L' agricoltura con acqua di mare -...

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ficienza per soddisfare i fabbisogni ali- mentari. La Food and Agriculture Or- ganization (FAO) delle Nazioni Unite stima che nei prossimi 30 anni saranno necessari 200 milioni di ettari di nuove terre coltivabi- li solo per nutrirela popolazione in rapida crescita dei paesi tro- imidohogromemstemaisimagisup~."~-, L' agricoltura con acqua di mare La continua crescita demografica e la scarsità delle riserve d'acqua dolce fanno crescere l'interesse per i progetti di irrigazione con acqua salata di Edward P. Glenn, J. Jed Brown e James W. O'Leary I aTerra può anche essere il «Piane- ta degli oceani», ma la maggior I parte degli organismi terrestri - uomo compreso - dipende per la pro- pria nutrizione da piante irrigate da ac- qua dolce, proveniente dalla pioggia o da corsi d'acqua. Nessuna delle cinque principali piante alimentari - frumento, mais, riso, patata e soia - tollera il sale: l'esposizione all'acqua marina le fa de- perire e morire nel giro di pochi giorni. Uno dei problemi globali più urgenti è quello di trovare acqua e terreni a suf- ;`' o•-• Salicornia bigeloylecresce generalmen- te nelle ~é umide costiere. Dato che è in grado di prosperare in presenza di acqtià marina, questa pianta è la più promettente fra quelle finora indivi- duate per introdurre l'irrigazione coa' acqua di mare nelle zone desertiche co- stiere. Salicornia può essere consumata dal bestiame e i suoi semi forniscono un olio commestibile dal gusto di noce. picali e subtropicali. Tuttavia in queste stesse nazioni sono disponibili solo 93 milioni di ettari per l'espansione delle colture, e gran parte di essi è coperta da foreste che vanno conservate. Occorro- no quindi fonti alternative di acqua e terreni per la produzione agricola. Abbiamo valutato la fattibilità di un'agricoltura basata sull'acqua marina e abbiamo visto che funziona bene nei "Suoli sabbiosi degli ambienti desertici. Si definisce agricoltura basata sull'ac- qua marina la coltivazione di piante adatte a essere irrigate con acqua pom- pata dall'oceano. Non vi è penuria di acqua di mare: il 97 per cento dell'ac- qua sulla Terra si trova negli oceani. Anche i terreni desertici sono abbon- danti: il 43 per cento dell'area conti- nentale totale è arido o semiarido, seb- bene solo una piccola frazione sia ab- bastanza vicino al mare da permettere questa forma di agricoltura. Stimiamo che il 15 per cento dei terreni oggi inu- tilizzati lungo le coste e nei deserti sali- ni interni sia adattabile a usi agricoli sfruttando l'acqua di mare per l'irriga- zione. Si tratta di un totale di 130 mi- lioni di ettari di nuovi terreni che po- trebbero essere destinati alla produzio- ne alimentare per l'uomo o per gli ani- mali, senza abbattere foreste o sottrarre preziosa acqua dolce agli usi per cui è indispensabile. L'idea di irrigare le colture con l'ac- qua di mare non è nuova: anzi, comin- ciò a essere presa in seria considerazio- ne dopo la seconda guerra mondiale. Nel 1949 Hugo ed Elisabeth Boyko si trasferirono nella città di Eilat sul Mar 1 Rosso per bonificare il suolo in vista di futuri insediamenti israeliani. Dato che l'acqua dolce era un problema, i Boyko sfruttarono un pozzo salmastro e acqua pompata direttamente dall'oceano e riuscirono a dimostrare che molte pian- te sopportano una salinità superiore ai loro limiti normali in un suolo sabbio- , so. Sebbene molte delle idee dei Boyko It su come le piante tollerino il sale non (( abbiano superato la prova del tempo, il loro lavoro suscitò enorme interesse per un possibile ampliamento dei limiti dell'agricoltura irrigua tradizionale. L'agricoltura basata sull'acqua di mare deve soddisfare due requisiti per essere economicamente conveniente. In primo luogo, deve produrre piante utili con rese abbastanza alte da giustificare il costo del pompaggio di acqua marina per l'irrigazione. In secondo luogo, non deve danneggiare l'ambiente. Superare questi ostacoli si è rivelato arduo, ma non impossibile. I o sviluppo dell'agricoltura basata o sull'acqua di mare ha seguito due direzioni. Alcuni studiosi hanno tenta- to di modificare colture convenzionali, come orzo e frumento, in modo da im- partire loro resistenza al sale marino. Per esempio, il gruppo di ricerca di Emanuel Epstein presso l'Università della California a Davis ha dimostrato fin dal 1979 che varietà di orzo fatte crescere per generazioni in presenza di bassi livelli di sale erano in grado di produrre piccole quantità di cereale quando erano irrigate con acqua marina, più salata. Purtroppo gli sforzi compiuti in seguito per aumentare la tolleranza al sale delle colture convenzionali attra- verso incroci selettivi e ingegneria ge- netica - ossia inserendo direttamente nelle piante i geni della tolleranza - non hanno prodotto buone candidate all'irri- gazione con acqua di mare. Il limite su- periore di salinità per la coltivazione a lungo termine anche delle piante più re- sistenti al sale, come la palma da datte- ro, è comunque inferiore a cinque parti per 1000, ossia meno del 15 per cento del sale contenuto nell'acqua di mare. L'acqua marina normale ha salinità del 35 per mille, ma nelle acque prossime ai deserti costieri, come nel Mar Rosso, nel Golfo della California settentrionale e nel Golfo Persico, la salinità è di soli- to più vicina al 40 per mille. (Il cloruro di sodio è il sale più comune nell'acqua di mare e anche il più nocivo per la cre- scita delle piante.) Il nostro approccio è stato quello di sperimentare in coltura piante selvati- che alofite (che tollerano il sale) poten- zialmente utilizzabili come alimento, foraggio e fonte di oli commestibili. La nostra idea era che cambiare la fisiolo- gia di base di una tradizionale pianta coltivata, facendola diventare resistente al sale, fosse molto più arduo e com- plesso che coltivare una pianta selvati- ca già tollerante al sale. Dopo tutto, le colture moderne discendono da piante che un tempo erano selvatiche. In effet- ti, certe alofite - come Distichlis palme- ri, che produce semi commestibili - fu- rono consumate per generazioni dai po- poli che vivevano presso la foce del Colorado nel Golfo di California. Cominciammo i nostri esperimenti raccogliendo diverse centinaia di specie di alofite di tutto il mondo e analizzan- do in laboratorio la loro tolleranza al sale e le loro proprietà nutrizionali. Esi- stono da 2000 a 3000 specie di alofite, che comprendono erbe e arbusti, ma anche alberi come le mangrovie, e oc- cupano un'ampia gamma di habitat, dalle paludi costiere ai più aridi deserti salini. In collaborazione con il gruppo di ricerca di Dov Pasternak alla Ben Gurion University of Negev in Israele e con gli etnobotanici Richard S. Felger e Nicholas P. Yensen - che allora lavora- vano all'Università dell'Arizona - indi- 100 LE SCIENZE n. 362, ottobre 1998 LE SCIENZE n. 362, ottobre 1998 101

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ficienza per soddisfare i fabbisogni ali-mentari. La Food and Agriculture Or-ganization (FAO) delle Nazioni Unitestima che nei prossimi 30 anni sarannonecessari 200 milioni di ettaridi nuove terre coltivabi-li solo per nutrirelapopolazione in rapidacrescita dei paesi tro-

imidohogromemstemaisimagisup~."~-,•

L' agricoltura con acqua di mareLa continua crescita demograficae la scarsità delle riserve d'acqua dolcefanno crescere l'interesseper i progetti di irrigazione con acqua salata

di Edward P. Glenn, J. Jed Brown e James W. O'Leary

I aTerra può anche essere il «Piane-ta degli oceani», ma la maggior

I parte degli organismi terrestri -uomo compreso - dipende per la pro-pria nutrizione da piante irrigate da ac-qua dolce, proveniente dalla pioggia oda corsi d'acqua. Nessuna delle cinqueprincipali piante alimentari - frumento,mais, riso, patata e soia - tollera il sale:l'esposizione all'acqua marina le fa de-perire e morire nel giro di pochi giorni.

Uno dei problemi globali più urgentiè quello di trovare acqua e terreni a suf-

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Salicornia bigeloylecresce generalmen-te nelle ~é umide costiere. Dato che èin grado di prosperare in presenza diacqtià marina, questa pianta è la piùpromettente fra quelle finora indivi-duate per introdurre l'irrigazione coa'acqua di mare nelle zone desertiche co-stiere. Salicornia può essere consumatadal bestiame e i suoi semi fornisconoun olio commestibile dal gusto di noce.

picali e subtropicali. Tuttavia in questestesse nazioni sono disponibili solo 93milioni di ettari per l'espansione dellecolture, e gran parte di essi è coperta daforeste che vanno conservate. Occorro-no quindi fonti alternative di acqua eterreni per la produzione agricola.

Abbiamo valutato la fattibilità diun'agricoltura basata sull'acqua marinae abbiamo visto che funziona bene nei

—"Suoli sabbiosi degli ambienti desertici.—Si definisce agricoltura basata sull'ac-

qua marina la coltivazione di pianteadatte a essere irrigate con acqua pom-pata dall'oceano. Non vi è penuria diacqua di mare: il 97 per cento dell'ac-qua sulla Terra si trova negli oceani.Anche i terreni desertici sono abbon-danti: il 43 per cento dell'area conti-nentale totale è arido o semiarido, seb-bene solo una piccola frazione sia ab-bastanza vicino al mare da permetterequesta forma di agricoltura. Stimiamoche il 15 per cento dei terreni oggi inu-tilizzati lungo le coste e nei deserti sali-ni interni sia adattabile a usi agricolisfruttando l'acqua di mare per l'irriga-zione. Si tratta di un totale di 130 mi-lioni di ettari di nuovi terreni che po-trebbero essere destinati alla produzio-ne alimentare per l'uomo o per gli ani-mali, senza abbattere foreste o sottrarrepreziosa acqua dolce agli usi per cui èindispensabile.

L'idea di irrigare le colture con l'ac-qua di mare non è nuova: anzi, comin-ciò a essere presa in seria considerazio-ne dopo la seconda guerra mondiale.Nel 1949 Hugo ed Elisabeth Boyko sitrasferirono nella città di Eilat sul Mar

1 Rosso per bonificare il suolo in vista difuturi insediamenti israeliani. Dato chel'acqua dolce era un problema, i Boykosfruttarono un pozzo salmastro e acquapompata direttamente dall'oceano eriuscirono a dimostrare che molte pian-te sopportano una salinità superiore ailoro limiti normali in un suolo sabbio-

, so. Sebbene molte delle idee dei BoykoIt su come le piante tollerino il sale non(( abbiano superato la prova del tempo, il

loro lavoro suscitò enorme interesseper un possibile ampliamento dei limitidell'agricoltura irrigua tradizionale.

L'agricoltura basata sull'acqua dimare deve soddisfare due requisiti peressere economicamente conveniente. Inprimo luogo, deve produrre piante utilicon rese abbastanza alte da giustificareil costo del pompaggio di acqua marinaper l'irrigazione. In secondo luogo, nondeve danneggiare l'ambiente. Superarequesti ostacoli si è rivelato arduo, manon impossibile.

I o sviluppo dell'agricoltura basatao sull'acqua di mare ha seguito duedirezioni. Alcuni studiosi hanno tenta-

to di modificare colture convenzionali,come orzo e frumento, in modo da im-partire loro resistenza al sale marino.Per esempio, il gruppo di ricerca diEmanuel Epstein presso l'Universitàdella California a Davis ha dimostratofin dal 1979 che varietà di orzo fattecrescere per generazioni in presenza dibassi livelli di sale erano in grado diprodurre piccole quantità di cerealequando erano irrigate con acqua marina,più salata. Purtroppo gli sforzi compiutiin seguito per aumentare la tolleranza alsale delle colture convenzionali attra-verso incroci selettivi e ingegneria ge-netica - ossia inserendo direttamentenelle piante i geni della tolleranza - nonhanno prodotto buone candidate all'irri-gazione con acqua di mare. Il limite su-periore di salinità per la coltivazione alungo termine anche delle piante più re-sistenti al sale, come la palma da datte-ro, è comunque inferiore a cinque partiper 1000, ossia meno del 15 per centodel sale contenuto nell'acqua di mare.L'acqua marina normale ha salinità del35 per mille, ma nelle acque prossimeai deserti costieri, come nel Mar Rosso,nel Golfo della California settentrionalee nel Golfo Persico, la salinità è di soli-to più vicina al 40 per mille. (Il clorurodi sodio è il sale più comune nell'acquadi mare e anche il più nocivo per la cre-scita delle piante.)

Il nostro approccio è stato quello disperimentare in coltura piante selvati-che alofite (che tollerano il sale) poten-zialmente utilizzabili come alimento,foraggio e fonte di oli commestibili. Lanostra idea era che cambiare la fisiolo-gia di base di una tradizionale piantacoltivata, facendola diventare resistenteal sale, fosse molto più arduo e com-plesso che coltivare una pianta selvati-ca già tollerante al sale. Dopo tutto, lecolture moderne discendono da pianteche un tempo erano selvatiche. In effet-ti, certe alofite - come Distichlis palme-ri, che produce semi commestibili - fu-rono consumate per generazioni dai po-poli che vivevano presso la foce delColorado nel Golfo di California.

Cominciammo i nostri esperimentiraccogliendo diverse centinaia di speciedi alofite di tutto il mondo e analizzan-do in laboratorio la loro tolleranza alsale e le loro proprietà nutrizionali. Esi-stono da 2000 a 3000 specie di alofite,che comprendono erbe e arbusti, maanche alberi come le mangrovie, e oc-cupano un'ampia gamma di habitat,dalle paludi costiere ai più aridi desertisalini. In collaborazione con il gruppodi ricerca di Dov Pasternak alla BenGurion University of Negev in Israele econ gli etnobotanici Richard S. Felger eNicholas P. Yensen - che allora lavora-vano all'Università dell'Arizona - indi-

100 LE SCIENZE n. 362, ottobre 1998

LE SCIENZE n. 362, ottobre 1998 101

:-.6itata L.

L'agricoltura basata sull'acqua di mare può richiedere tecni-che agronomiche differenti da quelle convenzionali. Per colti-vare Atriplex - una pianta resistente al sale che può essereusata come alimento per gli animali da allevamento - i campi

devono essere inondati frequentemente (a sinistra). Inoltre idispositivi per l'irrigazione (al centro) devono essere rivestitiall'interno con tubi di plastica per impedire che arruggini-scano a contatto con l'acqua salata. Altre tecniche, invece,

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Le rese delle colture resistenti al sale irrigate con acqua mari-na sono paragonabili a quelle di due piante irrigate conven-zionalmente che vengono spesso usate come foraggio per ilbestiame: l'erba medica e il sorgo (a sinistra). Gli ovini chehanno consumato, come integratore alla dieta, piante resi-

stenti al sale quali Atriplex, Suaeda e Salicornia guadagnanoalmeno altrettanto peso e forniscono carne della stessa qualitàdi animali di controllo nutriti con foraggio di tipo convenzio-nale, sebbene la conversione da alimento a carne sia meno ef-ficiente e l'assunzione d'acqua quasi doppia (a destra).

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viduammo una decina di alofite abba-stanza promettenti da essere provate incolture sperimentali su campo.

Nel 1978 cominciammo la valutazio-ne delle piante più promettenti nel de-serto costiero di Puerto Periasco, sullacosta occidentale del Messico. Irrigam-mo quotidianamente le piante inondan-do i campi con l'acqua a elevata sali-nità del Golfo della California. Poichéa Puerto Periasco cadono in media so-lo 90 millimetri di pioggia all'anno,eravamo sicuri che le piante riuscisse-ro a crescere solo grazie all'acqua del-l'oceano.

Sebbene le rese variassero da speciea specie, le alofite più produttive hannofornito 1-2 chilogrammi di biomassasecca per metro quadrato, pari più omeno alla resa dell'erba medica colti-vata con sistemi di irrigazione tradizio-nali. Alcune delle alofite che si sono ri-velate più produttive e tolleranti al salesono specie arbustive di Salicornia,Suaeda e Atriplex della famiglia dellechenopodiacee, che comprende circa il20 per cento di tutte le specie di alofite.Piante erbacee come Distichlis e piantestriscianti dalle foglie succulente comeBatis hanno pure mostrato buona pro-duttività. (Queste piante non sono che-nopodiacee, ma fanno parte rispettiva-mente delle famiglie delle poacee e del-le batidacee.)

Ma per soddisfare il primo requisitoeconomico per l'agricoltura basata sul-l'acqua marina dovevamo dimostrareche le alofite possono sostituire le col-ture convenzionali per usi specifici.Pertanto abbiamo verificato se questepiante potessero essere utilizzate comecibo per animali. Trovare abbastanzaforaggio per le mandrie di bovini e ovi-ni è uno dei più ardui problemi agricolinelle zone aride di tutto il mondo, il 46

per cento delle quali è stato degradatoproprio dall'eccessivo uso a pascolo,secondo quanto afferma l'EnvironmentProgram delle Nazioni Unite. Moltealofite contengono elevati livelli di pro-teine e carboidrati digeribili. Purtroppo,esse contengono anche notevoli quan-tità di sale; l'accumulo salino è uno deimeccanismi con i quali queste piante siadattano al loro ambiente (si veda l'il-lustrazione alle pagine 104-105). Datoche il sale non è nutriente ma occupaspazio entro le cellule, l'elevato conte-nuto salino delle alofite riduce il lorovalore nutritivo.

L'elevata salinità di queste piante li-mita anche la quantità che un animalepuò ingerire; nelle situazioni di pasco-lo, le alofite sono di solito consideratepiante da «ultima spiaggia», quelle chegli animali brucano solamente dopoavere consumato tutta la vegetazionepiù appetibile.

La nostra strategia è stata quella diincorporare alofite in una dieta mistaper il bestiame ovino, sostituendole alnormale fieno in modo che costituisse-ro dal 30 al 50 per cento del consumoalimentare quotidiano. (Queste percen-tuali sono quelle tipiche utilizzate perl'ingrasso degli animali da macellazio-ne.) Abbiamo scoperto che gli ovini acui era fornito cibo contenente Salicor-nia, Suaeda e Atriplex guadagnavanopeso allo stesso modo di quelli nutriticon il fieno; inoltre la qualità della lorocarne non era alterata dal fatto che sialimentavano con una dieta ricca dialofite. Contrariamente ai nostri timoriiniziali, gli animali non mostravano al-cuna avversione per queste diete miste,e anzi sembravano attratti dal gusto sa-lato; tuttavia, come era prevedibile, es-si bevevano più acqua degli animali dicontrollo, per compensare l'assunzione

di sale in eccesso. Oltre a ciò, la quan-tità di carne prodotta per chilogrammodi cibo era del 10 per cento inferiore aquella di animali nutriti con una dietaconvenzionale.

'alofita più promettente che abbiamoindividuato finora è Salicornia bi-

gelovii, una succulenta annuale priva difoglie che vive nelle paludi salmastrecolonizzando le aree fangose di nuovaformazione grazie a una abbondantissi-ma produzione di semi. Questi ultimicontengono elevati livelli di olio (30per cento) e proteine (35 per cento),esattamente come la soia e altre coltureda olio, e il contenuto salino è inferioreal 3 per cento. L'olio è fortemente po-linsaturo e simile a quello di girasoleper la composizione in acidi grassi. Puòessere estratto dai semi e raffinatousando le normali apparecchiature de-stinate alla produzione olearia ed è per-fettamente commestibile, con un piace-vole gusto che ricorda la noce. Un pic-colo inconveniente è che i semi conten-gono saponine, composti amari che lirendono inedibili come tali. Esse noncontaminano l'olio, ma possono rima-nere nella sansa dopo l'estrazione diquest'ultimo. Le saponine limitano per-ciò la quantità di sansa che può essereusata nell'alimentazione del pollame,ma gli esperimenti hanno dimostratoche la sansa di semi di Salicornia puòsostituire i convenzionali «pastoni» disemi ai livelli normalmente usati perl'integrazione proteica nelle diete peranimali. Pertanto ogni parte della pian-ta è utilizzabile.

Abbiamo collaborato alla costruzionedi diverse fattorie sperimentali, conun'estensione fino a 250 ettari, per lacoltivazione di Salicomia in Messico,negli Emirati Arabi Uniti, in Arabia

Normalmente le colture vengono ir-rigate solo quando il suolo si asciugafino al 50 per cento della sua «capacitàdi campo», ossia la quantità di acquache è capace di trattenere. Inoltre, conle tecniche di irrigazione tradizionali, sifornisce solo abbastanza acqua per so-stituire quella utilizzata dalle piante.Viceversa, l'irrigazione con acqua dimare richiede irrorazioni copiose e fre-quenti - anche giornaliere - per impedi-re al sale di accumularsi nella zona del-le radici fino a un livello che inibisce lacrescita.

Nelle nostre prime sperimentazionisul campo avevamo usato molta più ac-qua (20 metri all'anno) di quanto fosseeconomicamente possibile, sicché nel1992 cominciammo esperimenti per de-terminare quale fosse il minimo livellodi irrigazione con acqua di mare neces-sario per ottenere una buona resa. Nelcorso di due anni abbiamo fatto cresce-re piantine di Salicornia in «scatole»sepolte all'interno di campi aperti, irri-gati, dove era coltivata la stessa pianta.Queste scatole, chiamate lisimetri, era-no munite di scarichi sul fondo che tra-sportavano l'acqua in eccesso a varipunti di raccolta all'esterno del campo,permettendoci di misurare il volume ela salinità dell'acqua di scarico. Conquesti dati abbiamo calcolato per la pri-ma volta il bilancio di acqua e sali ne-cessario per una pianta irrigata con ac-qua marina e abbiamo trovato che laquantità di biomassa prodotta dipendedalla quantità di acqua usata.

Sebbene Salicornia possa prospera-re anche quando la salinità dell'acquache ne bagna le radici supera le 100parti per mille - ossia circa tre volte lanormale salinità dell'oceano - la piantaha bisogno, quando si usa acqua di ma-

re, di un livello di irrigazione all'incir-ca del 35 per cento superiore rispettoalle colture convenzionali irrigate conacqua dolce. Salicornia richiede questaquantità aggiuntiva perché, estraendoselettivamente acqua dall'acqua mari-na, rende il rimanente troppo salato perl'uso.

può l'agricoltura basata sull'acqua dimare essere economicamente con-

veniente? Fra i costi dell'agricoltura ir-rigua, i più elevati sono dovuti al pom-paggio dell'acqua e sono direttamenteproporzionali sia alla quantità d'acquapompata sia all'altezza alla quale vienesollevata. Sebbene le alofite necessitinodi più acqua rispetto alle colture con-venzionali, le fattorie con irrigazionead acqua marina situate presso il livellodel mare richiedono un minore solleva-mento rispetto alle fattorie tradizionali,nelle quali l'acqua è spesso estratta dapozzi profondi oltre 100 metri. Datoche pompare acqua marina al livellodel mare è meno costoso che estrarreacqua dolce dai pozzi, questo tipo diagricoltura dovrebbe essere convenien-te nelle regioni desertiche, pur fornen-do rese minori rispetto all'agricolturaconvenzionale.

L'irrigazione con acqua di mare nonrichiede apparecchiature speciali. Legrandi fattorie sperimentali costruitecon il nostro contributo utilizzano latecnica della sommersione di vaste su-perfici oppure macchine innaffiatrici abraccio mobile. Queste ultime sono giàimpiegate in una grande varietà di pro-duzioni agricole. Per usarle con l'acquadi mare, si inserisce un tubo di plasticanel braccio, in modo che il liquido nonsia a contatto con il metallo. Inoltre isemi di Salicornia sono abbastanza fa-

possono rimanere immutate: per esem-pio, per raccogliere i semi di Salicornia(a destra) si possono impiegare normalimacchine agricole.

Saudita e in India. Nei sei anni di provesul campo effettuate in Messico, Sali-comia ha prodotto in media all'anno1,7 chilogrammi per metro quadrato dibiomassa totale e 0,2 chilogrammi permetro quadrato di semi oleosi. Questerese eguagliano o superano quelle dellasoia e di altre colture da olio che vengo-no irrigate in modo convenzionale. Ab-biamo anche dimostrato che è possibilemodificare le normali macchine agrico-le e gli apparecchi per l'irrigazione perproteggerli dai danni provocati dal salecontenuto nell'acqua di mare. Sebbenele strategie di irrigazione da utilizzarecon l'acqua di mare siano diverse daquelle normalmente usate con l'acquadolce, non abbiamo incontrato problemitecnici insormontabili nel passare dallascala della sperimentazione sul campo aquella del prototipo di fattoria.

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—VAPORE ACQUEO

Anatomia di una alofita

Certe piante che tollerano il sale, o alofite, hannoevoluto meccanismi a livello delle radici, delle fo-glie e delle cellule per prosperare in presenza diacqua di mare. Le cellule che compongono lo stra-to esterno, o epidermide, di ciascuna radichetta so-no quasi impermeabili al sale (NaCl). In più, lo stra-to interno, o endoderma, ha un rivestimento cero-

so fra una cellula e l'al-tra che costringe l'ac-qua ad attraversare lecellule che filtrano edespellono il sale.

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VAPORE ACQUEO

Alcune alofite, come Atri-plex, sono dotate di cel-lule fogliari specializzate,simili a vescicole, doveimmagazzinano il clorurodi sodio (NaCI) in ecces-so. Quando sono piene,le vescicole esplodono li-berando il sale, il qualeforma uno strato argen-teo che riflette la luce eraffredda la foglia. Il va-pore acqueo sfugge daipori sulla faccia inferioredelle foglie.

All'interno di ciascuna foglia vi sono cel-lule specialmente adattate per trattare ilsale che viene assorbito dalla pianta. Ilvacuolo centrale, o zona di immagazzi-namento, di ogni cellula contiene mole-cole che fanno penetrare specificamenteioni sodio (Na,); gli ioni cloro (CI-) seguo-

I-120 no questi ultimi. L'alta concentrazionedei due ioni attrae acqua, che mantienela pressione di turgidità nella cellula.

CELLULA FOGLIARE

LUCE SOLARE

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cili da raccogliere con apparecchiatureusuali, purché si abbia l'accortezza diregolarle tenendo conto delle piccoledimensioni dei semi stessi (i quali pesa-no solo un milligrammo circa).

Tuttavia Salicorrzia, pur essendo fi-nora la nostra coltura di maggiore suc-cesso, è tutt'altro che perfetta. Le pian-te tendono ad appiattirsi sul terrenoquando si avvicina il momento del rac-colto e i semi vengono a volte liberatiprematuramente. Inoltre la percentualedi raccolta dei semi è solo del 75 percento, rispetto al 90 per cento dellamaggior parte delle colture. Vi è ancheil fatto che, per fornire alte rese in se-mi, Salicornia deve crescere per circa100 giorni a temperature fresche primadi fiorire. L'attuale produzione di que-sta pianta è limitata alle zone subtropi-cali, dove gli inverni sono freschi e leestati calde; tuttavia alcune delle piùampie zone di deserto costiero delmondo si trovano nelle regioni tropica-li, più calde.

Il secondo requisito di convenienzaeconomica dell'agricoltura basata sul-l'acqua di mare è la sostenibilità a lun-go termine. Ma non si tratta di un pro-blema limitato a questo tipo di agricol-tura: in effetti, molti progetti di irriga-

zione che impiegano acqua dolce sonotutt'altro che sostenibili. Nelle regioniaride, l'irrigazione con acqua dolce vie-ne spesso praticata in bacini interni do-ve il deflusso dell'acqua è limitato, ilche provoca l'accumulo di sali nellafalda sotterranea. Il 20-24 per cento deiterreni irrigati con acqua dolce nelmondo è compromesso dall'accumulodi sale e acqua nella zona delle radici.Quando il problema diventa grave, gliagricoltori sono costretti a installare co-stosi sistemi sotterranei di drenaggio, elo smaltimento dell'acqua di scolo cosìraccolta crea ulteriori grattacapi. Peresempio nella Valle di San Joaquin, inCalifornia, l'acqua di scolo finita inuna zona umida ha provocato morie edeformità negli uccelli acquatici a cau-sa degli effetti tossici del selenio, unelemento tipicamente presente in moltisuoli degli Stati Uniti occidentali e chesi era accumulato in alte concentrazioninell'acqua di scolo.

L'agricoltura basata sull'acqua dimare non è necessariamente esente daquesti problemi, ma offre taluni van-taggi. In primo luogo, le aziende agri-cole situate sui suoli sabbiosi dei de-serti costieri di solito possono scarica-re senza problemi in mare le proprie

acque di scolo. Abbiamo irrigato conti-nuativamente i medesimi appezzamen-ti con acqua di mare per oltre 10 anni,senza che si sia verificato alcun accu-mulo di acqua o sali nella zona delleradici. In secondo luogo, gli acquiferidei deserti salini costieri e interni han-no già un'elevata concentrazione sali-na e quindi non dovrebbero essere ul-teriormente danneggiati dall'acqua dimare. In terzo luogo, i suoli su cui ab-biamo proposto di impiantare coltureirrigate con acqua marina sono spessospogli o quasi, cosicché installare unimpianto di questo genere potrebbeavere effetti assai minori sugli ecosi-sterni sensibili di quanti ne abbia l'a-gricoltura convenzionale.

Nessuna attività agricola, tuttavia,è completamente innocua. Gli stabili-menti di acquacoltura per la produzionedi gamberetti, per esempio, hanno cau-sato fioriture algali e problemi sanitarinei fiumi o nelle baie che ricevono i lo-ro effluenti ricchi di sostanze nutritive.Un problema analogo può essere previ-sto per le coltivazioni a grande scala dialofite, a causa del notevole volume diacque di scolo fortemente saline e con-tenenti residui di fertilizzanti che allafine verranno scaricate in mare. D'altra

Varie regioni desertiche costiere e de-serti salini interni (aree in verde) po-trebbero essere usati a scopi agricoli ir-rigandoli con acqua di mare o con ac-que sotterranee ad alta salinità perprodurre una vasta gamma di pianteresistenti al sale, utilizzabili sia per l'a-limentazione umana sia come foraggioper il bestiame.

parte, gli effluenti degli impianti di ac-quacoltura possono essere riciclati perla coltivazione di alofite anziché essereriversati direttamente in mare: le pianteassorbirebbero infatti molti degli ele-menti nutritivi presenti negli effluenti ene ridurrebbero il volume. La primafattoria sperimentale per la coltivazionedi alofite da noi costruita in Messico èstata installata allo scopo di riciclare glieffluenti di un impianto di acquacoltu-ra, e sono in corso ulteriori ricerche perchiarire la fattibilità di questo tipo direimpiego.

Le coltivazioni di alofite sono stateproposte anche come mezzo per ricicla-re le acque di scolo ricche di selenioprodotte dalle attività agricole nellaValle di San Joaquin. Il selenio è unelemento nutritivo essenziale a bassi li-

velli, ma diventa tossico in concentra-zioni più elevate. Si è visto che le alofi-te irrigate con queste acque di scolo as-sorbono abbastanza selenio per render-le utili come integratore alimentare pergli animali, ma non abbastanza da di-ventare tossiche.

L'agricoltura basata sull'acqua dimare potrà mai essere praticata sugrande scala? Il nostro obiettivo alla fi-ne degli anni settanta era quello di ac-certarne la fattibilità; ci aspettavamo divedere le prime applicazioni commer-ciali entro 10 anni. Due decenni dopo,questo tipo di agricoltura è ancora allostadio preliminare per quanto riguardalo sviluppo commerciale. Diverse im-

prese hanno fondato aziende agricolesperimentali che coltivano Salicornia oAtriplex in California, Messico, ArabiaSaudita, Egitto, Pakistan e India; tutta-via, a quanto ci risulta, nessuna di que-ste imprese è arrivata a raggiungere lostadio della produzione a grande scala.

La nostra pluriennale esperienza diricercatori ci ha convinto della pratica-bilità di questo genere di agricoltura.Tuttavia, l'accettazione di questa alter-nativa dipenderà in ultima analisi daifuturi fabbisogni alimentari dell'uma-nità, dalla situazione economica e dalrigore con cui gli ecosistemi di acquadolce saranno protetti dall'espansioneagricola.

EDWARD P. GLENN, J. JED BROWN e JAMES W. O'LEARY hanno unapluriennale esperienza nello studio della fattibilità dell'agricoltura basata sull'ac-qua marina in ambienti desertici. Sono rispettivamente professore presso il Diparti-mento di scienze del suolo, delle acque e dell'ambiente dell'Università dell'Arizo-na a Tucson; neospecializzato presso il Wildlife and Fisheries Program dell'Uni-versità dell'Arizona; e professore al Dipartimento di scienze botaniche dell'Univer-sità dell'Arizona.

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LE SCIENZE n. 362, ottobre 1998 105