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Iva e indirette L’indicazione nel modello Iva 2020 dei servizi resi in edilizia assoggettati a reverse charge di Edoardo Monaco 2 Irpef-Ires Il punto sulla deducibilità dell’Imu per imprese e professionisti dopo la Legge di Bilancio 2020 di Sandro Cerato 15 Società immobiliari Le società immobiliari di comodo: fattispecie, cause di esclusione e cause di disapplicazione automatica di Alessandro Biasioli 28 Privati Bonus facciate e i chiarimenti della circolare n. 2/E/2020 di Sandro Cerato 39 Legale Il comodato d’uso dell’immobile destinato a casa familiare: la disciplina della restituzione al comodante di Alessandro Biasioli 54 Catasto Agevolazioni prima casa. Solidarietà passiva del venditore di Luigi Cenicola 62 Tributi minori La disciplina del ravvedimento operoso Imu alla luce delle ultime novità – Parte seconda di Fabio Garrini 70 Accertamento È legittima la cessione di un terreno a un valore inferiore a quello periziato di Gianfranco Antico 81 Osservatorio 91 1 Consulenza immobiliare n. 24/2020

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Iva e indirette

L’indicazione nel modello Iva 2020 dei servizi resi in edilizia assoggettati a reverse charge

di Edoardo Monaco 2

Irpef-Ires

Il punto sulla deducibilità dell’Imu per imprese e professionisti dopo la Legge di Bilancio

2020

di Sandro Cerato 15

Società immobiliari

Le società immobiliari di comodo: fattispecie, cause di esclusione e cause di

disapplicazione automatica

di Alessandro Biasioli 28

Privati

Bonus facciate e i chiarimenti della circolare n. 2/E/2020

di Sandro Cerato 39

Legale

Il comodato d’uso dell’immobile destinato a casa familiare: la disciplina della restituzione

al comodante

di Alessandro Biasioli 54

Catasto

Agevolazioni prima casa. Solidarietà passiva del venditore

di Luigi Cenicola 62

Tributi minori

La disciplina del ravvedimento operoso Imu alla luce delle ultime novità – Parte seconda

di Fabio Garrini 70

Accertamento

È legittima la cessione di un terreno a un valore inferiore a quello periziato

di Gianfranco Antico 81

Osservatorio 91

1 Consulenza immobiliare n. 24/2020

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2 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Consulenza immobiliare n. 24/2020

L’indicazione nel modello Iva 2020 dei

servizi resi in edilizia assoggettati a

reverse charge di Edoardo Monaco – esperto fiscale

Premessa

L’articolo 1, commi 629 e 631, L. 190/2014, ha disposto l’estensione del meccanismo di assolvimento

dell’Iva – mediante l’istituto dell’inversione contabile (c.d. “reverse charge”) - alle “prestazioni di servizi

di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative a edifici”, di cui all’articolo

17, comma 6, lettera a-ter), D.P.R. 633/1972.

L’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile alle citate prestazioni:

− riguarda alcune attività relative al comparto edile (prestazioni di demolizione, installazione di

impianti e completamento di edifici) già interessate dal “reverse charge” negli appalti in edilizia

di cui all’articolo 17, comma 6, lettera a), D.P.R. 633/1972;

− interessa nuovi settori collegati, ancorché non rientranti nel comparto edile propriamente

inteso, come i servizi di pulizia relativi a edifici;

− risulta oggettivamente contiguo e complementare rispetto alla previsione di cui alla lettera a)

del medesimo comma 6 (“reverse charge” in edilizia), ma se ne differenzia sotto molteplici aspetti.

Ambito soggettivo

Per individuare correttamente le prestazioni interessate dalla disciplina del “reverse charge” di cui

all’articolo 17, comma 6, lettera a-ter), D.P.R. 633/1972, occorre fare riferimento unicamente ai codici

attività della Tabella ATECO 2007.

Tale criterio – che ha rilevanza esclusivamente oggettiva – deve essere assunto al fine di

individuare le prestazioni di pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento

relative a edifici, mentre non può essere adottato in senso soggettivo. Ciò sta a significare che, i

soggetti passivi che prestano i servizi in argomento sono tenuti ad applicare il regime

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3 Consulenza immobiliare n. 24/2020

dell’inversione contabile indipendentemente dalla circostanza che si tratti di prestatori che

operano nel settore edile, ovvero che svolgono un’attività economica compresa nei codici della

sezione F della classificazione delle attività economiche Ateco (circolare n. 14/E/2015)1.

Servizio Codice

Ateco

Descrizione

Prestazioni di

servizi di pulizia

relative a edifici

43.39 Pulizia di nuovi edifici dopo la costruzione (trattasi di altri lavori di

completamento e rifinitura)

43.99.01 Pulizia a vapore, sabbiatura e attività simili per pareti esterne di edifici

81.21.00 Pulizia generale e non specializzata di edifici

81.22.02 Altre attività di pulizia specializzata di edifici (esclusa e l’attività di pulizia di

impianti e macchinari)

81.29.10 Servizi di disinfestazione con esclusivo riferimento a edifici

Prestazioni di

servizi di

demolizione

relative a edifici

43.11.00 Demolizione con esclusione della demolizione di altre strutture

Prestazione di

installazione di

impianti relative a

edifici

43.21.01 Installazione di impianti elettrici in edifici o in altre opere di costruzione, ivi

inclusa la manutenzione e riparazione di impianti già esistenti

43.21.02 Installazione di impianti elettronici, inclusa la manutenzione e riparazione di

impianti elettronici già esistenti

43.22.01

Installazione di impianti idraulici, di riscaldamento e di condizionamento

dell’aria (inclusa manutenzione e riparazione) in edifici o in altre opere di

costruzione

43.22.02 Installazione di impianti per la distribuzione del gas, ivi inclusa la

manutenzione e riparazione di impianti già esistenti

43.22.03 Installazione di impianti di spegnimento antincendio (inclusi quelli integrati),

nonché la manutenzione e riparazione di impianti già esistenti

43.22.04

Installazione di impianti di depurazione per piscine (inclusa manutenzione e

riparazione), qualora la piscina dovesse essere considerata edificio o parte di

esso

43.22.05

Installazione di impianti di irrigazione per giardini (inclusa manutenzione e

riparazione), qualora il giardino dovesse essere considerato edificio o parte di

esso

43.29.01 Installazione, riparazione e manutenzione di ascensori e scale mobili

43.29.02 Lavori di isolamento termico, acustico o antivibrazioni

43.29.09 Altri lavori di costruzione e installazione, se riferite a edifici

43.31.00 Intonacatura e stuccatura

1 Nella particolare ipotesi in cui il prestatore del servizio svolga sistematicamente attività ricomprese nelle classificazioni Ateco relative alle

prestazioni in argomento (pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento relative a edifici), le prestazioni in parola dovranno

essere assoggettate al meccanismo dell’inversione contabile, a nulla importando che tali attività non siano state indicate nella dichiarazione

di inizio attività, a norma dell’articolo 35, comma 3, D.P.R. 633/1972, salvo l’obbligo del prestatore del servizio di procedere all’adeguamento

del codice Ateco (risoluzione n. 172/E/2007).

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4 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Prestazioni di

completamento

relative a edifici

43.32.01 Posa in opera di casseforti, forzieri, porte blindate

43.32.02 Posa in opera di infissi, arredi, controsoffitti, pareti mobili e simili

43.33.00 Rivestimento di pavimenti e di muri

43.34.00 Tinteggiatura e posa in opera di vetri

43.39.01 Attività non specializzate di lavori edili – muratori

43.39.09 Altri lavori di completamento e di finitura degli edifici

Chiarimenti dell’Agenzia delle entrate

Il regime previsto dall’articolo 17, comma 6, lettera a-ter), D.P.R. 633/1972 – che si affianca (e non si

sostituisce) al regime del “reverse charge” di cui all’articolo 17, comma 6, lettera a), D.P.R. 633/1972

(prestazioni rese dai subappaltatori edili) – è stato oggetto nel recente passato di importanti chiarimenti

da parte dell’Agenzia delle entrate (circolari n. 14/E/2015 e n. 37/E/2015). Di seguito, in forma tabellare,

le principali precisazioni contenute nei citati documenti di prassi, in relazione alle diverse casistiche

esaminate.

Fattispecie Tipologia di prestazione “Reverse charge”

Distinzione tra fornitura

con posa in opera e

prestazioni di servizi

Fornitura con posa in opera finalizzata alla cessione del bene No

Posa in opera senza fornitura di beni Sì

“Reverse charge” e beni

significativi

Fornitura con installazione di beni significativi a favore di

privati

No

Fornitura con installazione di beni significativi resa nei

confronti dell’appaltatore o del prestatore d’opera (soggetti

passivi di imposta)

Pluralità di prestazioni

contenute in un unico

contratto

Frazionamento e accorpamento di unità immobiliare con

installazione di impianti

No

Demolizione e realizzazione di una nuova costruzione nel

contesto di un unico contratto di appalto

No

Prestazioni su edifici

Prestazioni di servizi di pulizia, demolizione, installazione di

impianti e completamento aventi a oggetto un parcheggio sito

all’esterno all’edifico

No

Prestazioni di servizi di pulizia, demolizione, installazione di

impianti e completamento aventi a oggetto un parcheggio

interrato

Prestazioni di servizi di pulizia, demolizione, installazione di

impianti e completamento aventi a oggetto un parcheggio

ubicato sul lastrico solare

Installazione di impianti

posizionati in parte

Installazione (e manutenzione) di impianto di

videosorveglianza perimetrale, gestito da centralina posta

all’interno dell’edificio e telecamere esterne, laddove gli

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5 Consulenza immobiliare n. 24/2020

internamente e in parte

esternamente all’edificio

elementi esterni (ad esempio telecamera) sono

necessariamente collocati all’esterno dell’edificio per motivi

funzionali e tecnici

Installazione (e manutenzione) di impianto citofonico che

necessita di apparecchiature da collocare all’esterno

dell’edificio

Installazione (e manutenzione) di impianto di climatizzazione,

con motore esterno collegato agli split all’interno dell’edificio

Installazione (e manutenzione) di impianto idraulico di un

edificio, ivi comprese le tubazioni esterne che collegano

l’impianto all’interno dell’edificio alla rete fognaria (D.M.

37/2008)

Installazione di impianti

funzionali allo

svolgimento di un’attività

industriale e non al

funzionamento

dell’edificio

Installazione (e manutenzione) di impianti industriali No

Installazione (e manutenzione) di impianti di refrigerazione a

uso industriale

No

Servizi di pulizia

Pulizia generale e non specializzata di edifici (codice Ateco

81.21.00)

Altre attività di pulizia specializzata di edifici, esclusa l’attività

di pulizia di impianti e macchinari (codice Ateco 81.22.02)

Attività di derattizzazione (codice Ateco 81.29.10) No

Attività di spurgo delle fosse biologiche, dei tombini (codice

Ateco 37.00.00)

No

Attività di rimozione della neve (codice Ateco 81.29.91) No

Impianti fotovoltaici

Installazione di impianti fotovoltaici integrati o semi–integrati

funzionali ad edifici

Installazione di impianti fotovoltaici integrati o semi –

integrati a edifici, se accatastati autonomamente (categoria D1

o D/10)

No

Installazione di impianti fotovoltaici a terra funzionali o

serventi a edificio

Installazione impianti fotovoltaici a terra funzionali o serventi

a edificio, se accatastati autonomamente (categoria D/1 o

D/10)

No

Installazione e

manutenzione degli

impianti antincendio

Installazione e manutenzione di estintori parte integrante di

impianto di protezione attiva (D.M. 20 dicembre 2012)

Installazione e manutenzione porte tagliafuoco e uscite di

sicurezza

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6 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Installazione e manutenzione di estintori carrellati ed estintori

portatili

No

Sostituzione delle

componenti di un

impianto

Sostituzione di componenti di un impianto relativo a un edifico

(volontà delle parti è la riparazione e/o ammodernamento

dell’impianto)

Sostituzione componenti di un impianto relativo a un edifico

(volontà delle parti è la realizzazione di un nuovo impianto)

Sostituzione componenti di un impianto relativo a un edificio

(volontà delle parti è la mera fornitura di un bene)

No

Sostituzione di componenti di un impianto relativo a un edifico

(volontà delle parti è il mantenimento in funzione

dell’impianto)

Attività di manutenzione

e riparazione di impianti

Attività di manutenzione e riparazione di impianti relativi a

edifici

Attività di manutenzione e riparazione di impianti non relativi

a edifici (ad esempio impianti industriali)

No

Diritti fissi di chiamata e

interventi di

manutenzione con

canone di abbonamento

Diritto di chiamata funzionale alla verifica di un impianto

(indipendentemente dall’esecuzione di un intervento di

manutenzione)

Interventi di manutenzione con canone di abbonamento

periodico (indipendentemente dall’esecuzione di un intervento

di manutenzione)

Trattamento da riservare

all’allacciamento e

all’attivazione dei servizi

di erogazione di gas,

energia elettrica e acqua

Servizi di allacciamento per la fornitura di gas, energia elettrica

e acqua

No

Servizio di attivazione per l’avvio dell’alimentazione di gas,

energia elettrica e acqua

No

Prestazioni rese da

soggetti terzi

Installazione di impianti relativi a edifici prestato da un

soggetto terzo al fornitore dei beni

Installazione di impianti relativi a edifici prestate da un

soggetto terzo al committente (soggetto passivo)

Operazioni non

imponibili

Servizi di pulizia di edifici siti nei porti, aeroporti e scali

ferroviari di confine

No

Servizi di installazione di impianti (e/o manutenzione degli

stessi) su edifici siti nei porti, aeroporti e scali ferroviari di

confine

No

Con la risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-08065/2016, è stato altresì chiarito che

l’applicazione del “reverse charge” nell’ambito dei servizi nel settore edile interessa anche

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7 Consulenza immobiliare n. 24/2020

l’impresa che effettua lavori di opere murarie nell’ambito dell’ampliamento di un edificio,

trattandosi di lavori riconducibili alle prestazioni per il completamento relative a edifici2.

Adempimenti amministrativi e contabili

Da un punto di vista prettamente operativo, anche le prestazioni di servizi edili in argomento (pulizia,

demolizione, installazione di impianti e completamento relative a edifici), rese a norma dell’articolo 17,

comma 6, lettera a-ter), D.P.R. 633/1972, sono soggette all’applicazione dell’imposta secondo il

meccanismo dell’inversione contabile che, in deroga alle regole ordinarie del sistema dell’Iva, individua

quale debitore d’imposta il cessionario o committente dell’operazione. L’utilizzo del reverse charge è

finalizzato sostanzialmente a contrastare i numerosi fenomeni evasivi nel sistema Iva, poiché l’imposta

è versata all’Erario direttamente dal soggetto che detrae la stessa, piuttosto che dal cedente o dal

prestatore che potrebbe divenire sconosciuto al Fisco dopo aver incassato il tributo dal committente o

cessionario3.

In base a tale meccanismo, l’imposta viene assolta dal cessionario o committente (soggetto

passivo Iva), previa integrazione della fattura ricevuta (con l’indicazione dell’imposta dovuta),

ovvero mediante l’emissione di un’autofattura. Sempre il cessionario o committente sarà poi

tenuto a registrare l’operazione sia nel registro Iva acquisti sia nel registro Iva vendite.

Fatturazione elettronica e reverse charge

A decorrere dal 1° gennaio 2019, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti

residenti o stabiliti in Italia (ove soggette a fatturazione) sono documentate obbligatoriamente

mediante fattura elettronica in formato XML, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, D.Lgs. 127/2015, la quale

deve essere trasmessa al Sistema di Interscambio (SdI).

Per gli acquisti interni soggetti a reverse charge, l’integrazione della fattura ricevuta può avvenire,

facoltativamente, mediante la predisposizione di un altro documento da allegare al file della fattura in

questione, contenente sia i dati per l’integrazione, sia gli estremi della stessa.

2 Secondo quanto sostenuto dagli onorevoli interroganti, e confermato dall’Amministrazione finanziaria, se si effettuano solo parti specifiche

del processo di costruzione, i lavori di opere murarie vanno ricondotti al codice Ateco 2007 43.39.01 ("Attività non specializzate di lavori edili")

che comprende anche "Altri lavori di costruzione e installazione n.c.a." e non al codice 41.2 "Costruzione di edifici residenziali e non residenziali". 3 Resta naturalmente inteso che, per poter applicare il reverse charge è necessario che il cessionario e/o il committente sia/siano un soggetto

Iva. Diversamente, qualora il committente sia un privato, l’imposta sarà dovuta dal cedente o prestatore secondo i criteri ordinari.

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8 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Tale documento può essere inviato al SdI e, in caso di utilizzo del servizio di conservazione

gratuito, lo stesso verrà portato automaticamente in conservazione.

Con il recente provvedimento direttoriale n. 99922/2020, oltre ad aver prorogato il termine per

l’adesione al servizio di consultazione delle fatture elettroniche4, l’Agenzia delle entrate ha approvato

le nuove specifiche tecniche per la predisposizione delle fatture elettroniche e delle note di variazione

mediante SdI. In particolare, grazie all’inserimento di nuove codifiche riferite al “Tipo Documento” e alla

“Natura”, le nuove specifiche tecniche indicate dal citato provvedimento consentono di ottenere un

maggiore grado di dettaglio dell’operazione certificata e una più puntuale rispondenza con la normativa

fiscale5.

Con riferimento alle operazioni in reverse charge per i servizi di pulizia, demolizione, installazione

di impianti e completamento relative a edifici, si segnala:

− l’introduzione di un nuovo codice riferito all’integrazione della fattura (TD16 per il reverse

charge interno);

− una distinzione più puntuale delle operazioni in inversione contabile (N6.7 inversione contabile

– prestazioni comparto edile e settori connessi).

Indicazione nella dichiarazione annuale Iva del cedente o del prestatore

Il cedente o prestatore dovrà riportare, in uno dei campi del rigo VE35 del quadro VE (a seconda della

tipologia di operazione), l’importo delle operazioni rese senza addebito d’imposta nel corso dell’anno

oggetto della dichiarazione, le quali contribuiranno, altresì, alla formazione del volume d’affari del

cedente o del prestatore. In tale rigo (VE35 del quadro VE) confluiscono, infatti, le diverse tipologie di

operazioni soggette al meccanismo dell’inversione contabile, il cui ammontare complessivo andrà

indicato a campo 1.

Più precisamente, le prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e

di completamento relative a edifici (per le quali l’imposta è dovuta dal cessionario) dovranno

essere indicate nel campo 8 del RIGO VE35 del quadro VE.

4 Il servizio resterà utilizzabile, sino al 4 maggio 2020, anche da parte dei soggetti che non abbiano manifestato alcuna scelta, mentre, grazie

al provvedimento direttoriale n. 99922/2020, i consumatori finali che abbiano già aderito servizio di consultazione possono consultare, a

partire dallo scorso 1° marzo 2020, le proprie fatture ricevute. 5 L'introduzione di tali nuove codifiche renderà verosimilmente più precisa la redazione delle dichiarazioni annuali Iva “precompilate” che

saranno messe a disposizione dei soggetti passivi a partire dalle operazioni relative al 2021, così come disposto dall’articolo 4, D.Lgs. 127/2015,

recentemente modificato dall'articolo 16, D.L. 124/2019.

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9 Consulenza immobiliare n. 24/2020

L’importo indicato a campo 8 del rigo VE35 concorre, poi, alla determinazione del volume d’affari del

soggetto prestatore, riportato nel rigo VE50, ma la relativa imposta non concorre alla determinazione

dell’Iva a debito (nel quadro VL e nel rigo VX1), in quanto la stessa è assolta dal committente.

Indicazione nella dichiarazione annuale Iva del cessionario o committente

Il cessionario o committente che ha ricevuto la fattura – e l’ha integrata con la relativa imposta – deve

rappresentare nella dichiarazione Iva annuale la doppia registrazione effettuata:

− la registrazione effettuata nel registro Iva acquisti trova rappresentazione nel quadro VF, per cui il

soggetto procederà a indicare nei righi da VF1 a VF13 l’imponibile e l’imposta relativi all’operazione,

secondo l’aliquota Iva corrispondente;

− la registrazione effettuata nel registro Iva vendite trova rappresentazione nel quadro VJ, nel rigo

corrispondente alla tipologia di operazione effettuata.

L’annotazione effettuata nel registro Iva vendite per l’operazione di acquisto in reverse charge non

va indicata nel quadro VE (tale quadro accoglie soltanto le operazioni attive che concorrono a

formare il volume d’affari), bensì nel quadro VJ, nell’apposito rigo VJ16.

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10 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Utilizzo dell’eccedenza detraibile

L’applicazione del meccanismo del reverse charge conduce a un’inevitabile posizione di credito

strutturale dei cedenti o prestatori. Questi ultimi, infatti, a fronte di operazioni attive con emissione di

fatture senza addebito dell’imposta, sostengono acquisti con addebito dell’Iva, e dunque con il relativo

diritto alla detrazione (salvo l’applicazione del pro rata o altre cause di in detraibilità).

Al fine di scongiurare gli effetti finanziari negativi che derivano dal venir meno del diritto di

rivalsa, il contribuente che ha maturato un credito Iva può avvalersi della facoltà di richiedere la

restituzione dello stesso (o il diritto ad utilizzarlo in compensazione) a norma dell’articolo 38-bis,

D.P.R. 633/1972.

In particolare, il credito Iva dell’anno 2019, indicato nel rigo VX2 della dichiarazione Iva 2020 (da

presentarsi entro la fine del prossimo mese di aprile), può essere recuperato dal soggetto passivo

ricorrendo alle modalità sinteticamente descritte nella tabella sottostante.

Possibili utilizzi del credito Iva annuale

Compensazione

verticale

La scelta più semplice per recuperare l’eccedenza annuale detraibile, in presenza di

successive liquidazioni periodiche a debito, è senza dubbio quella della compensazione

“verticale” che, avvenendo direttamente in sede di liquidazione del tributo, consente di

ridurre, in tutto o in parte, il debito Iva (mensile o trimestrale). Peraltro, l’eventuale credito

residuo (non utilizzato nell’ambito delle liquidazioni periodiche) non viene perso, ma può

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11 Consulenza immobiliare n. 24/2020

essere utilizzato, fino a completo esaurimento dello stesso, nelle liquidazioni periodiche delle

successive annualità6

Compensazione

orizzontale

La compensazione “orizzontale” rappresenta una modalità di recupero dell’eccedenza

detraibile che consente, ai soggetti passivi Iva strutturalmente a credito, di recuperare

l’eccedenza d’imposta mediante la compensazione con posizioni a debito sorte per altri

tributi, mediante Modello F24, entro il limite annuo di 700.000 euro ai sensi dell’articolo 34,

comma 1, L. 388/2000 (elevato a 1.000.000 di euro per i subappaltatori edili, se il volume

d’affari registrato nell’anno precedente sia costituito, per almeno l’80%, da prestazioni rese in

esecuzione di contratti di subappalto). L’eccedenza di Iva detraibile che eccede le predette

soglie (700.000 euro o 1.000.000 di euro per i subappaltatori edili) non è persa, ma può essere

riportata “a nuovo” nell’anno solare successivo, ovvero richiesta a rimborso, al ricorrere dei

requisiti di cui agli articoli 30 e 38-bis, D.P.R. 633/1972

Rimborso Consente di monetizzare il credito annuale Iva, previa presentazione di apposita istanza di

rimborso, purché siano rispettati i requisiti e le condizioni prescritte dall’articolo 30, D.P.R.

633/1972 (presupposti per il rimborso) e dall’articolo 38-bis, D.P.R. 633/1972 (regole per

l’esecuzione del rimborso)

L’opzione per l’una o per l’altra delle suddette modalità di utilizzo dell’eccedenza detraibile non è

esclusiva, nel senso che il contribuente può liberamente decidere quale parte del credito annuale

chiedere a rimborso e quale destinare alla compensazione orizzontale (con altri tributi e contributi) e/o

verticale (con i versamenti Iva mensili o trimestrali o a titolo di acconto).

Così, ad esempio, un soggetto passivo potrà decidere di richiedere a rimborso una parte

dell’eccedenza detraibile e di utilizzare la restante parte in compensazione orizzontale (con altri

tributi e contributi) oppure verticale (con i versamenti Iva mensili o trimestrali o a titolo di

acconto). D’altra parte, l’ammontare di credito Iva da richiedere a rimborso viene indicato nel rigo

VX4 mentre l’ammontare da utilizzare in compensazione nel rigo VX5.

6 È bene precisare che l’istituto della compensazione verticale non è di fatto conveniente per tutti i soggetti passivi Iva che si trovano in una

posizione strutturale di credito Iva. Quindi, non solo per i cedenti e prestatori che effettuano operazioni assoggettate al meccanismo del reverse

charge (interno o esterno), ma anche per coloro che prestano prevalentemente beni e servizi a favore di committenti (P.A. e altre società) in

relazione ai quali trova applicazione il meccanismo dello split paymey, di cui all’articolo 17, D.P.R. 633/1972.

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12 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Rimborsi Iva in via prioritaria

A favore dei soggetti che effettuano prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di

impianti e di completamento relative a edifici, è altresì prevista, a norma dell’articolo 38-bis, comma

10, D.P.R. 633/1972, la possibilità di ottenere l’esecuzione dei rimborsi Iva in via prioritaria, previa

indicazione del codice 8 (a loro riservato) da indicare nella casella 4 “Contribuenti ammessi all’erogazione

prioritaria del rimborso” presente nel rigo VX4 del modello Iva 2020.

Ai fini dell’erogazione prioritaria del rimborso, l’articolo 2, comma 2, D.M. 22 marzo 2007 richiede

la verifica dei seguenti requisiti:

− esercitare l’attività da almeno 3 anni;

− avere un’eccedenza detraibile, richiesta a rimborso, di importo pari o superiore a 10.000 euro in

caso di rimborso annuale (3.000 euro in caso di rimborso infrannuale);

− possedere un’eccedenza detraibile, richiesta a rimborso, di importo pari o superiore al 10%

dell’importo complessivo dell’imposta assolta sugli acquisti e sulle importazioni effettuati nel

periodo d’imposta a cui si riferisce il rimborso richiesto.

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Iva e indirette

13 Consulenza immobiliare n. 24/2020

SCHEDA DI SINTESI

L’articolo 1, commi 629 e 631, L. 190/2014, ha disposto l’estensione del meccanismo di

assolvimento dell’Iva – mediante l’istituto dell’inversione contabile (c.d. reverse charge) – alle

“prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento

relative ad edifici”, di cui all’articolo 17, comma 6, lettera a-ter), D.P.R. 633/1972.

Il regime previsto dall’articolo 17, comma 6, lettera a-ter), D.P.R. 633/1972 – che si affianca (e

non si sostituisce) al regime del reverse charge per le prestazioni rese dai subappaltatori edili

di cui all’articolo 17, comma 6, lettera a), D.P.R. 633/1972 – è stato oggetto nel recente passato

di importanti chiarimenti da parte dell’Agenzia delle entrate (circolari n. 14/E/2015 e n.

37/E/2015).

In base al meccanismo dell’inversione contabile, l’imposta viene assolta dal cessionario o

committente (soggetto passivo Iva) previa integrazione della fattura ricevuta (con l’indicazione

dell’imposta dovuta), ovvero mediante l’emissione di un’autofattura. Sempre il cessionario o

committente sarà poi tenuto a registrare l’operazione sia nel registro Iva acquisti sia nel registro

Iva vendite. Per gli acquisti interni soggetti a reverse charge, l’integrazione della fattura ricevuta

può avvenire, facoltativamente, mediante la predisposizione di un altro documento da allegare

al file della fattura in questione, contenente sia i dati per l’integrazione, sia gli estremi della

stessa.

L’applicazione del meccanismo del reverse charge conduce a un’inevitabile posizione di credito

strutturale dei cedenti o prestatori. Al fine di scongiurare gli effetti finanziari negativi che

derivano dal venir meno del diritto di rivalsa, si riconosce a detti soggetti la possibilità di

scomputare l’eccedenza annuale detraibile dall’imposta a debito emergente dalle liquidazioni

periodiche relative all’anno successivo (compensazione verticale), ovvero di compensare

l’eccedenza detraibile con altre imposte, contributi e altre somme dovute, mediante modello

F24 (compensazione orizzontale).

In alternativa all’utilizzo in compensazione (orizzontale o verticale) dell’eccedenza annuale

detraibile, il contribuente può monetizzare il credito annuale Iva, previa presentazione di

apposita istanza di rimborso, purché siano rispettati i requisiti e le condizioni prescritte

dall’articolo 30, D.P.R. 633/1972 (presupposti per il rimborso) e dell’articolo 38-bis, D.P.R.

633/1972 (regole per l’esecuzione del rimborso). Peraltro, ai soggetti che effettuano in via

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Iva e indirette

14 Consulenza immobiliare n. 24/2020

prevalente, nel periodo oggetto della richiesta di rimborso, prestazioni di servizi nel settore

edile in reverse charge, è riconosciuta la possibilità di ottenere il rimborso in via prioritaria del

credito Iva, ai sensi dell’articolo 38-bis, comma 10, D.P.R. 633/1972.

L’opzione per l’una o per l’altra delle suddette modalità di utilizzo dell’eccedenza detraibile

non è esclusiva, nel senso che il contribuente può liberamente decidere quale parte del credito

annuale chiedere a rimborso e quale destinare alla compensazione orizzontale (con altri tributi

e contributi) e/o verticale (con i versamenti Iva mensili o trimestrali o a titolo di acconto).

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15 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Consulenza immobiliare n. 24/2020

Il punto sulla deducibilità dell’Imu per

imprese e professionisti dopo la Legge

di Bilancio 2020 di Sandro Cerato – dottore commercialista e pubblicista

Premessa

L’articolo 14, comma 1, D.Lgs. 23/2011, aveva originariamente previsto l’indeducibilità dell’Imu dalle

imposte sui redditi (Ires/Irpef) e dall’Irap. Successivamente, il Legislatore ha introdotto talune

disposizioni normative tese a derogare “gradualmente” a tale regola di indeducibilità (limitatamente

alle imposte sui redditi) per determinate tipologie di immobili (strumentali per natura o destinazione)

posseduti da imprese e professionisti.

Modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2014

L’articolo 1, comma 715, L. 147/2013, aveva originariamente riconosciuto, a imprese e professionisti, la

possibilità di dedurre dalle imposte sui redditi (d’impresa e di lavoro autonomo), ancorché soltanto in

misura parziale, l’Imu pagata per gli immobili strumentali dagli stessi posseduti o detenuti in locazione

finanziaria. In particolare, attraverso tale intervento normativo, ferma restando l’indeducibilità del

tributo ai fini Irap, è stato sostanzialmente stabilito che l’Imu relativa a tali immobili – a esclusione di

interessi e sanzioni dovute in caso di tardivo pagamento dell’imposta (circolare n. 10/E/2014) - fosse

deducibile dal reddito di impresa e dal reddito di lavoro autonomo nella misura:

− del 30% per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2013;

− del 20% a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014.

Percentuale di deducibilità Decorrenza Periodo d’imposta solare

30% Periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2013 2013

20% Periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 e

successivi

2014 e successivi

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Irpef-Ires

16 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2019

L’articolo 1, comma 12, L. 145/2018 (Legge di Bilancio 2019), intervenendo sull’articolo 14, comma 1,

D.Lgs. 23/2011, aveva successivamente fissato al 40% la percentuale di deducibilità dell’Imu dalle

imposte sui redditi (Irpef e Ires) relativa agli immobili strumentali. In assenza di un’espressa

disposizione di decorrenza, la modifica in parola avrebbe dovuto operare dal 1° gennaio 2019.

Percentuale di deducibilità Decorrenza Periodo d’imposta solare

30% Periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2013 2013

20% Periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 e sino

a quello in corso al 31 dicembre 2018.

Dal 2014 al 2018

40% Periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2019 (e

successivi)

Dal 2019 e successivi

Modifiche introdotte dal D.L. 34/2019 convertito

Il D.L. 34/2019 (c.d. “Decreto Crescita”) ha modificato l’illustrato contesto normativo prevedendo,

all’articolo 14, comma 1, D.Lgs. 23/2011, che la percentuale di deducibilità dell’Imu dal reddito

d’impresa e di lavoro autonomo fosse gradualmente incrementata nel seguente modo:

− 50% per il periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018;

− 60% per il periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 e a quello in corso al

31 dicembre 2020;

− 70%, dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021.

Ferme restando le richiamate percentuali di deducibilità parziale e l’integrale indeducibilità

dell’Imu dalla base imponibile Irap, la L. 58/2019 di conversione del D.L. 34/2019, ha poi disposto

l’integrale deducibilità del tributo a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso

al 31 dicembre 2022.

Percentuale di deducibilità Decorrenza Periodo d’imposta solare

30% Periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2013 2013

20% Periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 e sino

a quello in corso al 31 dicembre 2018

Dal 2014 al 2018

50% Periodo di imposta successivo a quello in corso al 31

dicembre 2018

2019

60% Periodo di imposta successivo a quello in corso al 31

dicembre 2019 e a quello in corso al 31 dicembre 2020

2020 e 2021

70% Periodo di imposta successivo a quello in corso al 31

dicembre 2021

2022

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17 Consulenza immobiliare n. 24/2020

100% Periodo di imposta successivo a quello in corso al 31

dicembre 2022 e successivi

2023 e successivi

Modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2020

La L. 160/2019 (Legge di Bilancio 2020) è intervenuta nuovamente in maniera significativa sulla

deducibilità dell’Imu (dal reddito di impresa e di lavoro autonomo) relativa agli immobili strumentali:

− confermando la deducibilità del tributo al 50%, per il periodo di imposta successivo a quello in corso

al 31 dicembre 2018;

− aumentando progressivamente la percentuale deducibilità a partire dal periodo di imposta successivo

a quello in corso al 31 dicembre 2019 fino a prevederne la deducibilità integrale dal periodo di imposta

successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021.

In particolare, l’articolo 1, commi 772 e 773, L. 160/2019, nell’ambito dell’unificazione della disciplina

Imu e Tasi dal periodo di imposta 2020, ha stabilito che la deducibilità Imu dal reddito di impresa e di

lavoro autonomo, in relazione agli immobili strumentali, operi nella misura del:

− 60%, limitatamente ai periodi d’imposta successivi a quelli in corso al 31 dicembre 2019 e al 31

dicembre 2020;

− 100%, a regime, dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021.

Percentuale di deducibilità Decorrenza Periodo d’imposta solare

30% Periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2013 2013

20% Periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 e sino

a quello in corso al 31 dicembre 2018

Dal 2014 al 2018

50% Periodo di imposta successivo a quello in corso al 31

dicembre 2018.

2019

60% Periodo di imposta successivo a quello in corso al 31

dicembre 2019 e a quello in corso al 31 dicembre 2020

2020 e 2021

100% Periodo di imposta successivo a quello in corso al 31

dicembre 2021 e successivi

2022 e successivi

100% Periodo di imposta successivo a quello in corso al 31

dicembre 2022 e successivi

2023 e successivi

È giusto il caso di precisare che la deduzione in parola, nelle percentuali definite dai diversi

interventi normativi che si sono succeduti nel corso del tempo, opera anche con riferimento:

− all’imposta municipale immobiliare (Imi) della Provincia autonoma di Bolzano, di cui all’articolo

1, comma 508, L. 190/2014;

− all’imposta immobiliare semplice (Imis) della Provincia autonoma di Trento, di cui all’articolo 1,

comma 9-ter, D.L. 4/2015.

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18 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Contribuenti interessati dall’agevolazione

La deduzione dell’Imu pagata sugli immobili strumentali interessa i soggetti passivi titolari di reddito

d’impresa o di reddito derivante dall’esercizio di arte o professione, ovvero:

− le società e gli enti commerciali residenti;

− gli enti non commerciali, limitatamente all’Imu pagata sugli immobili relativi all’attività commerciale

esercitata;

− le Snc, Sas ed equiparate e le imprese individuali, familiari o coniugali;

− le persone fisiche, le società e gli enti non residenti che esercitano attività commerciali nel territorio

dello Stato mediante stabili organizzazioni;

− i professionisti e gli studi professionali.

Immobili interessati dall’agevolazione

Per poter dedurre l’Imu dalla base imponibile Ires/Irpef è necessario che tale imposta sia afferente a

fabbricati strumentali, posseduti a titolo di proprietà o di altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione,

enfiteusi e superficie), oppure dati in concessione (beni su aree demaniali) o concessi in locazione

finanziaria (leasing) per i quali, ai sensi dell’articolo 9, comma 1, D.Lgs. 23/2011, l’imposta è dovuta

rispettivamente dal concessionario e dal locatario (o conduttore). Ai fini che qui interessa, si definiscono

immobili strumentali, a norma dell’articolo 43, comma 2, Tuir:

− gli immobili strumentali per natura;

− gli immobili strumentali per destinazione;

− gli immobili strumentali per destinazione pro tempore.

Tipologia Definizione

Immobili

strumentali per

natura

Sono considerati immobili strumentali per natura, gli immobili che, per le loro

caratteristiche, non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni,

anche se tenuti a disposizione ovvero dati in locazione o concessi in comodato a terzi. In

particolare, sono considerati strumentali per natura (risoluzione n. 3/330/E/1989), le unità

immobiliari che risultino classificate o classificabili in Catasto in una delle seguenti

categorie:

- C (unità immobiliari a destinazione ordinaria, commerciale e varia)

- B (unità immobiliari per uso di alloggi collettivi)

- D (immobili a destinazione speciale)

- E (immobili a destinazione particolare)

- A/10 (uffici e studi privati, se la destinazione a ufficio o studio privato risulta dalla

licenza o concessione edilizia, anche in sanatoria)

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19 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Immobili

strumentali per

destinazione

Sono strumentali per destinazione gli immobili “utilizzati esclusivamente per l’esercizio

dell’impresa commerciale da parte del possessore”7. Nel contesto di alcuni documenti di

prassi, l’Agenzia delle entrate ha ulteriormente precisato che:

- l’unità immobiliare adibita ad abitazione del custode, annessa a un opificio industriale,

è un immobile strumentale e, per tale ragione, è soggetta ad ammortamento (risoluzione

n. 885/E/1982)

- anche i terreni possono risultare strumentali per destinazione, a condizione che

partecipino a un processo produttivo; questo è il tipico caso, ad esempio, di un terreno

permanentemente adibito dalle imprese edili a deposito di materiale (risoluzione n.

1579/E/1982)

- è esclusa la strumentalità per destinazione degli immobili abitativi locati a terzi,

ritenendoli oggetto dell’attività propria dell’impresa (risoluzione n. 885/1982 e circolare

n. 112/E/1999)

Strumentali pro

tempore

Sono definiti immobili strumentali per destinazione pro tempore, ai sensi dell’articolo 43,

comma 2, ultimo periodo, Tuir, i fabbricati concessi in uso dal datore di lavoro a propri

dipendenti che, per esigenze di lavoro, abbiano trasferito la loro residenza anagrafica nel

Comune in cui prestano la loro attività, per il periodo d’imposta in cui si verifica il

trasferimento e nei 2 periodi successivi

Strumentalità e imprenditori individuali

Con riferimento alle imprese individuali, a norma dell’articolo 65, Tuir, si considerano relativi all’impresa

solo gli immobili strumentali debitamente indicati nel libro degli inventari o nel registro dei beni

ammortizzabili8. Conseguentemente, l’imprenditore non ha diritto alla deduzione dell’Imu pagata in

relazione a un immobile che non sia stato preliminarmente contabilizzato.

Gli immobili detenuti dalle società immobiliari di gestione

Una considerazione è doverosa per quanto attiene gli immobili detenuti dalle società immobiliari di

gestione, vale a dire gli immobili posseduti dalle imprese che si limitano al mero godimento degli stessi,

normalmente concedendoli in locazione a terzi9. Per tali società si pone, infatti, la necessità di

individuare i beni per i quali è ammessa la deducibilità parziale dell’Imu. Se per gli immobili strumentali

7 Rientra nel novero degli immobili strumentali per destinazione l’unità immobiliare destinata a ufficio amministrativo e/o commerciale

accatastata in una delle categorie che contraddistinguono le unità abitative (A/2) e non nella categoria A/10 (nel qual caso di configura la

strumentalità per natura come sopra evidenziato). 8 È giusto il caso di precisare che, ai sensi dell’articolo 13, D.P.R. 435/2001, le imprese minori sono esonerate dall’istituzione e tenuta del

registro dei beni ammortizzabili a condizione che queste siano in grado di fornire i dati ivi contenuti in caso di richiesta pervenuta

dall’Amministrazione finanziaria. Inoltre, a norma dell’articolo 2, comma 1, D.P.R. 695/1996, viene riconosciuta alle imprese minori la

possibilità di indicare nel registro Iva acquisti, le annotazioni che si dovrebbero effettuare nel registro dei beni ammortizzabili. 9 Per le società immobiliari di gestione non è rilevante l’oggetto indicato nello statuto, né il codice attività indicato e neppure la rilevazione

contabile dell’immobile all’atto dell’acquisizione, ma assume rilevanza esclusivamente l’effettività dell’attività esercitata.

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20 Consulenza immobiliare n. 24/2020

per natura (anche locati) l’Imu è sempre parzialmente deducibile, per gli immobili abitativi è necessario

distinguere a seconda che gli stessi siano:

− tenuti a disposizione (locati o non locati), in tal caso l’Imu rimane indeducibile dal reddito d’impresa;

− strumentali per destinazione, vale a dire utilizzati direttamente dalla società (ad esempio, quale sede

legale e/o amministrativa), in tal caso l’Imu è deducibile nelle percentuali di deducibilità parziale,

stabilite dai diversi interventi normativi che si sono succeduti nel corso degli anni.

Gli immobili strumentali dei professionisti

Con riferimento ai professionisti si considerano strumentali, invece, gli immobili “utilizzati

esclusivamente per l’esercizio dell’arte o professione” da parte del possessore, indipendentemente dalla

categoria catastale cui i fabbricati appartengono, non esistendo, nell’ambito della disciplina del lavoro

autonomo, la nozione di immobile strumentale per natura.

Come precisato dalla prassi notarile, per gli immobili dei professionisti, a differenza di quelli

relativi all’impresa, non è configurabile la strumentalità “per natura”, ma solo quella “per

destinazione” (Studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 64-2011/T).

Gli immobili strumentali a uso promiscuo

Ai fini della deducibilità dell’Imu, occorre, inoltre, verificare che l’utilizzo del fabbricato strumentale sia

effettuato in via esclusiva per l’esercizio dell’arte o professione o dell’impresa commerciale, non

rilevando le ipotesi di utilizzo promiscuo (circolare n. 10/E/2014). Così, ad esempio, non è deducibile

dal reddito di lavoro autonomo, l’Imu relativa a un immobile di categoria catastale A/2 utilizzato in

parte per finalità professionali e in parte per l’uso personale o familiare del possessore: l’imposta

municipale afferente agli immobili strumentali può, pertanto, essere dedotta dalle imposte sui redditi,

solo se assolta in relazione a un immobile utilizzato esclusivamente per l’attività professionale.

Immobili esclusi dall’agevolazione

Stante l’esplicito riferimento normativo agli immobili strumentali, resta indeducibile dalle imposte sui

redditi, l’Imu pagata dal soggetto passivo relativamente:

− agli immobili patrimonio;

− agli immobili merce.

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21 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Definizioni

Immobili

patrimonio

Rientrano nella categoria degli immobili patrimonio, i fabbricati che non sono strumentali

per l’esercizio dell’impresa (per destinazione e/o per natura) e sono diversi da quelli c.d.

merce, come sopra definiti, al cui scambio o produzione è diretta l’attività dell’impresa

Immobili merce Si definiscono immobili merce quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività

di impresa10. Peraltro, nell’ambito degli immobili merce, non rileva la categoria catastale

degli stessi poiché, a prescindere dalla classificazione, mantengono la medesima natura di

beni destinati alla vendita, in quanto oggetto dell’attività propria dell’impresa. A tal fine

non sono nemmeno invocabili le disposizioni in ambito Iva, che distinguono la categoria

dei fabbricati strumentali in relazione alla classificazione catastale, e non in base

all’allocazione contabile degli stessi11

Le agevolazioni Imu per gli immobili merce delle immobiliari di costruzione

L’articolo 1, comma 751, L. 160/2019, è intervenuto sull’agevolazione Imu di cui all’articolo 2, D.L.

102/2013, con la quale era stata disposta, a decorrere dal 1° gennaio 2014, l’esclusione dall’Imu per “i

fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione

e non siano in ogni caso locati”. In particolare, la Legge di Bilancio 2020 ha temporaneamente sospeso

la predetta esenzione dal 1° gennaio 2020 e fino al 31 dicembre 2021, che tornerà in vigore dal 1°

gennaio 2022, previa presentazione della dichiarazione Imu.

La medesima Legge di Bilancio 2020 ha fissato, per gli anni 2020 e 2021, l’aliquota base Imu dei

c.d. “immobili merce” in misura pari allo 0,1%, riconoscendo ai Comuni la facoltà di aumentare

l’aliquota di base fino allo 0,25% o diminuirla fino all’azzeramento12.

Criteri di deducibilità parziale dell’Imu per i titolari di reddito d’impresa

Per i soggetti titolari di reddito di impresa, costituisce costo deducibile dalle imposte sui redditi l’Imu

di competenza di un certo periodo di imposta, a condizione che tale imposta sia pagata dal contribuente,

ai sensi dell’articolo 99, comma 1, Tuir. Secondo l’Agenzia delle entrate, infatti, quest’ultima

disposizione non introdurrebbe:

10 A tal fine, rileva l’oggetto dell’attività dell’impresa che risulta dallo statuto sociale oppure, in subordine, l’oggetto dell’attività effettivamente

svolta. Conseguentemente, costituiscono “immobili merce” i fabbricati costruiti o ristrutturati per la vendita dalle società immobiliari di

costruzione e ristrutturazione, nonché gli immobili (terreni e fabbricati) acquistati per la rivendita dalle società di compravendita immobiliare. 11 Secondo l’articolo 10, n. 8, 8-bis e 8-ter, D.P.R. 633/1972, infatti, le regole di applicazione dell’Iva (imponibilità o esenzione) delle relative

cessioni o locazioni di immobili prescindono dall’iscrizione contabile dei beni, e quindi dal trattamento nell’ambito del reddito d’impresa,

avendo riguardo alla sola classificazione catastale del bene. 12 Secondo l’ANCE, a fronte dell’unificazione tra Imu e Tasi, i fabbricati costruiti dall’impresa edile per la vendita e non locati sono tenuti

esclusivamente all’obbligo di pagare un’aliquota corrispondente alla “vecchia Tasi”, sebbene a titolo di Imu.

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22 Consulenza immobiliare n. 24/2020

“ai fini della determinazione del reddito d’impresa un puro criterio di cassa in deroga a quello generale

di competenza dei componenti negativi, ma costituisce una norma di cautela per gli interessi erariali

introducendo un’ulteriore condizione di deducibilità per le imposte che è appunto l’avvenuto

pagamento” (circolare n. 10/E/2014).

Conseguentemente, per i titolari di reddito d’impresa, l’Imu di competenza del periodo di imposta in

corso al 31 dicembre 2019 costituisce un costo deducibile a condizione che l’imposta sia stata pagata

nel medesimo periodo d’imposta. Diversamente, il tardivo versamento nel 2020 dell’Imu relativa al 2019

rappresenta:

− un costo indeducibile nel 2019, in quanto non sussiste, in detto periodo d’imposta, l’ulteriore

condizione del pagamento;

− un costo deducibile nel 2020 (periodo d’imposta in cui è avvenuto il pagamento del tributo) mediante

una variazione in diminuzione da operare nel modello Redditi 2021.

In caso di tardivo versamento, nel 2020, dell’Imu relativa al 2019 (annualità in cui risulta

deducibile in misura pari al 50%), potrebbe sorgere il dubbio circa l’individuazione della corretta

percentuale di deducibilità. Mutuando quanto già chiarito in passato dall’Agenzia delle entrate

(circolare n. 10/E/2014), nella suddetta ipotesi si tratterrebbe di un costo di competenza del 2019

deducibile dal reddito d’impresa (in misura pari al 50%), a nulla rilevando che il pagamento sia

avvenuto nel 2020 (annualità per la quale la percentuale di deducibilità è pari al 60%).

Criteri di deducibilità parziale dell’Imu per i titolari di reddito di lavoro autonomo

Per i soggetti titolari di redditi di lavoro autonomo, in assenza di una specifica disposizione, si applica,

sempre secondo quanto precisato dall’Amministrazione finanziaria, il principio generale di cui

all’articolo 54, comma 1, Tuir, che dispone la deducibilità per cassa dei componenti negativi di reddito

di lavoro autonomo. Ciò sta a significare che l’Imu è deducibile nell’anno in cui avviene il relativo

pagamento, anche se tardivo, e comunque a partire dall’Imu relativa all’anno 2013 (circolare n.

10/E/2014).

La deducibilità parziale dell’Imu e la compilazione del modello Redditi

Nel modello Redditi SC SP e PF 2020 sono previsti appositi campi destinati ad accogliere l’indicazione

della quota dell’Imu deducibile (pari al 50% per il 2019).

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Irpef-Ires

23 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Società di capitali

Per le società di capitali:

− l’Imu di competenza del 2019 va indicata tra le variazioni in aumento a rigo RF16 “Imposte indeducibili

o non pagate”;

− la quota deducibile (50%) del 2019 va indicata (quale variazione in diminuzione) a rigo RF55, “Altre

variazioni in diminuzione”, utilizzando il codice “38”.

Per le società di persone in contabilità semplificata

Per le società di persone in contabilità semplificata, la quota deducibile (50%) del 2019 va indicata a

rigo RG22, “Altri componenti negativi”, del modello Redditi SP 2020 utilizzando il codice 23.

Imprese individuali in contabilità semplificata

Anche per le imprese individuali in contabilità semplificata, la quota deducibile (50%) dell’Imu relativa

al periodo d’imposta 2019 va indicata a rigo RG22, “Altri componenti negativi”, utilizzando il codice 23.

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Irpef-Ires

24 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Lavoratori autonomi

Per i lavoratori autonomi al rigo RE19 del modello Redditi 2020 PF e del modello Redditi 2020 SP è

presente il campo 3 “IMU”, nel quale occorre evidenziare la quota dell’Imu deducibile versata nel 2019.

La società Beta Srl ha contabilizzato, tra gli oneri diversi di gestione (voce B.14 di Conto economico)

dell’esercizio 2019, un ammontare pari a 3.000 euro a titolo di Imu relativa a un capannone strumentale,

provvedendo al versamento di tale imposta alle ordinarie scadenze. In sede di compilazione di Redditi

SC 2020, la società Beta Srl dovrà indicare nel rigo RF16 l’importo di 3.000 euro pari al 100% dell’Imu

di competenza del periodo 2019.

Nel rigo RF55, tra le variazioni in diminuzione, la società Beta Srl dovrà riportare, invece, l’importo

dell’Imu deducibile di 1.500 euro (pari al 50% dell’imposta municipale versata) indicando il codice 38:

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25 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Le modifiche apportate alla disciplina Imu

È giusto il caso di precisare, a conclusione del presente intervento, che la Legge di Bilancio 2020 ha

disposto, a decorrere dal 2020, l’abolizione della Iuc di cui all’articolo 1, comma 639, L. 147/2013, a

eccezione delle disposizioni relative alla tassa sui rifiuti (Tari), riscrivendo integralmente la disciplina

dell’Imu: tale intervento ha, di fatto, sostanzialmente abolito la Tasi (che viene assorbita nell’Imu),

stante il fatto che l’abrogata Iuc si componeva oltre che dell’Imu e della Tari (che rimane confermata),

anche del tributo per i servizi indivisibili (Tasi).

L’assorbimento della disciplina Tasi (nell’ambito di quella Imu) potrebbe, sotto il profilo della

deducibilità delle imposte, penalizzare imprese e professionisti, poiché, fino al 2019, la Tasi

risultava interamente deducibile ai fini delle imposte dirette e dell’Irap, a dispetto di quanto

previsto ai fini Imu, ove è riconosciuta la deducibilità del tributo soltanto in misura parziale (nel

rispetto delle richiamate percentuali) e limitatamente alle imposte sui redditi (Ires/Irpef).

È probabile, quindi, che l’unificazione delle 2 discipline (Imu e Tasi) possa, in via transitoria, determinare

un maggior prelievo fiscale per imprese e professionisti, in ragione del fatto che l’importo che prima

sarebbe stato versato a titolo di Tasi (e come tale interamente deducibile ai fini delle imposte dirette)

lo diverrebbe in misura parziale per il corrente periodo d’imposta e per quello successivo13.

SCHEDA DI SINTESI

La deducibilità dalle imposte sui redditi (Irpef/Ires) dell’Imu relativa agli immobili strumentali

è stata introdotta, nella misura del 30% per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013

e nella misura del 20% dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2014 e sino al periodo

di imposta in corso al 31 dicembre 2018. Per il periodo d’imposta successivo a quello in corso

13 Resta naturalmente inteso che la problematica in discorso si risolverà dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre

2021, essendo prevista, a decorrere da tale periodo, l’integrale deducibilità dell’Imu dalle imposte sui redditi di imprese e professionisti.

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Irpef-Ires

26 Consulenza immobiliare n. 24/2020

al 31 dicembre 2018, la deducibilità dell’Imu dal reddito di impresa e di lavoro autonomo è

stata prevista in misura pari al 50%.

La L. 160/2019 (Legge di Bilancio 2020) è intervenuta sulla deduzione, incrementando al 60%

la percentuale di deducibilità del tributo per i periodi d’imposta successivi a quelli in corso al

31 dicembre 2019 e al 31 dicembre 2020, fino a prevederne l’integrale deducibilità a decorrere

dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021. Resta confermata

l’indeducibilità del tributo ai fini Irap.

L’agevolazione in discorso opera con riferimento ai solo immobili strumentali per natura (quelli

classificati nelle categorie A/10, B, C, D ed E, a prescindere dal loro utilizzo) e per destinazione

(quelli effettivamente ed esclusivamente utilizzati direttamente per lo svolgimento dell’attività

d’impresa, a prescindere dalla categoria catastale), anche pro tempore (concessi

temporaneamente in uso ai dipendenti che trasferiscono la residenza). Con riferimento ai

professionisti si considerano strumentali gli immobili “utilizzati esclusivamente per l’esercizio

dell’arte o professione”, indipendentemente dalla categoria catastale a cui i fabbricati

appartengono.

La deduzione dal reddito d’impresa spetta a condizione che l’imposta, stanziata nel periodo

d’imposta di competenza, sia anche effettivamente pagata in tale anno, pena lo slittamento

della deduzione nel periodo d’imposta in cui avviene la corresponsione del tributo (in quanto

l’articolo 99, Tuir prevede la deduzione per cassa delle imposte). Per i soggetti titolari di reddito

di lavoro autonomo, in assenza di una specifica disposizione, si applica il principio generale

dell’articolo 54, comma 1, Tuir, che dispone la deducibilità per cassa dei componenti negativi

di reddito di lavoro autonomo.

Nel modello Redditi SC SP e PF 2020 sono previsti appositi campi destinati ad accogliere

l’indicazione della quota dell’Imu deducibile che, per il periodo d’imposta cui si riferisce la

dichiarazione (2019) risulta essere pari al 50%.

La Legge di Bilancio 2020 ha disposto, a decorrere dal 2020, l’abolizione della Iuc di cui

all’articolo 1, comma 639, L0 147/2013, a eccezione delle disposizioni relative alla tassa sui

rifiuti (Tari), riscrivendo integralmente la disciplina dell’Imu. L’assorbimento della disciplina

Tasi (nell’ambito di quella Imu) potrebbe, sotto il profilo della deducibilità delle imposte,

penalizzare imprese e professionisti, poiché, fino al 2019, la Tasi risultava interamente

deducibile ai fini delle imposte dirette e Irap, a dispetto di quanto previsto ai fini Imu, ove è

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27 Consulenza immobiliare n. 24/2020

riconosciuta la deducibilità del tributo soltanto in misura parziale (nel rispetto delle percentuali

previste) e limitatamente alle imposte sui redditi (Ires/Irpef).

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Società immobiliari

28 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Consulenza immobiliare n. 24/2020

Le società immobiliari di comodo:

fattispecie, cause di esclusione e cause

di disapplicazione automatica di Alessandro Biasioli – avvocato

Premessa

Analizzeremo, in questo contributo, quelle situazioni societarie comunemente definite quali “società di

comodo”, prestando attenzione alle norme dell’ordinamento tributario volte a contrastare tali fenomeni

finalizzati a consentire un mero godimento diretto o indiretto di beni e servizi da parte della società

stessa.

La norma di primaria importanza in materia è contenuta nell’articolo 30, L. 724/1994 introdotta (e più

volte modificata) allo scopo di disincentivare la pratica, sempre più frequente, di creare società ad hoc

da utilizzare come schermo per nascondere l’effettivo proprietario dei beni – generalmente immobili –

per beneficiare delle norme fiscali più favorevoli dettate proprio per le società.

Lo scopo della disciplina in esame è di non favorire quelle società che, al di là dell’oggetto sociale

dichiarato, sono state evidentemente costituite per gestire un patrimonio nell’interesse dei soci (o,

spesso, dei familiari dei soci), anziché esercitare l’effettiva attività commerciale.

Le società di comodo: società non operative e società in perdita sistematica

Riportiamo, innanzitutto, il testo della norma di riferimento.

Articolo 30, L. 724/1994 – Società di comodo. Valutazione dei titoli

1. Agli effetti del presente articolo le Spa, Sapa, Srl, Snc e Sas, nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti,

con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, si considerano non operativi se l'ammontare complessivo dei

ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal Conto economico, ove

prescritto, è inferiore alla somma degli importi che risultano applicando le seguenti percentuali:

a) il 2% al valore dei beni indicati nell'articolo 85, comma 1, lettere c), d) ed e), Tuir, di cui al D.P.R. 917/1986 e delle

quote di partecipazione nelle società commerciali di cui all'articolo 5 del medesimo testo unico, anche se i predetti

beni e partecipazioni costituiscono immobilizzazioni finanziarie, aumentato del valore dei crediti;

b) il 6% al valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e da beni indicati nell'articolo 8-bis, comma 1,

lettera a), D.P.R. 633/1972, e successive modificazioni, anche in locazione finanziaria per gli immobili classificati

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Società immobiliari

29 Consulenza immobiliare n. 24/2020

nella categoria catastale A/10, la predetta percentuale è ridotta al 5%; per gli immobili a destinazione abitativa

acquisiti o rivalutati nell'esercizio e nei 2 precedenti, la percentuale è ulteriormente ridotta al 4% per tutti gli immobili

situati in Comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti la percentuale è dell'1%;

c) il 15% al valore delle altre immobilizzazioni, anche in locazione finanziaria.

Le disposizioni del primo periodo non si applicano:

1. ai soggetti ai quali, per la particolare attività svolta, è fatto obbligo di costituirsi sotto forma di società di capitali;

2. ai soggetti che si trovano nel primo periodo di imposta;

3. alle società in amministrazione controllata o straordinaria;

4. alle società ed enti i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati italiani;

5. alle società esercenti pubblici servizi di trasporto;

6. alle società con un numero di soci non inferiore a 50;

6-bis. alle società che nei 2 esercizi precedenti hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle 10 unità;

6-ter. alle società in stato di fallimento, assoggettate a procedure di liquidazione giudiziaria, di liquidazione coatta

amministrativa e in concordato preventivo;

6-quater. alle società che presentano un ammontare complessivo del valore della produzione (raggruppamento A del

Conto economico) superiore al totale attivo dello Stato patrimoniale;

6-quinquies. alle società partecipate da enti pubblici almeno nella misura del 20% del capitale sociale;

6-sexies. alle società che risultano congrue e coerenti ai fini degli studi di settore;

2. ai fini dell'applicazione del comma 1, i ricavi e i proventi nonché i valori dei beni e delle immobilizzazioni vanno

assunti in base alle risultanze medie dell'esercizio e dei 2 precedenti. Per la determinazione del valore dei beni si

applica l’articolo 110, comma 1, Tuir approvato con D.P.R. 917/1986; per i beni in locazione finanziaria si assume il

costo sostenuto dall'impresa concedente, ovvero, in mancanza di documentazione, la somma dei canoni di locazione

e del prezzo di riscatto risultanti dal contratto;

3. fermo l'ordinario potere di accertamento, ai fini dell'imposta personale sul reddito per le società e per gli enti non

operativi indicati nel comma 1 si presume che il reddito del periodo di imposta non sia inferiore all'ammontare della

somma degli importi derivanti dall'applicazione, ai valori dei beni posseduti nell'esercizio, delle seguenti percentuali:

a) l'1,50% sul valore dei beni indicati nella lettera a) del comma 1;

b) il 4,75% sul valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e da beni indicati nell'articolo 8-bis, comma

1, lettera a), D.P.R. 633/1972 e successive modificazioni, anche in locazione finanziaria per le immobilizzazioni

costituite da beni immobili a destinazione abitativa acquisiti o rivalutati nell'esercizio e nei 2 precedenti la predetta

percentuale è ridotta al 3% per gli immobili classificati nella categoria catastale A/10, la predetta percentuale è

ulteriormente ridotta al 4%; per tutti gli immobili situati in Comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti la

percentuale è dello 0,9%;

c) il 12% sul valore complessivo delle altre immobilizzazioni anche in locazione finanziaria.

Le perdite di esercizi precedenti possono essere computate soltanto in diminuzione della parte di reddito eccedente

quello minimo di cui al presente comma;

3-bis. fermo l'ordinario potere di accertamento, ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive per le società e

per gli enti non operativi indicati nel comma 1 si presume che il valore della produzione netta non sia inferiore al

reddito minimo determinato ai sensi del comma 3 aumentato delle retribuzioni sostenute per il personale dipendente,

dei compensi spettanti ai collaboratori coordinati e continuativi, di quelli per prestazioni di lavoro autonomo non

esercitate abitualmente e degli interessi passivi;

4. Per le società e gli enti non operativi, l'eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione presentata ai fini dell'Iva

non è ammessa al rimborso né può costituire oggetto di compensazione ai sensi dell'articolo 17, D.Lgs. 241/1997, o

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30 Consulenza immobiliare n. 24/2020

di cessione ai sensi dell'articolo 5, comma 4-ter, D.L. 70/1988, convertito, con modificazioni, dalla L. 154/1988.

Qualora per 3 periodi di imposta consecutivi la società o l'ente non operativo non effettui operazioni rilevanti ai fini

dell'Iva non inferiore all'importo che risulta dalla applicazione delle percentuali di cui al comma 1, l'eccedenza di

credito non è ulteriormente riportabile a scomputo dell'Iva a debito relativa ai periodi di imposta successivi;

4 bis. in presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di

rimanenze e dei proventi nonché del reddito determinati ai sensi del presente articolo, ovvero non hanno consentito

di effettuare le operazioni rilevanti ai fini dell'Iva di cui al comma 4, la società interessata può interpellare

l’amministrazione ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), L. 212/2000, recante lo Statuto dei diritti del

contribuente;

4-ter. con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate possono essere individuate determinate situazioni

oggettive, non trovano applicazione le disposizioni di cui al presente articolo;

4-quater. il contribuente che ritiene sussistenti le condizioni di cui al comma 4-bis ma non ha presentato l’istanza di

interpello prevista dal medesimo comma ovvero, avendola presentata, non ha ricevuto risposta positiva deve darne

separata indicazione nella dichiarazione dei redditi.

5. Il comma 2, articolo 61, Tuir, approvato con D.P.R. 917/1986, è sostituito dal seguente:

“2. Ai fini del raggruppamento in categorie omogenee non si tiene conto del valore e si considerano della stessa

natura i titoli emessi dallo stesso soggetto e aventi uguali caratteristiche”.

6. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 6 si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 1994.

I soggetti cui si applica la disciplina delle società di comodo, quindi, sono:

− Spa;

− Sapa;

− Srl;

− Snc;

− Sas;

− società ed enti di ogni tipo non residenti con stabile organizzazione in Italia.

L’elenco è da considerarsi tassativo, pertanto i soggetti la cui natura giuridica è diversa da quella

prevista dalla norma sono automaticamente esclusi.

Società non operative

Le società come sopra individuate sono considerate non operative, se l'ammontare complessivo dei

ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, risultanti dal Conto economico è inferiore alla

somma degli importi che risultano applicando le seguenti percentuali:

− il 2% al valore dei beni ex articolo 85, comma 1, lettere c), d) ed e), Tuir e delle quote di partecipazione

nelle società commerciali di cui all'articolo 5 , sempre Tuir (relativo ai redditi prodotti in forma

associata), anche se i predetti beni e partecipazioni costituiscono immobilizzazioni finanziarie,

aumentato del valore dei crediti.

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Società immobiliari

31 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Secondo l’articolo 85, comma 1, lettere c), d) ed e), Tuir, lo si precisa per completezza:

“Sono considerati ricavi:

(…omississ…)

c) i corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di partecipazioni, anche non rappresentate da titoli, al

capitale di società ed enti di cui all'articolo 73, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie,

diverse da quelle cui si applica l'esenzione di cui all'articolo 87, anche se non rientrano fra i beni al

cui scambio è diretta l'attività dell'impresa. Se le partecipazioni sono nelle società o enti di cui

all'articolo 73, comma 1, lettera d), si applica il comma 2 dell'articolo 44; e delle quote di

partecipazione nelle società commerciali di cui all'articolo 5 del medesimo Testo unico, anche se i

predetti beni e partecipazioni costituiscono immobilizzazioni finanziarie, aumentato del valore dei

crediti;

d) i corrispettivi delle cessioni di strumenti finanziari similari alle azioni ai sensi dell'articolo 44 emessi

da società ed enti di cui all'articolo 73, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diversi da

quelli cui si applica l'esenzione di cui all'articolo 87, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio

è diretta l'attività dell'impresa;

e) i corrispettivi delle cessioni di obbligazioni e di altri titoli in serie o di massa diversi da quelli di cui

alle lettere c) e d) precedenti che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, anche se non

rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa;

(…omississ…)”.

− il 6 % al valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e da beni ex articolo 8-bis, comma

1, lettera a), D.P.R. 633/1972 (“le cessioni di navi adibite alla navigazione in alto mare destinate all'esercizio

di attività commerciali o della pesca nonché le cessioni di navi adibite alla pesca costiera o a operazioni di

salvataggio o di assistenza in mare, ovvero alla demolizione, escluse le unità da diporto”), anche in locazione

finanziaria; per gli immobili classificati nella categoria catastale A/10, la predetta percentuale è ridotta

al 5%; per gli immobili a destinazione abitativa acquisiti o rivalutati nell'esercizio e nei 2 precedenti, la

percentuale è ulteriormente ridotta al 4% per tutti quelli ubicati in Comuni con popolazione inferiore a

1.000 abitanti la percentuale è dell’1%;

− il 15% al valore delle altre immobilizzazioni, anche in locazione finanziaria.

Rientrano, poi, nell’ambito delle società di comodo non solo le società non operative di cui sopra, ma

anche le società in perdita sistematica.

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Società immobiliari

32 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Società in perdita sistematica

La disciplina sulle società in perdita sistematica è caratterizzata dal fatto che il presupposto di

applicazione risiede nel conseguimento di risultati fiscali in perdita per tutto il periodo di

osservazione.

L’articolo 2, comma 36-decies, D.L. 138/2011 (modificato dall’articolo 18, D.Lgs. 175/2014), infatti, ha

ampliato l’ambito soggettivo di applicazione della disciplina delle società non operative, includendovi

anche le società in perdita sistematica, ovvero le società che, alternativamente:

- per 5 periodi d’imposta consecutivi hanno dichiarato una perdita fiscale;

- per 4 anni hanno dichiarato una perdita fiscale e per 1 anno un reddito inferiore a quello minimo

presunto in base all’articolo 30, comma 3, L. 724/1994.

La presunzione di non operatività si ha nel periodo successivo al quinquennio, ossia nel sesto periodo.

Prima di definire il quinquennio di riferimento, bisogna individuare il reddito minimo che deve essere

superato in una delle annualità, nel caso in cui nelle altre 4 un contribuente abbia riscontrato una

perdita fiscale, per non essere considerato in perdita sistematica. Si deve far riferimento al reddito

minimo presunto che la società avrebbe dovuto dichiarare se fosse risultata di comodo e la sua

determinazione avviene applicando alle seguenti tipologie di beni le relative percentuali:

Azioni e quote 1,5%

Terreni e fabbricati iscritti tra le immobilizzazioni e navi anche

in locazione finanziaria

4,75% (1% per gli immobili situati in Comuni

con meno di 1.000 abitanti)

Immobili A/10 4% (1% per gli immobili situati in Comuni con

meno di 1.000 abitanti)

Immobili a destinazione abitativa acquistati o rivalutati

nell’esercizio o nei 2 precedenti

3% (1% per gli immobili situati in Comuni con

meno di 1.000 abitanti)

Altre immobilizzazioni 12%

Cause di esclusione e di disapplicazione

È necessario, a questo punto – a prescindere dalla natura giuridica della società – analizzare in quali

circostanze una società può sottrarsi, legittimamente, alla disciplina descritta. Ci si riferisce, nello

specifico, alle esclusioni di diritto e alle cause di disapplicazione automatica.

L’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 23/E/2012, ha precisato che le prime operano relativamente

al periodo d’imposta oggetto di applicazione della disciplina sulle società in perdita sistematica (il

primo successivo ai 3 in perdita), mentre le seconde incidono sul triennio di osservazione.

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Società immobiliari

33 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Cause di esclusione di diritto

Anche quando la natura giuridica sia una di quelle contemplate dalla norma, la stessa prevede

specifiche esclusioni correlate a caratteristiche soggettive del contribuente o a determinati parametri:

− i soggetti obbligati, per la particolare attività svolta, a costituirsi sotto forma di società di capitali. Con

la risoluzione n. 43/E/2007 l’Agenzia delle entrate ha precisato che la fonte dell’obbligo deve essere

esclusivamente di rango legislativo, escludendo che la causa di esclusione operi quando la forma

societaria sia dettata da provvedimenti di natura diversa;

− i soggetti che si trovano nel primo periodo d’imposta;

− le società in amministrazione controllata o straordinaria;

− le società e gli enti quotati in mercati regolamentati italiani ed esteri, le loro controllate, anche

indirettamente, e le società ed enti che li controllano. Il controllo deve sussistere per la maggior parte

del periodo d’imposta (circolare n. 25/E/2007);

− le società esercenti pubblici servizi di trasporto: l’esercizio deve essere diretto. Non è invece causa di

esclusione l’esercizio indiretto mediante la partecipazione a una società operante nel settore

(risoluzione n. 43/E/2007);

− le società con almeno 50 soci. Il requisito deve sussistere per la maggior parte del periodo d’imposta

(circolare n. 9/E/2008);

− le società che nei 2 esercizi precedenti non hanno mai avuto meno di 10 dipendenti. Ai fini del calcolo

si prendono in considerazione i soli lavoratori subordinati (i titolari di redditi assimilati a quelli di lavoro

dipendente, come i collaboratori o gli amministratori sono esclusi). La condizione si deve verificare per

l’intero periodo di osservazione;

− le società in stato di fallimento, assoggettate a procedure di liquidazione giudiziaria, di liquidazione

coatta amministrativa e in concordato preventivo;

− le società il cui valore della produzione, inteso come totale del raggruppamento A del Conto

economico di cui all’articolo 2425, cod. civ., sia superiore al totale dell’attivo dello Stato patrimoniale.

I soggetti in contabilità semplificata devono considerare i corrispondenti valori evidenziati in un

prospetto economico patrimoniale redatto sulla base delle risultanze contabili (circolare n. 9/E/2008);

− le società partecipate da enti pubblici almeno per il 20% del capitale sociale. Il rispetto della soglia

minima di partecipazione deve sussistere per la maggior parte del periodo d’imposta (circolare n.

9/E/2008). L’esclusione opera per le partecipazioni dirette, mentre non può essere invocata

automaticamente per quelle indirette pur potendo costituire oggetto di valutazione con l’interpello

disapplicativo (risoluzione n. 373/E/2008); e

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Società immobiliari

34 Consulenza immobiliare n. 24/2020

− le società congrue e coerenti ai fini degli studi di settore.

Cause di disapplicazione automatica

L’articolo 30, comma 4-ter, L. 724/1994 attribuisce al direttore dell’Agenzia delle entrate il potere di

individuare cause di disapplicazione automatica dalla disciplina delle società di comodo.

Le cause di esclusione, sopra descritte, sottraggono totalmente il contribuente alla disciplina sulle

società di comodo, a prescindere dall’esito del test di operatività che non è obbligato a effettuare.

Le cause di disapplicazione automatica, invece, intervengono a livello dei presupposti per cui la società

è considerata non operativa: il contribuente è di per sé assoggettato alla disciplina, ma al verificarsi di

determinate situazioni oggettive codificate dall’Agenzia delle entrate la circostanza non viene

valorizzata come significativa di un potenziale intento elusivo. Di conseguenza, l’Amministrazione

finanziaria riconosce come naturale l’eventuale mancato conseguimento dei ricavi e vengono meno le

conseguenze previste per le società di comodo.

A partire dal 2018, poi, la possibilità di disapplicare la disciplina della società di comodo, in precedenza

correlata alla condizione di soggetto “congruo e coerente”, deve essere coordinata con i nuovi Isa “Indici

sintetici di affidabilità fiscale” che hanno sostituito gli studi di settore.

Le cause di disapplicazione non sono comuni per le società non operative e quelle in perdita sistematica,

occorrerà pertanto distinguere i diversi casi.

1. Cause di disapplicazione per società non operative:

• società assoggettate a procedura concorsuale;

• società sottoposte a sequestro penale o a confisca;

• società che dispongono di immobilizzazioni costituite da immobili concessi in locazione a enti

pubblici ovvero locati a canone vincolato;

• società che detengono partecipazioni in società non in perdita sistematica, società escluse dalla

disciplina delle società in perdita sistematica anche a seguito di accoglimento dell’interpello;

• società che hanno ottenuto l’accoglimento dell’istanza di disapplicazione in relazione a un

precedente periodo d’imposta sulla base di circostanze oggettive puntualmente indicate nell’istanza

che non hanno subito modificazioni nei periodi d’imposta successivi;

• società che esercitano esclusivamente attività agricola;

• società per le quali gli adempimenti e i versamenti tributari sono stati sospesi o differiti da

disposizioni normative adottate in conseguenza della dichiarazione dello stato di emergenza;

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Società immobiliari

35 Consulenza immobiliare n. 24/2020

• società in stato di liquidazione volontaria, che in una precedente dichiarazione si sono impegnate

a chiedere la cancellazione dal Registro Imprese;

2. cause di disapplicazione per società in perdita sistematica:

• società assoggettate a procedura concorsuale;

• società sottoposte a sequestro penale o a confisca;

• società con partecipazioni, iscritte esclusivamente tra le immobilizzazioni finanziarie, il cui valore

economico è prevalentemente riconducibile a società non in perdita sistematica, società escluse

dalla disciplina delle società in perdita sistematica (anche a seguito di accoglimento di interpello),

società collegate residenti all’estero cui si applica l’articolo 168, Tuir;

• società che hanno ottenuto l’accoglimento dell’istanza di disapplicazione in relazione a un

precedente periodo d’imposta sulla base di circostanze oggettive puntualmente indicate nell’istanza

che non hanno subito modificazioni nei periodi d’imposta successivi;

• stessa fattispecie del punto che precede, in caso di esonero dall’obbligo di compilazione del

prospetto

• società che conseguono un margine operativo lordo positivo;

• società per le quali gli adempimenti e i versamenti tributari sono stati sospesi o differiti da

disposizioni normative adottate in conseguenza della dichiarazione dello stato di emergenza;

• società con risultato positivo per presenza di proventi esenti, esclusi, soggetti a ritenuta a titolo

d’imposta/imposta sostitutiva, agevolazioni;

• società che esercitano esclusivamente attività agricola;

• società che risultano congrue e coerenti ai fini degli studi di settore;

• società che si trovano nel primo periodo d’imposta;

• società in stato di liquidazione volontaria, che in una precedente dichiarazione si sono impegnate

a chiedere la cancellazione dal Registro Imprese.

Esempi in ambito immobiliare:

- l’Agenzia delle entrate, con le circolari n. 5/E/2007; n. 25/E/2007 e n. 44/E/2007 ha segnalato che non sono

di comodo:

1. le società che hanno in bilancio esclusivamente immobilizzazioni in corso di realizzazione, non suscettibili

di produrre alcun reddito;

2. le società immobiliari che, pur locando gli immobili al prezzo di mercato, riescono a dimostrare l’impossibilità

di praticare canoni di locazione sufficienti a consentire loro di superare il “test di operatività”;

3. le società che dimostrano l’impossibilità di modificare contratti di locazione in essere;

4. le società che dimostrano la temporanea inagibilità dell’immobile locato.

- CTP di Milano n. 1679/III/2018: non è di comodo la società immobiliare che nonostante la mancata

vendita/locazione di immobili riesca a dimostrare i numerosi tentativi di vendita o affitto;

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Società immobiliari

36 Consulenza immobiliare n. 24/2020

- circolare n. 36/E/2013, § 7.1 e 7.2: è stata presa in esame una società che possiede 3 immobili strumentali

concessi in locazione; su 1 dei quali sono stati realizzati impianti fotovoltaici con i quali viene prodotta energia

poi venduta, senza che i ricavi conseguiti fossero sufficienti al raggiungimento del minimo richiesto. Il mancato

raggiungimento dei ricavi minimi è conseguenza del fatto che la vendita dell’energia è vincolata ad appositi

contratti con i relativi prezzi.

Applicazione della disciplina e test di operatività

L’applicazione della disciplina delle società di comodo si svolge, dunque, in 1 fasi distinte (test di

operatività): la verifica dei presupposti (i) e, in caso di esito positivo, la determinazione del reddito

minimo (ii).

I presupposti sono riconducibili a 2 fattispecie autonome:

1. la presunzione di non operatività: l’operatività viene verificata mediante un’operazione di natura

contabile e fiscale che consiste nel porre a confronto i ricavi effettivi realizzati dalla società

nell’esercizio con quelli minimi: se i primi sono uguali o maggiori ai secondi, il test è superato e la

società si considera operativa. In caso contrario, la società non è considerata operativa – e quindi di

comodo – e bisogna determinare il reddito minimo.

A tale scopo si applicano, ai valori rilevati per il solo periodo oggetto di dichiarazione per le medesime

categorie di beni, coefficienti percentuali stabiliti in misura inferiore a quelli utilizzati per determinare

i ricavi minimi:

Categorie di beni rilevanti Percentuale applicabile per determinare i

ricavi presunti

Percentuale applicabile per

determinare il reddito minimo

Titoli e strumenti assimilati 2% 1,50%

Immobili situati in Comuni con

popolazione inferiore a 1.000

abitanti

1% 0,90%

Immobili a destinazione

abitativa acquisiti o rivalutati

nell’esercizio e nei 2

precedenti

4% 3%

Immobili classificati nella

categoria A/10

5% 4%

Immobili diversi dai precedenti

(terreni, fabbricati e navi)

6% 4,75%

Altre immobilizzazioni 15% 12%

2. la condizione di perdita sistematica: in questo caso non è necessario effettuare il test di operatività,

in quanto la condizione si riscontra con riferimento ai risultati fiscali dichiarati. Considerati 3 periodi

d’imposta consecutivi, se per 2 di essi si dichiara una perdita fiscale e per il terzo un reddito inferiore a

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37 Consulenza immobiliare n. 24/2020

quello minimo, la società si considera di comodo nel periodo successivo al triennio di osservazione.

Come si vede da quanto sopra esposto, la condizione di società di comodo ha una serie di effetti sul

piano fiscale, di cui il primo è l’obbligo di dichiarare un reddito minimo ai fini delle imposte sui redditi.

Tale reddito si determina applicando ai medesimi beni rilevanti per il test di operatività specifiche

percentuali, inferiori a quelle utilizzate per calcolare i ricavi minimi. I cespiti rilevanti sono riconducibili

a quelli suscettibili di un impiego durevole nell’attività d’impresa e a essa strumentali:

− titoli e strumenti assimilati;

− terreni, fabbricati e navi;

− altre immobilizzazioni.

Rilevano i beni detenuti a titolo di proprietà, usufrutto, enfiteusi, altro diritto reale o in locazione

finanziaria.

I beni rilevanti vanno raggruppati in categorie individuate in funzione delle percentuali di

determinazione dei ricavi minimi e la somma dei risultati ottenuti costituisce l’ammontare dei ricavi

minimi per poter considerare la società operativa.

L’interpello disapplicativo

Infine, in mancanza di cause di esclusione o disapplicazione automatica, è possibile presentare apposita

istanza di interpello o disapplicare in modo autonomo la disciplina dandone indicazione nel “modello

Redditi”.

L’articolo 30, comma 4 bis, L. 724/1994 stabilisce, a tal proposito che – in presenza di oggettive

situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze, dei

proventi e del reddito, ovvero non hanno consentito di effettuare le operazioni rilevanti ai fini dell’Iva

– la società interessata può interpellare l’Amministrazione.

Si tratta, quindi, di un interpello probatorio, che si sostanzia in una richiesta all’Amministrazione

finanziaria tesa a ottenere un parere circa la sussistenza delle situazioni oggettive che hanno reso

impossibile il conseguimento dei ricavi e del reddito minimi, da presentarsi entro il termine di

presentazione della dichiarazione, fatto salvo il termine dei successivi 120 giorni entro cui l’Agenzia

delle entrate fornisce la risposta (in mancanza vige la regola del silenzio assenso).

Tale istanza di interpello non è obbligatoria e la società può, sulla base di un’autovalutazione,

disapplicare la disciplina in questione dandone specifica indicazione nella dichiarazione dei redditi.

Analoga facoltà è prevista per i soggetti che, pur avendo presentato l’interpello, abbiano ricevuto

risposta negativa.

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38 Consulenza immobiliare n. 24/2020

SCHEDA DI SINTESI

La norma in materia di società di comodo è l’articolo 30, L. 724/1994, introdotta allo scopo di

disincentivare la pratica di creare società ad hoc da utilizzare come schermo per nascondere

l’effettivo proprietario dei beni, per beneficiare delle norme fiscali più favorevoli dettate proprio

per le società.

Le società cui si applica la disciplina delle società di comodo sono:

- Spa;

- Sapa;

- Srl;

- Snc;

- Sas;

- società ed enti di ogni tipo non residenti con stabile organizzazione in Italia.

L’elenco è da considerarsi tassativo.

Le società si considerano non operative se l'ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi

delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal Conto economico, è

inferiore alla somma degli importi che risultano applicando le percentuali di cui all’articolo 30,

L. 724/1994.

Rientrano nell’ambito delle società di comodo anche le società in perdita sistematica.

Le circostanze per le quali una società può sottrarsi alla disciplina delle società non operative

sono le esclusioni di diritto e le cause di disapplicazione automatica.

L’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 23/E/2012 ha precisato che le prime operano

relativamente al periodo d’imposta oggetto di applicazione della disciplina sulle società in

perdita sistematica (il primo successivo ai 3 in perdita), mentre le seconde incidono sul triennio

di osservazione.

L’applicazione della disciplina delle società di comodo si svolge in due fasi distinte (test di

operatività): la verifica dei presupposti (i) e, in caso di esito positivo, la determinazione del

reddito minimo (ii).

I presupposti sono riconducibili a due fattispecie autonome: la presunzione di non operatività

e la condizione di perdita sistematica.

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39 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Consulenza immobiliare n. 24/2020

Bonus facciate e i chiarimenti della

circolare n. 2/E/2020 di Sandro Cerato– dottore commercialista e pubblicista

Premessa

Con la recente circolare n. 2/E/2020, l’Agenzia delle entrate ha illustrato l’agevolazione introdotta con

la Legge di Bilancio 2020 e consistente nella possibilità di detrarre dall’imposta lorda una somma pari

al 90% delle spese documentate e sostenute nell’anno 2020 per gli interventi finalizzati al recupero o

restauro della facciata esterna degli edifici esistenti ubicati in zona A o B, ai sensi del D.M. 1444/1968

(c.d. “bonus facciate”).

La ratio dell’agevolazione è sostanzialmente quella di incentivare gli interventi edilizi, finalizzati

al decoro urbano, rivolti a conservare l’organismo edilizio, nel rispetto degli elementi tipologici,

formali e strutturali dell’organismo stesso, in conformità allo strumento urbanistico generale e ai

relativi piani attuativi, favorendo altresì interventi di miglioramento dell’efficienza energetica

degli edifici.

Ambito soggettivo di applicazione

Sotto il profilo soggettivo, la detrazione riguarda tutti i contribuenti residenti e non residenti nel

territorio dello Stato, che sostengono le spese per l’esecuzione degli interventi agevolati, a prescindere

dalla tipologia di reddito di cui essi siano titolari: trattandosi di una detrazione dall’imposta lorda, la

stessa non può essere utilizzata dai soggetti che possiedono esclusivamente redditi assoggettati a

tassazione separata o a imposta sostitutiva14. Non possono, quindi, beneficiare del “bonus facciate”:

“i soggetti titolari esclusivamente di redditi derivanti dall’esercizio di attività d’impresa o di arti o

professioni che aderiscono al regime forfetario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, L. 190/2014,

poiché il loro reddito (determinato forfetariamente) è assoggettato a imposta sostitutiva”.

14 Diversamente, potranno utilizzare il “bonus facciate” (in diminuzione dalla corrispondente imposta lorda) i soggetti titolari di redditi

assoggettati a tassazione separata o a imposta sostitutiva che possiedono anche redditi che concorrono alla formazione del reddito

complessivo.

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40 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Nello specifico, rientrano nel campo soggettivo di applicazione della nuova disposizione:

− le persone fisiche (compresi gli esercenti arti e professioni);

− gli enti pubblici e privati che non svolgono attività commerciale;

− le società semplici;

− le associazioni tra professionisti;

− i soggetti che conseguono reddito d’impresa (persone fisiche, enti, società di persone, società di

capitali).

Detenzione e possesso degli immobili

Ai fini della detrazione in esame è necessario che, al momento di avvio dei lavori – o al momento del

sostenimento delle spese (se antecedente all’avvio delle opere) – il soggetto beneficiario

dell’agevolazione possieda o detenga l’immobile oggetto dell’intervento in base a un titolo idoneo. In

particolare, il soggetto che intende beneficiare della detrazione deve:

− possedere l’immobile in qualità di proprietario, nudo proprietario o titolare di altro diritto reale di

godimento (ad esempio usufrutto, uso, abitazione o superficie);

− detenere l’immobile in base a un contratto di locazione, anche finanziaria, o di comodato,

regolarmente registrato.

La circolare n. 2/E/2020 precisa che:

“al fine di garantire la necessaria certezza ai rapporti tributari, la mancanza di un titolo di detenzione

dell’immobile risultante da un atto registrato, al momento dell’inizio dei lavori o al momento del

sostenimento delle spese se antecedente, preclude il diritto alla detrazione anche se si provvede alla

successiva regolarizzazione”.

Ne consegue che, anche il titolo di detenzione dell’immobile (locazione o comodato) deve

risultare da un atto registrato alla data di inizio lavori, oppure alla data del pagamento delle spese

(se i lavori non sono ancora iniziati), ma si è comunque provveduto a effettuare il pagamento (ad

esempio a titolo di acconto).

Familiare convivente e conviventi more uxorio

Possono altresì beneficiare della detrazione in esame, sempreché sostengano le spese per la

realizzazione dei lavori, anche i familiari del possessore o del detentore dell’immobile (quali il coniuge,

il componente dell’unione civile di cui alla L. 76/2016, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il

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41 Consulenza immobiliare n. 24/2020

secondo grado), nonché i conviventi di fatto, ai sensi della predetta L. 76/2016. Per tali soggetti, la

detrazione compete a condizione che:

− il rapporto di convivenza con il possessore o detentore dell’immobile (oggetto dell’intervento

agevolato) sussista già alla data di inizio dei lavori o, al più tardi, al momento del sostenimento delle

spese ammesse alla detrazione (se antecedente all’avvio dei lavori);

− le spese sostenute riguardino interventi eseguiti su un immobile, anche diverso da quello destinato

ad abitazione principale, nel quale può esplicarsi la convivenza.

In virtù di quanto appena esposto, consegue che la detrazione del 90% non può essere invocata

dal familiare del possessore o del detentore dell’immobile nel caso di interventi effettuati su

immobili che:

− non sono a disposizione (in quanto locati o concessi in comodato), ovvero;

− non appartengono all’ambito “privatistico”, quali gli immobili strumentali all’attività d’impresa,

arte o professione.

Inoltre, viene espressamente chiarito che, per fruire del “bonus facciate” non è necessario che i familiari

abbiano sottoscritto un contratto di comodato, ma è sufficiente che questi attestino, mediante una

dichiarazione sostitutiva di atto notorio, di essere familiari conviventi del possessore o detentore

dell’immobile oggetto dell’intervento agevolato.

Promissario acquirente e lavori in economia

Oltre ai suddetti soggetti, hanno altresì diritto alla detrazione in argomento:

− il promissario acquirente dell’immobile oggetto di intervento immesso nel possesso, a condizione che

sia stato stipulato un contratto preliminare di vendita dell’immobile regolarmente registrato;

− coloro che eseguono i lavori in proprio, limitatamente alle spese di acquisto dei materiali utilizzati

per l’intervento agevolato (ad esempio il costo di acquisto della pittura utilizzata per tinteggiare la

facciata).

Ambito oggettivo di applicazione: interventi ammessi

Sotto il profilo oggettivo, la detrazione è ammessa a fronte del sostenimento delle spese relative a

interventi finalizzati al recupero o restauro della “facciata esterna”, realizzati su:

− edifici esistenti;

− parti di edifici esistenti;

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42 Consulenza immobiliare n. 24/2020

− unità immobiliari esistenti di qualsiasi categoria catastale, compresi quelli strumentali.

L’agevolazione non spetta, quindi, per gli interventi:

− effettuati durante la fase di costruzione dell’immobile;

− realizzati mediante demolizione e ricostruzione, ivi compresi quelli con la stessa volumetria

dell’edificio preesistente inquadrabili nella categoria della “ristrutturazione edilizia” di cui

all’articolo 3, comma 1, lettera d), D.P.R. 380/2001.

Ubicazione dell’immobile oggetto di intervento

La detrazione del 90% spetta a condizione che gli edifici oggetto degli interventi agevolati siano ubicati

in zona A o B ai sensi del D.M. 1444/1968, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa

regionale e ai regolamenti edilizi comunali. Sono conseguentemente escluse dalla detrazione in

commento le zone omogenee C, D, E e F (come definite dal D.M. 1444/1968).

Zone omogenee Definizione D.M. 1444/1968 Bonus facciate

Zona A Le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestano

carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale o da porzioni

di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte

integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi

Zona B Le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle

zone A). Si considerano parzialmente edificate le zone che presentano

contemporaneamente i seguenti requisiti:

- la superficie coperta degli edifici esistenti non inferiore al 12,5% (un

ottavo) della superficie fondiaria della zona

- la densità territoriale sia superiore a 1,5 m3/m2

Zona C Le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino

inedificate o nelle quali la edificazione preesistente non raggiunga i limiti

di superficie e densità di cui alla precedente lettera B

No

Zona D Le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti

industriali o a essi assimilati

No

Zona E Le parti del territorio destinate a usi agricoli.

Sono escluse quelle in cui, fermo restando il carattere agricolo delle

stesse, il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da

considerare come zone C

No

Zona F Le parti del territorio destinate a attrezzature e impianti di interesse

generale

No

Come chiarito dalla circolare n. 2/E/2020, l’assimilazione alle predette zone A o B della zona

territoriale nella quale ricade l’edificio oggetto dell’intervento dovrà risultare dalle certificazioni

urbanistiche rilasciate dagli enti competenti.

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43 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Interventi agevolati

Ai fini del riconoscimento del “bonus facciate”, gli interventi devono essere:

− finalizzati al “recupero o restauro” della facciata esterna; e

− realizzati esclusivamente sulle “strutture opache della facciata, su balconi o su ornamenti e fregi”.

Come confermato dalla circolare n. 2/E/2020, gli interventi che possono beneficiare

dell’agevolazione devono essere eseguiti sull’involucro esterno visibile dell’edificio, sia sulla

parte anteriore, frontale e principale dell’edificio, sia sugli altri lati dello stabile (intero perimetro

esterno a prescindere delle esposizioni – nord, sud, ovest ed est). Diversamente, sono esclusi dal

“bonus facciate”, gli interventi effettuati sulle facciate interne dell’edificio, fatte salve quelle

visibili dalla strada o da suolo a uso pubblico.

In particolare, la detrazione in argomento spetta per:

− gli interventi di sola pulitura o tinteggiatura esterna effettuati sulle strutture opache della facciata;

− gli interventi sulle strutture opache della facciata influenti dal punto di vista termico o che interessano

oltre il 10% dell’intonaco della superficie disperdente lorda complessiva dell’edificio;

− gli interventi, ivi inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura, su balconi, ornamenti o fregi.

Esempi di spese agevolabili

Tali interventi comprendono, a titolo esemplificativo:

− il consolidamento, il ripristino, il miglioramento delle caratteristiche termiche anche in assenza

dell’impianto di riscaldamento;

− il rinnovo degli elementi costitutivi della facciata esterna dell’edificio, costituenti esclusivamente la

struttura opaca verticale, nonché la mera pulitura e tinteggiatura della superficie;

− il consolidamento, il ripristino, inclusa la mera pulitura e tinteggiatura della superficie, o il rinnovo

degli elementi costitutivi dei balconi, degli ornamenti e dei fregi;

− i lavori riconducibili al decoro urbano quali quelli riferiti alle grondaie, ai pluviali, ai parapetti, ai

cornicioni e alla sistemazione di tutte le parti impiantistiche che insistono sulla parte opaca della

facciata.

Sono, invece, escluse dal perimetro dell’agevolazione:

− le spese sostenute per gli interventi sulle superfici confinanti con chiostrine, cavedi, cortili e

spazi interni, fatte salve quelle visibili dalla strada o da suolo a uso pubblico;

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44 Consulenza immobiliare n. 24/2020

− le spese sostenute per la sostituzione di vetrate, infissi, grate, portoni e cancelli.

Ulteriori spese agevolate

La detrazione del 90% spetta altresì con riguardo:

− alle spese sostenute per l’acquisto dei materiali (in presenza di lavori eseguiti in economia);

− alle spese per la progettazione e le altre prestazioni professionali connesse, comunque richieste dal

tipo di lavori (ad esempio l’effettuazione di perizie e sopralluoghi, il rilascio dell’attestato di prestazione

energetica);

− ad altri eventuali costi strettamente collegati alla realizzazione degli interventi quali, ad esempio:

• le spese relative all’installazione di ponteggi allo smaltimento dei materiali rimossi per eseguire i

lavori;

• l’Iva (qualora non ricorrano le condizioni per la detrazione);

• l’imposta di bollo;

• i diritti pagati per la richiesta dei titoli abilitativi edilizi;

• la tassa per l’occupazione del suolo pubblico (Tosap) pagata dal contribuente per poter disporre

dello spazio insistente sull’area pubblica necessario all’esecuzione dei lavori.

Interventi di efficienza energetica

I lavori di rifacimento della facciata (che non siano di sola pulitura o tinteggiatura esterna) possono

riguardare interventi influenti dal punto di vista termico, ovvero possono interessare oltre il 10%

dell’intonaco della superficie disperdente lorda complessiva dell’edificio. In tal caso, affinché spetti la

detrazione, gli interventi in parola devono rispettare:

− i requisiti minimi di cui al D.M. 26 giugno 2015 che definisce:

• le modalità di applicazione della metodologia di calcolo delle prestazioni energetiche degli edifici,

ivi incluso l’utilizzo delle fonti rinnovabili, nonché;

• le prescrizioni e i requisiti minimi in materia di prestazioni energetiche degli edifici e delle unità

immobiliari;

− i valori limite della trasmittanza termica delle strutture componenti l’involucro edilizio di cui alla

Tabella 2 dell’Allegato B al D.M. 11 marzo 2008.

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45 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Modalità di calcolo della superficie del 10% dell’intonaco

Ai fini della individuazione delle opere agevolabili e per la spettanza della detrazione, il calcolo della

percentuale (prevista nella misura del 10% dell’intonaco della superficie disperdente lorda complessiva

dell’edificio) deve essere determinato tenuto conto del totale della superficie complessiva disperdente

(pareti verticali, pavimenti, tetti, infissi) confinante con l’esterno, vani freddi o terreno.

Nella particolare ipotesi in cui le parti della facciata sono rivestite in piastrelle o altri materiali

che non rendono possibile realizzare interventi influenti dal punto di vista termico (se non

mutando completamente l’aspetto dell’edificio), per verificare il superamento del limite del 10%

occorre fare riferimento al rapporto risultante tra:

− la restante superficie della facciata interessata dall’intervento; e

− la superficie totale lorda complessiva della superficie disperdente.

Edifici esclusi dai requisiti minimi di efficienza energetica

È giusto il caso di precisare che, i requisiti minimi previsti dai D.M. 26 giugno 2015 e D.M 11 marzo

2008 non si applicano alle seguenti tipologie di edifici e fabbricati:

− edifici ricadenti nell’ambito della disciplina della parte seconda e dell’articolo 136, comma 1, lettere

b) e c), D.Lgs. 42/2004, soltanto nel caso in cui, previo giudizio dell’Autorità competente al rilascio

dell’autorizzazione ai sensi del D.Lgs. 42/2004, il rispetto delle prescrizioni implichi un’alterazione

sostanziale del loro carattere o aspetto, con particolare riferimento ai profili storici, artistici e

paesaggistici;

− edifici industriali e artigianali quando gli ambienti sono riscaldati per esigenze del processo

produttivo o utilizzando reflui energetici del processo produttivo non altrimenti utilizzabili;

− edifici rurali non residenziali sprovvisti di impianti di climatizzazione;

− fabbricati isolati con una superficie utile totale inferiore a 50 m2;

− edifici che risultano non compresi nelle categorie di edifici classificati sulla base della destinazione

d’uso di cui all’articolo 3, D.P.R. 412/1993, il cui utilizzo standard non prevede l’installazione e l’impiego

di sistemi tecnici di climatizzazione (ad esempio box, cantine, autorimesse, parcheggi multipiano,

depositi, strutture stagionali a protezione degli impianti sportivi)15;

− edifici adibiti a luoghi di culto e allo svolgimento di attività religiose.

15 Con riguardo ai fabbricati isolati con una superficie utile totale inferiore a 50 m2, l’esclusione non riguarda le porzioni eventualmente adibite

a uffici e assimilabili, purché scorporabili ai fini della valutazione di efficienza energetica).

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46 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Per gli interventi di efficienza energetica sulle facciate, ai fini delle verifiche e dei controlli, si

applicano le stesse procedure e gli stessi adempimenti previsti in materia di detrazioni fiscali per

la riqualificazione energetica degli edifici, di cui all’articolo 1, comma 344 – 349, L. 296/2006 e

articolo 14, D.L. 63/2013 (c.d. “ecobonus”).

Detrazione spettante

Posto che per la detrazione in esame non è stato stabilito né un limite massimo di detrazione, né un

limite massimo di spesa ammissibile, consegue che la detrazione spetti nella misura del 90% da

applicarsi sull’intera spesa sostenuta ed effettivamente rimasta a carico16.

Nella circolare n. 2/E/2020 viene chiarito che la detrazione dall’imposta lorda può essere fatta

valere sia ai fini Irpef sia ai fini Ires e si riferisce alle spese sostenute nel 202017.

La detrazione in commento spetta per le spese effettivamente sostenute e rimaste a carico del

contribuente. Conseguentemente, la detrazione in esame non compete se le spese sono rimborsate e il

rimborso non ha concorso al reddito, sicché eventuali contributi ricevuti dal contribuente dovranno:

− essere sottratti dall’ammontare su cui applicare la detrazione del 90%; e

− essere assoggettati a tassazione separata ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera n-bis), Tuir18.

Diversamente, devono considerarsi spese rimaste a carico del contribuente (e in quanto tali

ammissibili all’agevolazione) quelle rimborsate per effetto di contributi che hanno concorso a

formare il reddito in capo al contribuente.

Criteri di imputazione delle spese e modalità di pagamento delle stesse

Un importante chiarimento contenuto nella circolare n. 2/E/2020 è quello secondo cui, ai fini

dell’imputazione delle spese agevolabili, occorre fare riferimento:

16 Tuttavia, nell’ambito dell’attività di controllo, l’Agenzia delle entrate potrà verificare la congruità tra il costo delle spese sostenute oggetto

di detrazione e il valore dei relativi interventi eseguiti. 17 Per i soggetti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare occorre fare riferimento alle spese sostenute nel periodo d’imposta

in corso alla data del 31 dicembre 2020. 18 Nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui i contributi sono percepiti, il contribuente dovrà indicare nel quado RM del modello

Redditi PF la parte della somma rimborsata per la quale negli anni precedenti si è beneficiato della detrazione. A partire dal medesimo anno,

il contribuente dovrà ridurre la rata della detrazione fiscale indicata nel quadro RP, determinata scomputando dall’ammontare delle spese

agevolate l’importo dei contributi.

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47 Consulenza immobiliare n. 24/2020

− per le persone fisiche, compresi gli esercenti arti e professioni, e per gli enti non commerciali, al

criterio di cassa, vale a dire alla data dell’effettivo pagamento, indipendentemente dalla data di avvio

degli interventi cui i pagamenti si riferiscono19;

− per le imprese individuali, per le società e per gli enti commerciali, al criterio di competenza di cui

all’articolo 109, Tuir, “a prescindere dalla circostanza che il soggetto beneficiario applichi tale regola per la

determinazione del proprio reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito”.

La circolare n. 2/E/2020 precisa che, ai fini delle modalità di determinazione del reddito di impresa, non

rilevano i diversi criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti

per i soggetti:

− che redigono il bilancio in base ai Princìpi contabili internazionali, anche nella formulazione derivante

dalla procedura prevista dall’articolo 4, comma 7-ter, D.Lgs. 38/2005;

− diversi dalle micro imprese di cui all’articolo 2435-ter, cod. civ., che redigono il bilancio in conformità

alle disposizioni del codice civile.

In forza al citato principio di competenza, sono ammesse alla detrazione in discorso le spese da

imputare al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2020, indipendentemente dalla data di

avvio degli interventi cui le spese si riferiscono e indipendentemente dalla data dei pagamenti.

Modalità di pagamento delle spese

I contribuenti persone fisiche che intendono avvalersi del “bonus facciate” sono tenuti a disporre il

pagamento delle spese agevolabili mediante bonifico bancario o postale dal quale risulti:

− la causale del versamento;

− il codice fiscale del beneficiario della detrazione;

− il numero di partita Iva ovvero il codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato.

Su tali bonifici, le banche, Poste Italiane Spa nonché gli istituti di pagamento (autorizzati a

prestare servizi di pagamento a norma del D.Lgs. 11/2010 e del D.Lgs. 385/1993) saranno tenuti

ad applicare, all’atto dell’accredito dei relativi pagamenti, la ritenuta d’acconto (attualmente nella

misura dell’8%) di cui all’articolo 25, D.L. 78/201020.

19 Così, per esempio, un intervento ammissibile iniziato a luglio 2019, con pagamenti effettuati sia nel 2019 sia nel 2020, potranno beneficiare

del “bonus facciate” soltanto le spese sostenute nel 2020. 20 A tal fine possono essere utilizzati i bonifici predisposti dagli istituti di pagamento ai fini dell’“ecobonus” ovvero della detrazione prevista

per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio.

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48 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Diversamente, ai soggetti titolari di reddito d’impresa – siano essi soggetti Irpef o Ires (imprenditori

individuali, società di persone commerciali, società di capitali ed enti commerciali) – è riconosciuta la

facoltà di disporre il pagamento delle spese, non necessariamente mediante bonifico, ma anche tramite

altre modalità (ad esempio assegno bancario o postale).

Interventi su parti comuni degli edifici

Nell’ambito degli interventi effettuati sulle parti comuni degli edifici, ai fini dell’imputazione al periodo

d’imposta, rileva la data del bonifico effettuato dal condominio, indipendentemente dalla data di

versamento della rata condominiale da parte del singolo condomino.

Così, ad esempio, nel caso di bonifico eseguito dal condominio nel 2019, le rate versate dal

condomino nel 2020, non danno diritto al “bonus facciate”. Diversamente, nel caso di bonifico

effettuato dal condominio nel 2020, le rate versate dal condomino nel 2019, nel 2020 o nel 2021

(prima della presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al 2020) danno diritto al “bonus

facciate”.

Adempimenti per l’accesso alla detrazione per tutti i soggetti beneficiari

A norma dell’articolo 1, comma 223, L. 160/2019, al “bonus facciate” si applicano le disposizioni

attuative contenute del D.M. 41/1998 con riguardo alla detrazione per gli interventi di recupero del

patrimonio edilizio. Di conseguenza, come confermato anche dalla circolare n. 2/E/2020, per fruire del

“bonus facciate” sia i soggetti non titolari di reddito d’impresa sia i soggetti titolari di reddito d’impresa

(siano essi soggetti Irpef o Ires) dovranno:

− pagare le spese secondo le modalità indicate in precedenza (che differiscono a seconda della tipologia

di soggetto beneficiario dell’agevolazione);

− indicare nella dichiarazione dei redditi i dati catastali identificativi dell’immobile e, se i lavori sono

effettuati dal detentore, gli estremi di registrazione dell’atto che ne costituisce titolo e gli altri dati

richiesti ai fini del controllo della detrazione21;

− comunicare preventivamente all’azienda sanitaria locale (Asl) territorialmente competente, mediante

raccomandata, la data di inizio dei lavori, sempreché tale comunicazione sia obbligatoria secondo le

vigenti disposizioni in materia di sicurezza dei cantieri;

21 Tale adempimento non è richiesto per gli interventi influenti dal punto di vista termico o che interessino oltre il 10% dell ’intonaco della

superficie disperdente lorda complessiva dell’edificio.

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49 Consulenza immobiliare n. 24/2020

− conservare ed esibire, previa richiesta degli uffici finanziari:

• le fatture o le ricevute fiscali comprovanti le spese effettivamente sostenute per la realizzazione

degli interventi; e

• le ricevute di pagamento (bonifico di pagamento per i soggetti non titolari di reddito d’impresa);

• le abilitazioni amministrative richieste dalla vigente legislazione edilizia in relazione alla tipologia

di lavori da realizzare;

Nella particolare ipotesi in cui la normativa edilizia non preveda alcun titolo abilitativo, occorrerà

conservare ed esibire agli uffici finanziari, una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, resa

ai sensi dell’articolo 47, D.P.R. 445/2000, in cui sia indicata la data di inizio dei lavori e attestata

la circostanza che gli interventi posti in essere rientrano tra quelli agevolabili, anche se i

medesimi non necessitano di alcun titolo abilitativo, ai sensi della normativa edilizia vigente.

• copia della domanda di accatastamento, per gli immobili non ancora censiti;

• le ricevute di pagamento dei tributi locali (ad esempio Imu) sugli immobili, se dovuti;

• copia della delibera assembleare di approvazione dell’esecuzione dei lavori, per gli interventi

riguardanti parti comuni di edifici residenziali, e tabella millesimale di ripartizione delle spese;

• in caso di lavori effettuati dal detentore dell’immobile, se diverso dai familiari conviventi,

dichiarazione di consenso del possessore all’esecuzione dei lavori.

Interventi di efficienza energetica: documentazione ulteriore

Per beneficiare del “bonus facciate” con riguardo agli interventi di efficienza energetica (vale a dire

quelli influenti dal punto di vista termico o che interessano oltre il 10% dell’intonaco della superficie

disperdente lorda complessiva dell’edificio), in aggiunta agli adempimenti indicati nel paragrafo

precedente, occorrerà altresì acquisire e conservare:

− l’asseverazione, con la quale un tecnico abilitato certifica la corrispondenza degli interventi effettuati

ai requisiti tecnici previsti per ciascuno di essi;

− successivamente all’esecuzione degli interventi, l’attestato di prestazione energetica (Ape) per ogni

singola unità immobiliare per cui si chiedono le detrazioni fiscali, che deve essere redatto da un tecnico

non coinvolto nei lavori.

Entro 90 giorni dalla fine dei lavori si dovrà, inoltre, inviare, esclusivamente in via telematica all’Enea,

tramite il sito https://detrazionifiscali.enea.it/, la scheda descrittiva relativa agli interventi realizzati in

cui vanno riportati:

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50 Consulenza immobiliare n. 24/2020

− i dati identificativi dell’edificio;

− i dati del soggetto che ha sostenuto le spese;

− la tipologia dell’intervento eseguito;

− il risparmio annuo di energia che ne è conseguito22;

− il costo dell’intervento comprensivo delle spese professionali;

− l’importo utilizzato per il calcolo della detrazione.

È di estrema importanza precisare che la mancata effettuazione dei predetti adempimenti

preclude la fruizione del “bonus facciate” (circolare n. 2/E/2020).

Interventi sulle parti comuni condominiali: documentazione ulteriore

Nel caso in cui gli interventi sulle facciate siano eseguiti sulle parti comuni degli edifici condominiali,

gli adempimenti elencati in precedenza devono essere effettuati dall’amministratore di condominio,

oppure da uno dei condòmini all’uopo delegato. Anche per il “bonus facciate”, l’amministratore del

condominio deve:

− indicare i dati del fabbricato nella dichiarazione dei redditi;

− effettuare gli altri adempimenti, analogamente alle detrazioni per interventi di recupero del

patrimonio edilizio o di efficienza energetica sulle parti comuni;

− rilasciare, in caso di effettivo pagamento delle spese da parte del condòmino, una certificazione delle

somme corrisposte dal condòmino, attestando, altresì, di aver adempiuto a tutti gli obblighi previsti

dalla Legge.

Dalla certificazione rilasciata dall’amministratore devono risultare:

− le generalità e il codice fiscale del condòmino;

− gli elementi identificativi del condominio;

− l’ammontare delle spese sostenute nell’anno di riferimento;

− la quota millesimale imputabile al condòmino.

− conservare la documentazione originale, al fine di esibirla a richiesta degli uffici, individuata dal

provvedimento n. 149646/2011.

22 Le informazioni contenute nell’attestato di prestazione energetica sono comunicate attraverso la sezione “dati da APE” della scheda

descrittiva. L’Enea adegua il portale attualmente in essere e la relativa modulistica per la trasmissione dei dati a cura dei soggetti beneficiari

del “bonus facciate”.

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51 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Ripartizione della detrazione

La detrazione Irpef/Ires del 90% deve essere ripartita in 10 quote annuali costanti (e di pari importo)

nell’anno di sostenimento delle spese e nei 9 successivi e spetta fino a concorrenza dell’imposta lorda:

in caso di incapienza in ciascun anno/periodo d’imposta, la detrazione si perde, nel senso che non può

essere richiesta a rimborso né utilizzata nei periodi d’imposta successivi.

Si ipotizzi che nel corso del corrente anno un condominio esegua dei lavori di rifacimento della facciata

di un palazzo, composto da 10 unità immobiliari di identiche dimensioni, per un ammontare

complessivo pari a 36.000 euro.

Il singolo condòmino, al quale vengono attribuiti in base ai millesimi spese agevolabile per l’importo di

3.600 euro, potrà iniziare a beneficiare della prima rata della detrazione, pari a 324 euro (3.600 euro x

90% / 10), nella dichiarazione dei redditi relativa al 2020 da presentarsi nell’anno 2021.

Qualora tutti i singoli condòmini possano usufruire integralmente delle rate della detrazione spettante,

la detrazione fiscale complessiva sarà quindi pari a 32.400 euro (90% di 36.000 euro di spese).

In assenza di una specifica norma, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione, non è consentito

ai beneficiari del c.d. “bonus facciate” di optare per la cessione del credito corrispondente alla

detrazione spettante o per lo sconto di pari ammontare sul corrispettivo.

Cumulabilità con altre agevolazioni sugli immobili

Per le spese per le quali non si fruisce del “bonus facciate” rimangono applicabili, ove vi siano le

condizioni, le agevolazioni previste per gli interventi:

− volti al recupero del patrimonio edilizio, di cui all’articolo 16-bis, Tuir e dell’articolo 16, D.L. 63/2013;

− di riqualificazione energetica degli edifici, di cui all’articolo 1 commi 344 – 349, L. 296/2006 e articolo

14, D.L. 63/2013.

Al riguardo la circolare n. 2/E/2020 precisa che:

“In considerazione della possibile sovrapposizione degli ambiti oggettivi previsti dalle normative

richiamate, il contribuente potrà avvalersi, per le medesime spese, di una sola delle predette

agevolazioni, rispettando gli adempimenti specificamente previsti in relazione alla stessa. Qualora si

attuino interventi sull’involucro riconducibili a diverse fattispecie agevolabili - essendo stati realizzati,

ad esempio, nell’ambito dell’isolamento termico dell’involucro dell’intero edificio, sia interventi sulla

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52 Consulenza immobiliare n. 24/2020

parte opaca della facciata esterna, ammessi al “bonus facciate”, sia interventi di isolamento della

restante parte dell’involucro (facciate confinanti con chiostrine, cavedi, cortili, superfici orizzontali e

verticali confinanti con vani freddi e terreno), esclusi dal predetto bonus ma rientranti tra quelli

ammessi al cd. “ecobonus” - il contribuente potrà fruire di entrambe le agevolazioni a condizione che

siano distintamente contabilizzate le spese riferite ai due diversi interventi e siano rispettati gli

adempimenti specificamente previsti in relazione a ciascuna detrazione.

Il “bonus facciate” non è nemmeno cumulabile con la detrazione Irpef del 19% prevista dalla

lettera g), articolo 15, comma 1, Tuir in relazione alle spese sostenute per la manutenzione,

protezione o restauro degli immobili vincolati ai sensi del D.Lgs. 42/2004.

SCHEDA DI SINTESI

Con la recente circolare n. 2/E/2020, l’Agenzia delle entrate ha illustrato l’agevolazione prevista

dalla Legge di Bilancio 2020 che ha introdotto la possibilità di detrarre dall’imposta lorda una

somma pari al 90% delle spese documentate e sostenute nell’anno 2020 per gli interventi

finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti ubicati in zona A

o B, ai sensi del D.M. 1444/1968 (c.d. “bonus facciate”).

La detrazione riguarda tutti i contribuenti (siano essi soggetti all’Irpef o all’Ires) residenti e non

residenti nel territorio dello Stato che sostengono le spese per l’esecuzione degli interventi

agevolati, a condizione che, al momento di avvio dei lavori (o al momento del sostenimento

delle spese, se antecedente all’avvio delle opere) possiedano l’immobile oggetto dell’intervento

in base a un titolo idoneo (usufrutto, uso, abitazione o diritto di superficie), ovvero detengano

lo stesso in forza a un contratto di locazione, anche finanziaria, di comodato, regolarmente

registrato (in questi casi, inquilino e comodatario devono ottenere il consenso all’esecuzione

dei lavori da parte del proprietario).

La nuova agevolazione si applica per gli interventi eseguiti su edifici esistenti, parti di edifici

esistenti, unità immobiliari esistenti, di qualsiasi categoria catastale, compresi quelli

strumentali. Diversamente, l’agevolazione non spetta per gli interventi effettuati durante la

fase di costruzione dell’immobile, mediante demolizione e ricostruzione, ivi compresi quelli con

la stessa volumetria dell’edificio preesistente anche se sono inquadrabili nella categoria della

“ristrutturazione edilizia” ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera d), D.P.R. 380/2001.

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53 Consulenza immobiliare n. 24/2020

La nuova agevolazione riguarda soltanto gli interventi sulle strutture opache della facciata, su

balconi o su ornamenti e fregi. Rientrano, quindi, tra gli interventi agevolati, quelli di sola

pulitura e/o di sola tinteggiatura esterna (sono inclusi, quindi, detti interventi di manutenzione

ordinaria). Se i lavori di rifacimento della facciata (che non siano di sola pulitura o tinteggiatura

esterna) riguardano interventi influenti dal punto di vista termico, o che interessano oltre il

10% dell’intonaco della superficie disperdente lorda complessiva dell’edificio, gli interventi

devono soddisfare i requisiti di cui al D.M. 26 giugno 2015 e quelli di cui alla Tabella 2

dell’Allegato B al D.M. 11 marzo 2008, con riguardo ai valori di trasmittanza termica.

Le spese relative agli interventi di rifacimento delle facciate devono essere pagate dai soggetti

Irpef non titolari di reddito d’impresa mediante bonifico bancario o postale dal quale risulti la

causale del versamento, il codice fiscale del beneficiario della detrazione, il numero di partita

Iva ovvero il codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato.

Diversamente, per i soggetti titolari di reddito d’impresa, siano essi soggetti Irpef o Ires (società

di persone o società di capitali), il pagamento delle spese potrà avvenire – non necessariamente

mediante bonifico – ma anche tramite altre modalità (ad esempio assegno bancario o postale).

La detrazione Irpef/Ires del 90% deve essere ripartita in 10 quote annuali costanti (e di pari

importo) nell’anno di sostenimento delle spese e nei 9 successivi e spetta fino a concorrenza

dell’imposta lorda: in caso di incapienza in ciascun anno/periodo d’imposta, la detrazione si

perde, nel senso che non può essere richiesta a rimborso né utilizzata nei periodi d’imposta

successivi.

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Legale

54 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Consulenza immobiliare n. 24/2020

Il comodato d’uso dell’immobile

destinato a casa familiare: la disciplina

della restituzione al comodante di Alessandro Biasioli – avvocato

Premessa

In questo contributo si analizzerà la situazione in cui si viene a trovare un proprietario di un immobile,

che lo ha concesso in comodato d’uso, senza indicarne un termine finale, a un soggetto, affinché lo

destinasse a casa familiare.

Il caso pratico che si può verificare, per quanto qui ci compete, è il seguente: un padre concede, in

comodato d’uso gratuito, un immobile al proprio figlio, il quale, successivamente, si sposa, ha dei figli,

interrompe la relazione e l’immobile de quo viene, con provvedimento del Tribunale, assegnato alla

moglie (nuora del comodante).

La problematica può sorgere, quindi, nel momento in cui, proprio a seguito di separazione personale o

divorzio tra coniugi, il giudice, attesa la presenza di figli, disponga che l’immobile venga assegnato al

coniuge affidatario dei figli.

Il quesito che si pone è se il proprietario dell'immobile può chiederne la restituzione.

L’istituto in breve

Il comodato è un contratto con il quale una parte (il comodante) consegna all’altra (il comodatario) un

bene mobile o immobile, affinché costui se ne possa servire per un tempo o per un uso determinato,

con l’obbligo di restituirlo.

È un contratto intuitu personae, e tale caratteristica è confermata dall’articolo 1804, cod. civ., che vieta

al comodatario la possibilità di concedere in uso a terzi l’oggetto del comodato. È evidente che colui

che concede in prestito un bene a qualcuno è mosso il più delle volte da ragioni di cortesia, amicizia o

riconoscenza e ciò implica un determinato rapporto di fiducia tra le parti.

È un contratto gratuito e a forma libera (e ciò anche qualora il contratto sia ultranovennale e abbia a

oggetto beni immobili).

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55 Consulenza immobiliare n. 24/2020

L'articolo 1803, cod. civ. è la norma di riferimento che stabilisce la nozione di comodato.

Articolo 1803, cod. civ. – Nozione

“Il comodato è il contratto col quale una parte consegna all'altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva

per un tempo o per un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta.

Il comodato è essenzialmente gratuito”

Per quanto concerne la fattispecie in questa sede esaminata, rileva anche il combinato disposto degli

articoli 1809 e 1810, cod. civ..

Articolo 1809, cod. civ. – Restituzione

“Il comodatario è obbligato a restituire la cosa alla scadenza del termine convenuto o, in mancanza di termine, quando

se ne è servito in conformità del contratto.

Se però, durante il termine convenuto o prima che il comodatario abbia cessato di servirsi della cosa, sopravviene un

urgente e impreveduto bisogno al comodante, questi può esigerne la restituzione immediata”

Articolo 1810, cod. civ. – Comodato senza determinazione di durata

“Se non è stato convenuto un termine né questo risulta dall'uso a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario

è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede”

L’articolo 1810, cod. civ., nello specifico, disciplina quella fattispecie giuridica definibile come

“comodato precario”, consistente in un sottotipo di comodato gratuito il cui fine si sostanzia nel tutelare

al massimo il comodante che, qualora rivoglia indietro il bene concesso in comodato, ha la facoltà di

richiederlo in qualsiasi momento (c.d. recesso ad nutum), senza che debbano sussistere necessità

evidenti o problemi economici.

Gli orientamenti a confronto

Ai fini di comprendere se il comodante, a seguito di separazione personale o divorzio tra i coniugi, possa

ottenere la restituzione dell’immobile concesso in comodato – a prescindere dal provvedimento di

assegnazione dello stesso al coniuge affidatario dei figli – risulta importante evidenziare le 2 posizioni

presenti in giurisprudenza, relative alla qualificazione giuridica del comodato di un immobile adibito a

casa familiare.

Comodato precario

L’orientamento minoritario, superato da ben 2 pronunce della Corte di Cassazione SS.UU. (n.

13603/2004 e n. 20448/2014), ha sostenuto la riconducibilità del caso in esame alla fattispecie del

comodato precario. In questo caso sarebbe sufficiente una mera manifestazione di volontà da parte del

comodante, senza addurre alcuna specifica giustificazione, per ottenere la restituzione del bene.

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56 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Non assumerebbe rilievo, dunque, la circostanza che l’immobile sia stato adibito a uso familiare e,

successivamente, assegnato al coniuge affidatario dei figli con specifica pronuncia del Tribunale.

In tal senso si ricorda la sentenza della Suprema Corte n. 15986/2010, secondo cui, nel comodato

precario avente a oggetto un bene immobile, la determinazione del termine di efficacia del contratto è

rimessa alla sola volontà del comodante, che ha facoltà di manifestarla con la semplice richiesta di

restituzione del bene, senza che assuma rilievo la circostanza che l’immobile sia stato adibito a uso

familiare e assegnato, in sede di separazione dei coniugi, all’affidatario dei figli.

Comodato ordinario

Al contrario, una diversa posizione giurisprudenziale – ripresa, in tempi recenti, anche dalla Cassazione

con le sentenze n. 8571/2018 e n. 9796/2019 – individua nel comodato di un immobile adibito a casa

familiare un comodato ordinario. Questo orientamento sostiene che il provvedimento del giudice di

assegnazione dell'immobile al coniuge affidatario, emesso a seguito di giudizio di separazione o

divorzio, non modifica la natura e il contenuto del titolo di godimento sull'immobile, ma semplicemente

determina la concentrazione dello stesso nella persona dell'assegnatario.

Il vincolo di destinazione del contratto alle esigenze abitative dei familiari prescinde, dunque, dalla

durata del rapporto coniugale, con la conseguenza che il rilascio dell'immobile non potrà essere

richiesto finché perdureranno le medesime esigenze abitative familiari, fatta sempre eccezione per i

casi di urgente e imprevisto bisogno, ex articolo 1809, comma 2, cod. civ., in cui il comodante potrà

avanzare richiesta di restituzione.

A tal proposito la Suprema Corte, con sentenza n. 20892/2016, ha precisato che:

“Ai sensi dell'articolo 1809, comma 2, cod. civ., il bisogno che giustifica la richiesta del comodante di

restituzione del bene, lungi dall'essere grave, deve essere imprevisto (e, dunque, sopravvenuto rispetto

al momento della stipula del contratto) e urgente, senza che rilevino bisogni non attuali, né concreti o

ipotizzabili esclusivamente in astratto, sicché non solo la necessità di un uso diretto ma anche il

sopravvenire di un imprevisto deterioramento della condizione economica del comodante, che

giustifichi la restituzione del bene, consente di porre fine al comodato, ancorché la sua destinazione

sia quella di casa familiare. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata, che aveva

ritenuto fondata la domanda di rilascio anticipato di un bene immobile da parte di una società che,

dopo averlo concesso in comodato a un socio, per consentire allo stesso una più agevole frequentazione

della vicina sede sociale, aveva inteso, poi, destinarlo, una volta cessato tale interesse per l'esclusione

del comodatario dalla società, a sede di attività sociali).”

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57 Consulenza immobiliare n. 24/2020

L’orientamento prevalente: Cassazione n. 13603/2004 e n. 20448/2014

La sentenza n. 13603/2004

Secondo tale orientamento la stipula di un contratto di comodato, per il soddisfacimento delle esigenze

abitative di un nucleo familiare, vincola la durata del contratto alla sussistenza delle esigenze per cui è

stato concluso, le quali non verrebbero meno in caso di separazione e assegnazione della casa familiare

a uno dei coniugi.

In buona sostanza, la trasformazione che interviene a seguito del provvedimento di assegnazione

della casa familiare, disponendo il passaggio del godimento a un soggetto diverso dall’originale

beneficiario del comodato, non muta il contenuto della convenzione contrattuale che era

inizialmente intercorsa, continuando ad applicarsi, anche al soggetto subentrante nel godimento,

i medesimi principi giuridici che avrebbero regolato il rapporto con il primo beneficiario del

contratto di comodato.

Quindi, il padre che concede in comodato al figlio un immobile, affinché questo lo utilizzi quale

abitazione familiare, rimarrà vincolato dalle stesse pattuizioni anche nei confronti della moglie del

figlio, qualora costei, in caso di separazione personale o divorzio, risulti assegnataria della casa familiare

e affidataria dei figli.

In casi del genere, infatti, per effetto della concorde volontà delle parti, si è impresso al comodato un

generico vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari e non solo a titolo personale del

comodatario. Di conseguenza, tale qualificazione è idonea a conferire all’uso – cui l’immobile deve

essere destinato – il carattere implicito della durata del rapporto, e ciò anche oltre l’eventuale crisi

coniugale, senza possibilità di far dipendere la cessazione del vincolo esclusivamente dalla volontà del

comodante.

Non siamo, secondo gli Ermellini, nell’ambito del comodato a tempo indeterminato, ma in quello

ordinario il cui uso consente di stabilire la scadenza contrattuale, con la conseguenza che il comodante

è tenuto a consentire la continuazione del godimento per l’uso previsto nel contratto, salva sempre

l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente e imprevedibile bisogno, ai sensi dell’articolo 1809, comma 2,

cod. civ..

La specificità della destinazione – quale casa familiare – come punto di riferimento sarebbe

assolutamente incompatibile con un godimento provvisorio che caratterizza il comodato precario,

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58 Consulenza immobiliare n. 24/2020

legittimando, allo stesso tempo, la cessazione ad nutum del rapporto su unilaterale iniziativa del

comodante.

La sentenza n. 20448/2014

La fattispecie che ha dato origine alla pronuncia in esame riguarda il caso di un genitore che aveva

concesso in comodato al figlio un'abitazione di sua proprietà perché vi abitasse con la famiglia.

In occasione del giudizio di separazione tale abitazione veniva assegnata alla nuora, in quanto

affidataria del figlio minore della coppia.

Il comodante, qualificando – erroneamente – il contratto intercorso con il figlio come comodato senza

determinazione di durata, aveva agito nei confronti dell'assegnataria chiedendo che venisse dichiarata

la cessazione del contratto, il rilascio dell'immobile e, in ultimo, la condanna della convenuta al

pagamento del compenso per il relativo godimento.

Giunta fino in Cassazione, la questione veniva assegnata alla III Sezione che, ritenendo persistere un

contrasto giurisprudenziale, sollecitava il nuovo pronunciamento delle Sezioni Unite.

Il suddetto orientamento delle Sezioni Unite n. 13603/2004, in questa e in altre occasioni, è stato messo

in discussione nel corso degli anni successivi, e, per tal ragione, è stato oggetto della sentenza n.

20448/2014 con la quale, nuovamente a Sezioni Unite, gli Ermellini hanno confermato quanto già

statuito circa 10 anni prima.

In particolare, si è ribadito che, nell’ipotesi di concessione in comodato da parte di un terzo di un

bene immobile di sua proprietà, affinché sia esplicitamente destinato a casa familiare, la

fattispecie contrattuale cui bisogna fare riferimento è il comodato di immobile per un uso

determinato e dunque, come è stato osservato, per un tempo determinabile per relationem, ovvero

che può essere individuato in considerazione della destinazione a casa familiare contrattualmente

prevista, indipendentemente dall’insorgere di una crisi coniugale.

Resta fermo l’assunto che tale principio viene superato, se sopravviene un urgente e imprevedibile

bisogno del comodante. L’urgenza è qui da intendersi come imminenza, restando quindi esclusa la

rilevanza di un bisogno non attuale, non concreto, ma soltanto astrattamente ipotizzabile. Il bisogno

poi deve essere serio, reale, non voluttuario, né artefatto (Cassazione, sentenza n. 20892/2016).

Pertanto, non solo la necessità di uso diretto, ma anche il sopravvenire imprevisto del deterioramento

della condizione economica – che obiettivamente giustifichi la restituzione del bene anche ai fini della

vendita o di una redditizia locazione del bene immobile – consente di porre fine al comodato, anche se

la destinazione sia quella di casa familiare.

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59 Consulenza immobiliare n. 24/2020

In ogni caso, è stato confermato che, ogni qualvolta un immobile venga concesso in comodato con

destinazione abitativa, non si possa immancabilmente riconoscergli durata pari alle esigenze della

famiglia del comodatario, ancorché disgregata.

Se poi il coniuge separato – con cui sia convivente la prole minorenne o, comunque, non autosufficiente

– si oppone alla richiesta di rilascio, dovrà provare l’esistenza di un comodato di casa familiare con

scadenza non prefissata. Tale prova potrebbe risultare più difficile, qualora la concessione dell’immobile

in comodato sia avvenuta in favore di un soggetto all’epoca non coniugato, né prossimo alle nozze,

dovendosi in tal e caso dimostrare che, dopo l’insorgere della nuova situazione familiare, il comodato

medesimo sia stato confermato e mantenuto per soddisfare esigenze non solo personali, ma dell’intero

nucleo familiare.

La giurisprudenza recente – un breve panorama

La prova del comodato stipulato per esigenze del nucleo familiare

Come sopra precisato, elemento fondamentale ai fini della possibilità, per il comodante, di ottenere la

restituzione dell’immobile, è provare che la medesima abitazione sia stata concessa in comodato non

per un uso personale del comodatario, ma per una più ampia esigenza dell’intero nucleo familiare.

Su tale argomento è intervenuta la Cassazione, con sentenza n. 24838/2014, la quale ha richiamato

l’attenzione sul fatto che, laddove non risultino chiare le esigenze familiari che sottendono alla

conclusione del contratto di comodato, va favorita la soluzione della cessazione del vincolo. Questo in

quanto si deve desumere che non vi sia stata determinazione del termine di scadenza, con la

conseguenza che il comodante può in ogni momento chiedere la restituzione della cosa, non

condizionata alla presenza degli urgenti bisogni di cui sopra si è detto.

Nel caso di specie, la Cassazione ha accolto il ricorso proposto dalla proprietaria di un immobile, che

aveva chiesto la risoluzione del contratto di comodato concluso con il figlio – nel frattempo sposatosi

e poi separatosi con conseguente provvedimento di assegnazione della casa familiare, oggetto del

comodato, alla moglie affidataria e al figlio minorenne – in quanto, ormai anziana e vedova, avrebbe

avuto necessità di rientrare in possesso della casa familiare.

La nuora si opponeva alla richiesta, facendo presente che si trattava di comodato destinato allo specifico

uso di abitazione coniugale, non soggetto a scioglimento prima della cessazione dell’uso medesimo,

ma a tale affermazione non sarebbero seguite idonee prove in ordine proprio alla volontà di subordinare

la stipula del comodato alla suddetta finalità.

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60 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Nel dubbio, precisano gli Ermellini, va adottata la soluzione più favorevole alla cessazione del vincolo

e, al contempo, deve essere interpretata con favore nei confronti del comodante la norma che lo

autorizza a chiedere la restituzione del bene concesso gratuitamente in uso, soprattutto quando si tratti

di bene immobile e quando vengano prospettate esigenze abitative personali, per di più facenti capo a

una persona anziana, sola e bisognosa di cure che si è già privata dell’immobile per diversi anni.

Ulteriore conferma di quanto sopra è rinvenibile nella sentenza della Cassazione n. 24468/2014, che si

riferisce al caso in cui il proprietario di un locale commerciale – che aveva concesso l’immobile in

comodato alla moglie per l’esercizio dell’attività di estetista – dopo la separazione, agiva in giudizio

per chiedere il rilascio dell’immobile e la moglie si opponeva alla richiesta, sostenendo che il centro

estetico era essenziale per l’attività lavorativa della donna e tale attività lavorativa era a sua volta

necessaria per il mantenimento dei figli.

Secondo la Suprema Corte è errato ritenere che il comodato di un immobile destinato a una determinata

attività commerciale sia implicitamente soggetto a un termine di durata corrispondente alla durata

dell’attività che vi si svolge.

Sulla base dell’articolo 1810, cod. civ., infatti, la regola è che l’immobile concesso in comodato debba

essere restituito non appena il comodante lo richieda, salvo che sia stato pattuito espressamente un

termine di durata o che il termine di durata del comodato risulti dall’uso cui la cosa è destinata.

La circostanza che nell’immobile dato in comodato sia svolta un’attività commerciale non è sufficiente

per ritenere, quel comodato, soggetto a un termine implicito, con la conseguenza che il comodante non

possa chiedere la restituzione dell’immobile sino a che non cessi l’attività in esso svolta.

Recente conferma dell’orientamento di cui alle sentenze del 2004 e del 2014

In conclusione, si evidenzia che, anche recentemente, la Suprema Corte ha confermato il secondo

orientamento sopra descritto (Cassazione n. 13603/2004 e n. 20448/2014). Si veda, su tutte, l’ordinanza

n. 19012/2019:

“Il coniuge affidatario della prole minorenne, o maggiorenne non autosufficiente, assegnatario della

casa familiare, può opporre al comodante, che chieda il rilascio dell'immobile, l'esistenza di un

provvedimento di assegnazione, pronunciato in un giudizio di separazione o divorzio, solo se tra il

comodante e almeno uno dei coniugi il contratto in precedenza insorto abbia contemplato la

destinazione del bene a casa familiare. Ne consegue che, in tale evenienza, il rapporto, riconducibile

al tipo regolato dagli articoli 1803 e 1809, cod. civ., sorge per un uso determinato e ha, in assenza di

un'espressa indicazione della scadenza, una durata determinabile per relationem, con applicazione

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delle regole che disciplinano la destinazione della casa familiare, indipendentemente dall'insorgere di

una crisi coniugale, ed è destinato a persistere o a venir meno con la sopravvivenza o il dissolversi

delle necessità familiari che avevano legittimato l'assegnazione dell'immobile”.

SCHEDA DI SINTESI

Immobile concesso in comodato d’uso, senza indicare un termine finale, a un soggetto affinché

lo destini a casa familiare.

Fattispecie riconducibile al comodato precario o al comodato ordinario?

È un comodato ordinario, in quanto il provvedimento del giudice, di assegnazione dell'immobile

al coniuge affidatario, emesso a seguito di giudizio di separazione o divorzio, non modifica la

natura e il contenuto del titolo di godimento sull'immobile, ma semplicemente determina la

concentrazione dello stesso nella persona dell'assegnatario.

Cassazione n. 13603/2004: la stipula di un contratto di comodato, per il soddisfacimento delle

esigenze abitative di un nucleo familiare, vincola la durata del contratto alla sussistenza delle

esigenze per cui è stato concluso, le quali non vengono meno in caso di separazione e

assegnazione della casa familiare a uno dei coniugi. La trasformazione che interviene a seguito

del provvedimento di assegnazione della casa familiare, disponendo il passaggio del godimento

a un soggetto diverso dall’originale beneficiario del comodato, non muta il contenuto del

contratto, continuando ad applicarsi anche al soggetto subentrante nel godimento

dell’immobile.

Cassazione n. 20448/2014: in caso di concessione in comodato da parte di un terzo di un bene

immobile di sua proprietà, affinché sia esplicitamente destinato a casa familiare, la fattispecie

contrattuale cui bisogna fare riferimento è il comodato di immobile per un uso determinato e,

dunque, come è stato osservato, per un tempo determinabile per relationem, ovvero che può

essere individuato in considerazione della destinazione a casa familiare contrattualmente

prevista, indipendentemente dall’insorgere di una crisi coniugale.

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Consulenza immobiliare n. 24/2020

Agevolazioni prima casa. Solidarietà

passiva del venditore di Luigi Cenicola – esperto fiscale

La solidarietà passiva è prevista dall’articolo 1292, cod. civ. e seguenti il quale stabilisce che

l’obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione in modo

che ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno

libera gli altri. In sintonia con la norma civilistica e ai fini dell’imposta di registro, l’articolo 57, comma

1, D.P.R. 131/1986, prevede che sono, fra l’altro, solidalmente obbligati al pagamento dell'imposta le

parti contraenti, le parti in causa, coloro che hanno sottoscritto. La Cassazione è intervenuta sul tema,

con riguardo alle agevolazioni “prima casa”, affermando che la revoca delle medesime comporta la

responsabilità solidale del venditore qualora sia dovuta a circostanze non imputabili in via esclusiva a

un determinato comportamento dell'acquirente, come una dichiarazione mendace sulla sussistenza di

presupposti per fruire del trattamento agevolato, ma a elementi oggettivi del contratto stipulato tra le

parti, ad esempio, l'avere l'immobile caratteristiche di lusso.

Premessa

Come noto, ai fini dell’imposta di registro, i presupposti della revoca dell’agevolazione “prima casa” per

gli immobili cosiddetti di lusso, considerati tali sulla base dei parametri stabiliti dal D.M. 2 agosto 1969,

riguardano i trasferimenti immobiliari antecedenti al 1° gennaio 2014. Come chiarito dalla Cassazione,

tali criteri permangono anche alla luce dello jus superveniens di cui all’articolo 10, comma 1, lettera a),

D.Lgs. 23/2011, il quale, nel sostituire il comma 2 dell’articolo 1, Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R

131/1986, ha previsto che l’esclusione dall’agevolazione non dipende dalle caratteristiche qualitative

e di superficie (individuate sulla base del suddetto decreto) quanto dalla circostanza che la casa di

abitazione sia iscritta in categoria catastale A/1, A/8 o A/9 (rispettivamente: abitazioni di tipo signorile;

abitazioni in ville; castelli e palazzi con pregi artistici o storici). Il nuovo regime si applica, quindi, ai

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63 Consulenza immobiliare n. 24/2020

trasferimenti posti in essere dopo il 1° gennaio 20141 e la normativa di riferimento, non fa più richiamo

al decreto dei LL.PP. del 1969.

Relativamente alla tassazione si rammenta che fino al 2013, ricorrendo le condizioni previste dalla nota

II-bis del predetto articolo 1 della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. 131/1986, per gli atti di acquisto

della “prima casa” era dovuta l’imposta di registro nella misura proporzionale applicando l’aliquota del

3%. A seguito delle modifiche introdotte dall’articolo 10, D.Lgs. 23/2011 e dell’articolo 1, comma 608,

L. 147/2013 (di Stabilità per l’anno 2014), tali compravendite sono soggette all’aliquota del 2% (a

condizione, per quanto già detto, che abbiano a oggetto case di abitazione non iscritte nelle categorie

catastali di pregio A/1, A/8 e A/9). Sostanzialmente beneficiano dell’imposta ridotta le abitazioni

accatastate nelle categorie da A/2 ad A/7.

Inoltre, tutti gli atti e le formalità direttamente conseguenti posti in essere per effettuare gli

adempimenti presso il Catasto e i registri immobiliari sono esenti dall'imposta di bollo, dai tributi

speciali catastali e dalle tasse ipotecarie e soggetti alle imposte ipotecaria e catastale ciascuna nella

misura fissa di 50 euro.

Sebbene la riforma abbia comportato la soppressione di diverse agevolazioni, contenute anche in leggi

speciali, la permanenza di quelle a favore della “prima casa” ha comportato, di conseguenza, la conferma

dei requisiti e delle relative cause di decadenza per cui il riconoscimento dei benefici è subordinato al

rispetto delle condizioni richieste dalla nota medesima.

Stessa sorte è toccata alla disciplina in materia di Iva; l’articolo 33, D.Lgs. 175/2014, modificando il n.

21 della Tabella A, Parte II, allegata al D.P.R. 633/1972 nella parte in cui era richiamato il D.M. 2 agosto

1969, ha introdotto il criterio catastale quale parametro di valutazione per l’applicazione dell’aliquota

agevolata del 4% con il risultato che, anche ai fini di tale imposta, il beneficio “prima casa” è escluso

per gli immobili rientranti in una delle suddette categorie A/1, A/8 e A/9.

A completamento di quanto sopra occorre aggiungere che permane, invece, il rispetto dei requisiti di

qualità intrinseca e di superficie per i fabbricati agricoli a uso abitativo. L’articolo 9, comma 3, lettera

e), D.L. 557/1993 non riconosce, infatti, la “ruralità” alle abitazioni che, oltre a essere censite nelle

categorie catastali di pregio (A/1 e A/8), presentano le caratteristiche tipiche delle case di lusso

richiamate dal Decreto Ministeriale2.

1 Cfr. Cassazione, sentenza n. 3360/2017. 2 Articolo 9, comma 3, lettera e), D.L. 557/1993: i fabbricati a uso abitativo, che hanno le caratteristiche delle unità immobiliari urbane

appartenenti alle categorie A/1 e A/8, ovvero le caratteristiche di lusso previste dal D.M. 2 agosto 1969, adottato in attuazione dell'articolo

13, L. 408/1949, non possono comunque essere riconosciuti rurali.

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64 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Tutto questo, com’è facile intuire, ha dato luogo a un consistente contenzioso e, ancorché siano trascorsi

diversi anni da quando la norma è stata riformata ed è ormai a “regime”, pur tuttavia la Suprema Corte

è ancora alle prese su controversie che riguardano atti stipulati in epoca anteriore all’anno 2014 e che

coinvolgono, in caso di revoca dei benefici, la responsabilità del venditore come si vedrà in seguito.

Il più volte menzionato D.M. 1072/1969 individua (dato che non è stato abrogato ed esplica ancora i

suoi effetti nei confronti dei fabbricati abitativi rurali) i criteri nonché le tipologie delle case di lusso

per cui, ante riforma, era impossibile conseguire le agevolazioni “prima casa” quando si trattava di

abitazioni:

− realizzate su aree destinate dagli strumenti urbanistici, adottati o approvati, a “ville”, “parco privato”

ovvero a costruzioni qualificate dai predetti strumenti come “di lusso” (articolo 1, D.M. 1072/1969);

− realizzate su aree per le quali gli strumenti urbanistici, adottati od approvati, prevedono una

destinazione con tipologia edilizia di case unifamiliari e con la specifica prescrizione di lotti non inferiori

a 3000 mq, escluse le zone agricole, anche se in esse siano consentite costruzioni residenziali (articolo

2, D.M. 1072/1969);

− facenti parte di fabbricati che abbiano cubatura superiore a 2000 mc e siano realizzati su lotti nei

quali la cubatura edificata risulti inferiore a 25 me. vuoto per pieno per ogni 100 mq di superficie

asservita ai fabbricati (articolo 3, D.M. 1072/1969);

− unifamiliari dotate di piscina di almeno 80 mq di superficie o campi da tennis con sottofondo drenato

di superficie non inferiore a 650 mq (articolo 4, D.M. 1072/1969);

− composte di uno o più vani costituenti unico alloggio padronale aventi superficie utile complessiva

superiore a 200 mq (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine) ed

eventi come pertinenza un’area scoperta della superficie di oltre 6 volte l’area coperta (articolo 5, D.M.

1072/1969)

Ovvero:

− di singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a 240 mq, esclusi i balconi,

le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine (articolo 6, D.M. 1072/1969);

− case facenti parte di fabbricati o costituenti fabbricati insistenti su aree comunque destinate

all’edilizia residenziale, quando il costo del terreno coperto e di pertinenza supera di una volta e mezzo

il costo della sola costruzione (articolo 7, D.M. 1072/1969);

− se presenti oltre 4 caratteristiche tra quelle citate (articolo 8, D.M. 1072/1969).

Il requisito di cui all’articolo 6, D.M. 1072/1969 è quello che è stato ed è ancora oggetto di contestazione

non solo per quanto riguarda la sussistenza dei presupposti “prima casa” ma anche (e soprattutto) per

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65 Consulenza immobiliare n. 24/2020

le abitazioni a uso agricolo poiché, per queste, il superamento del limite dei 240 mq dà luogo al

disconoscimento della “ruralità”3.

Va subito detto che, relativamente alla “prima casa”, la Cassazione ha fatto presente che principi di

ragionevolezza ed equità contributiva impongono che, al fine di stabilire la spettanza delle agevolazioni

tributarie in oggetto, l’abitazione deve essere considerata “di lusso” o “non di lusso” con riferimento al

momento dell’acquisto, e non a quello della sua costruzione o eventuale ristrutturazione successiva4.

Quanto poi alle modalità di determinazione della superficie tassabile la stessa Corte di Cassazione a

più riprese ha affermato che, per il calcolo previsto dall’articolo 6, D.M. 1072/1969, vanno esclusi dal

dato quantitativo globale della superficie dell’immobile indicata nell’atto di acquisto solo balconi,

terrazze, cantine, soffitte, scale e posto macchina, e non l'intera superficie non calpestabile, come quella

afferente a mura perimetrali e divisorie5.

In altra circostanza è stato sottolineato che ai fini del riconoscimento dell’agevolazione il calcolo della

superficie dell’abitazione non può essere effettuato alla stregua del disposto dell’articolo 3, D.M.

801/1977 (“Determinazione del costo di costruzione di nuovi edifici”), che definisce la superficie abitabile

come “la superficie di pavimento degli alloggi misurata al netto di murature, pilastri, tramezzi, sguinci, vani

di porte e finestre, di eventuali scale interne, di logge e di balconi”6 come anche è stato osservato, con

riferimento alla “utilizzabilità” della superficie, che:

«per stabilire se una abitazione sia di lusso e, quindi, sia esclusa dall’agevolazione per l’acquisto della

“prima casa”, di cui all’articolo 1, comma 2, Parte I, Tariffa allegata al D.P.R. 131/1986, occorre fare

riferimento alla nozione di “superficie utile complessiva” di cui all’articolo 6, D.M. lavori pubblici 2

agosto 1969, in forza del quale è irrilevante il requisito dell’ abitabilità” dell’immobile, siccome da esso

non richiamato, mentre quello dell’utilizzabilità” degli ambienti, a prescindere dalla loro effettiva

abitabilità, costituisce parametro idoneo ad esprimere il carattere “lussuoso” di una abitazione».7

Pertanto, il requisito dell’“utilizzabilità” degli ambienti, a prescindere dalla loro effettiva abitabilità,

costituisce parametro idoneo a esprimere il carattere “lussuoso” di una abitazione.

3 Cfr. Cassazione, sentenze n. 9760/2003 e n. 2010/2018: permane, quindi, questa differenza nel sistema che penalizza, e non poco, proprio le

abitazioni rurali considerato che, dal punto di vista prettamente estimativo/catastale, sono delle “comuni” unità immobiliari che si distinguono

dalle altre, di pari categoria catastale, per il solo fatto di essere utilizzate da soggetti qualificati (cd e Iap) dediti all’espletamento dell’attività

agricola. Può, quindi, verificarsi (paradossalmente) che una casa, di superficie superiore a 240 mq, sia comunque censita nella categoria A/2

come “abitazione di tipo di civile”, e non qualificata, quindi, “di lusso”, mentre lo stesso fabbricato, destinato però a uso agricolo, potrebbe

perdere la “ruralità” e le annesse agevolazioni fiscali, nel caso in cui si verifichi il superamento dei 240 mq. 4 Cfr. Cassazione, n. 1439/2016 e n. 459/2018. 5 Cfr. Cassazione, n. 861/2014; n. 24469/2015; n. 8421/2017 e n.17470/2019. 6 Cfr. Cassazione, n. 11556/2016. 7 Cfr. Cassazione, n. 25674/2013 e n. 18480/2016.

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66 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Solidarietà passiva del venditore

Ai fini dell’imposta di registro l’articolo 10, D.P.R. 131/1986, individua coloro che sono obbligati a

richiedere la registrazione mentre il successivo articolo 57, Tur indica i soggetti obbligati al pagamento

per cui vi è una sostanziale coincidenza delle persone chiamate ai relativi adempimenti.

L’articolo da ultimo citato, al comma 1, dispone che:

“Oltre ai pubblici ufficiali, che hanno redatto, ricevuto o autenticato l'atto, e ai soggetti nel cui interesse

fu richiesta la registrazione, sono solidalmente obbligati al pagamento dell'imposta le parti contraenti,

le parti in causa, coloro che hanno sottoscritto o avrebbero dovuto sottoscrivere le denunce di cui agli

articoli 12 (Richiesta di registrazione dei contratti verbali e delle operazioni di società ed enti esteri) e

19 (Denuncia di eventi successivi alla registrazione) e coloro che hanno richiesto i provvedimenti di

cui agli articoli 633, 796, 800 e 825, c.p.c.”.

Il comma 4 prevede, inoltre, che:

“L'imposta complementare8 dovuta per un fatto imputabile soltanto a una delle parti contraenti è a

carico esclusivamente di questa”.

Su questo particolare aspetto si è espressa di recente la Corte di legittimità, con ordinanza n. 2633/2020,

esaminando la controversia sorta a seguito della notifica di un avviso di liquidazione delle imposte di

registro, ipotecaria e catastale a 2 soggetti i quali avevano venduto (prima del 2014) un immobile il cui

acquirente aveva beneficiato delle agevolazioni “prima casa”. L’ufficio dell’Agenzia delle entrate,

ritenendo che l’unità immobiliare in questione aveva una superficie superiore ai 240 mq negava i

benefici fiscali conseguiti e recuperava le imposte nella misura ordinaria; la questione verteva quindi

sulla solidarietà passiva del venditore.

Prima di entrare nel merito della questione sembra opportuno richiamare le norme civilistiche che

regolano la materia. L’articolo 1292 e ss., cod. civ. stabilisce che l’obbligazione è in solido quando più

debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione in modo che ciascuno può essere costretto

all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno libera gli altri; oppure quando tra più

creditori ciascuno ha diritto di chiedere l’adempimento dell’intera obbligazione e l’adempimento

conseguito da uno di essi libera il debitore verso tutti i creditori. Nei rapporti interni l’obbligazione in

solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell’interesse

esclusivo di alcuno di essi (articolo 1298, cod. civ.); il debitore in solido che ha pagato l’intero debito

8 Articolo 42, comma 1, D.P.R. 131/1986.

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67 Consulenza immobiliare n. 24/2020

può ripetere dai condebitori soltanto la parte di ciascuno di essi (articolo 1299, cod. civ.) per cui ha un

diritto di rivalsa nei loro confronti.

A tale riguardo la Corte Costituzionale9 ha escluso l’incostituzionalità dell’articolo 57, Tur rinvenendo

la solidarietà nel pagamento dell’imposta di registro la sua giustificazione nel rapporto giuridico

economico intercorrente tra i soggetti che rivestono la qualità di “parti in causa”. Pertanto, tale

disposizione rientra nell’ambito di quanto previsto dall’articolo 1292, cod. civ. e ss. per cui, ad esempio,

colui che assolve l’intera imposta di registro può rivalersi per la parte imputabile a ciascuno degli altri

coobbligati. Solitamente avviene però che negli atti di trasferimento l’acquirente si accolla per intero

la registrazione dell’atto e non può rivalersi nei confronti di altri soggetti terzi.

Nella fattispecie in esame i venditori, declinando la loro solidarietà passiva, impugnavano l'avviso di

liquidazione davanti alla CTP che accoglieva il ricorso ritenendo illegittimo l’atto dell’ufficio. Più

propriamente i ricorrenti sostenevano di non essere obbligati in solido (articolo 57, comma 1, Tur) con

l’acquirente in quanto costui aveva rilasciato una dichiarazione ritenuta mendace10 e conseguentemente

trovava applicazione l’articolo 57, comma 4, Tur; siccome la “mendacità della dichiarazione” era stata del

solo acquirente, i contribuenti venditori non potevano essere con lui obbligati in solido.

La CTR confermava la decisione di primo grado, rigettando l’appello. Nella sentenza la Commissione

Tributaria sosteneva che, se da un lato le maggiori imposte potevano essere pretese, se del caso, solo

nei confronti dell'acquirente, dall'altro lato l'immobile, come risultava dalla perizia tecnica prodotta dai

contribuenti e dalla planimetria in atti, era di dimensioni tali (219 mq al netto dei muri, delle terrazze,

dei balconi, delle soffitte e delle scale) da non poter essere definito di lusso (era, quindi, inferiore ai mq

240 previsti dall'articolo 6, D.M. 1072/1969, per la qualifica di immobile di lusso) a nulla rilevando la

superficie catastale (281 mq) menzionata nel contratto di compravendita e determinata con i criteri

stabiliti dal D.P.R. 138/199811.

Nel ricorso per Cassazione l'Agenzia delle entrate, nel fare presente che il richiamo all’articolo 57, Tur

era fuori luogo, incentrava le sue osservazioni sostanzialmente sull’assenza di un presupposto oggettivo

per la fruizione dei benefici “prima casa” (non essere l'immobile “di lusso”) sostenendo inoltre che i

metodi di calcolo utilizzati dal perito di parte e fatti propri dalla Commissione Tributaria erano contrari

alla normativa di riferimento.

9 Cfr. Corte Costituzionale, ordinanza n. 215/2000. 10 L’articolo 75, D.P.R. 445/2000, dispone che “qualora dal controllo emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade

dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera”. 11 Regolamento recante norme per la revisione generale delle zone censuarie, delle tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane e dei relativi

criteri nonché delle commissioni censuarie in esecuzione.

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Catasto

68 Consulenza immobiliare n. 24/2020

I giudici di legittimità, accogliendo le istanze dell’Amministrazione finanziaria, hanno osservato nel

merito che la CTR aveva ritenuto l'immobile in questione non di lusso perché di superficie inferiore a

240 mq interpretando il dettato dell’articolo 6 del Decreto dei lavori pubblici nel senso che lo stesso

impone di escludere dal dato quantitativo globale della superficie dell'immobile indicata nell'atto di

acquisto anche i muri oltre che i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e i posto macchina,

imponga cioè di fare riferimento alla superficie calpestabile. Tale interpretazione contrasta però con

quella della Cassazione secondo cui i muri perimetrali e divisori non devono essere esclusi12.

A chiarimento della solidarietà passiva la Corte ha ribadito che, in tema di benefici “prima casa”, la

revoca dei medesimi comporta la responsabilità solidale del venditore (articolo 57, comma 1, Tur)

qualora sia dovuta a:

“circostanze non imputabili in via esclusiva a un determinato comportamento dell'acquirente, come

una dichiarazione mendace sulla sussistenza di presupposti per fruire del trattamento agevolato, ma a

elementi oggettivi del contratto stipulato tra le parti, ad esempio, l'avere l'immobile caratteristiche di

lusso”.13

SCHEDA DI SINTESI

L’articolo 1292, cod. civ. stabilisce che l’obbligazione è in solido quando più debitori sono

obbligati tutti per la medesima prestazione in modo che ciascuno può essere costretto

all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno libera gli altri. Nei rapporti

interni l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che

sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuno di essi (articolo 1298, cod. civ.); il debitore

in solido che ha pagato l’intero debito può ripetere dai condebitori soltanto la parte di ciascuno

di essi (articolo 1299, cod. civ.) per cui ha un diritto di rivalsa nei loro confronti.

Ai fini dell’imposta di registro il principio civilistico è ripreso dall’articolo 57, comma 1, Tur il

quale prevede che la solidarietà passiva, oltre ai pubblici ufficiali che hanno redatto, ricevuto

o autenticato l'atto, coinvolge le parti contraenti, le parti in causa, coloro che hanno sottoscritto

l’atto; soggetti quindi tenuti solidalmente al pagamento del tributo.

La Corte Costituzionale ha escluso l’incostituzionalità dell’articolo 57, Tur rinvenendo la

solidarietà nel pagamento dell’imposta di registro la sua giustificazione nel rapporto giuridico

12 Cfr. Cassazione, n. 21287/2013 e n. 8421/2017. 13 Cfr. Cassazione, n. 24400/2016 e n. 2889/2017.

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Catasto

69 Consulenza immobiliare n. 24/2020

economico intercorrente tra i soggetti che rivestono la qualità di “parti in causa”. Pertanto, tale

disposizione rientra nell’ambito di quanto previsto dall’articolo 1292, cod. civ.

Su questo particolare aspetto è intervenuta di recente la Corte di legittimità che, con ordinanza

n. 2633/2020, si è espressa in merito al contenzioso sorto a seguito della notifica di un avviso

di liquidazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale a 2 soggetti i quali avevano

venduto (prima del 2014) un immobile il cui acquirente aveva beneficiato delle agevolazioni

“prima casa”. L’Agenzia delle entrate, ritenendo che l’unità immobiliare in questione aveva una

superficie superiore ai 240 mq negava i benefici fiscali conseguiti e recuperava le imposte nella

misura ordinaria; la questione verteva quindi sulla solidarietà passiva del venditore. I venditori,

declinando la loro solidarietà passiva, sostenevano di non essere obbligati in solido (articolo

57, comma 1, Tur) con l’acquirente in quanto costui aveva rilasciato una dichiarazione ritenuta

mendace per cui trovava applicazione l’articolo 57, comma 4, Tur.

La Corte ha ribadito che, in tema di benefici “prima casa”, la revoca dei medesimi comporta la

responsabilità solidale del venditore qualora sia dovuta a “circostanze non imputabili in via

esclusiva ad un determinato comportamento dell'acquirente, come una dichiarazione mendace sulla

sussistenza di presupposti per fruire del trattamento agevolato, ma ad elementi oggettivi del

contratto stipulato tra le parti, ad esempio, l'avere l'immobile caratteristiche di lusso”.

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Tributi minori

70 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Consulenza immobiliare n. 24/2020

La disciplina del ravvedimento operoso

Imu alla luce delle ultime novità –

Parte seconda di Fabio Garrini – dottore commercialista, revisore dei conti e pubblicista

Con il presente contributo continuiamo l’analisi della disciplina del ravvedimento operoso applicato ai

tributi locali.

Il computo del termine annuale al ravvedimento

Sul computo del termine annuale previsto dalla lettera b), articolo 13, D.Lgs. 472/1997, che dispone la

riduzione a 1/8 già applicabile precedentemente alle modifiche introdotte con la L. 190/2014, la norma

distingue il termine entro cui applicare la misura ridotta a seconda che il tributo sia soggetto o meno a

dichiarazione periodica; il termine risulta collegato:

− alla data di presentazione della dichiarazione ovvero

− alla data in cui doveva essere effettuato il versamento, nel caso in cui la disciplina tributaria non

preveda una dichiarazione periodica.

La differenza è evidente:

− nel primo caso, tanto l’acconto Imu 2019 quanto il saldo Imu 2019 sarebbero definibili con la misura

ridotta entro il prossimo 31 dicembre 2020 ossia il termine entro il quale occorre presentare, ove dovuta,

la dichiarazione Imu/Tasi per le variazioni intercorse nel 2019 (prevista rispettivamente per l’Imu

all'articolo 13, comma 12-ter, primo periodo, D.L. 201/2011 e per la Tasi all'articolo 1, comma 684, L.

147/2013). Da evidenziare che il termine precedentemente previsto al 30 giugno è stato posticipato

dall’articolo 3-ter, D.L. 34/2019 al 31 dicembre dell’anno successivo; è curioso notare che la nuova

disciplina Imu (si tratta del comma 769, articolo 1, L. 160/2019) avrebbe riportato al 30 giugno la

scadenza di presentazione della dichiarazione Imu;

− al contrario, sposando la seconda tesi, il ravvedimento dell’acconto 2019 sarebbe definibile entro il

15 giugno 2020, mentre il saldo 2019 avrebbe come termine per la definizione tramite ravvedimento il

15 dicembre 2020.

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Tributi minori

71 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Su questo tema consta l’interpretazione condivisibile della nota Ifel datata 19 gennaio 2015. In tale

documento si evidenzia come, diversamente da quanto ritenuto dal Mef nella risoluzione n. 1/DF/2013,

in tema di tributi locali (nello specifico Imu), l'obbligo dichiarativo deve essere assolto solo in occasioni

circostanziate e ben precise (che peraltro sono ormai residuali) ovvero qualora intervengano variazioni

specifiche inerenti il possesso, la detenzione degli immobili, o modifiche rilevanti ai fini della

determinazione del tributo (occorre verificare i casi di esonero indicati nelle istruzioni alla

presentazione del modello dichiarativo). A tal fine, quindi, con riferimento ai citati tributi,

un'interpretazione sistematica e coordinata della nuova disposizione condurrebbe alla conseguenza di

far riferimento al termine annuale decorrente dal momento della scadenza di pagamento del tributo.

Nel documento Ifel si afferma in particolare che la dichiarazione Imu, così come quella Tasi, non può

considerarsi dichiarazione periodica, in quanto non sussiste alcun obbligo normativo alla sua

ripresentazione, nel caso in cui gli elementi che incidono sull’ammontare dell’imposta dovuta non

abbiano subito modifiche. Si tratta pertanto di dichiarazione episodica, che va presentata peraltro solo

in determinate ipotesi ampiamente esemplificate nelle istruzioni ministeriali al modello dichiarativo.

Non appare, altresì, sufficiente a qualificare la dichiarazione Imu come periodica la circostanza che essa

sia dichiarazione ultrattiva (ossia produce effetti sugli anni successivi per gli elementi che non si

modificano).

Purtroppo, occorre segnalare, l’Agenzia delle entrate nella circolare n. 23/E/2015 trascura la posizione

espressa dall’Ifel e conferma il precedente interpretativo, ancorando il ravvedimento al termine di

presentazione della dichiarazione Imu/Tasi:

“così, ad esempio, è possibile avvalersi del c.d. “ravvedimento lungo”, di cui alla lettera b) del citato

articolo 13, per le violazioni concernenti l’imposta municipale propria (Imu) e il tributo per i servizi

indivisibili (Tasi), entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui è stata commessa la violazione,

come precisato nella risoluzione n. 1/DF/2013 e nelle istruzioni per la compilazione della dichiarazione

Imu approvate con D.M. 30 ottobre 2012”.

Accessi, ispezioni e verifiche

Da notare che il comma 1-ter, articolo 13, D.Lgs. 472/1997 dispone quanto segue:

“Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo, per i tributi amministrati

dall'Agenzia delle entrate non opera la preclusione di cui al comma 1, primo periodo, salva la notifica

degli atti di liquidazione e di accertamento, comprese le comunicazioni recanti le somme dovute ai

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Tributi minori

72 Consulenza immobiliare n. 24/2020

sensi degli articoli 36-bis e 36-ter, D.P.R. 600/1973, e successive modificazioni, e 54-bis D.P.R.

633/1972, e successive modificazioni.”

Questo sta a significare che per i tributi comunali rimane operativa la tradizionale causa ostativa: il

ravvedimento operoso è infatti possibile:

“sempreché la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni,

verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore o i soggetti solidalmente

obbligati, abbiano avuto formale conoscenza”.

Pertanto, per fare un esempio, una eventuale richiesta di informazioni o documentazione da parte del

Comune (ad esempio: richiesta dei valori contabili per la verifica della corretta determinazione della

base imponibile per i fabbricati di categoria D, ovvero una richiesta di informazioni riguardanti i

presupposti per applicare un’esenzione), inibisce la possibilità di azionare il ravvedimento operoso.

Su questo punto è bene richiamare quanto affermato in relazione a tale causa ostativa dalla circolare

n. 180/1998 (in relazione ai tributi erariali, oggi chiarimenti applicabili sono ai tributi locali):

− qualora l'accesso, l'ispezione o la verifica riguardino specifici periodi d'imposta, il ravvedimento

rimane esperibile per le violazioni commesse in periodi d'imposta diversi da quello (o quelli) oggetto di

controllo. Sul punto occorre osservare che quando un Comune recapita richieste di informazioni,

difficilmente queste sono relative a una sola annualità;

− allo stesso modo, la verifica non inibisce la possibilità di regolarizzazione per le violazioni relative a

un tributo diverso da quello oggetto di verifica. Ad esempio, se la richiesta di chiarimenti riguarda

l’imposta sui rifiuti, ad esempio per una verifica della superficie, il contribuente potrebbe procedere al

ravvedimento dell’eventuale Imu non versata);

− ancora, va chiarito che l'esistenza di cause ostative va riferita, per espressa previsione normativa, non

solo all'autore della violazione ma anche “ai soggetti solidamente obbligati” al pagamento della sanzione.

Questo significa che tra diversi cointestatari di un bene (ad esempio: 2 fratelli che possiedono quote al

50%) poiché non sussiste alcuna responsabilità solidale tra di essi, l’eventuale accertamento notificato

a uno di questi non pregiudica per l’altro la possibilità di azionare il ravvedimento operoso.

L’unico caso di responsabilità solidale è quello previsto ai fini Tasi tra possessori e detentori:

− in caso di pluralità di possessori, essi sono tenuti in solido all’adempimento dell’unica obbligazione

tributaria. Sul punto è stato chiarito che il versamento dovrà essere ripartito tra i vari possessori in

relazione alla propria quota; la solidarietà riguarderà esclusivamente l’attività di accertamento futuro

da parte del Comune delle irregolarità di versamento. Allo stesso modo ciascuno di questi applicherà

eventuali agevolazioni che a lui spettano;

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73 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Mario Rossi e Luigi Rossi sono fratelli, proprietari di un’immobile al 50% ciascuno. Solo Mario Rossi

abita l’immobile. Mario Rossi avrà diritto ad applicare sulla propria quota del 50% le regole per

l’abitazione principale, mentre Luigi pagherà la Tasi come un qualunque altro immobile.

− analogamente, se vi sono una pluralità di detentori, anche tra questi vi è solidarietà (ad esempio:

marito e moglie che utilizzando un immobile in forza di un contratto di locazione dove sono entrambi

cointestatari). Ciascuno dei detentori pagherà l’imposta sulla propria quota e solo nel caso di mancato

pagamento da parte di uno di questi il Comune potrà pretendere la quota non pagata dall’altro (se non

ché si tratta spessissimo di cifre irrisorie);

− qualora l'unità immobiliare sia occupata da un soggetto diverso dal titolare del diritto reale sull'unità

immobiliare (quindi nel caso di comodato o nel caso di locazione dell’immobile), situazioni in cui vi è

un detentore diverso dal possessore, ciascuno di questi soggetti è tenuto a versare una quota del tributo,

visto che ciascuno di questi risulta titolare di un'autonoma obbligazione tributaria.

Quindi se l’inquilino non paga, tale imposta non può essere chiesta al proprietario: tale aspetto è stato

definitivamente chiarito dal Ministero tramite la pubblicazione delle risposte faq del 3 giugno 2014. Il

possessore può quindi determinare l’imposta sulla propria quota di spettanza, senza preoccuparsi del

fatto che l’inquilino provveda o meno al versamento della quota di sua competenza.

Conseguentemente, ai fini Tasi (ma non Imu), la notifica a un possessore blocca il ravvedimento agli

altri possessori; al contrario, la notifica all’inquilino non blocca per il proprietario la possibilità di

azionare il ravvedimento operoso.

Da notare che, mentre il D.Lgs. 124/2019 è intervenuto rimuovendo il comma 1-bis, articolo 13,

D.Lgs. 472/1997 riguardante la limitazione ai soli tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate

dei termini lunghi di ravvedimento, al contrario non vi è stato alcun intervento sul richiamato

comma 1-ter, con la conseguenza che l’avvio del procedimento di verifica da parte di un Comune

comporta ancora oggi l’impossibilità a procedere con qualunque forma di ravvedimento.

La potestà regolamentare del Comune

Con riferimento ai termini entro i quali azionare il ravvedimento operoso, nonché in relazione alle

misure applicabili, va ricordata la potestà regolamentare concessa ai Comuni: se, infatti, è vero che le

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Tributi minori

74 Consulenza immobiliare n. 24/2020

ipotesi di definizione “oltre l’anno” sino allo scorso 25 dicembre 2019 erano applicabili solo ai tributi

amministrati dall’Agenzia delle entrate (quindi risultavano di default escluse per Imu e Tasi), occorre

rammentare come i Comuni possono disciplinare larghe parti della propria disciplina tributaria.

Quindi già in passato, in alcuni Comuni, poteva esservi la possibilità di azionare il ravvedimento operoso

anche oltre il termine annuale.

Infatti, ai sensi dell’articolo 50, L. 449/1997, il Comune ha la possibilità di introdurre ulteriori ipotesi di

ravvedimento; in particolare non è raro che tale opportunità venisse concessa anche oltre il termine

annuale previsto dall’articolo 13, D.Lgs. 472/1997. In tal senso anche il comma 775, L. 160/2019.

Peraltro, tale aspetto deve essere considerato anche oggi, posto che tale autonomia regolamentare

potrebbe indurre qualche Comune a introdurre forme di definizione in parte diverse da quelle

dell’articolo 13, D.Lgs. 472/1997 (talvolta anche in maniera inconsapevole).

Occorre pertanto analizzare attentamente il singolo regolamento comunale al fine di constatare quanto

viene (eventualmente) disciplinato sul punto. Non è infatti raro ravvisare regolamenti ove si afferma “È

applicabile il ravvedimento operoso secondo quanto previsto per i tributi erariali” o altre formule di analogo

contenuto: la conseguenza è che risulterebbero applicabili le regole generali previste dall’articolo 13,

D.Lgs. 472/1997.

Peraltro, va segnalato, se fosse presente una formulazione di questo tipo, occorrerebbe concludere

anche per la compressione delle cause ostative (che quindi sarebbero limitate alla sola notifica di un

atto di accertamento o di liquidazione, non essendo applicabili ai tributi locali gli istituti di verifica

automatizzata ex articoli 36-bis e 36-ter, D.P.R. 600/1973).

Ma potrebbe altresì accadere che il regolamento, anziché effettuare un rinvio generico alla disciplina

generale come quello appena richiamato, vada analiticamente a richiamare le diverse ipotesi di

riduzione. Ad esempio, potremmo leggere: “risultano applicabili le previsioni di cui alla lettera b-bis e b-

ter dell’articolo 13, D.Lgs. 472/1997”. In questo caso le cause ostative rimarrebbero quelle più ampie

ordinariamente applicabili ai tributi locali (accessi, ispezioni o verifiche) mentre la disciplina generale

sarebbe applicabile solo in termini di estensione temporale della possibilità di azionare il ravvedimento

operoso.

Senza poi dimenticare che il Comune potrebbe introdurre forme di definizione anche ulteriori rispetto

a quelle oggi stabilite dall’articolo 13, D.Lgs. 472/1997 per i tributi amministrati dall’Agenzia delle

entrate. Non pare che nulla possa ostacolare il Comune a introdurre delle forme di riduzione più

consistenti rispetto a quelle previste dall’articolo 13, D.Lgs. 472/1997.

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Tributi minori

75 Consulenza immobiliare n. 24/2020

In definitiva, prima di porre in essere un ravvedimento operoso, è di fondamentale importanza verificare

il contenuto del regolamento comunale in quanto le regole di definizione potrebbero risultare

sensibilmente modificate.

Ravvedimento in caso di omesso versamento

Veniamo a questo punto alle regole applicative per il ravvedimento operoso:

− prima di tutto occorre verificare la sanzione applicabile;

− quindi è necessario analizzare il regolamento per capire quali regole di definizione sono applicabili

(quelle standard, ovvero eventuali estensioni);

− infine, occorre valutare la misura di ravvedimento utilizzabile, in ragione del tempo che risulta

trascorso dalla scadenza in cui doveva essere effettuato il ravvedimento.

Il versamento dell’imposta dovuta (o maggiore imposta dovuta), degli interessi e della sanzione, può

essere effettuato:

− tanto con l’utilizzo del modello F24, come se si trattasse dell’ordinario versamento, ma barrando la

casella “ravv”; l’imposta, gli interessi e la sanzione vanno sommati e versati con lo stesso codice tributo

relativo alla tipologia di immobile a cui si riferisce il versamento,

− quanto tramite il bollettino di conto corrente postale (barrando il riquadro dedicato al ravvedimento;

anche in questo caso il versamento avviene cumulativamente senza evidenziare separatamente

sanzioni e interessi).

Da notare che, mentre il modello F24 può essere utilizzato per versare l’imposta anche relativa a più

Comuni, il bollettino è indirizzato al singolo Comune; inoltre, il modello F24 permette l’utilizzo di crediti

erariali e contributi in compensazione, opportunità che evidentemente è preclusa se si decide di

utilizzare il bollettino. Al riguardo occorre ricordare che risultano applicabili tutte le limitazioni previste

per l’utilizzo in compensazione dei diversi crediti sia in termini di utilizzo del canale telematico, quanto

in relazione all’eventuale necessità di apporre il visto di conformità sulla dichiarazione che reca il

credito utilizzato.

Come ricordato in precedenza, prima di tutto va verificata la sanzione applicabile, quindi occorre

applicare la riduzione prevista per la definizione.

N° giorni di ritardo nel versamento Sanzione ordinaria

applicabile

Riduzione

applicabile

Sanzione ridotta per

ravvedimento operoso

1 1% 1/10 0,1%

2 2% 1/10 0,2%

3 3% 1/10 0,3%

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Tributi minori

76 Consulenza immobiliare n. 24/2020

4 4% 1/10 0,4%

5 5% 1/10 0,5%

6 6% 1/10 0,6%

7 7% 1/10 0,7%

8 8% 1/10 0,8%

9 9% 1/10 0,9%

10 10% 1/10 1%

11 11% 1/10 1,1%

12 12% 1/10 1,2%

13 13% 1/10 1,3%

14 14% 1/10 1,4%

Da 15 giorni fino a 30 giorni 15% 1/10 1,5%

Oltre i 30 giorni fino a 90 giorni 15% 1/9 1,67%

Oltre i 90 giorni fino al 30 giugno

dell’anno successivo

30% 1/8 3,75%

Entro il termine di presentazione

della dichiarazione successiva

30% 1/7 4,29%

Oltre il termine di presentazione

della dichiarazione successiva

30% 1/6 5%

Il ravvedimento frazionato

Il tema di modalità per l’esercizio del ravvedimento operoso, con la risoluzione n. 67/E/2011 l’Agenzia

delle entrate ha fornito interessanti indicazioni in ordine a una esecuzione della definizione in forma

“frazionata”, sciogliendo così i dubbi sorti e le conseguenti problematiche applicative che originavano

dalla circolare n. 192/E/1998.

Per l’Agenzia delle entrate è esclusa ovviamente la possibilità di rateizzare una definizione tramite

ravvedimento operoso, in quanto si tratta di una modalità di pagamento dilazionato nel tempo di

somme dovute dal contribuente, applicabile solo ove normativamente prevista, e in presenza di

presupposti e secondo regole puntualmente disciplinate.

Al contrario risulta possibile un ravvedimento “parziale” di quanto originariamente e complessivamente

dovuto.

In altre parole, se un contribuente presenta un debito Imu di 1.000 euro per un omesso versamento di

una rata, non è consentito calcolare il ravvedimento e poi versarlo in più scadenze, perché in questo

caso non si ottiene la definizione dell’irregolarità. Al contrario, sarà possibile decidere di ravvedere solo

una quota, ad esempio 300; questa quota risulterà definita. Con riferimento alla rimanente quota di 700

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Tributi minori

77 Consulenza immobiliare n. 24/2020

non si otterrà alcun beneficio a meno che, in un secondo momento, non si provveda a definire anche

questa.

Sul punto va ricordato che nell’applicazione del ravvedimento operoso Imu e Tasi valgono le

considerazioni relative a una eventuale definizione parziale, proposte dall’Agenzia delle entrate

attraverso la risoluzione n. 67/E/2011: il ravvedimento operoso, in assenza di indicazioni normative

contrarie, può, infatti, interessare solo una quota del tributo non versato, fermi restando i previsti

termini; a tal fine, “…è necessario che siano corrisposti interessi e sanzioni commisurati alla frazione del

debito d'imposta versato tardivamente”. La suddetta risoluzione precisa inoltre che:

− il contribuente non può beneficiare per l'intero della più mite riduzione della sanzione a 1/10 del

minimo ove esegua un primo versamento entro 30 giorni dalla commissione della violazione e i restanti

in momenti successivi. Quindi se viene definita una frazione dell’imposta dovuta, ad esempio, al 22°

giorno dalla scadenza, si applicherà la riduzione a 1/10 su tale importo, mentre se la rimanente frazione

fosse versata, ad esempio, al 75° giorno successivo, su tale secondo importo si applicherà la riduzione

a 1/9;

− il contribuente non può beneficiare del ravvedimento operoso integrale ove, tra un versamento e

l'altro, sopravvenga l’emissione di un atto di accertamento. Resta fermo che, se tra un versamento

parziale e l'altro sopravviene una causa ostativa, il ravvedimento può ritenersi valido per la parte sanata

prima dell'inizio della verifica.

Tale impostazione risulta superata dall’articolo 4-decies, D.L. 34/2019, inserito in sede di conversione

dalla L. 58/2019; con decorrenza dal 30 giugno 2019, dopo l’articolo 13, D.Lgs. 472/1997, è stato

inserito un nuovo articolo 13-bis rubricato “ravvedimento parziale”. Tale nuova disposizione ha di fatto

codificato l’interpretazione che si era venuta a creare in relazione al ravvedimento operoso parziale,

stabilendo che è consentito al contribuente di avvalersi dell'istituto del ravvedimento anche in caso di

versamento frazionato, purché nei tempi prescritti dalle lettere a), a-bis), b), b-bis), b-ter), b-quater) e c)

del comma 1 del medesimo articolo 13, D.Lgs. 472/1997.

Sul punto, in maniera poco comprensibile, il comma 2 stabilisce:

“Le disposizioni del presente articolo si applicano ai soli tributi amministrati dall'Agenzia delle

entrate”.

La conseguenza è che con riferimento ai tributi comunali, il contribuente avrebbe la necessità di andare

a definire l’intero omesso o ritardato versamento e ogni definizione che riguardasse solo una parte di

questo non dovrebbe considerarsi valida. Francamente non si capisce il motivo di questa ingiustificata

restrizione.

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Tributi minori

78 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Oltretutto si deve ricordare che la norma ha efficacia interpretativa della disciplina del ravvedimento

operoso; l’incipit dell’articolo 13-bis, D.Lgs. 472/1997 è infatti il seguente “L'articolo 13 si interpreta nel

senso che…”

La conseguenza, quindi, è che non solo non sarà più possibile, come detto, considerare valido un

ravvedimento parziale di un omesso versamento, ma altresì qualora questo sia stato effettuato in

passato, si dovrà oggi considerare non più valido. Pare una impostazione davvero inaccettabile, frutto

più di una articolazione normativa frettolosa che di una reale volontà del Legislatore, che dovrebbe

essere oggetto di un giusto ripensamento.

Omesso versamento e omessa dichiarazione

La seconda situazione da esaminare riguarda il caso in cui il contribuente, oltre ad aver omesso il

versamento, ha pure omesso la presentazione della dichiarazione Imu e Tasi (da rammentare che si

applica la sanzione per omessa presentazione anche nel caso in cui un contribuente abbia omesso di

indicare un immobile in una dichiarazione correttamente presentata, omettendo il versamento su tale

immobile; sul punto si è espressa la Cassazione con le sentenze n. 932/2009 e n. 21686/2010).

Si è spesso portati a pensare che la definizione del versamento Imu tramite ravvedimento operoso in

ogni caso preveda l’applicazione della sanzione del 30% e, separatamente, si debba definire

l’irregolarità riguardante la presentazione del modello dichiarativo.

In realtà così non è, visto che la sanzione cui far riferimento è quella per omessa presentazione del

modello Imu. La gestione di questa situazione riceve una conferma anche nella circolare n. 1/DF/2013.

Ai sensi dell’articolo 1, comma 696, L. 147/2013, infatti, la sanzione per l’omessa dichiarazione va dal

100 al 200% dell’imposta non versata, con un minimo di 50 euro.

Analogamente, con riferimento alla disciplina applicabile dal 1° gennaio 2020, il comma 775, articolo

1, L. 160/2019 stabilisce che:

“In caso di omessa presentazione della dichiarazione, si applica la sanzione dal 100 al 200% del tributo

non versato, con un minimo di 50 euro.”

In particolare, va ricordato che risulta invariata la previsione stabilita alla lettera c), articolo 13, D.Lgs.

472/1997 che consente la riduzione:

“a 1/10 del minimo di quella prevista per l'omissione della presentazione della dichiarazione, se questa

viene presentata con ritardo non superiore a 90 giorni ovvero a 1/10 del minimo di quella prevista per

l'omessa presentazione della dichiarazione periodica prescritta in materia di Iva, se questa viene

presentata con ritardo non superiore a 30 giorni”.

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Tributi minori

79 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Quindi, entro 90 giorni dalla scadenza di presentazione del modello dichiarativo, si potrà azionare il

ravvedimento operoso applicando la sanzione del 10% (ossia 1/10 del 100%).

Successivamente al 90° giorno, non sembra più possibile fruire del ravvedimento operoso, salvo la

presenza di una particolare disciplina nel regolamento comunale. Si veda anche la circolare n.

1/DF/2013).

Si ricorda peraltro che dovrebbe trovare applicazione il dimezzamento della sanzione ai fini Imu,

derivante dall'articolo 7, comma 4-bis, D.Lgs. 472/1997:

“Salvo quanto diversamente disposto da singole leggi di riferimento, in caso di presentazione di una

dichiarazione o di una denuncia entro 30 giorni dalla scadenza del relativo termine, la sanzione è

ridotta della metà”.

Quindi, se la dichiarazione per le variazioni del 2019 viene presentata entro il 31 dicembre 2020, la

sanzione è dal 50 al 100% dell'imposta non versata, con un minimo di 25 euro.

L'articolo 13, comma 1, lettera c), D.Lgs. 472/1997 prevede che, nel caso della dichiarazione omessa, il

ravvedimento operoso può avvenire entro 90 giorni dal termine di scadenza, versando le sanzioni ridotte

a 1/10 del minimo. Di conseguenza, se ci si ravvede entro il 30 gennaio 2021 e si provvede a presentare

la dichiarazione, unitamente al versamento dell'imposta e degli interessi legali, la sanzione è ridotta al

5% (1/10 del minimo).

Omessa dichiarazione

L’ultima situazione da valutare è quella legata all’omessa presentazione della dichiarazione Imu con

imposta regolarmente versata: è l’ipotesi in cui il contribuente, pur avendo versato nei termini l’imposta,

non ha presentato la dichiarazione entro il termine previsto che, come più volte ricordato, è fissato al

30 giugno dell’anno successivo quello in cui si è realizzato l’evento che ha comportato l’obbligo di

denuncia al Comune di ubicazione dell’immobile.

In tale caso il contribuente potrà, nei successivi 90 giorni e cioè fino al 30 settembre, avvalersi della

facoltà di cui alla lettera c), comma 1, articolo 13, D.Lgs. 472/1997, pagando:

− la sanzione ridotta pari al 10% del minimo della sanzione prevista dal comma 696, L. 147/2013 (50

euro x 10% = 5 euro). Medesima misura è prevista anche al comma 775, articolo 1, L. 190/2019 in

relazione alla disciplina applicabile dal 1° gennaio 2020.

Va notato comunque che, quella appena descritta (omessa dichiarazione con imposta regolarmente

versata), risulta fattispecie non frequentemente contestata da parte dei Comuni.

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Tributi minori

80 Consulenza immobiliare n. 24/2020

SCHEDA DI SINTESI

Se il Legislatore ha consentito l’accesso al ravvedimento a tutti i tributi, tuttavia, non ha

eliminato lo sbarramento di cui al comma 1, primo periodo, articolo 13, D.Lgs. 472/1997; il

ravvedimento continua a essere precluso quando sono in tatto accessi, ispezioni o verifiche.

Infatti, ai sensi dell’articolo 50, L. 449/1997, il Comune ha la possibilità di introdurre ulteriori

ipotesi di ravvedimento; in particolare non è raro che tale opportunità venisse concessa anche

oltre il termine annuale previsto dall’articolo 13, D.Lgs. 472/1997. In tal senso anche il comma

775, L. 160/2019.

Se si scegli il modello F24, il ravvedimento può beneficiare dell’utilizzo in compensazione altri

crediti tributari o contributivi, soggetti a tutta le limitazioni previste per le compensazioni dei

crediti erariali.

Per espressa previsione normativa – articolo 13-bis, comma 2, D.Lgs. 472/1997 – il

ravvedimento parziale si applica ai soli tributi amministrati dall'Agenzia delle entrate.

In caso di omessa presentazione della dichiarazione ed omesso versamento dell’imposta, entro

90 giorni dalla scadenza di presentazione del modello dichiarativo, si potrà azionare il

ravvedimento operoso applicando la sanzione del 10% (ossia 1/10 del 100%).

Ai sensi dell'articolo 7, comma 4-bis, D.Lgs. 472/1997, in caso di presentazione di una

dichiarazione o di una denuncia entro 30 giorni dalla scadenza del relativo termine, la sanzione

è ridotta della metà.

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Accertamento

81 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Consulenza immobiliare n. 24/2020

È legittima la cessione di un terreno a

un valore inferiore a quello periziato di Gianfranco Antico – pubblicista

Premessa

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2321/2020, hanno chiuso la querelle

relativa alla possibilità per l’ufficio36 di accertare la plusvalenza, ai fini reddituali, qualora il contribuente

abbia indicato nell'atto di vendita dell'immobile un corrispettivo inferiore rispetto al valore del cespite

in precedenza rideterminato sulla base di una perizia giurata, a norma dell’originario articolo 7, L.

448/2001.

Verifichiamo, quindi, dopo aver delineato il quadro normativo di riferimento, il contrasto rilevato

dall'ordinanza interlocutoria e rimesso al vaglio delle Sezioni Unite.

Il quadro normativo di riferimento

Ai sensi dell’articolo 68, Tuir, le plusvalenze di cui alle lettere a) e b), comma 1, articolo 67, Tuir sono

costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il

costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo. Per gli

immobili di cui alla lettera b), comma 1, articolo 67, Tuir acquisiti per donazione si assume come prezzo

di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante.

Per i terreni di cui alla lettera a), comma 1, articolo 67, Tuir acquistati oltre 5 anni prima dell'inizio della

lottizzazione o delle opere, si assume come prezzo di acquisto il valore normale nel quinto anno

anteriore.

Il costo dei terreni stessi acquisiti gratuitamente e quello dei fabbricati costruiti su terreni acquisiti

gratuitamente sono determinati tenendo conto del valore normale del terreno alla data di inizio della

lottizzazione o delle opere ovvero a quella di inizio della costruzione.

36 In sede di controllo gli uffici hanno spesso disconosciuto l’efficacia della rivalutazione effettuata e rideterminato la plusvalenza, sulla base

delle seguenti contestazioni: 1. la perizia è stata giurata in data posteriore a quella di compravendita del terreno; 2. è stato indicato nell’atto

di compravendita un valore inferiore a quello risultante dalla perizia giurata di stima.

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Accertamento

82 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Il costo dei terreni suscettibili d'utilizzazione edificatoria di cui alla lettera b), comma 1, articolo 67,

Tuir è costituito dal prezzo di acquisto aumentato di ogni altro costo inerente, rivalutato in base alla

variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati nonché dell'imposta

comunale sull'incremento di valore degli immobili. Per i terreni acquistati per effetto di successione o

donazione si assume come prezzo di acquisto il valore dichiarato nelle relative denunce e atti registrati,

o in seguito definito e liquidato, aumentato di ogni altro costo successivo inerente, nonché dell'imposta

comunale sull'incremento di valore degli immobili e di successione.

A sua volta, l’articolo 7, L. 448/2001, successivamente più volte prorogato37 (da ultimo, dalla L.

160/201938 – c.d. Legge di bilancio per il 2020 - ) ha previsto, agli effetti della determinazione della

plusvalenza, che il contribuente può assumere – in luogo del costo o valore di acquisto – il valore del

terreno rideterminato sulla base di una perizia giurata di stima, a condizione che lo stesso sia

assoggettato a una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi (la perizia, unitamente ai dati

identificativi dell'estensore della perizia e al codice fiscale del titolare del bene periziato, nonché alle

ricevute di versamento dell'imposta sostitutiva, è conservata dal contribuente ed esibita o trasmessa a

richiesta dell'Amministrazione finanziaria. Il costo per la relazione giurata di stima è portato in aumento

del valore di acquisto del terreno edificabile e con destinazione agricola nella misura in cui è stato

effettivamente sostenuto ed è rimasto a carico).

A fronte delle proroghe anzidette, il contribuente che si sia avvalso del pagamento dell'imposta

sostitutiva già una volta, può comunque accedere a una nuova rivalutazione del valore dell'immobile

in applicazione delle disposizioni di legge sopravvenuta anche con un prezzo più basso rispetto a quello

precedente, laddove il valore dell'immobile sia nel frattempo diminuito, sempre che ciò risulti da

apposita perizia di stima. In tale ipotesi è consentita la ripetizione dell'imposta sostitutiva versata in

eccedenza rispetto al valore determinato nella prima perizia – articolo 7, comma 2, lettere gg) e ff), D.L.

37 Il termine entro il quale fruire dell'agevolazione anzidetta è stato prorogato da numerose disposizioni normative successive, a partire

dall’articolo 39, comma 14-undecies, D.L. 269/2003, convertito con modificazioni con la L. 326/2003, alla quale sono seguiti altri provvedimenti

legislativi: D.L. 355/2003, convertito con modificazioni con la L. 47/2004 (articolo 6-bis, comma 1); L. 311/2004 (articolo 1, comma 376); D.L.

203/2005 (articolo 11-quaterdecies, comma 4, lettere a) b) e c), convertito con modificazioni dalla L. 248/2005; L. 244/2007(articolo 1, comma

91); D.L. 97/2008 (articolo 4, comma 9-ter), convertito in L. 129/2008; L. 191/2009 (articolo 2, comma 229); D.L. 70/2011 (articolo 7, comma

2, lettere da dd) a gg), convertito con modificazioni in L. 106/2011; L. 228/2012 (articolo 1, comma 473); L. 147/2013 (articolo 1, commi 156-

157); L. 190/2014 (articolo 1, commi 626-627); L. 208/2015 (articolo 2, commi 887-888); L. 232/2016 (articolo 1, comma 554); L.

205/2017(articolo 1, commi 997-999); L. 145/2018 (articolo 1, commi 1053-1054). 38 Cfr. comma 693, articolo 1. La norma riguarda i beni posseduti al 1° gennaio 2020 e l’operazione deve avvenire sulla base di una perizia di

stima, redatta e giurata presso un notaio, un Tribunale o un giudice di pace entro il 30 giugno 2020, da specifiche categorie di soggetti: iscritti

agli albi degli ingegneri, architetti, geometri, dottori agronomi, periti agrari, periti industriali edili e periti iscritti alle CCIAA. Entro la stessa

data del 30 giugno 2020, il valore rideterminato deve essere assoggettato a imposta sostitutiva dell’11%. Il versamento può anche essere

frazionato in 3 quote annuali di pari importo (prima rata da versare entro il prossimo 30 giugno). Sulle altre 2 rate, scadenti il 30 giugno 2021

e il 30 giugno 2022, sono dovuti gli interessi del 3% annuo, a partire dal 1° luglio 2020, da versare unitamente all’imposta.

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Accertamento

83 Consulenza immobiliare n. 24/2020

70/2011, convertito con modificazioni in L. 106/2011 – ma l'importo del rimborso non può essere

comunque superiore all'importo dovuto in base all'ultima rideterminazione del valore effettuata.

I diversi orientamenti giurisprudenziali

L'indirizzo più risalente - e che può definirsi maggioritario reputa che la mancata indicazione del valore

determinato nella perizia all'interno dell'atto di alienazione di un immobile a prezzo inferiore rispetto

al valore della perizia non esponga il contribuente all'obbligo di corrispondere la plusvalenza sulla base

del valore storico del bene. Tale orientamento poggia sul dato letterale della disposizione, al cui interno

non è previsto alcun obbligo di indicare il valore normale minimo rivalutato nel successivo atto di

alienazione, nè vengono indicate conseguenze sanzionatorie rispetto a tale eventuale omissione, non

inficiando tale soluzione la ratio sottesa a detto beneficio tesa, come già visto, a garantire il pagamento

dell'imposta sostitutiva, sia pur ad aliquota fissa, a prescindere dalla presenza dei presupposti che

determinerebbero l'insorgenza della plusvalenza tassabile39.

La stessa Cassazione, con diverse pronunce - n. 24310/2016, n. 24141/2017, n. 7037/2018, n.

23508/2018 -, muovendo dalle medesime considerazioni sopra ricordate, ha affermato che la scelta del

contribuente di calcolare il valore del bene in deroga al sistema ordinario, facendo redigere apposita

perizia giurata ed effettuando il versamento dell'imposta sostitutiva, non determina alcun vincolo nella

successiva vendita e non limita, pertanto, la facoltà di alienare il bene a un prezzo inferiore. Secondo

tale indirizzo:

“la determinazione del valore del bene indicato nella perizia non può essere considerata inderogabile,

nè osta alla facoltà del contribuente di alienare lo stesso cespite a un prezzo diverso, dovendosi

escludere tanto la decadenza del contribuente dal beneficio, quanto la possibilità per

l’Amministrazione finanziaria di accertare la plusvalenza secondo gli ordinari criteri”40.

Nella medesima direzione, Cassazione n. 2894/2019 e n. 11044/2019.

Si sono poste in posizione diversa 2 pronunzie della Sezione tributaria. In particolare, i giudici di

legittimità, con la sentenza n. 19465/2016, pur ritenendo il contribuente libero di non indicare il valore

39 "La mancata indicazione nell'atto di vendita dell'immobile del valore del cespite, così come rideterminato a norma della L. 448/2001, articolo 7,

non costituisce condizione ostativa alla facoltà del contribuente di assumere come valore iniziale, in luogo del costo o del valore di acquisto, quello

alla data del 1° gennaio 2002 individuato sulla base di una perizia giurata, attesa, a tal proposito, l'assenza di limitazioni poste dalla legge e

l'irrilevanza di quanto, invece, previsto da atti non normativi, come le circolari amministrative" (Cassazione, ordinanza n. 19242/2016). La

circostanza che l'Amministrazione finanziaria abbia la possibilità di contestare il valore indicato nella perizia estimativa non assume alcun

rilievo, secondo l'indirizzo appena ricordato, non ponendosi in tale contesto la questione della congruità del valore dell'immobile, quanto

quella dell'applicabilità del procedimento, cioè il criterio di calcolo della plusvalenza. 40 Cfr. anche Cassazione n. 25501/2018 che, nel porsi in linea di continuità con l'indirizzo sopra ricordato, ha ritenuto che, in caso di prezzo di

cessione superiore a quello stimato, la plusvalenza deve essere calcolata in base "alla differenza tra il valore di stima della perizia e il maggior

valore di cessione".

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Accertamento

84 Consulenza immobiliare n. 24/2020

rivalutato in perizia e di inserire nell'atto negoziale successivo un corrispettivo diverso rispetto al valore

indicato nella perizia di stima, in quanto medio tempore ben possono essersi modificate le condizioni

dell'immobile, ovvero l'andamento del mercato, ha tuttavia riconosciuto il potere di accertamento

dell'ufficio dal momento che, ai sensi dell'articolo 7, comma 6, L. 448/2001, il valore rideterminato

costituisce valore normale minimo di riferimento ai fini delle imposte sui redditi, dell'imposta di

registro, dell'imposta ipotecaria e catastale. In tale evenienza, pertanto:

“e in mancanza del riferimento al valore periziato, l'accertamento deve assumere legittimamente, per

determinare la plusvalenza, il criterio ordinario”.

In termini analoghi si è pronunciata la sentenza n. 24136/2017 che, nel ribadire la natura di imposta

volontaria del meccanismo sotteso all’articolo 7, L. 448/2001, e alla possibilità dell'ufficio di

rideterminare il valore rispetto a quello fissato in perizia, ha ritenuto, nel caso in cui i contribuenti

hanno dichiarato nell'atto di vendita un prezzo inferiore a quello oggetto dell'indicata perizia di stima,

che l'aver versato l'imposta sostitutiva sul valore periziato:

"... non può essere considerato preclusivo dell'esercizio del potere di accertamento dell'ufficio, quanto

alle imposte dirette sulla plusvalenza non dichiarata per l'anno 2003 e realizzata con l'atto di cessione;

accertamento che, in mancanza del riferimento del prezzo al valore periziato, legittimamente assume

ai fini della quantificazione della plusvalenza il criterio ordinario di cui all'articolo 68 in relazione

all'articolo 67, lettera b), Tuir, nella fattispecie in oggetto, assumendosi come prezzo di acquisto quello

determinato a norma dell'articolo 68, comma 2, u.p. Tuir".

L'ordinanza di rimessione

L'ordinanza di rimessione n. 19351/2019, dopo avere ricordato gli orientamenti giurisprudenziali di cui

si è detto, ha sottolineato la posizione espressa dall'Agenzia delle entrate in alcuni atti di prassi,

condividendone il punto di vista. Si ricorda, in particolare, l'interpretazione data dell’articolo 7, comma

6, L. 448/2001, secondo la quale la cessione a prezzo inferiore a quello indicato nella perizia giurata

comporta la sopravvenuta inefficacia dell'operazione di rideterminazione del valore, sicchè l'ufficio

deve procedere al calcolo della plusvalenza senza tener conto del valore normale minimo legale,

applicando, invece, i criteri legali ordinari (articoli 67 e 68, Tuir) e, dunque, considerando la differenza

tra il prezzo di cessione e il valore storico di acquisto41. Solo attraverso una nuova, minore,

41 L’ambito e le modalità applicative della disposizione sono stati illustrati con le circolari n. 9/E/2002, § 7.1 e 7.2, n. 15/E/2002, § 3 e n.

81/E/2002, § 2.1. In particolare, la richiamata circolare n. 15/E/2002 ha precisato che “Qualora, …, il venditore intenda discostarsi del valore

attribuito al terreno dalla perizia - ad esempio perché il terreno ha subito un deprezzamento per cause naturali o per effetto dell’adozione di nuovi

strumenti urbanistici - ai fini delle imposte di trasferimento valgono le regole sulla determinazione della base imponibile dettate dalle singole leggi

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Accertamento

85 Consulenza immobiliare n. 24/2020

rideterminazione del valore con apposita perizia è possibile, secondo l'Agenzia delle entrate, discostarsi

dal valore originariamente periziato42.

Secondo la sezione rimettente, la ratio della disciplina speciale introdotta dal Legislatore nel 2001

sarebbe

"...finalizzata ad assicurare introiti nelle casse dello Stato, a mezzo di concessione di un trattamento

agevolativo che, in quanto tale, impone stretta interpretazione".

Dopo aver ricordato l'indirizzo volto a interpretare restrittivamente le disposizioni agevolative

(Cassazione n. 18574/2016 e n. 11373/2015), l'ordinanza interlocutoria, ritenendo preferibile l'adesione

all'indirizzo minoritario ha ipotizzato che il contribuente, legittimamente decidendo di non avvalersi

del meccanismo agevolativo, fosse decaduto dal beneficio agevolativo, esponendos:

"...al rischio dell'accertamento dell'ufficio, il quale ha potuto rideterminare il valore dei terreni, tenendo

conto dei criteri ordinari, in ragione del venir meno del trattamento agevolativo".

La soluzione del contrasto

La Corte a SS.UU. è ferma nel ritenere che l'imposta sostitutiva sotto esame è un'imposta "volontaria"

che trova:

"causa necessaria e sufficiente in sè stessa, ossia nella stessa scelta liberamente operata dal

contribuente di accedere all'opzione offertagli dal legislatore, nella prospettiva, in caso di futura

d’imposta e per il calcolo della plusvalenza deve essere assunto, quale valore iniziale di riferimento, il costo o il valore di acquisto del terreno, secondo

gli ordinari criteri indicati dall’articolo 82, Tuir”. Con la successiva risoluzione n. 111/E/2010 l’Agenzia delle entrate hanno riconosciuto la

possibilità di rideterminare al ribasso il valore di un terreno, a condizione tuttavia che si predisponga una nuova perizia di stima, con la

possibilità quindi di utilizzare un nuovo, e più ridotto, “valore normale minimo di riferimento …” La circolare n. 1/E/2013, confermando l’indirizzo

espresso nei precedenti interventi interpretativi, ha ribadito che “affinché il valore “rideterminato” possa assumere rilievo agli effetti del calcolo

della plusvalenza, è necessario che esso costituisca valore normale minimo di riferimento anche ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali

…. Pertanto, qualora il contribuente intenda avvalersi del valore rideterminato deve necessariamente indicarlo nell’atto di cessione anche se il

corrispettivo è inferiore. In tal caso, le imposte di registro, ipotecarie e catastali devono essere assolte sul valore di perizia indicato nell’atto di

trasferimento. Nel caso in cui, invece, nell’atto di trasferimento sia indicato un valore inferiore a quello rivalutato, si rendono applicabili le regole

ordinarie di determinazione delle plusvalenze indicate nell’articolo 68, Tuir, senza tener conto del valore rideterminato”. In altri termini, sulla base

della citata prassi, il contribuente che indichi nell’atto di cessione del terreno un valore inferiore a quello determinato con la perizia giurata

di stima, si espone a una rettifica da parte dell’Amministrazione finanziaria anche con riferimento alla determinazione della plusvalenza

tassabile, non potendo far valere gli effetti della rivalutazione del bene. Infatti, solo attraverso una nuova, minore rideterminazione del valore

con apposita perizia è possibile discostarsi dal valore originariamente periziato. 42 Con la risoluzione n. 53/E/2015 l’Agenzia delle entrate hanno fornito specifici chiarimenti in ordine a 2 ipotesi: 1. pur in assenza in atto

della intervenuta rideterminazione, lo scostamento del valore indicato nel medesimo atto rispetto a quello periziato, ossia quello “minimo di

riferimento” previsto dalla norma, sia poco significativo e tale da doversi imputare a un mero errore più che alla volontà di conseguire un

indebito vantaggio fiscale mediante una apprezzabile sottrazione a tassazione di base imponibile, ai fini dell’imposizione indiretta; 2. il

contribuente, pur avendo dichiarato in atto un corrispettivo anche sensibilmente inferiore a quello periziato, abbia comunque fatto menzione

nello stesso atto della intervenuta rideterminazione del valore del terreno. Limitatamente ai predetti casi, precisano le Entrate, “ per il calcolo

della plusvalenza ai fini dell’imposte dirette potrà farsi comunque riferimento al predetto valore rivalutato, che rileverà quale valore minimo di

riferimento anche ai fini della determinazione dell’imposta di registro e delle imposte ipotecarie e catastali”, e di conseguenza le strutture periferiche

riesamineranno le controversie pendenti e, ove l’attività accertativa dell’Ufficio sia stata effettuata secondo criteri non conformi a quelli sopra

indicati, abbandoneranno – con le modalità di rito, tenendo conto dello stato e del grado di giudizio – la pretesa tributaria, sempre che non

siano sostenibili ulteriori questioni.

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Accertamento

86 Consulenza immobiliare n. 24/2020

cessione, di un risparmio sull'imposta ordinaria altrimenti probabilmente dovuta sulla plusvalenza non

affrancata".

Conseguentemente è irrilevante, ai fini del perfezionamento del meccanismo agevolativo, la circostanza

che il contribuente tragga concretamente vantaggio dalla propria scelta in quanto la successiva

cessione potrebbe addirittura mancare, senza perciò consentire di richiedere il rimborso di quanto

versato (Cassazione n. 29575/2018 e n. 19217/2017).

Le Sezioni Unite hanno ritenuto di dare, quindi, continuità all'indirizzo che esclude la decadenza del

contribuente dal beneficio agevolativo connesso al pagamento dell'imposta sostitutiva sul valore alla

data della perizia giurata allorchè nel successivo atto traslativo sia stato omesso il riferimento al valore

di perizia e, invece, indicato un corrispettivo inferiore di cessione.

Per la Corte:

“una volta verificatisi i presupposti previsti dalla disposizione anzidetta per fruire dell'imposta

sostitutiva, tale meccanismo impedisce di recuperare, ai fini del computo della plusvalenza, il valore

storico del bene anteriore a quello di perizia, ancorchè detto valore non sia indicato nell'atto o sia

indicato un valore commerciale inferiore a quello periziato, come tale inidoneo a determinare

l'insorgenza di un reddito tassabile rispetto al valore periziato maggiore”.

Gli Ermellini, in questa direzione, richiamano la pronuncia n. 2894/2019, ove è stato precisato che il

procedimento di cui all'articolo 7 più volte citato, della L. 448/2001

“è scandito da 3 momenti: a) la determinazione del valore del terreno mediante perizia di stima nel

termine di legge; b) il versamento di un'imposta sostitutiva del 4% sul valore stimato in perizia; c)

l'esecuzione del versamento nei termini indicati dalla norma. Perfezionate tali condizioni, il valore

normale minimo di riferimento consente al fisco di riscuotere l'imposta sostitutiva, sicchè, pur non

essendovi alcun vincolo nella successiva alienazione del bene quanto all'indicazione del prezzo di

alienazione - che potrà essere inferiore rispetto al valore indicato nella perizia giurata - non può

profilarsi la decadenza dal beneficio e la reviviscenza del valore storico del bene, nè l'Amministrazione

finanziaria potrà calcolare la plusvalenza secondo i criteri ordinari previsti dall'articolo 68, Tuir, cioè

partendo dal vecchio valore di acquisto”.

È dunque vero – osservano le Sezioni Unite - che il sistema del valore rideterminato con perizia

estimativa non contiene alcuna limitazione al potere di rettifica dell'ufficio e, quindi, al potere di

accertare che il valore del bene sia diverso da quello determinato dalla perizia giurata43, ma tale

43 Cfr. Cassazione n. 9109/2012; n. 11960/2014; n. 19465/2016; n. 29184/2017; n. 13636/2018; n. 2894/2019 e n. 11682/2019.

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Accertamento

87 Consulenza immobiliare n. 24/2020

affermazione non può spiegare alcun rilievo rispetto alla diversa questione qui in esame, nella quale

non si discute dell'incongruità del valore indicato in perizia - da utilizzare quale valore normale minimo

di riferimento ai fini (anche) delle imposte sui redditi - quanto della decadenza dal beneficio agevolativo

correlato al pregresso pagamento dell'imposta sostitutiva in caso di mancata indicazione del valore

anzidetto nell'atto di compravendita in cui viene esposto un valore inferiore a quello ivi indicato (non

ponendosi, per contro, alcun problema quanto all'indicazione di un valore superiore, come già chiarito

da Cassazione n. 20984/2019).

Pertanto, le Sezioni Unite non condividono la soluzione preferita dall'indirizzo minoritario - in buona

parte coerente con la posizione espressa a più riprese dall'Agenzia delle entrate – secondo cui dovrebbe

individuarsi a carico del contribuente un onere di allegazione, nell'atto di compravendita, del valore

normale minimo di riferimento risultante dalla perizia e una decadenza in caso di determinazione del

corrispettivo inferiore rispetto a detto valore.

“Non si ravvisa, infatti, alcun aggancio normativo idoneo a dimostrare l'esistenza di un obbligo del

contribuente di allegazione del valore normale minimo di riferimento periziato e/o di fissazione del

corrispettivo nel medesimo valore ….. L'articolo 7, ricordato comma 6 della Legge citata non fa, infatti,

alcun cenno a siffatta evenienza, nemmeno risultando persuasivi gli argomenti richiamati per

desumerne aliunde l'esistenza”.

Tale conclusione risulta, per la Corte, pienamente coerente con l'affermazione per cui il beneficio

agevolativo previsto:

“va riconosciuto anche nell'ipotesi in cui la perizia sia stata asseverata successivamente alla stipula dell'atto

di compravendita, posto che la deroga espressa al regime ordinario - risultante dalla L. 448/2001, articolo

7 - è ammessa senza alcun ulteriore requisito ai fini della facoltà di utilizzare la suddetta deroga di

determinazione dell'imponibile, attesa l'assenza di ulteriori limitazioni poste dalla legge”44.

Né, secondo i massimi giudici di legittimità, la facoltà dell'alienante di modificare il valore normale

minimo risultante dalla perizia estimativa con un nuovo valore rideterminato in relazione all'andamento

44 Di diverso avviso inizialmente L’Agenzia delle entrate che, sul punto, con la circolare n. 16/E/2005 hanno precisato che “il valore rideterminato

non può essere utilizzato prima della redazione e del giuramento della perizia in quanto nell’atto deve essere indicato il valore periziato del bene”.

Tale posizione è stata successivamente ribadita con la circolare n. 47/E/2011, § 1.2., e circolare n. 1/E/2013, § 4.1. In particolare, con la citata

circolare n. 47/E/2011, l’Agenzia delle entrate hanno evidenziato che le perizie possono essere presentate per l’asseverazione, oltre che presso

la cancelleria del Tribunale, anche presso gli uffici dei giudici di pace e presso i notai, che i costi sostenuti per la relazione giurata di stima,

qualora siano stati effettivamente sostenuti e rimasti a carico del contribuente, possono essere portati in aumento del valore iniziale dei

terreni da assumere ai fini del calcolo delle plusvalenze, e che “nel caso di cessione dei terreni, è necessario che la redazione e il giuramento della

perizia siano antecedenti alla cessione del bene, in quanto al fine della determinazione della plusvalenza il valore periziato deve essere indicato

nell’atto di cessione dello stesso”. Successivamente, la stessa Amministrazione finanziaria, con la risoluzione n. 53/E/2015, prendendo atto della

posizione assunta dalla Corte di Cassazione nel corso di questi anni – Cassazione, sentenza n. 30729/2011 - ha superato le indicazioni di

prassi precedentemente fornite, e in adesione ai principi espressi dalla Suprema Corte, ha convenuto che la circostanza che la perizia giurata

sia stata asseverata in data successiva al rogito non comporta decadenza dell’agevolazione, fermo restando che “la perizia, ancorché non

asseverata e giurata, deve essere redatta prima del rogito, stante l’obbligo di indicare nel medesimo rogito il relativo valore periziato”.

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Accertamento

88 Consulenza immobiliare n. 24/2020

del mercato immobiliare o alle condizioni dell'immobile può giustificare la decadenza del beneficio nel

caso in cui l'alienante non decida di avvalersi di tale opzione, risultando quest'ultima collegata a una

scelta del titolare consentita ma in alcun modo imposta dalla legislazione vigente.

“Nulla pertanto impedisce al venditore di addivenire a una nuova perizia estimativa per rideterminare

il valore del bene - quale nuovo valore normale minimo di riferimento - ma il mancato esercizio di tale

opzione non incide nè sull'imposta sostitutiva già all'epoca versata dal venditore sulla base della

perizia - risultando ormai definito il rapporto fiscale al momento del versamento dell'imposta, nè può

determinare la decadenza del beneficio e la reviviscenza del valore storico del bene al fine di consentire

al fisco la rettifica del calcolo della plusvalenza”.

Infatti, prosegue la sentenza, deve ammettersi:

“senz'altro che l'Amministrazione possa richiedere alle parti contraenti – Cassazione n. 9146/2014,

Cassazione n. 13139/2018 - il pagamento delle imposte di trasferimento rettificando il prezzo di

vendita inferiore indicato nell'atto di trasferimento e contestando il pagamento delle imposte d'atto

sulla base del valore a suo tempo periziato - alla stregua della L. 448/2001, articolo 7, comma 6”.

Senza che siffatta conclusione consenta, tuttavia,

“di affermare la decadenza dal beneficio del contribuente che, avendo già pagato l'imposta sostitutiva

con riferimento alle imposte sui redditi, abbia assolto integralmente il proprio debito col fisco - in

misura forfetaria - ben prima dell'atto traslativo”.

Né – rilevano i massimi giudici – possono ritenersi sussistenti ostacoli all’attività di controllo da un

simile conclusione, atteso che il Fisco è nelle condizioni di compiere le opportune verifiche tese a

evitare l'occultamento della base imponibile con riguardo alle imposte sui trasferimenti, pur in assenza

di indicazione del valore indicato nella perizia nell'atto di trasferimento, promuovendo

“un accertamento per la ripresa della plusvalenza proprio sulla base della circostanza che il valore di

riferimento, aliunde conosciuto”.

Nemmeno giova, infine, richiamare l'argomento che il meccanismo dell'imposta sostitutiva sia

volontario, al punto da potere pensare che la mancata indicazione del valore nell'atto determini una

volontà contraria della parte che non vi abbia fatto riferimento. E infatti, il titolare del bene, optando

per il meccanismo di cui all’articolo 7, L. 448/2001:

“sceglie di addivenire al pagamento del tributo in misura fissa sganciandolo dalla effettiva alienazione

del bene dalla quale deriverebbe l'insorgenza del presupposto impositivo per la formazione di un

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Accertamento

89 Consulenza immobiliare n. 24/2020

reddito diverso da sottoporre a tassazione. E ciò il contribuente fa sulla base del valore periziato che

costituisce, ex lege, valore normale minimo di riferimento”.

E, quini, la Corte, predilige l'interpretazione letterale dell'articolo 7 citato - in cui non viene in alcun

modo previsto l'obbligo di indicazione del valore minimo di riferimento nell'atto traslativo successivo -

soprattutto laddove intende perseguire un bilanciamento ragionevole fra i diversi e contrapposti

interessi45 “(id est: quello del contribuente a fruire del pagamento di un'imposta fissa ad aliquota

modesta e quella del fisco creditore di un'entrata “certa”, parametrata al valore normale minimo).

Da qui, il principio di diritto fissato:

"In tema di plusvalenze di cui al D.P.R. 917/1986, articolo 67, comma 1, lettera a) e b), per i terreni

edificabili e con destinazione agricola l'indicazione nell'atto di vendita dell'immobile, di un

corrispettivo inferiore rispetto al valore del cespite in precedenza rideterminato dal contribuente sulla

base di perizia giurata a norma della L. 448/2001, articolo 7, non determina la decadenza del

contribuente dal beneficio correlato al pregresso versamento dell'imposta sostitutiva, nè la possibilità

per l'Amministrazione finanziaria di accertare la plusvalenza secondo il valore storico del bene".

SCHEDA DI SINTESI

Ai sensi dell’articolo 68, Tuir, le plusvalenze di cui alle lettere a) e b), comma 1, articolo 67, Tuir

sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di

acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al

bene medesimo. Per gli immobili di cui alla lettera b), comma 1, articolo 67, Tuir acquisiti per

donazione si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal

donante. Per i terreni di cui alla lettera a, comma 1, articolo 67, Tuir acquistati oltre 5 anni

prima dell'inizio della lottizzazione o delle opere, si assume come prezzo di acquisto il valore

normale nel quinto anno anteriore.

A sua volta, l’articolo 7, L. 448/2001, successivamente più volte prorogato (da ultimo, dalla L.

160/2019 – c.d. Legge di Stabilità 2020 - ) ha previsto, agli effetti della determinazione della

plusvalenza, che il contribuente può assumere – in luogo del costo o valore di acquisto – il

valore del terreno rideterminato sulla base di una perizia giurata di stima, a condizione che lo

stesso sia assoggettato a una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi.

45 “Bilanciamento che subirebbe un'incomprensibile frattura se si giungesse a ritenere, a fronte dell'indicazione di un valore inferiore a quello periziato

o del mancato inserimento del valore di riferimento nell'atto, la decadenza del beneficio e la ripresa a tassazione della plusvalenza sulla base del

valore storico del bene”.

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Accertamento

90 Consulenza immobiliare n. 24/2020

In sede di controllo gli uffici hanno spesso disconosciuto l’efficacia della rivalutazione

effettuata e rideterminato la plusvalenza, sulla base delle seguenti contestazioni: 1. la perizia

è stata giurata in data posteriore a quella della compravendita del terreno; 2. è stato indicato

nell’atto di compravendita un valore inferiore a quello risultante dalla perizia giurata di stima.

L'indirizzo più risalente - e che può definirsi maggioritario - reputa che la mancata indicazione

del valore determinato nella perizia all'interno dell’atto di alienazione di un immobile a prezzo

inferiore rispetto al valore della perizia non esponga il contribuente all'obbligo di corrispondere

la plusvalenza considerando il valore storico del bene. Tale orientamento poggia sul dato

letterale della disposizione, al cui interno non è previsto alcun obbligo di indicare il valore

normale minimo rivalutato nel successivo atto di alienazione, nè vengono indicate

conseguenze sanzionatorie rispetto a tale eventuale omissione, non inficiando tale soluzione

la ratio sottesa a detto beneficio tesa, come già visto, a garantire il pagamento dell'imposta

sostitutiva, sia pur ad aliquota fissa, a prescindere dalla presenza dei presupposti che

determinerebbero l'insorgenza della plusvalenza tassabile.

Si sono poste peraltro in posizione diversa due pronunzie della Sezione tributaria. In particolare

– Cassazione n. 19465/2016 - pur ritenendo il contribuente libero di non indicare il valore

rivalutato in perizia e di inserire nell'atto negoziale successivo un corrispettivo diverso rispetto

al valore indicato nella perizia di stima, in quanto medio tempore ben possono essersi

modificate le condizioni dell'immobile, ovvero l'andamento del mercato, ha tuttavia

riconosciuto il potere di accertamento dell'Ufficio dal momento che, ai sensi dell'articolo 7,

comma 6, L. 448/2001, il valore rideterminato costituisce valore normale minimo di riferimento

ai fini delle imposte sui redditi, dell'imposta di registro, dell'imposta ipotecaria e catastale. In

tale evenienza, pertanto, e in mancanza del riferimento al valore periziato, l'accertamento deve

assumere legittimamente, per determinare la plusvalenza, il criterio ordinario.

Da qui, il principio di diritto fissato a SS.UU. con la sentenza n. 2321/2020: "In tema di

plusvalenze di cui al D.P.R. 917/1986, articolo 67, comma 1, lettere a) e b), per i terreni

edificabili e con destinazione agricola l'indicazione nell'atto di vendita dell'immobile, di un

corrispettivo inferiore rispetto al valore del cespite in precedenza rideterminato dal

contribuente sulla base di perizia giurata a norma della L. 448/2001, articolo 7, non determina

la decadenza del contribuente dal beneficio correlato al pregresso versamento dell'imposta

sostitutiva, nè la possibilità per l'Amministrazione finanziaria di accertare la plusvalenza

secondo il valore storico del bene".

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Osservatorio

91 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Consulenza immobiliare n. 24/2020

Catasto

Discarica pubblica accatastata in D/7

Con riguardo al classamento di una discarica pubblica per la gestione di rifiuti solidi urbani e la

captazione di biogas, in quanto connotata da autonomia funzionale e reddituale, la stessa costituisce

un'unità immobiliare urbana soggetta ad accatastamento e rientra nella categoria D/7 - non in quella

residuale E, concernente gli immobili a particolare destinazione pubblica in quanto svolge attività

industriale secondo parametri economico-imprenditoriali, senza che assuma rilevanza l'eventuale

destinazione dell'immobile anche ad attività di pubblico interesse. Di contro la qualificazione nel

gruppo E è propria di quegli immobili con una marcata caratterizzazione tipologico-funzionale,

costruttiva e dimensionale, tale da non permettere l'inserimento in categorie ordinarie o speciali e che

esulano da una mera logica di commercio e di produzione industriale (cfr. sentenze n. 12741/2018 e n.

20026/2015).

Cassazione – sentenza n. 5633 – 7 ottobre 2019 – 2 marzo 2020

Il classamento del fabbricato D non necessita di un sopralluogo

In tema di classamento, l'attribuzione di rendita ai fabbricati a destinazione speciale o particolare, e

specificamente quelli classificati nel gruppo catastale D), deve avvenire, come previsto anche dal D.P.R.

604/1973, articolo 7, mediante stima diretta, senza che ciò presupponga, peraltro, l'effettuazione di un

previo sopralluogo, potendo l'Amministrazione legittimamente avvalersi della valutazione, purché

mirata e specifica, delle risultanze documentali in suo possesso (cfr. sentenza n. 8529/2019).

Cassazione – ordinanza n. 5005 – 21 novembre 2019 – 25 febbraio 2020

Contenzioso tributario

Valido il regolamento comunale che equipara B&B e alberghi

L'equiparazione normativa, ai fini della regolamentazione dei servizi per il turismo nell'ambito del

territorio regionale, dei B&B agli alberghi, non impone ai Comuni di quella Regione di assimilarli anche

quanto al trattamento tariffario ai fini Tarsu. Tuttavia, non può di certo ritenersi viziato da illegittimità,

e dunque non può essere disapplicato ai sensi del D.Lgs. 546/1992, articolo 7, comma 5, il regolamento

comunale che, con riferimento alla determinazione della tariffa da applicare ai fini Tarsu, equipara la

porzione di immobile destinata all'esercizio del B&B a un albergo: si tratta, in vero, di una scelta

discrezionale del Comune, effettuata nei limiti della potestà impositiva ad esso attribuita

dall'ordinamento, non vietata da alcuna norma statale, ed anzi in linea con la disciplina regionale dei

servizi per il turismo, che, come visto, inserisce espressamente i B&B tra le strutture ricettive di carattere

alberghiero.

Cassazione - ordinanza n. 5358 – 22 novembre 2019 – 26 febbraio 2020

Cassazione – ordinanza n. 5357 – 22 novembre 2019 – 26 febbraio 2020

Cassazione – ordinanza n. 5356 – 22 novembre 2019 – 26 febbraio 2020

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92 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Immobili

Anche ai fini Iva si guarda alla strumentalità delle dirette

Il concetto di bene ammortizzabile va individuato, in assenza di una definizione nella disciplina dell'Iva

e con specifico riferimento ai beni immobili, mediante ricorso alle disposizioni in tema di imposte dirette

che, all'articolo 43, Tuir, stabiliscono che "... si considerano strumentali gli immobili utilizzati

esclusivamente per l'esercizio dell'arte o professione o dell'impresa commerciale da parte del possessore. Gli

immobili relativi ad imprese commerciali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa

utilizzazione senza radicali trasformazioni si considerano strumentali anche se non utilizzati o anche se dati

in locazione o comodato..."; si tratta, dunque, di quei beni che hanno, quale unica destinazione, quella di

essere direttamente impiegati nell'espletamento di attività tipicamente imprenditoriali, così da non

essere idonei alla produzione di un reddito autonomo rispetto a quello del complesso aziendale nel

quale sono inseriti; la strumentalità può derivare dalle loro caratteristiche, tali per cui gli immobili

possono essere utilizzati esclusivamente per lo svolgimento dell'attività d'impresa e possono essere

utilizzati per altre finalità solo a seguito di radicali trasformazioni, ovvero dalla destinazione loro

impressa. La natura strumentale del bene acquistato deve essere valutata non solo in astratto, con

riferimento all'oggetto dell'attività d'impresa, ma anche in concreto, previo accertamento che lo stesso

costituisce, anche in funzione programmatica, lo strumento per l'esercizio della suddetta attività; il

riconoscimento di tale natura del bene presuppone la prova da parte del contribuente della funzione

strumentale del bene medesimo in rapporto all'attività dell'azienda anche nel caso in cui si alleghi la

natura strumentale dell'immobile in ragione delle sue caratteristiche, non potendosi ritenere

sussistente una categoria di beni la cui strumentalità è in re ipsa e rilevando tale circostanza solo ai fini

di non richiedere l'utilizzo diretto del bene da parte dell'azienda (cfr. ordinanze n. 5559/2019, n.

4306/2015 e n. 29469/2008).

Cassazione – ordinanza n. 3249 – 2 luglio 2019 – 11 febbraio 2020

Iva

Strumentalità dei fabbricati abitativi con verifica effettiva

In tema di Iva, ai fini della detrazione nelle operazioni relative a fabbricati a destinazione abitativa, la

natura strumentale del bene acquistato deve essere valutata non solo in astratto, con riferimento

all'oggetto dell'attività d'impresa, bensì, in concreto, accertando che lo stesso costituisce, anche in

funzione programmatica, lo strumento per l'esercizio della suddetta attività (cfr. sentenza n.

5559/2019).

Cassazione – ordinanza n. 3403 – 4 luglio 2019 – 12 febbraio 2020

Cassazione – ordinanza n. 3402 – 4 luglio 2019 – 12 febbraio 2020

Cassazione – ordinanza n. 3401 – 4 luglio 2019 – 12 febbraio 2020

Cassazione – ordinanza n. 3396 – 4 luglio 2019 – 12 febbraio 2020

Redditi diversi

Non si torna indietro dalla rivalutazione

L'imposta sostitutiva L. 448/2001, ex articolo 7, in quanto frutto di una libera scelta del contribuente, il

quale opta per la rideterminazione del valore del bene con conseguente versamento del dovuto nella

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93 Consulenza immobiliare n. 24/2020

prospettiva di un risparmio in caso di futura cessione, non rientra tra le dichiarazioni di scienza

suscettibili di essere corrette in caso di errore, bensì tra le manifestazioni di volontà irretrattabili, salvo

che nel caso di errore obiettivamente riconoscibile ed essenziale ai sensi dell'articolo 1428, cod. civ.

(cfr. sentenza n. 19382/2018).

Cassazione – ordinanza n. 4659 – 8 novembre 2019 – 21 febbraio 2020

La differenza tra edificabile e lottizzato

In tema di redditi diversi, la fattispecie relativa alle plusvalenze derivanti dalla vendita di terreni

suscettibili di utilizzazione edificatoria, prevista dal Tuir, articolo 81 (ora articolo 67), lettera b), si pone

come regola a eccezione rispetto a quella contemplata dalla lettera a), della medesima norma, che

riguarda esclusivamente le ipotesi in cui il terreno non sia suscettibile di utilizzazione edificatoria

secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, ma sia interessato da interventi

obiettivamente considerati di lottizzazione o di esecuzione di opere per l'edificabilità del terreno,

ancorché realizzati fuori o in contrasto con i vincoli urbanistici (cfr. sentenza n. 12320/2017).

Cassazione – sentenza n. 3388 – 4 dicembre 2019 – 12 febbraio 2020

Non rileva la cubatura non sviluppata dell’edificio

Non è possibile porre a carico del venditore dell'edificio sorto su terreno (già) edificabile una (affermata)

plusvalenza anche solo commisurata all'ulteriore capacità edificatoria non (ancora) sviluppata, perché

si tratterebbe di porre su un soggetto diverso (il veditore) una tassazione che il Legislatore ha fissato

già in capo al compratore. Né si deve pensare che in tal modo il venditore si sottragga ai propri obblighi

fiscali: infatti nel prezzo di cessione dell'edificio, come nella rendita catastale, è computata anche la

capacità edificatoria inespressa. Detta in altri termini, la norma non intende colpire la capacità

edificatoria residua (c.d. volumetria, cubatura o superficie coperta rimanente), bensì solo la plusvalenza

nella cessione di un terreno a seguito della primigenia edificabilità prevista in sede di pianificazione

urbanistica. Diversamente opinando sarebbero da considerare soggette a plusvalenza da cessioni di

terreno edificabile tutte le alienazioni a titolo oneroso di edifici che non abbiano sviluppato

integralmente la potenzialità edificatoria del lotto su cui insistono, poiché potrebbero sempre essere

abbattuti e ricostruiti o semplicemente ampliati, a prescindere dall'intenzione delle parti (cfr. sentenze

n. 22409/2019, n. 5090/2019 e n. 5088/2019).

Cassazione – sentenza n. 3380 – 22 ottobre 2019 – 12 febbraio 2020

Registro

I requisiti per applicare il prezzo-valore

In tema di imposta di registro, ipotecaria e catastale, al fine di potersi avvalere del regime del cd. prezzo

- valore per la determinazione della base imponibile anche con riferimento agli immobili privi di rendita

o con rendita non definitivamente attribuita, ma solo proposta con la procedura DOCFA, di cui al D.M.

701/1994, è necessario che le parti chiedano espressamente nell'atto l'applicazione del D.L. 70/1988,

articolo 12, convertito in L. 154/1988, non potendo tale istanza ritenersi implicita nella diversa richiesta

di applicazione della L. 266/2005, articolo 1, comma 497, che si riferisce alle sole cessioni di immobili

ad uso abitativo iscritti in catasto con attribuzione definitiva di rendita (cfr. sentenza n. 4055/2019).

Cassazione- sentenza n. 4072 – 12 dicembre 20198 – 18 febbraio 2020

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Osservatorio

94 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Obbligo di presentazione del certificato entro 3 anni a pena di decadenza nella vecchia ppc

In tema di agevolazioni tributarie, il contribuente che intenda fruire dei benefici per la piccola proprietà

contadina e che all'atto della registrazione si sia limitato a produrre l'attestazione di cui alla L.

604/1954, articolo 4, comma 1, in luogo del certificato previsto dall'articolo 3, è tenuto, ai sensi

dell'articolo 4, comma 2, a presentare il certificato dell'Ispettorato agrario attestante il possesso dei

requisiti prescritti entro il termine, stabilito a pena di decadenza, di 3 anni dalla registrazione dell'atto.

Il contribuente che non adempia l'obbligo di produrre all'Ufficio il certificato definitivo attestante la

sua qualifica di imprenditore agricolo professionale entro il termine decadenziale di 3 anni dalla

registrazione dell'atto, non perde il diritto ai benefici ove provi di aver diligentemente agito per

conseguire la certificazione in tempo utile senza riuscire nello scopo per colpa degli uffici competenti,

e detta diligenza, che deve essere adeguata alle circostanze concrete, richiede al contribuente non solo

di formulare tempestivamente l'istanza ma anche di seguirne l'iter, fornendo la documentazione

mancante eventualmente richiesta dall'ufficio (cfr. sentenze n. 28845/2017, n. 20318/2017, n.

9842/2017, n. 9423/2017, n. 15489/2016, n. 25438/2015 e n. 21050/2007).

Cassazione – ordinanza n. 3214 – 12 dicembre 2019 – 11 febbraio 2020

Tributi locali – Ici

Niente aliquote ridotte per gli affitti ai dipendenti pubblici in ragione di un piano di mobilità

In tema di agevolazioni tributarie, il beneficio previsto dalla L. 431/1998, articolo 2, comma 4, secondo

il quale i Comuni possono deliberare, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio, aliquote Ici più favorevoli

per i proprietari che concedono in locazione a titolo di abitazione principale immobili alle condizioni

concordate fra le organizzazioni dei proprietari e dei conduttori, non è applicabile agli alloggi edificati

e concessi in locazione in attuazione del piano straordinario di edilizia residenziale di cui al D.L.

152/1991, articolo 18 (convertito in L. 203/1991), approvato per favorire la mobilità dei dipendenti delle

Amministrazioni statali per necessità di lotta alla criminalità organizzata, giacché il predetto regime

fiscale di favore (avente natura derogatoria ed eccezionale) non è suscettibile di interpretazione

estensiva, per difetto dell'identità di ratio e per diversità degli scopi perseguiti dalle norme sui contratti

di locazione, consistenti, rispettivamente, nella riduzione della tensione abitativa mediante

reimmissione sul mercato di unità abitative sfitte e nell'incentivo al trasferimento del personale per

contrastare la criminalità organizzata (cfr. sentenza n. 2824/2012).

Cassazione – sentenza n. 5638 – 8 novembre 2019 – 2 marzo 2020

Utilizzo dei valori predeterminati delle aree edificabili

In tema di Ici, è legittimo l'avviso di accertamento emanato sulla base di un regolamento comunale che,

in forza del D.Lgs. 446/1997, articolo 52 e 59, e del D.Lgs. 267/2000, articolo 48, abbia indicato

periodicamente i valori delle aree edificabili per zone omogenee con riferimento al valore venale in

comune commercio, trattandosi di atto che ha il fine di delimitare il potere di accertamento del Comune

qualora l'imposta sia versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato e, pur non

avendo natura imperativa, integra una fonte di presunzioni idonea a costituire, anche con portata

retroattiva, un indice di valutazione per l'Amministrazione ed il giudice, con funzione analoga agli studi

di settore (cfr. sentenza n. 15312/2018).

Cassazione – sentenza n. 5637 – 8 novembre 2019 – 2 marzo 2020

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Osservatorio

95 Consulenza immobiliare n. 24/2020

Obbligo di possesso e conduzione per la fictio sui terreni edificabili

In materia di Ici, perché un fondo possa beneficiare, ai fini della determinazione della base imponibile,

dei criteri di calcolo previsti per i terreni edificabili destinati a fini agricoli, è necessaria - ai sensi del

secondo periodo del D.Lgs. 504/1992, articolo 2, lettera b), - oltre alla sua effettiva destinazione

agricola, anche la conduzione diretta di esso da parte del contribuente, sicché tale agevolazione non

compete al proprietario, pur iscritto negli elenchi dei coltivatori diretti, che non conduca direttamente

i terreni per averli concessi in affitto.

Cassazione – ordinanza n. 4394 – 3 luglio 2019 – 20 febbraio 2020

Aliquota ridotta solo se l’immobile è dimora abituale anche dei familiari

In tema di Ici, ai fini della spettanza della detrazione e dell'applicazione dell'aliquota ridotta prevista

per le abitazioni principali dal D.Lgs. 504/1992, articolo 8, un'unità immobiliare può essere riconosciuta

abitazione principale solo se costituisca la dimora abituale non solo del ricorrente, ma anche dei suoi

familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione nell'ipotesi in cui tale requisito sia riscontrabile

solo nel ricorrente e invece difetti nei familiari (cfr. sentenze n. 15444/2017, n. 13062/2017 e n.

14389/2010).

Cassazione – ordinanza n. 4170 – 26 novembre 2019 – 19 febbraio 2020

Cassazione – ordinanza n. 3966 – 27 novembre 2019 – 18 febbraio 2020

Il vincolo idrogeologico non cambia la natura edificabile del terreno

In tema di Ici, l'esistenza di un vincolo idrogeologico che condizioni di fatto l'edificabilità del suolo non

esclude la natura fabbricabile dall'area - rilevante D.Lgs. 504/1992, ex articolo 2, e desunta dalla

qualificazione attribuita nel PRG adottato dal Comune - ma incide soltanto sulla concreta valutazione

del relativo valore venale, riducendo, quindi, la base imponibile (cfr. sentenza n. 19963/2019).

Cassazione – ordinanza n. 3953 – 26 novembre 2019 – 18 febbraio 2020

Cassazione – ordinanza n. 3952 – 26 novembre 2019 – 18 febbraio 2020

Cassazione – ordinanza n. 3951 – 26 novembre 2019 – 18 febbraio 2020

Non serve il contraddittorio preventivo nell’accertamento di aree edificabili basato su valori deliberati

La necessità del preventivo contraddittorio con il contribuente non è ravvisabile nella fattispecie

relativa ad accertamento Ici fondato sulla delibera, prevista dal D.Lgs. 446/1997, articolo 59, con la

quale il Comune determina periodicamente per zone omogenee i valori venali in comune commercio

delle aree fabbricabili, sulla base di dati tecnici nella specie rivenienti da perizia predisposta dall'ente.

Cassazione – ordinanza n. 3172 – 23 ottobre 2019 – 11 febbraio 2020

Tributi locali – Tarsu

Non è necessaria l’individuazione delle caratteristiche nella delibera di assimilazione dei rifiuti speciali

In tema di Tarsu, ai sensi del D.Lgs. 22/1997, articoli 7, 10 e 21, (applicabili anche ai periodi di imposta

dal 2005 al 2008), sono soggetti a tassazione i rifiuti speciali non pericolosi, se assimilati ai rifiuti solidi

urbani da una delibera comunale e ciò anche nell'ipotesi in cui la stessa non ne individui le

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Osservatorio

96 Consulenza immobiliare n. 24/2020

caratteristiche quantitative e qualitative, spettando al contribuente solo una riduzione tariffaria in base

a criteri di proporzionalità, nel caso in cui dimostri una riduzione della superficie tassabile ovvero che i

rifiuti speciali siano avviati a recupero direttamente dal produttore, purché il servizio pubblico di

raccolta e smaltimento sia istituito e sussista la possibilità per l'istante di avvalersene (cfr. sentenza n.

9214/2018).

Cassazione – ordinanza n. 3950 – 26 novembre 2019 – 18 febbraio 2020

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97 Consulenza immobiliare n. 24/2020

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