTOORRIIAA DDII UUNN’’EEMMEERRGGEENNZZAA:: IILL CCAASSOO CCAAMMPPAANNIIAA
69
sufficienti per assicurare un elevato livello di protezione per
l’ambiente e la salute97.
Il Governo, per respingere le accuse della Commissione,
ha addotto l’esistenza di cause di forza maggiore, sostenendo
che l’Italia avrebbe compiuto ogni possibile sforzo per arginare
la crisi, con l’apertura di nuove discariche (ostacolata dalle
azioni di protesta della popolazione) e intraprendendo
iniziative straordinarie di raccolta98.
La Corte di Giustizia, nella sentenza del 4 marzo 201099,
ha rigettato gli argomenti del Governo italiano ritenendo che
gli impianti in servizio in Campania non erano sufficienti per
consentire lo smaltimento dei rifiuti; era infatti necessario che
entrassero in funzione nuove discariche, così come previsto dal
Piano regionale del 1997 e da quelli successivi. La Corte rileva
come non sia stato possibile rimediare alla carenza di impianti
nemmeno con la collaborazione delle Regioni italiane e di altri
Stati membri (come la Germania, dove sono stati spediti
ingenti quantitativi di rifiuti).
97 A sostegno del proprio ricorso la Commissione aveva contestato all’Italia di aver violato la direttiva rifiuti del 2006, per non aver creato una rete adeguata di impianti di smaltimento improntata al criterio di prossimità geografica. 98 Risulta da una costante giurisprudenza della Corte di Giustizia che uno Stato membro non può avvalersi di situazioni interne, come l’opposizione della popolazione locale, per giustificare l’inosservanza degli obblighi comunitari. Causa C-297/08, Commissione c/Italia, § 83. 99 Causa C-297/08, Commissione c/Italia.
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La situazione è apparsa ancora più grave avendo la
Campania un tasso di raccolta differenziata dei rifiuti ben più
basso rispetto alla media nazionale100.
La Corte poi ha analizzato un punto fondamentale: la
grande quantità di rifiuti giacenti per le strade ha costituito un
degrado significativo per l’ambiente e per il paesaggio e una
reale minaccia anche per la salute umana101, perché gli accumuli
dei rifiuti hanno provocato una contaminazione del suolo e
delle falde acquifere, il rilascio di sostanze inquinanti non solo
nell’atmosfera, ma anche nell’acqua potabile.
Malgrado la condanna inflitta dalla Corte di Giustizia,
l’Italia non ha provveduto a dare esecuzione alla sentenza e
proprio recentemente, nel gennaio 2012, l’ Unione Europea ha
concesso all’Italia altri cinque mesi di tempo per dare prova che
il nuovo Piano di gestione dei rifiuti in Campania, approvato lo
scorso 30 dicembre, è operativo e funziona concretamente.
L’Italia, in una lotta contro il tempo, dovrà trovare una
soluzione, altrimenti rischia cospicue multe giornaliere, circa
mezzo milione di euro al giorno, da pagare per tutta la durata
della violazione del diritto comunitario, fin dalla prima
sentenza.
100 Si trattava di 55 mila tonnellate di rifiuti che riempivano le strade e 120 mila tonnellate in attesa di trattamento presso gli impianti. 101 Il potere discrezionale degli Stati membri trova un limite: la persistenza di una situazione di fatto che mette in pericolo la salute umana e comporta un degrado per l’ambiente senza l’intervento delle autorità competenti, può rivelare che gli Stati membri hanno oltrepassato il potere discrezionale che è loro conferito (Causa C-297/08, § 97).
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I tecnici del Ministero dell'Ambiente, proprio nei mesi
scorsi, hanno predisposto il provvedimento 102 per rendere
possibile il trasporto dei rifiuti fuori Regione presso impianti
idonei ubicati nel territorio nazionale, prescindendo
dall'accordo delle Regioni interessate.
L’unione Europea si dimostra comunque fiduciosa103 nei
confronti dell’Italia e della Campania in particolare, una fiducia
dimostrata con lo sblocco di una parte dei fondi UE di
coesione per lo sviluppo regionale che erano stati congelati
proprio in attesa del nuovo piano campano.
Dunque è chiaro come per l’Europa i rifiuti debbano
essere considerati una vera e propria risorsa da valorizzare e
non come un elemento problematico della nostra società.
102 Sarà possibile fino al 31 dicembre 2012 avviare i rifiuti trattati negli impianti della Campania verso altre Regioni a prescindere «dall'osservanza dei passaggi procedimentali» contenuti nel D.L. n. 196/2010 che imponeva al Governo di promuovere, nell'ambito della conferenza Stato-Regioni, un accordo interregionale volto allo smaltimento dei rifiuti campani. 103 Secondo uno studio della Commissione Europea, pubblicato il 13 gennaio 2012, una piena attuazione della legislazione UE sui rifiuti consentirebbe di risparmiare 72 miliardi di euro l’anno, incrementando di 42 miliardi di euro il fatturato annuo del settore che gestisce i rifiuti e del settore del riciclaggio, creando oltre 400.000 posti di lavoro entro il 2020.
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Tabella 2 - Sintesi dei principali provvedimenti normativi adottati nell’ambito dell’emergenza rifiuti
1993
Legge regionale n. 10: disciplina per la prima volta la gestione dei rifiuti in Campania e fissa gli obiettivi e le procedure per l’attuazione del Piano di smaltimento rifiuti.
1994
Le discariche vengono chiuse a seguito di ordinanze sindacali e ritardi dovuti alla mancata adozione del Piano per lo smaltimento rifiuti previsto dalla legge regionale del 1993.
1994
D.P.C.M. 11/02: viene dichiarato lo stato di emergenza nel settore smaltimento rifiuti nella Regione Campania.
1996
O.P.C.M. 18/03 n. 2425: nomina di un commissario di Governo per la predisposizione di un piano di intervento di emergenza
1997
La pianificazione impiantistica viene assunta dal Commissario Presidente della Regione Campania e viene approvata la stesura finale del Piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti
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1997
A partire dal questo anno e fino al 2003, con cadenza annuale, si procede alla proroga dello stato di emergenza.
1998
O.P.C.M. 31/03 n. 2774: viene approvato il Piano rifiuti con la previsione di appaltare il sistema di smaltimento dei rifiuti in Campania
2000
O.P.C.M. 23/11 n.3095 e 22/12 n. 3100: sono riconfermati i poteri al Presidente della Regione e al Prefetto di Napoli.
2001
I Prefetti delle Province sono tenuti ad individuare con urgenza dei siti idonei per lo smatimento, in considerazione dell’aggravarsi della situazione igenico-sanitaria.
2004
OPCM 27/02 n. 3341: nomina di un nuovo Commissario delegato per il superamento dell’emergenza.
2005
D.L. 17/02 n. 14: misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dei rifiuti nella Regione Campania.
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2006
D.L. 9/10 n. 263: misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella Regione Campania. Il Piano regionale dei rifiuti viene predisposto ad opera del Commissario che può avvalersi delle strutture nazionali del Servizio nazionale della protezione civile.
2007
Legge regionale n. 4: norme in materia di gestione, trasformazione, riutilizzo dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati.
2007
D.L. 11/05 n. 61: interventi straordinari per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania.
2007
O.P.C.M. 3601: nomina del Prefetto di Napoli come Commissario delegato per il superamento dell’emergenza.
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2008
D.L. 23/05 n. 90: misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile. Incarico di Sottosegretario di Stato al Capo del Dipartimento di Servizio civile. I siti connessi allo smaltimento vengono qualificati come aree di interesse strategico nazionale.
2008
D.L. 6/11 n. 172: misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania, nonché misure urgenti di tutela ambientale.
2009
D.L. 30/12 n. 195: cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella Regione Campania. Riforma della struttura commissariale, gestione di impianti di selezione e trattamento rifiuti e assegnazione ai Presidenti delle Provincie dei compiti di programmazione del servizio di gestione rifiuti.
2010
D.L. 26/11 n. 196: subentro delle amministrazioni territoriali della Regione Campania nelle attività di gestione del ciclo integrato dei rifiuti
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3.1 Le ordinanze extra ordinem
Gli ordinamenti moderni, pur se basati su principi dello
Stato di diritto, di legalità e della tendenziale completezza
dell’ordinamento, conoscono strumenti eccezionali, volti a far
fronte a situazioni imprevedibili o comunque non disciplinabili
a priori con norme specifiche. Tali strumenti, di cui sono di
esempio i provvedimenti di urgenza emanati dal Prefetto «nel
caso di urgenza o per grave necessità pubblica»1 e se «indispensabili per la
tutela dell’ordine pubblico e per la sicurezza pubblica», nonché le
ordinanze contingibili2 ed urgenti emanate dal Sindaco in caso
di «gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini» 3 ,
costituiscono una «valvola di sicurezza»4 dell’ordinamento. Sono,
cioè, espressione di un potere extra ordinem 5 , ritenuto
1 Art. 2 R.D. n. 773/1931, Testo unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza. 2 «Il concetto di contingibilità rinvia ad un evento che, deviando dalla catena regolare degli avvenimenti, non può essere che affrontato con strumenti anch’essi devianti rispetto alla catena regolare dell’attività amministrativa». Così C.G.A., 2/03/2007 n. 97 3 Art. 54 D.Lgs. n. 267/2000, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. 4 Secondo la nota definizione M.S. GIANNINI, Lezioni di diritto amministrativo, Milano, Giuffrè, 1950, p. 102. 5 Cosi A. ANDRONIO, Le ordinanze di necessità e urgenza per la tutela dell’ambiente, Milano, Giuffrè Editore, 2004, p. 2 «Le ordinanze di necessità sono espressione di potestà
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compatibile con il principio di legalità6, basato sul presupposto
dell’urgenza.
È opinione condivisa in dottrina7 che la molteplicità dei
provvedimenti denominati “ordinanze contingibili ed urgenti”,
“ordinanze di necessità e di urgenza”, “ordinanze extra
ordinem”, sia riconducibile ad un unico potere amministrativo,
dotato di caratteristiche unitarie. Il potere di ordinanza
consente all’amministrazione di far fronte ad emergenze nelle
quali non è possibile intervenire mediante le procedure
ordinarie previste dalla legge e ha la funzione di colmare le
lacune dell’ordinamento giuridico 8 . Esso consiste nella
possibilità di adottare provvedimenti dal contenuto non
predeterminato dalla legge (c.d. atipici), ossia procedimenti
tipici, ma in situazioni diverse da quelle previste e secondo
procedure differenti.
Il presupposto per la loro adozione è una situazione
eccezionale di necessità ed urgenza, tale da non consentire il
ricorso a procedure ordinarie. Le ordinanze di urgente
necessità sono, in sostanza, atti generali non predeterminati
extra ordinem e come tali possono disporre praeter legem e perfino contra legem, se pure nel rispetto della Costituzione, delle leggi costituzionali e dei principi generali dell’ordinamento giuridico». 6 Come sottolineato da M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, Milano, Giuffrè, 1993, p. 270, «le ordinanze di urgenza sono provvedimenti amministrativi che, in quanto previsto dalle norme, stanno nel principio di legalità ma costituiscono un eccezione rispetto al principio della tipicità». 7 Si v. E. CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, ed. X, Giuffrè, Milano, 2008, p. 341 8 M.S. GIANNINI, op. cit., pp. 268 e ss.
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78
quanto al contenuto, emanati da autorità amministrative
diverse dal Governo9.
Nell’ambito dei poteri straordinari per fronteggiare
emergenze, la potestà di ordinanza assume alcune
caratteristiche peculiari. Con l’entrata in vigore della
Costituzione sono stati sollevati forti dubbi sulla legittimità dei
poteri riconosciuti al Sindaco e al Prefetto circa l’adozione di
provvedimenti di carattere straordinario per la tutela dell’ordine
e della sicurezza pubblica.
L’attribuzione di tali poteri ad autorità amministrative
diverse dal Governo è stato ritenuto contrario alla
Costituzione, in quanto le ordinanze essendo provvedimenti
idonei ad incidere negativamente sulle libertà individuali,
avrebbero operato sullo stesso piano degli atti legislativi, ma
senza le garanzie previste dagli articoli 76 e 77 della
Costituzione10.
Com’è noto l’art. 77, comma 2 della Costituzione dispone:
«Quando, in casi straordinari di necessità ed urgenza, il Governo adotta
sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve
il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere […]». La
Costituzione disciplina uno strumento per affrontare i casi
straordinari di necessità ed urgenza: il decreto legge.
9 A. ANDRONIO, op. cit., pp. 7 e ss. 10 A. LUCARELLI, A. PIEROBON, Governo e gestione dei rifiuti. Idee, percorsi, proposte, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 2009, pp. 390-394
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79
Soffermiamo la nostra attenzione sulle ordinanze previste
dalla legge n. 225 del 1992 che, come abbiamo visto, ha
istituito il Servizio di protezione civile: le ordinanze possono
essere adottate nei casi di «calamità naturali, catastrofi o altri eventi,
che per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e
poteri straordinari, da parte del Presidente del Consiglio dei ministri o del
ministro delegato o anche dal commissario delegato, da parte del sindaco,
da parte del prefetto».
Il ricorso a tale strumento sembrerebbe incostituzionale
perché un organo monocratico, qual è appunto il Presidente
del Consiglio o un Ministro delegato, pone in essere degli atti
che non potranno mai essere assoggettati al sindacato della
Corte Costituzionale, non avendo forza di legge in quanto
derogano, ma non abrogano le leggi ordinarie.
L’intervento della Corte Costituzionale ha fornito una
soluzione definitiva al problema della natura delle ordinanze di
necessità, ammettendone la conformità alla Costituzione11.
Da tempo la dottrina e la Corte Costituzionale hanno
definito la disciplina che renderebbe le ordinanze compatibili
con la Costituzione.
I principi che la delineano12 sono:
11 Sentenze n. 8/1956; n. 26/1961; n. 127 del 1995. 12 A. ANDRONIO, op. cit., pp. 236-248; A. LUCARELLI, A. PIEROBON, op.cit., pp. 390-394
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rispetto delle riserve di legge fissate dalla
Costituzione13;
rispetto dei principi generali dell’ordinamento14;
motivazione congrua ed adeguata;
efficacia limitata nel tempo15;
principio di leale collaborazione;
principio di sussidiarietà16;
proporzionalità rispetto al fine perseguito17;
presenza di un pericolo attuale, concreto,
eccezionale ed imprevedibile, non fronteggiabile
con i mezzi ordinari dell’ordinamento18;
presenza di una situazione di effettiva emergenza19.
13 Proprio il carattere eccezionale delle ordinanze di urgenza implica che esse siano sufficientemente definite nel contenuto, nei tempi, nelle modalità di esercizio: il potere di ordinanza, non può incidere sui settori dell’ordinamento senza che sia specificato il nesso di strumentalità tra lo stato di emergenza e le norme di cui si consenta la momentanea sospensione. Così Corte Cost., sentenza n. 127 del 1995. 14 Cfr. C. Stato, Sez. IV, 8/06/ 2011, n. 3502, «La circostanza per cui una disposizione di legge contempli l’emanazione di atti amministrativi per affrontare eventi emergenziali mediante deroghe ad ogni disposizione vigente, ma nell’ineludibile osservanza dei principi generali dell’ordinamento giuridico non contravviene ad alcuna clausola di costituzionalità dell’ordinamento medesimo, ma si configura come pienamente conforme alla fondamentale esigenza del “buon andamento” dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.), esplicitata a sua volta negli altrettanto necessari requisiti della sua economicità, efficacia e imparzialità». 15 Cosi T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, ord. n. 717/2008; T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, ord. n. 2216/2006; C. Stato, Sez. V, sent. n. 1481/1996: «è illegittimo il ricorso da parte del Sindaco al potere di ordinanza contingibile e urgente quando il provvedimento, in relazione al suo scopo, riveste il carattere della continuità, eccedendo le finalità del momento ed appaia destinato a regolare stabilmente una situazione o un assetto di interessi». 16 Corte Cost., sent. n. 8 del 1956; n. 26 del 1961; n. 4 del 1977; n. 127 del 1995. 17 In altri termini, «per suo tramite non deve essere imposto un sacrificio privato eccessivo quando la salvaguardia dell’interesse pubblico possa essere raggiunta attraverso misure alternative». V. C. Stato, Sez. VI, sent. n 1990/2003. 18 C. Stato, Sez. V, sent. n. 1904/2001; TAR Veneto, n. 4131/2001. 19 Fermo restando che, a fondamento del provvedimento d’urgenza, non è richiesta la sussistenza di un danno, ma il rischio oggettivo che questo si realizzi. Parimenti, non è
IILL RREEGGIIMMEE EEMMEERRGGEENNZZIIAALLEE IINN CCAAMMPPAANNIIAA
81
3.2 Le ordinanze di urgente necessità in materia di rifiuti
Le ragioni di una ricerca sulle ordinanze di necessità
incentrata sulla tutela dell’ambiente risiedono nella peculiarità
dell’oggetto di tutela, che trova la sua fonte in regole e principi
di origine comunitaria, difficilmente derogabili da parte di un
atto amministrativo.
Le ordinanze si inseriscono nella disciplina emergenziale
che caratterizza purtroppo la maggioranza dei criteri normativi
in materia ambientale, a volte, con abusi documentati nella
prassi e nella giurisprudenza, che comportano uno
stravolgimento della loro funzione di rimedio provvisorio20.
L’attività di smaltimento rifiuti occupa una posizione di
primaria importanza nell’ambito della tutela d’urgenza
dell’ambiente. La legislazione ambientale contempla il ricorso
alle ordinanze contingibili ed urgenti in diverse disposizioni; tra
queste troviamo i provvedimenti dell’art. 5 della legge n. 225
del 1992 e quelli aventi ad oggetto speciali forme di gestione
dei rifiuti, di cui all’articolo 191 del Testo Unico Ambientale, il
quale prevede che, in situazioni eccezionali e per periodi di
tempo limitati, la gestione dei rifiuti avvenga in deroga alla
disciplina posta dalla parte quarta del codice stesso, quando ciò
necessario che la situazione pregiudizievole si sia verificata in epoca prossima all’adozione dell’ordinanza, essendo il requisito dell’urgenza riferito al pericolo e non al fatto generatore del rischio (C. Stato, Sez. V, n. 1904/2001; C. Stato, Sez. V, n. 6624/2002; C. Stato, Sez. V, n. 1678/2003). 20 A. ANDRONIO, op. cit., p. 92.
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si rende indispensabile per tutelare la salute dei cittadini e
l’ambiente21.
I provvedimenti contingibili ed urgenti in materia di
gestione dei rifiuti sono stati disciplinati per la prima volta dal
D.P.R. n. 915 del 1982 all’articolo 12 che attribuiva al Sindaco,
al Presidente della Giunta Regionale e al Ministro della Sanità il
potere di «ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di smaltimento
dei rifiuti anche in deroga alla disposizioni vigenti». La norma
consentiva cioè il ricorso temporaneo a speciali forme di
smaltimento di rifiuti, secondo modalità diverse da quelle
previste dalla legge.
Il presupposto per l’adozione di provvedimenti derogatori
era individuato nell’ «eccezionale e urgente necessità di tutelare la salute
pubblica o l’ambiente», specificando che i provvedimenti in deroga
non pregiudicavano in alcun modo i poteri degli organi dello
Stato preposti a tutela dalla sicurezza pubblica.
Con il decreto Ronchi sono state introdotte significative
innovazioni all’articolo 13 che ha abrogato la precedente
disposizione. La nuova norma ha introdotto accanto al
presupposto della «eccezionale e urgente necessità» di tutela della
salute e dell’ambiente, la precisazione che ai provvedimenti
21 Ivi, pp. 222-236. Cfr., C. Stato Sez. V, 17/09/2008, n. 4434, n. 4435 e 4436; 2/12/2002, n. 6624; 3/02/2000, n. 596; 4/11/2009, n. 1726, «La mancata attuazione della normativa in tema di pianificazione per lo smaltimento dei rifiuti comporta una obiettiva situazione di emergenza non fronteggiabile in breve tempo con rimedi ordinari: sotto tale profilo si presenta pertanto legittimo l'esercizio del potere "extra ordinem" previsto dall’art. 13 del d.lgs. n. 22/1997 (oggi, art. 191 d.lgs. n. 152/2006), da parte del Sindaco, al fine di far fronte all'emergenza rifiuti e scongiurare, in tal modo, situazioni di pericolo per la salute pubblica e l’ambiente».
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83
derogatori è possibile ricorrere solo qualora «non si possa
altrimenti provvedere» 22 , per evitare conseguenze di danno o
pericolo per la salute o per l’ambiente. La norma impone,
inoltre, per la prima volta nella storia dell’ordinamento, che
vengano specificatamente indicate nell’ordinanza le
disposizioni a cui si deroga23.
I provvedimenti di urgenza assumono così una
collocazione temporanea: hanno efficacia per un periodo non
superiore a sei mesi e non possono essere reiterai per più di
due volte. Il potere di ordinanza è attribuito al Presidente della
Regione, Presidente dalla Provincia e al Sindaco; il Presidente
della Regione, in particolare, deve intraprendere le iniziative
necessarie a garantire la raccolta differenziata, il riutilizzo, il
riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti e deve ricondurre a
normalità la gestione dei rifiuti una volta superata l’emergenza.
Si tratta di un potere straordinario provvisoriamente
derogatorio del diritto vigente, che ha portata generale e
contenuto non predeterminato dalla legge (libero), ma che nella
prassi attuativa risulta assai scarsamente utilizzato, perche il
22 Secondo la giurisprudenza i presupposti per l’emanazione delle ordinanze contingibili ed urgenti sono, da una parte, l’impossibilità di poter differire l’intervento ad altra data (requisito dell’urgenza) e l’impossibilità di provvedere con gli ordinari strumenti offerti dalla legislazione (requisito della contingibilità) e dall’altra si richiede che “non si possa altrimenti provvedere” così chiarendo la necessità del requisito dell’indispensabilità. Cfr., C. Stato Sez. IV, 13/10/2003, n. 6169; TAR Lazio, Roma, 17/11/2006, n. 12691. 23 A. LUCARELLI, A. PIEROBON, op.cit., pp. 386-389. Questa tipologia di ordinanze si connota, innanzitutto per il carattere derogatorio delle vigenti disposizioni di legge e in esse devono essere indicate «le norme a cui si intende derogare». Cfr., TAR Campania, 25/09/2006, n. 8255.
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84
Governo, per emergenze di livello nazionale, preferisce
ricorrere alla competenza, ben più efficace e organizzata,
attribuita dall’ art. 5 della legge sulla protezione civile24.
L’attuale disciplina contenuta nel Testo Unico Ambientale
riprende, quasi integralmente l’articolo 13 del decreto Ronchi e
non ha introdotto sostanziali innovazioni. Va osservato però
un particolare limite alla capacita derogatoria contenuto nelle
nuove disposizioni; infatti queste ordinanze devono rispettare
non solo i principi generali dell’ ordinamento giuridico, ma
anche i principi fondamentali della materia ambientale25.
Attraverso il decreto legge n. 90 del 2008 le ordinanze
possono ora essere reiterate «per un periodo non superiore a 18 mesi
per ogni speciale forma di gestione dei rifiuti», mentre in precedenza il
limite era «per non più di due volte». Il presupposto per l’adozione
dei provvedimenti non è costituito dal pericolo di un danno a
determinati in interessi pubblici, quanto all’urgenza di
provvedere alla gestione dei rifiuti.
24 A. LUCARELLI, A. PIEROBON, op.cit., pp. 407-409. Sotto ulteriore profilo «le ordinanze adottate in via straordinaria e di urgenza per fronteggiare situazioni di emergenza non richiedono, ai sensi dell’art. 5, comma quinto, della legge n. 225 del 1992, la pedissequa indicazione per estremi delle leggi cui è fatta deroga, ma solo delle principali, così che l’effetto derogatorio va desunto dal complessivo contenuto prescrittivo del provvedimento di necessità ed urgenza in relazione perimetro degli interessi di rilievo pubblico presi in considerazione e agli scopi cui esso è indirizzato». Così sent. C. Stato, 2/09/2011, n. 4916. 25 La giurisprudenza ha precisato che sarebbe infatti contraddittorio che una norma predisposta a tutelare l’ambiente consentirebbe l’emanazione di un provvedimento lesivo dell’interesse pubblico da tutelare. Cfr., Cass., Sez. III, n. 11/11/19994, n. 2538.
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3.3. Abuso del potere di ordinanza
Alla luce di quanto è stato esaminato fino ad ora viene da
chiedersi se la situazione in Campania sia addebitabile ad una
normativa imperfetta, oppure se sia stata determinata da un
abuso, attraverso il ricorso a strumenti normativi emergenziali
nel corso di quattordici anni, in particolare con l’adozione di
ordinanze di necessità e di urgenza da parte del soggetto di
volta in volta competente ai sensi della legge n. 225 del 1992.
Tale considerazione invita a riflettere sull’effettiva idoneità
di tali strumenti normativi a perseguire gli obiettivi loro
assegnati che sono, sostanzialmente, di tutela dei diritti
fondamentali della persona e sull’efficacia della disciplina
normativa dei poteri di ordinanza.
Il tratto peculiare della gestione dell’emergenza rifiuti in
Campania è stato l’utilizzo di strumenti straordinari per gestire
una situazione che avrebbe dovuto essere condotta con
strumenti ordinari 26 . Ne risulta, innanzitutto un complicato
quando normativo: circa 120 provvedimenti d’urgenza (decreti
legge, decreti ed ordinanze del Presidente del Consiglio dei
Ministri), emanati tra il febbraio 1994 e l’ aprile 2008 e gran
parte dei quali ancora vigenti.
26 M. GNES, Le ordinanze di protezione civile per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania, in «Rivista giuridica del Mezzogiorno», fasc. 2, 2008, p. 435.
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Il complesso delle ordinanze di urgenza ha così portato
alla sovrapposizione di un vero e proprio sistema
amministrativo e di gestione alternativo a quello ordinario27,
che il giudice amministrativo ha ritenuto in contrasto con le
condizioni stabilite dalla normativa nazionale in materia di
protezione civile, sia per l’incertezza sui tempi della cessazione
del regime di emergenza, sia per l’estensione dei poteri
commissariali dall’attività di raccolta all’intera gestione dei
rifiuti.
La legge n. 225 del 1992 assolve l’esigenza di garantire una
direzione unitaria degli interventi in caso di calamità naturali e
catastrofi evitando che si crei un caos istituzionale, istituendo
un centro unitario per la direzione e il coordinamento di tutte
le pubbliche amministrazioni coinvolte nella crisi28.
Il Consiglio dei Ministri, sulla base di tale legge, può
deliberare lo stato di emergenza determinandone la durata ed
estensione territoriale, indicando le principali norme a cui
intende derogare e anche la motivazione circa la congruità di
ciascuna deroga rispetto all’emergenza da affrontare29.
In questo senso sono state derogate non solo le norme in
materia ambientale, ma anche le stesse norme in materia di
gestione dei rifiuti, ogni qual volta non è stata valutata
preventivamente la possibilità di trovare soluzioni alternative
27 M. GNES, L’emergenza nello smaltimento dei rifiuti e la proposta di istituzione di un’agenzia per il territorio del mezzogiorno, in «Rivista giuridica del Mezzogiorno», fasc. 2, 2010, p. 537. 28 A. LUCARELLI, A. PIEROBON, op.cit., pp. 407-409. 29 Art. 5 L. n. 225/1992.
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adatte ad evitare il sacrificio degli interessi protetti, come
avvenuto in merito all’utilizzo di aree ambientali protette quale
il Parco Nazionale del Vesuvio30.
Il provvedimento di necessità ed urgenza ha per suo
presupposto il pericolo di grave danno che minacci il pubblico
interesse, a causa di una situazione di carattere eccezionale alla
quale non si può far fronte con i mezzi ordinari; ne consegue
che non può essere utilizzato il potere di ordinanza ogni volta
che sia possibile utilizzare un atto ordinario.
L’utilizzo del potere di urgenza per gestire l’emergenza in
Campania non ha comportato soltanto deroghe alla normativa
d’urgenza prevista dalla legislazione, ma addirittura alle stesse
norme derogatorie emanate in modo specifico per fronteggiare
l’emergenza nel settore dello smaltimento rifiuti in Campania31.
La disciplina della gestione dei rifiuti prevede
l’attribuzione di competenze a diversi livelli di Governo per
cercare di mediare tra gli interessi coinvolti: da un lato vi è
quello relativo alla efficiente gestione del sistema dei rifiuti e
dall’altro vi è la c.d. sindrome NIMBY, per cui nessuna
collettività locale desidera avere un impianto potenzialmente
dannoso o inquinante nel proprio territorio. Vengono a
contrapporsi non solo il principio di sussidiarietà con l’esigenza
30 Cons. Stato, Sez. VI, n. 7472/2004, in «Rivista giuridica dell’edilizia», 2005, p. 524. 31 Se si esaminano le ordinanze emanate del 1996 ad oggi si può notare che sì è creato un sistema di ordinanze «catenaccio», nel senso che le nuove ordinanze hanno consentito la deroga a norme di legge e alle stesse deroghe. Così A. LUCARELLI, A. PIEROBON, op. cit., p. 411.
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di gestione unitaria statale dell’emergenza, ma anche i diversi
poteri attribuiti ai numerosi soggetti coinvolti (Commissario
Straordinario, Prefetti, Sindaci)32.
Il caso Campania rappresenta l’esempio del fallimento dei
poteri di urgenza. Già nel 2002, la Corte dei Conti aveva
rilevato il fallimento della gestione straordinaria, il mancato
raggiungimento degli obiettivi programmati, la scarsa
sensibilizzazione delle popolazioni verso una raccolta
differenziata dei rifiuti e la sovrapposizione tra attività
straordinaria legata all’emergenza e l’attività di ordinaria
gestione33.
Si possono trarre due lezioni dall’esperienza campana: la
prima è che l’utilizzo dei poteri d’urgenza, per gestire una fase
che richiede un intervento a lungo termine, può portare alla
completa paralisi della situazione; la seconda è che l’utilizzo
improprio dei poteri d’urgenza ha alterato il sistema delle fonti
del diritto, creando zone nell’ordinamento sottratte al principio
di legalità34.
32 M. GNES, Le ordinanze di protezione civile per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania, in «Rivista giuridica del Mezzogiorno», fasc. 2, 2008, p. 441. 33 Corte dei conti, sez. contr., 19 febbraio 2002 n. 7, in www.corteconti.it. 34 M. GNES, op. cit., p. 445. La Corte Costituzionale ha affermato la fondamentale necessità che in ogni conferimento di poteri amministrativi venga osservato il principio di legalità sostanziale. Tale principio non consente «l'assoluta indeterminatezza» del potere conferito dalla legge ad una autorità amministrativa, che produce l'effetto di attribuire, in pratica, una “totale libertà” al soggetto od organo investito della funzione (sentenze n. 307/2003; n. 32 del 2009 e n. 150/1982).
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La durata e la natura dell’emergenza hanno infatti
determinato una situazione di straordinarietà strutturale, che va
oltre la catastrofe naturale o l’evento eccezionale circoscritto in
un preciso lasso di tempo.
Si è così creato un doppio quadro dell’ordinamento
giuridico: un ordinamento giuridico generale, fondato sul
principio di legalità, ed un ordinamento giuridico parallelo,
fondato su un’incontenibile quantità di ordinanze che hanno
determinato un numero imprecisato di “deroghe” e di
“deroghe delle deroghe”35.
Il principio di legalità, nella sua accezione più generale,
impone all’attività amministrativa di seguire i fini determinati
dalla legge, e si concretizza nell’esigenza che gli atti
amministrativi siano tipici e nominati. Tipici, in quanto
espressamente previsti dalla legge; nominati, poiché ammissibili
solamente in presenza dei presupposti e dei motivi che la legge
stessa indica.
In un ordinamento moderno è il Parlamento ad essere
depositario del potere di rappresentare la volontà generale,
perché la legge, ed il principio di legalità, informano l’esercizio
35 A partire dall’ordinanza n. 2425 del 1996, che affidava al commissario straordinario la stesura del piano per la gestione dei rifiuti campani e la realizzazione delle opere necessarie, ai commissari per l’emergenza rifiuti è stato consentito di operare in deroga: alla normativa sulle espropriazioni e sui vincoli idrogeologici e paesistici; alla normativa sulla partecipazione da parte dei cittadini; alla normativa sulla localizzazione delle opere pubbliche; alla normativa in materia di rifiuti e alla normativa tecnica in materia di discariche; alla normativa in materia di contrattualistica pubblica sia interna sia a livello comunitario; alla normativa sull’impatto ambientale.
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dei poteri normativi secondari, permettendo a questo interesse
comune di prevalere su quelli politici, settoriali e contingenti36.
La Corte costituzionale ha affermato, in più occasioni,
l’imprescindibile necessità che in ogni conferimento di poteri
amministrativi venga osservato il principio di legalità
sostanziale, posto alla base dello Stato di diritto. L’atto
amministrativo non deve soltanto trovare un legittimo e
apposito supporto nella legislazione, ma anche la previa
delimitazione del suo possibile contenuto sostanziale37.
Il potere d’urgenza costituisce una restrizione del principio
di legalità, il quale cede di fronte alle esigenze di necessità. E’
richiesto un intervento del potere amministrativo con
contenuti che, seppure non previsti dalle leggi, siano
strettamente utili a fornire un’adeguata tutela degli interessi
pubblici in pericolo38.
36 G. SGUEO, Le ordinanze di necessità ed urgenza. Riflessioni sull’inscrivibilità di un potere fortemente discrezionale in un sistema pubblicistico improntato al garantismo, 2007, in www.diritto.it 37 Con la recente sentenza n. 115/2011, la Corte Costituzionale ha affermato che «non è sufficiente che il potere sia finalizzato dalla legge alla tutela di un bene o di un valore, ma è indispensabile che il suo esercizio sia determinato nel contenuto e nelle modalità, in modo da mantenere costantemente una, pur elastica, copertura legislativa dell’azione amministrativa». 38 R. CAVALLO PERIN, Potere di ordinanza e principio di legalità. Le ordinanze amministrative di necessità ed urgenza, Milano, Giuffrè Editore, 1990, p. 15.
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3.4 La grave violazione dei diritti fondamentali
L’abuso del potere di ordinanza, quindi l’adozione di
ordinanze al di fuori di casi eccezionali e di emergenza si
sostanzia, oltre che nella violazione di norme costituzionali
attributive della competenza allo Stato e autonomie locali, nella
violazione del principio di legalità39, inteso quale garanzia del
fondamento di ogni atto proveniente dal potere esecutivo in
una legge, espressione dell’organo rappresentativo della volontà
popolare.
Il sovvertimento dell’ordine delle competenze fra
Parlamento ed Esecutivo, quando non ne ricorrano i
presupposti (i casi di necessità ed urgenza), si risolve in una
potenziale violazione dei diritti fondamentali.
La vicenda campana dei rifiuti è emblematica della
potenzialità a ledere beni costituzionali come la salute,
l’ambiente, quindi diritti fondamentali, attraverso interventi
normativi eccezionali sfuggiti ad ogni controllo.
La legge n. 225 del 1992, come abbiamo visto, disciplina le
procedure di intervento in casi di eventi eccezionali
garantendo il rispetto del principio di legalità attraverso un
sistema di controlli delle attività amministrative poste in essere.
39 TAR Campania, sent. n. 273/2007: «i provvedimenti contingibili ed urgenti sono emanati per provvedere in una situazione di urgenza e necessità e non hanno un contenuto predeterminato dalla legge, in quanto devono adeguarsi in concreto ai tratti dell’emergenza sulla quale si vuole intervenire. Per effetto di essi, il principio di legalità è compresso nei limiti massimi consessi dall’ordinamento e la deroga al principio di tipicità si traduce in una situazione di necessità ed urgenza».
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L’utilizzo dei poteri emergenziali sulla base di questa
disciplina non pregiudica i diritti fondamentali della persona40,
ma l’abuso di tali poteri ha determinato l’istaurarsi di una
situazione patologica per un lasso di tempo irragionevole,
senza che si attivassero gli strumenti di controllo previsti dalla
normativa.
La conseguenza è ben visibile: tutti i diritti fondamentali
della persona, quali il diritto alla salute, il diritto dall’ambiente
salubre 41 , ma anche la dignità umana e il principio di
uguaglianza sono stati negati, stravolgendo così le finalità dei
poteri di emergenza contenuti nell’articolo 1 della legge
225/1992: «tutelare l’integrità della vita, i beni, gli insediamenti e
l’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità
naturali, da catastrofi o altri eventi calamitosi».
In questo modo l’emergenza rifiuti ha perso i connotati
dell’eccezionalità ed imprevedibilità, abbandonando la
salvaguardia dei principi costituzionali, che non possono essere
sovvertiti nemmeno in un regime emergenziale.
40 L’utilizzo dei poteri d’emergenza in materia di protezione civile, infatti, lede sempre meno frequentemente gli interessi dei privati (i quali generalmente beneficiano dell’attività di protezione civile) e delle Regioni (che richiedono e/o concordano gli interventi con il Dipartimento della protezione civile). Cfr. M. GNES, op. cit., p. 445 41 Si v. Sent. Giudice di Pace di Napoli 27 aprile 2006 sulla lesione del diritto alla salute causato dall'emergenza rifiuti a Napoli per il «disservizio dello smaltimento dell'immondizia, per blocco, chiusura e saturazione dei Centri di Raccolta; fenomeno, questo, di enorme gravita e di risonanza nazionale, che tutti i cittadini locali, nazionali e dell'estero ben conoscono e patiscono per visione diretta, cognizione ed esperienza in prima persona e sulla propria pelle quotidianamente, per il disagio e pericolo alla pubblica e privata salute (incolumità fisica e psichica), causati dal degrado ed abbandono ambientale del territorio cittadino, invaso dapperttutto da cumuli di immondizia di ogni tipo e di qualsiasi genere, riversi per le strade e sui marciapiedi».
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93
Sono queste le cause scatenanti che hanno portato, nel
gennaio 2012, ad una sentenza simbolica della Corte europea
dei diritti umani di Strasburgo (CEDU), che ha condannato l’
Italia perché il protrarsi dell’emergenza rifiuti in Campania ha
determinato la violazione del diritto al rispetto della vita privata
e familiare e del diritto alla tutela giurisdizionale effettiva.
Una pronuncia che segna, per certi aspetti, una svolta nel
riconoscimento del diritto all’ambiente nel quadro della
giurisprudenza di Strasburgo42.
42 Ricorso n. 30765/08, Di Sarno e altri contro Italia, 10 gennaio 2012. La Corte ha accolto il ricorso di alcuni individui che lavoravano in una zona compromessa da un grave degrado ambientale, non richiedendo come condizione preliminare che gli stessi vivessero nella zona e ha ritenuto che la lesione del diritto si concretizza nei casi di danno ambientale che ha una portata tale da “compromettere il benessere dei ricorrenti”.
94
CCaappiittoolloo 44
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4.1 Emergenza rifiuti e danno ambientale
Dal 1994 al 2009, in Campania, è stato dichiarato lo stato
di emergenza a causa della saturazione del sistema dello
smaltimento dei rifiuti. Un numero crescente di prove, tra cui
uno studio regionale dell’ OMS (Organizzazione mondiale della
sanità), dimostrano come l’accumulo dei rifiuti abbia
contaminato il suolo, l’acqua e l’aria, con una serie di agenti
tossici tra cui la diossina1.
E’ difficile stimare in via esaustiva le esternalità prodotte
dalla contaminazione dei rifiuti urbani e pericolosi in
Campania, dal momento che solo alcune zone sono state
ampiamente monitorate.
Uno dei fattori principali che ha inciso sulla qualità del
suolo e sulle altre componenti ambientali come i corsi d'acqua
e le riserve d'acqua sotterranee, è la contaminazione degli
1 Si può definire come l’insieme di sostanze che contengono cloro e si caratterizzano per la difficoltà a sciogliersi nell’acqua, la difficoltà a biodegradarsi, la lunga durata nell’ambiente, e una forte tendenza ad accumularsi negli organismi viventi. Nel 2002 in Campania sono state scoperte enormi concentrazioni di diossina, soprattutto nei prodotti alimentari.
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impianti di stoccaggio dei rifiuti, specialmente a Napoli e
Caserta, le province più colpite.
Nel 2008 l’Arpac2, in occasione della predisposizione del
Piano regionale di bonifica, svolge un monitoraggio sul
territorio e censisce la presenza in Campania di 5.281 siti
contaminati o potenzialmente contaminati3.
Figura 2 - Siti contaminati in Campania
(Fonte: ARPAC)
2 Agenzia Regionale Protezione Ambiente Campania. 3 Sono aree potenzialmente inquinate quelle per cui, a causa di specifiche attività antropiche passate o in atto, sussiste la possibilità che siano presenti sostanze contaminanti (nel suolo, sottosuolo, nelle acque) in concentrazioni tali da determinare un pericolo per la salute pubblica, ma senza che il superamento delle concentrazioni limite sia stato accertato.
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Una parte rilevante di questi siti sono costituiti da aree
industriali dismesse, che necessitano di bonifica, ma diffusa e
difficilmente incontrollabile è la presenza di aree interessate
dalla problematica dell’abbandono incontrollato dei rifiuti.
Come risulta da recenti inchieste della magistratura, solo
negli ultimi cinque anni in Campania sono stati sversati 3
milioni di tonnellate di rifiuti tossici (industriali e radioattivi).
La strategia seguita per trasportare, intermediare e smaltire
illecitamente i rifiuti è quella tipica della tecnica del “giro bolla”
che consiste nel cambiare solo nominalmente l’identificazione
del rifiuto. Ad esempio un solvente tossico destinato a una
discarica per rifiuti pericolosi, dopo il “giro bolla”, nella
migliore delle ipotesi è avviato in una discarica di rifiuti urbani,
ma nella maggior parte dei casi va a finire in discariche illegali
o, ancora peggio, viene recuperato come fertilizzante per
terreni agricoli o disperso in mare4.
In questi ultimi anni da autorevoli fonti competenti, quali
il C.N.R, l’ Istituto Superiore di Sanità, l’ Osservatorio
Epidemiologico della Regione Campania e la stessa
Organizzazione Mondiale della Sanità, era stato ipotizzato un
rapporto di causalità tra l’accumulo di rifiuti tossici in
4 V. la relazione del presidente aggiunto della Corte di Cassazione R. RAIMONDI, L’emergenza rifiuti tossici in Campania. L’obbligo di intervento degli organi di vigilanza, Napoli, 2006, p. 13, in www.napoliassise.it
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Campania, concentrato in particolare in determinate aree5, e
l’incremento in quegli stessi territori di un elevato tasso di
mortalità e di malformazioni.
Sappiamo che l’Italia è un territorio dove sono presenti
molte aree nazionali protette (sono ben 55); 6 di queste si
trovano in Campania 6 , il cui territorio 7 rientra nei siti di
interesse nazionale (Sin) 8 preservati dal Ministero
dell’Ambiente. Tra questi ha suscitato una ferma opposizione
della cittadinanza l’area del Parco Nazionale del Vesuvio, dove
il decreto legge n. 90 del 2008 imponeva la localizzazione di
ben due discariche in una zona rientrante nei siti Natura 2000 e
nella riserva MAB9.
A seguito di un parere negativo della Conferenza dei
servizi e dell’Ente Parco è stata scongiurata l’apertura della
seconda discarica di grandi dimensioni 10 , per allontanare il
5 Alcune zone sono state colpite più di altre, tanto che l’area tra i Comuni di Acerra, Nola e Marigliano è nota come il “triangolo della morte” a causa dell’aumento della mortalità. 6 Il litorale Domitio-Flegreo e l'Agro Aversano, Bagnoli-Coroglio, il litorale Vesuviano, ed i fiumi di Sarno e dei Regi Lagni. 7 Oltre il 25% del territorio è sottoposto a vincoli di tutela ambientale (due parchi nazionali, otto parchi regionali, quattro riserve statali e cinque riserve regionali, due riserve MAB Unesco). 8 I siti d’interesse nazionale (Sin) sono aree del territorio nazionale definite in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, all’impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico e di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali. 9 Natura 2000 è una rete di "siti di interesse comunitario", creata dall'Unione europea per la protezione e la conservazione degli habitat e delle specie, animali e vegetali, identificati come prioritari dagli Stati membri dell'Unione europea. Le riserve MAB, invece, sono aree comprendenti ecosistemi terrestri, marini-costieri, riconosciute a livello internazionale dall’Unesco. 10 Si fa riferimento alle discariche in località Pozzelle (discarica attualmente attiva) e in Cava Vitiello nel Comune di Terzigno.
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pericolo (purtroppo riscontrato) di un’elevata correlazione tra
l’incidenza di malattie e la presenza di discariche di rifiuti
industriali e tossici.
Figura 3 - Mappa dei siti di interesse nazionale (Sin) in Campania.
(Fonte: CNR Campania)
Gli effetti sulla salute11, in seguito alla cattiva gestione dei
rifiuti, sono da tempo oggetto di allarme percepito dalle
popolazioni locali che spesso hanno assunto un ruolo
11 Si v. il report Salute e rifiuti in Campania, 2008, in www.salute.gov.it
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oppositivo nei confronti del Governo, incapace di risolvere la
crisi12. Lo scenario campano così gravemente compromesso ha
indotto i comitati e le associazioni ambientaliste a mobilitarsi
per far sentire la propria voce.
Si può parlare di disastro ecologico? Il danno ambientale
provocato è incalcolabile e difficilmente reversibile13. Secondo
la Cassazione è un concetto inscindibile in tre dimensioni: la
prima è quella personale, che sancisce la lesione del
fondamentale diritto di ogni individuo a vivere in un ambiente
salubre; la seconda è quella sociale, intesa come lesione del
diritto all’ambiente nelle articolazioni sociali nelle quali si
sviluppa la personalità umana; infine la terza, quella pubblica,
quale lesione del diritto-dovere spettante alle Istituzioni centrali
e periferiche. La Suprema Corte ha ribadito, in numerose
sentenze 14 , che «il danno ambientale non consiste solo in una
compromissione dell’ambiente», a causa della violazione delle leggi
ambientali, ma anche contestualmente in un «offesa alla persona
umana nella sua dimensione individuale e sociale».
12 «La situazione relativa al ciclo dei rifiuti in Campania presenta una pericolosa involuzione, che ha determinato il collasso operativo del servizio, con seri rischi per la salute della popolazione», si. v. la Relazione stralcio sulla Campania della Commissione Parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, 2007, in www.senato.it 13 La Suprema Corte di Cassazione, nella sentenza sul caso Seveso ( n. 2515/2002) aveva stabilito che «in caso di compromissione all’ambiente, il danno morale soggettivo, lamentato dai soggetti che abitano e lavorano in detto ambiente e che provino in concreto di aver subito un turbamento psichico a causa delle esposizioni a sostanze inquinanti, è risarcibile autonomamente anche in mancanza di un lesione psico-fisica». 14 Cfr. Cass., Sez. III, sent. n. 2 2539/2002; Cass., Sez. III, sent. n. 439/1994.
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Proprio perché nel danno ambientale è inscindibile
l’offesa ai valori naturali e culturali e la lesione dei valori umani
e sociali, la legittimazione processuale non spetta soltanto ai
soggetti pubblici come lo Stato, le Regioni e gli Enti locali, ma
anche alla persona singola e associata. Le associazioni di
protezione dell’ambiente possono intervenire al processo quali
formazioni nella quali si volge la personalità dell’uomo, titolare
del diritto umano all’ambiente15.
4.2 Strategie di intervento: confronto con altre
Regioni italiane
Il dato dal quale occorre partire al fine di fornire utili e
concrete indicazioni per le future strategie di intervento,
emerge analizzando la situazione nella quale versano alcune
Regioni italiane16.
Rappresenta un nodo critico la carenza di impianti per il
riciclo e il recupero dei rifiuti: una peculiarità non esclusiva
delle Regioni del sud Italia. Ancora oggi, purtroppo,
l’interramento in discarica rimane il sistema più diffuso per il
basso costo di impianto e di esercizio in raffronto agli altri
sistemi, malgrado sia l’opzione meno adeguata dal punto di
vista ambientale.
15 Cass., Sez. III, sent. n. 9837/1996 16 Rapporto rifiuti ISPRA, 2011, in www.isprambiente.gov.it
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La gestione dei rifiuti appare sicuramente meno
problematica in alcune Regioni come Veneto, Lombardia e
Liguria che hanno compiuto passi significativi nell’avvio delle
attività di bonifica, nella raccolta differenziata e nel
monitoraggio da parte degli organi deputati al controllo del
territorio. In particolare la Lombardia rappresenta l’eccellenza
nella termovalorizzazione per la produzione di energia elettrica,
ma anche calore finalizzato al teleriscaldamento17.
Poi vi sono la Basilicata e il Piemonte che non hanno
ancora completamente attuato i piani in materia di ciclo
integrato dei rifiuti18.
La Toscana, invece, si contraddistingue per i buoni
risultati della raccolta differenziata e per l’efficienza del sistema
impiantistico, anche se sono presenti alcune difficoltà relative
sia al trattamento e al recupero dei rifiuti speciali pericolosi che
all’individuazione dei siti per gli impianti, in un territorio di alto
pregio per l’agricoltura di eccellente qualità e per le rinomate
attività produttive.
In Regioni quali la Sicilia, Campania e Puglia, la
percentuale di raccolta differenziata si attesta su valori minimi.
In Campania, in particolare, permangono difficoltà connesse
17 E’ un sistema di riscaldamento a distanza: una grande centrale termica produce calore e lo distribuisce, sotto forma di acqua calda, surriscaldata, vapore o liquidi diatermici ad un quartiere o ad un'intera città. 18 Cresce la raccolta differenziata: al Nord 50%, Centro 24,9% e Sud 19,1%
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alle condizioni emergenziali ancora presenti nelle Province di
Napoli e Caserta19.
Un eccezionale primato è rappresentato da Salerno,
definita come un modello da seguire in tutta la Campania. Un
programma molto avanzato di raccolta e smaltimento rifiuti fa
oggi di Salerno uno dei Comuni più virtuosi di Italia20 basato
sulla raccolta differenziata porta a porta e sulle isole ecologiche
per il deposito di rifiuti ingombranti, attraverso un progetto di
coinvolgimento dei cittadini che prevede ammende per chi non
rispetta le regole.
4.3 Questione rifiuti: una possibile soluzione?
Più volte, sentendo parlare dell’emergenza rifiuti, ci si
chiede quali siano stati i motivi che hanno condotto a
danneggiare fortemente l’ immagine della Campania. Tra questi
troviamo la lunga fase del commissariamento in materia di
gestione dei rifiuti, che ha puntato esclusivamente sulla
realizzazione di impianti di combustibile (CDR) e di
inceneritori, avviando la chiusura di tutte le discariche
disponibili prima che il piano sul ciclo dei rifiuti fosse stato
completato. Il trattamento esclusivo negli impianti CDR ha
19 Rapporto rifiuti ISPRA, 2011, in www.isprambiente.gov.it 20 Salerno è partita con il 9% di raccolta differenziata e in pochissimi anni ha raggiunto il 70%. E’ infatti stata premiata da Legambiente come uno dei Comuni Ricicloni, in www.legambiente.it
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103
prodotto poi un enorme quantità di altri rifiuti conferiti in
discariche o utilizzati per la produzione delle eco-balle.
Negli ultimi anni si sono registrati notevoli miglioramenti
nella gestione dei rifiuti, ma gradualmente è necessario
raggiungere risultati21 ancora più significativi.
E’ quindi possibile risolvere definitivamente la crisi dei
rifiuti?
Il primo intervento decisivo è la riduzione della massa, dei
volumi e della pericolosità dei rifiuti, accompagnata dalla
realizzazione di nuove isole ecologiche e dalla raccolta
differenziata a domicilio22, che consenta di separare il flusso dei
materiali biodegradabili dal resto dei rifiuti. E’ indispensabile
avviare campagne di sensibilizzazione della popolazione
attraverso i mass media e le scuole, al fine di una corretta
informazione, per conseguire la partecipazione dei cittadini ai
piani di raccolta differenziata.
Il secondo intervento è rappresentato dalla limitazione del
ricorso alle discariche23 e dalla conversione degli impianti CDR
in impianti per il trattamento meccanico biologico (TMB)24, che
21 V. gli interventi ad opera del WWF e di Legambiente per superare l’emergenza rifiuti in Campania, in www.wwf.it e www.legambiente.it 22 In Campania la raccolta differenziata, prevista dal Piano regionale del 1997, è stata attivata con enorme ritardo a partire dal 2002. 23 Per alcuni paesi europei come Olanda, Belgio e Germania, lo smaltimento in discarica risulta del tutto superato. Alcune grandi città, non solo europee, puntano al raggiungimento entro il 2020 dell’obiettivo “Rifiuti zero” che consiste nell’attuare una strategia di riduzione dei rifiuti. 24 Il TMB e’ costituito da due processi: quello meccanico si occupa del trattamento dei rifiuti secchi, dividendoli in riciclabili e non; quello biologico, invece, si occupa della parte umida producendo compost e biogas. Gli impianti TBM sono considerati
RRIIFFIIUUTTII:: DDAA PPRROOBBLLEEMMAA AA RRIISSOORRSSAA
104
attraverso il trattamento a freddo dei rifiuti indifferenziati
presenta molteplici e notevoli vantaggi in termini di riduzione
del peso e volume dei rifiuti. Inoltre i tempi di realizzazione,
costi e gestione sono altamente competitivi rispetto a qualsiasi
altra tecnologia per il trattamento dei rifiuti.
Il terzo intervento è la realizzazione di impianti di
compostaggio in grado di trasformare i rifiuti organici in
concime (definito compost). Questa strategia di valorizzazione
della frazione umida oltre ad essere funzionale in un contesto
economico legato alla agricoltura, risponde anche alla necessità
di restituire fertilità ai suoli soggetti ai fenomeni di degrado e di
desertificazione.
Occorre promuovere una legge regionale per incentivare
la raccolta differenziata finalizzata al riciclo e organizzare una
filiera per il recupero dei materiali. In più, sarebbe utile
valorizzare i rifiuti attraverso il loro recupero energetico che
consentirebbe agli stessi di acquisire un valore aggiunto e di
essere così catalogati come fonti rinnovabili.
Attualmente il sistema in grado di convertire il rifiuto in
energia è il termovalorizzatore, che presenta però lo svantaggio
di produrre emissioni inquinanti 25 . Ecco perché sono state
messe a punto strategie per il miglioramento tecnologico di
fondamentali sia per ridurre l’impatto ambientale del conferimento in discarica, sia per il recupero energetico. 25 Tra gli svantaggi prodotti dal termovalorizzatore c’è la produzione di agenti tossici come le diossine e altre sostanze inquinanti, la produzione di scorie, fumi e aumenti di polveri sottili nell’aria. Inoltre è un impianto che necessita di elevati costi di gestione e manutenzione.
RRIIFFIIUUTTII:: DDAA PPRROOBBLLEEMMAA AA RRIISSOORRSSAA
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questi impianti, in modo da garantire un’adeguata protezione
ambientale.
Potrebbe costituire una futura alternativa l’innovazione
tecnologica finalizzata al recupero di materiale ed energia che
arriva direttamente dalla NASA: la torcia al plasma26, in grado
di avviare un processo di gassificazione e vetrificazione delle
materie organiche ed inorganiche contenute nei rifiuti 27 . Si
tratta di un impianto rispettoso dell’ambiente, perché non
produce alcun tipo di sostanza inquinante, ma purtroppo
molto costoso e infatti, ad oggi, soltanto alcuni Stati si sono
dotati di tale strumentazione.
La soluzione del problema della gestione dei rifiuti non è
sicuramente semplice, ma è tuttavia chiaro che il corretto
approccio è rappresentato dalla gestione integrata, che
contempla il concorso di più modalità operative e la
collaborazione di tutti, singoli e Istituzioni.
La migliore strategia è il rispetto delle quattro priorità
introdotte dal decreto Ronchi, la regola delle "quattro R":
riduzione, riutilizzo, riciclo e recupero.
Tra le azioni necessarie per conseguire gli obiettivi di
riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti merita di
essere promossa l’introduzione dei cosiddetti “acquisti verdi”28,
26 Il plasma generato dalla torce è costituito da un gas ionizzato ad alte temperature in grado di decomporre i materiali organici e fondere quelli inorganici. 27 Per un approfondimento si v. www.rinnovabili.it 28 Il Green Public Procurement (GPP), “acquisti verdi”, è l’integrazione di considerazioni di carattere ambientale nelle procedure di acquisto della Pubblica Amministrazione,
RRIIFFIIUUTTII:: DDAA PPRROOBBLLEEMMAA AA RRIISSOORRSSAA
106
che possono costituire un'importante parte nelle politiche
istituzionali per lo sviluppo sostenibile, favorendo l'efficienza
energetica, la riduzione delle emissioni di CO2 e la mitigazione
degli effetti dei cambiamenti climatici.
Tabella 3 – Le 4 R del Decreto Ronchi
cioè è il mezzo per poter scegliere quei prodotti e servizi che hanno un minore, oppure un ridotto, effetto sulla salute umana e sull'ambiente rispetto ad altri prodotti e servizi utilizzati allo stesso scopo. Un esempio di “acquisto verde” è rappresentato dalle etichette energetiche degli elettrodomestici .
Riduzione
minore produzione di rifiuti all'origine
Riutilizzo
prolungare il ciclo di vita dei beni
Riciclo
trasformare i rifiuti in materiali utilizzabili
Recupero
valorizzare i rifiuti per ricavare materia secondaria o energia
107
CCOONNCCLLUUSSIIOONNEE ___________________________________________________________________
La fitta trama di ordinanze, decreti legge e proroghe, ha
disegnato la crisi dei rifiuti in Campania come un vero e
proprio avvenimento drammatico.
Di certo, l’immagine che noi ricorderemo di questo
evento è quella che costantemente ci hanno proposto, fino a
poco tempo fa, televisioni e giornali: un territorio
completamente invaso da piramidi di rifiuti.
Proviamo a pensare un attimo a quanto sia impossibile
vivere vicino ad una discarica, non poter aprire le finestre a
causa dell’odore provocato dal percolato o ancora peggio,
vivere con la paura di mangiare del cibo contaminato dalla
diossina. Ai bambini è stato negato il diritto di andare a scuola
e di giocare per strada; gli adolescenti hanno perso i punti di
aggregazione all’aria aperta oramai diventate discariche.
Ecco che, se ci fermiamo a riflettere, ci rendiamo conto
che la dimensione del fenomeno Campania coinvolga tutti noi
italiani, cittadini e Istituzioni.
I cittadini campani hanno il diritto di vivere in un
ambiente sano e le Istituzioni non possono più rimanere
indifferenti, ma devono provvedere al più presto a
salvaguardare i territori devastati e le popolazioni attraverso
108
tempestivi interventi di bonifica e con l’aiuto concreto di altre
Regioni italiane.
Come abbiamo visto, la situazione nel corso degli anni ha
assunto proporzioni spaventose, ed è quindi giunto il momento
di combattere fino in fondo la battaglia per una Campania
finalmente pulita.
109
RRIINNGGRRAAZZIIAAMMEENNTTII ___________________________________________________________________
E’ la prima volta che scrivo una pagina ringraziamenti e
spero di non dimenticarmi di nessuno.
Prima di tutto vorrei ringraziare il mio relatore, il
professore Marco Antonioli, per il suo sapere, la sua gentilezza
e disponibilità. Lo ringrazio soprattutto perché mi ha trasmesso
la conoscenza di una materia bellissima quale il diritto
ambientale.
Un ringraziamento speciale va alla mia famiglia, che in
questi anni ha appoggiato le mie scelte, dandomi fiducia e
condividendo come me ogni vittoria e ogni sconfitta.
Insieme siamo una squadra e una squadra non si arrende
mai; è stata dura, lo so, ma la soddisfazione è grande. I sacrifici
che avete fatto per farmi studiare non so se saranno mai
ripagati, nel frattempo però vi dedico questo mio lavoro come
segno di riconoscimento.
Un supporto grandissimo nella creazione di questa tesi mi
è stato dato ad un vero angelo caduto dal cielo, Angelo di
nome e di fatto, che mi ha aiutato nell’elaborazione e nella
stesura. Sei stato fondamentale, senza di te non ce l’avrei mai
fatta!
110
Voglio concludere con un pensiero a te nonna, che da
lassù mi guardi, per essere stata per ben ventiquattro anni il
mio punto di riferimento. Grazie per avermi trasmesso l’amore
infinito e gioioso per la vita!
111
BBIIBBLLIIOOGGRRAAFFIIAA ___________________________________________________________________
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