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IX Corso Multidisciplinare di Educazione allo Sviluppo “Vogliamo arrivare a zero” VERONA, 18 APRILE 2012 Salvare le vite è possibile: le scelte politiche ed economiche per il benessere delle nuove generazioni Chiara Curto Area Relazioni Internazionali, Advocacy & Partnership Ufficio Campagne & Partnership UNICEF Italia

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IX Corso Multidisciplinare di Educazione allo Sviluppo “Vogliamo arrivare a zero”

VERONA, 18 APRILE 2012

Salvare le vite è possibile: le scelte politiche ed economiche per il benessere delle nuove generazioni

Chiara CurtoArea Relazioni Internazionali, Advocacy & Partnership

Ufficio Campagne & PartnershipUNICEF Italia

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Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (1989)LA RESPONSABILITÀ SOCIALE DELLE IMPRESE (CSR)

• Il dibattito concernente la responsabilità delle imprese in relazione al rispetto dei diritti umani assume un ruolo di primo piano a partire dagli anni ’90 quando le compagnie petrolifere e minerarie iniziano ad estendersi verso aree geografiche complesse e la pratica della manifattura oltreoceano nel settore tessile e delle calzature attira l’attenzione sulle condizioni di lavoro nelle catene produttive.

• Il 16 aprile 1995 l’uccisione per mano di sicari della “mafia dei tappeti” di Iqbal Masih, bambino pakistano di 12 anni schiavo delle manifatture di tappeti dall’età di 4, scuote l’opinione pubblica internazionale contribuendo ad aumentare la consapevolezza su certi temi.

• Nell’ultimo decennio il processo di globalizzazione fa dunque spazio ad attori diversi dagli Stati - che restano i primi responsabili dell’attuazione dei diritti umani – i quali giocano un ruolo sempre più importante, sia a livello internazionale che nazionale e locale, rispetto ai diritti dell’uomo.

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IL LAVORO DELLE NAZIONI UNITE• L’impatto crescente che le imprese dimostrano di avere sul

godimento dei diritti umani porta la tematica all’interno dell’agenda dell’ONU in seno alla quale nel 2004 viene redatta una bozza di normativa allo scopo di definire il rapporto tra l’attività delle imprese e i diritti dell’uomo.La bozza mira ad estendere alle compagnie i medesimi vincoli che derivano agli Stati dal diritto internazionale di “promuovere, rispettare, assicurare l’applicazione e garantire i diritti umani fondamentali” con l’unica distinzione che gli Stati avrebbero avuto un dovere primario in questo mentre le imprese un dovere secondario legato alla sfera di loro competenza.Il tentativo però viene duramente osteggiato dalle compagnie e per questo motivo non è possibile trovare un accordo tra i Governi; viene però chiesto al UNSG di nominare un Rappresentante Speciale col compito di far avanzare il dibattito e chiarire i ruoli e le responsabilità degli Stati e delle imprese in relazione alla tutela dei diritti umani .

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LA “UN PRR FRAMEWORK” (2005-2008)

Nel 2005 viene nominato il “Rappresentante Speciale dell’UNSG sui diritti umani, le compagnie transnazionali e le aziende”, il cui lavoro, avviato con una serie di consultazioni coi Governi, diversi settori imprenditoriali e la società civile, fa emergere un tema ricorrente: la mancanza di un focal point e di una cornice di riferimento comune verso cui possano convergere le aspettative degli attori coinvolti.Per questo motivo, nel 2008, al termine del suo primo mandato, il UNSR propone al Consiglio Diritti Umani l’adozione della “Protect, Respect and Remedy Framework”, ovvero una cornice di riferimento basata su 3 pilastri complementari e interdipendenti tra loro che prevedono:

1. Il dovere di ciascuno Stato di proteggere gli individui dalle violazioni dei diritti umani perpetrate da terzi, incluse le imprese;

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Il diritto di non discriminazione2. La responsabilità delle imprese di rispettare i diritti umani, il

che comporta l’agire con la dovuta diligenza,a tutti i livelli, per evitare di incorrere in violazioni dei diritti umani;

3. La necessità di rimedi efficaci ed accessibili, giudiziali e non giudiziali, per le vittime di tali violazioni.

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GUIDING PRINCIPLES ON BUSINESS & HUMAN RIGHTS(2008-2011)

Nel 2008 il mandato del UNSR è stato prorogato per altri 3 anni allo scopo di dare concreta attuazione alla PRR Framework: il 16 giugno 2011, al termine del mandato, il HRC ha adottato i “Guiding Principles on Business & Human Rights for implementing the UN PRR Framework” i quali costituiscono i primi standard universali in materia.

I Guiding Principles rappresentano:- per gli Stati, uno schema per promuovere e pretendere il

rispetto dei diritti umani da parte delle imprese; - per le imprese, delle indicazioni per prevenire il rischio di

violazioni di tali diritti attraverso il proprio operato,- per ciascun “portatore di interessi”, un set di indicatori per

valutare il rispetto dei diritti umani da parte delle imprese.

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• Il contributo dei Guiding Principles non consiste nella creazione di nuovi obblighi internazionali, ma nell’aver “messo a sistema” i vincoli derivanti dalla legislazione internazionale già esistente, in particolare ne:

1. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo;2. I due Patti internazionali sui diritti civili e politici e sui diritti

economici, sociali e culturali;3. Le Convenzioni fondamentali dell’OIL.

• Diverse organizzazioni per i diritti dell’infanzia hanno sollevato la mancata integrazione all’interno dei Guiding Principles (se non per sporadici accenni) dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

• Questa lacuna ha fatto sì che a partire dal 1/11/2011 lo HRC avviasse un Gruppo di lavoro composto da 5 esperti indipendenti col compito di proseguire il lavoro del UNSR per i successivi 3 anni, facendo in modo che nella fase attuativa, venisse garantita una lettura integrata dei Guiding Principles che tenga conto anche dei gruppi più vulnerabili e marginalizzati, come donne, minoranze etniche e religiose e minorenni.

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I “CHILDREN’S RIGHTS & BUSINESS PRINCIPLES” (CRBP)

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I “CHILDREN’S RIGHTS & BUSINESS PRINCIPLES” (CRBP)• La questione dell’impatto delle imprese sul benessere

dell’infanzia e dell’adolescenza è invece da tempo al centro del lavoro dell’UNICEF, che lo scorso 12 marzo, insieme a Save the children e al Global Compact, ha lanciato i 10 “Children’s Rights & Business Principles” a conclusione di un percorso sviluppato in consultazione con i Governi, le imprese, gli investitori, i sindacati, le università, gli organi delle NU, la società civile e gli stessi bambini e adolescenti.

• Fino ad oggi la responsabilità delle imprese verso i minorenni è stata identificata con la prevenzione e l’eliminazione dello sfruttamento del lavoro minorile, mentre i CRBP, oltre a voler rinforzare gli standard esistenti al riguardo, mirano ad evidenziare ed incider sugli altri ambiti in cui l’attività delle aziende si ripercuote sui minori, in particolare: 1) sul luogo di lavoro, 2) sul mercato, 3) all’interno della comunità e dell’ambiente; tenendo conto delle condizioni di lavoro dei lavoratori (adulti e minorenni), i prodotti realizzati e i servizi forniti, le tecniche di marketing e le pratiche di distribuzione, i rapporti intrattenuti dall’impresa (col Governo, con i suoi investitori, con la comunità, etc.).

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• I CRBP si rivolgono a tutte le aziende, transnazionali o meno, indipendentemente dalle dimensioni, dalla struttura, dal settore di intervento, dall’ubicazione, dalla proprietà, ma perseguono l’intento di informare anche gli altri attori che entrano in contatto con le imprese, come i governi e la società civile.

• I CRBP non creano nuovi vincoli legali, ma derivano dai principali strumenti internazionali a tutela dei diritti dell’infanzia: la CRC e le Convenzioni OIL n.138 e n.182 e sono stati elaborati tenendo conto dei “Guiding Principles on Business and Human Rights”.

• Il primo dei 10 CRBP classifica le 2 azioni in cui tutte le aziende dovrebbero declinare i 9 principi successivi:

1. Quello della “responsabilità di rispettare”: l’azienda deve evitare di incorrere in violazioni dei diritti umani (dei minori),sia attraverso il proprio operato sia attraverso i rapporti che intrattiene;

2. Quello “dell’impegno a sostenere”: l’azienda oltre a rispettare i diritti umani deve attivarsi proattivamente mediante azioni volontarie mirate all’avanzamento dei diritti umani (dei minori).

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In base ai 10 CRBP, tutte le aziende dovrebbero:1. Assumersi la responsabilità di rispettare i diritti dell’infanzia e

dell’adolescenza e impegnarsi a sostenerli: il Principio n.1 individua le modalità con cui ciò andrebbe fatto, cioè IMPEGNANDOSI PUBBLICAMENTE, portando avanti con la DOVUTA DILIGENZA il processo di valutazione dell’impatto del proprio operato sui diritti umani; RIMEDIANDO attraverso meccanismi adeguati alle violazioni dei diritti umani che si è contribuito a causare.

2. Contribuire all’eliminazione dello sfruttamento del lavoro minorile nelle proprie attività e relazioni;

3. Assicurare condizioni di lavoro dignitose ai giovani lavoratori, ai loro genitori e/o alle persone che si prendono cura di loro;

4. Assicurare ai bambini e agli adolescenti protezione e sicurezza in tutte le attività, strutture, attrezzature dell’azienda;

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5. Assicurarsi che i propri prodotti e servizi siano sicuri e cercare di sostenere attraverso essi i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza;

6. Utilizzare tecniche di marketing e pubblicità che rispettino e promuovano i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza;

7. Rispettare e sostenere i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in relazione all’ambiente circostante e nel momento dell’acquisizione e/o dell’utilizzo di un’area determinata a scopi imprenditoriali;

8. Rispettare e promuovere i diritti dell’infanzia nell’adozione delle misure di sicurezza;

9. Aiutare a proteggere i bambini colpiti dalle emergenze;10. Rafforzare gli sforzi del Governo e della comunità di tutelare

e realizzare i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

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ALCUNI DATI E CONSIDERAZIONI

• I minori di 18 anni costituiscono quasi 1/3 della popolazione mondiale;

• in molti Paesi, bambini e adolescenti formano la metà della popolazione nazionale;

• 101 milioni di bambini non frequentano la scuola primaria;• Secondo l’OIL* tra il 2004 e il 2008 il numero dei minori che

lavorano è diminuito da 222 a 215 milioni. Queste cifre fanno riferimento ai bambini che lavorano al di sotto dell’età minima di ammissione all’impiego o al di sopra di tale età, ma in condizioni che minacciano il loro benessere psico-fisico (età compresa tra i 5 e i 17 anni);

• Su 215 milioni di minorenni lavoratori, 115 milioni sono esposti alle “peggiori forme di lavoro minorile”;

• Anche se il numero di minori che lavorano è complessivamente diminuito nel periodo 2004-2008, il numero di quelli di età compresa tra i 15 ed i 17 anni è aumentato del 20% nello stesso periodo, passando da 52 a 62 milioni.

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• L’OIL evidenzia che il fenomeno non è limitato soltanto ai Paesi in via di sviluppo: i dati raccolti negli Stati Uniti e in Europa mostrano che gli infortuni e i decessi sul posto di lavoro sono più frequenti tra i minorenni che non tra gli adulti.

• I minorenni sono interlocutori chiave per le imprese, in qualità di consumatori, di figli di genitori che lavorano, di giovani lavoratori e/o futuri lavoratori, come membri della comunità e come parte dell’ambiente in cui le aziende operano.

• L’Istituto per i diritti Umani e le Imprese, con sede a Londra, ha inserito i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nella lista dei 10 temi emergenti del 2012 in materia di imprese e diritti umani.

• Anche il Comitato ONU sui diritti dell’infanzia, organo di monitoraggio della CRC, ha avviato le consultazioni per giungere, entro la primavera del 2013, alla pubblicazione di un nuovo Commento Generale su “The rights of the child & the business sector”. I GC son documenti di approfondimento finalizzati ad assistere gli Stati nel compiere gli obblighi che derivano loro dal diritto internazionale.

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La CSR e L’IMPEGNO DELL’UNICEF Italia

• Il concetto di CSR non trova una definizione univoca in letteratura; la definizione più nota è quella contenuta nel Libro verde del 2001 della Commissione Europea e recentemente aggiornata con la nuova comunicazione del 25 ottobre 2011 (n. 681): la CSR è “la responsabilità delle imprese per il loro impatto sulla società”.

• Quando si parla di CSR in relazione al lavoro dell’UNICEF si vuol fare riferimento all’avanzamento dei diritti dei minorenni nel settore aziendale.L’UNICEF dunque si adopera per promuovere la responsabilità che lo Stato ha di tutelare e quella che le imprese hanno di rispettare e sostenere, i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza sul luogo di lavoro, all’interno del mercato e nella comunità.

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• L’UNICEF non riceve fondi dalle Nazioni Unite ma viene finanziato interamente dai contributi volontari, tra cui quelli dei Governi, dei privati cittadini e delle aziende.

• La collaborazione tra l’UNICEF e le aziende risponde alla constatazione che l’operato e le risorse di quest’ultime hanno un’incidenza sulla vita dei bambini e degli adolescenti.

• Le aziende, dal canto loro, si stanno spostando da quella che una volta era mera filantropia verso nuovi modelli di imprenditorialità che si basano sulla presa di coscienza del collegamento esistente tra l’operato delle aziende e i diritti dell’uomo in generale e dei minorenni in particolare.

• Integrando il rispetto e il sostegno dei diritti umani e dell’infanzia nelle proprie strategie, le imprese ci guadagnano in termini di reputazione, rafforzamento del brand, aumento dell’affidabilità da parte di consumatori ed investitori, accrescimento della motivazione tra la propria forza lavoro.

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L’UNICEF E LE PARTNERSHIP CON LE AZIENDEL’avvio di una collaborazione tra l’UNICEF e un’azienda ha come presupposto primario l’assunzione d’impegno di quest’ultima nei confronti del mandato dell’UNICEF e dei suoi valori.L’azienda inoltre deve rispondere a una serie di requisiti fissati dall’UNICEF per tutte le proprie partnership aziendali:

• Non deve essere coinvolta nell’industria degli armamenti (dalla manifattura alla distribuzione di qualunque componente);

• Non deve impiegare mandodopera minorile in nessuna fase di produzione, in linea con la normativa sul lavoro;

• Non deve essere coinvolta in attività di sfruttamento di individui e/o Nazioni (ad es.pornografia, frode, corruzione, attività criminose);

• Non deve essere stata coinvolta, negli ultimi tre anni, nella violazione di norme che hanno comportato sanzioni da parte delle NU;

• Non dev’essere coinvolta nell’industria nucleare;

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• Non dev’essere stata dichiarata colpevole di reati ambientali o gravemente implicata in problemi di inquinamento e degrado ambientale;

• Non più del 10% delle sue entrate annuali deve provenire dalla manifattura, vendita o distribuzione di alcohol, tabacco o gioco d’azzardo (escluse le lotterie dello Stato);

• Non dev’essere produttrice di latte in polvere.

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L’UNICEF E IL CODICE VIOLATORispetto al punto precedente, l’UNICEF , insieme all’OMS, ha elaborato nel 1981 il “Codice internazionale per la commercializzazione dei sostituti del latte materno” allo scopo di promuovere e proteggere l’allattamento al seno da pratiche inappropriate di commercializzazione e distribuzione dei sostituti del latte materno, mediante:

1. l’impegno da parte dei Governi di diffondere informazioni corrette circa l’allattamento;

2. l’adozione di tecniche di marketing adeguate da parte delle aziende che producono e distribuiscono sostituti del latte materno e altri alimenti e bevande per neonati, inclusi biberon e tettarelle.Il Codice non vieta l’uso o la vendita di questi prodotti ma pone delle restrizioni alla loro commercializzazione (ad es.ne vieta la pubblicità così come la promozione mediante sconti ed offerte speciali, vieta i campioni gratuiti alle madri, alle gestanti e alle loro famiglie o le forniture gratuite agli ospedali, etc.).

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• Il Codice si compone di 11 articoli ed è stato approvato nel 1981 dalla WHA e dalle più importanti compagnie produttrici di alimenti per l’infanzia ed è in vigore per tutti gli Stati membri dell’OMS, sia industrializzati come in via di sviluppo.

• Da 10 anni l’IBFAN, con il sostegno dell’UNICEF, si occupa di monitorare la corretta applicazione del Codice e le pratiche commerciali delle maggiori compagnie produttrici di sostituti del latte materno, biberon e tettarelle pubblicando periodicamente “Il Codice violato”.

• Il marketing del latte artificiale e degli altri alimenti e bevande per bambini, di biberon e tettarelle mina la pratica dell’allattamento al seno,contribuendo a determinare tassi d’allattamento inferiori a quelli raccomandati e nei Paesi in via di sviluppo, nei casi più gravi, può condurre alla malnutrizione e alla morte.

• Nell’ultimo Rapporto “State of the Code by Country”, l’Italia e quasi tutti i Paesi della UE sono stati declassati: su 196 Paesi dell’OMS solo 30 hanno recepito per intero nelle proprie leggi nazionali i principi del Codice; al contrario 10 Paesi, tra cui spiccano gli USA, non han intrapreso nessun’azione per il rispetto del Codice.

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UNICEF - CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY - Advancing children’s rights in business

http://www.unicef.org/csr/index.html

UNICEF’S CORPORATE PARTNERSHIPhttp://www.unicef.org/corporate_partners/index_24525.html

UNICEF’S CHILD INFO – Monitoring the situation of children and women

http://www.childinfo.org/index.html

BUSINESS & CHILDREN PORTALhttp://www.business-humanrights.org/ChildrenPortal/Home