Abramo e Isacco - · PDF filep. 56, vol. 1 Immedesimiamoci nel ... Il campo di Abramo sorgeva...

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DOCUMENTI T. CHIAMBERLANDO, Lo specchio dei cieli © SEI 2011 On line p. 56, vol. 1 Immedesimiamoci nel patriarca Abramo, insieme allo scrittore Carlo Sgorlon, a partire dal momento in cui fu certo di dover sacrificare l’amato figlio Isacco… Abramo e Isacco Il campo di Abramo sorgeva sempre nel Querce- to di Mamré. La vita in esso si svolgeva nei modi consueti, il bestiame prosperava, e non accade- vano cose di rilievo. Isacco cresceva, mentre i fili bianchi aumentavano nei capelli e nella barba di Abramo. Il patriarca faceva sempre i suoi sacrifici al Dio unico e onnipotente che era venuto elabo- rando durante tutta la vita. Dio non poteva che es- sere un’unica Forza cosmica che unificava tutte le potenze creatrici dell’universo. Abramo sentì che la sua vita era carica di un grande significato e che con lui si apriva una nuova epoca. Ma sapeva pure che la concezione del Dio unico e onnipo- tente saliva verso il futuro e non scendeva verso il passato. Di essa perciò non parlava ai vecchi della sua gente, ma piuttosto ai giovani, che erano ri- volti all’avvenire e la cui mente era come creta molle, in attesa di essere modellata. Dio, Immenso e Onnipotente Ne parlava soprattutto a Isacco, che ascoltava con attenzione, incantato alle parole di quel padre di crine canuto. Gli diceva che gli dèi, i Baal di Babilonia e di tutti i popoli dell’Oriente, non erano che dei giocattoli, come i loro amuleti e le loro statuette di terracotta. Dio era invece l’Immenso, l’Infinito, l’Onnipotente. Si poteva soltanto pensarlo, ma non vederlo, perché la sua vista avrebbe fulminato chiunque, Isacco ascoltava ma, dopo averlo fatto, con assorto stupore, riacquistava la sua vivacità e andava a giocare con i coetanei. Abramo per un attimo si spazientiva, poi capiva che così doveva essere. Ognuno capiva e sentiva l’Onnipo- tente a modo suo, perché ogni uomo era diverso dall’altro, e conoscere Dio nella sua totalità era impossibile. Sperava che i suoi sacrifici fossero graditi perché, dopo il sogno famoso del patto, Dio aveva ripreso a tacere dentro e fuori di lui. Non si manifestava in nessun modo, non mostrava un segno della sua presenza, né delle sue intenzioni, né della sua natura indefinibile. Abramo l’aveva capito da tempo che essere ricercatori di Dio significava soprattutto scoprire il silenzio di Dio e il suo celarsi dietro le cose create. Il sogno Il sogno del patto si allontanava sempre di più. Era ormai così remoto nel tempo che Abramo quasi dubitava di aver sentito la voce tra le pietre del deserto. Si era davvero stretto un patto tra lui e l’Altissimo, e da lui sarebbe disceso per davvero il popolo dell’alleanza? O tutto non era che il frutto della sua immaginazione? Le parole che si riferivano al patto erano di sostanza vera, o soltanto echi del suo eterno desiderio? Era Dio che si era manifestato, o era soltanto il desiderio di Dio da parte di Abramo, un desiderio che aveva acquistato la forma di parole, di un’alleanza, perché egli desiderava l’amicizia divina? Abramo si raccoglie in preghiera verso Dio, dopo aver compiuto il sacrificio, pagina miniata dalla Bibbia di Borso d’Este, XV secolo. 1 Unità 2 Rivelazione e Alleanza

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Immedesimiamoci nel patriarca Abramo, insieme allo scrittore Carlo Sgorlon, a partire dal momento in cui fu certo di dover sacrificare l’amato figlio Isacco…

Abramo e IsaccoIl campo di Abramo sorgeva sempre nel Querce-to di Mamré. La vita in esso si svolgeva nei modi consueti, il bestiame prosperava, e non accade-vano cose di rilievo. Isacco cresceva, mentre i fili bianchi aumentavano nei capelli e nella barba di Abramo. Il patriarca faceva sempre i suoi sacrifici al Dio unico e onnipotente che era venuto elabo-rando durante tutta la vita. Dio non poteva che es-sere un’unica Forza cosmica che unificava tutte le potenze creatrici dell’universo. Abramo sentì che la sua vita era carica di un grande significato e che con lui si apriva una nuova epoca. Ma sapeva pure che la concezione del Dio unico e onnipo-tente saliva verso il futuro e non scendeva verso il passato. Di essa perciò non parlava ai vecchi della sua gente, ma piuttosto ai giovani, che erano ri-volti all’avvenire e la cui mente era come creta molle, in attesa di essere modellata.

Dio, Immenso e OnnipotenteNe parlava soprattutto a Isacco, che ascoltava con attenzione, incantato alle parole di quel padre di crine canuto. Gli diceva che gli dèi, i Baal di Babilonia e di tutti i popoli dell’Oriente, non erano che dei giocattoli, come i loro amuleti e le loro statuette di terracotta. Dio era invece l’Immenso, l’Infinito, l’Onnipotente. Si poteva soltanto pensarlo, ma non vederlo, perché la sua vista avrebbe fulminato chiunque, Isacco ascoltava ma, dopo averlo fatto, con assorto stupore, riacquistava la sua vivacità e andava a giocare con i coetanei.Abramo per un attimo si spazientiva, poi capiva che così doveva essere. Ognuno capiva e sentiva l’Onnipo-tente a modo suo, perché ogni uomo era diverso dall’altro, e conoscere Dio nella sua totalità era impossibile. Sperava che i suoi sacrifici fossero graditi perché, dopo il sogno famoso del patto, Dio aveva ripreso a tacere dentro e fuori di lui. Non si manifestava in nessun modo, non mostrava un segno della sua presenza, né delle sue intenzioni, né della sua natura indefinibile. Abramo l’aveva capito da tempo che essere ricercatori di Dio significava soprattutto scoprire il silenzio di Dio e il suo celarsi dietro le cose create.

Il sognoIl sogno del patto si allontanava sempre di più. Era ormai così remoto nel tempo che Abramo quasi dubitava di aver sentito la voce tra le pietre del deserto. Si era davvero stretto un patto tra lui e l’Altissimo, e da lui sarebbe disceso per davvero il popolo dell’alleanza? O tutto non era che il frutto della sua immaginazione? Le parole che si riferivano al patto erano di sostanza vera, o soltanto echi del suo eterno desiderio? Era Dio che si era manifestato, o era soltanto il desiderio di Dio da parte di Abramo, un desiderio che aveva acquistato la forma di parole, di un’alleanza, perché egli desiderava l’amicizia divina?

Abramo si raccoglie in preghiera verso Dio, dopo aver compiuto il sacrificio, pagina miniata dalla Bibbia di Borso d’Este, xv secolo.

1Unità 2 Rivelazione e Alleanza

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Forse Dio era corrucciato con lui. Forse non gradiva i suoi sacrifici, perché non erano abbastanza ricchi di significato e non implicavano una vera rinuncia da parte sua. Forse v’era qualcosa di molto di più che un capretto da sacrificare per avere l’amicizia e la protezione di Dio. Un sacrificio, per essere veramente tale, doveva essere costituito dalla cosa più preziosa di cui uno disponeva.Quel pensiero prese possesso di lui, ossessivamente, e la sua fronte s’imperlò spesso di sudore, rendendosi conto di dove esso andava a parare.Dio mio, cosa mai andava a pensare? Era un pensiero deforme, frutto della sua mente di vecchio.Non si riconosceva più. Lui non era più Abramo, e la sua antica saggezza si era dissolta, consumata dal dente ingiallito della vecchiaia. Fu allora che risentì la voce nel sogno. Era la voce dell’altra volta, la voce che errava in un deserto di pietre e che creava echi e risonan-ze. Forse altri non sarebbero riusciti a sentire che un ululio di venti, ma lui era troppo allenato a pensare a Dio per non avvertire che in esso si articolavano parole di contenuto sinistro. “Abramo, temi veramente il Signore? E allora sali sulle montagne, portati dietro Isacco e sacrificalo a me sopra un altare.”

La preparazione del sacrificioIn cima al monte ambedue lavorarono a lungo in silenzio a preparare l’altare di pietre candide e poi la legna per il fuoco. Ogni parola sembrava vietata, perché lavoravano in silenzio. Abramo pensava che ancora un’immensa distanza di tempo lo separava dal momento del sacrificio, perché bisognava accendere il fuoco, facendo frullare il bastoncino dentro la pietra con l’erba secca, poi il fuoco doveva essere alimentato, quindi era necessario ripassare il coltello sulla pietra, per dargli il filo, e in se-guito togliere a Isacco la sua tunica e farlo distendere sulle pietre. Sì, infinite cose lo dividevano ancora dal momento terribile e senza ritorno. Però anche queste cose furono fatte, lentamente, una per una, e Isacco si sedette sull’altare, tremante di freddo. Guardò Abramo, che aveva gli occhi pieni di lacrime.«Che hai, padre?» chiese con voce imponente, senza sospetto.«Sta’ zitto. Mi pare di avvertire qualcosa.» «È un belato di montone.»«Ne sei sicuro?»

Il montone impigliatoAbramo si alzò con energia, girò lo sguardo attorno e vide, non lontano, un montone con le corna impigliate nei cespugli e nei pini striscianti del sottobosco. Qualcosa esplose dentro di lui, qualcosa che lo afferrava alla gola e minacciava di soffocarlo, perché aveva corso il rischio di ricadere nella religione degli idolatri e di essere risucchiato indietro da un’arcaica barbarie deformata. Dio l’aveva salvato appena in tempo, e quel montone solitario sulla cima della montagna era un segno. Ma, appena passarono il subbuglio e la paura del pericolo corso, scoppiò dentro di lui un’allegria sterminata, perché capiva quanto era successo, o che era stato per succedere, era la vittoria ultima sopra le religioni barbariche e selvagge, gli dèi feroci, i sacrifici

Filippino Lippi, Abramo, xv secolo (Firenze, Santa Maria Novella).

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umani, che non ci sarebbero stati mai più nella sua discendenza, perché un’epoca si chiudeva definitivamen-te e un’altra si apriva. Anche questo era implicito nel sogno del patto, e lui era stato tanto sciocco e cieco da non capirlo fino in fondo e da entrare nella lamentazione senile del silenzio di Dio. Sacrificò il montone, e poi non finiva più di baciare e abbracciare Isacco, dopo avergli fatto rimettere la tunica, perché l’aria era frizzante e il freddo pungeva.

Una nuova epoca«Che hai, padre? Ti senti bene?»«Mi sento benissimo, figliolo. Sono felice, perché tu sei il primo uomo di un’epoca nuova. Guarda a occidente. Cosa vedi?»«Il sole che discende.»«Non è il sole. È il tramonto di un mondo antico, da cui nascerà un evo diverso, di un Dio soltanto spirituale. È una cosa straordinaria. Non puoi im-maginare quanto.»Isacco non rispose. Pensò di fare cosa grata al pa-dre mettendosi a suonare con un flauto di legno, che un pastore gli aveva fatto con un ramo di sam-buco, e che lui si era portato fanciullescamente con sé, come viatico, in una tasca della tunica. Suo-nò e danzò finché la testa non cominciò a girargli e la vertigine incipiente non lo costrinse a sedersi sulle rocce.

(C. Sgorlon, I racconti della terra di Canaan,Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, pp. 39-44) Domenico Zampieri detto il Domenichino,

Sacrificio di Abramo, xvii secolo (Madrid, Museo del Prado).

Lavora sul documento Leggi, sottolinea e rispondi.

• Leggi l’interpretazione del sacrificio di Isacco dello scrittore Carlo Sgorlon.

• Sottolinea le frasi in cui viene descritto Dio attraverso gli occhi di Abramo (per esempio: “… Unico e Onnipotente”, “Dio non poteva che essere un’unica Forza cosmica che unificava tutte le potenze creatrici dell’universo” …); riassumine poi con parole tue la descrizione.

• Rispondi alle domande seguenti.

1. Qual è il senso della vita, per Abramo?

2. A quali scelte e atteggiamenti nei confronti di Dio, del popolo ebraico, del figlio viene condotto Abramo dalla sua fede?

3. Ritieni queste scelte proponibili anche nella nostra società? In quali casi potrebbe essere giusto comportarsi come Abramo?

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