L A B Caravaggio, presto la Casa della carità · via san Zeno, alla periferia ovest...

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Arcene – Da circa un anno si protraggono i lavori di una nuo- va fermata ferroviaria, che verrà aperta nei primi mesi del 2008 in via san Zeno, alla periferia ovest dell’abitato, sulla linea Berga- mo-Treviglio. I lavori non sono stati continui pervia di alcuni im- previsti e di questioni tecniche, come lo spostamento di un azo- todotto della Siad e di tubazioni di gas e acqua che hanno richie- sto l’intervento – obbligatorio – delle rispettive compagnie pro- prietarie. Non si tratta di una stazione presidiata da personale, come qualcuno potrebbe aver supposto vedendo i lavori in cor- so, ma dell’installazione di due semplici marciapiedi (uno per par- te) collegati da un sottopassaggio. Tuttavia quei due marciapiedi fanno parte di un disegno mol- to più esteso. La fermata sarà corredata da un parcheggio di qua- si 14000 mq (che ad oggi si prevede gratuito), da una rotatoria e da un altro sottopassaggio posto davanti all’accesso, del costo complessivo di 1.700.000 euro. Che saranno rimborsati al Co- mune di Arcene da Rete ferroviaria italiana (Rfi, la società del gruppo Fs che si occupa delle infrastrutture ferroviarie). E il Co- mune, sebbene non abbia intenzione di gestire impianti come edicole o biglietterie poste nei pressi della fermata, è disposto a valutare proposte di attrezzature simili, avanzate da privati. L’opera fa parte del recente raddoppio del binario da Berga- mo a Treviglio ovest, grazie al quale altre fermate si stanno ap- prontando anche a Levate e a Stezzano, mentre la storica stazio- ne di Verdello sarà adeguata e ospiterà gli impianti di controllo della linea. Prima d’ora, le nuove fermate avrebbero costituito in- tralcio ai treni, che condividevano un unico binario. Per i circa 4500 arcenesi e per gli abitanti dei comuni limitro- fi come Ciserano, Pontirolo Nuovo, Lurano e Castel Rozzone si tratta di un bel vantaggio; tanti altri paesi decisamente più popo- losi non hanno la possibilità di usufruire dei treni in maniera così diretta, a beneficio del traffico. All’appostamento della fermata si accompagna peraltro la co- struzione di una strada alternativa alla ex statale 42 – ora provin- ciale – laddove essa attraversa l’abitato di Arcene: un tratto è fi- nanziato dalla provincia, un altro dal comune di Ciserano e i re- stanti tre dal comune di Arcene, che ne ha però affidati due a chi acquisterà i terreni edificabili adiacenti al percorso in costruzio- ne. La nuova strada, lunga circa 2,5 km, aggirerà Arcene a ovest, alleggerendo senz’altro il traffico in paese (la strada principale che vi entra è decisamente congestionata), incrocerà con due ro- tatorie le sp 144 (sotto cui si scaverà un sottopasso ciclopedo- nale) e 145 e si salderà alla ex ss 42 con due rotatorie di cui una, quella a sud verso Treviglio, è già transitabile in direzione nord- sud. Matteo Di Renzo A CURA DELLA REDAZIONE DEL LICEO SCIENTIFICO E LINGUISTICO ‘GALILEO GALILEI’ DI CARAVAGGIO - COORDINAMENTO EDITORIALE DI NARNO PINOTTI A BERGAMO CHIUSA LA CURVA NORD ULTRÀ, DOVÈ LA VITA? di Arianna Braccia Caravaggio – Ogni anno, il 18 gennaio, giorno di Santa Liberata, si celebra una sagra con luminarie, ban- carelle e fuochi artificiali. Spesso però si ignora la sto- ria della santa e della chiesa a lei dedicata (foto). Santa Liberata nacque agli inizi del VI secolo a Roc- ca d’Olgisio (Piacenza). Figlia del nobile Giovannato, aveva una sorella, Faustina, anche lei venerata come santa. Il padre, senza altri discendenti, voleva che con- traessero un degno e aristocratico matrimonio; le due sorelle, però, erano intenzionate a seguire una vita di contemplazione e di preghiera. Contrastate dal padre, dovettero fuggire per compiere il loro desiderio. A Co- mo presero il velo, adottarono la regola di Benedetto e fondarono un monastero dedicato a Santa Margherita. Alla loro morte, nel 580, le due sorelle vennero inu- mate nel complesso monastico di Como; traslate poi nella cattedrale di Santa Maria, nel 1317 vennero po- ste nell’altare maggiore della cattedrale tuttora a loro dedicata. Nel 1618 una parte delle reliquie venne do- nata a Piacenza, città di origine delle sante. La tradizione narra che Liberata salvò una nobile del luogo che, straziata dal marito con il supplizio della cro- ce, fu salvata e sanata dalle ferite grazie alla santa. La devozione popolare la vuole, al pari di santa Margheri- ta alla quale si era votata, protettrice delle puerpere, delle nutrici e degli infanti. In val Camonica si è traman- data la leggenda secondo cui le sante Faustina e Libe- rata, che vivevano in penitenza in una grotta, sarebbe- ro intervenute a fermare con le loro mani due massi che minacciavano il borgo di Capo di Ponte: qui si possono Santa Liberata: cosa c’è dietro la festa? Caravaggio – Sono iniziati in questi giorni i lavori di ristrutturazione di un edificio di proprietà della parrocchia di Caravaggio, ex sede dell’Acli (Associa- zione cristiana dei lavoratori italiani) e futura Casa della carità. Il taglio del na- stro è previsto per il giugno prossimo, ma per saperne di più abbiamo intervi- stato don Roberto Musa (nella foto), vi- cario in Caravaggio e responsabile del- la Caritas parrocchiale. Di che cosa si tratta? Di un’opera completamente finanzia- ta dalla Banca di credito cooperativo, che non presenta nulla di radicalmente nuovo. Sarà un edificio che ospiterà, raggruppandoli, servizi già esistenti quali il centro d’ascolto e altre attività munifiche, come la distribuzione di ge- neri alimentari e indumenti. - Agli ausili che già la comunità offre se ne aggiungeranno di nuo- vi? Sì, sono parte integrante del nostro progetto. Il centro ospiterà nuovi servizi come lo “sportello anziani”, in sostan- za un aiuto per coloro che vuoi per l’età, vuoi per problemi fisici non possono uscire spesso di casa: dei volontari com- piranno per loro conto piccole commissioni, come la spesa o il ritiro di una ricetta medica. Nuovo apporto alla comuni- tà sarà inoltre dato da infermieri volontari che assisteranno i malati. - A chi si deve l’ideazione e il sostegno concreto di questo progetto? Quest’iniziativa arriva direttamente dalla Caritas di Cara- vaggio. Presta molta attenzione a coloro che hanno biso- gno, seguendo i precetti della Chiesa, ovvero l’annuncio del Vangelo, la celebrazione dei sacramenti e quello che qui più ci interessa: la carità. A oggi sono più di cinquecento le per- sone che costantemente trovano un aiuto tangibile nel la- voro della nostra associazione ed è anche e soprattutto per vedere due massi recanti impronte di mani tuttora ve- nerate. Santa Liberata è spesso raffigurata con la sorella in abito benedettino, con in mano un giglio segno di ver- ginità, ma l’immagine forse più diffusa è quella che raf- figura Liberata con in braccio due neonati, nella sua qualità di santa protettrice contro i pericoli del parto e la mortalità infantile. Si ritiene che la chiesa di Santa Liberata in Caravag- gio abbia origini cinquecentesche, anche se l’intitola- zione avvenne più tardi per un voto dei caravaggini, li- berati dalla peste. Ristrutturata nel 1987, ha avuto, fin dal ’600, problemi di umidità per via della roggia sco- perta (il rio Basso) che le scorre accanto. La chiesa ha pianta esagonale con un portico sui tre lati rivolti a sud. La linea architettonica è bramantesca. Dentro vi sono quattro lunette affrescate, raffiguranti otto apostoli, che si fanno risalire ad un pittore caravaggino del XVI seco- lo. Vi si trovano poi un altare ligneo probabilmente risa- lente al Seicento e una pala coeva raffigurante la Vergi- ne col bambino e tre sante, fra cui la stessa Liberata. Chiara Tadolti 36 UN GIORNALE NEL GIORNALE SABATO 15 DICEMBRE 2007 il Popolo Cattolico EDITORIALE U NA STORIA DI DEVOZIONE PADANA , ANZI LOMBARDA La chiesa di Santa Liberata a Caravaggio «Lo scontro è la nostra droga. Tutti gli ultrà cercano lo scontro. È una cosa che hai dentro, che ti sale su a mano a mano che si avvicina la partita. Quando devi farti rispettare in una città che non è la tua. Oppure quando arrivano gli av- versari in trasferta, ché alle dieci sei già lì, sul piazzale dello stadio. È la difesa del tuo territo- rio. La voglia di picchiarsi col nemico. Fargli ca- pire che qui comandi tu. Ma lo scontro non na- sce dalla delinquenza; nasce dalla passione, dal cuore. E dev’essere leale, non un’infamata. Se non sei un ultrà questa cosa non la capirai mai. Anzi, ti fa schifo. Noi invece cerchiamo di tra- mandarla, assieme ai nostri valori, condivisibili o no. Questa è la vita che abbiamo scelto. Così vi- vremo finché esisteremo». Così afferma uno dei protagonisti del nuovo rito curvaiolo, fiero rap- presentante di un ceto che – parole sue – «la gente comune non riesce a comprendere». In effetti è difficile, per i pochi immuni dalla febbre calcistica, riuscire a immedesimarsi nel- la logica dei cultori dello stadio, che rimane oscura e latrice di continui interrogativi: Quello che a loro pare normale, a te sembra “fuori”; co- sa significa «lo scontro nasce dal cuore»? Basta l’amore per due squadre diverse a ridurre in odio la comune passione verso il calcio? Gli ultrà più violenti hanno una vita sociale vera, oltre quella allo stadio? È possibile impacchettare dentro la stessa bandiera le sassaiole contro un treno e le collette per le scuole del Ruanda? Le spran- gate per strada e la raccolta di fondi per la dis- trofia muscolare? E viaggiare per quindici ore stipati su un treno; presi in consegna da una teoria di poliziotti; scortati in città a bordo di pullman con i finestrini chiusi; infine, se va be- ne, tenuti dentro lo stadio per due ore dopo la partita e rispediti a casa, magari dopo incidenti o disordini? Forse a prescindere dall’avvenimento sporti- vo c’è un bisogno di identità e di appartenenza che possa fornire un senso all’esistenza, garan- tire l’individuazione di uno scopo senza una ri- cerca troppo impegnativa. Forse, quando leg- giamo sugli striscioni nei palazzetti o allo stadio “libertà per gli ultras”, c’è un richiamo politico agli anni ’70: “libertà per i compagni” ovvero “per i camerati”. Forse le passioni politiche non sanno più aggregare e i colori rosso o nero so- no diventati rossonero o neroazzurro. Forse le frustrazioni accumulate durante la settimana devono essere sfogate in qualche modo, indi- pendentemente dal risultato, dall’arbitro, dallo stadio, ma solo in un contesto, che tutto impo- ne tranne equilibrio. Forse quello che avviene in Francia nelle banlieues non è poi così distante da quanto avviene settimanalmente dentro e fuori gli stadi italiani. Forse, anche lì, si è iden- tificato chi rappresenta l’ordine costituito – po- liziotti, carabinieri, vigili urbani – come nemico da abbattere, per esprimere la rabbia di non sentirsi rappresentati. È certo che quella che si gioca la domenica, quella che giocano gli ultrà, non è una partita di calcio. smo e una voglia di fare tale che l’intera parrocchia è rico- noscente a tutto il consiglio di amministrazione e in partico- lare al presidente Mangoni. Penso abbiano visto in questo progetto un’opera necessaria e messa del tutto a servizio dei più deboli. La rinnovata Casa della carità sarà intitolata a santa Bartolomea Capitanio. Perché? Santa Bartolomea di Lovere fondò, con santa Vincenza Gerosa, le suore della carità di Maria bambina e morì a ven- tisette anni dopo una vita spesa ad aiutare i più deboli. A chi meglio di lei la si potrebbe dedicare? Un auspicio? La casa avrà sì sede in Caravaggio, ma abbraccerà tutti i paesi limitrofi, con l’auspicio di costruire partendo dai gio- vani – base della nostra comunità – una miglior coordina- zione che si traduca in una risposta concreta al bisogno di chi si trova in difficoltà. Michele Marchesi loro che ci impegniamo in questo proponimento. Come sarà organizzata la nuova sede? La ristrutturazione in progetto permetterà di ricavare a piano terra una grande sala per il ritrovo dei volontari del centro ma anche delle altre congregazioni, parte integrante della comunità. A questo piano troveranno inoltre posto i servizi di distribuzione e d’ascolto. Si potrà accedere al se- condo piano, oltre che con normali scale, tramite un ascen- sore e un montacarichi per il trasporto di vestiti e alimenti: qui lo spazio sarà destinato a un deposito e a un paio di sa- le per le attività pratiche dei volontari, ovvero lo smistamen- to di materiali e beni di consumo. Sembrerebbe un’opera ingente. Che cosa ha fat- to sì che la Bcc decidesse di investire fondi in que- sto progetto? Tutti i caravaggini, e non solo, conoscono la sensibilità della Bcc ai problemi dei più deboli. Devo dire che, appena presentato, questo progetto è stato accolto con un entusia- LE OPERE CONSEGUONO AL RADDOPPIO DEL BINARIO DA TREVIGLIO OVEST A BERGAMO Arcene, imminenti fermata ferroviaria e strada alternativa alla sp 42 LA VECCHIA SEDE ACLI AL N°2 DI VIA BANFI CAMBIA NOME, E NON SOLO Caravaggio, presto la Casa della carità Ospiterà e coordinerà servizi collaudati e nuovi per i più deboli Le pensiline della fermata di Arcene al 3 dicembre La ex sede dell’Acli in via Banfi a Caravaggio, futura Casa della carità Don Roberto Musa, responsabile della Caritas di Caravaggio

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Arcene – Da circa un anno si protraggono i lavori di una nuo-va fermata ferroviaria, che verrà aperta nei primi mesi del 2008 invia san Zeno, alla periferia ovest dell’abitato, sulla linea Berga-mo-Treviglio. I lavori non sono stati continui per via di alcuni im-previsti e di questioni tecniche, come lo spostamento di un azo-todotto della Siad e di tubazioni di gas e acqua che hanno richie-sto l’intervento – obbligatorio – delle rispettive compagnie pro-prietarie. Non si tratta di una stazione presidiata da personale,come qualcuno potrebbe aver supposto vedendo i lavori in cor-so, ma dell’installazione di due semplici marciapiedi (uno per par-te) collegati da un sottopassaggio.

Tuttavia quei due marciapiedi fanno parte di un disegno mol-to più esteso. La fermata sarà corredata da un parcheggio di qua-si 14000 mq (che ad oggi si prevede gratuito), da una rotatoriae da un altro sottopassaggio posto davanti all’accesso, del costocomplessivo di 1.700.000 euro. Che saranno rimborsati al Co-mune di Arcene da Rete ferroviaria italiana (Rfi, la società delgruppo Fs che si occupa delle infrastrutture ferroviarie). E il Co-mune, sebbene non abbia intenzione di gestire impianti comeedicole o biglietterie poste nei pressi della fermata, è disposto avalutare proposte di attrezzature simili, avanzate da privati.

L’opera fa parte del recente raddoppio del binario da Berga-mo a Treviglio ovest, grazie al quale altre fermate si stanno ap-

prontando anche a Levate e a Stezzano, mentre la storica stazio-ne di Verdello sarà adeguata e ospiterà gli impianti di controllodella linea. Prima d’ora, le nuove fermate avrebbero costituito in-tralcio ai treni, che condividevano un unico binario.

Per i circa 4500 arcenesi e per gli abitanti dei comuni limitro-fi come Ciserano, Pontirolo Nuovo, Lurano e Castel Rozzone sitratta di un bel vantaggio; tanti altri paesi decisamente più popo-losi non hanno la possibilità di usufruire dei treni in maniera cosìdiretta, a beneficio del traffico.

All’appostamento della fermata si accompagna peraltro la co-struzione di una strada alternativa alla ex statale 42 – ora provin-ciale – laddove essa attraversa l’abitato di Arcene: un tratto è fi-nanziato dalla provincia, un altro dal comune di Ciserano e i re-stanti tre dal comune di Arcene, che ne ha però affidati due a chiacquisterà i terreni edificabili adiacenti al percorso in costruzio-ne. La nuova strada, lunga circa 2,5 km, aggirerà Arcene a ovest,alleggerendo senz’altro il traffico in paese (la strada principaleche vi entra è decisamente congestionata), incrocerà con due ro-tatorie le sp 144 (sotto cui si scaverà un sottopasso ciclopedo-nale) e 145 e si salderà alla ex ss 42 con due rotatorie di cui una,quella a sud verso Treviglio, è già transitabile in direzione nord-sud.

Matteo Di Renzo

A CURA DELLA REDAZIONE DEL LICEO SCIENTIFICO E LINGUISTICO ‘GALILEO GALILEI’ DI CARAVAGGIO - COORDINAMENTO EDITORIALE DI NARNO PINOTTI

A BERGAMO CHIUSALA CURVA NORD

ULTRÀ, DOV’È LA VITA?■ di Arianna Braccia

Caravaggio – Ogni anno, il 18 gennaio, giorno diSanta Liberata, si celebra una sagra con luminarie, ban-carelle e fuochi artificiali. Spesso però si ignora la sto-ria della santa e della chiesa a lei dedicata (foto).

Santa Liberata nacque agli inizi del VI secolo a Roc-ca d’Olgisio (Piacenza). Figlia del nobile Giovannato,aveva una sorella, Faustina, anche lei venerata comesanta. Il padre, senza altri discendenti, voleva che con-traessero un degno e aristocratico matrimonio; le duesorelle, però, erano intenzionate a seguire una vita dicontemplazione e di preghiera. Contrastate dal padre,dovettero fuggire per compiere il loro desiderio. A Co-mo presero il velo, adottarono la regola di Benedetto efondarono un monastero dedicato a Santa Margherita.

Alla loro morte, nel 580, le due sorelle vennero inu-

mate nel complesso monastico di Como; traslate poinella cattedrale di Santa Maria, nel 1317 vennero po-ste nell’altare maggiore della cattedrale tuttora a lorodedicata. Nel 1618 una parte delle reliquie venne do-nata a Piacenza, città di origine delle sante.

La tradizione narra che Liberata salvò una nobile delluogo che, straziata dal marito con il supplizio della cro-ce, fu salvata e sanata dalle ferite grazie alla santa. Ladevozione popolare la vuole, al pari di santa Margheri-ta alla quale si era votata, protettrice delle puerpere,delle nutrici e degli infanti. In val Camonica si è traman-data la leggenda secondo cui le sante Faustina e Libe-rata, che vivevano in penitenza in una grotta, sarebbe-ro intervenute a fermare con le loro mani due massi cheminacciavano il borgo di Capo di Ponte: qui si possono

Santa Liberata: cosa c’è dietro la festa?

Caravaggio – Sono iniziati in questigiorni i lavori di ristrutturazione di unedificio di proprietà della parrocchia diCaravaggio, ex sede dell’Acli (Associa-zione cristiana dei lavoratori italiani) efutura Casa della carità. Il taglio del na-stro è previsto per il giugno prossimo,ma per saperne di più abbiamo intervi-stato don Roberto Musa (nella foto), vi-cario in Caravaggio e responsabile del-la Caritas parrocchiale.

Di che cosa si tratta?Di un’opera completamente finanzia-

ta dalla Banca di credito cooperativo,che non presenta nulla di radicalmentenuovo. Sarà un edificio che ospiterà,raggruppandoli, servizi già esistentiquali il centro d’ascolto e altre attivitàmunifiche, come la distribuzione di ge-neri alimentari e indumenti.

- Agli ausili che già la comunitàoffre se ne aggiungeranno di nuo-vi?

Sì, sono parte integrante del nostro progetto. Il centroospiterà nuovi servizi come lo “sportello anziani”, in sostan-za un aiuto per coloro che vuoi per l’età, vuoi per problemifisici non possono uscire spesso di casa: dei volontari com-piranno per loro conto piccole commissioni, come la spesao il ritiro di una ricetta medica. Nuovo apporto alla comuni-tà sarà inoltre dato da infermieri volontari che assisterannoi malati.

- A chi si deve l’ideazione e il sostegno concretodi questo progetto?

Quest’iniziativa arriva direttamente dalla Caritas di Cara-vaggio. Presta molta attenzione a coloro che hanno biso-gno, seguendo i precetti della Chiesa, ovvero l’annuncio delVangelo, la celebrazione dei sacramenti e quello che qui piùci interessa: la carità. A oggi sono più di cinquecento le per-sone che costantemente trovano un aiuto tangibile nel la-voro della nostra associazione ed è anche e soprattutto per

vedere due massi recanti impronte di mani tuttora ve-nerate.

Santa Liberata è spesso raffigurata con la sorella inabito benedettino, con in mano un giglio segno di ver-ginità, ma l’immagine forse più diffusa è quella che raf-figura Liberata con in braccio due neonati, nella suaqualità di santa protettrice contro i pericoli del parto ela mortalità infantile.

Si ritiene che la chiesa di Santa Liberata in Caravag-gio abbia origini cinquecentesche, anche se l’intitola-zione avvenne più tardi per un voto dei caravaggini, li-berati dalla peste. Ristrutturata nel 1987, ha avuto, findal ’600, problemi di umidità per via della roggia sco-perta (il rio Basso) che le scorre accanto. La chiesa hapianta esagonale con un portico sui tre lati rivolti a sud.La linea architettonica è bramantesca. Dentro vi sonoquattro lunette affrescate, raffiguranti otto apostoli, chesi fanno risalire ad un pittore caravaggino del XVI seco-lo. Vi si trovano poi un altare ligneo probabilmente risa-lente al Seicento e una pala coeva raffigurante la Vergi-ne col bambino e tre sante, fra cui la stessa Liberata.

Chiara Tadolti

36 UN GIORNALE NEL GIORNALESABATO 15 DICEMBRE 2007il Popolo Cattolico

E D I T O R I A L E

U N A S T O R I A D I D E V O Z I O N E PA D A N A , A N Z I L O M B A R D A

La chiesa di Santa Liberata a Caravaggio

«Lo scontro è la nostra droga. Tutti gli ultràcercano lo scontro. È una cosa che hai dentro,che ti sale su a mano a mano che si avvicina lapartita. Quando devi farti rispettare in una cittàche non è la tua. Oppure quando arrivano gli av-versari in trasferta, ché alle dieci sei già lì, sulpiazzale dello stadio. È la difesa del tuo territo-rio. La voglia di picchiarsi col nemico. Fargli ca-pire che qui comandi tu. Ma lo scontro non na-sce dalla delinquenza; nasce dalla passione, dalcuore. E dev’essere leale, non un’infamata. Senon sei un ultrà questa cosa non la capirai mai.Anzi, ti fa schifo. Noi invece cerchiamo di tra-mandarla, assieme ai nostri valori, condivisibili ono. Questa è la vita che abbiamo scelto. Così vi-vremo finché esisteremo». Così afferma uno deiprotagonisti del nuovo rito curvaiolo, fiero rap-presentante di un ceto che – parole sue – «lagente comune non riesce a comprendere».

In effetti è difficile, per i pochi immuni dallafebbre calcistica, riuscire a immedesimarsi nel-la logica dei cultori dello stadio, che rimaneoscura e latrice di continui interrogativi: Quelloche a loro pare normale, a te sembra “fuori”; co-sa significa «lo scontro nasce dal cuore»? Bastal’amore per due squadre diverse a ridurre in odiola comune passione verso il calcio? Gli ultrà piùviolenti hanno una vita sociale vera, oltre quellaallo stadio? È possibile impacchettare dentro lastessa bandiera le sassaiole contro un treno ele collette per le scuole del Ruanda? Le spran-gate per strada e la raccolta di fondi per la dis-trofia muscolare? E viaggiare per quindici orestipati su un treno; presi in consegna da unateoria di poliziotti; scortati in città a bordo dipullman con i finestrini chiusi; infine, se va be-ne, tenuti dentro lo stadio per due ore dopo lapartita e rispediti a casa, magari dopo incidentio disordini?

Forse a prescindere dall’avvenimento sporti-vo c’è un bisogno di identità e di appartenenzache possa fornire un senso all’esistenza, garan-tire l’individuazione di uno scopo senza una ri-cerca troppo impegnativa. Forse, quando leg-giamo sugli striscioni nei palazzetti o allo stadio“libertà per gli ultras”, c’è un richiamo politicoagli anni ’70: “libertà per i compagni” ovvero“per i camerati”. Forse le passioni politiche nonsanno più aggregare e i colori rosso o nero so-no diventati rossonero o neroazzurro. Forse lefrustrazioni accumulate durante la settimanadevono essere sfogate in qualche modo, indi-pendentemente dal risultato, dall’arbitro, dallostadio, ma solo in un contesto, che tutto impo-ne tranne equilibrio. Forse quello che avviene inFrancia nelle banlieues non è poi così distanteda quanto avviene settimanalmente dentro efuori gli stadi italiani. Forse, anche lì, si è iden-tificato chi rappresenta l’ordine costituito – po-liziotti, carabinieri, vigili urbani – come nemicoda abbattere, per esprimere la rabbia di nonsentirsi rappresentati. È certo che quella che sigioca la domenica, quella che giocano gli ultrà,non è una partita di calcio.

smo e una voglia di fare tale che l’intera parrocchia è rico-noscente a tutto il consiglio di amministrazione e in partico-lare al presidente Mangoni. Penso abbiano visto in questoprogetto un’opera necessaria e messa del tutto a serviziodei più deboli.

La rinnovata Casa della carità sarà intitolata asanta Bartolomea Capitanio. Perché?

Santa Bartolomea di Lovere fondò, con santa VincenzaGerosa, le suore della carità di Maria bambina e morì a ven-tisette anni dopo una vita spesa ad aiutare i più deboli. A chimeglio di lei la si potrebbe dedicare?

Un auspicio?La casa avrà sì sede in Caravaggio, ma abbraccerà tutti i

paesi limitrofi, con l’auspicio di costruire partendo dai gio-vani – base della nostra comunità – una miglior coordina-zione che si traduca in una risposta concreta al bisogno dichi si trova in difficoltà.

Michele Marchesi

loro che ci impegniamo in questo proponimento.Come sarà organizzata la nuova sede?La ristrutturazione in progetto permetterà di ricavare a

piano terra una grande sala per il ritrovo dei volontari delcentro ma anche delle altre congregazioni, parte integrantedella comunità. A questo piano troveranno inoltre posto iservizi di distribuzione e d’ascolto. Si potrà accedere al se-condo piano, oltre che con normali scale, tramite un ascen-sore e un montacarichi per il trasporto di vestiti e alimenti:qui lo spazio sarà destinato a un deposito e a un paio di sa-le per le attività pratiche dei volontari, ovvero lo smistamen-to di materiali e beni di consumo.

Sembrerebbe un’opera ingente. Che cosa ha fat-to sì che la Bcc decidesse di investire fondi in que-sto progetto?

Tutti i caravaggini, e non solo, conoscono la sensibilitàdella Bcc ai problemi dei più deboli. Devo dire che, appenapresentato, questo progetto è stato accolto con un entusia-

LE OPERE CONSEGUONO AL RADDOPPIO DEL BINARIO DA TREVIGLIO OVEST A BERGAMO

Arcene, imminenti fermata ferroviaria e strada alternativa alla sp 42

LA VECCHIA SEDE ACLI AL N° 2 DI VIA BANFI CAMBIA NOME, E NON SOLO

Caravaggio, presto la Casa della caritàOspiterà e coordinerà servizi collaudati e nuovi per i più deboli

Le pensiline della fermata di Arcene al 3 dicembre

La ex sede dell’Acli in via Banfi a Caravaggio, futura Casa della carità Don Roberto Musa, responsabile della Caritas di Caravaggio

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te le fermate intermedie.Quali le novità dentro l’ospedale?È stato costruito in modo più moderno, secondo principi

di assistenza sanitaria più all’avanguardia: non esistono più ireparti bensì le aree: l’area medica (medicina interna, pneu-mologia, oncologia, cardiologia, neurologia, nefrologia, psi-chiatria), l’area chirurgica (chirurgia generale, vascolare, ocu-listica, ortopedia, otorinolaringoiatria, urologia, ginecologia),l’area materno infantile (ostetricia, patologia neonatale, nido,pediatria, adolescentologia), l’area intensiva, l’area servizidiagnostici e così via. Ciò comporta un miglior funzionamen-to: il paziente è di fatto al centro dell’assistenza e tutte lecomponenti sanitarie ruotano intorno a lui.

Ma un ospedale ha anche visitatori, magazzini…L’ospedale è organizzato in percorsi per il paziente inter-

no e l’esterno, separati tra loro per evitare contatti tra utentiesterni (visitatori, fornitori, tecnici) e pazienti interni. La nuo-va struttura sarà all’avanguardia per automazione e informa-tizzazione. per esempio, il rifornimento di materiali dai ma-gazzini avverrà mediante robot completamente automaticiche, in risposta alla richiesta inviata via computer, verrannocaricati del materiale necessario e raggiungeranno da soli in

7 minuti il reparto richiedente.I costi?Il costo complessivo di questa struttura ospedaliera è di

170 milioni di euro: un terzo a carico della regione Lombar-dia, un terzo dell’azienda ospedaliera di Vimercate e un ter-zo di finanziamenti privati: il privato investe denaro nella co-struzione e li recupera nella gestione diretta degli spazi-ser-vizi non sanitari (parcheggi, bar, negozi, mensa, cucina…)per un dato numero di anni.

Si parla spesso di malasanità. È il momento dispendere soldi per un nuovo edificio anziché inve-stirli in cure mediche?

Per essere erogate le cure mediche necessitano di unastruttura adeguata: in Italia la stragrande maggioranza deicasi di malasanità è legata al malfunzionamento delle strut-ture ormai obsolete.

Che ne sarà del vecchio ospedale?La costruzione della nuova struttura permetterà di recu-

perare un’area centrale della città, da destinarsi a residenze,servizi e verde pubblico.

Alessandro Rondanini

IL DOTTOR RONDANINI: «SARÀ MODERNO, EFFICIENTE, BEN SERVITO»

Vimercate, nuovo ospedaleRipartiti fra regione, azienda ospedaliera e privati 170 milioni di costi

37UN GIORNALE NEL GIORNALESABATO 15 DICEMBRE 2007 il Popolo Cattolico

A Brignano il calcio si tinge di rosaU N A S Q U A D R A N U O V A E D I S U C C E S S O

Brignano Gera d’Adda – Il Brignano continua a colleziona-re vittorie, ma a tirare il pallone in porta questa volta sono ragaz-ze. In proposito diamo la parola al presidente della squadra, Ales-sandro Nisoli.

- Come nasce l’idea di formare una squadra di calciofemminile a Brignano?

È stata l’insistente richiesta di Anna Maria Gatti e MariangelaBassi a dare la spinta decisiva, tanto che alla fine dello scorsoagosto la squadra si è formata. Fino a poco tempo fa, a Brigna-no solo i ragazzi avevano la possibilità di continuare a giocare do-po i 13 anni d’età. Era giusto che anche le ragazze potessero ave-re una loro squadra di calcio.

- Di quante ragazze è composto il team? E da dove ven-gono?

La squadra è composta da 23 elementi. Attualmente solo tre

ragazze sono del paese: Anna Maria Gatti, Mariangela Bassi eAnouk Van Belkom, di origine olandese. Le altre provengono daCaravaggio, Treviglio, Urgnano, Misano, Spirano, Sergnano e Ca-stel Rozzone.

- Qual è l’età media dei membri della squadra?La maggior parte ha tra i 20 e i 25 anni, ma si passa dalle più

giovani, che hanno 14 anni, a quelle più grandi, di 34.- È una squadra unita?Nonostante il notevole divario d’età direi proprio di sì. Ciò che

mi ha più stupito in questi mesi è stata proprio l’immediatezzacon cui le ragazze sono riuscite a costruire il gruppo solido e com-patto che sono diventate. So che spesse volte, oltre agli allena-menti, si trovano anche per passare una serata a divertirsi.

- Quale frequenza settimanale hanno gli allenamenti?I giorni di allenamento sono il mercoledì e il venerdì sera. L’al-

lenatore Roberto Cervieri ha già vari anni di esperienza con lesquadre femminili; è invece Luca Oldoni ad allenare i portieri.

- Come sta proseguendo la stagione? Quali gli obiet-tivi dell’anno?

Non c’è male: finora tutte vittorie, solo un pareggio. Il princi-pale obiettivo è di sicuro avanzare di categoria: dalla serie D allaC.

- Per vincere: tanti sacrifici o una buona strategia?Impegno, costanza e serietà sono necessari per un campio-

nato regionale. Tutta la domenica è dedicata alla partita, soprat-tutto quando si gioca in trasferta; e il venerdì sera per le ragazzeniente salti in discoteca, ma una sana ed energetica corsa sulmanto erboso. La strategia? Mettere in campo tutta la propria for-za di volontà.

- È giusto incentivare il calcio femminile? C’è bisognodi nuove leve nella squadra?

Questo sport affascina molte ragazze e ne abbiamo avuto laprova: già parecchie fanciulle che frequentano le scuole superiorihanno chiesto informazioni per entrare in squadra. Sarebbe belloche le giocatrici aumentassero e anche che una buona percen-tuale di loro venisse da Brignano. Per conoscerci, visitate il nostroblog: http://brignanocalciofemminile.blogspot.com

Mariangela Littini

U N P R O G E T T O D E L L’A D R I C E S TA

PER I BAMBINI LEUCEMICI

Un piccolo aiutoper un grande bisogno

Boltiere – Nata da un sogno. Proprio così: dal sogno diCarla Panzino, sua presidentessa, è nata l’Adricesta (Associa-zione per la donazione e la ricerca italiana sulle cellule stami-nali, il trapianto e l’assistenza), che con l’aiuto del proprio te-stimonial, l’attore Alessandro Preziosi, aiuta i bambini affetti daleucemia. Grazie al progetto Un buco nel muro le persone pos-sono aiutare, con un piccolo contributo, a costruire struttureche facciano sentire meno ai bambini leucemici il peso dell’i-solamento.

Claudia Ferri, delegata dell’associazione per la Lombardia,ci ha chiarito le idee.

Signora Ferri, quando è nata l’associazione?È nata nel marzo del 2004, anche se era il sogno nel cas-

setto di Carla Panzino fin da quando conobbe Stefania, una ra-gazza malata di leucemia e morta a soli 18 anni dopo una lun-ga degenza.

Quali scopi vi proponete?Il progetto Un buco nel muro si propone, tramite internet, di

varcare la soglia dell’isolamento per i piccoli pazienti ricovera-ti in camere sterili e inaccessibili – vi sono ammessi solo i ge-nitori, e uno per volta.

Qualche dettaglio riguardo al progetto?Servono un computer e una casella di posta elettronica.

Con il primo il bambino potrà giocare, cooperare e interagirecon le persone che gli fanno visita, tramite postazioni postefuori dal reparto; la posta elettronica gli consentirà di proget-tare e lavorare in contatto con la propria scuola, per sviluppa-re compiti senza sottoporsi a tempi e orari rigidi di lavoro.

Vi è stata un’occasione importante negli ultimi tem-pi?

Sì. Il 12 luglio scorso a Milano si è svolta la seconda edizio-ne del premio Adricesta, abbinato al gala della solidarietà idea-to dal settimanale Diva e donna. La sua direttrice, Silvana Gia-cobini, è madrina del progetto e sua ambasciatrice al Gran ga-la del cuore del Principato di Monaco. Lo scorso 28 novem-bre poi si è inaugurato il progetto nell’ospedale Santo Spiritodi Pescara.

Un recapito per donare?L’indirizzo dell’associazione è: Adricesta onlus, c/o A.s.l. Pe-

scara, direzione generale, via R. Paolini 47, 65124 Pescara.Telefono 085 4293089; sito internet www.adricesta.com;e-mail [email protected]. Chi volesse destinare all’Adri-cesta il 5 per mille dell’Irpef può indicare nella dichiarazione deiredditi il codice fiscale 91074480681. Per donazioni: contocorrente 1155 della Banca popolare di Milano, agenzia 334 diRoma (ABI: 558, CAB: 3225, CIN: A); oppure conto correntepostale 57004889.

Un’associazione davvero importante: grazie ad essa moltibambini costretti all’isolamento dalla malattia possono sentir-si un po’ più come gli altri e vivere più liberamente accanto al-le persone che vogliono loro bene. Perché, secondo madre Te-resa di Calcutta, «quello che noi facciamo è solo una goccianell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe unagoccia in meno».

Stefano Mangolini

La squadra brignanese di calcio femminile, al completo

La signora Claudia Ferri è delegata dell’Adricesta per la re-gione Lombardia. Al collo porta una sciarpa con i colori del-l’associazione, giallo e blu

DUE FAMIGLIE, UNA SOLA TRADIZIONE CONTADINA FRA GRAN LAVORO, ALLEGRIA, AGGREGAZIONE

Da Covo a Casirate, un maiale per tutto e per tuttiCovo – In cielo domina

ancora la luna. C’è buio el’aria punge un po’. Sonole sei e mezzo di una mat-tina di dicembre. Oltrevent’anni fa. Tutti pronti: èarrivato il giorno di “far suil maiale”.

Si comincia: bisognafare in fretta. Se il maialeappena ucciso diventafreddo poi è difficile pelar-lo perché diventa duro,spiegano, e si toglie ilsangue per preparare latorta. Nemmeno riuscia-mo ad immaginarla unatorta di sangue, oggi. Eppure era buona,dicono.

Per tutta la giornata fa da sfondo uncamino acceso, un bel fuoco per tenerel’acqua calda, ma oggi basta lasciar scor-rere l’acqua per qualche secondo. Oggi ètutto più comodo, ci sono le macchine, maallora sì che era davvero bello.

Non erano semplici ore di lavoro. Eraprima di tutto un momento di ritrovo. Tuttiavevano una mansione perché tante eranole cose da fare, tante le persone che servi-vano, tutte utili. Oggi ne bastano poche.

«Si costruiva la compagnia intorno altavolo»: questo è quello che ricorda chic’era allora come oggi.

Attorno a quel tavolo si parlava di tutto,si passava un’intera giornata a stretto con-tatto, gomito a gomito. E tante erano le

risate. Il tempo passava tra le varie fasi earrivava il momento di sedersi per pranza-re.

Non però ognuno a casa propria perriprendere poi, ma tutti insieme per condi-videre i sapori veri di questo lungo lavoro.

E cosa si mangiava? Panini col piè, lacarne e il grasso del maiale tritati, frescofresco. E i gratù: il grasso del maiale sifaceva colare sul fuoco e si mangiava quel-lo che restava. Il grasso colato invece sifaceva condensare e quando era freddo simetteva in un vaso e si usava per fare damangiare. Niente si buttava.

Meglio dunque la tecnologia, la comodi-tà, l’innovazione o la tradizione, la compa-gnia?

Michela Loda

Casirate d’Adda – 9 dicembre. La fami-glia Faccà al completo, attorniata da amici,parenti e conoscenti, è in grande festa. È ilgiorno della tradizionale lavorazione delmaiale. Nelle civiltà contadine questo gran-dioso animale è sempre stato alla base del-l’alimentazione. Ci sono diversi modi di lavo-rarlo e ogni regione vanta delle proprie spe-cialità.

E oggi si ripete un rito che questa famigliatrasmette di generazione in generazione.Nulla verrà sprecato. Dopo aver spolpatoquesto bel maiale di quasi 250 kg inizia lacernita: la carne di prima scelta verrà desti-nata ai salami; la seconda alle salamelle e aicacciatori; la terza, con la cotenna, ai cote-chini e agli zamponi. Ciascun tipo di carne èmacinato separatamente con un tritacarneancora molto simile al tradizionale: unica dif-

ferenza, la corrente elettrica. Il tutto è poi im-pastato a mano su tavole di legno, facendoattenzione ad amalgamare bene il grasso, lacarne, gli aromi, il sale e il vino, sapiente-mente bilanciati nelle quantità. In seguitotutto è insaccato in budella di animale, abil-mente legato a mano da esperti norcini, indibucherellato.

La cantina dove verrà messo a stagiona-re il prodotto finale compirà nei mesi succes-sivi il miracolo della “fioritura”, seguita atten-tamente dalla padrona di casa. Rimangonopoi da salare e aromatizzare alcuni pezzi digrasso, da cui ottenere una squisita pancet-ta e un gustosissimo lardo.

La mattinata lavorativa passa in un climasereno e gioioso, con amici che vanno e ven-gono, grandi chiacchierate, assaggi di pié edi pane e filetto fresco appena cotto. Nonmanca l’assaggio delle ultime fette del sala-me dell’anno prima, di cui si decantano legrandi caratteristiche, nella speranza chepure quello nuovo sia sublime.

Anche il pranzo di questa giornata è un ri-to nel rito: è il momento del rilassamento edella condivisione di aneddoti e di ricordi.Nonostante il progressivo abbandono diquesta tradizione, rimane apprezzabile il nu-mero delle famiglie ch’i fa sö ’l roi. Questausanza ha origini molto antiche; Plinio il Vec-chio (I sec. d.C.) affermava: «Da nessun ani-male si trae maggiore materia per il gusto delpalato. Le carni del maiale offrono quasi cin-quanta differenti sapori, mentre ogni altroanimale ha un sapore unico».

Massimo Magni

Il dottor Gian Filippo Rondanini Come sarà il nuovo ospedale di Vimercate in due elaborazioni grafiche al computer

Vimercate (Milano) – Sorgerà qui uno dei nuovi ospe-dali approvati dalla regione Lombardia. Ne abbiamo parlatocon il dottor Gian Filippo Rondanini (nella foto), direttore del-l’unità operativa di Neonatologia, Pediatria e Adolescento-logia del presidio ospedaliero di Vimercate.

Dottor Rondanini, perché è stata presa questa de-cisione?

Il vecchio ospedale ha 35 anni, ma siccome ogni vent’an-ni la medicina si rinnova completamente, l’attuale strutturaè ormai obsoleta, troppo vecchia per le necessità di una mo-derna assistenza sanitaria. Per esempio non sarebbe piùpossibile adeguarlo tecnologicamente, gli spazi sono insuf-ficienti e i servizi alberghieri sono oramai inadeguati. Inoltrel’ospedale è situato nel centro di Vimercate, dove la viabili-tà è scomodissima e i parcheggi scarsi.

E la viabilità del nuovo presidio?Il nuovo ospedale sarà facilmente raggiungibile da tutti gli

abitanti anche se in periferia, perché è ben servito dalla re-te stradale grazie alla tangenziale est e alle strade provin-ciali, dispone di ampi parcheggi ed è situato in un’ampia zo-na verde a disposizione dei degenti. Una navetta pubblicainfine collegherà l’ospedale con il centro di Vimercate e tut-

Norcini inazione aCasirate

d’Adda: abilicolpi di spagoin un clima un

po’ rétro