Jacopo Lorenzellf: Intorno al medesimo tavolo Abramo ... · nell'occasione per la sua competenza in...

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Jacopo Lorenzellf: Intorno al medesimo tavolo Abramo Bugini, invitato

nell'occasione per la sua competenza in campo architettonico, e Alberto

Vera che ha selezionato con me il materiale ora in discussione, diverso per

epoca di realizzazione e per funzione, ma assimilabile nel titolo Tram

menti di architettura con cui si e voluto ricordare in guesta esposizione

quella sezione della collezione antica dedicata in generale alla scultura e

alla plastica.

Introduttivamente mi sembra opportuno ricordare la fisionomia dei

reperti che costituiscono il nostro percorso nel tempo. Il primo esempio e

un capitello di manifattura longobarda dell'Alto Lazio, riferibile al IX X

secolo, decorato roti una croce centrale e racemi vegetali. La seconda

tappa e costituita da tre predelle provenienti da Genova, realizzate tra la

meta e la fine del XIII secolo, precedentemente nella collezione Bardini di

Firenze prima della sua parziale vendita. Le foto dell'allestimento curato

dal proprietario e pubblicate sul catalogo della collezione del 1889 ne

testimoniano la presenza accanto a altri esemplari che costituivano un ori

ginale decor della Genova medioevale.

Il terzo documento e un "Cristo benedicente di produzione del Veneto

di terra riferibile al XIV secolo, in pietra: si tratta sicuramente di un frani

mento di decorazione architettonica, una cuspide per esterno con tutta

p r o b a b i l i t à , dal momento che si notano tracce d'erosione e il punto di

vista da cui occorre guardare il frammento e quello basso-alto.

Abramo Bugini: Se e veramente un terminale di guglia, dovrebbe avere

alla base la sede per lo spinotto e il piombo necessari a connetterlo e a sal­

darlo alla parte sottostante.

Lorenzelli: In effetti sono presenti sia le due sedi di incastro sia il piombo.

Il quarto oggetto e una mensolina raffigurante un "Cristo in p i e t à " .

Dalla decorazione floreale e dal tipo di marmo la sua manifattura p u ò

essere indicata nell'area milanese, vicino alla fabbrica della Basilica di S.

Ambrogio alla seconda meta del XV secolo. Anche in questo caso la colloca­

zione particolare risulta vincolante per una corretta lettura del pezzo.

Il quinto oggetto e un frammento d'altare raffigurante un angelo in

preghiera attribuito inizialmente dalla critica all area toscana, nel pieno

Quattrocento: successivamente e stato avvicinato invece alla produzione

lombarda nell ambito arnodeiano: si notano ancora tracce di doratura

nella capigliatura.

Bugini Non ti sembra anche un po' entro l'influenza dei Pisano e di Jacopo della Quercia?

Lorenzelli: L espressione del viso e la postura del corpo mi sembra denun

rino p iù rhiaramente una origine lombarda, sauramente a conoscenza

della Fonte Gaia di Jacopo della Quercia. Ma il riferimento alla congiuntura

amodeiana e per me la p i ù convincente.

Bugini: L Amadeo ha un modellato p iù secco, questo ha invece una morbi

dezza e il senso della massa che sono riconducibili ai Pisano, anche per il

movimento.

Lorenzelli: Il variare delle attribuzioni non sposta comunque la congiuntu

ra in cui il nostro oggetto e stato realizzato, caratterizzata da una cultura

aperta, internazionale una volta superata la fase "locale" delle scuole.

Vi sono ancora due mensole reggicolonna di origine occitanica, una

raffigurante un personaggio che suona la cornamusa e l'altra invece un

animale fantastico, attribuibili alla fine del XIII, inizi del XIV secolo, il cui

vincolo all'architettura mi sembra assolutamente evidente.

Abbiamo infine una formella con decorazioni dorate precedentemente

attribuita a Giacomo fozzarelli mentre invece si tratta di una produzione

dell officina del duomo senese: era un pannello decorativo della parte

interna.

fon questo documento si conclude questa breve illustrazione introdut

tiva e vorrei chiarire che trovo originale, in un catalogo d'arte, discutere

sul materiale non tanto dal punto di vista dell'attribuzione, che e impor­

tante ma non decisiva all 'occasione, quanto dal punto di vista della funzio­

ne che originalmente questi pezzi avevano: ecco la presenza di un archi

tetto, che studia e si occupa principalmente della funzione e del decoro.

Diversamente, per I e t e r o g e n e i t à dei materiali, avrei dovuto chiedere a

diversi esperti uno specifico intervento, rompendo quella unita che invece

in complesso del materiale presenta. Il comune denominatore fra i diversi

pezzi e il "punto di vista" dell'architetto, che p u ò leggere quanto uno sto­

rico della scultura p u ò invece considerare non interessante, o ininfluente.

Bugini: E' con piacere che metto a disposizione la mia esperienza d'archi­

tetto per individuare il "luogo'' di nascita di queste pietre. Per me, senza

dubbio, esso appartiene al "territorio dell'architettura'.

Tutto questo materiale lo assegneresti alla sfera dell architettura o a

guella della scultura?

Lorenzelli: I documenti presenti sono da leggere come sculture, questo e

innegabile: pero fanno parte anche dell'architettura. Puntare l'attenzione

sulla parte "mancante" e il compito del nostro colloguio.

Bugini: Per capire queste pietre bisogna possedere una chiave di lettura.

Se il loro specifico e l'architettura, te le spieghi secondo la logica del fare

architettura in tutte le sue articolazioni. L'architettura non e detto che sia

solo ciò che si realizza con la concezione dei muri e nel mettere insieme

colonne e architravi. A volte essa assume aspetti formali i cui passaggi

risultano cosi trascendenti da sfiorare il confine con il mondo della scultura.

Queste pietre appartengono al "territorio dell'architettura" anche se

44 vedi qui modellata una figura; la Cariatide dell ' Ireneo, convenzionalmen

te scultura, nel suo specifico e architettura, lo credo che valga la pena di

chiarire c iò perche, se chiaro, potremo comprendere puntualmente il

significato delle nostre pietre, diversamente resteranno dei misteri.

Se questi sono, come sono, pezzi d'architettura, mostrano anche

aspetti poco esplorati dalla critica e sperimentati dalla nostra cultura

architettonica che da tempo ha privilegiato articolazioni povere e trascu­

rato di proposito quelle p iù liriche e ricche dell esperienza p i ù classica; c iò

spiega anche la loro attuale non facile comprensione.

Lorenzelli: L architettura spesso e stata vista come cornice contenitrice

per guesti oggetti e non come opera d'arte intimamente connessa con il

suo decor che ne e parte integrante e complementare.

Bugini: A guesto punto sfiori un altro problema grosso che riguarda la con

cezione dell'architettura come arte madre.

Alberto Veca: Mi sembra opportuno inserire il discorso che stiamo facendo

all'interno della storia della collezione dei "frammenti di architettura'' e

non di quella della scultura" vera e propria, che e altro problema, per

natura e apprezzamento dei materiali raccolti. Iosa mina dovete la frase

che legittima le prime raccolte di frammenti architettonici nell universo

della raccolta della c l a s s i c i t à nella congiuntura umanistico rinascimentale

italiana. La chiave principale, costante nella collezione qualsivoglia mate

riale. e quello della memoria, della conservazione, del recupero in senso

archeologico, dello scavo di quanto e stato conservato fino a allora dal

suolo patrio " e che la c u r i o s i t à e l'amore dell'uomo contemporaneo por

tano alla luce.

Se oltretutto osserviamo il materiale che abbiamo davanti agli occhi

bisogna aggiunqere o sostituire alla memoria della c l a s s i c i t à un passato

p i ù vicino e consueto, maggiormente connesso, un frammento reso tale

dalla distruzione che lo stesso uomo ha messo in atto del tessuto umano

della citta. Non tanto fenomeni naturali, o bellici, guanto la trasformazio

ne della citta da medioevale a moderna nella congiuntura ottocentesca,

da guella borghese a quella industriale, ha prodotto le "macerie del pas­

sato' e la loro rielezione nell ambito della collezione a opera di collezioni

sti magari protagonisti e responsabili dello scempio urbanistico di cui

sopra. Non a caso il museo Bardmi che e stato prima ritato, raccoglie que

sti frammenti in base al cambiamento della citta nella seconda meta

dell Ottocento da artigiana, articolata su un centro ricco di chiese, di con

venti e di un tessuto abitativo fortemente aggregato, a industriale.

Nella distruzione di questo tessuto storico della citta medioevale citta

stato dei secoli passat i , nasce questo sentimento della collezione dei

frammenti di architettura.

Due allora le indicazioni possibili che provengono dalle raccolte, una

legata al valore normativo che il frammento p u ò avere ali oggi e siamo

nella congiuntura rinascimentale -, una invece legata alla v o l o n t à di man

tenere in vita tracce di un passato altrimenti cancellati . In ogni caso e

comunque un esercizio della memoria.

Questi punti permettono in gualche modo se non di rispondere almeno

di chiarire secondo me il guesito iniziale che e stato posto, c i o è guello di

"come leggere" questi documenti, dal momento che mi sembra assoluta­

mente da escludere una lettura estet ica" dell'oggetto, in guanto tale,

senza prenderne in considerazione la funzione e pertanto, data la loro

natura, la col locazione. Mi rendo conto comunque che la poetica del

"frammento ha storicamente una sua forte suggestione: mi riferisco

ali inclinazione per il rovinismo" e alla stessa congiuntura romantica, al

fascino che il frammento, nella capacita di suscitare emozioni e sugge

sfiorii nel completarlo o nel connetterlo al lutto, può produrre.

Mi sembra pero che. sia pure sottostante, guesto atteggiamento non

sia guello da vitalizzare in questa occasione: la funzione, la collocazione,

la distanza di lettura del frammento determinano la forma nello spazio,

determinano la grandezza, le proporzioni e la figurazione dei nostri ogget­

ti: solamente rimettendoli, o pensandoli , in una ipotetica sede idonea

possiamo averne una lettura privilegiata.

Una soluzione possibile al problema e quando, alla fine del tuo Inter­

vento, accennavi alla necessita di interrogarsi su cosa sia architettura;

aggiungerei su cosa e architettura e cosa decor, un tema assolutamente

scottante oggi e certamente assolutamente risolto nelle epoche in cui

questi oggetti sono stati realizzati. Vorrei dire che la loro "lezione ' sia in

assoluta opposizione rispetto alla polemica moderna e contemporanea fra

" e s s e n z i a l i t à " e decorazione in architettura, in una lettura assolutamente

riduttiva del secondo termine, un orpello grazioso' per la massa dell'edi­

ficio, che invece e portante. E il discorso p u ò ribaltarsi. Ma affronterei gue­

sto aspetto in un secondo momento: credo che sia p i ù opportuno tornare

ai nostri oggetti in cui la soluzione funzionale e la soluzione scultorea mi

sembra producano, come nelle tre formelle genovesi g i à citate, effetti

plastici e percettivi straordinariamente variati e ricchi. Mi sembra che sia

un caso in cui l'ornato superi un ruolo squisitamente riempitivo.

Bugini: Il discorso che hai fatto, e una buona base per procedere con la

nostra esplorazione.

Se questi valori li consideri come recupero della memoria, puoi inten

dere che essi rievochino, oltre al significato, la loro origine; con c iò recu­

peri anche la memoria del processo architettonico che li ha generati: e in

effetti, la loro definizione di momenti di architettura, nonostante si espri­

mano secondo le m o d a l i t à plastiche della scultura.

Infatti queste forme, questi ritmi, questo riguadro con al centro guesta

rosetta luminosa ospite di un magnifico spazio concavo che la esalta. . . - in

sostanza questi temi, sottomultipli geometrici dell'architettura - rivelano

146 la loro matrice, il loro specifico, il luogo della loro nascita per ascrivere

tutto no puntualmente all'universo dell architettura.

Senza queste radici la memoria e feticismo: nello scoprire la loro scatu

rigine, scopri il mondo che li riconnette e li integra correttamente.

Ricostruire o recuperare i meccanismi del fenomeno che ha generato

questi frammenti di architettura e fondamentale.

Il movimento moderno ha volutamente rimosso dalla propria esperienza

ciò che tu hai chiamato ornato squisitamente riempitivo " perche ritenuto

orpello e maschera atti a nascondere il vuoto di concetto architettonico.

I moderni hanno bandito la decorazione in relazione ad un preciso

momento dell esperienza storica dell'architettura, ma non per sempre.

La sua ricomparsa sarebbe stata non p i ù per essere mascherata ma

c o n t i n u i t à articolata del discorso architettonico.

Prendiamo ad esempio questo frammento raffigurante il Padre Eterno, ter­

minale architettonico di una guglia.

Quale migliore terminale poteva concludere un concetto architettonico

p i ù puntualmente di guesto?

Poteva risolversi con una sfera; per esempio i classici l'avrebbero scel

ta al suo posto.

II mistero della sfera umanamente riporta al mistero del Padre Eterno e,

per il nodo architettonico della dissolvenza, risulta in pratica indifferente.

L'effetto da ottenere e, dopotutto, quello di dissolvere la consistenza

della guglia nel mistero dello spazio infinito o, viceversa, di condensare

l'essenza dello spazio infinito nella materia della guglia per la cattedrale,

no"?

Non e questo un discorso di architettura?

Veca: Mi sembra importante la precisazione che è stata fatta sul concetto

di memoria perche ve ne sono due tipi: una memoria dell'Accademia, del

modello vincolante, del gesso che riempie le cantine delle Accademie,

fino a pochi anni orsono dimenticato e ora di nuovo in auge e una memo­

ria d'elezione, realizzata con l'occhio e l ' intell igenza di cui si parlava

prima.

Il problema della tradizione, della memoria, diventa fondante una

volta che perda il carattere normativo, obbligante, perda il suo ruolo di

modello da replicare per acquistare quello della liberta, appunto dell'ele­

zione. Il citato contrasto fra Loos e Olbrich, radicale e forte nei suoi termi

ni, appartiene ad una determinata congiuntura e non p u ò essere reiterato

in modo manicheo. Nella Vienna di fine secolo la polemica e assolutamen­

te produttiva: perpetrarla mi sembra lo sia molto meno.

L'estremizzazione del decoro di un Olbrich e la c l a s s i c i t à di Loos sono

momenti radicali di un interesse assolutamente straordinario ancora oggi,

nel momento in cui li si interpreti con I intelligenza eletta ' cui prima si

faceva riferimento. I nostri documenti scultorei sono invece lontani"' nel

tempo e nel modo con cui sono stati concepiti: guesto forse ci permette

una lettura p iù ampia e libera, meno complicata dai riflessi sull'oggi.

Mi sembra allora importante cogliere l'aspetto della capacita "figurati

va" che I architettura può esprimere in gueste pietre, connesse e necessa­

rie all'edificio e alla sua intelligenza; una f i g u r a t i v i t à che p u ò assumere

come soggetto indifferentemente la sfera dell 'oggetto art i f iciale, la

croce, all'universo del vegetale e dell'animale, in una sostanziale conti

T i e connessione. La decorazione da questo punto di vista ripete nel

medesimo edificio la t o t a l i t à dei mondi che l'uomo conosce, frequenta o

immagina nella propria testa: un luogo quest'ultimo di assoluto fascino

ma anche di grande distanza rispetto alla nostra s e n s i b i l i t à e modo di p rò

durre artefatti.

Lorenzelli: Mi pongo allora il quesito del senso" della decorazione, c i o è di

quale relazione esiste fra figure scolpite e l'edificio che le accoglie.

Bugini: Gli interrogativi che ci stiamo ponendo meritano grande riflessione

e quindi una constatazione che potrebbe anche essere una risposta ad

Alberto: le nostre pietre sono sostanzialmente frammenti di architettura!

Il loro specifico, c i o è l'universo dellarchitettura, "e capace di assoni

mare dal punto di vista iconografico, la t o t a l i t à del loro universo".

Non tutti i fatti decorativi appartengono allo specifico dell'architettura

come per esempio quelli che risultano "come ornato squisitamente riem­

pitivo".

E questo non si riscontra nei pezzi che stiamo analiticamente considerando.

Forse e necessario affermare che bisogna superare l'idea stereotipa

dell architettura.

Essa non e sempre tutto c iò che si presenta in termini di geometria:

quadrato, cerchio, cubo o sfera.

A volte si esprime anche attraverso forme inconsuete, lontane dalla geo­

metria.

Non dobbiamo pensarla riferita a modelli fissi o convenzionali. Allar­

ghiamo invece l'orizzonte del "territorio dell'architettura".

V a l é r y nell'Eupalfnos afferma che ci sono muri rhe sono muti, muri che

parlano e muri che cantano.

Il diverso modo di essere di questi muri dipende dalla carica espressiva

loro conferita. Un muro muto e solamente un fatto edilizio mentre un muro

che parla o canta, comunica e si specifica naturalmente come architettura.

E per dire inoltre, con la testimonianza di Fedro, sempre neìì'Eupalinos

di V a l é r y , a proposito del Tempietto edificato per Ermes, che lo stesso era

per l'immagine matematica di una ragazza di Corinto che I autore aveva

amato.

Lorenzelli: Non riesco a capire se e I architettura a inserirsi nel contesto

naturale o la natura la parte funzionale che deve essere modificata per

diventare architettura.

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Bugini: [architettura e un fatto artificiale.

La natura" viene nel caso specifico modellata e rifinalizzata creativa

mente, in pratica soggetta a un nuovo ordine, disegno o progetto da parte

dell architetto.

Lorenzelli: Si potrebbe discutere se i nostri oggetti appartengono ali uni­

verso della decorazione" o a guello della "comunicazione", trasmettano

c ioè informazioni.

Bugini: Sono certamente comunicazioni visive e come dissi al l ' inizio,

risultano elementi del linguaggio comunicativo dell'architettura, sicura­

mente per nulla "decoro inteso nel senso squisitamente riempitivo" come

considerato criticamente in precedenza da Alberto.

E' da ammettere che il significato di queste pietre non e facile da com­

prendere nella sua g l o b a l i t à e compiutezza.

Come frammenti portano con se il "mistero" dei contesti originali dai guali

provengono.

La chiave di lettura sta nel conoscere il loro contesto specifico, sco­

prendolo, come la faccia invisibile della luna, per renderci conto della loro

totale e n t i t à .

Se mi riporto al saggio di Lewis Mumfort dal tema "La storia dell'Uto­

pia", guesti frammenti risultano simili ai momenti di crescita di una citta,

che. diversi fra loro e quasi mai completi, si spiegano solo se si integrano

in astratto, con la parte non realizzata derivandola dall'utopia che ha inne­

scato il processo della loro nascita e incompleta realizzazione.

Per spiegare questi frammenti e a l t r e s ì necessario conoscere la loro

utopia: integrarli con la ragione della nascita e disegno, perche risultino

comprensibili.

Lorenzelli: Rimane il nodo cruciale dal come leggere le nostre pietre, a se

stanti, come sculture, o nelle immaginate o presumibili connessioni con

l'edificio.

Bugini: Considerarle fine a se stesse e a mio avviso solo un vago piacere,

caro ai romantici per il "mistero ", e caro ai cultori di feticci per la nebbia"

che avvolge i frammenti d'arte in genere.

Questa formella, con la rosetta al centro, e un "concetto spaziale " allo

stesso modo del taglio nei quadri di Fontana, a prescindere dalle m o d a l i t à

con cui viene reso.

Se la penso poi. come e puntua lmente p e n s a b i l e , un momento

dell articolazione spaziale dell architettura ad esempio di una cattedrale,

mi si colloca ali interno di un processo creativo, p iù esteso, generale e

complesso, da far impallidire il gesto di Fontana ridurendolo ad elementa­

re sperimentazione virtuosistira da laboratorio o salotto.

Veca: Il problema posto da À b r a m o e nevralgico, se teniamo presente che

noi abbiamo messo Insieme, collezionalo, documenti il cut ventaglio coni

positivo copre grosso modo tre secoli di esperienza plastica e architettoni

ca. Mi sembra inutile affrontare eventuali letture "per differenze" fra i

diversi document i , magari su un tema, per altro in teressante ma in

guest occasione fuorviatile, dal modo con cui la figura umana viene rela

ztonata al fondo.

Diversamente trovo centrale nel nostro discorso la riflessione compiuta

da E. H. Gombrich nel suo II senso dell ordine quando affronta, rileggendo

letteratura e documenti, il tema decoro non inteso come accessorio o

orpello riempitivo, quanto come vero e proprio sistema comunicativo e

narrativo.

Nel caso dei nostri oggetti, in modo p iù o meno determinante, il decoro

diventa assolutamente produttivo, costituisce una vincolare corrisponden­

za fra dimensione architettonica e dimensione decorativa in guanto l'ele­

mento architettonico diventa "figurato .

Mi chiedo sovente la funzione, p i ù radicalmente la necessita storica

della figurazione, p i ù in genere della narrazione che evidentemente e pre­

sente anche nelle culture che non ammettono la presenza della figura

umana nelle arti plastiche.

Sintetizzando guanto g i à rilevato da Abramo, possiamo dire che nel

caso di questi frammenti di architettura figurali un aspetto determinante e

quello di stabilire come lo scultore abbia utilizzato una specifica forma

plastica funzionale lil capitello, la mensola! o decorativa Ila guglia! per

piegarla alla sua v o l o n t à rappresentativa; come c i o è la figura, umana o

vegetale che sia, si adegui al volume dato, alle sue coordinate funzionali.

Sull'adeguamento a tale vincolo, nella sua reinvenzione fra funzione e

decoro, quindi sul confronto di questi due problemi, si gioca una parte

rilevante per la comprensione del materiale.

In guesto senso la dimensione narrativa e funzionalmente legata a

quella architettonica perche l'edificio stesso e luogo di uno svolgimento,

di un viaggio, di un tempo precedente quello dell' ingresso, di un tempo

successivo che e quello dello stazionamento all'interno dell 'edificio e

della sua perlustrazione per aggiungere alla stanza, a un metaforico cen­

tro, e un tempo ulteriore, che e guello dell 'uscita, di nuovo ma diversa

mente all'esterno. E ancora, l'edificio parla di terra e di cielo, di basso e

alto, di tangibile e di visibile: universi intriganti in modo particolare fisio­

nomia dei nostri oggetti in mostra. Credo comunque che gualungue archi

tettura, anche quella la ica, conosca un analogo passaggio fra terra e

cielo, una esperienza umana indipendente dall'iconografia religiosa dei

frammenti di architettura collezionati.

Mi sembra interessante la rispondenza che si p u ò trovare fra il racconto

dell'architettura e guello della decorazione: non esiste dissociazione ma

una medesima intenzione costruttiva. E il ragionamento p u ò essere fatto

anche in senso diacronico, quando il desiderio di "r idisegno" barocco

aggrediti e I editino medioevale, con buona pace delle invenzioni otto­

centesche e dei restauri anni Cinquanta che tendevano a riportare il monu­

mento a una sua primitiva , quasi edenica v e r i t à non cogliendo la "sto­

ria" dell'edificio e del decoro come assolutamente connessa.

Una architettura e un organismo soggetto nella storia a una evoluzione

che. quando non ne stravolge la fisionomia, si arricchisce della valutazio­

ne e dell interpretazione che ne vengono in epoche successive formulate.

Una lettura dell oggi deve prendere atto di queste vicissitudini che costi

t m s i i n n i lo spessore, la ricchezza e la stessa v i t a l i t à dell'edificio. Quella

del riportare I architettura al suo disegno "originale'' e un'ipotesi "edeni­

ca" , di scarso peso quando si pensi che la storia dell'architettura e fatta

per necessita di materiali spesso non originali, di riutilizzi, di adattamenti

tanto nelle strutture quanto negli strumenti concreti che paradossalmen

te, guando estranei alla costruzione, costituiscono una forma incoerente

ma significativa di collezione.

Un esempio "stravagante' di decoro, tanto per cogliere la traccia di

"vissuto " che costruire comporta, e costituito dall'uso lombardo in San

Pietro in Ciel d'oro a Pavia, S. Agnese a Lodi, nell'Abbazia di Morimondo, di

incastonare nelle facciate a capanna delle chiese vasel lame is lamico,

memoria del viaggio in Palestina: se si riesce a cogliere anche guesto

aspetto, quello dì una m e n t a l i t à che riutilizza e adatta un materiale cosi

stravagante, appartenente alla sfera dell 'esperienza individuale, in un

contesto come la Basilica della propria terra d'origine, risulta p i ù facile

cogliere il senso dell'inserimento nel decoro di elementi così diversificati,

dalla voluta vegetale alla presenza animale, reale o fantastico, dell'uomo.

Il senso che guesta figurazione svolge è una forte v o l o n t à di "presenta

zione dell'universo concentrato nelle facce dell'edificio: è la stessa forza

con cui Petrarca parla di "forma vera" per indicare il volto della donna

amata nelle sembianze delle altre donne: in sintesi decoro come immagi­

ne dell esistere e del suo desiderio.

Bugini: L'architettura si esprime in prevalenza attraverso forme astratte e

quindi la sfera sarebbe stata il giusto terminale della guglia: ma guesto

terminale nelle sembianze del Padre Eterno, surroga la sfera.

La sfera e l'astrazione del Padre Eterno.

Tante volte. I architettura passa dall'astratto al figurativo e prende a

prestito valori figurativi per affermare la stessa cosa.

Non dobbiamo lasciarci ingannare ascrivendo all'universo della scultu­

ra tutto ciò che e figurativo e viceversa all'architettura tutto ciò che risulta

astratto e affermare che l'essenza dei valori architettonici e indipendente

dalla configurazione che possono di volta in volta assumere.

Poi ci sono le interessanti considerazioni di Alberto a proposito dei

frammenti di architettura riportati sulle facciate delle chiese di Lodi e

Pavia, come memoria dei viaggi a Gerusalemme da parte dei pellegrini.

Sono contaminaz ion i che possono r isu l ta re a s s i m i l a t e o r iget tate

dall architettura che le ospita a seconda che la stessa risulti processo

aperto o chiuso.

Ci sono architetture classiche, bizantine e gotiche che sembrerebbero

escludere qualsiasi possibile contaminazione perche informate ad una

rigorosa intrinseca filosofia o teologia ma invece capaci di assorbirle per

che nate come processo aperto per concludersi mai; per sensibilizzarsi e

crescere con i gusti - scelte che mutano nel tempo.

Noi modern i a b b i a m o a c q u i s i t o c r i t i c a m e n t e ques to c o n c e t t o

dell architettura; ci siamo liberati per esperienza da una sua visione rigida

e immutabile per considerare positivamente le architetture - apparente­

mente non finite"- che invece hanno accumulato vari segni in tempi

diversi come apporto creativo della c o l l e t t i v i t à , come la facciata di S. Spiri­

to in via Pignolo.

L'effetto degli apporti creativi della c o l l e t t i v i t à nel tempo viene nor

malmente considerato dai formalisti espressione kitsch, di incoerenza sti

listica. esteticamente inaccettabile, salvo mutare gradualmente opinione

con il mutare della cultura e del gusto estetico della s o c i e t à .

Il "racconto dell'architettura" e il "racconto della decorazione" risulta

no tutt uno, non sono mai dissociati neanche guando si verificano in tempi

diversi, soprattutto se I organismo architettonico in cui si concretano e

organismo aperto all'apporto successivo, per muoversi con la cultura che

si evolve.

L architettura deve essere considerata per la sua capacita di attualiz­

zarsi nel tempo, c i o è , come tutte le opere d'arte, organismo vivente.

Ad esempio, il Partenone ha la capacita di farsi confermare continuamente

presso la s o c i e t à che muta; esso risulta una costante nel cammino della

storia!.

Santa Maria Maggiore, in Bergamo Alta, romanica, presenta nel suo

interno una correzione barocca; chi p u ò dire che la d i v e r s i t à stilistica e

anche rottura dell'unita dell organismo architettonico?

Ma un esempio mi viene in mente per sintetizzare la relazione fra archi

lettura e decorazione o meglio, fra i momenti interni alla manifestazione

dell'architettura che vanno, dalla massa volumetrica, agli spazi introversi

ed estroversi, alla struttura, ai ritmi dei valori formali espressi alle varie

scale, alle materie, al colore, al gioco delle vibrazioni luminose, alle meta­

morfosi delle forme... nell'arco che va dai momenti iniziali a quelli finali

del suo manifestarsi: il muro interno dei Propilei di ingresso all'Acropoli di

Atene.

Lo ricordo di pietre lisce, perfettamente squadrate; in ognuna al cen­

tro, in rilievo, una bugna piramidale.

Il sole e la parete erano alle mie spalle guel primo mattino e il mio interes­

se era principalmente rivolto al Partenone.

La magnificenza del Tempio di Ictinos mi aveva colmato di emozioni e per

52 normalizzare lo sconcertante rapporto venutosi a creare, volsi momenta-

neamente le spalle al Tempio.

Notai la parete del Propileo In controluce e le bugne nell ombra eviden­

ziavano il ritmo del tessuto murario decorandolo".

Quando, poco dopo, mi rivolsi per caso nuovamente alla parete dei Pro­

pilei, il sole aveva acceso le punte delle bugne.

Vidi la parete come risvegliarsi col variare del sole e le bugne illuminars

fino alla loro radice.

Quando anche il piano dal quale aggettavano fu illuminato, esse inco­

minciarono a proiettare la loro ombra sullo stesso e man mano che il sole

variava inclinazione, si accorciavano e rafforzavano di i n t e n s i t à .

Preso da incanto sarei stato fino a sera a osservare lo spettacolo d

quella parete che, in sintesi, rivelava l 'essenza dell'architettura.

E' sufficiente per spiegare che fra "il racconto dell'architettura" e "i

racconto della decorazione" non vi é dissociazione ma un tutt'uno?

E che in effetti", per riprendere la conclusione di Alberto, l'architettu­

ra, come ogni espressione artistica del resto, rivela sostanzialmente i

Veri" - come in Petrarca valori del senso dell 'esistenza?

Capitello Croce centrale e volute vegetali

Marmo

cm.25 x 30 x 30

Malia centrale, IX X secolo

Fra funzione e decorazione, il capitello

in arrhitettuta svolge il compito di "sno­

do" fra la colonna sottostante, dall'anda­

mento verticale e di base rotonda, e la

s e z i o n e quadrata d e l l a r c h i t r a v e o

dell'arco con il loro andamento "orizzon­

tale". Il suo ruolo consiste nel connettere

due dinamiche fortemente differenziale,

rendendo continuo" un passaggio figu­

rale altrimenti traumatico.

D a l l ' e r e d i t à c lassica e dalla lettura

particolare che ne viene fatta dall'imma­

ginario bizantino, capace di trasformare

in senso lineare la plastica greco roma

na, emerge la particolare interpretazione

"barbarica" della decorazione longobar

da, interessata a una invasione tigorale

della superficie ma nello stesso tempo,

come nel capitello illustrato, capace di

ordinare in modo simmetrico e euritmico

I alternarsi della croce al centro che si ri­

pete sulle quattro facce e del racemo ve­

getale bipartito, posto agli angoli del ca

lino, connettendosi ulteriormente con la

funzione architettonica.

155

Formella

fiorone centrale e fogliami

Marmo

cm. 34 x 34

Genova, fine XIII inizi XIV secolo

Lelt.: AA.V'V., Niveo de marmare, Genova

1992.

Formella

leone di San Marco entro fogliami

M a tm o

cm. 35 x 34

Genova, fine XIII inizi XIV secolo

Bibl.: F.Scalia. f.De Benedichs, Il museo

Bardim a firenze. Milano 1984. lav.X.

feti.: vedi didascalia precedente.

Formella

Becoraztone a fogliami

Marmo

cm. 34 x 34

Genova, fine XIII inizi XIV secolo

Leti.: vedi didascalia precedente.

Le formelle, originariamente disposte

a losanga, costituivano la decorazione

dei muri della Genova medioevale, sue

cessivamente sventrata dai piani urbani

stici dell'Ottocento. A partire da una for

ma perimetrale costante e nello sviluppo

lineare della superficie muraria, si alter­

nano animali simbolici e intrecci fra ve

gelale e artificiale di estrema v a r i e t à ,

che interpretano plasticamente figure a

andamento centrifugo, come la formella

con il leone evangelico o il fiorone, o cir­

colare, come nell'intreccio fra la corda e

le foghe della terza formella.

La letteratura più recente ha individua

to alcune officine e alcune fasi di lavora

zione di questi marmi, riferibili dai primi

decenni del XIII secolo ai primi del suc­

cessivo, con l'intervento di maestranze

cosmopolite, come poteva essere logico

in una citta come Genova, per vocazione

dedita allo scambio e al commercio.

159

Mensola r e g g ì c o l o n n a

Animale fantasltco alalo

Marmo

cm. 28 x 53.5x17

I unni,iitm ... fine XIII inizi XIV secolo

Mensola reggicolonna

Musicante con sfrumento a fiato

Marmo

cm. 27 x 42 x 36,5

Linguadoca, fine XIII inizi XIV secolo

Le due mensole occitaniche, eredi del

la grande decorazione in pietra delle rat

tedrali provenzali, riprendono il tema del

capitello svolgendolo nella soluzione

della s . M i n ululili.i: forzatamente lo svi

luppo della figurazione segue allora il se

micerchio in aggetto costituito nel caso

del suonatore di cornamusa dalla figura

centrale dell uomo, nell'altro dalla posi

zione frontale dell 'animale fantastico

con le ali spiegate a chiudere lateralmen­

te l'andamento della forma a ratino di

base.

In questo senso la seconda figurazione

risulta essere più aderente alla forma ori

Iginaria del l 'e lemento architettonico

mentre la prima mensola, nel gioco con

traslato di vuoti e pieni derivato dalla

compless i tà della figura, tende a adonta

••arsene, inventando una massa articola­

ta rispetto all'ingombro complessivo.

160

161

162

Guglia da esterno

Cristo benedicente

Pietra arenaria

rm. 3 2 x t 8 x l l

l'eneto. fine XIV secolo

La guglia per esterno e figura che con­

tinua, nel modo di costruzione gotico, la

struttura slessa dell'architettura basata

su nervature e costoloni portanti. A una

funzione squisitamente stat ica corri

sponde la soluzione plastica di c o n t i n u i t à

ascensionale, nella ricerca di una rarefa

zione del volume e di una eleganza che

trovano nel terminale figurato il loro sim

•>uli< o completamento.

Il percorso dal basso all'alto si traduce

in quello allusivo dalla terra al cielo, e i

Cristo benedicente risulta essere il termi

ne ultimo di tale tragitto, nell'inserimen

lo della figura umana in trono nel volume

funzionale del tronco di piramide.

163

Mensola

Cristo deposto

Marmo

rm. 25 x 20 x Ì 0

Milano, meta XV secolo

La funzione della mensola e quella di

sostegno per travi o cornici: la lettura

della decorazione, una ulteriore moltipli­

cazione dei segnali di pietas caratteristi­

ci della sens ib i l i tà tardomedioevale, de

ve pertanto essere condizionata alla par

T i to lare co l locaz ione del sogget to

nell'insieme architettonico.

L'anatomia, come d'altra parie la de

corazione vegetale che ne inquadra l'im­

pianto, segue docilmente la fisionomia

volumetrica del frammento, modellan­

done le parti con una padronanza della

plast ica, ormai acquisita competenza

dell immaginario umanistico.

Frammento d'altare

Angelo orante

Marmo con parziale doratura cm. 42 x 11.5 x 9 Lombardia, XV secolo

Dei frammenti di architettura collezio nati in questa occasione la piccola statua dell'angelo orante e guella che si presen­ta con il maggiore tasso di indipendenza rispetto all'architettura che la doveva ospitare, probabilmente una struttura d'altare e quindi una "imitazione" dell'architettura maggiore secondo un'idea di 'ridisegno ' dell'arredo che pone la figura umana come metro deter-minatore dello spazio e del suo valore dialettico fra vuoto e pieno.

A dispetto dell'incastro della statua evidente nella parte posteriore, la scultu­ra si sviluppa nella verticale in tutta la sua eleganza con una movenza contenu­ta ma incisiva.

Formella

Decorazione a grottesche con catino

Marmo con parziale doratura

cm. 47 x 37

Siena, seconda meta XVI secolo

Il documento cinquecentesco, prove

niente dalla fabbrica del Duomo di Siena,

un frammento della decorazione muraria

da leggersi come segnale araldico, ripro

pone, nei valori plastici della superficie e

della profondita, allusa o concretamente

realizzata nella lastra di marmo, i priori

pi stessi del fare architettonico, fra illu­

sione e t a t t i l i t à .

Le ve r i t à sono nella verifica elementa­

re di valori della plastica, la superficie e

il volume, in un gioco virtuosistico che

dalla grande scala dell'edificio giunge al­

lo spazio ridotto del particolare.