ITALIA REALE MARZO 2013

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A cura dell’Alleanza Monarchica - Casella Postale n. 1 - 10121 Torino Centro - C.C.P. n. 30180103 (Codice IBAN: IT 74 V 07601 01000 000030180103 - Codice BIC: BPPIITRRXXX) - Poste Italiane Spedizione in a.p. - 70% - D.C. - D.C.I. - Torino - N. 3/2013 - In caso di mancato recapito rinviare all’Uff. C.M.P. Torino Nord per la restituzione al mittente, che si impegna a corrispondere il diritto fisso dovuto. Mensile di politica, cultura e informazione TAXE PERÇUE Tassa riscossa TORINO - C.M.P. ANNO XLVII - n. 3 Marzo 2013 UMBERTO II RE D’ITALIA Nato al Castello di Racconigi il 15 settembre 1904 da S.M. Vittorio Emanuele III Re d’Italia e dalla Regina Elena, nata Petrovic´ Njegoš, Principessa Reale di Montenegro. Sposò l’8 gennaio 1930 S.A.R. Maria Josè de Saxe Coburgo Gotha, Principessa Reale del Belgio. Ha avuto quattro figli: S.A.R. Maria Pia (Napoli, 24/9/1934), S.A.R. Vittorio Emanuele, Duca di Savoia, Principe di Napoli (Napoli, 12/2/1937), S.A.R. Maria Gabriella (Napoli, 24/2/1940) e S.A.R. Maria Bea- trice (Roma, 2/2/1943). Percorse tutti i gradi della carriera militare, fino a quello di Maresciallo d’Italia. In ogni occasione si comportò coraggiosamente: così allorché subì un attentato a Bruxelles e durante la guerra di liberazione, quando fu proposto per un’altissima decorazione al valor militare statunitense. Dimostrò notevoli doti di statista nel periodo in cui coprì la carica di Luogotenente del Regno, e quando divenne Re (9 maggio 1946), mantenendo sempre fede al suo programma: “Autogoverno di popolo e giustizia sociale”. Dopo aver vinto il referendum istituzionale, benché avesse avuto contro tutti i partiti, fu sconfitto dai brogli elettorali avallati dal governo. Dimostrò la propria magnanimità scegliendo la via dell’esilio, anziché quella della guerra civile. Ricevette in cambio odio e calunnie, ma durante i suoi 37 anni d’esilio, vissuti con dignità ed onore, volle rimanere il Re di tutti gli Italiani, senza mai diventare il capo di una fazione. Morì esule, a Ginevra, il 18 marzo 1983 e fu inumato ad Altacomba. Personaggio carismatico, amatissimo dagli Italiani, ha lasciato di sé un ricordo incancellabile. L’Italia onesta che si contrappone a quella degli arruffoni politici, attende sempre che cessi la vergogna della sepoltura in terra straniera di Re Umberto II, della Consorte Regina Maria Josè e dei Suoi Genitori Re Vittorio Emanuele III e Regina Elena. Aldo Fabrizi A UMBERTO DI SAVOIA (1979) A Te lo devo scrive: nun te posso invità e nun te posso dì mettete a sede qua e nun te posso manco domandà perché sei stato condannato a vive lontano da la terra indo’ sei nato senza speranza de potè tornà. Quant’anni so’? Me pare trentatrè, e un sacco d’esiliati so’ rientrati in Italia, meno Te. Così diciamo sta rimpatriata anche si nun cià gnente de Reale né un motivo de data né un compleanno, né un anniversario, famola talequale! Sarà sortanto un pranzo immaginario tra un popolano, sempre popolano, e un Re che poveraccio è ancora Re. Ieri Sua Santità, tra un coro di campane e battimani ha parlato de fede, de bontà, de libertà, de pace. Ma si un cristiano nun se po’ magnà un pezzetto de pane dove je pare e piace mejo che a parlà de Libertà se sonino più piano le campane.

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TAXE PERÇUETassa riscossa

TORINO - C.M.P.

ANNO XLVII - n. 3Marzo 2013

UMBERTO IIRE D’ITALIA

Nato al Castello di Racconigi il 15 settembre 1904 da S.M. Vittorio Emanuele III Re d’Italia e dallaRegina Elena, nata Petrovic Njegoš, Principessa Reale di Montenegro.Sposò l’8 gennaio 1930 S.A.R. Maria Josè de Saxe Coburgo Gotha, Principessa Reale del Belgio.Ha avuto quattro figli: S.A.R. Maria Pia (Napoli, 24/9/1934), S.A.R. Vittorio Emanuele, Duca di Savoia,Principe di Napoli (Napoli, 12/2/1937), S.A.R. Maria Gabriella (Napoli, 24/2/1940) e S.A.R. Maria Bea-trice (Roma, 2/2/1943).Percorse tutti i gradi della carriera militare, fino a quello di Maresciallo d’Italia. In ogni occasione sicomportò coraggiosamente: così allorché subì un attentato a Bruxelles e durante la guerra di liberazione,quando fu proposto per un’altissima decorazione al valor militare statunitense.Dimostrò notevoli doti di statista nel periodo in cui coprì la carica di Luogotenente del Regno, e quandodivenne Re (9 maggio 1946), mantenendo sempre fede al suo programma: “Autogoverno di popolo egiustizia sociale”.Dopo aver vinto il referendum istituzionale, benché avesse avuto contro tutti i partiti, fu sconfitto daibrogli elettorali avallati dal governo.Dimostrò la propria magnanimità scegliendo la via dell’esilio, anziché quella della guerra civile.Ricevette in cambio odio e calunnie, ma durante i suoi 37 anni d’esilio, vissuti con dignità ed onore, vollerimanere il Re di tutti gli Italiani, senza mai diventare il capo di una fazione.Morì esule, a Ginevra, il 18 marzo 1983 e fu inumato ad Altacomba.Personaggio carismatico, amatissimo dagli Italiani, ha lasciato di sé un ricordo incancellabile.L’Italia onesta che si contrappone a quella degli arruffoni politici, attende sempre che cessi la vergognadella sepoltura in terra straniera di Re Umberto II, della Consorte Regina Maria Josè e dei Suoi GenitoriRe Vittorio Emanuele III e Regina Elena.

Aldo Fabrizi

A UMBERTODI SAVOIA (1979)

ATe lo devo scrive:nun te posso invità

e nun te posso dìmettete a sede quae nun te posso manco domandàperché sei stato condannato a vivelontano da la terra indo’ sei natosenza speranza de potè tornà.

Quant’anni so’? Me pare trentatrè,e un sacco d’esiliatiso’ rientrati in Italia, meno Te.

Così diciamo sta rimpatriataanche si nun cià gnente de Realené un motivo de datané un compleanno, né un anniversario,famola talequale!

Sarà sortanto un pranzo immaginariotra un popolano, sempre popolano,e un Re che poveraccio è ancora Re.

Ieri Sua Santità,tra un coro di campane e battimaniha parlato de fede, de bontà, de libertà, de pace.Ma si un cristiano nun se po’ magnàun pezzetto de panedove je pare e piacemejo che a parlà de Libertàse sonino più piano le campane. �

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Parlare del PrincipeUmberto, poi S.M.

Umberto II, in relazioneal periodo della guerra diliberazione, non è sem-plice giacchè per quantosi voglia non si possonotrascurare due drammati-che vicende: quella dell’8settembre 1943 e quelladel 12 giugno 1946. Gior-no infausto questo in cuiil governo allora in caricacompiva un gesto rivolu-zionario assumendo arbi-trariamente poteri chenon gli spettavano eponendo S.M. nell’alter-nativa di provocare spar-gimento di sangue o disubire violenza. Questogentiluomo d’altri tempi,questo Re a cui stava acuore il bene della Patria,il bene del suo popolo,questo Re della dignitànon poteva far gettarealtre lacrime, non potevaarrecare altro dolore alsuo popolo, lacrime edolori che erano stati ilviatico della nostra gentedurante i lunghi tragicianni della guerra.Premetto subito cheUmberto ebbe una edu-cazione rigidissima, comeun soldato, ma un solda-to di 90-100 anni fa. Di quil’affermazione di alcuni diessere stato troppo, total-mente obbediente alpadre soprattutto inmomenti cruciali. Con ilmetro odierno quell’ edu-cazione può apparire for-se inconcepibile, ma iSavoia erano così abitua-ti: si preparavano da sol-dati fin da bambini. Que-sta obbedienza al suo Reci aiuterà a comprendereil comportamento diUmberto durante le tristigiornate dell’8 e del 9 set-tembre 1943 a propositodelle quali dopo quantosi è scritto, ci sarebbe tan-to altro da dire ancora,ma una sola considera-zione vorrei permettermidi fare.L’espressione “fuga delRe” o “fuga di Pescara”è diventata in gran partedell’opinione pubblica,purtroppo sinonimo diinfamia. Fuga, ma civogliamo rendere contodella situazione che si eracreata quella sera dell’8settembre? Al di là dellaeliminazione fisica - perla quale il Re non ebbemai a mostrare il benchéminimo segno di paura -un’eventuale cattura diVittorio Emanuele, comeera previsto nel pianotedesco “Alarigo” (cheprevedeva in un primotempo anche la catturadel Papa), non avrebbe

dato luogo a quanto il Reebbe a dire al suo Consi-gliere Militare, il Gen.Puntoni, il timore cioè chelo avrebbero adoperatocome unamarionetta i cuifili sarebbero stati tiratida Hitler, così comeavvenne per il Re Leo-poldo III del Belgio e peril Reggente Horty?

Il Re in un primomomento non era favo-revole alla partenza, mapoi si rese conto che eranecessario il suo trasfe-rimento in una localitàdel meridione libera dal-l’occupazione tedesca eda quella anglo-ame-ricana.

In tal modo si potevaattuare la continuità giu-ridica dello Stato rappre-sentato dal Re e dal suogoverno che egli credevadi portare con sé e chepurtroppo, ad eccezionedei ministri della Guerra(Gen. Sorice, che peròrimase a Roma), della R.Marina e della R. Aero-nautica, nessuno degli altricomponenti era statoinformato del trasferi-mento nonostante la pre-cisa assicurazione diBado-glio: “l’ai pensà mi a tut”.Come ebbe a dire ancheDomenicoBartoli, la deci-sione di lasciare Roma funecessaria e saggia tantoè vero che gli anglo-ame-ricani oltre allo stuporemanifestarono non pocacontrarietà nel trovare aBrindisi una sia pur par-venza di Stato con il suogoverno in una precisaposizione giuridica e invi-tarono subito il Re a tra-sferirsi a Palermo, cosache Vittorio Emanuelenon fece.

Quindi al sud d’Italiac’era una Italia legale econ la continuità delleistituzioni. Gli alleatifurono costretti a tener-ne conto.

Vorrei inoltre far presen-te che altri capi di Stati, inanaloghe circostanze sirecarono all’estero, comeil Re di Norvegia, la Regi-naGuglielmina d’Olanda,il Re di Grecia, il Re diJugoslavia.Il presidente dellaRepub-blica francese Le Brunnon lasciò Parigi nel 1940quando il governo, perconsiglio diWeigand, deci-se di non difendere la capi-tale e di trasferirsi a Bor-deaux? Stalin non lasciòla capitale per recarsi aNubiscev quando Moscaera minacciata dai tede-

schi? Per costoro nessunosi è mai permesso di par-lare di “fuga”mentre lo siè fatto per il nostro Re.Decisione necessaria,anche se il precipitaredegli eventi costrinse aprenderla in situazionidrammatiche che nonpoterono essere, almenoinizialmente, giustamen-te valutate.Dal suo comando di Ana-gni l’8 settembre verso leore 19 il Principe Eredi-tario in seguito ad ordinetelefonico, raggiunse laCapitale. Al Quirinalevenne informato dell’av-venuto annuncio dell’ar-mistizio. Cercò, senza riu-scirci, di mettersi in con-tatto telefonico con il suocomando per impartire leadeguate disposizioni. Sirecò allora al Ministerodella Guerra ove si trova-vano già il Re e la Regi-na, e si rese conto imme-diatamente della criticasituazione che era venutaa crearsi. Tentò anche quidi collegarsi con il suocomando ma i colle-gamenti erano già tuttisconvolti.Preparò alcune lettere peril suo StatoMaggiore, allequali ne venne inclusa unaper il Gen. Graziani conl’invito a raggiungere ilRe, lettere che venneroaffidate al Col. Radicatidi Primeglio il quale lun-go il percorso venne ar-restato dai tedeschi edeportato.Riuscì a distruggere lelettere in parte man-giandole.Poiché il Principe, all’at-to della partenza daAna-gni, era convinto di ritor-narvi non portò con sénulla. Ma di tutte le suecose nulla andò perduto,neanche una busta condentro 500 lire lasciatasulla sua scrivania, dena-ro che doveva inviare aduna vedova di guerra biso-gnosa. La popolazione diAnagni, capeggiata daSuor Felicita Sansoni, pre-cedendo i tedeschi presein consegna, non senzarischio, tutte le robe delPrincipe che gli furonoregolarmente restituitenel luglio del 1944. Amo-re e nobiltà d’animo deglianagnini.

Molte inesattezze sonostate scritte in merito aidolorosi avvenimentidell’8 settembre, ma datutta la varia letteraturarisulta evidente cheUmberto desideravarimanere aRoma perché

riteneva che le conse-guenze politiche del tra-sferimento, che si stavaapprestando in quelmodo, avrebbero potu-to nuocere successiva-mente; e alla sconsolatamadre che lo imploravadi partire disse: “la miapresenza nella Capitaleè assolutamente neces-saria in questo momen-to”. Slancio generoso,nobile, responsabile, chedimostra, qualora ve nefosse bisogno, la eccelsafigura di questo nostroRe.Ma l’età avanzata diVittorio Emanuele, illogorio dovuto a dram-matiche vicende dellasua vita e il pensiero deifuturi eventi avrebberopotuto dar luogo ad unaeventuale successione.Ed ecco l’ordine di Vit-torio Emanuele: “Verraicon noi, è un ordine” edUmberto con la mortenel cuore obbedisce.

D’altra parte non dissen-tiva dalla decisione delpadre, decisione che rite-neva giusta, ma dalle avvi-lenti condizioni in cuiavveniva quel trasferi-mento.Durante tutto il viaggiosulla via Tiburtina il pen-siero di tornare non l’ab-bandonò un istante, tan-to che giunto a Crecchio,nel castello dei Duchi diBovino, egli andò nel giar-dino dove si trovava Vit-torio Emanuele conBadoglio e disse: “Ènecessario che io tornisubito, oggi stesso: atten-do solo l’autorizzazionedi S.M.”; rispose Badogliocon una certa collera: “Ledevo ricordare che è unsoldato e poiché porta lestellette deve ubbidire”,mentre il Re tacque.Nonostante questa ener-gica rude rampognaUmberto tentò ancoraun’altramanovra per rien-trare a Roma. All’aero-porto di Pescara pregò ilPrincipe Ruspoli - Mag-giore della R. Aeronauti-ca - di riunire quegli Uffi-ciali che intendevano tor-nare a Roma con lui percombattere il tedesco nel-le truppe organizzate onella clandestinità. Il suoaiutante di campo - Gen.Gamerra - gli suggerìanche di decidere da soloma egli si rifiutò giacchènon poteva, disse, disub-bidire a S.M. E poi l’estre-mo tentativo: raggiunge-re in voloGuidonia che sisupponeva ancora inmaninostre, ma il Re gli ordi-nò di imbarcarsi sul

“Baionetta”. In base aquanto afferma il Mar-chesi nel suo libro “Comesiamo arrivati a Brindisi”anche qui, non appenagiunto rinnovò insistente-mente la sua richiesta ditornare a Roma.

Il non essere riuscito adisubbidire avrà costi-tuito forse il drammadella sua vita; egli peròpreso dallo sconforto perla drammatica partenzanon considerava che nel-la lotta dei politici a Vit-torio Emanuele, che inseguito vi sarebbe stata,la sua presenza al sudpoteva costituire, e costi-tuì un importante ele-mento per cui lo Statopoteva riorganizzarsi esvolgere quelle attivitàper cercare di avviarsiverso la normalità.

Verso le ore 16 del gior-no 10 i Reali sbarcaronoa Brindisi. Quella gene-rosa terra di Puglia liaccolse con vibrante entu-siasmo che è particolaredelle genti del Sud. LaBandiera che sventolavasul castello, la folla che inun baleno si era riversatanel porto, il gran pavesecon rapidità issato sullenavi, il saluto alla vocedegli equipaggi e gli ono-ri presentati dai marinaiperfettamente schieratisulla banchina hannodovuto commuovere iReali e ridare loro un po’di gioia, ma soprattuttoavranno dato loro la spe-ranza della rinascita del-la Patria.Intanto in tutta Italia efuori di essa si sviluppò lareazione alla furenteaggressione tedesca.Esempi generosi ed esal-tanti ancora oggi degnidella nostra più profondacommossa gratitudine,della nostra più sentitavenerazione. Il popolo,che dette copioso contri-buto di sangue; il R. Eser-cito, con i suoi caduti e peri non pochi atti di eroismonel disperato tentativo diopporsi a quell’ira teuto-nica; la R. Marina, con lecentinaia e centinaia dimarinai che si sacrificaro-no nell’affondamento del-le navi; la R. Aeronauti-ca, con gli equipaggi ches’immolarono nel cielonell’estremo tentativo diportare al sud i loro aerei.Tutti gli italiani al di là diogni concezione politicadovrebbero inchinarsi difronte a tutti costoro chein unmomento critico del-la Patria non venneromeno al giuramento.

E siano costoro assiemeai caduti di tutte le guer-re, con i martiri dei cam-pi di concentramento adindicare, in questo nostrodisorientamento genera-le, la via della concordia,il culto della Patria, la stra-da per raggiungere la pacedegli spiriti che ancoranon abbiamo.

Vi erano laggiù a Brin-disi tutti gli elementi perpoter pensare alla rina-scita della Patria e traquesti elementi dobbia-mo comprendervi anchegli allievi della R. Acca-demia Navale e della R.Accademia Aeronauti-ca che, giunti in quel por-to, si sostituirono aiCorazzieri per la Guar-dia d’Onore a S.M. bencompresi dell’alto signi-ficato morale.

Il mattino del giorno 11 aBrindisi il nuovo Stato ini-ziava la sua fragile vita.Primo provvedimento fuquello di avere un quadrochiaro delle forze a dispo-sizione. L’Esercito eranumericamente conside-revole ma con deficienzedi ogni genere ed unmorale - fattore comunea tutte e tre le FF.AA -che risentiva delle conse-guenze dell’armistizio. LaMarina, nella misura del65% della flotta per untotale di 2 milioni e mez-zo di T., raggiunse le basipreviste, la rimanente par-te andò perduta in com-battimento o autoaffon-data. La situazione del-l’Aeronautica era vera-mente triste: tra i velivoliche già esistevano neireparti del Sud e quelliche vi affluirono se nepotevano contare circa200 bellicamente efficien-ti compresi gli idrovolan-ti; un’efficienza però desti-nata molto presto a dimi-nuire per l’assoluta man-canza di parti di ricambio.Già il giorno 11 le no-stre autorità emanavanodisposizioni per cercare diorganizzare delle Unità ilpiù possibile efficienti peraffiancarle, nella lottacontro i tedeschi, alle for-ze anglo-americane cherisalivano dalla Calabriae da Taranto.Qui ha inizio l’opera diUmberto che con i suoicontinui spostamenti frale truppe, con i suoi con-tatti diretti, cercava dicontribuire al ripristinodel morale delle nostreforze. Un’opera sottile,paziente ma che avrebbedato a breve scadenza isuoi frutti.

Il 15 settembre fu costi-tuito il LI Corpo d’Ar-mata di cui alcuniRepar-ti svolsero delle azioni anord della linea Corato-Potenza nei giorni 18, 19e 20. Il giorno 22 però gli

Oreste Genta, Generale di Squadra Aerea

IL PRINCIPE UMBERTODURANTE LA GUERRA DI LIBERAZIONE

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alleati proibirono allenostre truppe di conti-nuare i combattimenti.

Nel campo civile si pro-cedeva, per quanto possi-bile, alla ripresa di qual-che attività.Iniziava intanto da partedi alcuni ingenui, comeBenedetto Croce e dialcuni furbi, come il Con-te Sforza, un’astiosa cam-pagna contro il Re e ilPrincipe; i primi che vede-vano già la rinascita di unademocrazia liberale, isecondi che speravano direalizzare gli ideali maz-ziniani e radicali. Vi era-no anche quelli raccoltinel partito di azione, unpartito che, è stato detto,non sapeva cosa volevama lo voleva subito. Daparte del Re e del gover-no si poteva contare sudue importanti dati di fat-to: la decisione dell’armi-stizio e la presenza delloStato; cose queste che evi-tarono in un certo qualmodo di considerare ilnostro suolo completa ter-ra di conquista. Nessuno,nell’avversione al Re, eradisposto a rilevare questisignificati.Iniziò a funzionare laCommissione MilitareAlleata per l’applicazionedell’armistizio e per il con-trollo delle attività delloStato. Ricordo che a capodi essa vi era il Gen. MacFarlane - di opinioni labu-riste - il quale in nonpoche circostanze dimo-strò ostilità, villania ecompleta mancanza diriguardo verso S.M. e ver-so il popolo italiano. Il 13settembre a Brindisi nelprimo incontro con Vit-torio Emanuele e con ilgoverno tale Commissio-ne ebbe un colloquioanche con Umberto ilquale destò una favore-volissima impressione.

Pressoché alla vigilia del-la riunione a bordo del-la corazzata “Nelson”per la firma del pesantearmistizio lungo (29 set-tembre) gli alleati auto-rizzarono l’impiego alloro fianco di una UnitàMotorizzata di soli 5.000uomini; detta unità, cheaumentò successiva-mente a circa 10.000,venne denominata 1°RaggruppamentoMoto-rizzato.

Le rimanenti forze ven-nero impiegate in compi-ti di retrovia, ausiliari e dimanovalanza; compitiumilianti resi ancora piùscoraggianti dall’ingiun-zione di cedere i nostriautomezzi a loro, che, gra-zie a Dio, ne avevano giàcosì pochi.Si giunse al 13 ottobre,giorno della nostra dichia-razione di guerra allaGer-mania.

Il Raggruppamento sor-montando difficoltà diogni genere: da quellemorali a quelle psicologi-che causate da una insanapropaganda antimonar-chica che congiurava peril fallimento di una rico-stituzione delle FF.AA.sotto lo stemma Sabaudo,a quelle di ordine mate-riale per il reperimentodelle armi e degli auto-mezzi, il 31 ottobre venneposto alle dipendenze, perl’impiego, del 2° Corpod’Armata dellaVArmatadel Gen. Clark.

nostre FF.AA. In parti-colare in battaglia non sivoleva che le nostre azio-ni si spingessero oltre uncerto limite per evitareche le accoglienze dellepopolazioni fosseroriservate ai soldati ita-liani e non alle truppealleate.

Permigliorare queste con-dizioni il PrincipeUmber-to cercava di stabilire deicontatti personali piùdiretti, meno ufficiali. Cosìad esempio, come vedre-mo, fu possibile trasferire

per la prima volta vede-vano nelle prime lineeun generale con tantestelle.

Tutto ciò dava fastidio alcomando alleato e sicomunicò ad Umbertoche non era gradita la suapresenza in divisa fra letruppe. Per tutta rispostaegli continuò imperterri-to la sua influente attivi-tà dicendo: “Purtroppoho lasciato tutti i mieivestiti a Roma e ad Ana-gni. Per un abito civile mihanno chiesto 30.000 lireed io non le ho”.Era chiaro che eventualinostri successi militariavrebbero risollevato lesorti e il prestigio dellaMonarchia e ciò non eragradito in particolare allevarie combutte politicheil cui boicottaggio allarinascita dello StatoMonarchico era palese edeffettivo.Tutto ciò era noto adUmberto che, al contra-rio, non perdeva alcunaoccasione per rinsaldareil morale dei soldati einfondere entusiasmo.Così prima della battagliadi M. Lungo, all’una dinotte del 7 dicembre, incondizioni meteorologi-che decisamente avverse,nei pressi di Capua assi-stette al passaggio deibattaglioni del 67° Reg-gimento Fanteria cheaccompagnò fino alla basedi partenza per l’attaccoe all’alba era già negliosservatori.

Nelle prime ore del mat-tino dello stesso giorno7 sorse la necessità diinviare in ricognizioneun velivolo perché ilGen. Walker, coman-dante la divisione alle cuidipendenze operava ilnostro Raggruppamen-to, aveva assoluto biso-gno di informazioni sulnemico. Umberto siofferse quale osservato-re e andò in volo su un

velivolo tedesco del tipo“Cicogna”, preda belli-ca con i regolari distinti-vi americani.Vari resoconti descrivo-no la meraviglia desta-ta negli stessi comandialleati dalla decisioneentusiasta del Principe.In volo non appena itedeschi riconobbero ildistintivo USA si scate-nò un inferno di fuocotanto più rabbioso peril fatto che si trattavadi un loro velivolo cat-turato.Nonostante le sollecita-zioni del pilota di affret-tare la missione per lasua pericolosità, il Prin-cipe prolungò il volofino a circa 25 minutisegnalando postazionidi mitragliatrici, capo-saldi, sentieri di approc-cio, presenza di carriarmati.

Quando l’aeroplano atter-rò Umberto fu circonda-to da una folla entusiastae applaudente di soldatialleati. Questo episodiodimostra il senso del dove-re così profondamenteradicato in quest’uomo eil suo coraggio: il coraggiodi un Principe Sabaudo.

Il fatto e la figura diUmberto dovetteroimpressionare profon-damente l’animo delGen.Walker se qualchegiorno dopo propose alGen. Clark il conferi-mento della decorazio-ne Silver Star al nostroPrincipe con la seguen-te motivazione:“Il 7 Dicembre 1943,alla vigilia dell’attaccosu M. Lungo da partedella 36° Divisione sicercava un volontariodelle FF.AA. italianepresenti sul fronte pra-tico della topografiadella zona che si offris-se di volare su un appa-recchio da ricognizioneper dare informazionidi vitale importanza sui

punti essenziali dellazona da attaccare.Il Principe di Piemon-te consideratosi il piùanziano degli ufficialipresenti ritenne suodovere offrirsi per lamissione tenuto ancheconto del pericolo edell’importanza di essagiacchè questa avrebbesicuramente rispar-miato migliaia di viteitaliane e americanesoprattutto.In tal modo nonostan-te ripetuti avvertimentidel Capo di Stato Mag-giore della Divisioneegli volò più di 20minuti sulla pericolosazona di Cassino e inparticolare sull’area diM. Lungo tra un nutri-to fuoco di artiglieriacontraerea”.Dopo un anno Washin-gton fece capire che nonsi riteneva opportuno,per questioni di caratte-re politico conferire,benché meritata, ladecorazione al figlio diVittorio Emanuele III.

Il Principe Umberto consegna le insegne dell’Ordinedei Santi Maurizio e Lazzaro al Gen. Mark Clark.

Lungo il trasferimentodalla Puglia ad Avellino,nonostante le pessimecondizioni meteorologi-che con piogge torrenzia-li le nostre truppe furonofatte segno ovunque adimostrazioni di entusia-smo. Il 6 dicembre alleore 13,30 i reparti inizia-rono la marcia di trasfe-rimento nella zona diimpiego nei pressi diMignano.A soli tre mesi da quelfatidico 8 settembre l’Ita-lia ricompariva sul campodi battaglia. Tre mesi didolori, sacrifici, ansie matutto era stato dominatoda una forte volontà diriuscire ed ora quegliuomini erano là pronti ariscattare con il loro entu-siasmo e con il loro sacri-ficio i tragici eventi delsettembre scorso.

Bisogna dire però che laclasse dirigente alleatacreava non pochi osta-coli alla nostra parteci-pazione alla guerra, nonprendevano in nessunconto o svuotavano dicontenuto gli interventidel governo per cercaredi rendere quanto piùpossibile efficienti le

in continente la DivisioneParacadutisti “Nembo”che conquistò la conside-razione degli anglo-ame-ricani.

Fin dai primissimi gior-ni del Regno del sudUmberto, abbiamo det-to, trascorreva quasi tut-to il suo tempo fra letruppe. Con la sua pre-senza, con la sua affabi-le e convincente parolarincuorava, calmava,faceva rinascere l’entu-siasmo e l’attaccamentoal dovere.La sua influenza, è ripor-tato in tutti i diari, eraestremamente vantag-giosa alla rinascita dellenostre forze. Era un’ope-ra animatrice alla ricon-quista del suolo dellaPatria. E tale influenzanon la si riscontrava sol-tanto sui soldati, maanche sulle popolazionie sugli stessi comandistranieri.Era presente sui campidi battaglia, nei capisal-di più avanzati a con-tatto con il nemico lad-dove più intenso era ilpericolo destando affa-scinata meraviglia fra isoldati alleati stessi che

Il Principe Umberto tra i militari del Corpo Italiano di Liberazione, impegnatocontro i tedeschi.

Silver Star

Dalle varie ricerche cheho potuto esperire appa-re non del tutto improba-bile la pressione negativada parte dei nostri gover-ni allora in carica per nonfar sembrare tale conferi-mento come una simpatia

(segue a pag. 4)

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politica degli alleati per laMonarchia.Il fatto, deve essere statoveramente sensazionale aldi là di ogni possibile nor-malità perché, tenuto con-to dello stato di soggezio-ne in cui gli alleati tene-vano gli italiani, nonavrebberomai proposto -per lomeno in quel perio-do - una decorazione adun nostro soldato.

ker che espresse il suo piùalto elogio.Il successivo 16 dicembredopo una preparazionedelle nostre artiglierie chesi rilevò di una meravi-gliosa precisione, e chedestò l’ammirazione degliamericani, alle ore 9,15 lenostre truppe mossero dientusiasmante impetoall’attacco dello stessomonte e alle ore 12,30,nonostante la tenace resi-stenza dei tedeschi, tuttigli obiettivi vennero rag-giunti con perdite relati-vamente contenute.

Questo complesso difatti positivi, il compor-tamento dei nostri sol-

to durante i tragici even-ti dell’8 settembre e seteniamo presente che fusolo per obbedire al Reche egli si imbarcò sul“Baionetta”, possiamo,senza allontanarci moltodalla realtà, supporre cheil ricordo del desideriodel suo avo Carlo Alber-to, per la cui memoria finda ragazzo aveva avutosempre una specie di cul-to, di cercare la morte suicampi di battaglia, loabbia fortemente influen-zato nel cercare di risol-vere “in un certo modo”una gran pena, di risol-vere in “un certo modo”quello che egli conside-rava il dramma della sua

tra parte il separatismostesso tanto che Churchillai Comuni aveva accen-nato “all’oscura sorte del-l’isola” ed il governatorecivile della Sicilia - l’ame-ricanoCol. Charles Polet-ti - con un fare di sapien-te bandalzosità, non dubi-tava della sorte finale. Siassisteva insomma ad unasorda contesa fra ameri-cani e inglesi senza tenerconto però dei sentimen-ti di tantissimi siciliani acui stava a cuore l’unità esi battevano per essa. Ciòimpressionò non pocoUmberto che era al cor-rente di tutto quanto acca-deva mentre il governo,oppresso dai vari proble-mi dell’armistizio, nonpoteva efficacementeoccuparsi dell’isola.Non potendo recarsi inSicilia perché proibitoglidagli alleati escogitòun’azione, che sarebbetroppo lungo spiegare, inseguito alla quale il Col.Poletti - consenziente - futrasportato, diciamo clan-destinamente, a Brindisi.Qui ebbe anche un lungocolloquio con Umbertodurante il quale il Princi-pe con le sue serie, preci-se ed evidenti argomen-tazioni riuscì a convince-re il governatore sullefuneste conseguenze di uneventuale separatismo edil Poletti, a cui forse leparole di Umberto ave-vano risvegliato le originilombarde, ebbe a diredopo il colloquio ad unsuo interlocutore: “…oggiè una brutta giornata per iseparatisti perché il tuoPrincipe mi ha persuaso.La Sicilia è troppo impor-tante per l’Europa e sareb-be un grave errore farnascere una nazione arti-ficiale” e da allora, ancheper le risultanze di un’in-chiesta di Vito Realeinviata a Washington daparte del governo, alme-no da parte alleata, non siparlò più di separatismosebbene la questione andòavanti fino ai primi gover-ni De Gasperi. Ciò dà lamisura dell’ignorato con-tributo di Umberto ad unimportante problemanazionale in base al qua-le se vi fosse ancora qual-cuno che avesse dubbi sul-la serietà, preparazione ecompetenza del PrincipeEreditario questo avveni-mento costituisce la rispo-sta chiarificatrice.Dopo la bella prova offer-ta nella seconda battagliadi M. Lungo, il Raggrup-pamento attraversò unperiodo di crisi per varimotivi: di ordine politico(i nostri combattenti veni-vano accusati dai politi-canti, di essere delle com-pagnie di ventura) e diordine militare, morale epsicologico.Per quanto riguardava learmi era necessario cer-carle dappertutto e quan-

do si trovavano non sem-pre e non tutte le si pote-vano impiegare giacchègran parte di esse dove-vano essere pacadutate aipartigiani di Tito; a queipartigiani che si copriro-no d’ignominia per le tur-pi stragi delle foibe. Funecessario un lavoropaziente, perseverante, diconvinzione ma non pri-vo di un certo vigore e ditanta volontà e a poco allavolta questo nostro Rag-gruppamento riacquistòfiducia e coscienza nelleproprie capacità combat-tive. Non vogliamo faredell’apologia, il che poinon sarebbe di cattivogusto, se diciamo chel’animatore di questaripresa fu Umberto diSavoia il quale non sirisparmiò in un compitoche egli considerava fon-damentale per la sua fun-zione di Principe Eredita-rio. Tra gli alleati coloroche si eranomostrati i piùacerrimi nemici venivanoconquistati dalla perso-nalità di quest’uomo;dovettero riconoscere lasua proficua, entusia-smante, generosa operaedificatrice, opera che siopponeva alla indecorosaazione fomentata dai varipartiti politici.

I comandanti alleati mol-to spesso sollecitavano,reclamavano la presen-za del Principe al frontenei momenti in cui leazioni si presentavano di

una certa difficoltà. IlGen. Keynes ebbe a dire(sono le sue parole): “…agli effetti morali la suapresenza fra la truppaequivale ad uno squa-drone di carri armati”.

Con questo Raggruppa-mento, diciamo così, rige-nerato e che era passatoalle dipendenze dell’8^Armata britannica, giun-giamo alla battaglia diM. Marrone nel gruppoappenninico delle Mai-narde. Alle ore 3,30 del31 marzo del 1944 iniziòl’attacco che portò il 10aprile al suo possessodefinitivo.Il giornale anglo-ameri-cano “Il Corriere Alleato”così scrisse: “… la con-quista di M. Marrone fuun modello di prepara-zionemeticolosa, un esem-pio di come uomini adat-ti adoperati in uno specia-le lavoro e al tempo giustopossono portare ad unabrillante riuscita”.

Poco dopo la conquistadiM.Marrone, con l’au-mento dell’organico, lanostra Unità si trasfor-mò inCorpo Italiano diLiberazione.

Anche per il trasferimen-to in continente dellaDivisione Paracadutisti“Nembo”, che all’8 set-tembre si trovava in Sar-degna, il Principe si rivol-se direttamente al Gen.Alexander il quale cono-

IL PRINCIPEUMBERTODURANTELA GUERRA DILIBERAZIONE

(da pag. 3)

Il Principe Umberto studia il piano operativo delCorpo di Liberazione Italiano (settembre 1943).

T. Col. Alberto Bechi LusernaCol. Charles Poletti

Il Principe Umberto a Montelungo.

La notizia del volo si tra-smise con la velocità delfulmine e quando il Prin-cipe tornò fra i nostrireparti fu accolto damani-festazioni di entusiasmogiacchè si scorgeva in luiveramente il simbolo uni-tario della Patria per laquale a distanza di pocheore non pochi di quei sol-dati avrebbero versato ilsangue e forse donatoanche la vita.Alle ore 6,20 dell’8 dicem-bre al buio, nella nebbiadensa, sotto la pioggiagelata e un intenso fuoconemico iniziava da partedelle nostre truppe l’at-tacco al costone orientalediM. Lungo. Se in un pri-mo momento si potevapensare ad un esito posi-tivo, si risolse in effetti,dopo aspra lotta, in unripiegamento. Non è que-sto il luogo per analizza-re le cause del fallimento:cause molteplici, tra lequali non ultima la man-canza dell’appoggio ame-ricano sulla sinistra dellazona attaccata che, ben-ché previsto, non venneneanche tentato e lanostra Unità fu lasciatasola nel momento culmi-nante della battaglia. M.Lungo dissero gli alleatiera un obiettivomolto dif-ficile. Lo spirito aggressi-vo ed il coraggio dimo-strato però dai nostri sol-dati impressionarono pro-fondamente il Gen. Wal-

dati nelle due battaglie,il loro coraggio di fron-te al nemico, la loroindiscussa preparazio-ne, il continuo appariredel Principe Ereditarioladdove il pericolo erapiù evidente, il suo con-tinuo interessamentosoprattutto presso glialleati non poteva nondestare un senso diammirazione per cui, siapure lentamente, i rap-porti con gli anglo-ame-ricani andarono modifi-candosi.Il Gen. Clark nel suolibro “La V ArmataAmericana” scrive: “Lacooperazione di Umber-to di Savoia fu semprevivissima. Più di unavolta mi attraversò lamente l’idea che, comerappresentante di CasaSavoia, egli fosse pron-to a morire in battagliacontro i tedeschi”, edancora: “In verità miparve più volte cheUmberto di Savoia fos-se travagliato dal senti-mento della necessità diriparare al danno reca-to all’onore dell’Italia equindi fosse non solopronto a morire, ma chesi esponesse volontaria-mente alla morte”.

Forse questo pensieroavrà attraversato anchela mente di non pochi dinoi. Se consideriamo lostato d’animo di Umber-

vita. In ogni caso il corag-gio proverbiale dei Savo-ia si era trasmesso in luisenza alcuna limitazione.In questa ricerca del peri-colo si inquadra anche ildesiderio del Principe diessere paracadutato interritorio occupato daitedeschi per combatterecon le forze partigiane,cosa che gli alleati gliproibirono nella manierapiù assoluta.

Verso l’ottobre del 1943Umberto affrontò unproblema che senza ilsuo intervento avrebbeforse potuto sfociare inspiacevoli conseguenzeper l’unità nazionale; sitrattava del cosiddettoseparatismo siciliano.

Questo fenomeno rap-presentava, bene inteso,l’aspirazione di un certoestremismo, aspirazioneperò che gli alleati cerca-vano di favoreggiare perattirare dall’una o dall’al-

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sceva bene il valore diquesti soldati ma non sifidava ad impiegarlitemendo il loro passaggioal nemico durante il com-battimento.Il generale infatti nondimenticava l’uccisioneda parte di alcuni paraca-dutisti del Ten. Col. BechiLuserna che voleva ripor-tare all’ordine un batta-glione della Divisione cheall’8 settembre aveva fat-to causa comune con itedeschi.Ebbene il Principe si fecegarante di persona pressoAlexander sull’impiegodella “Nembo” che fu tra-sportata in continente esuperando molte discus-sioni e difficoltà, il 26maggio del 1944 venneposta alle dipendenzeoperative del Corpo Ita-liano di Liberazione percui la forza combattentevenne portata ad oltre24.000 uomini.

Intanto dal 27 al 30mag-gio 1944 si svolsero leoperazioni sulle Mai-narde ove le nostre trup-pe raggiunsero tutti gliobiettivi che erano statiloro fissati. Il coman-dante dell’8^ Armatabritannica, Gen. Leesee il Gen. McCreery,comandante del X Cor-po, ebbero a congratu-larsi con il comandantedel Corpo Italiano diLiberazione, Gen. Utili,e rivolsero ai nostri com-battenti elevate e belleespressioni di elogio.

Era questo però un impli-cito elogio ad Umbertoche divideva con i suoi sol-dati l’intero arco delle set-timane non abbandonan-doli in particolar mododurante le azioni.

quista della Capitale, conloro immenso dispiacere,vennero spostate nel set-tore adriatico.

Il 5 giugno del 1944, ilgiorno dopo la presa diRoma, in una circostan-za quanto mai dramma-tica, Vittorio Emanuelefirmava il decreto di pas-saggio dei poteri per laLuogotenenza; nellostesso tempo si proibivaal Sovrano di rientrarenella Capitale con la scu-sa menzognera che lasituazione a Roma nesconsigliava la presenzae che tra l’altro non la sipoteva raggiungere néper via ordinaria, né pervia aerea.

Cadeva d’un tratto l’am-bita speranza del vecchioRe di tornare nella suaCapitale. Terminava cosìil Regno del Sud. Termi-nava praticamente dopo44 anni il Regno di Vitto-rio Emanuele III, del ReSoldato, ma non termi-navano le sue tristezze ei suoi dolori. Scomparivapraticamente dalla scenaquel Re che a Peschiera,27 anni prima, unico acredere, dopo il tormen-to di Caporetto, nel cuo-re dolorante ma sempregeneroso del suo popolo,riportò gl’Italiani oltre ilPiave nella marcia vitto-riosa, anche se fermatatroppo presto, di VittorioVeneto.Ed è doloroso constatareche nelle manifestazioniper l’anniversario dellaVittoria non una voce uffi-ciale si levi per ricordarel’Artefice di quel gran-dioso avvenimento.Ad Umberto venneroaffidate ovviamente tuttele questioni di stato e per-

che uscite dalla clande-stinità. Quel giovedì 8 giu-gno raggiunse Cisternacon un nostro velivolo “S79” perché all’ultimomomento quello alleato,che gli era stato assicura-to, non era - quanta iro-nia - disponibile.Da Cisterna raggiunseRoma in automobile. Eraansioso di stabilire la con-tinuità costituzionale perevitare che il Comitato diLiberazioneNazionale, insua assenza, desse luogoad una eventuale incre-sciosa designazione auto-noma. Tale designazioneavrebbe potuto forse cau-sare la illegittimità delpotere del Luogotenentemettendo gli alleati difronte al fatto compiutosalvo a considerare suc-cessivamente la reazionedi questi. È nota l’elimi-nazione di Badoglio dallascena politica e la desi-gnazione di Bonomi alquale il Luogotenentedette l’incarico di forma-re il governo di coalizio-ne dei partiti che si eranoraccolti nel Comitato. El’inizio di quel governonon fu certo di buon pre-sagio se per contrasti congli alleati, questi in un pri-mo tempo non lo rico-nobbero non solo, ma loretrocessero a Salerno,come si disse allora “inquarantena”, fino a quan-do il Consiglio Consulti-vo per l’Italia, dopo 34giorni, non gli consentì ditornare a Roma e di fun-zionare.

La nuova non facile atti-vità di Luogotenente sisvolgeva inmezzo a tan-te difficoltà, in una situa-zione in cui l’avversionealla Corona aumentavadi giorno in giorno.I partiti di sinistra, in par-ticolar modo, approfit-tavano delle più insigni-ficanti circostanze peraccusare il Re ed il Prin-cipe dei fatti dell’8 set-tembre le cui versionierano ad esclusivo usodei partiti stessi che conogni mezzo davano bat-taglia alla Monarchia eai suoi esponenti. Si arri-vava persino ad attacca-re Churchill perché qual-che tempo prima ebbe adire ai Comuni: “Quelliche vogliono la scom-parsa di Vittorio Ema-nuele sono i superstitirelitti dei partiti politi-ci nessuno dei quali pos-siede il minimo titoloper governare né per ele-zione, né per diritto” edancora: “Il governo diVittorio Emanuele èquello legittimo all’or-dine del quale le truppe,i marinai e gli aviatoristanno combattendo alnostro fianco. Non sonoconvinto che si potreb-be formare attualmentein Italia un qualsiasi

altro governo capace diottenere la stessa obbe-dienza da quelle tre For-ze Armate” e ora poi siesprimeva in terminifavorevoli nei riguardidel Luogotenente.

Umberto infatti dimostra-va di essere all’altezza del-l’aggrovigliata situazionein mezzo a crisi di gover-no, a esponenti politici chesi arrogavano il diritto dirappresentare la maggio-ranza degli italiani e diesprimerne il pensiero, auomini di governo chemancavano di carattere eche si preoccupavano didifendere le loro posizio-ni personali. Era amareg-giato, ciò nonostante svol-geva i suoi compiti convolontà ed alta competen-za. Preparazione giuridicae militare di prim’ordine.Qualità che gli venneroriconosciute anche dacoloro che non gli aveva-no risparmiato critichecome Benedetto Croceche nel suo libro “Quan-do l’Italia era divisa in due”scrive: “…Notai la sempreprogredente sua formazio-ne politica, lo ascoltareattento; il domandare serio,la correttezza costituzio-nale e il sentimento diresponsabilità che in luierano a lungomancati perl’estraneità nella quale erastato tenuto fino ad alloradalle cose del popolo di cuiera chiamato ad essereRe”,e nell’aprile del 1945 dis-se: “…Bisogna fare del tut-to per salvare laMonarchiaspecialmente adesso che ilLuogotenente ha dimo-strato doti che non sospet-tavamo”.

E Churchill nella suaopera sul secondo con-flitto mondiale a propo-sito del suo incontro aRoma con il Luogote-nente così si esprime:“Incontrai il PrincipeEreditario Umberto, chequale Luogotenente del

Regno comandava leforze italiane sul nostrofronte. La sua potente eattraente personalità, lasua padronanza dell’in-tera situazione militaree politica erano davveromotivo di conforto ed ione trassi un senso di fidu-cia più vivo di quello cheavevo provato durante icolloqui con gli uominipolitici. Certo speravoche avrebbe contribuitoa consolidare laMonar-chia in una Italia libe-ra, forte e unita”.

Il giurista Carlo Scialoia,uno dei consiglieri diUmberto, ebbe a dire:“…ognuno di noi sentivanettamente quanto ci sovra-stasse”. Il giornalista ame-ricano Matthewus, legatoa esponenti del partito diAzione, dopo un’intervi-sta dichiarò: “Umberto hacomemeta unaMonarchialiberale democratica comequelle di Inghilterra, Sve-zia,Norvegia,Danimarca”ed ancora “si ha la chiaraimpressione di un uomoche ha un programma e saper cosa combatte, a miogiudizio i repubblicani han-no un avversario più fortedi quel che immaginano”.E non ultima, al di là diogni sospetto, la dichiara-zione di Sforza che, a pro-posito del Principe ebbe afare all’altro repubblica-neggianteConteCarandi-ni: “Mi pare proprio aposto, molto meglio diquanto pensassimo”.Cosa gli si può dire di piùad un Principe che si tro-va improvvisamente acapo di uno Stato im-merso in una bufera qua-li ben poche nella nostrastoria possono ricordar-si? Un’Italia percorsa daarmate straniere in lotta,un territorio pressocchèdevastato a cui si aggiun-geva una nonmeno deva-stazione morale e spiri-tuale, camaleonti dellapolitica assetati di odio,

di vendetta e avidi dipotere; i prodromi insom-ma di un immane, immi-nente sconvolgimento.MaUmberto, nonostantela sua tristezza, aveva fidu-cia nel gran cuore degliItaliani. Egli infatti nonpoteva dimenticare il calo-re con cui veniva accoltodalle doloranti popolazio-ni non ancora raggiuntedai facinorosi della politi-ca quando con le truppedi avanguardia attraver-sava tra le macerie, tra lerovine, i paesi liberati.Umili popolazioni che losalutavano perché vede-vano in lui la continuità diquesta nostra tanto mar-toriata Patria. Diciamolopure francamente, qualealtra persona fra tantimistificatori, tra tantidetrattori, in quelle tre-mende situazioni potevasuscitare tanto entusia-smo? Ed egli nella solitu-dine di Cascais non di-menticò quegli entusia-smi, non dimenticò queglievviva. Nel suo grandegeneroso cuore conserva-va la visione delle lacrimedi quella gente smunta,lacera, che usciva dallecantine, che usciva dairifugi, che scendeva dallemontagne per acclamareil Principino, il simbolodella Patria che risorgeva.Con l’insediamento aRoma il tempo per segui-re le nostre truppe che amano a mano risalivanolungo il settore adriaticodiventava ovviamente piùavaro a causa degli infini-ti problemi che giornal-mente si ponevano al suoalto ufficio. Ciò nono-stante, approfittandoanche delle ore notturnee con ogni mezzo, il Prin-cipe continuava a portar-si fra i suoi soldati i quali,superando l’accanita resi-stenza tedesca, il 9 giugnooccupavano Chieti ove lapopolazione tributava loroaccoglienze entusiastiche.

Il Principe Umberto in zona di guerra con il Gen.Camillo Grossi.

Queste nostre truppe cheavevano combattutoaspramente, coraggiosa-mente e il cui desiderioera quello di entrare aRoma a fianco degli allea-ti, alla vigilia della con-

tanto il giorno 7 a Napo-li Badoglio rimise ledimissioni nelle sue manie il Luogotenente gli riaf-fidò l’incarico per forma-re un nuovo governo aRoma con le forze politi-

Il Principe Umberto parla ad un Bersagliere del Corpo Italiano di Liberazione,alla presenza del Gen. Umberto Utili.

(segue a pag. 6)

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Con la successiva avan-zata fino al raggiungi-mento della linea Urbi-no-Urbania veniva a ces-sare, il 30 agosto, l’atti-vità del Corpo Italianodi Liberazione. Ad essosi sostituiscono iGruppidi Combattimento. Dal-la sventura del settembre’43 le lacere Bandieredella Patria, a fianco del-le armate alleate, pote-rono essere riportate dal-le Mainarde all’Abruz-zo, alle Marche fino aidolci colli di Urbino. Ilcontributo delRaggrup-pamento Motorizzato,del Corpo Italiano diLiberazione assieme conla non facile attività del-la R. Marina e lo slanciogeneroso della R. Aero-nautica, avevano porta-to alla riscossa spiritualee materiale le nostreFF.AA.

Alla lotta dei partitirepubblicani oltranzisti siaggiungeva lo sbanda-mento profondo deicostumi, delle coscienze,della volontà che nonvenivano più sorretti daquegli indispensabili fon-damenti spirituali emora-li. Umberto è al di sopradi tutto questo marasma,egli risponde con il silen-zio e con le opere tendentiad alleviare le pene dicoloro che hanno mag-giormente bisogno di aiu-to: fa trasferire in un padi-glione del parco del Qui-rinale tutti i mutilatini chesi trovavano nei pressi diCassino; apre alcuni loca-li del Quirinale ai senzatetto che affluivano aRoma; ospita comitati dilavoro per fornire indu-menti ai soldati e ai parti-giani, ai mutilati, reduci,sinistrati e realizza altrenumerose opere umani-tarie. Era a questi uominiche combattevano e allepopolazioni che ancorasoffrivano perché immer-se nella tragedia dellaguerra in corso che anda-va la sua costante appren-sione. Ed egli corre, comeabbiamo detto di notte edi giorno, nelle ore piùimpensate, in auto, inaereo, sulla linea di com-battimento; entra spessoper primo, quasi a contat-to delle retroguardienemiche nelle città, neipaesi facendosi incontroalla gente ancora sgo-menta e spaventata dalfragore della battaglia lad-dove era necessario, indi-spensabile, un atto di pre-senza, e la gente capiva,l’accoglieva con affetto.

AFirenze fu il primo sol-dato italiano, avendo alsuo fianco Calamandrei,ad entrare nel pieno delcombattimento tra par-tigiani e retroguardietedesche. Così aBolognaove passò, assieme conDozza, fra il popolo plau-dente; a Bergamo, aBre-scia, a Verona con Casa-ti eGasparotto alla testadei Gruppi di Combat-timento che erano entra-ti in linea dai primi digennaio del 1945.Nel paese di S. Albertonel Comacchio fu ospitedei partigiani, dormì sot-to una tenda a guardiadella quale erano i par-tigiani stessi e quando ilcomandante della Bri-gata chiese di presentar-gli i suoi uomini il Prin-cipe aderì senz’altro edegli passò tra quei gio-vani con i volti seri, nonlontani da lui per lo stes-so amore per la Patria.

Nei pressi di Bolognadoveva attraversare unpaese liberato il giornoprecedente e già raggiun-to dei facinorosi della po-litica i quali stavano svol-gendo un comizio (comu-nista naturalmente).Per non disturbare fecechiedere se si poteva pas-sare da un’altra parte. Tra-scorse qualche istante e ilLuogotenente venne rico-nosciuto e subito la folla,compreso l’oratore chedichiarò di essere comu-nista ma di voler bene alPrincipino, gli si feceincontro festeggiandolo eil futuro sindaco gli fecedono di un prosciutto.ACesena, in una stanzet-ta arredata con una solabranda ove dormì, rice-vette il sindaco comunistache volle ad ogni costo

salutarlo e che chiese adUmberto una quantità dinotizie sulla situazionenell’Italia liberata.Con il battaglione parti-giani della zona vennesorpreso dal lancio dialcune granate da partedei tedeschi. A Piratello,nei pressi di Imola, men-tre si trovava con i parti-giani, lo sorprese un’im-boscata. Nei dintorni diRavenna i partigiani stes-si vollero sminare il trat-to diroccato dove il Prin-cipe doveva passare. Neipressi di Ferrara atterròfortunosamente dopo unanutrita reazione contrae-rea e corse il rischio diessere fatto prigionierocon tutto l’equipaggio delvelivolo.Perché ricordo questi fat-ti? In primo luogo perchéla nostra gente quandonon fu ancora investitadalla velenosa propagan-da antimonarchica, quan-do gli istrioni della politi-ca non avevano ancorasvolto le loro attivitàmistificatrici, la nostragente, dicevo, dimostravaun profondo senso dicomprensione, un sensodi attaccamento perchévedeva nella figura diUmberto l’unione di tut-ta la Nazione nel deside-rio di rinascita, il punto diincontro di tutto il popo-lo per tutte le idee e pertutti gli interessi.In secondo luogo perchéè ora di smetterla di farenei riguardi di questonostroRe insinuazioni fal-se, tendenziose, denigra-torie e volgari. Non puòessere moralmente con-sentito emettere giudiziquando non si conosconoi fatti o peggio quandointenzionalmente li sivogliono distorcere.

È inaudito falsare la sto-ria anche nei libri scola-stici inculcando così neinostri ragazzi cognizionierrate e dissacranti diuna Casa, quella deiSavoia, che ha regnatoper un millennio e cheha creato la Patria. Nonè ammissibile la circola-zione di libri o articolibasati su volgari e disdi-cevoli pettegolezzi sol-tanto per essere aderen-ti all’attuale sistema divita.

Non possiamo consentireche qualche storico stra-niero per rancore omala-nimo e con la pretesa diconoscere la storia di casanostra, ci venga ad illu-strare falsi fatti dei Savo-ia dimostrando in modotanto evidente completadisinformazione.

Abbiamo già accennatoai nostriGruppi di Com-battimento che della for-za grosso modo di unadivisione ciascuno su duereggimenti, furono im-piegati con una certa sol-lecitudine in conseguen-za del passaggio in Fran-cia del Corpo d’ArmataCanadese. Questi grup-pi erano formati dalla“Cremona”, “Friuli”,“Folgore”, “Legnano”,“Mantova” e “Piceno”.Non si riuscì però a costi-tuirli sotto un unicocomando italiano, mafurono inseriti nelle varieunità inglesi e quindicostretti ad adattarsi allaprassi operativa britan-nica. Non si voleva daread essi un’autonomiaoperativa che avrebbepotuto intendersi comeun’alleanza con gli anglo-americani.Dopo un rapi-do indispensabile perio-do di addestramento, trail gennaio e il marzo, iGruppi “Cremona”,“Friuli”, “Legnano” e“Folgore” entrarono inlinea. Il “Mantova” nonfu impiegato per ilsopraggiunto armistizio,mentre il “Piceno” svol-se compiti addestrativifin dall’inizio.

La efficace, entusiasman-te attività di questi Grup-pi, il generoso contributodei marinai che continua-rono a svolgere silenzio-samente le loro azioni suimari, il coraggio con il qua-le gli aviatori svolsero ingran numero le difficolto-se azioni nei cieli dei bal-cani, confermarono il valo-re e la volontà di riscossadalla lunga guerra perdu-ta, ma, diciamolo senzatimore e conorgoglio, ono-revolmente combattuta.Il 28 aprile il Luogotenen-te eseguì il suo ultimo volodi guerra a bordo di unaereo americano in rico-gnizione che fu fatto segnoa violenta reazione con-traerea dei tedeschi in riti-rata. Il 4 maggio si reca involo aMilano e durante laserata si verificò un fattodoloroso che io riportosecondo le esatte paroledel Ministro Andreotti dicui a pag. 50 del suo libro“Concerto a Sei Voci”: “Il10 maggio, festa del-l’Ascensione, al teatroBrancaccio ha luogo uncomizio socialista … Per-tini fa un discorso incen-diario contro il Luogote-nente rivendicando a sé ilmerito di aver fatto mitra-gliare la villa dove il Prin-cipe era sceso a Milano eammonendolo - si guardibene dal tornare a Milanoaltrimenti finirà in Piazza-le Loreto …”. Questo è ilclima di intimidazione chesi era creato e a renderloancora più pesante vi siaggiungeva il disordine e

l’illegalità di prevalente eti-chetta social-comunista. Iltimore che il nennianovento rosso del nord scen-desse per conquistare ilpotere era negli animi.Misembra inutile ricordare lesconvolgenti giornate diquel fine aprile e delmag-gio successivo conseguen-ti alla cosiddetta libera-zione; mi sembra inutilericordare quel bagno disangue con cifre impres-sionanti di uccisi e scom-parsi, bagno di sangue checontinuerà per varimesi eche richiamerà l’attenzio-ne della S. Sede che svol-gerà passi presso il gover-no per placare quell’insa-na tragedia; mi sembrasuperfluo ricordare i cam-pi di concentramento inPatria con conseguentivessazioni ed esecuzioni.Questa era la situazione incui Umberto di Savoia sitrovò a svolgere i doveridella sua alta carica. Edobbiamo dire che senzaalcuna pubblicità la suaattività si svolgeva inmododa confluire in risultaticoncreti; attività che sisvolse con acume e sensodi responsabilità dimo-strando doti che lo stessoVittorioEmanuele III nonimmaginava. Alla disap-provazione di alcunimonarchici circa il suocomportamento leale edemocratico egli rispon-deva di voler attenuarel’asprezza della lotta poli-tica onde essere tutti uni-ti nella ricostruzionemora-le emateriale del Paese.�

IL PRINCIPEUMBERTODURANTELA GUERRA DILIBERAZIONE

(da pag. 5)

Il 24 e 25/2/1945 S.A.R. il Principe di Piemonte, Luogotenente del Regno, decoraparacadutisti della Nembo.

Febbraio 1945, zona del Po di Primaro. Il PrincipeUmberto indica al Col. Ferrara, Comandante del 22°Reggimento “Cremona”, le posizioni nemiche.

Febbraio 1945, zona del fronte a nord di Ravenna. IlPrincipe Umberto, di spalle, si avvia verso un comandopartigiano.

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7ITALIA REALE - 3/2013

Re Vittorio Emanuele III e la Regina Elena circordati dai cinque figli e da nipoti.Il Principe Umberto con, davanti, le sorelle Principesse Iolanda, Maria, Mafaldae Giovanna.

In uniforme di Giovane Esploratore.Il Principe Umberto con le sorelle Principesse Mafalda,Iolanda che tiene in braccio Maria, e Giovanna.

Il Principe Umberto con il Padre.(Foto scattata dalla Regina Elena).

Con la sorella Principessa Maria.

Re Umberto IIRacconigi, 15 Settembre 1904Ginevra, 18 Marzo 1983

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8 ITALIA REALE - 3/2013

Sopra: al campo.

A sinistra: Torino, 1929. Il Principe Umberto, Comandante del 92º Reggimento Fanteria.

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9ITALIA REALE - 3/2013

Sopra: Torino 1929, con la Banda del 92° Reggimento Fanteria.

A destra: al confine con la Francia.

Il Principe Umberto in momenti diversidella vita militare.

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10 ITALIA REALE - 3/2013

Principe e poi Re,con la Famiglia

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11ITALIA REALE - 3/2013

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12 ITALIA REALE - 3/2013

O.G.

S.M. UMBERTO II NEI DUE ANNI DI REGNO

Dalla firma del decre-to per la Luogote-

nenza - il 5 Giugno del1944 - il Principe Umber-to iniziò a svolgere com-pletamente, e quantobene lo vedremo, tutte lefunzioni di Re. Per que-stomotivo non sono d’ac-cordo emi ribello a quan-ti ancora, poco dignitosa-mente, usano quel crude-le appellativo: “Re diMaggio”.5 Giugno 1944, data tri-ste che segna pratica-mente la fine del Regnodi S.M. Vittorio Ema-nuele III, di questo Re ilcui nome per gli Italianisembra passato nel cas-setto dimenticatoio, cheper 44 anni ha rappre-sentato il simbolo dellaPatria, che a Peschiera,unico a credere - dopol’ora triste, dopo il tor-mento di Caporetto - nelcuore dolorante, ma sem-pre generoso del suopopolo, riportò gli Italia-ni oltre il Piave nella mar-cia vittoriosa, anche sefermata troppo presto, diVittorio Veneto. Ed è unavergogna che nelle cele-brazioni della Vittorianon una voce ufficiale silevi per ricordare l’arte-fice di quel grandiosoavvenimento. È come sequei 600.000 Caduti sulSan Michele, sul Saboti-no alla Bainsizza, sullepietraie del Carso, sulPiave, nei mari e nei cie-li non fossero andatiincontro al supremo olo-causto al grido di “Sa-voia, Viva il Re”.Si parla di questo nostroRe fuggiasco, ma non siparla del Re di Norvegiafuggiasco, della ReginaGuglielmina d’Olandafuggiasca, del presiden-te francese Le Brum fug-giasco, dello stesso Sta-lin fuggiasco, quando poiil trasferimento al sud èstato considerato daimaggiori studiosi neces-sario e saggio. Perfino ilcomunista AntonelloTrombadori ha respintoil giudizio che ha bolla-to come fuga quella delRe. “Se non l’avesse fat-to”, ha detto, “l’Italiaavrebbe subito un tratta-mento non dissimile aquello patito dalla Ger-mania da parte dellepotenze vincitrici”.La cosiddetta fuga corri-spondeva ad una necessi-tà indiscutibile se si vole-va contrapporre un’Italialegale impersonata dalCapo dello Stato e dal suogoverno ad un’Italiadestinata a cadere sotto iTedeschi.

Fu proprio in virtù diquel trasferimento che siebbe la continuità delloStato con il suo governoin una precisa posizionegiuridica. E proprio inquel legittimo governogli alleati riposero la lorofiducia.

Dirò di più: gli Anglo-Americani non avrebbe-ro disdegnato le forzepolitiche purchè dispostead unirsi al governo delRe. È proprio questo chei faziosi politici non vol-lero, come decisero nelvergognoso congresso diBari del Gennaio del1944, nel quale delibera-rono l’immediata abdica-zione del Re. E dalla boc-ca del più crudele e vele-noso avversario del Sovra-no - il conte Sforza - uscìquella dolorosa, insensa-ta per quanto mendacefrase nei riguardi di S.M.:“ …non amava l’Italiacome nessun dinasta amail proprio paese; credettedi aver trovato in Musso-lini il rimedio meraviglio-so per tenere bassi gli Ita-liani, per beffarli, perdisprezzarli…”. Egli perònon disse per quale recon-dito motivo il Re dovesseavere questo sadico desi-derio. Parlava questogrande uomo il quale, purdisprezzando il Collaredell’Annunziata, se lo eratenuto ben stretto.Ma in nome di chi parla-vano questi congressistidi Bari? In nome delpopolo? E no; il popolo,o diciamo pure la mag-gior parte del popolo nonla pensava come loro,tanto è vero che S.M. Vit-torio Emanuele III rice-

veva dimostrazioni dientusiasmo e di affettodalla popolazione nellecittà e nei paesi, nonchédalle truppe nella zona dicombattimento ove sirecava.

Abdicazione! Ma nel-l’esilio di Cascais Um-berto II disse: “All’arri-vo degli Anglo-Ameri-cani a Brindisi miopadre fece sapere di es-sere disposto ad abdi-care. Il corso degli even-ti e le preoccupazionibelliche degli occupan-ti rimandarono la deci-sione sine die …”.Gli alleati si guardaronobene dall’accettare que-sta proposta perché, tral’altro, Vittorio Ema-nuele e il suo governoerano gli unici garantidell’armistizio.

Il fatto è che si sarebbevoluto anticipare la pro-clamazione della repub-blica o reggere in proprio,con l’esito che possiamobene immaginare, le sor-ti della Corona, giacchè siparlava di abdicazione infavore del piccolo Vitto-rio Emanuele.Ci voleva proprio uncomunista - PalmiroTogliatti - il quale, sottoil nome di Ercole Ercoli,rientrato in Italia dopouna lunga permanenza inUnione Sovietica, illustrò,il 31 Marzo 1944, al con-siglio nazionale del suopartito, le istruzioni diMosca per cui venne subi-to deciso di entrare nelgoverno del Re. Imme-diatamente gli altri parti-ti, che avevano astiosa-mente avversato il Sovra-no chiedendone l’abdica-

zione, pedissequamentesi unirono al compagno esi formò il cosiddetto“gabinetto di guerra”.Paradossalmente si ebbeil partito comunista allea-to del Re.Abbiamo detto data tristequella del 5Giugno, in cuiVittorio Emanuele firma-va il decreto di passaggiodei poteri per la luogote-nenza al PrincipeUmber-to. In effetti il proclama diquesto passaggio era sta-to già annunciato da S.M.come definitivo e irrevo-cabile il 10 Aprile 1944alle ore 18 in una circo-stanza quanto mai dram-matica in cui il vecchioResenza forza e con unRegno senza alcunapotenza, ascoltando lenorme del costume che finda bambino gli erano sta-te impresse e percependoche nella sua persona sicondensava simbolica-mente la libera sovranitàdello Stato italiano, conindicibile imponenza esolennità mise alla portai componenti la Commis-sione Alleata di Control-lo, che con violentaasprezza gli avevano chie-sto di firmare quello stes-so giorno l’atto di nominache invece egli avrebbevoluto firmare a Romaliberata o, se non fossestato possibile, al frontefra i soldati del Corpo diLiberazione.Il giorno dopo la presa diRoma però - il 5 Giugno1944 - il Capo della Com-missione - il GeneraleMcFarlane - si presentò alSovrano per ritirare ildecreto di passaggio deipoteri per la Luogote-nenza. Alla richiesta diVittorio Emanuele divolerlo firmare nella Capi-tale il Generale, menten-do, obiettò che la situa-zione a Roma ne sconsi-gliava la presenza e cheper altro non la si potevaraggiungere né per viaordinaria né per via aerea.Stupida ed inutile crudel-tà. Non aggiungeva peròche proprio i ministri delSovrano si erano oppostial suo ritorno a Romariprendendo la solita sto-ria del Re fuggiasco; pro-prio loro che erano com-ponenti del governo soloin conseguenza di quellacosiddetta fuga.

Terminava praticamen-te dopo 44 anni il RegnodiVittorio Emanuele III,del Re Soldato, di coluiche aveva portato a con-clusione il Risorgimen-to; di questo Re che

ebbe un elevato concet-to della regalità, che fusempre rispettoso delleprerogative sovrane e,non dimentichiamolo, diquelle del parlamento edel governo.

Di questo Re che, tra tan-te tristezze, conobbeanche quelle familiari: ilmartirio della sua adora-ta Mafalda.Iniziano così gli ultimi dueanni della storia delRegno d’Italia durante iquali Umberto, dimo-strando doti che gli ven-gono riconosciute perfinodai suoi detrattori, tentanon solo di ricostruire lalegalità democratica, madi riportare un po’ d’or-dine nella vita materialedel Paese sconvolto dagliorrori conseguenti allaguerra e all’occupazionetedesca.Dobbiamo dire però chegià all’inizio della Luogo-tenenza il Principe incon-trò subito un ostacolo,allorquando tentarono diimpedire o ritardare il suoarrivo a Roma liberata.Nonostante gli accordipresi, la CommissioneAlleata all’ultimo mo-mento non gli concessel’aereo che gli era statopromesso,ma dovette ser-virsi del suo velivolo S.79,che in quei giorni non erain perfetta efficienza.Era ansioso di raggiunge-re la Capitale per stabili-re la continuità istituzio-nale ed evitare il gravepericolo rivoluzionarioche le forze politiche, usci-te dalla clandestinità eraccolte nel Comitato diLiberazione Nazionale,affermassero la lorosovranità e procedesseroalla designazione autono-ma di un loro candidato.Sarebbe stato un tentati-vo di mettere gli alleati difronte al fatto compiuto.L’8 GiugnoUmberto rag-giunse la Capitale.Con l’eliminazione diBadoglio dalla scena poli-tica, l’incarico di formareil governo venne affidatoal Capo del Comitato diLiberazione - Bonomi -che lo definì subito e chefu approvato la sera stes-sa dell’8 dal Luogotenen-te, al quale venne posta lacondizione, accettata daUmberto, di impegnarsia rimettere al Paese uni-ficato la scelta istituzio-nale. Vi erano però alcu-ne imposizioni che glialleati posero al governo,tra le quali quella di nonsollevare alcuna questio-ne istituzionale prima del-

la totale liberazione del-l’Italia.Per ripicca di Churchillalla mancata designazio-ne di Badoglio, la Com-missione Alleata sospeseil riconoscimento delgoverno che fu retroces-so a Salerno, come si dis-se allora “in quarantena”,fino a quando, dopo 34giorni, non gli fu consen-tito di tornare a Roma edi funzionare.Il pensiero assillante diUmberto era quello diripristinare un’accettabi-le legalità dello Statoanche nei riguardi delComitato di Liberazione,che aveva manifestatouna certa manovra usur-patrice.Intanto tutte le ire e tuttele invettive ora si riversa-vano sul Luogotenente, ilquale svolgeva il suo altoincarico in mezzo a tantedifficoltà, in una situazio-ne in cui l’avversione allaMonarchia aumentava digiorno in giorno.Benché amareggiato, nonperse mai la fiducia.Dimostrando doti che finoad allora nessuno gli ave-va riconosciuto, autono-mamente e senza alcunapubblicità, svolgeva un’ef-ficace azione tendente allaricostruzione di una uni-tà morale, politica ed eco-nomica del Paese.

Il suo costante pensieroperò era per le nostreForze Armate che,accanto alle Forze allea-te, combattevano laguerra di liberazione.Nonostante i gravi e nonfacili problemi che ognigiorno doveva affronta-re, partendo ad oreimpossibili di giorno e dinotte, viaggiando peri-colosamente emettendoa repentaglio non pochevolte la sua vita e quelladell’equipaggio del veli-volo, si portava fra i suoisoldati a immediato con-tatto del nemico; e dob-biamo dire che ogni vol-ta portava una carica dientusiasmo, giacchè que-gli uomini vedevano inlui veramente il simbolodella Patria che a poco apoco risorgeva e capiva-no la necessità, l’impor-tanza di combattereancora.

Era chiaro che qualsiasisuccesso militare risolle-vava il prestigio e le sortidella Monarchia e ciò erain contrasto con i disegnidelle varie combutte poli-tiche, le quali approfitta-vano di ogni occasioneper insultare, vilipenderee boicottare ogni ripresadello Stato Monarchico.Si voleva in tutti i modicalunniare i nostri solda-ti quando, non solo

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durante la guerra di libe-razione, ma anche esoprattutto nel conflitto1940-43 essi combattero-no in terra, nel mare e nelcielo dando prova difedeltà e virtù che ladisfatta non consentì divedere pienamente esal-tate ed onorate.Ma il suo interessamentoera rivolto anche allepopolazioni, in particola-re a quelle che eranoimmerse nella tragediadella guerra. Gli abitantidelle città, dei paesi, deiborghi appena liberati eancora sconvolti dal fra-gore delle battaglie rima-nevano attoniti nel vede-re la sua figura e gli sifacevano incontro con lelacrime agli occhi, lo strin-gevano, gli baciavano lemani, come racconta l’Ar-tieri. Ciò dimostra il sen-so di comprensione, il pro-fondo attaccamento dellanostra gente. Nelle loca-lità ove notoriamente piùintensa era la passionepolitica rossa, Umbertoveniva applaudito con lostesso fervore e con lostesso entusiasmo.“Siamo comunisti” dice-vano “ma vogliamo beneal Principino”.Rimase più volte anchecon i partigiani e propriocon essi, nei pressi di Imo-la, lo sorprese un’imbo-scata con il lancio di gra-nate tedesche.Quanto fugacemente hoaccennato può essere suf-ficiente a sgombrare ilcampo da tutte quelle fal-sificazioni della realtà chehanno dato luogo a insi-nuazioni denigratorie evolgari, a tutte quellemenzogne che vengonoraccontate infamando ilvalore storico di questonostro Re.Nonostante l’impegno sul-la tregua istituzionale,votato dal governo, ognigiorno si assisteva amani-festazioni contro laMonarchia, deprimendoe terrorizzando l’opinio-ne pubblica. Si prendevaspunto da ogni circostan-za per rendere vana l’azio-ne del Luogotenente. Lostesso presidente del con-siglio Bonomi, che avevalavorato conUmberto peruna certa rivalutazionedelle nostre Forze Arma-te e che si adoperava tral’altro, bisogna dirlo, perfar rispettare la tregua isti-tuzionale, veniva guarda-to con diffidenza dagliantimonarchici del Comi-tato di Liberazione e tac-ciato di “residuo dell’au-toritarismo giolittiano”.Tutto questo disordine,tutta questa illegalità, tut-ta questa situazione, a dirpoco rivoluzionaria,aumentava e si ingiganti-va a mano a mano che

l’Italia veniva liberata,tanto che il GeneraleAle-xander fu sul punto di farinterrompere l’attività deicombattenti partigiani esospendere il rifornimen-to di armi, viveri e dena-ro; era seriamente preoc-cupato per questo stato dicose che, andando oltre illimite di cacciare il tede-sco, sfociasse in un colporivoluzionario per pren-dere il potere.

Con l’avvicinarsi del 25Aprile 1945 la situazio-ne raggiunse aspettiveramente drammatici.Fu richiesto niente dimeno che di abolire icarabinieri e sostituirlicon una guardia nazio-nale repubblicana; un’ar-mata di centomila uomi-ni, di prevalente etichet-ta social-comunista, pre-occupava persino le per-sonalità del Comitato diLiberazione Alta Italia.E questo stato di cosedurò molto tempo dopoil 25 Aprile. Giornatesconvolgenti delle qualiil solo ricordo fa racca-pricciare. Impressionan-ti cifre di uccisi e scom-parsi; grida di dolore daicampi di concentramen-to di Padula, Coltano eFòssoli. Si uccideva confacilità e indifferenza perrancore, rappresaglia evendetta, badando piùalla classe di apparte-nenza che a colpe vere eproprie. Chi di noi menogiovane non ricorda lospirare con violenza delnenniano “vento rossodel nord”?

Il 10 Maggio in un comi-zio al teatro Brancaccio diRoma Pertini rivendica asé il merito di aver fattomitragliare la villa dove ilLuogotenente era sceso aMilano e di averlo ammo-nito: “Si guardi bene daltornare, altrimenti finirà inpiazzale Loreto” (cfr. Giu-lio Andreotti: Concerto aSei Voci).Nell’assalto alla Monar-chia Umberto rispondevacon la legalità, attenendosirigidamente all’impegnosulla tregua istituzionale,e a quei monarchici aiquali il contegno costitu-zionale del Luogotenenteappariva un assurdo, face-va osservare che eranecessario attenuarel’asprezza della lotta poli-tica, onde essere tutti uni-ti nella ricostruzionemorale e materiale delPaese.In funzione della sua con-creta attività, del suo sen-so di responsabilità e del-la consapevolezza dellasua regalità, si determi-narono degli avvenimen-ti che dettero un baglioredi speranza alla causa

monarchica: così comel’applauso entusiasmantee fragoroso della follaquandoUmberto entrò inS. Pietro in occasione delConcistoro del Febbraio1946: la brevemolto signi-ficativa sosta di Pio XIInella sedia gestatoriadavanti al Principe e lachiara solenne benedizio-ne che gl’impartì. Lemanifestazioni nel meri-dione contro il governo,contro il settentrione e legrida di “Viva il Re, VivaUmberto”. L’esaltantediscorso di Nitti al S. Car-lo di Napoli, nel metterein luce la funzione stabi-lizzatrice e moderatricedella Monarchia.

Intanto riconoscimentialle manifeste doti diUmberto e alla intensa,difficile attività nonman-carono. Benedetto Cro-ce, che nel passato nongli aveva risparmiato cri-tiche, scrisse tra l’altro:“ … bisogna fare deltutto per salvare laMonarchia specialmen-te ora che il Luogote-nente dimostra doti chenon sospettavamo …”,e aggiunse la sua con-vinzione che Umbertosarebbe stato un ottimoRe costituzionale.

Churchill nel colloquioavuto a Roma ne trasse“un senso di fiducia piùvivo di quello che avevaavuto durante i colloquicon gli uomini politici…”.Il giornalista Schiff delDailyHerald scrisse: “Pie-no di tatto, imparziale.Come Luogotenente siconciliò perfino alcunesimpatie delle sinistre”.L’incaricato di affari ame-ricano a Roma - DavidKay - dopo un colloquiocon il Principe disse: “Miha parlato con acutezzadei problemi italiani. Si haa che fare con un uomoche ha un elevato sensodella dignità verso il qua-le non esistono le riserveche aveva avanzato Roo-sevelt. UnaMonarchia conlui a capo potrebbe costi-tuire un elemento stabiliz-zatore e d’ordine”.E il più avversario dellaMonarchia, il già citatoconte Sforza disse di lui:

“Mi pare proprio a posto.Molto meglio di quantopensassimo”.Questo era il nostroUmberto. Ma non vorreidimenticare il suo pro-fondo senso di umanità inparticolare per tutti colo-ro che soffrivano in con-seguenza della tragediadella guerra. Ed è falso,ingiusto e ingenerosoattribuire unmotivo poli-tico alle opere che eglisvolgeva in questo campo.Il Quirinale era diventatoun importantissimo cen-tro di assistenza per tutti.Si continuò insomma inquella nobile tradizioneimpostata dalla ReginaMargherita e dalla Regi-na Elena durante il primoconflitto mondiale.

Una vergognosa e vol-gare speculazione imba-stì la stampa di sinistraper dimostrare l’eccessi-vo costo della Monar-chia: scrissero che l’as-segno per la famiglia rea-le era di 32milioni di lirein oro, mentre in effettiera di L. 11.200.000pagate in carta, ma biso-gna precisare che duran-te il 1945 le spese cheUmberto sostenne per leopere di assistenza furo-no di L. 11.295.000.

L’ansia della repubblicainvadeva i partiti di sini-stra i quali, con un’accesae ignobile propaganda ric-ca di mezzi, faziosa e sen-za alcun riguardo alla tre-gua istituzionale, cerca-vano di far apparire comemiracolista lo Stato repub-blicano. Nenni, ad esem-pio, nei suoi veementi edincendiari comizi pro-metteva che la repubbli-ca sarebbe stata dispen-satrice di case, vestiti,cibo,mentre laMonarchiaavrebbe dato al popoloaltri lutti per combattereTito nella riconquista diTrieste e dell’Istria, men-tre con uno Stato repub-blicano quell’autore del-le turpi stragi delle foibece le avrebbe restituitecome un dono.Nel Dicembre del 1945 ilprimo governoDeGaspe-ri aprì le porte alla repub-blica con l’inserimentonella compagine ministe-riale del repubblicanoRomita, figlio di un fer-vente monarchico pie-

montese. Umberto nonera d’accordo su questadesignazione alMinisterodegli Interni, tanto è veroche tenne in sospeso ildecreto di nomina per unasettimana, ma poi si deci-se in conseguenza dell’ur-genza di costituire ilgoverno affinché l’Italianon fosse esclusa dagliaiuti U.N.R.R.A. conces-si dagli Stati Uniti ai Pae-si vinti. Da quel momen-to Romita inizia la capil-lare organizzazione delsuo capolavoro. Unasituazione veramente stra-na: in un Regno giuridi-camente in atto i repub-blicani erano al potere edavevano tutte le leve delPaese. E quandoUmber-to chiese un allargamen-to della compagine mini-steriale, De Gasperi pro-mise ma non l’attuò.Giungiamo al 9 Maggio,l’abdicazione di S.M. Vit-torio Emanuele III.Una semplice cerimoniain un angoscioso silenzioa Villa Maria Pia e versole ore 18 il vecchio Re,sotto il peso dei suoi dolo-ri e delle sue tristezze, siavvia sul pontile versol’imbarco. Gli si getta inginocchio il fido, vecchiopescatore Gennaro e ten-ta di baciargli lamano,maVittorio Emanuele laritrae. In quel gesto c’è ilcuore, l’affetto, il doloredi tutta Napoli, che anco-ra non sa della partenzadel Re. Umberto abbrac-cia la mamma; si mettesull’attenti dinnanzi alpadre che gli stringe lamano. Si guardano negliocchi. In quel momentodenso d’emozione un’in-finità di pensieri, un’infi-nità di ricordi sarannoaffluiti allamente dell’unoe dell’altro; sogni e spe-ranze per il risorgere del-la Patria e in fondo all’ani-mo la convinzione, lacoscienza del dovere com-piuto fino al sacrificio. Ilmotoscafo lo porta sul-l’incrociatore “Duca degliAbruzzi”. Nelle primeombre della sera S.M.,solo a poppa, guarda lacosta della sua Patria chesi allontana e forse, nono-stante la durezza del suocarattere, alcune lacrimegli avranno bagnato legote.Ed anche in questa dolo-rosa circostanza la stam-pa di sinistra, la crudelestampa di sinistra, trovòmodo di dileggiare la figu-ra del nostro Monarca: ilgiornale Avanti di vener-dì 10Maggio in un artico-lo a firma R.G. dal titolo:“Un uomo inmare” e sot-totitolo: “Il Re fuggiascotrascorse le sue ultime gior-nate nella più completaincoscienza”, descriveS.M. trasportato a bordo

su una sedia da paraliticoa rotelle. Questa spudo-rata falsità scatenò l’ira ditutti indistintamente gliUfficiali del “Duca degliAbruzzi”.

La sera stessa del 9Umberto tornò a Romada Re.Il suo avvento al tronoveniva a sconvolgere ipiani dei governanti e adaccrescere i loro dubbisull’esito repubblicanodel referendum.Ed è perquesto che decisero l’ac-centuazione della pro-paganda antimonarchi-ca, in particolare controla persona del Re el’inammissibilità dellemanifestazioni a favoredella Corona; decisioniche sollevarono le viveproteste di Cattani, l’uni-co difensore dellaMonarchia in seno algoverno.

La nuova situazione det-te un incondizionatoimpulso all’entusiasmomonarchico che facevadire al giornalista MartinMoore del Daily Tele-graph: “La reazione dellastampa di sinistra almomento dell’abdicazio-ne dimostra che quei par-titi ne temono gli effetti”.È ancora viva e palpi-tante in me la manifesta-zione del 10 Maggio inpiazza del Quirinale che,per la quantità della gen-te e delle Bandiere con laCroce bianca di Savoia,ebbe il carattere dellagrandiosità. Era il popo-lo fatto di popolani, dimutilati, di reduci dellevarie guerre che diceva alnostro Re: “Siamo qui adarti un po’ di gioia.Nonostante i sacrifici sof-ferti, nonostante le disgra-zie che ci hanno colpito,nonostante la criminalepropaganda, nei nostricuori arde la fiamma del-la tanto martoriata Patriae ora siamo qui a dimo-strartelo”. Ed egli, sonocerto, anche negli ultimianeliti di vita non dimen-ticò quell’entusiasmo,quelle braccia levate,quello sventolio di Ban-diere, quella gente anco-ra pronta, se ve ne fossestato bisogno, a sacrifi-carsi nel suo nome.Probabilmente furonoanche queste dimostra-zioni che lo decisero adintraprendere i viaggi alsud e al nord. “Scriveran-no che faccio il mio giroelettorale”, disse, “ma ionon compro la Corona.Cercherò di dimostrarlo”.In Sardegna si svolseroepisodi di simpatia e diaffetto a getto continuo.A Napoli fu un trionfo apiazza del Plebiscito.

Generale Harold Alexander

Sir Winston Churchill (segue a pag. 14)

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Nella “culla della suaCasa” a Torino, nono-stante la martellante pro-paganda rossa, per oreintere riceve la folla nelpalazzo reale e quandoscende nel cortile vienesollevato a spalla. Unapovera vecchietta che nonriusciva a vederlo la fan-no avvicinare e abbrac-ciandolo gli dice: “figlio,figlio mio caro”.APalermo centomila per-sone lo accolgono. Indi-menticabili le tappe a Tra-pani, Catania, Messina ea Reggio, dove il suovestito andò letteralmen-te in brandelli.A Genova, seccato per leauto poste alla sua sicu-rezza, le pianta in asso ese ne va liberamente. Lapiazza della Prefettura ègremita e con gli applau-si giungono anche fischi.Un giovane comunista glidomanda: “È vero che leiodia il popolo? Me lodicono tutti i giorni in cel-lula e mi ordinano di dir-lo agli altri”.Proprio in questa città, il31 Maggio, promise alpopolo italiano, nel casodi maggioranza monar-chica, un secondo refe-rendum perché egli nonvoleva essere il Re a tut-ti i costi, ma il Re di tuttigli Italiani o il Conte diSarre.Nella roccaforte rossa -Milano - nonostante icontrasti, l’accoglienza fusoddisfacente. La stampadi sinistra parlò d’avver-sione, ma dimenticò didire che il tentativo di unaparata ostile fallì per ilrifiuto della gran partedelle masse operaie.A Venezia, dopo unamanifestazione alquantocontrastata in piazza SanMarco, il Re si avviò conun motoscafo scopertolungo i canali e da ogniparte, con qualche con-trasto, la folla lo salutavacon calore.Dobbiamo dire che que-sto viaggio fu veramenteun successo.I monarchici erano nume-rosissimi, “erano i più”come dice Falcone Luci-fero e ben lo sapeva il“costruttore” Romita chenel suo libro scrive: “…unrinv io del referendumanche di sei mesi avrebbepotuto essere fatale per lacausa repubblicana”.Ed eccoci alla grande ves-sazione alla quale siamostati sottoposti: la vergo-gna del referendum.

Il 2 Giugno non esiste-vano in Italia le condi-

zioni di democraticità edi libertà di propaganda,che sono i requisiti indi-spensabili per poter darluogo ad un referendum.Il Paese era ancora occu-pato dalle potenze vin-citrici e non sapevamo aquali mutilazioni sarem-mo stati sottoposti.

La tregua istituzionale,necessaria perché il popo-lo potesse decidere in pie-na libertà era stata rispet-tata, come abbiamo det-to, soltanto da una parte,quella del Re.Assenza di circa 500.000nostri connazionali anco-ra prigionieri.Sfollati che non eranorientrati nelle sedi origi-narie. Cittadini all’esteronon rimpatriati. Assenzadi quelli dei campi di con-centramento in Patria equelli sottoposti a proces-si di epurazione.L’inconcepibile nonammissione al voto deglielettori delle province diBolzano, della VeneziaGiulia e di Trieste.

Insomma un complessi-vo di oltre duemilioni dipersone che non si vol-lero far partecipare allavotazione. Con qualevalore giuridico si pote-vano escludere tutti que-sti cittadini dalla consul-tazione popolare?

Romita e compagni con-sideravano invece oppor-tunissima questa situa-zione per la nascita del-la repubblica e non sispiegherebbe altrimentila loro ansia, la loro fret-ta, il loro motto: “ora omai più”.AMilano, fra i tanti mani-festi antimonarchici, se neaffigge uno con la scritta:“Monarchici attenzione!Piazzale Loreto insegna easpetta”.Romita disse che le mani-festazioni monarchiche,quelle poche che si riusci-vano a fare, turbavanol’ordine pubblico. Sì, per-ché le altre tendevano allaconcordia!

Alle ore 18.45 del 21Maggio, secondo quan-to riferisce RodolicoNiccolò nel suo “Libro

Azzurro sul Referen-dum”, la polizia avreb-be svolto una perquisi-zione nello stabilimen-to del Poligrafico delloStato di piazza Verdi aRoma rinvenendo, in uncassetto del Repartolitografia, un clichèimpiegato per stampa-re certificati elettoralifalsi. Le vere schedevenivano stampate nel-lo stabilimento di ViaCapponi.

Schede di stessi individuiin due o tre esemplari.A Milano, nel quartiereFriuli della zona Vittoria,oltre 500 famiglie ricevet-tero due certificati perpersona, con due distintesezioni ove votare.Al teatro Vittorio Ema-nuele di Torino, l’attualeauditorium della RAI,Parri affermò che il trat-tato di pace sarebbe statopiù favorevole se il Paeseavesse scelto un regimerepubblicano e ciò creò innon poche persone ungrave caso di coscienza.Si vede poi quanto illuso-ria fosse questa speranza,ma intanto il dubbio neglianimi aveva prodotto ilsuo effetto.

In tutta l’Emilia eRoma-gna dal 25Aprile 1945 al2 Giugno del 1946 siverificò uno stato di ter-rorismo rosso controogni elemento di ordinee particolarmente con-tro i monarchici, a cuiimpedirono qualsiasiattività di propaganda,di affissione e di stampa.

Ciò nonostante in quellezone si ebbero dei risul-tati insperati.ARoma in via dei BanchiVecchi presso la 78^ sezio-ne elettorale il presiden-te denunciò la votazionedi 100 elettori in più e ciòsi era avuto approfittan-do di una sua brevissimaassenza.I componenti del seggiodella 532^ sezione, sem-pre a Roma, alle ore 13del 4 Giugno abbando-narono sui tavoli tutto ilmateriale elettorale sen-za prima aver posto isigilli.A Genova non pochi fer-rovieri asserirono di avervotato repubblica in sezio-ni diverse, perché da quel-la rossa amministrazioneavevano ricevuto più di uncertificato, mentre ad altricittadini dichiaratamentemonarchici o anticomuni-sti, non venne recapitato.Moltissimi seggi, all’attodello scrutinio non verba-lizzarono i dati relativi alleschede non ritenute vali-de e distrussero perfino leschede stesse, mentre lalegge ne richiedeva il

deposito presso preture otribunali a disposizionedelle autorità inquirenti.Alcuni, recatisi a votarecon il regolare certificato,si sentirono dire che ave-vano già votato e venne-rominacciati di arresto seavessero tentato di farloancora.Il simbolo dell’Italia tur-rita venne indicato dagliattivisti repubblicani alsottoproletariato come ilsimbolo dellaMonarchia:“vota per la Regina, votaper la donna” insistevano.Anche la stampa inglesemise in risalto la confu-sione che avrebberodestato i simboli scelti.Quasi alla vigilia delle ele-zioni esplosero bombe aMilano, Napoli, Bologna,Bari e in numerosi altricentri, il che costrinse glialleati a ricordare, con sfi-late di carri armati e di for-ze, che si era ancora sot-to la loro vigilanza.

Ma come è possibileenumerare le irregolari-tà, le infrazioni, i reaticommessi a danno dellaMonarchia e, diciamopure, di noi monarchi-ci? Basta considerare ladichiarazione postumadel ministro degli Inter-ni Scelba che, alla vigiliadelle elezioni politichedel 18 Aprile 1948 in uncomizio elettorale aRoma in Piazza delPopolo, disse: “Questavolta non si avrannobrogli elettorali comequelli che si ebbero il 2Giugno”.

Ho cercato di dare appe-na un cenno del caos chesi era creato in quei gior-ni. “Il caos necessario”,ebbe a sentenziareNenni.S.M. è consapevole di tut-to questo e, sia pure conl’animo dolorante, invitaalla concordia, invitandotutti a rispettare e adaccettare la volontà dellamaggioranza.A coloro che, nella immi-nenza del voto, cercava-no di convincerlo a rivol-gere alla radio un appelloagli elettori, egli risposeche il Re, nonostante ilvantaggio che poteva pro-curare, non doveva tra-sformarsi in un capo par-tito, sia pure per i monar-chici; con quella gara elet-torale si sarebbe logoratoil prestigio della Corona.Delegò, come noto, il suoministro Falcone Lucife-ro, il quale pronunciò allaradio un “calmo e nobilediscorso, ragionato edobiettivo”.Romita fu ovviamente ilmaggiore responsabile ditutta la illegale situazio-ne, ma egli aveva abil-mente creato l’architravedi tutta l’impalcaturarepubblicana. Con abili-

tà si circondò di fedelissi-mi collaboratori; incre-mentò la sua polizia congli “ausiliari”: elementipiù disparati per attitudi-ne e capacità; disseminadappertutto suoi infor-matori per controllaretutto l’andamento eletto-rale; crea prefetti politicicapaci di condurre in pro-prio la campagna eletto-rale. Scrive fra l’altro nelsuo libro: “…fu questo ilcardine della mia politica:portare in Italia la Repub-blica”.

Lamattina del 4 Giugnola Monarchia è in van-taggio. DeGasperi ne dànotizia a Falcone Luci-fero e commenta: “Ilministro Romita consi-dera ancora possibile lavittoria repubblicana.Io personalmente noncredo si possa - rebus sicstantibus - giungere atale conclusione”.Nel pomeriggio laMonarchia è ancora invantaggio di 700.000 votie a sera il responso deivoti del settentrione nonmodifica sostanzialmen-te tale differenza. Siamosu un 54%. Si attendonole cifre del meridioneche, essendo a prevalen-za monarchica, dovreb-bero consolidare questapercentuale.

Inspiegabilmente l’afflus-so delle cifre si interrom-pe. Si ha notizia che Nen-ni e Togliatti, preoccupa-ti della prevalenzamonar-chica, stiano organizzan-do uno sciopero genera-le: intenderebbero impe-dire il successo con unvasto moto di piazza.Nella notte sul 5 l’Aiu-tante di Campo di S.M. -Generale Infante - hanotizia di una forte mag-gioranza repubblicana esorpreso esclama: “È unassurdo, inspiegabile rove-sciamento di fronte”. Poco

dopo De Gasperi confer-ma tale notizia e aggiun-ge: “Sono io il primo adessere sorpreso. La situa-zione è mutata. Occorreun esame attento”.S.M. ne prende atto inattesa della dichiarazioneufficiale che spetta allaCorte di Cassazione, laquale si sarebbe riunitaentro sabato 8 Giugno.Lo stesso giorno 5 S.M.Maria Josè con i quattrobimbi, su ordine del Re,parte per Napoli. Il pic-colo Vittorio Emanuelenon si rende conto di quel-la partenza ed esclama:“Che strano, ci hanno bat-tuto tanto le mani e ades-so dobbiamo partire”. Ilgiorno dopo alle ore 5 delmattino la Regina e leLL.AA. si imbarcano sul-l’Incrociatore “Duca degliAbruzzi” alla volta delPortogallo.Con il diffondersi dellabeffa dei risultati dellaconsultazione, scoppiòimprovvisa la notizia delgrande numero di ricorsiper questo imbroglio delreferendum.

Per non far appari-re irrisoria la vittoriarepubblicana si conside-rarono votanti soltantoil complesso dei voti vali-di. Cosicché coloro cheavevano posto nelle urnescheda bianca o che peraltro motivo il loro votofosse stato annullato eracome se non si fosseromai recati a votare.

Tutti gli innumerevoliricorsi mandarono inbestia sia Nenni cheTogliatti, che in tal modosentivano sfuggir di manola proclamazione dellarepubblica per il sabato 8.Da ciò nacque, in un agi-tatissimo consiglio deiministri, l’idea del “fattocompiuto”: la proclama-zione cioè unilaterale del-la repubblica, da far san-

RE UMBERTO IINEI DUE ANNIDI REGNO

(da pag. 13)

Ministro della Real CasaCav. Falcone Lucifero

La lettera 4 giugno 1946 di Alcide De Gasperi al Mini-stro della Real Casa Cav. Falcone Lucifero.

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15ITALIA REALE - 3/2013

zionare successivamentedalla Corte di Cassazione.Il mattino del giorno 7 nelcortile del Quirinale sisvolgono manifestazionidi affetto all’indirizzo delRe che aveva concessopubbliche udienze. “Nonpartire, ti hanno tradito,non ci abbandonare”, gri-da la folla.A seraUmberto su un ter-razzo del Quirinale siprende un po’ di riposo.Ammira la maestosavisione di Roma avvoltanella luce ovattata delleultime ore del giorno edesclama: “ …Mia caraRoma … ho compiuto ilmio dovere. Questi ultimidue anni sono stati di durosacrificio. Ho conosciutol’ingratitudine umana, cosìcome ho avuto prove didedizione oltre misura.Nel partire dall’Italia nonposso che augurare ognibene al mio Paese, al qua-le andranno sempre i mieipensieri”. Parole amare,parole piene di sofferen-za di colui che non haintenzione di svolgere unaresistenza ad oltranza.Nei giorni 8 e 9 il ministroguardasigilli Togliatti sol-lecitò il presidente dellaCorte - Pagano - di pro-clamare l’esito del refe-rendum.All’osservazionedel presidente che i ter-mini della legge sul refe-rendum stesso non con-sentivano di dar luogo allaproclamazione, Togliattirispose che il compito del-la Cassazione era esclusi-vamente quello di con-trollare i dati risultanti daiverbali. Osservazione cheindispettì il Pagano, il qua-le senza mezzi terminireplicò che quello sareb-be stato l’incarico di unsemplice ragioniere e nondi una Suprema Corte diCassazione. Ciò nono-stante, a causa delle scor-rette insistenze, il giorno10 ebbe luogo, moltoinopportunamente a mioavviso, la pubblica sedutanella quale si dette comu-nicazione dei soli risulta-ti affluiti, precisando chemancavano i verbali di118 sezioni, che doveva-no essere esaminati i ver-bali e le contestazioni eche restava da indicare ilnumero dei votanti e ivoti nulli. In altra sedutasarebbe stato emesso ilgiudizio definitivo. Ciòequivaleva a dire chela proclamazione dellarepubblica era rinviatae il Re continuava adessere Re.L’altra seduta ebbe luogo,come noto, il 18 Giugnocon i seguenti risultati:repubblica 12.717.923,Monarchia 10.719.284,voti nulli 1.509.735.Anchese questi dati fossero pre-si per buoni , lo scarto per

la repubblica fu di appe-na 244.451 voti rispettoalla maggioranza.

Secondo i dati dell’Isti-tuto di Statistica non eramaterialmente possibileche avessero votato24.946.942 elettori.Tenuto conto dell’entitàdella popolazione, deimaggiori di 21 anni, deglielettori comunque assen-ti e defunti e dei certifi-cati non consegnati, sidesume che si ebberocirca 2 milioni di votan-ti in più rispetto agliaventi diritto. A chiandarono questi voti?

Il 10 e l’11 furono i giorniin cui la pericolosità e laviolenza raggiunsero ilculmine. In particolare aNapoli dove i “lazzaronidel Re”, come vennerospregiatamene chiamatidal governo di allora, algrido di “Viva o’ Re”,morivano sotto il piombodel famoso battaglioneallievi della polizia che,sceso da Roma, era for-mato da elementi estre-misti. Undici furono icaduti e un centinaio iferiti. A Roma una mani-festazione monarchica diprotesta ad un’altra orga-nizzata 24 ore prima daRomita, venne dispersa acolpi di manganello, cari-che di cavalleria e di jeeps;numerosissimi i feriti.Alcuni firmatari di ricor-si alla Cassazione ven-nero fermati e persinoarrestati.S.M. è sollecitato adimpiegare la forza, mamanifesta una viva repul-sione a questa proposta erisponde: “Per me è soloun incitamento a partire ilpiù presto possibile. Lastoria non deve dire doma-ni che la Corona abbiafomentato o solo permes-so la guerra civile”. Egliperò non vuole abbando-nare il campo e a DeGasperi riafferma la suadecisa volontà di “rispet-tare”, sono le sue parole,“il responso del popoloitaliano …quale risultadagli accertamenti e dalgiudizio definitivo dellaSuprema Corte di Cassa-zione chiamata per leggea consacrarlo”.Non si trattava di inten-zionale resistenza o diinconciliabilità, comeosservavaDeGasperi, madi una giusta, giuridicapretesa onde poter, tral’altro, trasmettere agliItaliani la nuova formaistituzionale.

Ed ecco il colpo di Stato:nella notte sul 13Giugnonell’aula del Viminale, inuna violenta discussione,il governo vota un ordi-ne del giorno, dal quale

dissente solo Cattani e siastiene il De Courten,nel quale viene afferma-to che la comunicazionedei risultati del 10 Giu-gno ha portato automa-ticamente alla instaura-zione di un regime tran-sitorio, per cui la funzio-ne di Capo dello Statospetta ope legis al presi-dente del consiglio incarica. In tal modo S.M.Umberto II diveniva unsemplice cittadino.Nasceva la repubblicasenza la sanzione dellaSuprema Corte.

Varie ipotesi vennero pro-spettate al Re dai suoiconsiglieri tra le qualianche quelle che avreb-bero dato luogo, in unmodo o nell’altro, ad ulte-riore spargimento di san-gue, ma egli preferì la par-tenza perché: “Non voglioun tronomacchiato di san-gue. Mi sono costante-mente preoccupato di nonintaccare la compattezzadelle Forze Armate. Èsoprattutto per questo che,come militare cercai, fin-chè fu possibile, di giun-gere ad un regolare pas-

saggio dei poteri. Intendoevitare la ripetizione dell’8settembre”.Alle ore 16,09 di quellostesso giorno 13 dall’ae-roporto di Ciampino l’ae-reo “SavoiaMarchetti 75”,al comando del CapitanoLizzani, decollava per por-tare S.M. Umberto II, ilnostroRe, verso l’esilio diCascais.

Ciò che avvenne doponon fa parte di questatrattazione. Ci basta sol-tanto osservare che finoall’ultimomomento eglidimostrò di amare laPatria e il suo popolo atal punto che fece elimi-nare dal suo proclamal’espressione “colpo diStato”, che avrebbepotuto incitare alla rivol-ta lemassemonarchiche.Proclama che nella com-postezza delle sueespressioni, fa vibrareancora oggi nei nostrianimi un senso violentodi ribellione contro tut-ti coloro che ci hannofrodato, giacchè primaancora della Monarchiaè stato il popolo italianoad essere frodato.

Si tratta tra l’altro di unaquestione morale che cista tormentando e chepotrà essere alleviata,dico soltanto alleviata,da un atto riparatore:

porre termine all’esiliodei nostri Reali e porta-re le loro Salme inPatria, qui con noi, nel-la sede naturale: il Pan-theon. �

Italiani!Nell’assumere la Luo-

gotenenza Generale delRegno prima e la Coronapoi, io dichiarai che misarei inchinato al voto delpopolo, liberamenteespresso, sulla forma isti-tuzionale dello Stato. Euguale affermazione hofatto subito dopo il 2 Giu-gno, sicuro che tutti avreb-bero atteso le decisionidella Corte Suprema diCassazione, alla quale lalegge ha affidato il con-trollo e la proclamazionedei risultati definitivi delreferendum.Di fronte allacomunicazione di datiprovvisori e parziali fattadalla Corte Suprema; difronte alla sua riserva dipronunziare entro il 18giugno il giudizio suireclami e di far conosce-re il numero dei votanti edei voti nulli; di fronte allaquestione sollevata e nonrisoluta sul modo di cal-colare la maggioranza, io,ancora ieri, ho ripetutoche eramio diritto e dove-re di Re attendere che laCorte di Cassazione faces-se conoscere se la formaistituzionale repubblica-na avesse raggiunto lamaggioranza voluta.

Improvvisamente questanotte, in spregio alle leggie al potere indipendentee sovrano della Magistra-tura, il governo ha com-piuto un gesto rivoluzio-nario, assumendo, conatto unilaterale ed arbi-trario, poteri che non glispettano emi ha posto nel-l’alternativa di provocarespargimento di sangue odi subire la violenza.

Italiani!Mentre il Paese, da pocouscito da una tragica guer-ra, vede le sue frontiereminacciate e la sua stessaunità in pericolo, io credomio dovere fare quantosta ancora in me perchéaltro dolore e altre lagri-me siano risparmiati alpopolo che ha già tantosofferto. Confido che laMagistratura, le cui tradi-zioni di indipendenza e dilibertà sono una delle glo-rie d’Italia, potrà dire lasua libera parola; ma, nonvolendo opporre la forzaal sopruso, né rendermicomplice dell’illegalità cheil Governo ha commesso,lascio il suolo delmio Pae-se, nella speranza di scon-giurare agli Italiani nuovilutti e nuovi dolori. Com-

piendo questo sacrificionel supremo interesse del-la Patria, sento il dovere,come Italiano e comeRe,di elevare la mia protestacontro la violenza che si ècompiuta: protesta nelnome della Corona e ditutto il popolo, entro efuori i confini, che avevail diritto di vedere il suodestino deciso nel rispet-to della legge e in modoche venisse dissipato ognidubbio e ogni sospetto.A tutti coloro che ancoraconservano fedeltà allaMonarchia, a tutti coloroil cui animo si ribella all’in-giustizia, io ricordo il mioesempio, e rivolgo l’esor-tazione a voler evitarel’acuirsi di dissensi cheminaccerebbero l’unitàdel Paese, frutto della fedee del sacrificio dei nostripadri, e potrebbero ren-dere più gravi le condi-zioni del trattato di pace.Con l’animo colmo didolore, ma con la serenacoscienza di aver compiu-to ogni sforzo per adem-piere ai miei doveri iolascio la mia terra. Si con-siderino sciolti dal giura-mento di fedeltà al Re,non da quello verso laPatria, coloro che lo han-

no prestato e che vi han-no tenuto fede attraversotante durissime prove.Rivolgo il mio pensiero aquanti sono caduti nel no-me d’Italia e il mio salutoa tutti gli Italiani. Qualun-que sorte attenda il nostroPaese, esso potrà semprecontare su di me come sulpiù devoto dei suoi figli.Viva l’Italia!

UMBERTORoma, 13 giugno 1946.

MESSAGGIO DI S.M. RE UMBERTO IIAGLI ITALIANI ALL’ATTODELLA PARTENZA PER L’ESILIO

Direttore responsabileROBERTO VITTUCCI RIGHINI

Direzione:

Cell. 333/916.95.85E-mail: [email protected]

Recapito lettere, esclusivamente:Alleanza MonarchicaCasella Postale n. 110121 Torino Centro

Recapito plichi o pacchi:Alleanza MonarchicaCasella Postale n. 68110121 Torino Centro

Autor. Tribunale di Torino n. 2292del 6-12-1972

ITALIA REALE(già Alleanza Monarchica)

Precedente autorizzazione(Stella e Corona) del 17-5-1967

Editore e StampatoreEDIGRAPH s.n.c. di Basso & Tasini

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La direzione del Mensile è presso l’Editore.

13 Giugno 1946, Aeroporto di Ciampino. Sua Maestàil Re saluta l’Italia nella quale ad oggi una casta politicacomprendente intrallazzatori, bacchettoni, incapaci ecorrotti ne ha impedito il ritorno anche da defunto.

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A Mentone (Francia), il 16 Ottobre 1976 con la Redazione di questo Mensile che aveva la testata “AlleanzaMonarchica”.