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A Tutto Sommario

EDITORIALE: LA RINASCITA 4a cura di Galdo81

UBI MAIOR MINOR CESSAT 6a cura di el_maxo

CARRAMBA CHE RISVEGLIO! 8a cura di Dioneo

LO STEREOTIPO: 10UN NEMICO DELLA RINASCITA CULTURALE? a cura di Boy knaves

LA RINASCITA EUROPEA: 12LA PRIMAVERA DEL 1848a cura di Nihil Morari

DUE VOLTE FANTASCIENZA: 16 BABYLON A.D. a cura di el_maxo

AMOREDB: 18AMORI VIRTUALI! a cura di eles-chan

INTERVISTA A BOY 20 FRANZ~REGINAH, UN FISICO BESTIALEa cura di galdo81

ESEGESI DEL 23 CAMBIAMENTO: LA LIBERTÀa cura di el_maxo

KADO DALLA VIGNETTA 25a cura di kado92

FUUUUU 26a cura di Profeta Hyena [Reboot]

SERIOUSLY IS ONLY WORD 28a cura di Mr. T

REBUS 29 a cura di Profeta Hyena [Reboot]

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Editoriale:La Rinascitaa cura di Galdo81

Simultaneamente accadono avvenimenti che mettono i brivi-di. La protesta NO-TAV si infiamma, il pubblico di Sanremo pure – ma per altri motivi -, una modella sfila in città mostran-do con intenti politici quel che ha già mostrato svariate volte, ancora si scherza sui morti della Concordia.Si subisce così, ci si lascia andare, non si reagisce. È come stare sotto terra, in attesa della rinascita. Ma si sa che «chi semina vento raccoglie tempesta». Tutti questi avvenimenti sono sot-tolineati da mass media novecenteschi: la dittatura ipnotica della televisione è ormai alle battute finali. Adesso ci sono ca-nali che al contrario puntano sulla molteplicità delle opinioni. È proprio in questi canali che preferiamo navigare.Come forum abbiamo incassato un colpo brutale che ancora duole, ma siamo ancora in piedi e siamo comunque in vantag-gio ai punti. Semplicemente perché siamo migliori del nostro avversario.Non seminiamo vento. Non rivoltiamo tutto a testa in giù per far cadere denaro. Loro: accesso alla cultura in base al censo e alle situazioni di favore.

Noi: uguali nel condividere cultura gratis.Loro: forti nel reprimere le istanze del nuovo che avanza.Noi: propensi ai cambiamenti e dinamici come l’universo.Loro: assetati di soldi e potere.Noi: assetati di cultura con nuove forme di scambio.Ho fatto questa contrapposizione visibilmente semplicistica perché non dobbiamo mai pensare di essere con le spalle al muro: c’è sempre un’alternativa e il più delle volte è quella che riesce più naturale. Stiamo conducendo una lotta solo per ve-locizzare avvenimenti che, in modo altrimenti più lento ma comunque inesorabile, ci daranno ragione.La rinascita può solo partire da noi. E non ci ciberemo delle loro abbondanti carcasse puzzolenti, ma dei piccoli frutti ben più gustosi che coltiveremo con cura. Perché non basta rina-scere.

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a cura di el_maxo

Bram Stoker, il rinomato: originario di Clontarf, nei pressi di Dublino, trascorre tutta la sua infanzia, infelice per antono-masia, a letto. Difatti il suo cagionevole stato di salute gli im-pediva di muoversi, costringendolo a letture solitarie e attività logoranti. Fu considerato stupefacente il semplice fatto che, dall’adolescenza in poi, egli ha condotto una vita normale: gli studi, proficui, e l’attività sportiva procedevano di pari passo nella sua vita.Considerata la sua infanzia non c’è da stupirsi che temi come il risveglio dei morti, la giovinezza e la salute eterna, la solitu-dine, la malinconia e l’inadeguatezza al mondo siano estrema-mente ricorrenti nelle sue opere. Abilità scrittoria, estro e bagaglio umano si fondono e ver-ticalizzano dando origine alla sua produzione più famosa. Letta, apprezzata e conosciuta da tutti, è il capostipite di un genere letterario, the masterpiece: Dracula.Vogliamo davvero parlare di Dracula? Come se non lo co-nosceste!Invero, è il caso di porre l’accento sul fatto che l’egregio signor Stoker non appartenga a quella risma di scrittori - meteore: lambiscono il mondo letterario con una sola produzione di

successo, il più delle volte fortunata, e poi cadono nel dimenti-catoio, incapaci di eguagliare il successo del primo capolavoro.Quindi, per rendere giustizia alla memoria di questo genio della letteratura, è doveroso trattare una sua produzione meno famosa, ma degna d’esser letta: Il gioiello delle sette stelle. Il racconto, che vede la luce nel 1903, si inserisce a pieno nella costellazione delle opere di Stoker per tematiche e linguaggio utilizzato, seppur presenta particolari dettagli che ne rendono facile l’accostamento con altri autori, anche successivi crono-logicamente, dediti ai generi più disparati.Piccola menzione della trama.Una Londra fumosa e gravida d’aspettative nefaste fa da sfondo all’urgente convocazione ricevuta dall’avvocato Mal-com Ross. Margaret, ragazza di cui è innamorato, lo invita a precipitarsi nella sua abitazione perché suo padre, il professor Trelawny (egittologo ed antiquario rinomato) giace riverso nel suo stesso sangue, sul pavimento, stordito ma ancora vivo.Se questo non fosse già stupefacente di per sé, considerata la vita notoriamente tranquilla dell’antiquario, il suo corpo è ac-compagnato da due strani oggetti: un gioiello adorno di sette gemme (antico e dal valore inestimabile) ed una mano im-balsamata, troncata all’altezza del polso e fornita di sette (si, sette!) dita.Si susseguono inspiegabili attentati alla vita del professore, circonfusi da un’atmosfera soprannaturale e terrorizzante; finché uno di questi non provoca un lungo svenimento dello sfortunato. Il suo risveglio offre una ghiotta occasione per l’ennesimo espediente letterario: punto di rottura. In un flash-back Trelawny ricorda un antico sarcofago dimenticato, celato nella sua casa ed adibito solo al deposito sedimentario di pol-vere. In realtà quella bara antica è la custode delle spoglie di Tera, potente regina e maga dagli stupefacenti poteri, in lotta contro la casta sacerdotale, uccisa e sepolta quaranta secoli prima. Altro colpo di scena: Margaret, figlia del professore e sospettata artefice delle aggressioni, è la copia esatta, estetica-mente parlando, della regina Tera.Beh, per farla breve: Tera, prima di morire casta il suo più pro-digioso incantesimo: le permette di … no, meglio chiederlo al libro. Se interessa, edito in Italia da Rizzoli.

Ubi Maior Minor Cessat

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Questo testo senz’altro non è un capolavoro eguagliabile a Dracula.Privo di maturità scrittoria, è offuscato da alcune note dolenti: il testo inizia come un horror in grande stile. Il linguaggio è icastico, il periodare incalzante, la trama avvincente e im-preziosita da artifici, stratagemmi letterari e colpi di scena. Poi, stranamente, la vis s’esaurisce. Da horror degenera in un fantasy privo di grandi aspettative: delude il patto narrativo col lettore, mutano le atmosfere descritte. La storia d’amore, a lieto fine e di maniera, non intacca minimamente la trama, ma talvolta urta il clima emotivo del lettore; poco coinvolto in questa si distrae dalla trama esautorando il testo del suo potere ipnotico.Il finale è ingegnoso, ma ancora una volta stranamente de-ludente. Le descrizioni si fanno inadeguate, la storia più che narrata è abbaiata.E allora, vi domandate, perché mai recensire un testo di scarso valore?Perché, pur tenendo conto delle critiche che a malincuore e per onestà ho dovuto esprimere, questa produzione non è af-fatto di basso livello.E’ un calderone di ispirazioni per i più disparati generi let-terari e per i più inaspettati autori. Lovecraft ad esempio at-tingerà da questo racconto per costruire il suo, più breve ma più elaborato, La Mummia. Molta letteratura fantasy trova fecondi spunti in questo testo: Stoker ridefinisce il concetto di magia conferendole una struttura più moderna ed articolata. Mi spiego.La magia, a grandi linee, era cabalistica o rinascimentale. Col primo termine si tende ad indicare un’idea di magia legata ai numeri, connessa con il mondo e la sua struttura, inserita nel ciclo del tempo. Metaforicamente: come un ruscello invisibile che scorre nel mare. Il secondo termine invece indica la magia come sostituto alla scienza: il potere di piegare, coercitivamente, la realtà agli scopi del singolo attraverso parole o particolari atti rituali. La parola dominava la cosa.Stoker invece fonda un’idea di magia molto attuale: struttura e confina la magia bianca e la magia nera; ne definisce etica,

scopi e modalità, rende le descrizioni degli incantesimi coin-volgenti e precise e non accennate o poco concrete.Indovinello finale per i moderni Vampire-fans: quale diario vi ricorda?Scherzi a parte, Il gioiello delle sette stelle appartiene ad un genere ibrido ma non disprezzabile, è adatto alla lettura degli amanti dell’horror e del fantasy, pur scontentandoli in parte entrambi.Sperando che le poche righe con cui Stoker liquida il finale non vi avviliscano, mi avvalgo anch’io di liquidarvi in poche righe: se un autore vi piace, è il caso di leggere anche altro della sua produzione oltre al testo più rinomato. Non si sa mai, se è cresciuto artisticamente lui; forse possiamo farlo, culturalmente, anche noi. Nel dubbio vi auguro buona ricerca: trovare il testo, effettiva-mente, non vi sarà facile.

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a cura di Dioneo

Carrambache risveglio!

Apparizioni fortuite e fortune apparenti a Celano del Volgo, un piccolo paesino nascosto tra le montagne, dove il signor Carlo Giabborbotti è stato vittima di un raro caso di vippis excitatio – letteralmente risveglio da vip [N.d.R.] – che l’ha portato ad assumere le sembianze della sempiterna Raffaella Carrà.Giabborbotti, figlio d’arte di zio distratto, era appena tornato a casa dopo una dura giornata lavorativa al bar – Era stata una settimana impegnativa – ha commentato il mutato mentre scostava la chioma bionda – per ora ci si prepara alle gare pri-maverili di bevuta e il mio fisico era parecchio sotto stress -.Col fegato in subbuglio, il prode Carlo si è incamminato verso casa percorrendo via dei Pomel-listi, nota in tutto il mondo per la fabbricazione artigianale di infis-si a forma di pomello, quando ha cominciato a sentire il bisogno incessante di ballare il tuca tuca – Mi sentivo strano – ha prosegui-to il celatese – avevo voglia di scoprire l’ombelico e andare in-dietro con la testa-.

Giunto a casa il giovane ha subito cercato ristoro nel ballo da capo-giro, danneggiando diversi uten-sili casalinghi – Non riuscivo a trattenermi, era l’unica cosa che riusciva a darmi un po’ di sol-lievo -.Il giorno dopo, il fattaccio – Mi sono svegliato pervaso da strane considerazioni sulla poliga-mia e sull’amore ai tempi della bora. Mi sono diretto in bagno e lì ho scoperto che mi ero mutato nella nota showgirl -.Il signor Carlo non si è lasciato prendere dal panico e ha subi-to chiamato il suo medico di fiducia, il dottor Angelo Pitrachi, succhiatore di caramelle alla carruba e controfigura part-time di Lino Banfi, che ha subito diagnosticato la mutazione.

- Si tratta di una patologia molto rara – ha dichiarato il me-dico – di norma colpisce i giovani con problemi di deplu-vio e i garzoni. Attacca il DNA partendo da un ricordo fis-sato nell’inconscio e ti tramuta nella celebrità presente in quel ricordo. Non si sono riscontrati danni di alcun tipo e posso dire, senza dubbio, che il signor Giabborbotti è sano e plati-nato come un pesce -.Un ricordo quindi, come ci spiega anche il diretto interessato – Sicuramente legato alla figura di mia nonna, che mi faceva sfilare come un carrambaboy con il contenitore dei kinder sorpresa, precedentemente riempito di denaro, per sentire il

fascino della vittoria -.

Ma non tutti i mali vengo-no per nuocere, infatti il si-gnor Carlo è stato già con-tattato da diversi esponenti dello show business – Ho ricevuto diverse offerte pubblicitarie, mi è stata propo-sta anche qualche fiction. Ma la sorpresa più bella è stata la telefonata di Raffaella, una donna ve-ramente squisita, non mi aspettavo fosse così felice di avere un clone, anche se non mi spiego tutte quelle domande sullo stato di sa-lute dei miei reni…-.

Una Storia che lascia il segno, un segnale di ripresa, una ripresa di vita vera, un vero sintomo di rinascita del popolo italico.

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La definizione del Sabatini-Coletti del termine stereotipo è la seguente:

1 psicol. Idea preconcetta, non basata sull’esperienza diretta e difficilmente modificabile. 2 Nel l. com., comportamento convenzionale e ricorrente; sche-ma fisso, luogo comune.

Dobbiamo quindi pensare che si tratti di un fattore ostativo alla relazione interculturale? Dipende. Lo stereotipo ci guida nel ragionamento rapido. Tutta la nostra vita dipende dal ra-gionamento rapido. Se nelle savane un uomo vede un leone, penserà che questo sia un pericolo, ha la necessità di pensarlo subito, senza negoziare le variabili possibili (che la belva non abbia fame, che non l’abbia visto, che non lo consideri una preda interessante). La stessa cosa accade nell’urbe moderna. Se una persona vestita in un dato modo, con i capelli colorati, cappuccio, andatura irregolare mi si para davanti, mi pongo automaticamente in un dato stato d’animo, in modo che la mia reazione rispetto alle sue sollecitazioni sia rapida e funzionale. Il problema interviene quando lo schema mi porta in errore. Mettiamo che nel caso citato il losco figuro sia Gwennuccia nostra che mi riconosce e mi viene a salutare. Io invece sono sulla difensiva, pronto a lanciare un “Non c’ho spicci, vai via”. Posto che questa frase la direi comunque anche a Gwen che mi

venisse a salutare, si crea un problema. Lo schema che doveva aiutarmi, lo stereotipo, quindi il dato già acquisito e negoziato, già digerito diciamo, mi resta sullo stomaco. Mi porta lonta-no dalla realtà. Cosa si può fare per aggirare l’inconveniente? Nulla. Solo prendere atto di questa cosa. Per quanto riguarda lo stereotipo, affidarsi alla prima reazione è un condiziona-mento culturale che tutti, quasi tutti, abbiamo. Eliminarlo oltre che impossibile potrebbe risultare anche nocivo (quasi sempre ci porta a comportamenti giusti). Tuttavia è necessa-rio sapere che affidare il timone totalmente allo stereotipo è il passo che dal buon senso porta verso il razzismo. Termine che come ho dimostrato nella discussione che ha preceduto il contest “Razzismo”, non ha accezioni positive. Il controllo dello stereotipo, ovvero il servirsi di lui e il non esserne ser-vi, segna dunque il passo evolutivo che porta dalla paura del leone all’accettazione della divergenza (di razza, colore, sesso, costume e altro) che essendo distante da noi può sicuramente rappresentare un ostacolo, se non un pericolo, ma anche una fonte di ricchezza e rinascita culturale.Altri buonismi sull’importanza di accettare il diverso li avete già sentiti e letti altrove. Quello che volevo spiegarvi qui è il meccanismo di reazione iniziale e di protezione che avete dentro. Penso sia importante averne coscienza.Fatene buon uso e vedete di rinascere un po’, è primavera.

Lo stereotipo: un nemico della rinascita culturale?a cura di Boy knaves

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a cura di Nihil Morari

La rinascita europea: la primavera del 1848

Nel 1848 l’Europa fu sconvolta da una crisi rivoluzionaria di ampiezza ed intensità eccezionali: in primo luogo per l’estensione dell’area geografica interessata; in secondo luogo per la rapidità con cui si diffuse in tutto il continente, eccezion fatta per la Russia – troppo arretrata – e la Gran Bretagna. Le premesse che permisero il suo sviluppo furono da un lato la crisi economica del biennio ’46-47, che aveva interessato in primo luogo il settore agricolo, e dall’altro l’azione consape-vole dei gruppi di intellettuali democratici eredi dei principi affermatisi con la rivoluzione francese. D’altra parte non dob-biamo dimenticare che, proprio nel gennaio del ’48, Marx ed Engels pubblicarono il “Manifesto del partito comunista”, fat-tore che spinse buona parte della società civile a partecipare alle agitazioni.

L’insurrezione francese – Dopo la restaurazione, la Francia era guidata dalla monarchia liberale di Luigi Filippo d’Orléans. Il regime era uno dei meno oppressivi in Europa e tuttavia mal tollerato, proprio per la maturazione politica, civile e cul-turale della società francese; contro la corona si andò quindi creando un vasto fronte che andava dai liberali ai democratici fino ai cattolici e ai socialisti. In particolare per i democratici l’obiettivo da raggiungere era il suffragio universale – segno dell’attuazione del principio della sovranità popolare e mezzo per raggiungere l’ideale della giustizia sociale. Nettamente mi-noritari in Parlamento, questi cercarono di portare la protesta nella società attraverso la “campagna dei banchetti”: riunioni svolte in forma privata che aggiravano i divieti governativi e permettevano ai capi del movimento di fare proselitismo. Fu proprio la proibizione di un banchetto, previsto per il 22 feb-braio, a innescare la rivoluzione: lavoratori e studenti orga-nizzarono una manifestazione a Parigi che il governo tentò di reprimere ricorrendo alla Guardia Nazionale la quale, tuttavia, si alleò con i dimostranti. Il 24 febbraio il re abbandonò la città e la sera stessa venne istituito un governo repubblicano com-prendente anche i socialisti. Fra le riforme attuate ricordiamo l’abrogazione dei vincoli alla libertà di riunione, l’abolizione della pena di morte per reati politici, la riduzione a undici ore della giornata lavorativa e, per la prima volta, l’affermazione del diritto al lavoro.

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Sorte simile toccò a Berlino: dopo le insurrezioni di marzo il re Federico Guglielmo IV concesse la libertà di stampa e con-vocò un Parlamento prussiano; nel frattempo le proteste erano divampate in tutta la Confederazione con l’obiettivo di con-vocare un’Assemblea costituente in cui fossero rappresentati tutti i popoli tedeschi, austriaci compresi. Una volta convocata fu però chiaro che questa non avesse i poteri necessari per imporre la propria autorità ai sovrani e ai governi degli Stati tedeschi: ciò che permise a Federico Guglielmo di sciogliere il Parlamento e rifiutare la corona di imperatore della “piccola

Germania” – un nuovo Stato na-zione ruotante intorno alla Prus-sia e senza l’Austria – offertagli dai rappresentanti della costitu-ente. In questo modo venne rista-bilito il potere imperiale.La prima guerra d’indipendenza italiana – Inizialmente la riv-oluzione in Italia ebbe uno svi-luppo autonomo rispetto al resto d’Europa. Il primo obiettivo dei manifestanti era la concessione di statuti o costituzioni fondati sul sistema rappresentativo: in segui-to all’insurrezione del 12 gennaio a Palermo Ferdinando II fu por-tato a concedere una costituzione al Regno delle due Sicilie. Il sec-ondo a muoversi fu Carlo Alberto di Savoia che, l’8 febbraio, con-cesse l’omonimo statuto – che di-venne la costituzione del Regno d’Italia – il quale prevedeva una Camera dei deputati, un Senato di nomina regia e una stretta dipendenza del governo dal re. In seguito fu la volta di Leopoldo II di Toscana e di Pio IX.Dopo la rivolta viennese si solle-

varono anche Venezia e Milano. A Venezia, il 17 marzo, una manifestazione popolare aveva imposto agli austriaci la lib-erazione di tutti i detenuti politici, tra i quali vi era Daniele Manin – capo dei democratici. Il 23 marzo nacque un gover-no provvisorio che proclamò la costituzione della Repubblica Veneta. A Milano l’insurrezione scoppiò il 18 con un assalto al palazzo del governo, e si protrasse per cinque giorni – le famose “cinque giornate di Milano”. La direzione delle oper-azioni fu assunta da un consiglio di guerra guidato dal demo-cratico Carlo Cattaneo; il 22 nacque un governo provvisorio e le truppe austriache, guidate dal maresciallo Radetzky, furono costrette a ritirarsi.

L’equilibrio si ruppe però il 23 aprile con le elezioni a suffragio universale dell’Assemblea costituente, che fecero registrare un netto successo per i repubblicani e una sonante sconfitta per i democratici e i socialisti. In seguito al provvedimento secondo il quale i disoccupati erano obbligati ad arruolarsi nell’esercito scoppiarono altre manifestazioni di protesta, duramente re-presse dal governo e che causarono migliaia di morti. La Co-stituzione venne varata a novembre ma ebbe vita breve, dato che un mese dopo le elezioni presidenziali videro la vittoria di Luigi Napoleone Bonaparte, il quale attuò un nuovo colpo di Stato (’51-52) con cui si fece nominare Napoleone III. Nacque così il Secondo Impero francese.

L’Europa centrale – Da Parigi il moto rivoluzionario si spostò in tutta Europa. In questo caso ai motivi già ricordati bisogna ag-giungerne altri altrettanto impor-tanti: la lotta per l’indipendenza e l’unità furono infatti fondamen-tali. Il primo episodio si ebbe a Vienna il 13 marzo. In seguito ad una manifestazione durata diversi giorni l’imperatore Fer-dinando I fu costretto a sacri-ficare il cancelliere Metternich – simbolo della Restaurazione. Il 15 marzo ci furono tumulti a Budapest; il 17 e il 18 fu la volta dell’Italia, con Venezia e Milano, e della Prussia, con Berlino. Il 19 fu la volta di Praga. A mag-gio Ferdinando I abbandonò il trono e convocò un Parlamento eletto a suffragio universale. In Ungheria i democratici-radicali pro-clamarono un governo au-tonomo dall’Austria; venne eletto un Parlamento e allestito un esercito nazionale. I cechi invece non mettevano in discussione la sottomissione alla corona asburgica; chiedevano piuttosto maggiore autonomia per le popolazioni slave. L’esercito imperiale riuscì però ad interve-nire con un pretesto e, nel giro di pochi giorni, Praga fu com-pletamente distrutta. Per eliminare la minaccia dell’Ungheria la corte imperiale sfruttò l’astio fra magiari – la popolazione ungherese – e croati: i primi infatti miravano a creare una Grande Ungheria che dominasse sugli slavi; i croati furono quindi spinti ad appoggiare Ferdinando I e, insieme, mossero guerra su Budapest – crollata solo un anno dopo. A ottobre fu la volta di Vienna: in tre giorni ci furono circa duemila morti e la città venne riconquistata, mentre Ferdinando I abdicò in nome del nipote Francesco Giuseppe, che sciolse il Parlamen-to.

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Il 23 marzo il Piemonte dichiarò guerra all’Austria. I motivi furono diversi: da un lato la spinta dei liberal-democrati-ci che miravano a liberare l’Italia dagli Asburgo; dall’altra l’aspirazione della monarchia sabauda ad allargare verso est i propri confini; infine il timore che il Lombardo-Veneto di-ventasse un centro di agitazioni repubblicane. Alla guerra – la prima guerra d’indipendenza, appunto – si unirono anche Fer-dinando II e Pio IX. Tuttavia le cose si misero subito male per i piemontesi: Carlo Alberto era infatti preoccupato soprattutto di annettere i due territori e questo suscitò l’ira dei democratici e degli altri sovrani - particolarmente delicata era la posizione della Chiesa, che si trovava ad attaccare uno Stato fortemente cattolico come l’Austria. Così il 29 aprile il papa abbandonò lo scontro, seguito dal granduca di Toscana e da Ferdinando di Borbone. Al fianco dell’esercito piemontese rimasero i vo-lontari toscani, guidati da Giuseppe Montanelli; importante fu poi il contributo dato da Giuseppe Garibaldi, tornato apposi-tamente dal sud America. Carlo Alberto tuttavia non seppe sfruttare queste risorse e combatté una guerra puramente per-sonale: di conseguenza, dopo alcuni iniziali successi che por-tarono l’annessione al Regno sabaudo dei territori conquistati, l’esercito fu battuto nella battaglia di Custoza che si tenne tra il 23 e il 25 luglio. Il 9 agosto fu firmato un armistizio.

La Repubblica Romana – Nonostante la sconfitta dei piemon-tesi i democratici continuarono la loro battaglia, seppur senza l’appoggio sperato da parte della società civile: le masse con-tadine, rappresentanti la stragrande maggioranza della po-polazione italiana, rimasero estranee – se non addirittura os-tili – alle battaglie.In ogni caso la situazione era ancora abbastanza fluida: la Si-cilia rimaneva sotto il controllo dei democratici; a Venezia Manin aveva nuovamente proclamato la repubblica; in Tosca-na Leopoldo II fu costretto a formare un governo democrati-co guidato da Montanelli e da Guerrazzi – successivamente il granduca abbandonò lo Stato e i poteri passarono a un trium-virato composto da Montanelli, Guerrazzi e Mazzoni. A Roma, dopo l’uccisione in un attentato del primo ministro pontificio Pellegrino Rossi, il papa abbandonò la città e si rifugiò a Gaeta sotto la protezione dei Borbone; nella capitale presero il so-pravvento i gruppi democratici. Nel gennaio del 1849 nell’ex Stato pontificio si tennero le elezioni per l’Assemblea costitu-ente; fra gli eletti troviamo Mazzini e Garibaldi. Il 9 febbraio l’Assemblea annunciò la decadenza del potere temporale del papa e che lo Stato avrebbe assunto “il nome glorioso di Re-pubblica Romana”, avrebbe adottato come forma di governo la “democrazia pura” e avrebbe stabilito col resto d’Italia “le relazioni che esige la nazionalità comune”. Si trattava quindi del primo passo verso l’unità nazionale. Intanto i democratici ripresero l’iniziativa in Piemonte: il 20 marzo del ’49 Carlo Alberto, schiacciato dalle richieste dei movimenti e preoccupato per le pesanti condizioni che gli austriaci avevano intenzione di porre, si decise a tentare an-cora la via delle armi. Decisione quanto mai errata: le truppe di Radetzky affrontarono l’esercito nei pressi di Novara e lo

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sconfissero; il 23 marzo il re abdicò in nome del figlio Vittorio Emanuele II il quale, il giorno dopo, firmò un nuovo armi-stizio con gli austriaci mentre veniva repressa un’insurrezione scoppiata a Genova. A questo punto gli austriaci potevano ripristinare l’ordine in tutta la penisola: in primo luogo a Brescia, sollevatasi pochi giorni dopo, che fu assediata per dieci giorni – le dieci giornate di Brescia. Venezia resistette per diversi mesi, per crollare solo alla fine di agosto. Ferdinando II riconquistò la Sicilia mentre gli Asburgo occuparono i terri-tori delle Legazioni pontificie – Bologna, Ferrara, la Romagna e le Marche settentrionali – e mettevano fine all’esperienza democratica in Toscana.Più lunga fu invece la riconquista di Roma, divenuta ormai centro della rivoluzione e luogo d’incontro di esuli e cospira-tori: Mazzini, Garibaldi, Saffi, Mameli, Pisacane si riunirono nella città e presero parte alla vita politica repubblicana, met-tendo le basi per il futuro Risorgimento. Fra gli atti del go-verno ricordiamo l’abolizione dei tribunali ecclesiastici, la confisca dei beni del clero e una riforma agraria che prevedeva la concessione di parte dei fondi confiscati alle famiglie più povere. Pio IX naturalmente non accettò la sua cacciata, per cui chiese aiuto alle potenze cattoliche per essere ristabilito. All’appello risposero Austria, Spagna e Regno delle due Sicilie, ma anche e soprattutto la Francia: Napoleone, appoggiato dai conservatori e dai cattolici, mirava in questo modo a raffor-zare il proprio potere e a occupare il Piemonte. Le truppe francesi – circa 35 mila soldati – attaccarono Roma all’inizio di giugno e la conquistarono un mese dopo, non prima, tut-

tavia, che i repubblicani approvassero ed emanassero, il 4 lug-lio, una costituzione democratica. Mentre le truppe entravano nella città, Garibaldi e i suoi volontari scappavano cercando di raggiungere Venezia.

In definitiva le rivoluzioni del 1848 si conclusero con un com-pleto fallimento nel breve periodo, poiché in tutti i territori interessati le aspirazioni democratiche erano state sottomesse. Sottomesse, ma non eliminate: le agitazioni, le proteste, i movimenti e in particolare i valori e i simboli della lotta non erano stati distrutti e, anzi, trovarono nuova vita e terreno fertile per il loro sviluppo. Alla fine del secolo la cartina geo-politica del continente era profondamente mutata e vedeva la nascita di quattro nuovi Stati: l’Italia, la Germania, l’Austria e l’Ungheria. Dalla “primavera del ‘48” derivano le trasforma-zioni e gli sconvolgimenti – positivi e negativi – che hanno caratterizzato e segnato il corso del Novecento.

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a cura di el_maxo

Due volte fantascienza: Babylon A.D.

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In questo periodo va molto di moda essere ecologisti. Davve-ro! La coscienza ambientale, l’etica della coscienza ambientale, il modus operandi dell’etica della coscienza ambientale; come avrete notato la parola “ambiente” la fa da padrone. In realtà si potrebbe tacciarli tutti d’ipocrisia. Non ci interessa tanto l’ambiente in sé, quanto gli effetti che un mondo devastato e la scarsità delle risorse avrebbero su di noi.Idem nel cinema. Basta sprecar pellicola con film insulsi, e fior di quattrini per fa derapare le auto. Senza menzionare i rovinosi risvolti antropologici che seguono la prima di alcuni obbrobri.Vin Diesel, nel 2008, prende coscienza di ciò e recita in un vero film.Mathieu Kassovitz (figlio d’arte, già noto con I fiumi di porpora) e la Moviemax, s e n -sibili entrambi a quest’istanza dell’animo del nostro Diesel, scommettono sulla traspo-sizione cinematografica del romanzo Babylon babies di Maurice Georges Dantec: nelle sale esce Babylon A.D.La critica si divide, anche se non netta-mente, in due scu-ole di pensiero: tra coloro che non riescono a vedere abilità recitativa nel protagoni-sta e coloro che sostengono la, seppur celata, validità di questa produzione. Per quanto mi riguarda mi colloco come ago della bi-lancia, lasciando a voi la vostra personalissima sen-tenza definitiva.La trama rispecchia a grandi linee quella narrata nel romanzo.Toorop (Vin Diesel), mercenario senza scrupoli e dal passato, come al solito, enormemente complesso, vive in un mondo fantascientifico alla Ken il Guerriero: povertà, mondo deva-stato, guerre, dolore, sporcizia e case fatiscenti.Costui riceve l’incarico di scortare un pacco particolare, un giovane donna (interpretata da Mélanie Thierry, già La leg-genda del pianista sull’oceano), dalla Mongolia sin negli U.S.A., da Gorsky, noto uomo d’affari invischiato col mondo della criminalità.Giunto in Mongolia (da ridere è il come) Toorop incontra il suo primo ostacolo: deve farsi carico anche della scorta dellaragazza, una suora molto sui generis chiamata Suor Rebecca (Michelle Yeoh, vista in Memorie di una geisha), e l’avventura inizia.Non imbrigliamoci nei dettagli dello svolgersi della storia,ma posso assicurare scene d’azione mozzafiato, tradimenti

ben inscenati, scazzottate epocali, effetti speciali, super poteri e finale dolce\amaro. Insomma un film più che guardabile.Ma a questo punto, esaurita la vena ironica, osserviamo la pel-licola con serietà.Primo punto a favore: è tratto da un romanzo.Si, lo so! Anche l’intera saga cinematografica di Twilight è ispirata da “carta inchiostrata”! Ma per favore, non facciam di tutt’erba un fascio. Solitamente, anzi direi “recentemente”, i film tratti da testi letterari sono particolarmente più ricchi nella trama rispetto a quelli sceneggiati e scritti per l’occasione. Se ben ci pensate il motivo è ovvio: in un testo la trama è pra-ticamente tutto perché le pagine non hanno né attoroni né effetti speciali con i quali catturare gli “spettatori”.Secondo argomento pro: sequenze d’azione ottime. Nulla da commentare: ben scritte e montate alla perfezione con il bo-nus di una fotografia a regola d’arte.

Terzo pro: finale vagamente scontato, ma inaspettato. Meglio non aggiunger altro, evitiamo lo

spoiler…Contro: i muscoli non sanno recitare. E nemmeno i fucili, le

pistole, le pallottole e le esplosioni. Con questo ho

detto tutto.Ma passi! Alle

volte, per gustarsi un film, sembra sia

necessario sorvol-are anche su dettagli

più che fondamentali; purché l’intera storia

regga e gli attori scelti quantomeno rendano

icasticamente i personaggi che interpretano.

Ma, badate bene, non vi sto implorando di accontentarvi:

se vedete un American Pie per il puro gusto di divertirvi

va benis- simo; il problema sorge quando pellicole di tal ris- ma vengono esaltate da certo pub-blico o denigrate da parte della critica. Scegliete cosa vedere, con coscienza: sarete voi i responsabili del risultato finale. A chi avrà da lamentarsi dirò solo: torna a casa. Riferimento che solo gli spettatori di Babylon A.D. capiranno …

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a cura di eles-chan

AmoreDB:Amori Virtuali

Argomento bollente in quel di Animedb oggi! I tempi son cambiati, non esistono più le lettere, non esiste più il lungo corteggiamento di persona, le serenate sotto casa o i fiori ar-rivati all’improvviso, ormai INTERNET ha preso il possesso anche sui nostri sentimenti!Ebbene è proprio delle paure che possono nascere dai rap-porti nati tra due tastiere che ci scrive un assidua lettrice:“Cara eles, c’è questo ragazzo con cui ho un rapporto “virtuale”, o meglio abbiamo ripreso a risentirci da un mesetto dopo molto tempo, e vista la sua situazione un po’ triste - ha avuto recentemente un lutto - ho cercato di essere più gentile e coc-colosa (e lui è un coccolone, lo è ancora nonostante non sia più triste come in quei giorni) mi sembrava crudele abban-donarlo a se stesso in quel momento.Tutto ok finché ha usato quell’aggettivo - “tesoro” - che a me ha allarmato e la mia paura principale era di illuderlo di un qualcosa che non ci sarebbe stata.Il problema qui è la distanza (che poi la distanza ti fa fanta-sticare), non si tratta se esteticamente mi piaccia o meno (io sono sempre dell’idea che bisogna starci bene con la persona) ma del fatto che non posso parlargli guardandolo in faccia, non posso toccarlo!”.La nostra generazione ha avuto il “vantaggio” di nascere nell’era della tecnologia, dove tutto diventa più semplice, un “click” risolve mille problemi e anche comunicare con qual-cuno senza guardarlo negli occhi risulta più facile. Diciamoci la verità: dietro lo schermo è capitato a tutti di pavoneggiarsi e sentirsi “leoni” e poi nella realtà magari non avremmo avu-to nemmeno il coraggio di dire “ciao”. Tutti i freni inibitori si spezzano e riusciamo ad aprirci più di quanto faremmo di persona.Tutto ciò rientra nei vantaggi dei rapporti virtuali, perché nonostante manchi il contatto fisico si riesce a conoscere una persona nei suoi più intimi segreti solo chiacchierandoci in una chat. Ecco questo va benissimo finché si coltiva un rap-porto d’amicizia, ma quando le chiacchierate si fanno più in-tense, ci si affeziona, iniziano le “coccole” e i nomignoli amo-rosi e succede quello che ti spaventa tanto, la nascita di un sentimento per qualcuno che è tanto distante da te fisicamente

ma che nonostante tutto senti tanto vicino.Le paure che hai sono normalissime, mettersi in gioco in un rapporto a distanza non è facile e non è detto nemmeno che vada bene. C’è chi ti dirà di non fidarti, che storie del genere non esistono, ma finché non ci si trova nella situazione nessu-no potrà realmente capirti. La decisione sta a te: se tu a priori escludi che potresti reggere una situazione del genere, sii più chiara e sincera possibile con lui, devi rischiare il fatto che potrebbe allontanarsi da te, ma è sicuramente la cosa più gius-ta da fare; se al contrario hai una speranza che riusciate a ve-dervi in futuro e reggere i chilometri che vi separano, provaci, continua a conoscerlo, senza fretta, goditi il vostro rapporto con tranquillità e serenità e tutto ciò che ne verrà. Non ti dico che sarà facile, ma i problemi ci saranno in qualsiasi rapporto che avrai nella tua vita, tutto sta nella volontà di riuscire a su-perarli INSIEME.In fin dei conti la cosa più bella di un rapporto virtuale è il momento in cui si trasforma in REALE!XOXO ele

Scrivetemi a: [email protected]

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a cura di galdo81

Intervista a Boy Franz~ReginaH, un fisico bestiale

1)Come mai ReginaH?Bella domanda! Inizialmente c’era una condivisione del mio nick con una ragazza. Siccome all’epoca c’era una chat in home-page, l’altra persona usava sempre questa chat e in questo modo la gente credeva che io fossi donna. Quindi l’evoluzione del mio nick è: Franz, Franz-Capessa-ReginaH e infine Franz-ReginaH. Ultimamente è stato aggiunto il “Boy” in onore della Boy Band dei Buffoni. Siccome non riuscivo ad accedere al forum ringrazio Videl.

2) Nel forum, ti definisci un rompiballe?Rompiballe no, ma credo che quando c’è qualcosa che non va bene, bisogna esporsi e non mostrare una faccia lavata.

3) Quanti ban hai ricevuto?Quattro ban! Il primo ban a mezzora dall’iscrizione al forum, nella chat. Presi in giro una moderatrice. Secondo ban fu il ban di gruppo: fu bannata tutta l’utenza per sbaglio. Terzo ban: pre-si in giro una utente a caso in modo buffonesco, un’altra utente se la prese per il modo di rispondere e fummo bannati insieme: io per l’istigazione all’offesa, lei per l’offesa. L’ultimo ban a causa dell’ormai famosa MisaMary, per violazione della privacy.

4) C’è qualcosa di materiale che riesce a renderti felice?No, non c’è nessuna cosa che riesce a cambiarmi lo stato d’animo. Né il PC, né i soldi, né regali, niente. Per risollevare il mio stato d’animo mi basta stare in mezzo alle persone. Chiudersi in casa riempiendosi di cioccolato grava solo sulla bilancia.

5) Che ne pensi della classe dirigente italiana?Non è espressione delle vere potenzialità del Paese. Ma, per quanto riguarda la classe politica, li abbiamo votati noi e quindi ce li meritiamo. In realtà penso che la classe dirigente sia una cerchia di imprenditori che tutela esclusivamente i propri inte-ressi, a volte con grosse ricadute sul sociale, vedi Marchionne.

6) Qual è il tuo rapporto con la spiritualità?Sono cresciuto in una famiglia cattolica, ho ricevuto i sacra-menti, ma non sono praticante. Non mi definisco né ateo né credente. In realtà credo che con la religione cerchiamo di dare risposte a problemi che in altro modo non potrebbero essere ri-solti. Nessuno vieta di crearti una tua religione personale. Il tuo dio può chiamarsi Allah, Ra, Shiva, Eleonora...alla fine il tuo dio può anche essere donna. In fin dei conti le religioni attuali derivano da quelle passate. La croce cristiana deriva da quella egizia, l’antica festa del Sole è stata sostituita dal Natale. La re-ligione secondo il mio parere non dev’essere qualcosa di imposto dall’ alto, ma una cosa che nasce da noi stessi.

Data Registrazione: Feb 2008Data di Nascita: 18 luglio 1987Dove sono: Universo Occupazione: Aspirante Genio Segni particolari: Zemaniano Doc

“ Non bisogna farsi influenzare dagli altri ma nemmeno troppo da noi stessi. ”

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“ Non bisogna farsi influenzare dagli altri ma nemmeno troppo da noi stessi. ”

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7) Riguardo al tuo futuro, sei ottimista?Io non sono solo ottimista o pessimista, dipende dalla situazione. Mi vedo morto precario.

8) Quale libro hai sul comodino?Il libro di uno scrittore che non è famoso ma lo diventerà: Kil-lericamenteVostro. L’ultimo libro che ho letto è Harry Potter e la Pietra Filosofale, per il contest del Club del Libro. Il prossimo che leggerò è Il Barone Rampante di Italo Calvino, sempre per quel contest. I libri sotto il mio comodino sono quelli di Analisi II e i Racconti di Edgar Allan Poe.

9) Cosa pensi dei diritti delle coppie gay?I gay, prima di essere cittadini sono persone, quindi penso che le discriminazioni non debbano esistere. L’unico problema sorge quando ci sono le adozioni, in quanto un bambino si può trovare in una situazione inusuale rispetto a quella degli altri. In ogni caso queste sono possibilità che non sono ancora del tutto speri-mentate in modo frequente, quindi non possiamo sapere il risul-tato effettivo quale sia.

10) Cosa vuoi dire al mondo?Aprite gli occhi, perché a chiuderli non ci vuole niente. Le delu-sioni arrivano, spesso da chi ci sta più vicino ma ci sono anche i momenti felici. Non bisogna farsi influenzare dagli altri ma nemmeno troppo da noi stessi. Ultimo consiglio è di spegnere la TV ed aprire un buon libro.

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a cura di el_maxo

Esegesi del cambiamento:la libertà

Anche se libero per definizione o meglio ambizione, l’essere umano, ontologicamente, non gode di questo attributo.Dimostrare quanto esposto perlustrando la realtà che circon-da il singolo, come sineddoche di un intero genere, sarebbe così prolisso da risultare infine assolutamente infruttuoso: se stiamo indagando l’uomo, e quindi non lo conosciamo come dato certo, quante possibilità abbiamo di considerare la realtà esterna come assunto determinato?Bisogna osservare l’uomo, e ricercare in lui l’elemento coer-citivo che nega o meglio osteggia il pieno godimento della li-bertà. Detto, fatto: l’uomo è schiavo di se stesso.“Senza pregiudizi non v’è possibilità di conoscenza” (Kant), oppure “fasci percettivi incrociati in un unico punto” (Hume) o meglio ancora “la volontà di potenza” (Nietzsche)… bla bla bla. Non ancoriamoci a nulla di già detto, lasciamoci il gusto di esplorare.L’uomo è schiavo di se stesso, perché? Il limite della corporeità? La socialità come vincolo? L’ “occhio che tutto vede tranne se stesso”? Acqua signori,

siamo in alto mare.In prima battuta l’uomo è schiavo di se stesso perché definisce, parcellizza e utilizza il tempo come prima categoria conoscitiva ma egli stesso non lo possiede affatto.Si pensi a ciò: non abbiamo una definizione esplicativa di tem-po, non possiamo controllarlo ma solo sentirlo come durata e subirlo come “ripetizione di istanti diversi per contenuti”. Nulla più.Osteggiare l’idea di tempo come entità a se stante e ricondurla nella sfera delle possibili proprietà umane sarebbe il primo vero momento di libertà dell’uomo.Ora sicuramente state pensando: vinco il tempo, ottengo la libertà?Quindi potremmo ottenere qualcosa di godibile da qualcosa che non possediamo?Scusandomi d’aver banalizzato i vostri contorti pensieri in poche parole, vi rispondo per le “rime”: no!“Occorre dell’oro per farne dell’altro” come a dire “occorre il tempo per fare la libertà”.Niente tempo, niente libertà.

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Se vi state perdendo, vi chiedo fiducia: assecondatemi. In cambio proverò ad essere più chiaro.Non otteniamo la LIBERTÀ riappropriandoci del tempo, ma la otteniamo nell’unico istante, atomico ed indivisibile, in cui sconfiggiamo il tempo. Se però la vittoria è istantanea per durata, la libertà ottenuta ha la stessa fugace ed effimera proprietà.Vinciamo un istante, e in quel semplice istante siamo liberi, appena ce ne accorgiamo l’istante è finito: il tempo ci ri-sommerge, affogandoci.Come definire allora questa vittoria? In cosa consiste “il vincere”, in parole povere? Come si interrompe, per un istante, il flusso del tempo determinato? Risposta: determinando-lo!Determiniamo il tempo semplicemente scegliendo-lo, e la scelta è la matrice del cambiamento, così come è sintomo di libertà.Possiamo pur subire il tempo, nell’atto pratico “subire una si-tuazione” ma imponendo il marchio della scelta, e scegliendo di continuare a subirla, pur se superficialmente non cambiamo nulla nell’intimo tutto è differente. Siamo liberi, e siamo stati liberi di decidere. Tutto è cambiato, il tempo è stato spezzato e ci possiamo fregiare della libertà. Bisogna cambiare [in] ogni istante, ed esser liberi [in] ogni istante.Ma, il cambiamento non indica necessariamente una svolta epocale. Una rivoluzione avvertita solitamente simula il cam-biamento pur non apportandolo: “bisogna che tutto cambi per non cambiare niente”, disse Giuseppe Tomasi di Lampe-dusa nel Gattopardo. E aveva ragione! Cambiare tutto significa mutare la realtà, mutare ciò che all’uomo è esterno. Mentre un vero cambiamento si riflette sull’esterno, ma scarica la sua efficacia sull’intimo, sul sentito ma non dimostrato, sull’interno per banalizzare.Ci avviamo alla conclusione, tenete duro!

Un’ultima cosina prima di smettere di tediarvi: se è vero che siamo gettati nel tempo, questo vuol dire che come “genere” l’essere umano, al fine di questo discorso, è inutile. Perché?Perché il genere umano in quanto tale abbraccia un tempo troppo lungo e celato per poter essere definito. La rivoluzione sta al e soprattutto nel singolo. Il singolo vive il tempo come istanti, il genere non potrebbe perché non esperisce mai come un solo soggetto. Il singolo può uscire dal tempo, con la morte; mentre la dipartita dell’intero genere umano è impensabile ai limiti dell’apocalittico. Il singolo è la causa, ed egli stesso ne è l’effetto nei modi propri sia della causa che dell’effetto.Il genere non è libero, è moltitudine; il singolo può ambire alla libertà, conquistandola.Conclusione, pazientate un attimo.Abbiamo precisato che solo il singolo può impor-si il cambia-mento. Ma perché questo sia concreto è necessario che non sia considerato incommensurabile o irripetibile, per il semplice fatto che, banalizzando, queste due attribuzioni nulla hanno a che fare col valore assoluto dell’atto ma indicano un rapporto di questo con altri eguali.Per essere autentico, il cambiamento deve risultare impreve-dibile.Potessimo essere imprevedibili anche a noi stessi, saremmo realmente liberi, indefinitamente.Non riuscendoci, ci resta solo lo streben. Farsi domande non è sbagliato, ma, come in questo caso, siamo colpevoli di poter pervenire a risposte. Perché, di solito, queste non sono mai come ce le aspettavamo, perché siamo effettivamente imprevedibili.Ora: se mi hai capito, ringraziami; ti ho appena donato un istante di libertà.Ti direi: “fanne buon uso” ma l’istante è tuo e … spiacente, è già terminato da un pezzo.

“Non otteniamo la LIBERTÀ riappropriandoci del tempo, ma la otteniamo nell’unico istante, atomico ed indivisibile, in cui sconfiggiamo il tempo.”

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a cura di kado92

Kadodalla vignetta

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a cura di Profeta Hyena [Bot]

FUUUUU

“FFFUUUUUUUUUU” ~Utente qualunque dopo la chiusura di MU

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L’espressione FUUUUU è la più tipica espressione assunta al-meno una volta da ogni persona della Terra. Al pubblico è sta-ta presentata come un disegno fatto con paint da un ubriaco, in cui sembrerebbe di vedere un uovo che impreca.Le due lettere F-U non sono nient’altro che le iniziali delle pa-role della frase “Feci Unerrore”.

La storia è incerta ma gli archeologi hanno azzardato un pos-sibile punto d’origine: la Grecia.Feci Unerrore è difatti la traduzione di Fiat Ulysse e ciò con-fermerebbe almeno in parte l’ipotesi azzardata dagli studiosi.

La prima volta che il FUUUUU finì su un libro è merito di Omero, che la raccontò in un poema omerico, l’Eneide: è l’unico poema contenente due diversi personaggi, in due situazioni diverse ma con lo stesso epilogo, che fanno ricorso al FUUUUU.Il primo a concepire la smorfia fu Achille, un istante dopo essere stato colpito da Paride nel suo unico punto vulnerabile;il secondo fu il re di Troia, Pappone, subito dopo essersi ac-corto che il cavallo donatogli dai greci era un po’ come la spogliarellista che esce dalla torta del festeggiato. Ma non era una spogliarellista.

Altri personaggi celebri che hanno voluto emulare i già citati personaggi mitologici nel momento delle loro disfatte clamo-rose sono i seguenti:• Napoleone nella battaglia di Waterloo;

• Vittorio Emanuele dopo il referendum del 1946;• Adamo quando Eva ha preso il frutto proibito;• Cristoforo Colombo appena si è accorto di non aver provato la sfericità della Terra;• il cane Pippo, dopo aver sentito l’inizio della battuta “Se Topolino si fa le topoline...”;• Jigglypuff quando ha scoperto che Justin Bieber gli ruba le canzoni.

C’è infine una seconda teoria sul FUUUUU, di matrice scoz-zese.Secondo Max McDonald (1463-1502), era di origine celtica ma non riuscì mai a spiegare i motivi perché fu vittima di un attentato proprio mentre stava rendendo pubbliche le sue ricerche; ecco quanto disse prima di essere ucciso:«Mare, monti e canie la giustizia?No fratelli, noi diremo siperché...»

Quello fu il suo ultimo “perché”. Se ne andò proprio mentre parlava di ciò che amava di più nella sua vita, il FUUUUU, e nemmeno la morte gli impedì di spegnersi con l’espressione FUUUUU stampata sul volto.

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a cura di Mr. T

Seriously is only wordDomande varie a persone casuali.

-Signor Ginko, pensa che riuscirà mai a catturare il ladro più inafferrabile della storia?-Quel fottutissimo pischello ne sa una più del diavolo, è im-prevedibile, conosce mille trucchetti, è capace di travestirsi in maniera eccezionale, calcola ogni imprevisto ed ha sempre una via di fuga, ha ottimi collaboratori e dopo un colpo non lascia indizi.-Cosa farà nel momento che lo catturerà?-Mi sembra ovvio: gli chiederò un autografo!

-Tex Willer, crede che il suo popolo di Navajos riuscirà ad andare d’accordo con i pirati?- Ne sono convinto. Se così non fosse i miei pugni riusciranno a farli ragionare. In fondo quale miglior modo per argomen-tare se non una tesi forgiata delle proprie mani e dai propri fucili?

-Cos’è secondo lei l’amore, signorina Wonder Woman?-L’ amore è ciò di più delizioso possa esistere, quasi al pari del-la cioccolata. Son contenta quando guardo coppie felici che si tengono per mano. Solo che per me vivere l’amore è difficile… questi uomini sono troppo fragili. Non riesco a contenere la mia forza, soprattutto quando sono passionale e perdo ogni controllo: nelle migliori delle ipotesi il letto finisce per rom-persi mentre le altre sono gli uomini a vedersela male.

Infatti, a seconda della posizione, l’uomo finisce per rompersi una gamba, il bacino, una volta persino il… si, ha capito bene. Così finisce che sono sempre sola…

A questo punto Wonder ammicca vistosamente, prontamente decido di fuggire verso un luogo tranquillo, sesso sì… ma sicuro!

-Tutti siamo a conoscenza delle sue avventure, ce ne racconti qualcuna, Hamtaro?-…

-Lanterna Verde, quali sono le difficoltà del suo mestiere?-Sicuramente arrivare a fine mese… la bolletta dell’Enel è sempre così elevata…

-Batman, perché ispirarsi ad un pipistrello?-Per combattere la paura devi diventare paura, devi bearti delle paure degli altri.-Quindi nella Batcaverna non ci sono specchi perché veden-dosi si spaventerebbe?-Ehm… mi ha sgamato!

Secondo lei com’è andata questa intervista?

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Rebusa cura di Profeta Hyena [Bot]

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Copertine fronte/retro a cura di Kazekage-SamaImmagini pubblicitarie a cura di funny rève

Impaginazione e layout a cura di Shiva Dreams D’Azur