Kabul il cortocircuito taliban e droga-terrorismo · In Afghanistan a gestire il traffico della...

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reno fertile in una situazione di profonda insi- curezza, è altrettanto vero il contrario, essen- do la droga una delle migliori fonti di finanzia- mento disponibili. . di Francesca Donini 14 . east . europe and asia strategies numero 37 . luglio 2011 . 15 Kabul : il cortocircuito droga-terrorismo In Afghanistan a gestire il traffico della droga e i relativi proventi è la criminalità organizzata. . Ma non potrebbe farlo senza l’appoggio di taliban e gruppi terroristici ad essi alleati. . Infat- ti, nel contesto afghano, droga e terrorismo sono due facce della stessa medaglia: se è vero che il terrorismo è funzionale al business della droga, poiché l’attività dei narcotrafficanti trova ter- CRIMINALITÀ . 1 S ono 900 le tonnellate di oppio e 375 quelle di eroi- na esportate ogni anno; 123mila ettari di terra col- tivata a papavero nel 2010; 12mila tonnellate di op- pio stoccate in località sconosciute che, da sole, potreb- bero provvedere al fabbisogno mondiale di oppio ed eroi- na per circa due anni; 2,3 milioni di afghani coinvolti nel- la coltivazione di oppio, che corrispondono al 14% circa della popolazione rurale. Numeri da capogiro. Ma non è tutto, perché quello dell’oppio afghano non è solo un traffico a livello internazionale, è una vera e pro- pria economia illegale che in Afghanistan ha raggiunto un valore pari al 60% dell’economia del Paese: un “nar- costato”. Si tratta di dati che non hanno bisogno di esse- re interpretati, perché basta leggere quella lunga fila di ze- ri e ci si rende subito conto delle reali dimensioni del pro- blema. A questo punto, considerando che, dati alla ma- no, l’Afghanistan produce il 92% dell’oppio di tutto il mondo, la domanda è: ma tutte queste migliaia di tonnel- late quanti miliardi di dollari producono? E soprattutto, chi se li intasca? In Afghanistan a gestire questa enorme mole di droga e i relativi proventi e a occuparsi di organizzarne l’espor- menti antigovernativi e via dicendo, non vogliono dire per forza taliban. La guerriglia antigovernativa in Afgha- nistan non è un blocco monolitico chiaramente identifi- cabile nell’elemento talebano, ma è composta da un va- sto range di attori, che agiscono ognuno per il proprio sco- po: i taliban per ricostituire l’Emirato islamico d’Afgha- nistan, instaurare la shari’a, la legge islamica, e ritornare al potere più forti di prima; i cosiddetti gruppi di muja- heddin, eredi dei leader che combatterono contro l’inva- sione sovietica del 1979, che non fanno parte dei taliban e non sono per nulla interessati all’ideologia islamista, lottano per il controllo del territorio e per il potere; qual- che elemento militante di al Qaeda, che mantiene anco- ra una base al confine afghano-pakistano, persegue la stra- tazione è la criminalità, forte dell’appoggio di taliban e gruppi terroristici ad essi alleati. Infatti, nel contesto af- ghano, droga e terrorismo sono due facce della stessa me- daglia: se è vero che il terrorismo è funzionale al business della droga, poiché l’attività dei narcotrafficanti trova ter- reno fertile in una situazione di profonda insicurezza, è altrettanto vero il contrario, essendo la droga una delle migliori fonti di finanziamento disponibili. È tuttavia ne- cessario fare le dovute distinzioni e sfatare qualche luo- go comune. Anzitutto, resistenza armata, insorgenza, ele- S Coltivatori d’oppio guardano un soldato americano che attraversa i loro campi prima di uno scontro a fuoco con i talebani a Howz-e-Madad, nella provincia di Kandahar. Getty Images / J. Moore

Transcript of Kabul il cortocircuito taliban e droga-terrorismo · In Afghanistan a gestire il traffico della...

reno fertile in una situazione di profonda insi-

curezza, è altrettanto vero il contrario, essen-

do la droga una delle migliori fonti di finanzia-

mento disponibili. . di Francesca Donini

14 . east . europe and asia strategies numero 37 . luglio 2011 . 15

Kabul: il cortocircuitodroga-terrorismoIn Afghanistan a gestire il traffico della droga e i relativi proventi è la criminalità organizzata. .Ma non potrebbe farlo senza l’appoggio di talibane gruppi terroristici ad essi alleati. . Infat-

ti, nel contesto afghano, droga e terrorismo sono due facce della stessa medaglia: se è vero che

il terrorismo è funzionale al businessdella droga, poiché l’attività dei narcotrafficanti trova ter-

CRIMINALITÀ . 1

Sono 900 le tonnellate di oppio e 375 quelle di eroi-na esportate ogni anno; 123mila ettari di terra col-tivata a papavero nel 2010; 12mila tonnellate di op-

pio stoccate in località sconosciute che, da sole, potreb-bero provvedere al fabbisogno mondiale di oppio ed eroi-na per circa due anni; 2,3 milioni di afghani coinvolti nel-la coltivazione di oppio, che corrispondono al 14% circadella popolazione rurale. Numeri da capogiro.

Ma non è tutto, perché quello dell’oppio afghano nonè solo un traffico a livello internazionale, è una vera e pro-pria economia illegale che in Afghanistan ha raggiuntoun valore pari al 60% dell’economia del Paese: un “nar-costato”. Si tratta di dati che non hanno bisogno di esse-re interpretati, perché basta leggere quella lunga fila di ze-ri e ci si rende subito conto delle reali dimensioni del pro-blema. A questo punto, considerando che, dati alla ma-no, l’Afghanistan produce il 92% dell’oppio di tutto ilmondo, la domanda è: ma tutte queste migliaia di tonnel-late quanti miliardi di dollari producono? E soprattutto,chi se li intasca?

In Afghanistan a gestire questa enorme mole di droga ei relativi proventi e a occuparsi di organizzarne l’espor-

menti antigovernativi e via dicendo, non vogliono direper forza taliban. La guerriglia antigovernativa in Afgha-nistan non è un blocco monolitico chiaramente identifi-cabile nell’elemento talebano, ma è composta da un va-sto range di attori, che agiscono ognuno per il proprio sco-po: i taliban per ricostituire l’Emirato islamico d’Afgha-nistan, instaurare la shari’a, la legge islamica, e ritornareal potere più forti di prima; i cosiddetti gruppi di muja-heddin, eredi dei leader che combatterono contro l’inva-sione sovietica del 1979, che non fanno parte dei talibane non sono per nulla interessati all’ideologia islamista,lottano per il controllo del territorio e per il potere; qual-che elemento militante di al Qaeda, che mantiene anco-ra una base al confine afghano-pakistano, persegue la stra-

tazione è la criminalità, forte dell’appoggio di taliban egruppi terroristici ad essi alleati. Infatti, nel contesto af-ghano, droga e terrorismo sono due facce della stessa me-daglia: se è vero che il terrorismo è funzionale al businessdella droga, poiché l’attività dei narcotrafficanti trova ter-reno fertile in una situazione di profonda insicurezza, èaltrettanto vero il contrario, essendo la droga una dellemigliori fonti di finanziamento disponibili. È tuttavia ne-cessario fare le dovute distinzioni e sfatare qualche luo-go comune. Anzitutto, resistenza armata, insorgenza, ele-

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Coltivatori d’oppio guardano un soldato americano

che attraversa i loro campi prima di uno scontro a fuoco

con i talebani a Howz-e-Madad, nella provincia di Kandahar.

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tarizzata come quella afghana, non deve sorprendere cheanche la criminalità faccia uso di tattiche paramilitari, ti-piche del terrorismo. Però, mentre per i taliban lo scopodegli attentati è cacciare l’invasore straniero e tornare alpotere in nome dell’ideologia islamista di cui sono por-tavoce, per la criminalità organizzata colpire uomini emezzi dell’Isaf non rappresenta una missione politica,quanto piuttosto un sistema per proteggere il proprio bu-siness, minacciato non solo dal governo di Kabul (perlo-meno in linea teorica), ma soprattutto dalle forze interna-zionali. Certo è che, senza la protezione e il coinvolgi-mento dei taliban e dei gruppi terroristici, i narcotraffi-canti afghani avrebbero vita più difficile, ma d’altro can-to, senza il boom del narcotraffico, la recente ripresa ta-lebana sarebbe stata impossibile.

I taliban ricoprivano un ruolo importante nel controllodel traffico di droga già dalla metà degli anni Novanta, du-rante il loro feroce regime. Nonostante i divieti imposti dalCorano (che proibisce espressamente di entrare in contat-

to con qualsiasi tipo di sostanza stupefacente, a comincia-re dall’alcool), i talibancompresero la portata del businessdella droga e incoraggiarono la coltivazione dell’oppio,promettendo ai maggiori narcotrafficanti libertà d’azionein cambio della loro sottomissione al regime. Fu solo conle prime sanzioni imposte dal Consiglio di sicurezza del-l’Onu che il regime, temendo un ulteriore isolamento dal-la comunità internazionale, che avrebbe ridotto il flussodi denaro proveniente da generosi finanziatori esteri, im-pose il divieto assoluto di coltivare, consumare (ma, at-tenzione, non di trafficare) oppio ed eroina. Fu la campa-

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mine. Questo non significa che non si servano gli uni de-gli altri per i propri scopi, seppure assai diversi, e questoè vero soprattutto per quanto riguarda il traffico di droga,linfa vitale per entrambi.

a collaborazione tra narcotrafficanti e guerrigliaè favorita anche dai legami tribali o familiari cheintercorrono tra gli uni e gli altri, per cui talvolta

il miliziano taliban, quando non impegnato nei combat-timenti, partecipa attivamente alla coltivazione e allavendita dell’oppio. D’altronde, in una società così mili-

tegia del jihad globale, di cui l’Afghanistan costituisce unimportante tassello; infine vi sono alcuni gruppi terrori-stici locali, nati sulla scia del qaedismo, ma di fatto indi-pendenti. Queste diverse entità, oltre a servirsi di impor-tanti flussi di denaro proveniente dall’estero, condivido-no l’importante canale di finanziamento costituito dalnarcotraffico. E qui arriviamo al secondo luogo comune:non ci sono prove di un coinvolgimento di massa dei ta-liban e dei gruppi terroristici nel traffico di droga. In pra-tica, a controllare e gestire il narcotraffico non sono i ta-liban né tanto meno al Qaeda, bensì la criminalità orga-nizzata. Il fatto è che il crimine è in costante contatto conle diverse forze insorgenti: collaborano tra di loro per ilraggiungimento di obiettivi a breve e medio termine – co-me l’attacco a un convoglio Nato o americano – e talvol-ta si confondono l’uno con l’altro. Tuttavia, a differenzadel modello colombiano, in cui le Farc sono diventate ilbraccio armato dei narcos, in Afghanistan taliban e ter-roristi si mantengono indipendenti dal sottobosco del cri-

Un padre raccoglie oppio con il figlioletto in braccio,

a Fayzabad, Badakhshan, Afghanistan.

Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite

contro la droga e il crimine (Unodc),

la coltivazione di papaveri

nella regione del Badakhshan è più che raddoppiata.

La raccolta tradizionale dell’oppio è un lavoro lungo e impegnativo.

I papaveri di un campo non fioriscono tutti insieme,

e il lavoro si svolge quindi nell’arco di una decina di giorni.

Il momento migliore per estrarre l’oppio arriva qualche giorno prima

della piena maturazione della capsula che viene incisa leggermente:

si lavorano una ad una con uno speciale coltellino a più lame.

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gna di eradicazione più efficace che si fosse mai vista, chefece precipitare a livelli minimi la produzione di droga.Tuttavia, dopo l’intervento Usa e Nato in Afghanistan, italiban subirono pesanti perdite e, forti della loro allean-za con i narcotrafficanti, incentivarono la coltivazionenelle aree sotto il loro controllo, portando alle stelle la pro-duzione di oppio e trasformandola in un’importante fon-te di finanziamento: per dare un’idea, si stima che nelbiennio 2006-2007 il guadagno totale, derivante dalla pro-duzione e dal traffico di oppio ed eroina, si sia attestatotra i 200 e i 400 milioni di dollari, tutti confluiti nelle cas-se delle forze insorgenti e della criminalità organizzata.

ggi, a dieci anni dall’intervento della coalizionein Afghanistan, il ruolo dei taliban nel narcotraf-fico non è cambiato: non è un caso che i maggio-

ri centri di produzione di oppio si trovino nelle provin-cie di Helmand e Kandahar, storiche roccaforti talebanee in cui si registra la più alta attività d’insorgenza del Pae-se. Per meglio comprendere la reale portata del coinvol-gimento dei taliban e dei gruppi terroristici loro alleatibasta lasciar parlare i numeri: dieci anni fa, durante il re-gime, i taliban guadagnavano dai 75 ai 100 milioni di dol-lari all’anno, tassando le coltivazioni di oppio; oggi rica-vano circa 125 milioni di dollari all’anno solo dalle tasseimposte sul commercio nelle aree sotto il loro controllo.I guadagni aumentano in modo esponenziale se si aggiun-ge il pizzo imposto ai laboratori che trasformano l’oppioin eroina e al traffico di precursori chimici. Tutto questosenza contare il guadagno ricavabile dal traffico e dallaproduzione di oppio in Pakistan, che ammonta a circa 1miliardo di dollari. Quella del terrorismo in Afghanistanè una macchina ben oliata, forse un po’ confusa, ma noncosì caotica come potrebbe sembrare, che tuttavia ha bi-sogno di benzina continua per poter sopravvivere. Que-sta benzina è la droga.

E quando si tratta di milioni di dollari fruscianti, pocoimporta che il Corano vieti espressamente qualsiasi tipodi attività legata alle sostanze stupefacenti. Ma come sitraduce sul campo questa connessione tra terrorismo,droga e criminalità? In un Paese come l’Afghanistan ave-re il potere significa avere il controllo delle risorse e tut-ti i principali attori sul campo, siano essi criminali, ter-roristi o politici corrotti, mirano ad avere un ruolo nel nar-cotraffico, perché controllare le rotte della droga signifi-ca avere in mano il Paese. È come se la distanza tra busi-

ness e ideologia si stesse accorciando sempre di più. Poiché le strade della criminalità e quelle dei taliban

per il contrabbando di armi, droga e combattenti spessocoincidono, i diversi soggetti coinvolti hanno scelto diinstaurare un vero e proprio rapporto di collaborazione,anziché ostacolarsi reciprocamente, assumendo in que-sto modo il controllo totale. In realtà i proventi della dro-ga non si limitano al traffico o all’esportazione dei cari-chi oltre confine, ma comprendono altre notevoli entra-te derivanti dalle varie quote di tassazione e vendita a li-vello locale. Il contadino, non di rado costretto con la for-za e l’intimidazione a coltivare l’oppio, deve versarel’ushr, una tassa del 10% sulla produzione che poi verràspartita fra taliban e narcotrafficanti. Questa tassa vienepagata dalla quasi totalità dei contadini nelle provinciedel Sud e dell’Ovest del Paese, sotto controllo delle forzeinsorgenti e in cui viene prodotta la quasi totalità dell’op-pio afghano. Secondo i dati forniti dall’Unodc (UnitedNations on Drugs and Crime) si stima che nel triennio2005-2008 il ricavato di questa tassa ammontasse a 200milioni di dollari e che il 30-50% sia confluito interamen-

te nella casse dei taliban. Laddove questi ultimi non han-no il controllo del territorio il ricavato della tassa vienesuddiviso tra i signori della guerra e la criminalità orga-nizzata. Alla luce di ciò, considerato che al Qaeda è cer-tamente presente in Afghanistan, ma non detiene il con-trollo del territorio, non sembra che essa sia direttamen-te coinvolta nel narcotraffico al pari dei taliban. Ovvia-mente ciò non vale per gli altri gruppi jihadisti suoi allea-ti, che invece si autofinanziano attraverso molte attivitàillegali, prima fra tutte proprio il traffico di droga.

I taliban e le altre fazioni terroriste offrono la protezio-ne dei carichi che devono attraversare il confine afghanoo che il contadino deve vendere al trafficante locale, incambio di partite di armi o di una percentuale sui proven-ti della vendita. Tuttavia i taliban impongono tasse ancheai narcotrafficanti in cambio dell’assoluta garanzia che ilcarico giungerà a destinazione senza alcun tipo di proble-ma: la zakat, una tassa del 2,5% sul carico di droga, viene

riscossa in modo sistematico nelle aree sotto controllodell’insorgenza, soprattutto ai trafficanti di livello piùbasso. Tuttavia, in Afghanistan non sono solo i terroristie i signori della droga a trarre beneficio da questo impres-sionante traffico illegale: secondo il ricercatore america-no Andrew Wilder circa 17 membri del parlamento sononarcotrafficanti veri e propri e circa altri 24 sono in qual-che modo, direttamente o indirettamente, legati ai signo-ri della droga: colletti bianchi e barbe nere, dunque.

Del resto, l’intera questione relativa al problema delnarcotraffico non si esaurisce certo entro i confini afgha-ni, ma coinvolge l’intera regione. Infatti il denaro genera-to dalla droga non si limita a finanziare taliban e crimi-nali afghani, ma finisce nei Paesi limitrofi, andando a so-stenere tutti quei gruppi terroristici che rendono profon-damente instabile l’area, come il Movimento indipenden-tista islamico uzbeko, i ribelli del Beluchistan, in Paki-stan, il Partito islamico del Turkmenistan e via discorren-do. Senza un immediato intervento l’intera Asia centra-le rischia di essere invasa da un mare di droga e terrori-sti, con gravi ripercussioni a livello geostrategico. .

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Coltivazione di papaveri in Afghanistan.

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