ITALIA2005ITALIA I - stragi80.it · cercato di uccidere la verità. 26)Avvenimenti di Fabrizio...

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I Lufficiale di divisione ha raccontato che quella sera non poteva riposare perchØ, fi- no alle 22,30, cerano caccia francesi Mi- rage in assetto operativo, con tanto di missili a bordo, che decollavano e atterra- vano dalla base». Ma i francesi, interpel- lati su questo punto da Priore, hanno ri- sposto che «laeroporto era chiuso dalle 6 del pomeriggio». Stessa reticenza per le portaerei Clemenceau e Foch: «Ab- biamo chiesto i brogliacci di bordo della- mericana Saratoga che si trovava nel por- to di Napoli, e che solo per questo i suoi caccia non potevano alzarsi in volo - incalza Osnato -, e gli Stati Uniti ce lhanno consegnato, con tanto di cancellature e correzioni. I francesi, invece, ci hanno fatto avere due foglietti in bella copia, senza cancella- ture, e pure in fotocopia, in cui si dichiarava che le navi erano prive di aerei, perchØ in manutenzione». Eppure, in Italia, nellimma- ginario collettivo, cL la stri- sciante convinzione che a compiere la strage siano stati proprio gli Stati Uniti: «¨ il gioco delle tre carte: tutti si concentrano su una, e trascu- rano le altre due. Cos per dieci anni Priore si L concentrato sul Mig libico - spiega Osnato - e nel frattempo la routine ha fatto il resto. La routine di riregistrare sui nastri, ad esempio». Gli americani allepoca era- no nostri alleati e facevano parte della Na- to. «Questo significa che un caccia Usa non poteva passare inosservato, soprattutto quando rientrava in uno degli aeroporti Nato senza un missile o colliso - spiega lavvocato siciliano -. Lo avrebbero saputo almeno trecento persone, tutte italiane». I francesi invece non facevano parte della Nato e avevano un aeroporto militare ope- rativo, quello di Solenzara, e due portaerei in giro, la cui presenza L stata negata per anni. «E poi cL il punto in cui L avvenuto il disastro: il punto Condor. ¨ linterseca- zione tra lambra 13, laerovia civile sulla quale viaggiava il Dc9 e quella militare uti- lizzata dai francesi. Un punto franco, non sottoposto a controllo radaristico, se non da Licola, dove il radar per era manuale, quindi non poteva registrare». Ma Ciampi- no vide: «Quel radar copre normalmente le 130 miglia e il punto Condor sta a 140. Ma quella sera le condizioni meteorologiche erano buone e il radar registra la presenza di altri aerei nei pressi del Dc9». Lobiettivo? «Fatta la valutazione oggetti- va dei fatti - spiega Osnato - ora si pu so- lo procedere per deduzione. Partiamo dai missili. Quelli operativi esplodono river- sando un cono di schegge in modo da in- vestire il piø possibile laereo da abbatte- re, mentre quelli da esercitazione fanno il botto ma non sono caricati con le schegge, perchØ quando i caccia si esercitano devo- no portare piø missili possibili, e una cari- ca pesa tra i 20 e i 30 chili». I missili da ITALIA 2005 ITALIA IL VOLO SPEZZATO IH870, il volo spezzato (Editori Riuniti, pagine 400, euro 18) è stato scritto a quattro mani dal magistrato Erminio Ame- lio, che ha sostenuto la pubbli- ca accusa nel processo di Ustica, e dall’avvocato Ales- sandro Benedetti, che nello stesso procedimento ha rap- presentato la parte civile. Il li- bro, in uscita in questi giorni, sulla base degli atti e della sentenza fornisce la prima documentata ricostruzione della sera della tragedia e dei giorni delle bugie, che hanno cercato di uccidere la verità. 26) Avvenimenti di Fabrizio Colarieti e Luigi Di Stefano T utto ruota attorno ad una si- gla: Kilo-Alfa-Zero-Uno- Uno. È la chiave di volta che permette all’edificio di soste- nersi. Nell’affaire Ustica scopri- re qual è la chiave di volta signi- fica scoprire l’elemento su cui convergono tutte le forze. Per- ché eliminandola l’edificio crol- la, miseramente, e quello che fi- no a un secondo prima era la causa della salvezza, un secondo dopo diventa la causa della rovi- na. La verità, lo si è detto per anni, è nei tabulati dei radar - quelli che la storia ci ha lasciato - e tra i rottami di quel relitto, che ancora dimorano in un hangar della base di Pratica di Mare e che presto finiranno nel Museo della Memoria a Bolo- gna. Dall’analisi dei dati radar, per esempio quelli del sito mili- tare di Marsala, in Sicilia, emer- gono, da sempre, una serie di evidenze e di azioni coerenti. Gli esperti che li avevano stu- diati in precedenza avevano avuto una visione limitata, fra le 20.36 e le 21.02 (il disastro era avvenuto alle 20.59), mentre, grazie al supplemento di indagi- ne radaristica che volle il giudi- ce Rosario Priore, fu possibile avere i dati di tutto il nastro: dalle 11.15 del 27 giugno 1980 fino alle 4.15 del 28. Così, venti- cinque anni dopo quella trage- dia, quando gran parte dell’opi- nione pubblica ha dimenticato Ustica e i suoi mille misteri, si può arrivare a scoprire un pez- zetto di verità. Sì, dal 1980 al 2005.Tuttavia non è così facile. Bisogna far combaciare le tes- sere provenienti da due ele- menti assai diversi: un ammasso di lamiere, recuperate in fondo al mare profondo tre chilome- tri e mezzo, e una serie infinita di lettere e numeri. Lì, in quei tabulati, ci sono due strani og- getti che volano davanti alla Sar- degna a venti chilometri di quo- ta, che si spostano da est a ovest a velocità bassissima, me- no di cento chilometri orari, o addirittura si fermano. Per anni, chi doveva rispondere ha sem- pre fornito la stessa spiegazio- ne: sono entrambi palloni son- da. Il primo oggetto definito un pallone è quello che sui radar viene chiamato AJ450: quello che “nasce” venti minuti prima Il nastro dei misteri tabulati Sigla KA011: in un tracciato radar la chiave per capire cosa accadde quella sera D DOSSIER DOSSIER 25-28-dossier 20-06-2005 14:49 Pagina 26

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L�ufficiale di divisione ha raccontato chequella sera non poteva riposare perché, fi-no alle 22,30, c�erano caccia francesi Mi-rage in assetto operativo, con tanto dimissili a bordo, che decollavano e atterra-vano dalla base». Ma i francesi, interpel-lati su questo punto da Priore, hanno ri-sposto che «l�aeroporto era chiuso dalle 6del pomeriggio». Stessa reticenza per leportaerei �Clemenceau� e �Foch�: «Ab-biamo chiesto i brogliacci di bordo dell�a-mericana Saratoga che si trovava nel por-to di Napoli, e che solo per questo i suoi

caccia non potevano alzarsiin volo - incalza Osnato -, egli Stati Uniti ce l�hannoconsegnato, con tanto dicancellature e correzioni. Ifrancesi, invece, ci hannofatto avere due foglietti inbella copia, senza cancella-ture, e pure in fotocopia, incui si dichiarava che le navierano prive di aerei, perchéin manutenzione».Eppure, in Italia, nell�imma-ginario collettivo, c�è la stri-sciante convinzione che acompiere la strage siano stati

proprio gli Stati Uniti: «È il gioco delle trecarte: tutti si concentrano su una, e trascu-rano le altre due. Così per dieci anni Prioresi è concentrato sul Mig libico - spiegaOsnato - e nel frattempo la routine ha fattoil resto. La routine di riregistrare sui nastri,ad esempio». Gli americani all�epoca era-no nostri alleati e facevano parte della Na-to. «Questo significa che un caccia Usanon poteva passare inosservato, soprattuttoquando rientrava in uno degli aeroportiNato senza un missile o colliso - spiegal�avvocato siciliano -. Lo avrebbero saputo

almeno trecento persone, tutte italiane». Ifrancesi invece non facevano parte dellaNato e avevano un aeroporto militare ope-rativo, quello di Solenzara, e due portaereiin giro, la cui presenza è stata negata peranni. «E poi c�è il punto in cui è avvenutoil disastro: il punto Condor. È l�interseca-zione tra l�ambra 13, l�aerovia civile sullaquale viaggiava il Dc9 e quella militare uti-lizzata dai francesi. Un punto franco, nonsottoposto a controllo radaristico, se nonda Licola, dove il radar però era manuale,quindi non poteva registrare». Ma Ciampi-no vide: «Quel radar copre normalmente le130 miglia e il punto Condor sta a 140. Maquella sera le condizioni meteorologicheerano buone e il radar registra la presenzadi altri aerei nei pressi del Dc9». L�obiettivo? «Fatta la valutazione oggetti-va dei fatti - spiega Osnato - ora si può so-lo procedere per deduzione. Partiamo daimissili. Quelli operativi esplodono river-sando un cono di schegge in modo da in-vestire il più possibile l�aereo da abbatte-re, mentre quelli da esercitazione fanno ilbotto ma non sono caricati con le schegge,perché quando i caccia si esercitano devo-no portare più missili possibili, e una cari-ca pesa tra i 20 e i 30 chili». I missili da

ITALIA2005ITALIAIL VOLO SPEZZATOIH870, il volo spezzato (EditoriRiuniti,pagine 400,euro 18) èstato scritto a quattro manidal magistrato Erminio Ame-lio,che ha sostenuto la pubbli-ca accusa nel processo diUstica,e dall’avvocato Ales-sandro Benedetti,che nellostesso procedimento ha rap-presentato la parte civile. Il li-bro, in uscita in questi giorni,sulla base degli atti e dellasentenza fornisce la primadocumentata ricostruzionedella sera della tragedia e deigiorni delle bugie,che hannocercato di uccidere la verità.

26)Avvenimenti

di Fabrizio Colarieti e Luigi Di Stefano

Tutto ruota attorno ad una si-gla: Kilo-Alfa-Zero-Uno-

Uno. È la chiave di volta chepermette all’edificio di soste-nersi. Nell’affaire Ustica scopri-re qual è la chiave di volta signi-fica scoprire l’elemento su cuiconvergono tutte le forze. Per-ché eliminandola l’edificio crol-la, miseramente, e quello che fi-no a un secondo prima era lacausa della salvezza,un secondodopo diventa la causa della rovi-na. La verità, lo si è detto per

anni, è nei tabulati dei radar -quelli che la storia ci ha lasciato- e tra i rottami di quel relitto,che ancora dimorano in unhangar della base di Pratica diMare e che presto finiranno nelMuseo della Memoria a Bolo-gna. Dall’analisi dei dati radar,per esempio quelli del sito mili-tare di Marsala, in Sicilia, emer-gono, da sempre, una serie dievidenze e di azioni coerenti.Gli esperti che li avevano stu-diati in precedenza avevanoavuto una visione limitata, fra le20.36 e le 21.02 (il disastro eraavvenuto alle 20.59), mentre,

grazie al supplemento di indagi-ne radaristica che volle il giudi-ce Rosario Priore, fu possibileavere i dati di tutto il nastro:dalle 11.15 del 27 giugno 1980fino alle 4.15 del 28.Così, venti-cinque anni dopo quella trage-dia, quando gran parte dell’opi-nione pubblica ha dimenticatoUstica e i suoi mille misteri, sipuò arrivare a scoprire un pez-zetto di verità. Sì, dal 1980 al2005.Tuttavia non è così facile.Bisogna far combaciare le tes-sere provenienti da due ele-menti assai diversi: un ammassodi lamiere, recuperate in fondo

al mare profondo tre chilome-tri e mezzo, e una serie infinitadi lettere e numeri. Lì, in queitabulati, ci sono due strani og-getti che volano davanti alla Sar-degna a venti chilometri di quo-ta, che si spostano da est aovest a velocità bassissima, me-no di cento chilometri orari, oaddirittura si fermano. Per anni,chi doveva rispondere ha sem-pre fornito la stessa spiegazio-ne: sono entrambi palloni son-da. Il primo oggetto definito unpallone è quello che sui radarviene chiamato AJ450: quelloche “nasce” venti minuti prima

Il nastro dei misteritabulati

Sigla KA011: in un tracciato radar la chiave per capire cosa accadde quella sera

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esercitazione non colpiscono direttamen-te, ma esplodono in prossimità dell�aereonemico che, se militare, è corazzato e nonsubisce conseguenze. «Abbiamo chiestoai tecnici del politecnico di Torino - rac-conta Osnato - di spiegarci cosa avvienese un missile da esercitazione provocaun�onda d�urto vicino al motore di un ae-reo civile: secondo i loro calcoli si strappadi netto, che è quello che è avvenuto almotore destro del Dc9. Una bomba cheesplode in un metro cubo di una toilette,come fa a strappare di netto un motore, aspezzare in due un Dc9, senza lasciareneppure un segno? La tavoletta del watere il lavandino sono intatti».E l�attentato a Gheddafi? «Una falsa pista.

E la controprova sta nelle parole pronun-ciate dal leader libico nel 2003 quando laNato decise di togliere l�embargo alla Li-bia. In quell�occasione la Francia pose del-le condizioni: chiese al paese nordafricanodi ammettere le sue responsabilità nell�at-tentato di Lookerbie e nel deserto del Tene-ré. Il giorno dopo Gheddafi si assunse laresponsabilità degli attentati, e aggiunseche a provocare la strage di Ustica eranostati gli americani,convinti che luifosse sul Dc9.Perché fare unasimile dichiara-zione, peraltronon richiesta? È

un altro gioco delle tre carte». Ma c�è dipiù. «La Terza corte d�Assise ha chiesto al-la Cia documenti riguardanti la strage inbase al Freedom of Information Act, la leg-ge che permette dopo venti anni di desecre-tare le carte top secret. Gli Stati Uniti han-no risposto di avere informazioni, ma dinon poterle divulgare per questioni di sicu-rezza internazionale. Ovvero: la vicendariguarda un altro paese».

Questo spiegherebbe anche perché intutti questi anni si èsempre lavorato suquanto fornito dai si-stemi radaristici delbasso Tirreno. «Laterra è tonda e dalbasso Tirreno si pos-sono captare solo ae-rei ad alta quota. Eun aereo operativo simuove sempre sottoun certo livello pernon farsi scoprire.Per questo nei trac-ciati disponibili si in-dividuano operazionidi �razzolamento�,in cui gli aerei salgo-

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del disastro e che “muore” nel-lo stesso momento. Lo defini-scono così in un’inchiesta del-l’Aeronautica militare sollecita-ta nell’89 dall’allora ministrodella Difesa. Il secondo oggettoè KA011, è la nostra traccia Ki-lo-Alfa-Zero-Uno-Uno. KA011appare sugli schermi radar treore dopo replicando, in tutto eper tutto, il primo oggetto: diAJ450 replica quota, direzione,posizione e velocità. Un altrotassello, poi, è nel “nastro deimisteri”, quello contenente leregistrazioni delle telefonate inentrata e in una uscita da Mar-sala la sera del disastro. Nastroascoltato per la prima volta so-lo nel marzo del ’90. Qui il ser-gente Salvatore Loi, parlandocon un altro militare, identificaKA011 come un pallone sonda.

È una balla. I palloni stratosfericiper la ricerca scientifica, utiliz-zati anche dal Cnr, decollavanodalla Sicilia e venivano recupe-rati in Spagna o addirittura inAmazzonia. Non potevano vo-lare verso est, verso il MedioOriente. Ma non è tutto. Guar-dando bene sui tracciati e appli-cando un fattore di scala pari a“6”,AJ450 diventa la traccia ra-dar di un aereo che intercetta ilDc9 proprio nel momento incui viene colpito.AJ450 potreb-be essere perciò protagonistadi un’operazione di guerra elet-tronica. Un aereo dotato di ap-parecchiature elettroniche ingrado di ingannare il radar diMarsala,mostrando quota,velo-cità e posizione diverse da quel-le vere, insomma travestendosida pallone sonda. KA011 com-

pie un’azione gemella: tre oredopo replica la scena dell’ag-gressione. Quale stazione radarlo ha fatto e perché? Cos’èKA011? Una sonda? La traccia èstata fatta da Marsala? Non èpossibile. Marsala ha il codice diidentificazione “J”, mentre que-sto è “KA”. E i palloni non van-no a est, vanno ad ovest, e nonpossono stare fermi in cielo, eper diverse ore, come KA011.Durante l’inchiesta non si ap-profondisce e ciò che afferma ilsergente Loi al telefono diventauna verità. Fu lo stesso sergen-te, a ottobre dell’89, nel corsodi un interrogatorio,a fare la “ri-velazione” sul volo libico su cui

avrebbe dovutotrovarsi Gheddafi,circostanza con-fermata pubblica-

mente dallo stesso leader libiconel gennaio del ’90.Un’altra ico-na di questa inchiesta. Peccatoche di quel volo, però, non si siamai trovato il più microscopicoindizio sui nastri radar. La sigla“KA”, lo dice la Nato, è l’identi-ficatore della stazione radar diTorrejon, in Spagna, vicino Ma-drid. Torrejon è la sede del401th Tactical Fighter Wing del-l’US Air Force. Ora un possibilescenario: lì, a Torrejon,qualcuno,tre ore dopo il disastro, stavagià lavorando per identificare ilprobabile colpevole, replicandol’operazione di inganno elettro-nico messa in atto da AJ450.Aquesto punto la chiave di volta.

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GUERRA ELETTRONICAIl saggio Il buco, scenari di guerra nelcielo di Ustica (Vallecchi, pagine 168,euro 13) scritto da Luigi Di Stefano,tecnico e consulente di parte civile nelprocesso di Ustica negli anni 1994-95,ricostruisce meticolosamente, graziealle perizie, alle sovrapposizione dischemi, tutti dati oggi disponibili,quanto accadde quella tragica sera. Egrazie alle ultime acquisizioni sul si-gnificato delle sigle di tracciati radarritenuti inspiegabili si scopre lo scena-rio in cui ebbe luogo la strage: uno sce-nario di guerra. Di guerra elettronica.

Molti i punti rimasti inesplorati.Ma anche 25 anni dopo si

possono rimettere in discussionegran parte delle “verità”, appesecome quadri sul muro di gomma

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no e scendono di quota per non farsi indivi-duare. Non ci sarebbero questi problemi sesi osservasse il razzolamento dall�alto Tir-reno». Sarà per questo che si parla di �stra-ge di Ustica� e non �di Ponza�?Ma perché l�Italia ha coperto? «A queitempi i vertici militari gestivano miliardiperché si stava adottando il sistema rada-ristico Nato, il Nadge, quello a rete, lanonna di internet per intenderci - spiegaOsnato -. Per ammodernare il sistema ar-rivavano miliardi dall�estero, direttamen-te amministrati dall�Aeronautica militareitaliana. Nella loro testa, quei signoripensavano che non potevano permettersidi fare il botto per una �fesseria�, comeebbero il coraggio di definire la strage diUstica. Bisognava a tutti i costi nasconde-re che il sistema aveva delle falle, che nonsi era in grado di difendere un aereo civileda caccia sfuggiti al controllo. Perché si-gnificava, soprattutto, perdere potere. Equindi denaro».

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Applicando lo stesso fattore discala “6” ad entrambe le trac-ce,sia sul piano orizzontale chesul piano verticale,entrambi di-ventano aerei che vanno ad in-tersecare la rotta del nostroDc9 nel momento in cui il veli-volo civile, con a bordo 81 in-nocenti, perde i contatti con ilmondo. Solo che la prima

(AJ450) lo fa realmente, men-tre la seconda (KA011) è unareplica fatta tre ore dopo dalradar di Torrejon e trasmessa aMarsala e di qui al comandocentrale di Martina Franca. Separlassimo di uno o più missiliche vanno a colpire il Dc9, gra-zie a questa ricostruzione dirotte e di quote si può misura-

re l’angolo di salita e d’impatto.È il raccordo fra le lamiere con-torte e le file di lettere e nume-ri. L’elemento su cui potrebbe-ro convergere tutte le forze.AMarsala dovevano sapere benis-simo che “KA” era l’identifica-tore di Torrejon: perché alloradepistarono raccontando laballa del pallone? A marzo del

’90 c’era chi sapeva, l’indaginestava per essere affidata a Prio-re, la commissione Stragi stavalavorando. Ecco perché il “na-stro dei misteri” non era statoascoltato prima di allora, forseperché prima non c’era! La ve-rità si può cercare analizzando ipunti rimasti inesplorati, ancheventicinque anni dopo, anche sequesto vuol dire rimettere indiscussione gran parte delle“verità” appese come quadrisul muro di gomma.

LA RICOSTRUZIONEIn alto, una ricostruzione fatta alcomputer dal tecnico e perito Lui-gi Di Stefano di quanto accadde lasera del 27 giugno 1980: in bianco,la rotta seguita dal Dc9 dell’Itavia(sigla AJ421); in viola l’aereo sco-nosciuto che vola in rotta parallelaad est e converge verso il Dc9 almomento del disastro; in celeste ilvelivolo aggressore che vola perintercettare l’aereo sconosciutoma che colpisce il Dc9. Questo ve-livolo si “maschera” con un’opera-zione di guerra elettronica (siglaAJ450); in giallo la “ricostruzione”della rotta del velivolo aggressore,fatta circa tre ore dopo dalla sta-zione radar Nato-Nadge di Torre-jon, in Spagna, della US Air Force(sigla KA011)

Per saperne di più si possono consultare i siti www.stragi80.com

e www.seeninside.net

«MAI VISTA TANTA ARROGANZA»«Non mi è mai capitato di vedere tanta arroganza,tutta concentrata in un unico processo». Il commen-to è di Alessandro Benedetti (nella foto), avvocato diparte civile nel procedimento contro i quattro gene-rali dell’Aeronautica, che il collegio presieduto dalgiudice Giovanni Muscarà ha assolto per alto tradi-mento e prescritto le omissioni per due di loro,Lam-bertucci e Ferri. «Ci siamo trovati di fronte a militariche sostenevano di non riconoscere neppure la pro-pria voce». Ora, gli avvocati di parte civile, la procuragenerale di Roma e i pm di primo grado hanno impu-gnato la sentenza per la parte che riguarda la prescri-zione in merito alla omessa comunicazione al gover-no. Come finirà? «Non si accerterà più di questo», èl’amara riflessione di Benedetti.

Il Dc9 dell’Itavia

fotografatoprima del

disastro

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