Itinerari della fede - edizionistudiodomenicano.it · NAPOLEONE BONAPARTE CONVERSAZIONI SUL...

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Itinerari della fede

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NAPOLEONE BONAPARTE

CONVERSAZIONI SUL CRISTIANESIMO

Ragionare nella fede

PrefazioneGiacomo Biffi

TraduzioneVito Patella

CuratelaGiorgio Carbone O.P.

seconda edizione ampliata

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Titolo originale: Sentiment de Napoléon sur le christianisme,Conversations religieuses, recueillies à Sainte Hélène par M. leGénéral Comte de Montholon et par M. le Chevalier de Beau-terne, Waille, Paris 1843.

Tutti i diritti sono riservati

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SOMMARIO

PREFAZIONE 9

NOTA EDITORIALE 13

Napoleone BonaparteConversazioni sul cristianesimo

Ragionare nella fede

Prova dell’esistenza di Dio 21

Tutto proclama l’esistenza di Dio 23

L’importanza di credere in Dio 24

Io credo ciò che crede la Chiesa 25

Discussione sulla divinità di Gesù Cristo 26

Sul mistero della Croce 53

Fede e rispetto umano 54

Sui monaci e i religiosi 56

L’imperatore-vescovo e Madame de Staël 56

Sulla religione cattolica e sui rapporti con papaPio VII 57

La Messa domenicale 61

La Messa affrettata 63

Rimprovero a proposito della prima comunione 63

L’Ultima Cena secondo i cattolici e secondoi protestanti 64

Critiche al protestantesimo 66

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Sui sacerdoti e sui parroci 70

Il magro 72

L’immoralità di chi governa infetta tutta la società 73

Sul libertinaggio dei re 74

In che modo conoscere gli uomini 76

I medici materialisti e i matematici credenti 77

Sulla sua famiglia 78

Cristianesimo e islam 79

La cattiva stampa 79

La regalità dell’anima 80

Sul gioco d’azzardo 80

Napoleone, fatalista? 80

Sul suicidio 81

Sulla coscienza morale 81

Il testamento e il perdono 82

Sulla confessione 83

Preparativi per la morte 86

La gioia della confessione e gli ultimi giorni di vita 86

Che consolazione se potessimo offrire a Diole nostre sventure 89

La vita dopo la morte 94

Lettera inedita del generale de Montholonal signor cavalier Antoine de Beauterne 95

Lettera del signor cavaliere de Beauterneal signor generale de Montholon 100

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Lettera del signor cavaliere de Beauterneal signor conte de Montholon 102

Risposta del signor conte de Montholon 103

Risposta del cavaliere de Beauterneal generale de Montholon 104

Lettera del generale conte de Montholonal signor cavaliere de Beauterne 105

Risposta al signor generale de Montholon a Ham 107

Altra lettera del generale conte di Montholonal cavaliere de Beauterne 109

INFORMAZIONI SULLE PERSONE CITATE 111

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Prefazione

Materialista e saccheggiatore di chiese e di conventi,miscredente e fedifrago, anticlericale e sequestratoredel papa: questa è l’opinione che molti hanno diNapoleone Bonaparte, opinione tanto diffusa quantoacriticamente accolta.Se andiamo alle fonti, e in particolare a queste conver-sazioni, scopriamo qualcosa di strabiliante. Napoleonegrida con fierezza: «Sono cattolico romano, e credo ciòche crede la Chiesa» (infra p. 25). Durante gli anni diisolamento a Sant’Elena Napoleone si intrattenevaspesso con alcuni generali, suoi compagni di esilio, aconversare sulla fede. Si tratta di discorsi improvvisatiche – come rivela uno dei suoi più fidati generali, ilconte de Montholon – furono trascritti fedelmente epoi dati alle stampe da Antoine de Beauterne nel 1840.Dell’autenticità e della fedeltà della trascrizione possia-mo essere certi, visto che, quando de Beauterne pub-blica per la prima volta le conversazioni, sono ancorain vita molti testimoni e protagonisti di quegli annidi esilio.Napoleone ammette con candida onestà che quandoera al trono ha avuto troppo rispetto umano e un’ec-cessiva prudenza per cui «non urlava la propria fede».Ma dice anche che: «Allora se qualcuno me lo avessechiesto esplicitamente, gli avrei risposto: “Sì, sono cri-stiano”; e se avessi dovuto testimoniare la mia fede alprezzo della vita, avrei trovato il coraggio di farlo»(infra p. 55). Soprattutto attraverso queste conversazio-ni impariamo che per Napoleone la fede e la religione

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erano l’adesione convinta, non a una teoria o a un’i-deologia, ma a una persona viva, Gesù Cristo, che haaffidato l’efficacia perenne della sua missione di salvez-za a «un segno strano», alla sua morte sulla croce.Perciò non ci stupiamo se Alessandro Manzoni nell’o-de Cinque Maggio, composta pochi mesi dopo lamorte di Napoleone, dà prova di conoscere la suafisionomia spirituale quando scrive:

Bella Immortal! BeneficaFede ai trïonfi avvezza!Scrivi ancor questo, allegrati;che più superba altezzaal disonor del Golgotagiammai non si chinò.

L’Imperatore si sofferma a lungo con il generaleBertrand, dichiaratamente ateo e ostile alle manifesta-zioni di fede del suo superiore, regalandoci un’inauditaprova dell’esistenza di Dio, fondata sulla nozione digenio, e una lunga conversazione sulla divinità di GesùCristo. Degni della nostra ammirazione sono anche leconsiderazioni sull’ultima Cena di Gesù e i confrontitra la dottrina cattolica e le dottrine protestanti. Alcuneaffermazioni di Napoleone mi trovano singolarmenteconsonante. Ad esempio, quando dice: «Tra il cristia-nesimo e qualsivoglia altra religione c’è la distanza del-l’infinito» (infra p. 27), cogliendo così la sostanzialealterità tra l’evento cristiano e le dottrine religiose.Oppure la convinzione che l’essenza del cristianesimo èl’amore mistico che Cristo ci comunica continuamente:

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«Il più grande miracolo di Cristo è stato fondare ilregno della carità: solo lui si è spinto ad elevare il cuoreumano fino alle vette dell’inimmaginabile, all’annulla-mento del tempo; lui solo creando questa immolazio-ne, ha stabilito un legame tra il cielo e la terra. Tutticoloro che credono in lui, avvertono questo amorestraordinario, superiore, soprannaturale; fenomenoinspiegabile e impossibile alla ragione» (infra p. 51).Alla luce di queste pagine non possiamo non ammette-re che Napoleone non solo è credente, ma ha meditatosul contenuto della sua fede maturandone una profon-da e sapienziale intelligenza. Questa a sua volta si è tra-dotta in fatti molto concreti: ha domandato con insi-stenza al governo inglese di ottenere la celebrazionedella Messa domenicale a Sant’Elena; ha espresso gra-titudine verso sua madre e de Voisins, vescovo diNantes, perché da loro è stato «aiutato a raggiungere lapiena adesione al cattolicesimo»; ha concesso il suoperdono a tutte le persone che lo hanno tradito(cf. Parte Seconda, p. 116 ed. fr.).Infine, le conversazioni riferiscono le convinzioni di Na-poleone sul sacramento della confessione e i suoi rap-porti con il papa Pio VII, rivelando che: «Quando ilpapa era in Francia, gli assegnai un palazzo magnifico aFontainebleau, e 100.000 corone al mese; avevo messoa sua disposizione 15 vetture per lui e per i cardinali,anche se non uscì mai. Il papa era esausto per le calun-nie in base alle quali si pretendeva che io lo avessi mal-trattato, calunnie che il papa smentì pubblicamente»(infra p. 61).Queste conversazioni non solo hanno lasciato un se-gno indelebile nella memoria dei generali compagni di

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esilio, ma hanno anche concorso alla loro conversione.Lo stesso generale de Montholon ammette che: «L’Im-peratore era cristiano; presso di lui, la fede era un fattonaturale ed essenziale; amava manifestare i propri sen-timenti religiosi, anche in occasioni non formali. Eramolto turbato quando gli capitava di assistere, o dievocare, comportamenti contrari alla religione. Allora,si dimostrava a disagio, non riusciva a celare il propriomalessere, la propria contrarietà e indignazione. Que-sto posso testimoniare, io che, durante la vita militare,avevo trascurato, e addirittura dimenticato la mia reli-gione, che peraltro non praticavo affatto. All’inizio,questi comportamenti di Napoleone mi stupivano, magradualmente sono arrivato a una consapevolezza inti-ma e profonda delle mie stesse convinzioni religiose.Ho visto la religiosità dell’Imperatore, e mi sono detto:“è morto nella religione, con il timore di Dio”. Anch’ioinvecchio, e la morte si sta avvicinando anche per me, eperciò vorrei morire anch’io come il mio Imperatore.Anche il generale Bertrand farà lo stesso percorsodell’Imperatore e mio, e anche lui diventerà credentecome noi» (Parte Prima, pp. 19-20 ed. fr.).Ci auguriamo, quindi, che il rinnovato e attento ascoltodi queste conversazioni renda onore alla memoria diNapoleone e ottenga frutti di conversione.

Giacomo Card. BiffiArcivescovo emerito di Bologna

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Nota editoriale

A meno di 20 anni dalla morte di Napoleone, nel1840, Robert-Antoine de Beauterne dà alle stampeSentiment de Napoléon sur le cristianisme, Conversa-tions religieuses, volume che riscuote un discreto suc-cesso, come testimoniano le due edizioni, che si succe-dono rapidamente nel 1841 e nel 1843. De Beauterneha innegabilmente un intento apologetico della perso-na e dell’opera dell’Imperatore, considerato anche chela “leggenda nera” su Napoleone fu inaugurata aLondra già nel 1805 con The secret history of the courtand cabinet of St. Cloud, di Lewis Goldsmith, e fu abil-mente diffusa nel nostro continente solo dopo la scon-fitta diWaterloo.Ma ciò che più ci interessa è la cura documentaria di deBeauterne: egli entra in corrispondenza e si procura do-cumenti e dichiarazioni dai testimoni privilegiati deglianni di esilio, primo tra tutti il generale de Montholon,poi gli altri due generali Bertrand e Gourgaud, i duemedici O’Meara e Antonmarchi, facendo anche usodel celebre Memoriale di Sant’Elena scritto da LasCases nel 1823.La presente edizione nasce da un regalo. Il dott. Vito Pa-tella, facendo visita al card. Giacomo Biffi, gli donal’edizione del 1843 e il cardinale resta folgorato dallascoperta di un “nuovo” Napoleone: un Imperatorenon solo credente, ma addirittura apologeta della fedecattolica. Forse l’adesione di Bonaparte al cristianesi-mo sarà stata anche una manifestazione della sua ambi-

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zione e un corollario del suo sistema di governo, maqueste pagine documentano innanzitutto i suoi piùintimi e appassionati convincimenti.In poche settimane il dott. Patella ha tradotto integral-mente il testo e lo ha proposto all’editore. A questopunto l’editore ha compiuto una selezione. Considera-to che il testo integrale francese è disponibile inhttp://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k6138553m e che latraduzione italiana sarà in parte disponibile in www.edi-zionistudiodomenicano, la presente edizione ha omesso laparte narrativa di de Beauterne e ha privilegiato la ripro-duzione dei discorsi diretti di Napoleone. Questi sonosegnalati sempre da virgolette, e in nota è indicato ilriferimento alle pagine dell’edizione francese. Inoltre,non abbiamo riprodotto tutti i discorsi di Napoleone,ma solo quelli in cui era esplicito il tema della fede,anche per realizzare un volumemolto agile.Inoltre, abbiamo accolto il pertinente suggerimentodel dott. Patella di riportare l’ode del Manzoni delCinque Maggio, che fa esplicito riferimento alla fededell’Imperatore, e alcune succinte informazioni sullepersone citate in queste conversazioni.Infine, ringrazio di cuore il dott. Patella e il cardinaleBiffi che mi hanno coinvolto in questa scoperta.

* * *

Le reazioni alla prima edizione sono state le piùvarie. La più comune e scontata è stata la sorpresadavanti alla fede schietta e il piglio apologetico diNapoleone. Ma non sono mancati anche coloro chehanno liquidato la selezione dei testi dicendo che si

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è trattato di una invenzione, di un falso storico. Èun modo di liquidare un po’ sbrigativo che non faonore all’intelligenza di alcuno.I documenti su cui ha lavorato Antoine de Beauternesono di prima mano: egli ha consultato i testimonioculari degli anni di prigionia a Sant’Elena e nel 1840,quando ha pubblicato la prima edizione, la maggiorparte di coloro che componevano la “corte” di Napo-leone a Sant’Elena erano vivi e abitavano in Francia.Avrebbero potuto smentire le pagine pubblicate da deBeauterne. Ci sono state alcune reazioni pubbliche diquesti personaggi, ad esempio sul quotidiano«L’Univers» del 3 e del 10 ottobre 1841, reazioni chetestimoniano la fedeltà e l’autenticità del lavoro svoltoda Antoine de Beauterne, e non la sua falsificazione.A questo proposito in questa seconda edizione abbia-mo aggiunto dei documenti, si tratta in particolare discambi epistolari tra de Beauterne e il conte deMontholon, il generale più fedele a Napoleone.Circa i rapporti tra Napoleone e Pio VII, ricostruitida Napoleone stesso e dal conte de Montholon,aggiungo un solo particolare. Quando Napoleone èesiliato a Sant’Elena, sua madre Letizia deve abban-donare la Francia. Avrebbe potuto chiedere ospita-lità a Parma, a sua nuora Maria Luisa. Invece bussaal papa Pio VII, il quale la accoglie a Roma cononore e le assegna un palazzo nei pressi dell’attualePiazza Venezia. Questo è un piccolo indizio dellebuone relazioni tra Napoleone e Pio VII.

Giorgio Maria Carbone O.P.

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Ei fu. Siccome immobile,dato il mortal sospiro,stette la spoglia immemoreorba di tanto spiro,così percossa, attonitala terra al nunzio sta,

muta pensando all’ultimaora dell’uom fatale;né sa quando una simileorma di piè mortalela sua cruenta polverea calpestar verrà.

Lui folgorante in soliovide il mio genio e tacque;quando con vece assidua,cadde, risorse e giacque,di mille voci al sonitomista la sua non ha:

vergin di servo encomioe di codardo oltraggio,sorge or commosso al subitosparir di tanto raggio;e scioglie all’urna un canticoche forse non morrà.

Dall’Alpi alle Piramidi,dal Manzanarre al Reno,

di quel securo il fulminetenea dietro al baleno;scoppiò da Scilla al Tanai,dall’uno all’altro mar.

Fu vera gloria? Ai posteril’ardua sentenza: nuichiniam la fronte al Massimofattor, che volle in luidel creator suo spiritopiù vasta orma stampar.

La procellosa e trepidagioia d’un gran disegno,l’ansia d’un cor che indocileserve, pensando al regno;e il giunge, e tiene un premioch’era follia sperar;

tutto ei provò: la gloriamaggior dopo il periglio,la fuga e la vittoria,la reggia e il triste esiglio:due volte nella polvere,due volte sull’altar.

Ei si nomò: due secoli,l’un contro l’altro armato,sommessi a lui si volsero,come aspettando il fato;

Alessandro Manzoni, 5 Maggio 1821

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ei fe’ silenzio, ed arbitros’assise in mezzo a lor.

E sparve, e i dì nell’oziochiuse in sì breve sponda,segno d’immensa invidiae di pietà profonda,d’inestinguibil odioe d’indomato amor.

Come sul capo al naufragol’onda s’avvolve e pesa,l’onda su cui del misero,alta pur dianzi e tesa,scorrea la vista a scernereprode remote invan;

tal su quell’alma il cumulodelle memorie scese!Oh quante volte ai posterinarrar se stesso imprese,e sull’eterne paginecadde la stanca man!

Oh quante volte, al tacitomorir d’un giorno inerte,chinati i rai fulminei,le braccia al sen conserte,stette, e dei dì che furonol’assalse il sovvenir!

E ripensò le mobilitende, e i percossi valli,

e il lampo de’ manipoli,e l’onda dei cavalli,e il concitato imperio,e il celere ubbidir.

Ahi! forse a tanto straziocadde lo spirto anelo,e disperò; ma validavenne una man dal cielo,e in più spirabil aerepietosa il trasportò;

E l’avviò, pei floridisentier della speranza,ai campi eterni, al premioche i desideri avanza,dov’è silenzio e tenebrela gloria che passò.

Bella immortal! beneficafede ai trionfi avvezza!Scrivi ancor questo, allegrati;ché più superba altezzaal disonor del Golgotagiammai non si chinò.

Tu dalle stanche cenerisperdi ogni ria parola:il Dio che atterra e suscita,che affanna e che consola,sulla deserta coltriceaccanto a lui posò.

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NAPOLEONE BONAPARTE

CONVERSAZIONI SUL CRISTIANESIMO

Ragionare nella fede

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1 Seconda Parte, pp. 16-21.

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Prova dell’esistenza di Dio1

Il generale Bertrand diceva all’Imperatore: «Sire, leicrede in Dio, e anch’io credo; ma insomma, che cosane sa? L’ha per caso visto?».E l’Imperatore replicava: «Che cosa è Dio? Che cosane so io? Ma allora, risponda lei a questa domanda:Come giudica se un uomo è geniale? È una cosa chelei ha mai vista, dico il genio? Che cosa ne sa lei, percredere nel genio? La risposta è: si vede l’effetto, e daquesto si risale alla causa, e si crede che questa causaesista, insomma che essa sia reale. Le faccio questoesempio: quando durante una battaglia le cose si met-tono al peggio, lei cosa fa? Comincia a guardare versodi me, per trovare una via d’uscita. Perché guarda ame? Perché ha l’istinto di credere nel mio genio; neha bisogno. Nel folto della mischia, quando le sortidella battaglia erano incerte, perché lei, generale, micercava con lo sguardo, le sue labbra quasi mi chia-mavano, e da ogni parte si sentiva gridare: Dov’èl’Imperatore, e quali sono i suoi ordini? E questo erail grido dell’istinto, e della fede in me.Ecco, anch’io ho un istinto, una fede, una certezza,un grido che mio malgrado esce dal mio petto, quan-do rifletto e guardo la natura, e mi dico: Dio! Restoammirato e grido: Sì, Dio c’è! Come le mie vittoriehanno convinto lei a credere in me; così l’universo mifa credere in Dio.Io credo in Dio, a causa di ciò che vedo, e di ciò chesento. Questi effetti mirabili dell’onnipotenza divina

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non sono altrettanto eloquenti delle mie vittorie? Cosavuole che sia la manovra militare più brillante, a con-fronto del movimento degli astri?Lei che crede al genio, mi dica, la prego, da dove ven-gono all’uomo di genio l’inventiva, l’ispirazione, l’in-tuito? Mi risponda! Qual è la causa prima d tutto ciò?Lei dirà che lo ignora. Anch’io. Ma il talento di cuiparliamo non è forse altrettanto evidente e tangibiledi tanti fatti?Se ci sono tante differenze tra gli uomini, Qualcunoha creato queste differenze, e questo Qualcuno non èné lei, né io. Ma rimane il fatto che il genio è solo unvocabolo che non ci dice niente sulle sue cause.E se qualcuno mi obietta: Sono gli organi! Ecco, que-sta è una sciocchezza buona per un sempliciotto, noncerto per me: mi capisce?Il suo spirito, generale, è forse uguale a quello delpastore che di qui vediamo nella valle a sorvegliare lepecore? Non c’è, tra il suo spirito e quello del pastore,la stessa differenza che c’è tra quello di un cavallo equello di un uomo? Sì? Ma come fa ad affermarlo contanta sicurezza? Lei in realtà non ha mai visto lo spiritodi quell’uomo, perché lo spirito è invisibile. Però, lei haparlato con quel pastore, gli ha fatto delle domande edalle risposte lei ha capito chi egli sia; cioè lei ha capitola causa dagli effetti, e ha ragione. Certamente, la suaintelligenza, la sua ragione, insomma le sue facoltàsono superiori a quelle del pastore.Ecco, a me gli effetti divini fanno pensare a una causadivina, perché c’è una ragione superiore, un EssereInfinito, che è la causa delle cause, ed è anche lacausa della sua [di Bertrand] intelligenza.

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2 Prima Parte, pp. 37-38.

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Generale Bertrand, c’è un Essere Infinito in confrontoal quale lei non è che un atomo; in confronto al qualeanch’io, Napoleone, con tutto il mio genio, sono nien-te: lo capisce? Io lo sento, questo Dio… lo vedo… neho bisogno… credo in lui… E se lei non crede, peggioper lei… Ma a me la cosa sta a cuore… alla buon’ora,generale, lei crede in Dio! Io perdono molte cose, maho orrore degli atei e dei materialisti… Cosa vuole cheio abbia in comune con un uomo che non crede all’esi-stenza dell’anima, e che crede che l’uomo sia un muc-chio di fango? Cosa vuole che io abbia in comune conun uomo che pretende che io sia, come lui pensa diessere, solo unmucchio di fango?».

Tutto proclama l’esistenza di Dio 2

Una sera la conversazione cadde sulla religione, e l’Im-peratore disse con convinzione: «Tutto proclamal’esistenza di Dio, ciò è indubbio… Da quando presi ilpotere, mi proposi di ristabilire la religione… Ai mieiocchi la religione è la base e il fondamento della mora-le, dei principi, e dei buoni costumi. L’inquietudinedell’uomo è tale che solo può placarla il mistero mera-viglioso del cristianesimo…».Il generale Bertrand allora, rivolto all’Imperatore, disse:«…così andava a finire che egli [Napoleone] sarebbediventato devoto…». L’Imperatore così replicò a Ber-trand: «Temo invece che ciò non accada; voglia Dioche io muoia da buon cristiano! Secondo me l’incre-dulità non deriva dal capriccio, né dal libertinismo.

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3 Prima Parte, pp. 3-5.

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L’uomo non deve dare niente per scontato, soprattuttoa riguardo degli ultimi istanti della vita».

L’importanza di credere in Dio 3

Il dottor Antonmarchi, nelle sueMemorie, così scrive:«Il 21 aprile, all’1:30, l’Imperatore fa convocarel’abate Vignali e gli domanda:- Abate, lei sa che cos’è una camera ardente?- Sì, sire.- Ne ha mai preparate?- Qualche volta!- Allora, lei preparerà la mia camera ardente.Subito dopo, entra nei minimi particolari, e si dilungaa dargli le istruzioni. Il suo aspetto era animato, deciso,e io seguivo con una certa apprensione il suo modo difare; ma l’Imperatore mi apostrofò:- Io non sono né medico, né filosofo; io credo in Dio;sono un cristiano, cattolico, romano.E, rivolto al prete:- Sono nato nella religione cattolica, voglio adempiereai doveri che me ne derivano, e ricevere i conforti cheessa fornisce ai suoi figli. Lei celebrerà tutti i giorni lasanta Messa nella stanza accanto, ed esporrà il Santis-simo Sacramento durante le quarantore. Dopo la miamorte, lei porrà l’altare dalla parte della mia testa, nel-la camera ardente, continuando a celebrare la Messa etutte le cerimonie del rito cattolico, che lei termineràsolo quando io sarò stato sepolto.

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4 Prima Parte, p. 59.

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L’abate uscì, e io rimasi solo. Napoleone, rimprove-randomi per la mia presunta incredulità, mi disse:- Può lei spingersi a tanto, di non credere in Dio, men-tre tutto proclama la sua esistenza e i più grandi per-sonaggi hanno creduto?- Sire, io non ho mai dubitato, solamente seguivo l’an-damento della febbre, e sua maestà ha creduto diintravvedere nel mio atteggiamento l’espressione diincredulità, che io in realtà non avevo!- Lei è un medico rispose, i medici non fanno altrocherimestare nella materia, essi non sarannomai credenti».

Io credo ciò che crede la Chiesa 4

Un giorno che [è O’Meara, medico dell’Imperatore,che narra] vidi Napoleone leggere il Nuovo Testa-mento, gli feci osservare che molti non avrebbero cre-duto che egli leggesse quel libro, perché correva voceche fosse miscredente. Napoleone replicò: «Non èvero, non sono mai stato ateo. Quando ero a capo delgoverno, appena ho potuto, ho tentato di ristabilire lareligione, che è una grande consolazione per il creden-te, soprattutto negli ultimi istanti della sua vita».9 novembre 1817. Mi sono intrattenuto un po’ conNapoleone sulla religione, e gli ho detto che in Inghil-terra da poco si era diffusa la convinzione che egli fosseun cattolico romano. Egli mi rispose: «È vero, io credociò che crede la Chiesa. Il papa avrebbe voluto farmiconfessare, ma io declinai dicendo: Santo Padre, ades-so sono occupato; lo farò quando sarò più vecchio».

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5 Seconda Parte, pp. 35-82.

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Discussione sulla divinità di Gesù Cristo 5

A Sant’Elena si parlava spesso di religione. Un giorno,la conversazione si fece piuttosto animata, su un argo-mento molto elevato, e cioè la divinità di Cristo.Napoleone difendeva la verità di questo dogma con leargomentazioni e l’eloquenza del genio, con qualcosadella fede nativa di corso e di italiano. Il generaleBertrand era di nuovo antagonista, e cioè quello checercava di tenergli testa, e diceva: «Sire, non riesco aconcepire che un grande uomo come lei possa credereche l’Essere Supremo abbia preso la forma umana, eche così si sia mostrato agli uomini, con un corpo, unafigura, una bocca e degli occhi, in tutto simile a noi. Siapure Gesù tutto ciò che a lei piace, la più grande intelli-genza, il cuore più nobile, il più accorto e singolare legi-slatore mai apparso. Cionondimeno, egli è un uomoche ha indottrinato dei discepoli, sedotto persone cre-dulone, così come fecero Orfeo, Confucio e Brama. IlDio degli Ebrei ha rinnovato il prodigio dei tempi favo-losi; ha detronizzato e rimpiazzato le divinità greche edegiziane. Grande uomo dopo grandi uomini, Gesù si èfatto adorare, come prima di lui avevano fatto i suoipredecessori: Iside, Osiride, Giove e Giunone, e tantialtri che prima di lui avevano avuto lo stesso orgoglio. Èstato questo l’ascendente di Gesù sugli uomini della suaepoca, ed è l’ascendente di questi eroi del mito. SeGesù Cristo ha appassionato e conquistato le moltitudi-ni, se ha sconvolto il mondo, lo ha fatto appunto con ilpotere del genio e l’azione di un grande maestro che

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conquista il mondo con la propria intelligenza, pro-prio come Alessandro, Cesare, come lei sire, o comeMaometto aveva fatto con la propria spada».Napoleone replicò:«Io conosco gli uomini, e le dico che Gesù non era unuomo. Gli spiriti superficiali vedono una somiglianzatra il Cristo e i fondatori degli imperi, i conquistatori ele divinità delle altre religioni. Questa somiglianza nonc’è: tra il cristianesimo e qualsivoglia altra religione c’èla distanza dell’infinito. Una qualunque persona dibuon senso, purché abbia almeno un po’ di esperienzadelle cose del mondo e conosca un po’ gli uomini,risponderà come rispondo io.Nessuno tra di noi, che consideri con spirito analiticociò che sappiamo dei diversi culti delle diverse nazioni,può esimersi dal dire in faccia a questi personaggi: No,non siete né dèi né agenti della divinità; no, non avetealcuna missione dal cielo. Siete piuttosto i missionaridella menzogna, e perciò vi fu riservata la stessa sorteche a tutti gli altri mortali, perché siete della stirpe diAdamo, con la quale stirpe condividete tutti i vizi e lapassioni. Inevitabilmente, furono deificati con voi pro-prio tutti questi vizi e passioni. I vostri templi e i vostripreti mostrano chiaramente la vostra origine; la vostraè la storia degli inventori del dispotismo. Per orgoglioblasfemo avete preteso per voi il culto e gli onori chesono dovuti solo e soltanto a Dio. I vostri seguaci viobbedirono non certo in spirito di libertà, ma per bas-sezza, stravaganza, ignoranza e superstizione.Questo sarà dunque il giudizio e il responso dellacoscienza di chiunque interrogherà gli dèi e pregherànei templi pagani.

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Se riconoscere la verità è un dono di Dio, ed è riserva-to alle anime nobili, invece tutti sono in grado di capiree respingere la menzogna, perché ciò che è falso siriconosce facilmente.Ma insomma, continuamente si sollevano obiezionicontro la vera religione; e sia! Ma perché non se ne sol-levano contro le religioni false? Ma è semplice: tutti,senza esitazione, capiscono che sono false, e dunqueneanche perdono tempo a discuterle. Infatti, il pagane-simo non fu accettato come verità assoluta dai saggidella Grecia, ad esempio da Pitagora, Socrate, Platone,Anassagora e Pericle. Quei grandi uomini si rilassava-no con i racconti di Omero e con le deliziose invenzio-ni delle fiabe, ma si guardavano dal farne oggetto diculto. Al contrario, gli spiriti più nobili, dopo la com-parsa del cristianesimo, hanno avuto fede in esso, unafede sostanziale nei misteri e nei dogmi del Vangelo;non solo Bossuet e Fènelon, appartenenti al clero cat-tolico, ma anche Cartesio, Newton, Leibniz, Pascal,Corneille, Racine, Carlo Magno e Luigi XIV. Perché siè verificato questo fatto così singolare? Che un simbo-lo misterioso ed oscuro come il simbolo degli Apostolisia stato accolto con un rispetto profondo dagli uominipiù illustri, mentre le teogonie derivate dalle leggi dellanatura, e che non erano in realtà che delle spiegazionisistematiche del mondo, non si sono imposte ad alcunsapiente? Chi ha ignorato l’Olimpo pagano, se non ipagani stessi? La spiegazione è semplice: dietro leinvenzioni della mitologia, il sapiente scopre subito ilmarchio e le leggi delle società primitive, le illusioni ele passioni del cuore umano, i simboli e l’orgoglio dellascienza.

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Lettera inedita del generale de Montholonal signor cavalier Antoine de Beauterne 44

Signore,lei mi ha molte volte chiesto la mia opinione sulle cre-denze religiose del grande uomo che ho assistito inpunto di morte. Finora non avevo ritenuto di rispon-dere, e lei conosce il motivo del mio silenzio. La suadel 6 dicembre mi obbliga, mio malgrado, a modificarela mia decisione, per evitare degli errori in cui unoscrittore coscienzioso come lei potrebbe incorrere:come uomo, Napoleone era credente; come re, ritene-va la religione una necessità e un formidabile strumen-to di governo. Uno dei primi atti da lui compiuti fu ilristabilimento della libertà religiosa, che era stata spaz-zata via dalla tempesta del 1793. Egli perciò, richiamatii preti alla guida dei propri greggi, li pose sotto la tuteladel Concordato del 1801.Egli non disse mai: Il concordato è stato il più grandeerrore del mio regno. Del resto, mai chiese alla SantaSede la soppressione dei conventi e l’alienazione deiloro beni, né in Francia né in Italia. I conventi eranostati già chiusi e i beni alienati, in Francia e nellaRepubblica Cisalpina, molto prima che egli tornassedalla Campagna d’Egitto.Il celibato dei preti non è mai stato oggetto di negoziatotra il suo governo e la Santa Sede. A Fox che lo rimpro-verava, rispose: Avevo e ho bisogno di pacificare. Lecontese teologiche si placano con l’acqua santa e conl’olio bollente.

44 Seconda Parte, pp. 225-231.

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Il rapimento del papa fu una decisione personale delgenerale Miolis; Napoleone non l’aveva progettato néautorizzato: il carteggio tra Napoleone e Pio VII, dal1805 al 1809, è tuttora sotto segreto, e me ne dispiace,perché questi atti testimonierebbero le opinioni religio-se dell’Imperatore, e che la sua strategia come capodell’Impero d’Occidente era tesa alla gloria e alla pro-sperità della Chiesa cattolica.I contrasti tra Napoleone e la Santa Sede non ebberomai motivazioni religiose, ma politiche, e risalgono al1805, anno in cui gli eserciti della Terza Coalizione mi-nacciavano le coste italiane con uno sbarco anglo-russo.L’armamento di Ancona rientrava nel piano generaledella difesa dell’Italia dalla Terza Coalizione. Al riguar-do egli, per il tramite del proprio ambasciatore, chieseal papa se volesse provvedere all’uopo, e offrì un tratta-to di alleanza, difensivo e offensivo, tra il re d’Italia e ilpapa. Il quale, rifiutando, rispose che: Padre di fedeli,non poteva mettersi in alcun modo contro i proprifigli, né tanto meno fare la guerra ad alcuno. L’Impe-ratore replicò: «La storia dei papi è piena delle loroalleanze con gli imperatori e i re di Spagna o i re diFrancia. Giulio II aveva comandato delle truppe. Nel1797, io generale Bonaparte, ho sconfitto l’esercito diPio VI che, alleato dell’Austria, combatteva la Repub-blica Francese. Se anche ai giorni nostri i vessilli di sanPietro hanno sventolato santamente a fianco delleaquile d’Austria, possono farlo sotto le mura di Anco-na a fianco delle aquile francesi. Avendo rispetto pergli scrupoli del santo Padre, propongo quindi solo untrattato di alleanza difensiva, in caso cioè di attacco daparte degli infedeli o degli eretici».

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Gli avvenimenti precipitavano ai tempi della lotta mor-tale tra l’Inghilterra e la Francia; Ancona doveva essereoccupata ad ogni costo. L’Imperatore, non facendoalcun affidamento sulle richieste fatte alla Santa Sede, epreoccupato della situazione dei propri Stati in Italia,ordinò alla divisione comandata daMiolis di acquartie-rarsi in Ancona e di occupare militarmente le Marchee le Legazioni. Il nunzio lasciò all’improvviso Parigi e,ministro della più piccola potenza temporale, dichiaròguerra al colosso dell’Impero francese. Napoleoneordinò al proprio ambasciatore di restare a Roma,come se niente fosse cambiato nelle relazioni diploma-tiche bilaterali.La battaglia di Essling diede un momento di speranzaai nemici dell’Imperatore. In Italia, esplose l’esaspera-zione popolare antifrancese, e dappertutto echeggiavail grido: Morte ai Francesi! Il generale Miolis dispone-va di alcune migliaia di baionette disseminate in più disessanta leghe, e presidiava Roma con poco più di1.500 uomini. La sua situazione era critica, ed egli nonvide altra via d’uscita che la disobbedienza agli ordiniricevuti, né recalcitrò di fronte alla spaventosa respon-sabilità di violare la santità del vicario di Cristo: rapì dinotte il papa e lo fece condurre a Firenze. Un fulminenon avrebbe sortito un effetto più sconvolgente: losconcerto più incredulo sostituì nelle pubbliche piazzel’attesa incerta della vigilia.La granduchessa di Toscana fu sconvolta dalla disob-bedienza di un generale agli ordini di suo fratelloNapoleone, e fu anche angosciata dalla responsabilitàche sarebbe caduta su di lei se il papa fosse restato inToscana. Ella sollecitò in maniera frenetica il generale

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