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Copertina GENNAIO/FEBBRAIO 2016 6 In un quadro di leggera ripresa l’eredità della crisi si fa ancora sentire in termini di investimenti e precarietà del sistema bancario. Scenario di luci e ombre per i prossimi anni Emilio Rossi L’ ECONOMIA MONDIALE è entrata nel 2016 in un clima di incertezza sui mercati finanzia- ri e con la domanda globale in rallentamento rispetto alle attese. Le principali economie non europee (Usa, Cina e Giappone) hanno presentato dati non esaltanti nell’ultimo tri- mestre 2015, mentre i paesi emergenti, al di fuori di Cina e India, hanno ormai arrestato il loro ciclo espansivo: pil in crescita di ap- pena 1,7% medio nel 2015. A inizio anno, l’effetto complessivo di una serie di fattori temporalmente concomitanti si è scaricato, anche sulla scia di reazioni emotive, sui mercati finanziari. Ancora una volta sono state necessarie le parole rassicuranti di Draghi a rasse- renare il clima. Fuori dal tunnel? In realtà, a un’analisi fredda e razionale dei driver economici ci si rende conto che il momento economico a livello mondiale non giu- stifica una volatilità così accentuata. Pur nell’ambito di una ripresa economica ancora debole e con alcune situazioni critiche, lo scena- rio globale è sostenuto da fattori intrinsecamente positivi. Le ban- ITALIA :

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In un quadro di leggera ripresa l’eredità della crisi si fa ancora sentire in termini di investimenti e precarietà del sistema bancario. Scenario di luci e ombre per i prossimi anni

Emilio Rossi

L’Economia mondialE è entrata nel 2016 in un clima di incertezza sui mercati finanzia-ri e con la domanda globale in rallentamento rispetto alle attese. le principali economie non europee (Usa, cina e Giappone) hanno presentato dati non esaltanti nell’ultimo tri-

mestre 2015, mentre i paesi emergenti, al di fuori di cina e india, hanno ormai arrestato il loro ciclo espansivo: pil in crescita di ap-pena 1,7% medio nel 2015. a inizio anno, l’effetto complessivo di una serie di fattori temporalmente concomitanti si è scaricato, anche sulla scia di reazioni emotive, sui mercati finanziari. ancora una volta sono state necessarie le parole rassicuranti di draghi a rasse-renare il clima.

Fuori dal tunnel?in realtà, a un’analisi fredda e razionale dei driver economici ci si rende conto che il momento economico a livello mondiale non giu-stifica una volatilità così accentuata. Pur nell’ambito di una ripresa economica ancora debole e con alcune situazioni critiche, lo scena-rio globale è sostenuto da fattori intrinsecamente positivi. le ban-

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Nella fase finale del 2015 l’economia reale globale ha mostrato qualche

segno di debolezza rispetto alle attese, ma pur sempre seguendo un percorso coerente con i fondamentali già noti.

progressivamente iniziato a pren-dere il sopravvento. negli Stati Uniti la crescita è rallentata, a causa della forza del dollaro e dell’abbattimento degli investi-menti nel settore petrolifero. il Quantitative easing (Qe) in Euro-zona e in Giappone si mostrava meno efficace di quanto preventi-vato dalle banche centrali. la ci-na ha iniziato a sollevare timori negli osservatori sull’affidabilità dei dati ufficiali e sulla capacità delle autorità cinesi di guidare sia lo sgonfiamento della bolla im-mobiliare che il pianificato ribi-lanciamento tra investimenti e consumi privati. in sintesi, nella fase finale del 2015 l’economia reale globale mostrava qualche

che centrali nel loro complesso continuano a garantire elevata liquidità al sistema bancario e all’economia. il basso prezzo del petrolio e delle commodity rap-presenta un beneficio per le mag-giori economie, pressoché tutte importatrici nette di risorse fossi-li e naturali. i paesi emergenti mostrano nel loro complesso un rallentamento della crescita, ma pur sempre sostenuta dall’area asiatica, cina e india in particola-re, proprio i paesi più grandi e popolosi.

Gli affanni delle grandi potenzenonostante ciò, nella seconda metà del 2015 le incertezze hanno

segno di debolezza rispetto alle attese, ma pur sempre seguendo un percorso coerente con i fonda-mentali già noti. non è azzardato pensare che il nervosismo degli operatori e i programmi di vendi-ta automatici abbiano giocato un ruolo fondamentale nel crollo di inizio 2016. in una economia in cui i mercati finanziari sono inte-grati a livello globale e in cui i

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dell’economia europea una serie di sfide che i numerosi conflitti interni (applicazione del Fiscal compact, emergenza rifugiati, gestione del settore bancario) rendono di ancor più incerta so-luzione. il sistema produttivo e la domanda interna dell’Eurozona stanno mostrando segni di resi-lienza che fanno sperare in un 2016 con un tasso di crescita del pil vicino al 2%, almeno in uno scenario privo di shock esterni. la politica monetaria espansiva della Bce è probabilmente il mo-tore principale di questa resilien-za. due i benefici principali otte-nuti dalla politica della Bce. da un lato i bassi tassi di interesse hanno portato al deprezzamento dell’euro, con conseguente atte-nuazione dei rischi di deflazione e di miglioramento della compe-titività di prezzo delle imprese, aiutando la bilancia commerciale e dando respiro alla produzione e all’occupazione. dall’altro il Qe ha dato ossigeno alla sostenibilità e alla capacità creditizia del siste-ma bancario, migliorando il clima di fiducia delle imprese (ai mas-simi degli ultimi cinque anni) e delle famiglie, quest’ultima so-spinta anche dal progredire dei livelli occupazionali. Tuttavia, la politica della Banca centrale eu-ropea non sta dando i frutti spe-rati proprio nei confronti di quel-lo che è il suo obiettivo principe, ossia riportare l’inflazione dell’eurozona intorno al 2%. il

Mercati in Fibrillazione

i l 2016 si è aperto con un crollo di

pressoché tutti i listini azionari del

pianeta, con perdite che hanno toc-

cato punte anche del 40%. Tre so-

no gli eventi che nel giro di poche

settimane hanno fatto da detona-

tore alle preoccupazioni degli inve-

stitori:

l’inversione di rotta della Fe-

deral Reserve Usa sui tassi di interesse di policy, aumentati a dicembre 2015 per la

prima volta dal settembre 2007. Anche se attesa dai mercati, la stretta ha provocato un

riaggiustamento dell’asset allocation globale in direzione degli asset più sicuri;

il nuovo crollo del prezzo del greggio, seguito all’accordo che consente all’Iran di

tornare a esportare petrolio. All’inizio di gennaio, il prezzo del greggio si è posizionato al

di sotto dei 30 dollari al barile, ampliando l’effetto negativo sia sui conti e gli investimenti

delle imprese del settore sia sui paesi esportatori di petrolio. Nella situazione attuale di tassi

di interesse Ocse prossimi allo zero o addirittura negativi, l’impatto ulteriormente deflattivo

della riduzione del prezzo del greggio significa un aumento dei tassi di interesse reali;

la crisi del mercato azionario cinese, il cui indice principale Sse (Shanghai) ha perso

in tre crolli (giugno, agosto e dicembre) circa il 50% rispetto a metà giugno 2015.

I media e anche molti investitori hanno confuso queste cadute del mercato cinese con il

crollo della sua economia, aumentando il panico e il crollo. L’economia cinese sta effettiva-

mente attraversando un periodo di transizione di difficile gestibilità, ma le risorse a disposi-

zione delle autorità cinesi sono ancora molto ampie e sufficienti a evitare crisi sistemiche

dovute al sistema bancario o alle amministrazioni locali o alle imprese indebitate. La Cina

possiede ancora circa 3.300 miliardi di dollari di riserve valutarie (quasi il triplo di quelle

giapponesi) e presenta deficit e debito pubblico contenuto rispetto al pil, bassa inflazione e

un importante surplus commerciale.

flussi finanziari sono molto più ingenti di quanto sarebbe giusti-ficato dall’import-export di merci e servizi, anche piccoli cambia-menti nelle aspettative provoca-no grandi spostamenti di capitali e quindi una volatilità non coe-

rente con l’andamento dell’eco-nomia reale.

le sfide europeeQuesto quadro globale, modera-tamente positivo ma incerto, pre-senta oggi per le prospettive

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crollo del prezzo del petrolio, se da un lato aiuta la competitività del sistema produttivo e la capa-cità di spesa delle famiglie, sta rendendo l’obiettivo della Bce ancora più difficile da raggiunge-re e nel 2016 l’inflazione media nell’area continuerà a essere in-torno allo zero. le attese per il 2016 sono quindi per un prolun-gamento e ampliamento della politica espansiva della Bce.

buoni auspicicon queste premesse in chiaro-scuro sull’ambiente esterno, l’e-conomia italiana si affaccia al 2016 in buon progresso. dopo ben 14 trimestri di recessione, il 2015 ha finalmente rappresentato un anno di ripresa economica, seppur moderata. anche per l’i-talia gli indicatori congiunturali sono sostanzialmente positivi e anticipano un’ulteriore crescita

per il 2016, nonostante l’impatto della crisi dei mercati finanziari di inizio anno. come si evince anche dal grafico sopra, gli indi-catori italiani di fiducia delle im-prese (Pmi-markit, Esi) alla fine del 2015 si sono posizionati su livelli molto incoraggianti, ritor-nando a quelli di cinque anni fa, mentre gli indicatori iesi e istat per le famiglie sono addirittura tornati ai livelli del 2007.allo stesso tempo, nel 2015 i con-sumi delle famiglie sono stati supportati da prezzi stabili e da un andamento incoraggiante del mercato del lavoro, con il tasso di

disoccupazione ai livelli minimi da tre anni. Secondo la maggior parte degli osservatori, in assen-za di shock esterni il numero di occupati in italia è destinato a salire nei prossimi trimestri, dan-do un’ulteriore spinta ai consumi delle famiglie (questi ultimi do-vrebbero crescere dell’1,5% nel 2016, in aumento rispetto al circa 1% del 2015), nonostante qualche apprensione sul fronte della di-soccupazione di lungo periodo (ossia quella relativa a chi esce dal mercato del lavoro in via pressoché definitiva). la spinta continua a essere stentata dal lato

Nonostante la debolezza dello scenario globale, il sistema produttivo e la domanda interna dell’Eurozona stanno

mostrando segni di resilienza che fanno sperare in un 2016 con un tasso di crescita del pil vicino al 2%,

almeno in un quadro privo di shock esterni.

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Quarto trimestre 2015: media ottobre-novembre.* Formato dagli indici di fiducia tra le imprese manifatturiere edilizie del commercio al dettaglio, degli altri servizi e dei consumatori.

Pil italiano (varazione %, scala destra)

Indicatore composito di fiducia (ESI*)

Indicatore composito Markit (scala destra)

Fonte: Centro studi Confindustria

Dati sulla fiducia 2011-2015

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degli investimenti, il cui basso profilo è in realtà un problema mondiale, ma particolarmente accentuato in Europa. alla pro-blematica globale della scarsezza di nuove tecnologie ad alto tasso di capitale, si aggiunge per l’Eu-ropa, e in particolare per l’italia, la perdurante precarietà del si-stema bancario e della disponibi-lità di credito, nonostante l’ossi-geno pompato nel sistema dalla politica espansiva della Bce. la ripresa degli investimenti in ita-lia è legata a una soluzione effi-

cace del problema delle sofferen-ze bancarie (la Bad Bank potrà essere un aiuto significativo) e a un prolungato mantenimento degli alti livelli di fiducia di con-sumatori e imprese. Solo i prossi-mi mesi ci diranno se il crack azionario di inizio anno ha intac-cato la fiducia in maniera sostan-ziale e duratura.

Produzione in leggera ripresaanche dal lato della produzione, l’italia presenta una situazione

moderatamente positiva. il setto-re manifatturiero, dopo un 2014 piatto, ha ripreso a crescere nel 2015 di un modesto 0,5%, ma gli ordinativi nell’ultima parte dell’anno sono apparsi alquanto brillanti, con crescita a due cifre a dicembre. E anche la crescita dell’export oltre il 3,5% va saluta-ta con soddisfazione, considerato che rappresenta un miglioramen-to (anche qui minimo, ma pur sempre un miglioramento) della quota italiana del commercio mondiale.

cicatrici ancora non rimarginateSeppure il 2015 abbia rappresen-tato l’anno della transizione da una lunga recessione a una cresci-ta moderata, rimane comunque il punto interrogativo sui motivi per cui il Paese non riesce a sfrut-tare appieno i fattori esterni favo-revoli. il primo dei motivi è l’ere-dità non solo della recessione del 2008 ma anche di quella dei 14 trimestri precedenti il 2015. Una crisi così profonda e prolungata lascia cicatrici non immediata-mente rimarginabili, in termini di capacità produttiva perduta, di margini di profitto erosi pesante-mente e non recuperabili facil-mente in un contesto deflattivo, di tassi di risparmio da ricostitu-ire, di crediti deteriorati e soffe-renze bancarie dovute a fallimen-ti o a difficoltà gravi di imprese e famiglie, acuiti da un decennio di

Dal lato della produzione l’Italia presenta una situazione moderatamente positiva. Il settore manifatturiero, dopo un 2014 piatto, ha ripreso a crescere nel 2015 dello 0,5%, ma gli ordinativi nell’ultima parte dell’anno sono alquanto brillanti, con una crescita a due cifre a dicembre. E anche l’aumento dell’export oltre il 3,5% rappresenta un miglioramento della quota italiana del commercio mondiale.

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11gennaio/febbraio 2016

Mercato PetroliFero

i prezzi del petrolio si formano oggi principalmente sulla

base delle aspettative su domanda e offerta e sugli svilup-

pi geopolitici. Il recente crollo del prezzo riflette l’evoluzione

del petrolio a semplice “commodity”, negoziabile con con-

tratti “derivati”, in cui futures e altri strumenti vengono

utilizzati a fini di copertura da rischio o a fini speculativi, e

solo talvolta per la consegna fisica. Il grafico mostra la cre-

scita imponente delle posizioni aperte giornalmente (open

interest) nei mercati petroliferi Usa. Ogni contratto sul greg-

gio è pari a mille barili.

Fattori di domandaLa domanda globale di petrolio è aumentata di circa 7,5mb/giorno negli ultimi dieci anni, ma nel 2015 la crescita economica nell’area

emergente è stata in forte calo e con essa si è ridotta la pressione della domanda globale sul mercato petrolifero. Nell’area avanzata

il greggio è utilizzato quasi esclusivamente per il trasporto, dove è peraltro prevedibile che entro dieci anni la quota di auto ibride ed

elettriche aumenterà significativamente. Le aspettative odierne sono per una pressione significativamente minore dal lato della do-

manda.

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Posizioni aperte giornalmente negli scambi di greggio in Usa

Fonte: Nymex Cme Group

Fattori di offertaLe premesse per l’over-supply odierna sono principalmente originate in Russia e Nord-America, con un aumento di produzione dal

2001 a oggi rispettivamente di oltre 6mb/giorno e di quasi 5mb/giorno. La profittabilità del settore petrolifero generata dagli alti prez-

zi del petrolio a partire dal 2000 ha spinto gli investimenti in esplorazione: in Canada con le tar sands e negli Usa con l’utilizzo di tec-

nologie già note per l’estrazione dello shale oil e dello shale gas. Un ruolo centrale nell’eccesso di offerta odierno è poi rivestito dalla

mancanza di disciplina all’interno dell’Opec, che non riesce a trovare un accordo sui tagli alla produzione.

Nei prossimi trimestri l’andamento del prezzo del petrolio dipenderà dalla velocità del miglioramento tecnologico nell’estrazione di

shale oil (una tecnologia in rapidissima evoluzione) e dalla possibilità che l’Opec ritrovi la disciplina interna per tagliare la produzione in

maniera significativa... e da sempre possibili crisi di tipo geopolitico.

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gennaio/febbraio 201612

L’impianto della manovra conferma l’intenzione del governo di sostenere l’economia attraverso la riduzione del carico fiscale. Dato il vincolo di bilancio, questo obiettivo rimane legato ai tagli alla spesa, purtroppo ridotti rispetto alle ipotesi iniziali. La razionalizzazione della spesa dello stato è possibile solo riducendo il numero di dipendenti, ma ciò è di difficile attuazione per le ricadute sociali e di consenso.

caduta del settore costruzioni. l’eredità delle due recessioni si è poi appesantita a causa dello squilibrio delle finanze pubbliche e della conseguente impossibilità di metter mano a politiche fiscali chiaramente espansive. nel 2015 il deficit pubblico ha mostrato un miglioramento rispetto al 2014 (dal 3 al 2,6% del pil), ma non è stato possibile utilizzare a fini espansivi la favorevole evoluzio-ne della spesa per interessi (de-

terminata dalla politica espansi-va della Bce).

le previsioni per il prossimo biennioin sintesi, l’andamento dell’eco-nomia italiana nel prossimo bien-nio è legato principalmente al rafforzamento della domanda interna, guidata dal consolida-mento della fiducia e da politiche di bilancio di sostegno della cre-scita. in questo senso si è mossa la legge di stabilità 2016 del go-verno Renzi (vedi articolo a pagi-na 24), che sul deficit di bilancio ha ottenuto anche della benvenu-ta flessibilità aggiuntiva dalla commissione europea, compreso il rinvio al 2018 del pareggio di bilancio. oxford Economics sti-ma un rapporto deficit/pil per il 2016 del 2,4%, incluse le misure sulla sicurezza anti-terrorismo. Secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio (l’ufficio indipendente attivato da un anno seguendo le regole della Ue) «il disegno di legge di stabilità comporta, come manovra netta, un peggioramen-

to del saldo delle amministrazio-ni pubbliche nel 2016 di 14,6 mi-liardi» (ossia una manovra espan-siva di quasi un punto di pil). Forse si potrebbe fare di più, ma lo spazio di manovra è obiettiva-mente ristretto, a causa dei vinco-li imposti dall’ingente debito pubblico del Paese, il cui abbatti-mento rispetto al pil è reso ancora più complesso dal contesto defla-zionistico. l’impianto della ma-novra conferma l’intenzione del governo di sostenere l’economia attraverso la riduzione del carico fiscale. dato il vincolo di bilancio, questo obiettivo nel medio perio-do rimane però legato ai tagli alla spesa, ossia alla spending review, purtroppo molto ridotta rispetto alle ipotesi ventilate inizialmen-te. Una razionalizzazione signifi-cativa della spesa della pubblica amministrazione non può che passare anche attraverso la ridu-zione del ruolo dello stato nell’e-conomia e del numero di dipen-denti, manovre rese difficili dalle ricadute sociali e di consenso. E in un paese dove una quota im-portante della popolazione vede l’uscita dall’euro come la panacea di tutti i mali, perdere consenso farebbe rischiare all’italia un pas-so falso di una gravità irreparabi-le. il trade-off tra consenso, razio-nalizzazione della spesa pubblica e riduzione delle tasse rimane quindi il rompicapo su cui si gio-cherà il futuro del governo e di Renzi.