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NUMERO 273 10 Gennaio 2017 N.99 PAGINE PROVA: PIAGGIO BEVERLY 300 Continua l'evoluzione del ruota alta di Piaggio, oggi disponibile nelle versioni da 300 e 350 cc. Oggetto della nostra prova il 300 firmato Police IL RANCH DI ROSSI: PER UN MOTOCICLISTA, È IL POSTO PIÙ BELLO DEL MONDO Il paradiso degli appassionati. Giovanni Zamagni ci racconta la sua esperienza NICO: "AERODINAMICA, SECONDA VOLTA CHE CI FREGANO!" Hanno stoppato le alette della Ducati, 60 anni fa vietarono le carenature dalla Moto Guzzi. Certe volte siamo troppo bravi KTM SUPERDUKE 1290R Pagine 2-17 News: Honda Riding Assist, e la moto sta in equilibrio da sola | Mercato: nel 2016 vendite a +13,3% e le moto a +21,5% | Sondaggio: il Campione dei Campioni è Marquez | M. Clarke: Tecnica, trapianti di teste | MotoGP: Lorenzo, Viñales e Iannone, la grande sfida | Speciale Dakar 2017 | SX: Anaheim

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NUMERO 27310 Gennaio 2017N.99 PAGINE

PROVA: PIAGGIO BEVERLY 300 Continua l'evoluzione del ruota alta di Piaggio, oggi disponibile nelle versioni da 300 e 350 cc. Oggetto della nostra prova il 300 firmato Police

IL RANCH DI ROSSI: PER UN MOTOCICLISTA, È IL POSTO PIÙ BELLO DEL MONDOIl paradiso degli appassionati. Giovanni Zamagni ci racconta la sua esperienza

NICO: "AERODINAMICA, SECONDA VOLTA CHE CI FREGANO!"Hanno stoppato le alette della Ducati, 60 anni fa vietarono le carenature dalla Moto Guzzi. Certe volte siamo troppo bravi

KTM SUPERDUKE 1290RPagine 2-17

News: Honda Riding Assist, e la moto sta in equilibrio da sola | Mercato: nel 2016 vendite a +13,3% e le moto a +21,5% | Sondaggio: il Campione dei Campioni è Marquez | M. Clarke: Tecnica, trapianti di teste | MotoGP: Lorenzo, Viñales e Iannone, la grande sfida | Speciale Dakar 2017 | SX: Anaheim

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KTM SUPERDUKE 1290R 2017di Francesco Paolillo

LA “BESTIA” DIVENTA EURO 4 GRAZIE AD ALCUNE MIGLIORIE MECCANICHE, INOLTRE COGLIE L'OCCASIONE PER LISCIARE QUALCHE

RUGA E ARRICCHIRE ULTERIORMENTE IL SUO EQUIPAGGIAMENTO. VEDIAMO COME SI È COMPORTATA ALL’ESORDIO SULLA PISTA DI LOSAIL

A Mattighofen, si sa, non sono soliti stare con le mani in mano, e la rapidità con cui presentano sul mercato nuovi modelli e aggiorna-menti di quelli attuali è nota

al grande pubblico. Quest’ultimo sembra apprezzare il lavoro del marchio austriaco, e l’affollamento dello stand al recente Salone di Milano ne è la conferma, con migliaia di curiosi a guardare e toccare con mano le KTM esposte. Tra queste spiccava naturalmente la 1290 Su-per Duke R, nell’ambiente definita “la Be-stia”, naked muscolosa dentro e fuori, che ha esordito nel 2005 (990), si è aggiornata poi nel 2007, crescendo di cilindrata fino al limite dei 1300 cc nel 2013. Proprio da quest’ultima versione si è partiti per arri-vare alla Super Duke odierna, con un look ancora più aggressivo, grazie ad un nuovo gruppo ottico a LED con luci diurne DRL, molto rastremato e tagliente, che ha nel-le nuove fiancatine una sorta di continuum stilistico, che rende davvero “tagliente” il profilo laterale, con un richiamo alle forme di un predatore. Anche il posteriore è stato rivisto, in maniera più leggera, con il codino che perde anche quel poco di carenatura che era presente sulla precedente versione, lasciando il telaio totalmente a vista.La strumentazione, ora completamente di-

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gitale, esibisce un bel display TFT a colori, con luminosità che si adegua automatica-mente alla luce ambientale, e che si può regolare manualmente nell’inclinazione nel caso in cui la leggibilità fosse compromessa dal riflesso della luce.

MOTOREQuel gran pezzo di metallo e leghe pregia-te che è il V75° da 1.300 cc arriva, in que-sta configurazione ad erogare la bellezza di 177 cavalli, valore di tutto rispetto, anzi per la precisione, è il più alto della categoria, e con un dato riguardante la coppia massi-ma, 141 Nm, davvero impressionante, che ne esalta ulteriormente le caratteristiche di Beast 2.0!Oltre alle modifiche apportate per render-lo più eco friendly, consumare meno e so-prattutto Euro 4, il muscoloso bicilindrico non ha subito alcun stravolgimento, ma af-finamenti più o meno importanti che han-no interessato numerosi componenti. Un albero motore dal profilo leggermente diverso, così come le teste, valvole in ti-tanio più leggere (39 grammi l’una), quin-

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di -19 grammi alla prova bilancia, con un riporto superficiale al Nitrato di Cromo (PVD). I condotti di aspirazione, ora più corti, hanno permesso di incrementare di 500 giri l’allungo del motore, senza perde-re in linearità di erogazione, mentre sopra ai due pistoni forgiati e dalla struttura defi-nita prendendo a piene mani dalla tecnolo-gia di F1, scoccano la scintilla due coppie di candele di dimensioni differenti. Queste modifiche hanno permesso di in-crementare il rapporto di compressione fino a 13,6:1, mentre il peso complessivo del propulsore si attesta sui 62 kg, un va-lore decisamente contenuto. Diminuiscono anche le vibrazioni e le emis-sioni Co2 (-10%).

CICLISTICA - ERGONOMIA - FRENIUna moto che si deve comportare bene nell’uso su strada così come in pista, nel-la guida esasperata così come in quella di tutti i giorni, questo era ed è l'obbiettivo dei tecnici KTM, che hanno dotato di un’er-gonomia ottimale la 1290 Super Duke R. Le differenze con il modello precedente sono limitate, nessuna modifica al telaio a traliccio, ora a vista anche nella parte po-steriore. I tubi realizzati in Cromo-Molibdeno, ab-bracciano il propulsore e supportano la forcella WP da 48 mm, che guadagna una molla più sostenuta e un set up specifico, mentre il funzionamento del mono braccio passa dal mono ammortizzatore, sempre

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marchiato WP, con regolazione separata di compressione ed estensione.La posizione di guida cambia leggermente, grazie al manubrio più largo di 20 mm, e montato 5mm più in basso, inoltre sposta il suo baricentro di 18,5 mm in avanti e per-mette una regolazione longitudinale su quat-tro posizioni diverse, per un massimo di 22 mm. La sella standard ha un'altezza del pia-no seduta di 835 mm.L’impianto frenante prevede dischi da 320 mm anteriori, con pinze radiali monoblocco Brembo M50, e posteriore da 240 mm con pinza a due pistoncini, il tutto supportato da un impianto antibloccaggio sviluppato con Bosch e dotato di Cornering ABS.

ELETTRONICALa prima cosa che si nota è la rinnovata strumentazione completamente digitale con display TFT, sulla quale possono essere vi-sualizzate le regolazioni dei Ride Mode, tre mappature denominate Rain - Street - Sport, la prima limitata a 130 cavalli mentre le altre due permettono di contare su tutti i 177 ca-valli, con livelli di intervento del controllo di trazione e risposta del gas predefiniti. Per i più arditi l’MTC, il controllo di trazione, si può disinserire totalmente. Acquistando il Track Pack (il suo costo è di 349 Euro), si può dotare la 1290 Super Duke R di Launch Con-trol, Throttle Response (la risposta del gas), regolabile su tre livelli (Track - Sport - Stre-et), regolazione su 9 posizioni dell’MTC ed Anti Wheelie disinseribile.Un altro pacchetto, denominato Performan-ce Pack, venduto al prezzo di 549 Euro, anch’esso da aggiungere ai 16.600 f.c. della 1290 Super Duke R, mette a disposizione il Quick Shifter+ con assistenza elettronica del cambio sia durante l’inserimento dei rappor-ti, sia in scalata, il KTM My Ride, il sistema che permette di interfacciare la strumenta-zione con il proprio smartphone per gestire le chiamate in entrata e ascoltare file musi-cali (naturalmente se si è dotati di casco con interfono), e l’MSR (Motor Slip Regulation), la gestione elettronica del freno motore.

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La ricca dotazione di serie della 1290 Super Duke R prevede anche la chiave di accensio-ne con transponder, che permette il blocco/sblocco sia del tappo del serbatoio carbu-rante, sia del bloccasterzo, il Cruise Control, il TPMS (Tyre Pressure Monitoring System, che permette di tenere sotto controllo la pressione dei pneumatici e per ultimo l’ATIR (Automatic Turn Indicator Reset), che disin-serisce gli indicatori di direzione dopo dieci secondi. Davvero una dotazione da prima della classe!

ACCESSORICome da tradizione KTM, gli accessori per personalizzare anche questa Super Duke R sono numerosi, si va da quelli meramente estetici, come i parafanghi in fibra di carbo-nio e i tappi serbatoi freni/frizione in ergal, a quelli più tecnici come lo scarico Akrapovic, i coperchi motore sempre in fibra di carbo-nio, le pedane arretrate e la sella Race con

relativo codino monoposto. Inoltre sono disponibili anche i dischi a margherita, le protezioni per le leve al manubrio e una serie di articoli di abbigliamento dedicati. Ci viene da dire che non manca proprio nulla!

IN PISTALa prima sessione sul tracciato di Losail si consuma in un mix di prese di contatto, moto, gomme e traiettorie, e la questione non è delle più semplici, soprattutto quan-do ci sono quasi centottanta cavalli scalpi-tanti sotto le chiappe e una coppia che si diverte a prendere a calci il pilota e tenta in ogni modo di strappare il pneumatico po-steriore. Il breve giro fatto ieri per le strade di Doha, con lo scopo di fare due foto am-bientate, ha strappato un meritato consen-so viste le caratteristiche di guidabilità e fruibilità della Super Duke R, che come la precedente versione si dimostra a suo agio

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nell’uso prettamente stradale. Solo entran-do in pista, però, si riesce ad apprezzare appieno il potenziale e il carattere della “Bestia”, una moto che secondo gli uomini KTM, ha due anime, una buona per l’uso tutti i giorni, l’altra racing e bastarda.Le variazioni alla posizione di guida si sen-tono solo in parte, ciò che invece rimane della precedente versione è la sensazione di controllo e la comodità generale. Ben di-sposti i comandi, facili da usare anche con i guanti e intuitivo l’uso dei menù.Facile e intuitiva, certo, poi prendi in mano il gas come si deve e lei inizia a scapparti da sotto le terga come una furia selvaggia. Tu tenti di stringerti a lei, con le pedane racing riesci anche a puntarti meglio e ca-ricare l’anteriore che si alleggerisce con la stessa velocità con cui prende i giri il bi-cilindrico austriaco. Poi in men che non si dica arriva il momento di frenare, e non puoi che apprezzare l’ampio manubrio su

cui puntarsi per benino, e al tempo stes-so la potenza dell’impianto frenante, con il Cornering ABS che fa sentire la sua prote-zione quando si esagera davvero e si entra con i freni ancora pinzati fin dentro la cur-va, magari con la moto piegata al limite.Il nuovo assetto delle sospensioni ha mi-gliorato il feeling con la Super Duke R, che però preferisce sempre la guida pulita e scorrevole, con frenate progressive e cam-bi di direzione accompagnati dal peso del corpo, reagendo alla guida aggressiva con risposte nervose dell’avantreno e degli evi-denti pompaggi del posteriore. Le Metzeler Racetec K3 scelte per la prova (di serie sono montate le Metzeler M7 RR), si sono dimo-strate infaticabili, ma viste le temperature piuttosto elevate, attorno ai 30°, delle K2 forse avrebbero fatto la differenza, garan-tendo un grip ancora maggiore (scese le tenebre, è scesa anche la temperatura e il comportamento è migliorato).

Fatela scorrere, pennellate le traiettorie, maneggiate con cura la manopola del gas, e lei vi darà grandi soddisfazioni, disinserite l’antiwheeling, frustate il gas, sbattetela da una curva all’altra senza pietà, e la “Bestia” si trasformerà in un altrettanto indomabile fonte di divertimento.L’Anti wheeling ha il suo bel daffare a tener giù l’avantreno, anche se la possibilità di escluderlo e godersi delle sane impennate di potenza è una possibilità tutt’altro che disdicevole, mentre il controllo di trazione ha un funzionamento lodevole, soprattutto rispetto a quello che avevamo provato sul modello precedente a dire il vero un poco brusco negli interventi, con le regolazioni che si possono fare in tempo reale durante la guida semplicemente utilizzando i pul-santi sul blocchetto sinistro. Non proprio raffinato il funzionamento del cambio e re-

lativo quick shift, che se torturato a dovere mostra margini di miglioramento in termi-ni di rapidità e precisione, mentre rimane ineccepibile il comando frizione, leggero e progressivo così come perfetto è il funzio-namento sia della frizione antisaltellamen-to, sia dell’MSR.Poi arriva lei, la versione “Race”, con il suo codino e la sella racing, marmorea come le sospensioni di derivazione Moto2, con una voce di scarico ancora più gutturale e pro-fonda. Appollaiata su due pneumatici slick, la 1290 Super Duke R in questa configu-razione diventa una vera Bestia da pista. Resettiamo tutto e cominciamo da capo, in sella ad una moto tagliente e precisa come un rasoio, che si muove tra le curve con una precisione sconosciuta alla versione stan-dard. \Tutto appare più naturale, chiudere le traiettorie, prendere in mano il gas in

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uscita e sentirsi letteralmente fiondare alla curva successiva, ma soprattutto è più ra-pido e adrenalinico in sella a questa moto. Questa è la configurazione che vorremmo avere sulla nostra Super Duke R, ma così andrebbe a farsi benedire quell’aspetto di moto adatta all’uso quotidiano (magari un po’ maleducato), che tanto ci piace del-la versione standard. Quindi smettiamo i panni di piloti e torniamo a essere sempli-cemente dei domatori di “Bestie”!

PREGI: Prestazioni - Dotazione tecnica

DIFETTI: Quickshifter migliorabile

MAGGIORI INFORMAZIONIFoto di Marco CampelliLuogo - Doha (Qatar) - Circuito di LosailMeteo - Sole 28°

ABBIGLIAMENTOTuta Alpinestars GP Pro for Tech AirGuanti AlpinestarsStivali TCX R-S2Casco X-Lite 802 RR

KTM 1290 SUPER DUKE R ABS16.600 EURO

PESO A SECCO 195 Kg CILINDRATA 1.301 ccTEMPI 4CILINDRI 2RAFFREDDAMENTO a liquidoAVVIAMENTO elettricoALIMENTAZIONE iniezioneFRIZIONE multidiscoPOTENZA 177 cv - 130 kw - 9.750 giri/minCOPPIA 141 nm - 7.000 giri/minEMISSIONI Euro 4CAPACITÀ SERBATOIO 18 Lt ABS SìPNEUMATICO ANTERIORE 120/70 ZR 17"PNEUMATICO POSTERIORE 190/55 ZR 17"

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PIAGGIO BEVERLY 300 BY POLICE

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Dal 2001 sul mercato, sono tante le versioni di Piaggio Beverly che abbiamo visto, provato e apprezzato. Ad oggi, oltre 15 anni dopo, Beverly si propone con

look e soluzioni tecniche all'avanguardia, quali ABS e controllo di trazione ASR di serie e, nella versione da 300 cc oggetto del nostro test, sfoggia una livrea fashion firmata Police.Ma vediamo nel dettaglio a cosa hanno portato questi anni di continuo sviluppo e rinnovamenti: sì, perché il segreto del successo di Beverly è dato in primis dagli aggiornamenti costanti che lo hanno man-tenuto sul podio dei ruota alta di media cilindrata più apprezzati in Italia. Ultimo ma non ultimo esempio, il top di gamma SportTouring che ha introdotto per la prima volta su uno scooter i sistemi di sicurezza ABS e ASR, abbinati ad un bel propulsore pimpante da 350 cc e a una ciclistica gratta cavalletti.

LA GAMMA BEVERLY NEL 2017Ed eccoci al 2017, dove in gamma troviamo Beverly 300 e 350.La declinazione più sportiva di Beverly 300 si contraddistingue per la sigla S e aggiunge

colorazioni dedicate e dettagli verniciati in grigio scuro opaco. Anche Piaggio Beverly 300 S si distingue per la ciclistica ispirata a quella della motociclette, con il serbatoio del carburante in posizione centrale, sot-to la pedana poggiapiedi, in grado di cen-tralizzare le masse liberando al contempo spazio al vano sottosella.E poi c'è Beverly 300 by Police, una ver-sione speciale che nasce dall’unione di due eccellenze italiane come Piaggio e Police. Una livrea total black con giochi di lucido/opaco e delle belle ruote con razze nere e cerchi cromati a forte contrasto. Ci sono anche le cuciture azzurre sulla sella e toc-chi cromati su faro, strumentazione, scudo, specchietti con vetro azzurrato.Arrivando al 350 troviamo la versione SportTouring: l’ammiraglia della gamma che si distingue per allestimento, presta-zioni e propulsore monocilindrico da 330 cc con frizione automatica multidisco in ba-gno d’olio, che assicura un rendimento mi-gliore e costante nel tempo. Le prestazioni sono eccellenti e alla guida ci si diverte un bel po', a fronte di consumi di carburante decisamente contenuti: oltre 30 CV di po-tenza e 29 Nm di coppia massima, per 28,6 km/l di consumo nel ciclo WMTC.Entrambi i propulsori ottengono quest'anno

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PIAGGIO BEVERLY 300 BY POLICE

di Cristina Bacchetti

CONTINUA L'EVOLUZIONE DEL RUOTA ALTA DI PIAGGIO, OGGI DISPONIBILE NELLE VERSIONI DA 300 E 350 CC. OGGETTO

DELLA NOSTRA PROVA IL 300 FIRMATO POLICE

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l’omologazione Euro 4 grazie all’adozione di un nuovo catalizzatore, un nuovo silen-ziatore e un aggiornamento della mappa-tura della centralina elettronica.Ma tutta la gamma si arricchisce anche nel-la dotazione di serie e nei contenuti: sono di serie il sistema di frenata ABS e di con-trollo della trazione ASR. Di serie è anche il telecomando a distanza per l’apertura della sella, che permette altresì di riconoscere il proprio scooter, magari parcheggiato in mezzo a molti altri, attraverso il lampeggio degli indicatori di direzione. La presa da 12 volt, già presente su tutta la gamma, viene sostituita dalla più pratica e moderna porta USB. Nuove anche le strumentazioni, con le spie per ABS e ASR, quest’ultimo esclu-dibile attraverso un pulsante presente sul manubrio.

LA PROVA SU STRADAIl nostro Beverly 300 by Police ha avuto l'arduo compito di scorrazzarci per tutta la settimana di EICMA. Casa, fiera, casa, eventi, fiera, redazione e così via, ne abbia-mo macinati un bel po' di chilometri e ab-biamo avuto modo di apprezzare da subito il comfort della seduta, con una sella ampia e comoda posta a 79 centimetri da terra e quindi ben fruibile per tutte le taglie. La posizione di guida è rilassata e l'abitabilità ottima nonostante l'abbigliamento infagot-tato tipico di questi mesi freddi. Poco male, una volta giunti a destinazione il sottosella ospita senza problemi un casco integrale, i guanti, una sciarpona, le cartelle stampa. E nel retroscudo ci sono due vani per i piccoli oggetti. Il gancio portaborsa è richiudibile, così non da fastidio quando non serve. Ca-pacità di carico... promossa!La settimana, particolarmente fredda e umida, ha messo alla prova niente male anche i sistemi di sicurezza: la mattina presto, con le strade umide e una certa fretta di arrivare a destinazione, la spia del controllo di trazione non si fa attendere e il nostro Beverly ci fa capire che dobbia-mo dare una regolata al polso destro. Mol-

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to meno invadente invece l'ABS, complice una frenata blanda e ben modulabile, al punto che in alcuni casi avremmo gradi-to un po' di grinta in più, nonostante le generose dimensioni dei dischi, 300 mm all'anteriore e 240 dietro.Niente da eccepire invece per quanto ri-guarda il motore, i 21 cavalli a 7.250 giri danno una bella verve in tutte le situazio-ni, dallo scatto al semaforo e nei sorpassi, si può sempre contare su una spinta co-stante e generosa. Sul podio dunque al GP mattutino dei semafori milanesi (chi va al lavoro in scooter lo sa...) ma come se la cava con le maggiori ostilità urbane, indi traffico e pavè? Bene, in entrambi i casi. Il telaio a doppia culla in tubi d'acciaio fa divertire nella guida extraurbana ma resta agile e leggero in città. La ruota alta (16" - 14") e le sospensioni (forcella telescopica da 35 mm e doppio ammortizzatore idrau-lico con precarico regolabile su 4 posizioni) assolvono senza remore l'ingrato compito quotidiano.

Un ottimo compagno di viaggio per tutti i giorni dunque, questo Beverly 300. E per le gite fuoriporta? Ok qualche scorrazzata nel weekend, ma se avete in mente qual-cosa di più impegnativo, meglio puntare al fratello maggiore da 350 cc, lo SportTou-ring. In ogni caso sono molti gli accessori proposti da Piaggio per personalizzare il proprio Beverly e renderlo più adatto alle esigenze personali, a partire dallo scher-mo per la navigazione offerto da TomTom e realizzato in collaborazione con la casa di Pontedera: Vio mostra le indicazioni di navigazione del vostro telefono su un di-splay facilmente applicabile allo specchiet-to retrovisore. Così il telefono sta in tasca, a favore della sicurezza, e Vio vi porta a destinazione.Tra gli altri accessori troviamo il bauletto da 37 litri in tinta con il veicolo e con schiena-lino comfort in tinta con la sella, capace di ospitare un casco modulare o 2 caschi jet.E poi telo coprigambe integrato, telo copri-veicolo da interno e da esterno, antifurto

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elettronico con chiave elettronica e teleco-mando o meccanico blocca-manubrio.Borsa tunnel studiata per essere posiziona-ta sopra il tunnel centrale senza disturbare la guida, parabrezza in metacrilato antiurto (spessore 4 mm), cupolino trasparente, cu-polino fumè (quello che troviamo di serie su Beverly 350 SportTouring) e per i più modaioli, un casco jet nero opaco, dedicato proprio Beverly 300 by Police.Piaggio Beverly 300 costa 4.380 Euro nella versione base e nella declinazione S. Il no-stro total black firmato Police si posiziona a 4.480 Euro. Per il fratello maggiore Sport-Touring 350 il prezzo sale 5.750 Euro.

PREGI: Motore, guidabilità, capacità di ca-ricoDIFETTI: Frenata poco decisa

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MAGGIORI INFORMAZIONIMeteo: variabile, 5°Luogo: Milano e dintorniStrade: città, extraurbaneFoto: Marco Berti Quattrini

ABBIGLIAMENTOCasco Suomy ApexGiacca REV'IT!Guanti Alpinestars Drystar GloveJeans Alpinestars RileyScarpe TCX Boulevard

PIAGGIO BEVERLY 300 S I.E. ABS-ASR4.430 EURO

PESO A SECCO 165 Kg CILINDRATA 278 ccTEMPI 4CILINDRI 1RAFFREDDAMENTO a liquidoAVVIAMENTO elettricoALIMENTAZIONE iniezioneFRIZIONE automaticaPOTENZA 22 cv - 16 kw - 7.250 giri/minCOPPIA 2 kgm - 23 nm - 5.750 giri/minEMISSIONI Euro 4CAPACITÀ SERBATOIO 12,5 Lt ABS SìPNEUMATICO ANTERIORE 110/70 - 16”PNEUMATICO POSTERIORE 140/70 - 14”

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HONDA RIDING ASSIST, LA MOTO CHE STA IN PIEDI DA SOLA

TECNOLOGIA ROBOTICA DERIVATA DA ASIMO PER UN CONCEPT PRESENTATO AL CES 2017

Si chiama Honda Riding As-sist e ha debuttato al Con-sumer Electronics Show di Las Vegas lo scorso merco-ledì. Una soluzione, instal-lata a scopo dimostrativo su

una NC 750S, che dovrebbe rivoluzionare il mondo per chi si avvicina alle due ruote. Avete mai visto Asimo, l'androide Honda, in funzione? Ecco, la sua capacità di restare in equilibrio è stata sostanzialmente applicata ad una moto per aiutare i neofiti.Priva di giroscopi, la soluzione Honda (svi-luppata nel centro di ricerca e sviluppo di cui la Casa di Tokyo dispone nella Silicon Valley) trasforma sostanzialmente il tradi-zionale sterzo meccanico in uno steer-by-wire. Sostanzialmente, sotto i 5km/h lo sterzo si disaccoppia dalla forcella, che vie-ne gestita da una centralina separata e da una serie di servomotori.

S La moto è in grado di percepire in ogni istante il suo assetto, che corregge adat-tando l'angolo della forcella e girando la ruota anteriore nei due versi migliaia di volte al secondo per mantenere sempre l'equilibrio.Il tutto, naturalmente, senza privare il pilota del controllo sulla moto: pur se scollegati, sterzo ed avantreno re-stano sincronizzati attraverso una serie di servomotori, sostituiti poi quando si supe-rano i 5km/h da due fissaggi meccanici.Per ora si tratta naturalmente di una solu-zione pensata per chi si avvicina alle due ruote e manca dell'esperienza necessaria a restare in equilibrio nella marcia a bassa velocità, ma è evidente come una soluzio-ne di questo tipo getti le basi per appli-cazioni decisamente più sofisticate fino a poter pensare alla guida autonoma che sta progressivamente affermandosi nel mondo delle quattro ruote. Restiamo in attesa...

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MERCATO 2016: IMMATRICOLAZIONI A +13,3%. LE MOTO BALZANO A +21,5%.

LE TOP 100di Maurizio Gissi

GRAZIE ANCHE A UN MESE DI DICEMBRE MOLTO DINAMICO, CHE HA SEGNATO UN +75,8% CON ALCUNE PROMOZIONI EURO3, IL 2016 SI È CHIUSO CON LA MIGLIORE RIPRESA DAL 2007. IN POSITIVO

MOTO E SCOOTER, STABILI I CICLOMOTORI. MOTO PIÙ VENDUTE: 1200 GS, AFRICA TWIN E TRACER 900

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Mercato

In attesa che il Ministero dei Trasporti emanasse la circolare che autorizzava la vendita delle giacenze dei veicoli Euro3 nel 2017, molti concessionari hanno

proposto a dicembre sconti sui modelli “fine serie”. L'operazione era già iniziata a ottobre e novembre, a dire il vero, ma con questa politica di promozione le vendite del mese di dicembre sono esplose con un +75,8%, un dato che ha portato il peso del dodicesi-mo mese dell'anno dal 3 a quasi il 5% nella quota annuale.Il totale immatricolato oltre 50 cc è stato infatti di 8.621 unità contro le 4.856 di un anno fa, quando l'incremento sull'anno precedente era stato dell'11,6%.Gli scooter sono passati da 3.259 unità a 4.940, ovvero +50,7%, mentre le moto hanno visto un aumento pari a +126,5%, passando da 1.597 a 3.681 unità. A dicem-bre 2015 le moto avevano guadagnato ap-pena lo 0,5%. E' andata bene anche alle registrazioni dei ciclomotori, che a dicem-bre hanno segnato un +19,2% totalizzando 1.383 "cinquantini" venduti.

UN OTTIMO 2016Il bilancio dell'intero 2016, tutti i mesi in positivo ad eccezione di luglio, conferma e rafforza la crescita già vista nel 2015 (anno chiuso con le immatricolazioni a +9,6%), dopo che il 2014 aveva segnato la prima in-versione di tendenza dal lontano 2007, con un +1,4%.Le immatricolazioni del 2016 hanno totaliz-zato 193.814 unità rispetto alle 171.043 dello scorso anno: +13,3%. Gli scooter conferma-no la quota di mercato maggiore, tant'è che sono saliti da 108.194 a 117.878 unità, con un aumento pari a +8,5% rispetto al +7% del 2015. Più importante l'incremento delle moto, le cui immatricolazioni sono passate da 62.449 a 75.936 unità: +21,5%. L'anno scorso erano cresciute del 14,4%.Lieve la flessione patita dai ciclomotori, sce-si a 23.249 veicoli registrati, ovvero -0,6%,

e arrivati a una dimensione forse stabiliz-zata e certamente lontanissima dai volumi del passato, quando le normative su patenti e casco, e i costi assicurativi, erano assai diversi e ne favorivano la diffusione.Come riporta il comunicato ANCMA del mese di dicembre, l’analisi per cilindrata negli scooter conferma la leadership del segmento 125, con i maggiori volumi, pari a 44.167 pezzi e l’incremento più sensibile pari al +13,5%; al secondo posto troviamo gli scooter tra i 300 e 500 cc (con 36.286 unità e un +4,7%). Crescono anche i 150-200 cc, con 24.786 immatricolazioni pari al +8,1%, e sono in ripresa i 250, con 4.374 vendite: +5,6%. Salgono un po’ meno i maxiscooter oltre i 500 cc, che con 8.265 veicoli immatricolati segnano un +3,7%.L’approfondimento per le moto evidenzia la cilindrata da 800 a 1.000 cc, che totalizza i maggiori volumi con 21.986 pezzi (+21,1%), superando le oltre 1.000 cc di cilindrata che con 20.800 immatricolazioni hanno una crescita inferiore alla media e pari al +9,8%.Buon andamento per le cilindrate tra 650-750 cc, che con 12.626 moto registrano un +11,9%. Eccezionale lo sviluppo delle ci-lindrate tra 300 e 600 (10.793 pezzi e un +51,1%) e vivace il trend delle 150-250, con 2.965 unità e un +37,5%. Infine le 125 pro-seguono l’ottima performance, raggiungen-do 6.766 moto e una significativa crescita pari al +40,6%.Passando ai segmenti, si confermano al pri-mo posto le naked (26.387 moto e un in-cremento pari al +23,3%). Molto vicine le enduro stradali, con 25.688 veicoli e una crescita pari al +31,5%. Seguono a distan-za le moto da turismo, con 8.839 unità e un +5,7%, e le custom con 6.923 pezzi e un +12,3%. Le sportive segnano il passo con 3.949 immatricolazioni e un leggero arre-tramento (-0,9%), infine, recupero per le supermotard che con 2.920 pezzi realizzano un +44,4%.LEGGI TUTE LE CLASSIFICHE

I

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Moto.it Magazine N. 273

IL CAMPIONE DEL 2016? MARC MÁRQUEZ . CHE

PRECEDE REA E GAJSER

SECONDO I LETTORI DI MOTO.IT IL CAMPIONE DEI CAMPIONI 2016 È MARC MÁRQUEZ. AL SECONDO POSTO – PER UN SOFFIO -

SI PIAZZA IL VINCITORE SBK JONATHAN REA E AL TERZO C'È L'IRIDATO MXGP TIM GAJSER

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Piloti

MotoGP, Superbike e Mo-tocross. Sono queste le categorie che hanno for-mato il podio virtuale dei "campioni dei campioni del 2016" secondo i lettori di

Moto.it. Nel sondaggio che abbiamo lan-ciato a fine dicembre chiedevamo “Qual è il pilota dell'anno 2016?”. Al quesito avete risposto in poco più di cinquemila, e se-condo i voti espressi il “campione dei cam-pioni 2016”, scelto tra i 25 che vi avevamo proposto, è risultato Marc Márquez, al suo terzo titolo MotoGP negli sue quattro sta-gioni corse nella massima categoria della velocità. Lo spagnolo ha raccolto il 25,1% delle preferenze, un voto su quattro, e l'ha spuntata di un soffio (33 voti per la preci-sione) su Jonathan Rea.Il riconfermato campione SBK ha dimostra-to ancora una volta di avere grandi estima-tori, dopo aver vinto il nostro sondaggio sul pilota del 2015 precedendo Kiara Fontanesi e Jorge Lorenzo, grazie non solo alla sua

M grande forza in gara. Per lui il 24,45% delle preferenze.Più staccato, sul terzo gradino del podio, troviamo il ventenne sloveno Tim Gajser dominatore della MXGP l'anno scorso dopo aver già fatto suo il titolo MX2 nel 2015. Gajser ha avuto il 12,8% dei voti.I primi tre campioni hanno così ottenuto oltre il 62% dei voti totali.Giù dal podio virtuale il campionissimo del Trial, lo spagnolo Toni Bou (per lui il 7,1% delle preferenze), che nel 2016 ha portato a ben venti i suoi titoli mondiali conquistati nelle specialità indoor e outdoor.Al quinto posto si è così piazzato il suda-fricano Brad Binder, iridato nella Moto3 con sette vittorie (ha ottenuto il 6,34% dei voti), precedendo Jeffrey Herlings (4,03%), campione del mondo nella MX2.Il solo italiano in lizza fra i 25 campioni del 2016 era Raffaele De Rosa, campione della STK 1000. Si è piazzato al nono posto, con il 3,49% delle preferenze, davanti al re del-la SSP 600 Kenan Sofuoglu (2,90%).

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Moto.it Magazine N. 273

I RACCONTI DI MOTO.IT: "UNA DOMENICA"

di Antonio Privitera

UNA FUGA IN MOTO DALLE FESTIVITÀ NATALIZIE, BELLE E UN PO' MALINCONICHE. E UNA VECCHIA GIACCA DI PELLE, TESTIMONE

SILENZIOSA DELLA STORIA DI UNA VITA SU DUE RUOTE

Piuttosto che alzarmi pre-sto la domenica mattina con la voglia di moto, preferirei esercitare il sacrosanto di-ritto di consolarmi dai guai ereditati dalla settimana in

agonia mummificandomi sotto un pile spesso 3 centimetri. Dopo una fredda notte passata insonne a rovinare il riposo a Laura e a scon-trarmi tragicamente contro la temperatura in-dicata dal termometro, inebetito oltre l'usuale dall'eco di una vecchia canzone natalizia che rimbalza tra il lobo temporale e il deserto dei tartari delle mie sinapsi, stordito dalla man-canza di sonno come un pilota di MotoGp che ha perso i tappi per le orecchie, mi chiedo se semel in anno posso permettermi di essere un patetico ritardato sentimentale; chi me lo vieta, dico io. Ognuno è libero di rovinarsi il karma, tagliarsi i polsi con le lame delle emo-zioni non ancora in temperatura che fanno male perché sono come una partenza a fred-do a diecimila giri, la fai ma sicuramente la-scerà delle cicatrici nel motore, e per questo preferisco sempre scaldarle salendo in moto e lasciando che scorra abbastanza strada.Forse in un'altra vita ero un nomade o un clochard, magari un'astronauta sempre in or-bita e morto di nascosto. La moto è la mia stazione orbitante, il mio spazio di apolidia: chi mi cerca sa di trovarmi lì e quando sono da un'altra parte, anche per lungo tempo, è

P solo un evento temporaneo. Sono prestato senza disagio ad ogni luogo immobile ma veramente disinvolto solo quando l'equilibrio si fa precario; tuttavia, negli anni del rodag-gio non ero consapevole di essere un moto-dipendente, di quanto fossi a mio agio con le braccia aperte ad accogliere il vento e di come la motocicletta fosse sempre il luogo migliore dove stare in attesa che le decisioni mi venissero a cercare, sopratutto mi facevo poche domande: ero appena un ragazzo di rapidi istinti. Le moto sono diventate il mio palcoscenico, l'eremo nei momenti difficili, il giardino nelle giornate di sole, l'inferno se ostili. So di non essere l'unico.Si spengono, quando il sole ha già messo il naso fuori dalla notte, le ultime luci natali-zie delle strade mentre cerco la tiepida cal-zamaglia di lana da indossare sotto i panta-loni che fa tanto ballerino classico (carriera per la quale sentivo di avere un futuro ma la provvidenza ha dato cenno di sè decidendo diversamente) e frugando un po' alla cieca nell'armadio trovo la mia vecchia giacca di pelle Dainese con la striscia gialla sulle mani-che, un reperto degli anni '90 che continuo a tenere tra le tante altre giacche da moto per-ché a trattare bene le cose, questo succede: durano, concedendoti di vedere da dove sei partito e anche se non danno suggerimenti su dove andare mostrano il percorso che hai fatto e chi eri prima di iniziare ad usare quel-

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La Lettura

le ridicole calzamaglie di lana marrone.Negli anni '90, ad esempio, ero un moto-ciclista con la tuta nera, squattrinato, auto-didatta, irresponsabile, ingenuo e lentissimo, solitario come l'ultimo litro di benzina dentro il serbatoio, alla ricerca di così tante cose da ignorare le basi di tutto. Per averle, iniziai da quella giacca con la striscia gialla; e perché no, oggi è il suo turno: tutto sommato è an-cora in buono stato nonostante l'età e sopra-tutto i chilometri, l'unico graffio è sulla spalla destra strisciata lungo un muro quando ebbi un colpo di sonno. Tiene ancora l'odore, un giorno sarà vintage e varrà un sacco di soldi (ho già detto che sono un illuso?), fortuna che non sono ingrassato.Dieci minuti dopo dò un bacio a Laura che si rigira nel letto mentre le comunico che sarò in motocicletta per un po'. Di rimando lei mi avverte che trascorse 5 ore di assenza cambierà le serrature per motivi di sicurezza, instaurerà il coprifuoco armato e sparerà a vista a tutti gli emuli di Roberto Bolle. Rin-grazio sentitamente, fischiettando il motivet-

to che mi ha tenuto sveglio.Quando la moto si avvia al primo colpo è sempre una gran soddisfazione, viene voglia di urlare assieme a lei, ringraziarla per essersi concessa e chiederle se è d'accordo con l'in-tento di prendere le distanze da quella gente che quando vede all'orizzonte profilarsi il luc-cicante periodo natalizio accelera tentando di entrarci entusiasta a tutta velocità, goden-dosi il freddo lungo strade piene di rutilan-ti vetrine e gli inviti a casa degli amici per divorare panettoni; una magnifica ansia da regalo e la tredicesima in arrivo suggellano un'esperienza che ripetiamo ogni anno con le stesse premesse idilliache e le medesime conclusioni frustrate dall'epifania della real-tà. Non si capisce bene chi vinca in questa disonesta gara per la festa più felice dell'an-no, tuttavia c'è sempre qualcosa che arriva per ultima e raramente citata nelle cronache: una beata rassegnazione.La mia vecchia Dainese è ancora comoda e mi rimette in sella nella stessa posizione di quando avevo 28 anni, nonostante il tempo

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Moto.it Magazine N. 273

trascorso dall'ultima volta che l'ho indossata ritrovo tutto alla perfezione e mi torna familia-re la posizione delle tasche, la larghezza delle spalle e la solidità delle protezioni rigide, mi sento gagliardo e nella testa ho solo il turna-round in Sol della canzone mentre supero la rampa del garage con una sfrizionata timida, felice di trovare la città deserta e uno spiraglio di sole.Tiro una quarta in tangenziale alla ricerca della melodia della canzone che mi frulla in testa, la giacca stringe la gola mentre penso alla so-stituzione dell'accordo del sesto grado minore col diminuito: qualsiasi cosa pur di scappare più velocemente possibile dal clima natalizio e se il tentativo di andare più veloce degli eventi per arrivare subito all'otto gennaio è velleita-rio, mi resta la consolazione di sentire sempre più distinto quel fruscio da vinile e la voce di Judy Garland:Have yourself a merry little Christmas,Let your heart be light...Sono arrivato. Sfilo il casco, ma è dura ab-bandonare la moto e salire a piedi quei quat-

tro piani di scale e pensare a quante cose sono cambiate da un po' di anni a questa parte; quante: sono sposato con una don-na bellissima, Gabriele ha scelto di diventare un magistrato antimafia e la strada è lunga quando sei ancora al quarto ginnasio e pieno di brufoli, Sofia mi stupisce col suo talento per la musica e ha messo gli orecchini, come volevasi dimostrare nessuno dei due ha mai nutrito la passione per la motocicletta come quella che torce le viscere al loro papà fin dagli anni '80; mio padre, parlo di tuo marito mamma, beh... è sempre un testone anche se il suo cuore batte i tempi dispari e suona rauco come un tre cilindri sottocoppia; casa mia sembra più grande, forse perché il mio studio di trenta metri quadrati è diventato la camera dei ragazzi e tutte le cose ingom-branti le ho spostate in una camera di dodici realizzando il record mondiale di compressio-ne oggetti inanimati e inutili.Il clima è diventato tropicale.Le motociclette sempre più grosse.Sono andato in Africa. Tornato, tutto a posto;

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ho abbandonato volontariamente un paio dei tuoi occhiali dentro un tempio buddista in Laos; un anno fa mi hanno fatto i raggi X perché pensavano fossi un corriere della droga.Posso provarlo, ho le foto.Come al solito, cerco di restare in motoci-cletta sempre più del necessario e ancora non è abbastanza.Ho dei progetti, ma non voglio parlarne per scaramanzia.Mi dispiace molto che tu non possa vedere queste cose; la mia Dainese le ha viste quasi tutte in tempo reale: te la lascio qui, al po-sto dei fiori; ah, la scuola che ho frequentato per tredici anni chiude per sempre, fottuta globalizzazione. La brutta storia di casa tua ormai persa e venduta all'asta, evito di rac-contartela.Credo sia tutto. Se ho dimenticato qualcosa, chiedi pure a questa giacca da moto con le

strisce gialle sulle maniche che oggi ho por-tato al suo capolinea: lei sa tutto, ha visto tutto e non è tenuta al segreto professionale. Io, come mio solito, non mi farò vedere per un po'. Scusa se sono passato senza avvisare ma le feste di fine anno proprio non le reggo, immagini certamente il perché ma non devi fartene un problema se sei andata via un ca-podanno di tre anni fa. Vado.Sì, vado. Salgo in sella, meglio il freddo che l'aria marcia di fiori morti, ho bisogno di cantare a squarciagola Have yourself a mer-ry little Christmas, Let your heart be light, e pensare che in questi giorni devo resta-re in moto perché altrimenti l'umore prende una chiazza d'olio e scivola prima di arrivare all'ultimo verso della canzone: From now on, our troubles will be miles away... patetico, ritardato, sentimentale, tutto vero. Aggiun-gerei motociclista, so di non essere l'unico.

La Lettura

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Moto.it Magazine N. 273 Iniziativa

BMW G310 R E IED MILANO: VIA AI PROGETTI 2017

TRE GRUPPI DI TESTISTI PER TRE NUOVE INTERPRETAZIONI DELLA NUOVA BMW G 310R. NEL MIRINO TRE CATEGORIE DI MOTOCICLISTI: GIOVANI, DONNE E DOWNGRADERS. DAI CONCEPT DEI MODELLI AGLI

ACCESSORI PER LA PERSONALIZZAZIONE

La sfida a cui sono chiama-ti quest'anno un gruppo di tesisti del corso di product design dello IED di Milano concerne delle proposte di customizzazione della nuova

BMW G 310R. Un progetto che riprende, per sviluppare ulteriormente, il lavoro che aveva coinvolto gli studenti del terzo anno del corso 2015-2016.Moto.it seguirà anche quest'anno l'iniziativa di collaborazione fra la sede milanese dell'Isti-tuto Europeo di Design e la filiale italiana di BMW Motorrad che ha sposato l'iniziativa.Come vi abbiamo anticipato nel precedente articolo, se con le tesi discusse quest'anno si era trattato di disegnare dei concept su base G 310R, e di prepararne gli eventi di lancio, per le tesi del prossimo luglio a cui stanno lavorando gli studenti dell'anno accademico 2016-2017 ci si spingerà oltre. Arrivando alla realizzazione di concept in scala 1:1.Tre gruppi di cinque studenti del corso di pro-duct design stanno lavorando ad altrettante proposte. Sono seguiti dal relatore Cristiano Oliva, da Giacomo Bertolazzi, coordinatore del corso di Product Design, e da Silvia Roth, coordinamento tesi.Dopo la visita allo stand BMW all'ultima EICMA, i quindici tesisti hanno incontrato nuovamente Alberto Marazzini, product ma-nager di BMW Motorrad, e Andrea Frignani, PR & Communication Coordinator BMW Mo-

L torrad, nella sede IED di via Bezzecca per il debriefing. Un incontro che è servito a foca-lizzare le linee guida dei progetti.Il posizionamento della G 310R all'interno della gamma della marca tedesca rappre-senta in sostanza l'ingresso al mondo BMW, e questo grazie alla sua cilindrata contenuta che avvicina nuovi appassionati al marchio. E' una moto potenzialmente indirizzata a una vasta platea di motociclisti che si può riassu-mere in quattro macro gruppi: i motociclisti più giovani che si avvicinano per la prima volta alla moto, quelli adulti che cercano una moto più semplice dell'attuale (i cosiddetti downgraders) o che ritornano alla moto dopo averla abbandonata (gli sleepers), le moto-cicliste e, infine, gli scooteristi che vogliono passare alla moto puntando però su un mez-zo facile da guidare.Ciascuno dei tre gruppi di tesisti si sta dedi-cando a una di queste categorie nell'elabora-zione dei progetti di customizzazione.Alberto Marazzini ha illustrato le linee guida dei progetti delineando gli spazi di azione, indicando le parti sulle quali i tesisti potranno intervenire. Di fatto sarà possibile aggiunge-re accessori e sostituire tutto l'equipaggia-mento di serie a eccezione di motore, telaio, sospensioni e trasmissione finale. Natural-mente l'obiettivo non è una show bike ma proporre un modello che si possa realmente vendere. Prossimo appuntamento con i primi disegni dei concept.

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Moto.it Magazine N. 273 Tecnica e Storia

CREATIVITÀ E TECNICA: TRAPIANTI DI TESTE DA CORSA

di Massimo Clarke

DUE INTERESSANTI REALIZZAZIONI BASATE SU MONOCILINDRICI DI SERIE YAMAHA E ROTAX, MA CON TESTE D'ALTE PRESTAZIONI COME

QUELLA DEL MOTORE DUCATI DESMO 4V

Manovellismo del motore Rotax 560. Si può chiaramente notare il convogliatore centrifugo (fissato all’albero a gomito) che raccoglie l’olio che esce dal cuscinetto di banco e lo fa arrivare a quello di biella

Nel periodo in cui era in auge il campionato Super-mono, assieme a interes-santissime trasformazioni e a motori costruiti artigia-nalmente sono stati effet-

tuati alcuni ingegnosi trapianti. A Monza è stato visto un monocilindrico con la testa costituita da una “fetta” di quella di una Mercedes a 16 valvole, chiu-sa lateralmente da due piastre di alluminio saldate. L’idea era ovviamente quella di utilizzare una parte inferiore (basamento, manovelli-smo, cambio) disponibile e ben collaudata e di montare su di essa una testa bialbero a quattro valvole che consentisse di raggiun-

gere regimi molto elevati e assicurasse una eccellente respirazione.Ecco due esempi di trapianti di questo ge-nere particolarmente significativi, anche perché uno è stato effettuato dalla stessa Casa costruttrice.Quando è iniziato il boom dei grossi en-duro monocilindrici a quattro tempi, nato fondamentalmente grazie a moto come la Yamaha XT 500 e la Honda XL 500, la Ro-tax ha rapidamente allestito un motore con distribuzione monoalbero comandata me-diante cinghia dentata, e lubrificazione a carter secco. Questo monocilindrico raffreddato ad aria è stato inizialmente proposto in versio-ni di 494 e di 504 cm3, che differivano

NEsteriormente il motore per le gare dei Supermono si presenta come quello di serie, eccezion fatta per la nuova testa bialbero raffreddata ad acqua e per il diverso cilindro

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Moto.it Magazine N. 273 Tecnica e Storia

tra loro solo per la corsa (79,4 mm contro 81 mm, mentre l’alesaggio rimaneva di 89 mm). Una di esse è stata fornita anche alla KTM, che ancora non aveva sviluppato il suo grosso mono a quattro tempi.Nel 1983 è apparsa la versione di 562 cm3, che aveva un alesaggio di 94 mm e una corsa di 81 mm, e che erogava 48 CV a 7.000 giri/min. Le sue valvole avevano un diametro di 36 mm all'aspirazione e di 30 mm allo scarico e giacevano su due piani inclinati tra loro di 49°. Il cilindro aveva la canna in ghisa inserita con interferenza. L’albero a gomito di tipo composito, con asse d’accoppiamento del diametro di 35 mm, ruotava su due grossi cuscinetti a sfere. Nella parte anteriore del

basamento era alloggiato un albero ausi-liario di equilibratura munito di una grossa massa eccentrica. Nel sistema di lubrificazione spiccava l’im-piego di un convogliatore centrifugo in la-miera che, fissato a un volantino dell’albe-ro a gomito, provvedeva a far arrivare l’olio al cuscinetto di biella. Questo motore è stato impiegato (anche in una variante di 350 cm3) dalla nostra Aprilia.

ROTAX BIALBERO A TRIPLA ACCENSIONEAllorché, all’inizio degli anni Novanta, si sono cominciate ad affermare le gare dei Supermono, la casa austriaca ha sviluppa-to una versione direttamente derivata da

Nella testa spiccano le tre candele e la pompa dell’acqua, azionata dalla estremità dell’albero a camme di scarico. Il cilindro mantiene il raffreddamento ad aria

quella di serie. Fondamentalmente si trattava infatti del motore di normale produzione, sul quale era stata montata una testa bialbero con raffreddamento ad acqua (la cui pompa era collocata all'estremità dell’albero a camme di scarico). Pure il cilindro, che manteneva il raffredda-mento ad aria, era però diverso, e interna-mente vi erano vari altre modifiche. L’ale-saggio era stato portato a 97 mm e, dato che la corsa restava di 81 mm, la cilindrata

era passata a 598 cm3. Tra le caratteristiche più interessanti di questo monocilindrico vi era la tripla ac-censione. La potenza veniva indicata in 69 cavalli a circa 9.000 giri/min. Da noi lo hanno utilizzato sulle loro moto da competizione Gazzaniga (ben noto per le sue 125 da GP) e il telaista Golinelli.Unaltro motore che ha trovato largo im-piego nelle gare dei Supermono è stato lo Yamaha XT/TT 600. Aveva un alesaggio di 95 mm, abbina-

Per il motore Yamaha i tecnici Girotti, Martignoni e Mattioli hanno realizzato dal pieno un nuovo cilindro sul quale hanno montato una testa Ducati desmo bialbero a quattro valvole

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to alla corsa che per lungo tempo è stata quella classica dei grossi mono della Casa giapponese, ossia 84 mm. La distribuzione era monoalbero con comando a catena; le quattro valvole erano inclinate tra loro di 48° e avevano diametri di 36 mm alla aspi-razione e di 31 mm allo scarico (in seguito queste misure sono passate a 37 e 32 mm). Il cilindro era dotato di canna riportata in ghisa, e l’albero a gomito era in tre parti unite per forzamento alla pressa. Pure in questo caso la lubrificazione era a carter secco. L’albero ausiliario di equilibratura a singola massa eccentrica era collocato nel-la parte superiore del basamento, subito dietro il piano di appoggio del cilindro.

Con questo motore, largamente disponibi-le, ne sono state fatte di cotte e di crude, con modifiche che hanno visto anche au-menti impressionanti della cilindrata.

YAMACATI DESMOIn questo servizio mostriamo una delle tra-sformazioni più radicali, dovuta ai tecnici Girotti, Martignoni e Mattioli. Il primo ave-va un bel negozio di moto con ampia offi-cina a San Giovanni in Persiceto, nel bolo-gnese, mentre il secondo aveva un’azienda di lavorazioni meccaniche. Mattioli invece era un ottimo motorista che lavorava alla Ducati. Non c’è quindi da stupirsi che per questa

Vista laterale del motore installato nella struttura tubolare, con tanto di radiatore e di serbatoi del car-burante e dell’olio, allestita per il montaggio sul banco prova. Si notino i tamponi in gomma piazzati inferiormente

trasformazione sia stata utilizzata proprio la testa di una bicilindrica bialbero desmodro-mica della casa bolognese, unitamente a un cilindro ricavato dal pieno. La cinghia della distribuzione, diversamente da quanto avveniva sul bicilindrico Ducati, prendeva il moto direttamente dall’albero a gomito, ed era posta sul lato sinistro del mo-tore. La pompa dell’acqua, che raffreddava tanto la testa quanto il cilindro, era azionata da un rullo di guida della cinghia stessa.Nelle foto si può notare come il motore sia installato in una struttura tubolare, con tanto di radiatore e di serbatoi dell’olio e del car-burante, realizzata in modo da poterla mon-tare direttamente sul banco prova.

Questa sezione del motore Rotax monocilindrico con distribuzione monoalbero e raffreddamento ad aria consente di osservare la conformazione e la disposizio-ne degli organi interni. L’albero di equilibratura è nella parte anteriore del basamento

Trasparenza del motore della Yamaha XT 600. Si possono tra l’altro osservare l’albero au-siliario di equilibratura, collocato nella parte superiore del basamento, le quattro valvole azionate da bilancieri e la catena di comando dell’albero a camme

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Ciao a tutti!La Ducati fa bene ad arrab-biarsi per l’a-bolizione del-le alette che

aveva introdotto per prima nella MotoGP moderna. “Motivi di sicurezza”, hanno detto, e qualche dubbio ef-fettivamente era lecito; ma quando i tecnici Ducati si preparavano a sedersi al ta-volo della discussione e delle proposte, è arrivata la doccia fredda: stop d’autorità. Addio vantaggio tecnologico, ma Gigi Dall’Igna si conso-li: non è la prima volta che succede ad una casa italiana. Mal comune mezzo gaudio, si dice, significa che siamo forti e innovativi.Era il 1950 quando a Mandel-lo venne realizzata la prima galleria del vento in scala 1:1. Nessun costruttore di moto al mondo ci aveva ancora

C

NICO CEREGHINI"AERODINAMICA, È LA SECONDA VOLTA CHE CI FREGANO!"HANNO STOPPATO LE ALETTE SU CUI LA DUCATI AVEVA INVESTITO, E SESSANT’ANNI FA VIETARONO LE CARENATURE A CAMPANA INVENTATE DALLA MOTO GUZZI. CERTE VOLTE SIAMO TROPPO BRAVI

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pensato. I vertici tecnici del-la Moto Guzzi si chiamavano Càrcano, Tòdero, Cantoni, tre geniacci; le Guzzi volava-no su tutti i circuiti europei, l’anno prima era stato istitui-to il campionato mondiale, la 250 aveva conquistato il pri-mo titolo marche e piloti con Bruno Ruffo. Nel “tunnel del vento”, come lo chiamavano, vennero svi-luppate su base scientifica le prime protezioni aerodinami-che per le competizioni: per cominciare il serbatoio che si prolungava oltre la testa di forcella, poi le carenatu-re “a becco d’uccello”, infine quelle integrali dette “a cam-pana”. Cresceva la velocità, calavano i consumi come i pesi. E mentre i titoli mon-diali fioccavano con Loren-zetti, Anderson e Lomas, la concorrenza copiava.Vista oggi, la carenatura a campana tanto bella non è.

Ma immaginatevi come col-piva allora: trasformava le moto in oggetti spaziali. E dai primi anni Cinquanta questa carenatura si diffuse sempre di più, anche sulle Gilera, sulle MV e sulle Mon-dial; aveva il difetto di patire il vento laterale, era impiega-ta soprattutto sui circuiti più veloci e le marche italiane dominavano. Pensate che nel 1957, nella classe 125, dietro al cam-pione Provini con la Mondial c’erano sette moto italiane; mentre nella 250 le prime dieci moto classificate furo-no Mondial, Guzzi, MV; nella 350 dominò Campbell con la Moto Guzzi; e nella 500 il campione fu Liberati con la Gilera davanti ai compagni di marca McIntyre e Duke, poi Surtess con la MV Agu-sta prima di vedere la prima Norton.Com’è come non è, dall’anno

dopo la Federazione Interna-zionale mise fuorilegge le ca-renature a campana. “Motivi di sicurezza”, dissero anche allora. Quella volta le case italia-ne si fermarono in massa, soltanto la MV tradì il patto di astensione dopo averlo firmato. Ma nella decisione forse pesarono anche le va-lutazioni economiche: in Ita-lia l’auto iniziava a erodere spazio alla moto, e si espor-tava pochissimo. Quello che adesso conta è che la Ducati al ritiro non ci pensa di sicu-ro, anzi, rilancia: con un top rider come Jorge Lorenzo e –statene sicuri- con qualche soluzione innovativa per la carenatura. Perché noi ita-liani, con l’aerodinamica, ci sappiamo fare.

ADDIO VANTAGGIO TECNOLOGICO, MA GIGI DALL’IGNA SI CONSOLI:

NON È LA PRIMA VOLTA CHE SUCCEDE AD UNA CASA ITALIANA.

MAL COMUNE MEZZO GAUDIO, SI DICE, SIGNIFICA CHE SIAMO FORTI

E INNOVATIVI

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È raro che a gennaio man-chi l’aspettativa per una stagione ormai in partenza. Saranno gli ormai due mesi d’astinenza dopo la gara ed i test di Valencia che han-

no chiuso il Mondiale precedente, saranno gli inevitabili elementi d’interesse che ogni anno spuntano inevitabilmente, fatto sta che dopo le vacanze di Natale appassionati ed addetti ai lavori iniziano a pensare ai test di Sepang se non già alla gara d’aper-tura in Qatar.Quest’anno pensiamo che ci siano ancora più elementi d’interesse, e che di conse-guenza il Mondiale 2017 non potrà che es-sere fra i migliori di sempre. Ecco perché.

NUOVI ARRIVI E CAMBI DI CASACCABasterebbe Jorge Lorenzo che arriva in Du-cati, dando vita ad una delle scommesse (ragionate) più avvincenti degli ultimi anni, a giustificare sguardi incollati ai televisori per tutto il 2017, ma c’è di più. Perché quel Maverick Viñales che sbarca in Yamaha ricorda molto – e anche in meglio, per maturità ed efficacia – proprio il Loren-zo debuttante del 2008, e Andrea Iannone ha tanti, troppi sassolini da togliersi dagli stivaletti perché la sua non sia una stagio-ne davvero brillante.

Ma il mercato MotoGP quest’anno non è stato solo un gioco dei quattro cantoni, perché ci sono diversi debuttanti che, fos-simo in voi, terremmo d’occhio anche solo per poter dire “eh, ve l’avevo detto io…” a fine stagione. C’è il francese Johann Zarco, due volte iri-dato in Moto2, che a noi sembra più con-creto di altri deb degli ultimi tempi e sbarca in Yamaha Tech-3 assieme a Jonas Folger; ma c’è anche Alex Rins che sale sulla Su-zuki ufficiale. Secondo noi faranno bene.

CASE: ARRIVI E CONFERMEMa non sono solo i piloti a ravvivare il pa-norama della MotoGP 2017. Certo, il debutto di KTM a Valencia poteva andare meglio, ma a Mattighofen stanno lavorando durissimo, e quando si impegna-no sono guai per tutti gli avversari. Detto questo, una MotoGP non si improv-visa nemmeno se sei il maggior costruttore europeo, però l’impressione è che la RC16 abbia un gran bel potenziale, e vogliamo vederla in gara con due piloti più freschi del pur valido Mika Kallio.E non ci sono solo gli austriaci, sotto la lente d’ingrandimento. Perché il nuovo re-golamento ha aperto qualche spiraglio ad altre Case che vogliano rompere l’egemo-nia di Honda, Yamaha e Ducati di questi

È

MOTOGP 2017: 5 MOTIVI PER CUI SARÀ UNA

GRANDE STAGIONEdi Edoardo Licciardello

TANTE NOVITÀ E QUALCHE CONFERMA. ECCO PERCHÉ LA STAGIONE DEL MOTOMONDIALE AL VIA SARÀ UNA DELLE MIGLIORI DI SEMPRE

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ultimi anni. Pensiamo ovviamente a Suzuki e ad Aprilia, due squadre che i numeri ce li hanno e necessitano solo di tanto lavoro di sviluppo. Né ad Hamamatsu né a Noale stanno facendo le cose tanto per farle, ed entrambe hanno un palmarès che la dice lunghissima. Non lotteranno per il titolo 2017, certo, ma noi ci crediamo.

BASTA CON LE ALETTE. E QUINDI?Ammettiamolo: pur ritenendole orrende, e pensando che forse potessero essere più pericolose di quanto qualcuno non volesse farci credere, la mossa di eliminare le ap-pendici aerodinamiche, così come è stata fatta, non ci è piaciuta molto. Per i modi, i tempi e gli attori coinvolti: come è succes-so troppo spesso negli ultimi anni, i poteri forti della GP hanno legato le mani a Du-cati e al suo pensiero laterale.

Fateci caso: la Casa bolognese è stata l’u-nica a cercare di pensare fuori dagli sche-mi e a cercare soluzioni che rompessero lo status quo tecnico della MotoGP. Lo diceva il buon Kenny Roberts – uno che di corse se ne intendeva davvero – tanti anni fa: correre contro la Honda facendo le stesse cose che fa lei significa nella mi-gliore delle ipotesi arrivare secondi, per-ché loro le fanno meglio. E allora bisogna pensare diversamente, inventarsi qualcosa di nuovo in un regolamento che a forza di forniture uniche per gomme e centraline, limiti di alesaggio e blocchi allo sviluppo, premia solo chi ottimizza maniacalmente un pacchetto sempre più omologato.Bene, dicevamo: l’eliminazione delle win-glets potrebbe fare del bene alla MotoGP. Perché costringerà i tecnici bolognesi ad inventarsi qualcos’altro, e siamo sicuri che

ce la faranno. E qualunque cosa sarà, sicu-ramente sarà meno brutto degli aletton-cini…

L’ELETTRONICA E I TEAM PRIVATIPossiamo girarci attorno finché si vuole e pensare ad infinite altre variabili, ma pote-te chiederlo a qualunque pilota, ufficiale o privato, e la risposta sarà sempre la stessa: la nuova centralina unica ha avvicinato le Factory alle moto clienti. Le ha avvicina-te per velocità pura, perché è diminuita la raffinatezza generale della gestione elet-tronica, ma anche e soprattutto per ren-dimento sull’arco della gara, per gli stessi motivi, perché ha sostanzialmente ridotto

molto le possibilità dei team ufficiali in un campo dove la proprietà di software e har-dware fa una bella differenza in termini di accessibilità e sfruttabilità delle funzionali-tà elettroniche.Una moto privata non vinceva in MotoGP dal 2006; quest’anno sia Cal Crutchlow che Jack Miller sono riusciti a firmare ri-spettivamente due e una vittoria, e non crediamo che sia un caso. Certo, il meteo ha rimescolato le carte, ma gare-lotteria con il regolamento flag-to-flag si erano già viste negli anni passati senza che il vincito-re esulasse dai soliti noti. Ci dispiace, perché ancora una volta si tar-pano le ali agli ingegneri (vedi il discorso

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delle alette), ma se il risultato è questo sia-mo più che disposti a concordare sul fatto che l’elettronica abbia già dato abbastanza.

MICHELIN: CONSOLIDIAMO IL 2016L’abbiamo tenuta per ultima perché è quel-la che farà più di tutti per darci un’annata incredibile. Al centro di molte (meritate o meno) critiche nel 2016, la Casa di Cler-mont-Ferrand ha gestito bene un rientro difficilissimo. Sostituire Bridgestone, che negli ultimi sette anni era arrivata a creare gomme da Playstation, era una di quelle imprese più facili da sbagliare che da azzeccare, ma, pur con qualche passo falso, i ragazzi di Piero Taramasso ce l’hanno fatta.I tempi sul giro sono rimasti grossomodo stabili quando addirittura non sono mi-gliorati, e scusate se è poco, e i problemi all’avantreno si sono ridimensionati note-volmente. Certo, resta qualche problema di regolarità della fornitura, ma anche qui la situazione sta migliorando rapidamente e il fatto stesso che l’avantreno francese non sia incredibile come quello giappone-se ha reintrodotto un elemento di errore per i piloti che rende le gare più incerte e spettacolari.Siamo sicuri che nel 2017 il numero di ca-dute scenderà, e che le Michelin saranno ancora più performanti e regolari, ma che, esattamente come nel 2016, faranno da equalizzatori pur premiando chi va più for-te degli altri. E torneremo a vedere gare di grande incertezza.

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La mossa di Jorge Lorenzo, passato alla Ducati dopo nove stagioni con Yamaha, ha dato alla MotoGP un im-pulso notevole.Era da tanti anni che non si

respirava tutta questa eccitazione nel mo-tociclismo, direi da quando Valentino Rossi saltò sulla Ducati di Casey Stoner alla vigilia della stagione 2011 e il talento australiano passò alla Honda.Questa volta i top rider sotto osservazio-ne sono tre: Lorenzo appunto, poi Mave-rick Viñales chiamato a sostituirlo sulla M1 al fianco di Rossi, e infine Andrea Iannone che monta sulla Suzuki che era di Viñales.Tre europei, tre piloti molto diversi per sto-ria e temperamento, tre punti di domanda che fino al 26 marzo, data della prima gara in Qatar, ci faranno immaginare chissà qua-li scenari e anche discutere. E se il primo confronto diretto dell’anno è sempre più vicino, perché il 30 di questo mese tutte le squadre saranno a Sepang per l’apertura dei test 2017, si può già ora metterli fianco a fianco almeno sulla carta. Ricapitolando numeri e crediti personali.

LORENZO E LE GRANDI ATTESEJorge Lorenzo si prende certamente il cen-tro della scena. E’ il più esperto e titolato: tre mondiali vinti in MotoGP con 44 vit-torie, 107 podi, 39 pole e 28 giri veloci. Il maiorchino è nel mondiale dal 2002 (prima la 125 e poi la 250 con i primi due titoli iridati) e già alla sua decima stagione in MotoGP, dove esordì nel 2008 e lo fece con il botto: pole e secondo posto alla pri-ma gara, pole e terzo alla seconda, pole e vittoria alla terza gara in Portogallo. Fu il rookie dell’anno, anche se poi vittima di cadute pazzesche. La sua guida, molto ag-gressiva agli inizi della carriera, si è affinata ed evoluta verso due qualità eccellenti: la notevole pulizia di linee e l’assoluta preci-sione.Jorge è il meno giovane dei tre, farà i trent’anni il prossimo 4 maggio quando sarà impegnato a Jerez nella quarta gara di stagione. Come ci arriverà? Per i ducatisti è lecito sognare: le prime tre piste - in Qa-tar, Argentina e Stati Uniti - sono favorevoli alle caratteristiche del pilota e della moto. E sono in tanti, anche tra i concorrenti, a pensare che Lorenzo possa partire molto

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MOTOGP 2017: LORENZO, VIÑALES, IANNONE:

LA GRANDE SFIDAdi Nico Cereghini

LA MOSSA DI JORGE LORENZO PASSATO ALLA DUCATI HA DATO ALLA MOTOGP UN IMPULSO NOTEVOLE. DA LÌ GLI ARRIVI DI VIÑALES IN YAMAHA E DI IANNONE IN SUZUKI. I PUNTI A FAVORE E CONTRO DI TRE TOP RIDER DA CUI CI SI ATTENDE MOLTO NEL MONDIALE 2017

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bene e fare bellissime gare con la Ducati, che sia anche in grado di puntare alle vitto-rie; ma sono meno quelli che credono che fin dal primo anno possa portare la rossa al titolo mondiale.L’avventura è entusiasmante, da seguire con passione e rispetto. Le riserve riguardano due aspetti: quel-lo tecnico, perché la Ducati del 2016 ha mostrato ancora dei lati deboli su diversi tracciati (ma la 2017 potrebbe essere molto diversa), e poi quello umano. Jorge cono-

sce bene Gigi Dall’Igna (la stima è grossa e reciproca), però ha vissuto nove stagioni in Yamaha ed ha guidato soltanto la M1, non conosce la moto italiana e non conosce la sua squadra. Si sa che quando le cose van-no bene Lorenzo è un martello, e viceversa può perdersi se gli intoppi pesano. In più, l’anno scorso ha patito le condizioni di scarsa aderenza (freddo, umido e piog-gia) e nessuno sa che tipo di pneumatici fornirà quest’anno la Michelin e se saranno gomme adatte alla Ducati.

VIÑALES, GIOVANE E DI TALENTOMaverick Viñales è il più giovane del terzet-to, compie i ventidue anni in questi giorni, essendo nato il 12 gennaio 1995 a Figue-res in Catalogna. In Moto GP corre soltanto dal 2015: due stagioni con la Suzuki che il primo anno gli ha concesso poco, ma che nel 2016 ha saputo portare alla vittoria con il magnifico terzo posto in classifica fina-le. Gran bel talento, guida aggressiva, ha esordito in 125 nel 2011: con l’Aprilia su-bito quattro vittorie e il terzo finale. Poi la Moto3 per due stagioni, con il titolo nel 2013 con la KTM, e infine un anno di Moto2 con quattro successi e nove podi.Cosa potrà fare con la M1? Maverick si è subito mostrato veloce e disinvolto, è an-dato fortissimo nei primi test di Valencia che ha dominato con la versione 2016, lo stesso Valentino ha dichiarato che per il ti-tolo 2017 occorrerà fare i conti anche con lui. E tutto davvero potrebbe accadere. A favore del giovane spagnolo giocano tre

fattori: il ruolo di seconda guida che sul-la carta toglie un po’ di pressione, il com-pagno molto esperto (un riferimento per i setting, con i dati in comune tra le due squadre), una squadra che parla la sua lin-gua ed è la stessa che seguiva Lorenzo da anni, quindi un gruppo eccellente a comin-ciare dal responsabile tecnico Ramon For-cada.Se Viñales sarà più lento di Rossi nessuno farà drammi, immaginiamo, e se sarà più veloce meglio ancora: la gestione di Lin Jarvis si è dimostrata negli anni la più spor-tiva ed equilibrata, e ai due piloti Yamaha, anche nei momenti difficili, sono sempre state concesse storicamente le stesse pos-sibilità. Invece i punti a sfavore di Maverick sono sostanzialmente legati alla sua ridotta esperienza: velocissimo in prova, finora ha reso meno in gara; e poi non ha ancora digerito l’asfalto bagnato, sull’acqua è dav-vero impacciato ed è un limite pesante, an-che se non definitiv

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IANNONE SULLA MOTO GIUSTAInfine il nostro Andrea Iannone, che diven-ta prima guida Suzuki dopo che la Ducati di fatto gli ha preferito Dovizioso per far coppia con Lorenzo. Il pilota di Vasto corre in MotoGP dal 2013 e sempre con le ros-se, due stagioni con il team satellite Pra-mac e poi altre due nella squadra ufficia-le. Anche per lui, come per Maverick, una vittoria nell’anno appena concluso, però anche quattro podi e una pole position. Il suo esordio mondiale risale al 2005, ben cinque stagioni in 125 con l’Aprilia e quat-tro vittorie in totale, poi la Moto2 nel trien-nio 2010-2012: grande protagonista, tra i pochi capaci di battere Marc Marquez, tre volte terzo in classifica finale e con otto successi in totale.Nato il 9 agosto 1989, alla tredicesima sta-gione mondiale, Iannone ha due anni meno di Jorge. Il suo palmares è nettamente più leggero, certo, ma le sue qualità di guida lo mettono d’autorità tra i migliori: aggressivo e fisico, sa essere velocissimo dappertutto, non si tira indietro quando c’è da battaglia-re gomito a gomito, ed è molto maturato anche nella costanza, pur se sbaglia ancora un po’ più della norma.A favore di Andrea giocano la moto e il ruolo: la Suzuki ha dimostrato di essere equilibrata, abbastanza potente e veloce, efficace fin dalle prove su quasi tutti i trac-ciati; e poi il fatto di essere la prima gui-da, di fianco all’esordiente Alex Rins, met-te Iannone in una posizione di tranquillità. Molti ritengono che potrebbe essere lui la sorpresa dell’anno. A sfavore dell’abruzze-se c’è soprattutto il suo carattere, focoso e poco incline ai compromessi. Ma non è detto che l’ambiente Suzuki creato da Da-vide Brivio, e giudicato il più familiare della top class, possa smussare anche gli angoli più acuti.

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MOTOGP 2016MOTOGP. MAI TANTE CADUTE

COME L'ANNO SCORSOdi Marco Berti Quattrini

AUMENTANO LE CADUTE RISPETTO ALLA SCORSA STAGIONE IN TUTTE LE CATEGORIE. COLPA DEL METEO O DELLA MICHELIN?

Le cadute aumentano. Sarà colpa dei nuovi pneumatici nella classe regina? O piuttosto dei tanti GP di-sputati su pista bagnata? Fatto sta che, come si suol

dire, i numeri non mentono e per il 2016 la statistica delle cadute arriva a quota 1.062. Il totale delle tre classi sfonda per la prima volta il tetto delle 1.000 cadute. Lo scorso anno infatti gli incidenti si erano fermati a 976, sostanzialmente lo stesso numero di quelli registrati nel 2014 (981).Nella classe regina sono state 288 le cadu-te con una media di 16 per GP (nel 2015 la medie era di 12!). Il maggior numero di in-cidenti si è registrato in gara (81), seguono le FP3 (53), poi le FP2 (43) e le FP1 (28). Moto2 ha chiuso il 2016 con 364 cadute e un piccolo incremento rispetto al 2015 che si era concluso con una statistica di 352; invariata la media cadute/GP (20). Ancora più impressionanti i numeri del-la Moto3. Dal 2015 al 2016 c'è stata solo una scivolata in più: da 409 si è passati a 410. Diversamente dalla MotoGP, nelle

classi inferiori il maggior numero di inci-denti - escludendo la gara - è avvenuto in qualifica.Il circuito in cui si sono registrate più ca-dute è stato quello di Phillip Island (90). Seguono l'Australia il GP del Giappone (84) e il Sachsenring (81). I GP dove si è caduto meno? Austria e Mugello si sono fermati a quota 34. Ovviamente è inutile sottoline-are come il meteo abbia fortemente con-dizionato alcune gare piuttosto che altre.Il pilota che è finito più volte a terra è stato Sam Lowes. Il pilota Moto2 con 30 scivola-te è riuscito a distruggere più carene di Ro-drigo Gabriel in Moto3 e di Cal Crutchlow in MotoGP. Loro si sono fermati rispettiva-mente a 27 e 26 incidenti. Marquez è riuscito a vincere il campiona-to nonostante nella classifica delle cadute nella classe regina si sia piazzato al 3° po-sto con un totale di 17 scivolate. Va però detto che di queste, solo tre sono state in gara. Al contrario Rossi è stato tra i piloti che sono finiti a terra meno volte, solo 4, ma in 3 occasioni hanno significato uno zero in classifica.

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Dorna ha diramato un comunicato con il qua-le elenca le entry list dei tre campionati mondiali Superbike, Supersport e

Supersport 300 (la Superstock 1000 da quest’anno passa da Superstock 1000 FIM Cup a campionato europeo STK1000). Al momento gli iscritti alla Superbike sono solo 21, ma il team Pedercini po-trebbe schierare due piloti e non il solo De Angelis, mentre si potrebbero ag-giungere sia il team VFT di Menghi che il team ungherese Toth, e in questo caso arriveremmo a 25, vale a dire un pilota in più rispetto allo scorso anno. Cinque i piloti italiani : Melandri, Bado-vini, Russo, Savadori e De Angelis, anche se Alex corre sotto le insegne della Re-pubblica di San Marino.Resta invariato il numero di piloti della Supersport, sei dei quali disputeranno solo le gare europee. In questa categoria gli italiani sono otto, con Zaccone e Cre-

taro che disputeranno l’Europeo.Inizia alla grande la nuova categoria 300SS, che vanta già 35 iscritti. Come abbiamo sempre sostenuto, questo cam-pionato è destinato a crescere molto, e lo dimostra il fatto che la Dorna lo abbia già promosso a mondiale; e siamo certi che in pochi anni (se non già nel 2018) le gare della 300SS si disputeranno anche nei Paesi extraeuropei, e specialmente in Asia, dove le moto da 300 cc sono tra quelle maggiormente vendute, e dove sono molti i giovani piloti desiderosi di confrontarsi in una competizione mon-diale.Per ora gli italiani sono 13, ma siamo certi che il numero sia destinato a salire prima dell’inizio del campionato. Per quanto riguarda le moto, sono le Ka-wasaki Ninja 300 (12) e le Yamaha YZF-R3 (20) a farla da padrone, mentre risul-tano iscritte solo 3 Honda CBR500R.

SCARICA LE ENTRY LIST

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SUPERBIKE: L'ENTRY LIST PROVVISORIA DEI PILOTI 2017

di Carlo Baldi

DORNA HA DIRAMATO LE ENTRY LIST PROVVISORIE DI SBK, SS E SS300. AL MOMENTO SONO 21 I PILOTI ISCRITTI ALLA SBK, MENTRE SONO 30

QUELLI DELLA SS E 35 QUELLI DELLA NUOVA SS 300

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IL RANCH DI ROSSI, PER UN MOTOCICLISTA, È IL POSTO PIÙ

BELLO DEL MONDOdi Giovanni Zamagni

IL “RANCH” È VERAMENTE IL PARADISO PER UN APPASSIONATO DELLE DUE RUOTE, INDIPENDENTEMENTE DALLA DISCIPLINA CHE SI

PREDILIGE. VI RACCONTO LA MIA ESPERIENZA

TAVULLIA – La strada che porta al “Ranch” fa già ve-nire i brividi: mentre da Ta-vullia si scende con la mac-china verso valle, dove è situata la pista di Valentino

Rossi, si comincia a intuire la grandezza di questo luogo. Per arrivare al tracciato biso-gna passare diversi controlli, e nonostante la giornata sia tutt’altro che bella – atmo-sfericamente parlando – lungo la stretta stradina ci sono decine di appassionati che attendono con pazienza che passi Valen-tino. La vista dall’alto è impressionante e indescrivibile: lo spazio è enorme, la pista – anzi le piste, perché diversi tracciati si in-trecciano uno con l’altro – è perfetta, tutto sembra curato nel minimo dettaglio. Ben venuti nel luogo dove ogni motociclista sogna di essere: il “Ranch” è veramente il posto più bello del mondo per un appassio-nato delle due ruote, indipendentemente dalla disciplina che si prediliga.

100 ETTARI, (QUASI) TUTTI PER LE MOTOQuando si arriva a valle, si rimane incan-tanti dalla bellezza delle colline circostanti, luminose anche in una giornata grigia, e, naturalmente, dalla pista, che da vicino si

apprezza ancora di più nella sua ampiezza e nella sua cura. «La prima volta che siamo venuti qui era il 2010: eravamo io, Valenti-no e Graziano (il papà di Vale, NDA), il vero fautore di tutto questo» racconta Alber-to Tebaldi, amministratore delegato della VR46 e, soprattutto, da sempre legatissimo alla famiglia Rossi. Il Ranch è la massima evoluzione dell’idea originaria di Graziano, da sempre convinto che girare sulla terra aiuti ad andare più forte anche in pista. Così, già più di 10 anni fa, Rossi e i suoi amici giravano alla cava, che in effetti era una cava vera e propria: durante la setti-mana c’erano camion e scavatrici che la-voravano, il sabato e la domenica invece era a disposizione di Valentino e degli altri piloti. Allora era tutto più improvvisato – anche il tracciato! – adesso è tutto più profes-sionale, perfetto, curato, studiato nei mi-nimi dettagli, ma la filosofia è la mede-sima. Graziano ha preso spunto dai piloti americani, che da sempre si allenano con il “flat track”, ma l’evoluzione apportata dalla famiglia Rossi è che le moto devono essere “omologate”, mantenere i freni, e le curve devono essere anche a destra, non solo a

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sinistra come avviene negli Stati Uniti. Al Ranch c’è un’altra esclusività: la pista non è piatta, ma ci sono numerosi cambi di pendenza, con l’altra particolarità di due ovali che si intersecano l’uno con l’altro. L’area si estende su circa 100 ettari (poco meno), ed è di completa proprietà della so-cietà Test Track (al 100% di Valentino Ros-si): è destinata all’uso sportivo, ma è anche un’azienda agricola.

IL CAPANNO DEI SOGNIParcheggiata la macchina, si viene accolti dalle persone che curano la pista, sempre la stesse dal tempo della “cava”: sono so-prattutto amici di Graziano, ed è bello che il loro rapporto si sia mantenuto inaltera-to negli anni. Del resto, anche a fianco di Valentino ci sono sempre gli stessi ragazzi,

cresciuti assieme al campione. A fianco della pista c’è una casolare che ti ospita con un bel camino acceso: ci sono un paio di stanze, una che serve da spo-gliatoio dove Rossi e gli altri piloti si cam-biano, un’altra che funge da sala pranzo. Davanti, un grande porticato, che quando si gira viene trasformato nei box: è qui che vengono allineate le moto, è qui che ci si scambiano le prime impressioni. A fianco, una costruzione più piccola, una sorta di “capanno dei sogni”: all’interno ci sono moto di ogni tipo, marca e cilindra-ta, tutte preparate per il “flat track”, tutte a disposizione. I piloti che vengono soli-tamente a girare qui lo fanno con la loro moto, ma per gli altri, per gli ospiti, ecco il “capanno dei sogni”: si può scegliere quella che si preferisce, tranne, naturalmente, le

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Yamaha 450 usate da Valentino.

UN ANNO E MEZZO DI LAVORODalla prima ricognizione alla pista attuale è passato circa un anno e mezzo di duro la-voro, prove, comparazioni, analisi continue per arrivare a un “pacchetto” ritenuto da Rossi soddisfacente. Prima è stato tracciato il percorso con il fettucciato, poi si è passati con le macchine agricole per arare il terreno, quindi si è arri-vati alla definizione iniziale. «I primi collau-di, i primi giri sono stati fatti da Valentino, dal Sic (Marco Simoncelli, NDA) e da Mattia Pasini» svela Tebaldi. Era metà del 2010, e si è dovuto aspettare fino al 2012 per poter veramente girare al Ranch. Adesso la pista è lunga 2,5 km, lar-ga da 8 a 12 metri, è omologata per le gare di Flat Track, con un granulato che cambia

a seconda della stagione: la base, il fondo sono sempre gli stessi, cambia il composto superiore, con più cemento per l’inverno (per reggere alle temperature rigide, alla pioggia e a ogni avversità atmosferica) e con più terra per l’estate. Prima di arrivare alla migliore combinazio-ne tra tenuta per le gomme delle moto e durata del materiale, sono stati fatti parec-chi tentativi, fino ad ottenere un fondo che adesso, a detta di tutti quelli che hanno girato al Ranch, è vicino alla perfezione.

MAMMA MIA, CHE ANSIAA vederla da fuori, la pista, oltre che bellis-sima, sembra parecchio difficile. E l’ansia sale, perché non sono qui da spettatore, ma ho la possibilità di girare in moto al Ranch, nel tempio di Valentino Rossi, il più titolato pilota dell’era moderna. Come palleggiare a calcio con Lionel Messi

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o Cristiano Ronaldo, fare due scambi su un campo da tennis con Novak Djokovic, an-dare a sciare con Alberto Tomba, fare due vasche con Federica Pellegrini. Incredibile, ma vero, ed è un po’ la stessa sensazione che vivono i ragazzini dell’Aca-demy, soprattutto quelli che non sono an-cora arrivati al mondiale, che ancora non sono abituati a stare a contatto con Rossi. Come Dennis Foggia, classe 2001, o Cele-stino Vietti Ramus (2001), o Marco Bezzec-chi (1998): loro, che sognano di diventare piloti veri, sanno di avere un’opportunità più unica che irripetibile e la vivono con la mia stessa emozione, con il sogno di chi sa di avere il privilegio di allenarsi con un campionissimo di valore assoluto. Bello, ma che ansia: sarò in grado di girare qui dentro?

«Ho scelto per te una KTM 450, credo sia la moto più adatta e facile» mi dice Valen-tino Rossi, che in questa occasione è stato il primo ad arrivare al Ranch. Solitamente non è così e, per regolamento, non si può girare finché non c’è Valentino. La sensazione da fuori è che sia impossibile domare la moto, che andando piano non ti diverti minimamente. Invece, con mia grande sorpresa, anche andando a due all’ora (effettivi, non di più, purtroppo non sto scherzando) ci si diverte e si apprezza ancora di più la bellezza della pista con sali e scendi continui, curve lente e velocissime, frenate e accelerazioni sem-pre di traverso (per chi è capace, non è il mio caso). Uno spettacolo assoluto. Per pietà, con me viene fatta un’eccezione: sulla “mia” KTM non viene montato il tran-

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sponder, mi viene risparmiata l’umiliazio-ne pubblica di tempi da giro in sella a una MTB, non in sella a una moto. Ma tant’è. Anche il mio abbigliamento non è esattamente adeguato: per stare più co-modo, ho optato per il materiale da cross, ma in realtà tutti – a eccezione di Franco Morbidelli e Mauro Sanchini – provano con tuta di pelle e guanti da pista e stivali da cross.

PROVE LIBERE, GARA, AMERICANALa giornata tipo al Ranch si svolge così: si entra in pista, si gira, tutti i tempi vengo-no registrati tramite “transponder” montati obbligatoriamente su tutte le moto e visi-bili in diretta su una televisione installata sotto il porticato. Si gira senza limiti stabiliti, finché a un cer-

to punto non si decide che si fa una gara, con lo schieramento di partenza deter-minato, ovviamente, dai tempi di ciascun pilota. La sfida è avvincente e divertente, vederla da bordo pista ha un fascino par-ticolare: si capisce meglio come questi pi-loti, tutti, dal primo all’ultimo, da Rossi in giù, sappiano fare qualcosa in moto che noi umani possiamo solo sognare. Il controllo in derapata è incredibile, così come stupisce la capacità di reagire imme-diatamente a qualsiasi imprevisto. La gara è vinta da Baldassari davanti a Mor-bidelli e Marini,che resiste a ogni attacco di Rossi, partito male: davvero spettacolare. Dopo un po’ di riposo, dopo i tradizionali commenti, si torna in pista per altri giri li-beri (sempre cronometrati, ovviamente) ai quali, solitamente, segue una gara “ameri-

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cana” quella in cui ogni giro vengono eli-minati gli ultimi due, ma che questa volta non viene disputata perché ormai è troppo tardi. «Ma spesso si va avanti anche con il buio» mi dicono.

TUTTI A TAVOLAQuando si finisce di girare, i piloti si cam-biano, discutono, commentano quanto ac-caduto poco prima. Poi, ci si riunisce nella sala adibita a “men-sa”: un tavolone e panchine accolgono co-modamente 30-40 persone, con un “cate-ring” alla buona, ma di alto livello. Si ride e si scherza, poi, tutti insieme, si guardano le immagini video della giorna-ta, anche queste “amatoriali”, ma di ottima fattura, realizzate anche con l’ausilio di un drone. Come detto, niente viene lasciato al caso. E’ in questo momento che capisci ancora meglio la passione di Valentino per il mo-tociclismo, la sua intatta dedizione verso questo sport e tutto ciò che gli ruota at-torno. Rossi commenta ogni aspetto, è at-tento a studiare ogni minimo dettaglio, per migliorare la propria guida e quella dei suoi “allievi”.

Con tutti, ma soprattutto con i più giovani, Valentino è prodigo di consigli, di appunti, di considerazioni delle quali fare tesoro per il futuro. E ancora mi viene da pensare quale altro sportivo ha il privilegio di potersi allenare così a stretto contatto con un campionissi-mo della sua disciplina. Non mi vengono in mente altri esempi, anche se ci sono sta-ti nel passato: come Andrè Agassi, che ha aperto una scuola tennis, istruendo perso-nalmente i proprio allievi. La differenza sostanziale, però, è che Agas-si l’ha fatto quando si è ritirato, Rossi lo fa mentre è ancora in attività e, soprattutto, ancora grande protagonista. Difficile descrivere la sua dedizione: chi lo conosce, chi lo vede ai GP, sa che è così, ma se si ha la fortuna di seguirlo al Ranch, beh, allora la prospettiva cambia ancora. Per la prima volta, mi rendo veramente conto che non scherza quando afferma: «Fosse per me, non smetterai mai».

FUTURO: APERTO AL PUBBLICOQuello che già sembra perfetto adesso, verrà ulteriormente migliorato in futuro. «Diciamo che siamo al 70-80% di quel-

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li che sono i nostri programmi: vogliamo arrivare a poter dare da dormire ai piloti stranieri che ci vengono a trovare qui al Ranch» racconta Tebaldi, che, soprattutto, spiega come ci sia la volontà di aprire le porte agli appassionati. Al momento non è possibile, per omologa-zione: per motivi di sicurezza, non ci può essere il pubblico all’interno della struttu-ra. Ma si sta lavorando per risolvere anche questo problema, per arrivare ad allestire una tribuna dove i tanti appassionati, ades-so assiepati lungo la stradina nelle giornate in cui si gira (generalmente il sabato che non c’è un GP, ma a volte anche durante la settimana, con convocazione agli altri piloti di Valentino), possano seguire più da vicino Rossi e gli altri campioni. Perché, come dice Tebaldi, «un conto è stare a contatto della pista, un altro è stare a due chilometri di distanza». E’ vero: da lontano ti puoi solo immaginare la bellezza di questo posto. Ma se hai la fortuna di essere lì, di “toc-carlo”, di “sentirlo”, di “accarezzarlo”, beh, allora perdi la testa. Da appassionato di moto, ho visto pochi luoghi più belli del Ranch.

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SUPERCROSSGP DI ANAHEIM

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Quarantacinque mila spet-tatori hanno coronato l’at-tesissima prova d’apertura del Supercross USA che ha confermato le aspettative che davano Ken Roczen favorito della 450.

Al debutto sulla Honda nel campionato più ricco e famoso d’oltreoceano, il bion-dino dal look californiano ha centrato la sua 10ª vittoria supercross al termine di una gara che non ha avuto storie dove è rimasto al comando per tutta la dura-ta della gara dopo aver preso il largo già nelle prime battute.«Sono molto preparato e il risultato di oggi lo ha confermato - ha spiegato Roc-zen che nelle ultime quattro stagioni si è imposto per ben tre volte nella gara di inizio campionato eguagliando il record di Chad Reed e James Stewart - anche se

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AMA SUPERCROSSROUND 1: ANAHEIM

di Massimo Zanzani

ROCZEN SI AGGIUDICA IL GRADINO PIÙ ALTO DEL PODIO DAVANTI ALL’ACCOPPIATA KTM DUNGEY E MUSQUIN; A MCELRATH LA 250

la pista si è sempre più rovinata i sono divertito molto, ora devo mantenere la concentrazione e i piedi per terra perché è solo l’inizio».Staccato di 16 secondi, alle sue spalle si è piazzato il campione in carica Ryan Dun-gey al termine di una consistente rimonta dall’8ª piazza, seguito dal compagno di scuderia Marvin Musquin finalmente par-tito col piede giusto.Rinvenuto da metà gruppo, l’ufficiale Husqvarna Jason Anderson si è assicurato la 4ª posizione davanti a Eli Tomac, che non ha saputo sfruttare la sua partenza nelle prime posizioni, Cole Seely e all’in-tramontabile Davi Millsaps; solo 10° Co-oper Webb. Il pilota KTM Shane McElrath si è invece assicurato la sua prima vittoria in carriera nella 250 precedendo di un paio di secondi Aaron Plessinger e l’uffi-ciale Husqvarna Martin Davalos.

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La marcia di avvicinamento alla Dakar passa da mezzo Mondo. Mentre siamo a Abu Dhabi per assistere al lan-cio della C3 WRC e della Squadra del grande ritorno

ufficiale di Citroen, ci arriva la conferma formale, definitiva, emozionante e quasi commovente, del ritorno di Luca Manca alla

Dakar. Non è l’iscrizione o la presentazione del Team e del Pilota, ma un video che sin-tetizza l’amore di Luca per il Rally e per la sua Terra. Vittima di un incidente maledet-to, e per due interminabili mesi in coma in Cile, Luca Manca ha pian piano ricostruito, con grande spirito di sacrificio e determi-nazione, i presupposti per realizzare il suo sogno della Dakar. Pronti!

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IL RITORNO DI LUCA MANCA A SETTE ANNI DAL COMA

di Piero Batini

L’INCIDENTE, GRAVISSIMO, DEL 2010, NON HA LASCIATO TRACCE. E LUCA MANCA ADESSO È PRONTO A TERMINARE IL “LAVORO”. UNA DAKAR DA “PRIVATONE”, QUESTA VOLTA SENZA AMBIZIONI DI CLASSIFICA, CON IL

DESIDERIO DI ARRIVARE A BUENOS AIRES

Luca Manca. “2010, la seconda Dakar in Sud America. Son riuscito ad esserci, e ho anche qualche velleità di classifica, di risul-tato. Sono in gran forma, ma sono anche quello di sempre, un grande appassionato prima di tutto. Ho dato la mia ruota a Marc Coma, che era rimasto a piedi. È norma-le, alla Dakar ci si bilancia tra ambizioni e umanità, tra l’essere Piloti ed essere Uomi-ni. Quel giorno non avevo avuto dubbi, era l’istinto di aiutare un amico, indipendente-mente dalle conseguenze. Quindi adesso sono all’inseguimento. La mia classifica è sprofondata, ma spero di rifarmi sotto e di tornare con il plotone dei primi…”“Sentivo di potercela fare, i primi giorni della mia Gara lo avevano dimostrato. Ma la mia strategia era saltata, adesso avevo fretta di riprendere la posizione, quale non sapevo, non era dato sapere…”“Quando parti indietro una delle condanne è la polvere di quelli che ti precedono. Tan-ti, quasi tutti in quel caso. Molti sono più lenti, ma ugualmente bravi ad alzare la pol-

vere del Deserto. Vedo poco, a tratti niente, continuo ad avanzare, un sorpasso dietro l’altro. Anche questo è anomalo, contrario ai presupposti. I primi giorni, insieme ai più veloci, si era in pochi. Ora sono nel muc-chio…”“La polvere è spessa, impenetrabile. Mi avvicino a un Concorrente. Non so chi sia. Non lo saprò neanche dopo. Questi sono i ricordi. L’ambiente, l’atmosfera di chi in-segue nella polvere, e un Concorrente da-vanti a me, con una Moto da Enduro e un grande serbatoio. Poi più nulla. Non ho più ricordi…”“Ho passato due mesi in coma all’ospedale. Prima a Calama, poi a Santiago del Cile. Non ho sofferto. Non ho avuto la sensazio-ne né il ricordo della mia sofferenza. So che hanno sofferto i miei cari, i miei amici, mol-ti appassionati. Poi mi sono risvegliato. Non conservo traumi, ma ho portato addosso le conseguenze per molto tempo…”“All’inizio il problema era il senso dell’equi-librio. Chissà se potrò risalire in Moto. Mi

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piacerebbe infinitamente. Anche indossare il casco sulla testa ferita, mi fa male, mi da fastidio e dolore. Ma pian piano ripren-do. Il “test” con una moto leggera è andato bene, riprendo ad allenarmi, a ricostruirmi fisicamente. Problemi alla memoria, quella vicina, ma con il tempo recupero. Inizio a pensarci più seriamente…”“Ripartire per la Dakar. Non è cosa facile. C’è sempre la possibilità che i medici me lo impediscano, che mi ritengano non all’al-tezza. Se vado da loro troppo presto rischio di più, magari quelli non tornano più in-dietro. Aspetto, pazientemente, ma ritrovo il piacere di andare in moto. Non dovessi farcela posso sempre coltivare la mia anti-ca passione. Uscire con gli amici, rinunciare alle gare ma non alla passione...”“Ritrovo anche il ritmo e le atmosfere del-la gara, qui nella mia Terra, la Sardegna, e rilancio il progetto Originale. Test, alle-namenti, prove, i lasciapassare degli spe-cialisti. Ce n’è un ultimo. Partecipare a un

Rally africano. Passato anche quel test. Fi-nalmente ci sono, mi daranno il numero 99 alla Dakar 2017 Paraguay-Bolivia-Cile. Por-to la Sardegna nel cuore, la Bandiera con i quattro mori sulla mia tuta. Ho ricevuto aiuti dalla federazione, da KTM Italia. Sono stati vicini. La Sardegna, quella istituzionale non mi ha aiutato, ma i sardi, i miei conter-ranei sì. Duemila di loro l’hanno fatto con-cretamente. Amici, conoscenti, sconosciuti e anonimi. Sono tanti, ed è un’espressione di solidarietà che lascia il segno dentro di me. Li porto con me tutti quanti, faccio la Dakar anche per loro, per tutti quelli che l’hanno sognata…”“Rassicuratevi, non state in pensiero per me. Sono cambiate molte cose. Sto bene ma il mio momento, il momento del pilota è passato quel giorno. Non vado per vin-cere, non vado neanche per un risultato. E non parto per “vendetta”, non ho nessun conto in sospeso. Desidero solo finire la mia Dakar… sette anni dopo!”

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Al termine della prima tap-pa, i nostri inviati alla Dakar 2017 - Piero Batini e Fran-co Acerbis - sono riusciti a scambiare qualche battuta con gli uomini Honda.

È stato il momento ideale per fare il pun-to della situazione sugli insidiosi 39 km di prova speciale: tra Joan Barreda che rischia di vincere ma è costretto letteralmente a tirare i remi in barca durante l'attraversa-mento di un fiume e Nasser Al-Attiyah che ha visto il fuoco provenire dal motore della sua Hilux, le emozioni non sono di certo mancate!

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DAKAR 2017: NEL "PARCO CHIUSO" CON HONDA!

di Piero Batini

I NOSTRI INVIATI, PIERO BATINI E FRANCO ACERBIS, HANNO SCAMBIATO DUE BATTUTE CON I PORTACOLORI HONDA ALLA DAKAR.

E IL RISULTATO È DAVVERO DIVERTENTE...

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DAKAR 2017: KTM, GLI "EROI" DELLA SECONDA TAPPA

di Piero Batini

SIAMO OSPITI DI KTM PER PARLARE CON LORO DELLA SECONDA GIORNATA DELLA DAKAR 2017. I NOSTRI PIERO BATINI E FRANCO ACERBIS ANALIZZANO APPROFONDITAMENTE LA TAPPA CHE HA

RESISTENCIA HA PORTATO I CORRIDORI A SAN MIGUEL DE TUCUMAN

I nostri inviati alla Dakar 2017, Piero Batini e Fran-co Acerbis, stavolta si sono fermati in casa KTM. Il co-struttore austriaco ha di che

sorridere, con un Toby Price apparso davve-ro in grande spolvero nella seconda tappa, capace di interpretare come nessuno i 275 km della frazione cronometrata.Chiramente c'è anche spazio per parlare di Peugeot e della vittoria di Sebastien Loeb, che si issa al comando della generale. la corsa è ancora lunga, ma chi ben comin-cia,..

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Uyuni, Bolivia, 9 gennaio 2017. Sapete cos’è il bello della Tappa Marathon? Che la sera, al Bivacco, c’è un grande silenzio. L’assenza di Assistenti e di mezzi di assi-

stenza, poi, ingentilisce, e induce Piloti e Na-vigatori a ritrovare il meglio dell’ambiente e di loro stessi. Sapete come funziona. Nessun mezzo di assistenza è ammesso al Bivacco di una Tappa Marathon, e naturalmente neppu-re i meccanici. I Concorrenti devono provvedere autonoma-mente alla manutenzione del proprio veico-lo da gara, e sono ammessi solo interventi in aiuto tra i Concorrenti stessi. È in questo caso che il “Portatore d’Acqua” svolge un ruolo importante, ma non è una regola così rigida e dipende molto anche dall’assetto delle Squadre, dalla posizione di classifica e dagli eventuali ordini di scuderia. Poiché di fatto, soprattutto le Moto non possono tra-sportare molti ricambi, una delle chiavi delle strategie di Tappa Marathon è il risparmio dei pneumatici. Anche quest’anno i Piloti moto possono scambiarsi le ruote, ma in questo caso l’operazione deve essere “denunciata” ai commissari di gara e per questo le ruote sono state punzonate.Quando si ricomincia, con metà della La Paz-

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TAPPA 7: SI RIPRENDE. VINCE BRABEC (HONDA)

di Piero Batini

ALLA RIPRESA DELLE OSTILITÀ VINCONO L’OUTSIDER DEL TEAM HONDA MONSTER E IL CAMPIONE IN CARICA. NESSUN MOVIMENTO

IMPORTANTE, GARA APERTA. È COME SE SI RICOMINCIASSE AD ANDYCAP. IL BELLO DELLA MARATHON

Uyuni spazzata via ancora dalla pioggia, c’è una specie di promessa solenne degli orga-nizzatori che aleggia nell’aria: d’ora in avanti non si taglia più niente, si va avanti con il programma originale fino a Buenos Aires. È la nota che tiene in piedi le speranze del Team Honda Monster, che ha bisogno di spa-zi e chilometri per cercare di ritrovare quella situazione favorevole di inizio Dakar 2017. Non è facile, ma non è neanche bello correre una Dakar sapendo dopo tre giorni che è già finita.Un altro filo di tensione interessante è gene-rato dalla grande incertezza che la competi-zione di quest’anno offre ogni giorno. A par-te il maltempo, ogni giorno non è mai stato uguale a quello precedente, la gara non si è mai addormentata e ogni giorno si è presen-tata con una fisionomia anche solo legger-mente diversa, nuova. Quello che ci vuole per non fare di un Rally di due settimane una noiosa gita in pullman.Uno degli spauracchi dell’era Coma è la na-vigazione. Non son tutti d’accordo sul fatto che le note del road book caschino precisissi-me e senza peccato, ma tutti lo sono sul fat-to che la navigazione è non solo difficile, ma complicata da capire nelle sue linee generali. Quello che voleva Coma. I nuovi waypoint da scoprire sono una delle varianti, ma è proprio

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la ricerca delle difficoltà, di una navigazio-ne mai banale, che fa la differenza e crea la massima incertezza.Rieccoci al punto. Mezza Speciale, 161 chilo-metri, Marathon o no poteva essere una pas-seggiata, spesso lo è stata in passato la prova recuperata a una situazione di emergenza. Ma già nella metà della metà della Specia-le della ripresa delle ostilità sono iniziate le “grane”. Prima di tutto la sabbia, dunette in successione, controluce e road book compli-cato. Poi i waypoint. Juan Carlos Salvaterra, Pilota di casa in Boli-via, che conosce, quindi, almeno nelle linee generali le notazioni tecniche dei suoi per-corsi. È rimasto stranito. All’arrivo nel primo plotone di concorrenti, Salvatierra andava chiedendosi quanti avevano trovato corretta-mente uno dei waypoint. Ma tutti bravi. Ma il più bravo a spiegare come si sviluppa la Dakar di oggi è Van Beveren, l’eroe del Touquet che va rapidamente trovando una sua “ragione di esistere” anche alla Dakar. In-fatti è terzo. Adrien, all’arrivo della speciale a Nord Est del Salar di Uyuni, racconta che ci ha voluto provare, che doveva tentare di fare qualcosa. La sabbia è la sua specialità, e dunque, perché no? «Tra le dunette sono bravo, e mi sono detto che se c’era un giorno per provarci era questo. Ma ho capito presto, un paio di errori di troppo, anche no gravi, e mi sono detto che è inutile andare forte se poi ti perdi. Ci metti dieci chilometri a raggranellare un minuto, ma ne perdi due o di più se cadi o se ti perdi in cento metri.»Nella rivoluzione Coma, la Dakar perfeziona dunque la coscienza di un modo di correre che riporta all’antico, propone nuove solu-zioni e va, quindi, verso la scoperta di nuovi Piloti, magari in grado di gestire meglio le nuove situazioni. Come quel Todd Smith, l’australiano che a 31 anni e alla seconda Da-kar è, come si dice, nella top ten. Con il beneficio d’inventario di una Dakar che troppo presto ha perso o rigettato indietro i suoi protagonisti più solidi, Price, Barreda,

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della matassa e ha vinto, davanti a Gonçalves, Sunderland e Barreda. Non ha sbagliato, ha navigato bene ed è stato veloce abbastanza, perché se Sunderland poteva aver deciso di controllare la situazione, lo setsso non si ouò dire dei suoi compagni di Squadra.Strana anche la classifica generale che si ge-nera all’inizio della seconda e ultima settima-na di gara. In mezz’ora ci sono solo cinque Piloti, in un’ora se ne aggiungono altri due

soltanto. Sunderland è in una specie di botte di ferro con 17 minuti di vantaggio su Van Beveren e addirittura ventidue su Quintanil-la, eppure nessuno si sente al sicuro, e tutti pensano ad attaccare ma anche ad aspettarsi un errore fatale dell’avversario come migliore soluzione. Solo Barrreda pensa che attaccherà fino alla fine, e che la sua sfortunata gara non deve lasciar posto alla resa.

Botturi o Cerutti, Walkner, Svitko o Pedrero, solo per fare un esempio, questo è un filone da seguire. Intanto però, è la Dakar più strana da quando si corre in America del Sud, basata sui colpi di scena e sulle sorprese, buone e cattive. Sam Sunderland è una di queste, non c’è dubbio. Ricordate che l’anno corso il britannico di stanza negli Emirati aveva dovuto dare forfait per un incidente al Rally del Marocco? Spesso una brutta frattura lascia un segno indelebi-

le, e in ogni caso quella di Sam ha richiesto molto tempo e molto lavoro da parte del Pi-lota. Che però ha recuperato completamente, compreso il morale, e sembra uscito dall’e-sperienza, come si dice? – Rinforzato.Ma a Uyuni la gara delle moto l’ha vinta Ricky Brabec, il Pilota Honda HRC che non ha mai auto una posizione chiaramente delineata, una sorta di ospite americano, e che quindi doveva trovare da solo la sua quadra. Ecco, a Uyuni Brabec ha trovato il bandolo

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EDITORE:CRM S.r.l., Via Melzo 9 - 20129 MilanoP. Iva 11921100159

RESPONSABILE EDITORIALEIppolito Fassati

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CAPO REDATTORE: Edoardo Licciardello

REDAZIONEMaurizio Gissi Maurizio TancaCristina Bacchetti Marco Berti QuattriniAimone Dal Pozzo Francesco Paolillo

COLLABORATORI Nico CereghiniGiovanni ZamagniCarlo BaldiMassimo ZanzaniPiero BatiniAntonio GolaEnrico De VitaOttorino PiccinatoAntonio PriviteraAlfonso RagoMassimo ClarkeMax MorriAndrea BuschiPietro Ambrosioni

PROGETTO GRAFICO Camilla Pellegatta

VIDEOLuca Catasta, Stefano Berg, Fabrizio Partel

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