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itervista » Massimiliano Parente Giorgio Vallortigara hi siamo? Cogito er- go sum, ok, ma poi? Mentre la psicanalisi è sempre più un pez- zo da museo e la filosofia ago- nizza nella metafisica, le neuro- scienze vanno avanti, e si inte- grano sempre di più con la teo- ria dell'evoluzione. Che, nono- stante sia un fatto accertato, continua a essere osteggiata dal senso comune. Cosa ci dà più fastidio? Non credo solo il discendere dalle scimmie, an- che perché non veniamo dalle scimmie: noi e gli altri animali discendiamo tutti da un unico antenato comune monocellula- re. E tuttavia il nostro cervello non si dà pace: chi siamo? Do- ve andiamo? Ho raggiunto al telefono uno dei nostri più importanti neuro- scienziati di fama mondiale, Giorgio Vallortigara, di cui è ap- pena uscito il libro Da Euclide ai neuroni (Castelvecchi), per porgli qualche domanda al ri- guardo. Alla fine del libro dici che Kant , oggi, sarebbe un neu- roscienziato . Perché trove- rebbe prove empiriche a molte sue idee? «Gli scienziati cercano rispo- ste agli antichi e un poco incan- creniti problemi della tradizio- ne filosofica. Ad esempio, al problema dell'origine della co- noscenza, che preoccupava Kant. Lo fanno però con i meto- di propri delle scienze natura- li: cercando riscontri obiettivi e mettendo alla prova empirica- mente le loro ipotesi. ICant, se fosse qui, farebbe buon uso, io credo, di tutti gli strumenti del- la scienza moderna per svilup- pare la sua teoria della cono- scenza». Mi fai un esempio? «Consideriamo un caso spe- cifico: la conoscenza dello spa- zio. Per orientarci nell'ambien- te abbiamo bisogno di un sen- so della direzione. Da dove vie- ne? È qualcosa che imparia- mo? Si tratta di una domanda cui possiamo cercare di rispon- dere empiricamente anziché stare a specularci sopra. Ci so- no neuroni nel cervello che for- niscono agli organismi un sen- so della direzione. Ad esem- pio, neuroni che hanno un pic- co nell'attività di scarica quan- do il capo dell'animale è orien- tato in una particolare direzio- ne. Sono attivi già alla nascita, questi neuroni? Oppure hanno bisogno di fare esperienza di diversi ambienti per iniziare a operare? Studiando ratti giova- nissimi, si è visto che quando per la prima volta lasciano il nido i loro neuroni della dire- zione sono già funzionanti, in un modo indistinguibile da quello degli animali adulti. La sensibilità alla direzione nello spazio è qualche cosa cui i no- stri cervelli sono "pre-disposti" dalla nascita». In Nati per credere, che hai scritto insieme a Telmo Pie- vani e Vittorio Girotto, spie- ghi come mai il nostro cer- vello è predisposto a frain- tendere l'evoluzione. Ho no- tato che nel mondo umani- stico parlano sempre di «darwinismo », come se fos- se una filosofia . Ma nessuno ha mai parlato di «newtoni- smo» per la teoria della gra- vitazione o di «eisteinismo» per la teoria della relatività. Eppure l'evoluzione ha un secolo e mezzo di prove, dal- la paleoantropologia alla

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itervista »

Massimiliano Parente

Giorgio Vallortigara

hi siamo? Cogito er-go sum, ok, ma poi?Mentre la psicanalisiè sempre più un pez-

zo da museo e la filosofia ago-nizza nella metafisica, le neuro-scienze vanno avanti, e si inte-grano sempre di più con la teo-ria dell'evoluzione. Che, nono-stante sia un fatto accertato,continua a essere osteggiatadal senso comune. Cosa ci dàpiù fastidio? Non credo solo ildiscendere dalle scimmie, an-che perché non veniamo dallescimmie: noi e gli altri animalidiscendiamo tutti da un unicoantenato comune monocellula-re. E tuttavia il nostro cervellonon si dà pace: chi siamo? Do-ve andiamo?

Ho raggiunto al telefono unodei nostri più importanti neuro-scienziati di fama mondiale,Giorgio Vallortigara, di cui è ap-pena uscito il libro Da Euclide

ai neuroni (Castelvecchi), perporgli qualche domanda al ri-guardo.

Alla fine del libro dici cheKant, oggi, sarebbe un neu-roscienziato . Perché trove-rebbe prove empiriche amolte sue idee?«Gli scienziati cercano rispo-

ste agli antichi e un poco incan-creniti problemi della tradizio-ne filosofica. Ad esempio, alproblema dell'origine della co-noscenza, che preoccupavaKant. Lo fanno però con i meto-di propri delle scienze natura-li: cercando riscontri obiettivi emettendo alla prova empirica-mente le loro ipotesi. ICant, sefosse qui, farebbe buon uso, iocredo, di tutti gli strumenti del-la scienza moderna per svilup-pare la sua teoria della cono-scenza».

Mi fai un esempio?«Consideriamo un caso spe-

cifico: la conoscenza dello spa-zio. Per orientarci nell'ambien-

te abbiamo bisogno di un sen-so della direzione. Da dove vie-ne? È qualcosa che imparia-mo? Si tratta di una domandacui possiamo cercare di rispon-dere empiricamente anzichéstare a specularci sopra. Ci so-no neuroni nel cervello che for-niscono agli organismi un sen-so della direzione. Ad esem-pio, neuroni che hanno un pic-co nell'attività di scarica quan-do il capo dell'animale è orien-tato in una particolare direzio-ne. Sono attivi già alla nascita,questi neuroni? Oppure hannobisogno di fare esperienza didiversi ambienti per iniziare aoperare? Studiando ratti giova-nissimi, si è visto che quandoper la prima volta lasciano ilnido i loro neuroni della dire-zione sono già funzionanti, in

un modo indistinguibile daquello degli animali adulti. Lasensibilità alla direzione nellospazio è qualche cosa cui i no-stri cervelli sono "pre-disposti"dalla nascita».

In Nati per credere, che haiscritto insieme a Telmo Pie-vani e Vittorio Girotto, spie-ghi come mai il nostro cer-vello è predisposto a frain-tendere l'evoluzione. Ho no-tato che nel mondo umani-stico parlano sempre di«darwinismo », come se fos-se una filosofia . Ma nessunoha mai parlato di «newtoni-smo» per la teoria della gra-vitazione o di «eisteinismo»per la teoria della relatività.Eppure l'evoluzione ha unsecolo e mezzo di prove, dal-la paleoantropologia alla

biologia molecolare, fino alDna. Cosa c 'è che disturbadi più nell 'evoluzione?«Darwin ha scoperto un mec-

canismo, la selezione naturale,che rende superfluo il ricorso aqualsiasi "disegno" o "proget-to" o "intenzione" per rendereconto dell'evoluzione delle spe-cie, compresa quella umana.Ma, ironicamente, la selezionenaturale ha foggiato il nostrocervello in modo tale che aves-se una spiccata propensione aritenere che agenti intenziona-li, dotati di progetti e di scopi,siano alla base dei fenomeninaturali. Per buone ragioni, na-turalmente. È adattativo crede-re che lo scricchiolio che sentidietro di te nel bosco sia il se-gnale della presenza di "qual-cuno" (un agente intenzionale,dotato magari di scopi malevo-li) anziché della presenza di"qualcosa" (il vento che hamosso le foglie). Si sa, meglioessere prudenti che essere mor-ti...».

Quindi paradossalmenteproprio l'evoluzione hacreato nel cervello umanola resistenza a comprende-re l'evoluzione.«L'idea che l'evoluzione del-

le specie e la nostra stessa pre-senza nel mondo non siano ilrisultato di un artefice, ma diun meccanismo senza scopo esenza intenzioni cozza con lenostre intuizioni cognitive piùbasilari, intuizioni che la sele-zione naturale stessa ha foggia-to nel corso dell'evoluzionedei nostri cervelli».

Chi pensa di avere un'ani-

ma, come la concilia conl'Alzheimer? O con il fattoche basti una piccola lesio-ne in un ' area del cervelloper renderci diversi da co-me siamo?«Pensiamo al cervello come

a uno strumento al servizio diun misterioso "io" disincarna-to. Ma i fatti, ahimè, sono im-pervi per quel che crediamo, equando i nostri corpi e i nostricervelli ci abbandonano non la-sciano indietro nulla (se non lememorie di noi nei cervelli de-gli altri). Ho visto che è utileper chi trova difficile digeriretutto ciò fare esperienza diquello che abbiamo imparatosu come funziona il cervello.In laboratorio si possono ripro-durre una varietà di fenomeniche ci aiutano a comprenderecome il nostro cervello costrui-sca la nostra esperienza del cor-po (e come perciò in certe cir-costanze si possano esperire ar-ti fantasma, uscite dal corpo efenomeni che altrimenti sonoconfinati alla patologia)».

C'è poi il problema dellaconsapevolezza di finire,che è deprimente . Tu comela prendi?«Si dice a volte che per chi ha

mangiato all'albero della cono-scenza non c'è più Paradiso.Ciascuno di noi deve fare i con-ti con il disincanto che derivadalla comprensione profondadella nostra natura. Per quelche mi riguarda mi dispiacciosoprattutto di non poter esser-ci: chissà tra cento o duecentoanni quali fantastiche cosenuove avremo imparato suicervelli e sul mondo! Intanto,comunque, cerco di applicareil principio che ho visto espres-so una volta in un dialogo traCharlie Brown e Snoopy, quan-do il primo dice al secondo "Losai che un giorno dovremo mo-rire?". E Snoopy gli risponde:"Sì, ma tutti gli altri giornino!"».

le frasi

Ironicamentela selezionenaturaleci ha resi propensia fraintenderela nostra stessaevoluzione

La consapevolezzadi finire? Megliopensarla comeSnoopy: èveroche un giornomoriremo, ma tuttigli altri giorni no