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Cantare a scuola “DELLA STORIA CANTIAMO LA MEMORIA” 36 ITALIA: I CANTI E LE CANZONI DELLA STORIA percorso musicale - anniversario 14/18 PARTE SECONDA DI IMA GANORA Introduzione Il progetto DELLA STORIA CANTIAMO LA MEMORIA ha lo scopo di guardare a patria, appartenenza, cultura ed integrazione con gli occhi della musica, che nella forma del canto è patrimonio di tutti e può unire tutti, senza distinzioni. Dopo aver riflettoto nelle scorse edizioni sulla bellezza e importanza della Costituzione e sul tema dell’integrazione, diventa naturale capire cosa vuole dire fare parte della “casa della democrazia italiana” e sopratutto come essa è stata costruita. L’anniversario della Prima Guerra Mondiale 14-18, è un evento di straordinaria importanza per andare a riscoprire le radici del nostro essere italiani. I bambini e i ragazzi avranno così l’occasione di scoprire luoghi, date, personaggi, emozioni che all’apparenza sembrano ormai lontani e persi nella memoria, ma che servono a comprendere dinamiche, scelte e possibilità di tutti giorni, sia nella sfera personale, che in quella locale, nazionale e internazionale. Riconoscersi nazione avviene molte volte anche grazie all’utilizzo di simboli condivisi, capire dove nascono e che cosa li alimenta. Un percorso che si sviluppera lungo i prossimi tre anni attraverso i temi: - La bandiera tricolore e i suoi inni - L’amore ai tempi della guerra anno scolastico 2015-16 - I confini tangibili ed intangibili Alcune considerazioni generali. Un coro in cui cantino voci diverse con la ricchezza delle differenze e la speranza di un futuro di unità e fratellanza. In questo senso l’arte, che vive di metafore e fantasia consente di lavorare su contenuti profondi nella dimensione del gioco e della partecipazione. E’ utile tuttavia, oltre al contenuto artistico e creativo del progetto, lavorare sugli aspetti socio-culturali che portano, ad oggi, a riscoprire il valore e il significato di essere cittadino italiano, anche rispetto alle attuali tematiche di immagrazione e accoglienza di popoli stranieri. Infatti la condivisione del lavoro, della vita quotidiana, dell’educazione scolastica dei figli porta popoli appartenenti originariamente a culture diverse dalla nostra ad essere non più stranieri di passaggio, ma membri della comunità nella quale intervengono ingenerando cambiamenti e formazione di nuovi equilibri. Il ruolo di chi si occupa dell’educazione scolastica diventa quindi determinante per il futuro di ragazzi. Gli interventi si dovrebbero sviluppare seguendo due linee importanti: l’osservazione e l’applicazione di tecniche creative. Il lavoro espressivo non si basa soltanto sull’ispirazione momentanea, ma può essere stimolato e potenziato usando delle tecniche: metafore, analogie, distorsioni, utilizzate in forma di gioco o provocazione strumenti utili per cogliere sfumature, cambiare punto di vista, trovare nuovi spunti di interpretazione. Ovviamente il divertimento non deve essere fine a se stesso, ma associato all’aspetto educativo, è quindi utile decodificare alcuni aspetti del percorso, comprendo le scelte nel profondo. La pratica corale è il terreno ideale per provare a raggiungere insieme un obiettivo espressivo e creativo: si prova e si rischia con la consapevolezza che il “gioco” è condiviso e che all’interno del gruppo la diversità è un patrimonio dal quale attingere in senso culturale e creativo. La storia raccontata dai brani muscali proposti è ricca di contenuti che possano far riflettere su come passare da un piccolo gruppo di lavoro al concetto di patria come casa di appartenenza e rispetto, formata da individui diversi e uguali.

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Cantare a scuola “della storIa cantIamo la memorIa”

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ITALIA: I CANTI E LE CANzONI DELLA STORIA percorso musicale - anniversario 14/18

PARTE SECONDA

di ima Ganora

IntroduzioneIl progetto DELLA STORIA CANTIAMO LA MEMORIA ha lo scopo di guardare a patria, appartenenza, cultura ed integrazione con gli occhi della musica, che nella forma del canto è patrimonio di tutti e può unire tutti, senza distinzioni.

Dopo aver riflettoto nelle scorse edizioni sulla bellezza e importanza della Costituzione e sul tema dell’integrazione, diventa naturale capire cosa vuole dire fare parte della “casa della democrazia italiana” e sopratutto come essa è stata costruita.

L’anniversario della Prima Guerra Mondiale 14-18, è un evento di straordinaria importanza per andare a riscoprire le radici del nostro essere italiani. I bambini e i ragazzi avranno così l’occasione di scoprire luoghi, date, personaggi, emozioni che all’apparenza sembrano ormai lontani e persi nella memoria, ma che servono a comprendere dinamiche, scelte e possibilità di tutti giorni, sia nella sfera personale, che in quella locale, nazionale e internazionale. Riconoscersi nazione avviene molte volte anche grazie all’utilizzo di simboli condivisi, capire dove nascono e che cosa li alimenta.

Un percorso che si sviluppera lungo i prossimi tre anni attraverso i temi:

- La bandiera tricolore e i suoi inni

- L’amore ai tempi della guerra anno scolastico 2015-16

- I confini tangibili ed intangibili

Alcune considerazioni generali.

Un coro in cui cantino voci diverse con la ricchezza delle differenze e la speranza di un futuro di unità e fratellanza. In questo senso l’arte, che vive di metafore e fantasia consente di lavorare su contenuti profondi nella dimensione del gioco e della partecipazione. E’ utile tuttavia, oltre al contenuto artistico e creativo del progetto, lavorare sugli aspetti socio-culturali che portano, ad oggi, a riscoprire il valore e il significato di essere cittadino italiano, anche rispetto alle attuali tematiche di immagrazione e accoglienza di popoli stranieri. Infatti la condivisione del lavoro, della vita quotidiana, dell’educazione scolastica dei figli porta popoli appartenenti originariamente a culture diverse dalla nostra ad essere non più stranieri di passaggio, ma membri della comunità nella quale intervengono ingenerando cambiamenti e formazione di nuovi equilibri.

Il ruolo di chi si occupa dell’educazione scolastica diventa quindi determinante per il futuro di ragazzi. Gli interventi si dovrebbero sviluppare seguendo due linee importanti: l’osservazione e l’applicazione di tecniche creative.

Il lavoro espressivo non si basa soltanto sull’ispirazione momentanea, ma può essere stimolato e potenziato usando delle tecniche: metafore, analogie, distorsioni, utilizzate in forma di gioco o provocazione strumenti utili per cogliere sfumature, cambiare punto di vista, trovare nuovi spunti di interpretazione. Ovviamente il divertimento non deve essere fine a se stesso, ma associato all’aspetto educativo, è quindi utile decodificare alcuni aspetti del percorso, comprendo le scelte nel profondo.

La pratica corale è il terreno ideale per provare a raggiungere insieme un obiettivo espressivo e creativo: si prova e si rischia con la consapevolezza che il “gioco” è condiviso e che all’interno del gruppo la diversità è un patrimonio dal quale attingere in senso culturale e creativo. La storia raccontata dai brani muscali proposti è ricca di contenuti che possano far riflettere su come passare da un piccolo gruppo di lavoro al concetto di patria come casa di appartenenza e rispetto, formata da individui diversi e uguali.

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L’amore al tempo della guerraanno scolastico 2015-16

Le mitologie greca e latina raccontano che Ares (Marte), dio delle armi, si unì ad Afrodite (Venere), dea dell’amore e moglie di Efesto (Vulcano), generando due figli: Fobos e Deimos, paura e terrore. Una simbologia antica quanto chiara: la guerra ferisce, assieme, l’amore, il lavoro, e l’intera stabilità delle relazioni umane, sovvertendo le regole su cui si è edificato il consorzio civile.

Non stupisce che, oggi, quasi tutti gli storici concordino nel considerare il periodo 1915-1945, come la «nuova guerra dei trent’anni», vedendo negli esiti del primo conflitto mondiale i germi del secondo.

L’amore è la prima vittima della guerra. La guerra è un continuo susseguirsi di addii all’amore - in realtà degli arrivederci, inconsapevoli della tragedia incombente - e i canti popolari ci riportano l’immagine di questo sentimento e delle diverse forme che assume tra dolore e fatica.

Predomina l’amore per la mamma (non a caso la propaganda bellica batte su questo tasto) cui vanno il primo pensiero e l’ultima invocazione. Non c’è bisogno di postulare forme di regressione psicologica: davanti agli orrori del fronte i morituri si aggrappano alla speranza di salvarsi chiamando quella che avevano visto aprendo gli occhi, e che li aveva sempre protetti e aiutati.Ma l’esperienza del fonte è popolata anche da altri rapporti, benchè sottomessi al dovere di servire la madrepatria: quelli con la moglie o la morosa, con i figli. C’è l’amore fraterno, ci sono i forti vincoli amicali, il cameratismo. Gli amori mercenari e le violenze.

CANTI DELLA GRANDE GUERRA

La Grande guerra fu un evento storico di enorme portata; i canti a essa legati formano due tipi di repertorio: quello retorico-interventista, che esalta il valore dei soldati e le giuste ragioni della guerra contro l’oppressore austriaco, e quello delle canzoni di trincea, dove è descritta con grande semplicità la dura vita del soldato.

In alcune canzoni emerge una condanna esplicita della guerra, come in monte nero, Fuoco e mitragliatrici e Addio padre madre Addio; in altre, da una descrizione molto lineare e pacata dei fatti affiora con chiarezza un giudizio severo sull’inutilità di questo sacrificio di tante giovani vite: è il caso di La tradotta e il monte Canino.

Vi è poi un ultimo gruppo di canzoni nelle quali, pur nella tragicità del contesto, vengono presentati valori nobili e commoventi: i dolci sentimenti per l’amata lontana in Era una notte che pioveva, il sacrificio per gli amici e per la patria in Il capitan della montagna o Il testamento del Capitano racconta la storia di un capitano che, non avendo altri beni che il suo corpo, prima di morire, lascia il suo testamento spirituale oltre che retorico. Si intuisce anche la critica che i soldati fanno sull’equipaggiamento distribuito: mancano le scarpe e quelle distribuite sono poco resistenti.

E’ importante sottolineare che per una canzone che resterà poi nel tempo individuata come «canzone d’autore» come ad esempio O surdato innamorato, sono decine e decine quelle nate senza alcuna paternità, composte da un inconscio poeta o generate dalla patetica buona volontà di un gruppetto di alpini seduti vicini a prender fiato in una qualche baracchetta, pronti ad aiutarsi reciprocamente anche in questa disperante lotta “grammatica contro sentimento”, consultandosi con gli occhi e cercando le parole, mentre si attende di montare il nuovo turno di guardia. Alcuni canti nascono dalla ripresa di canzoni risprgimentali a cui vengono fatte delle variazioni di testo, come Addio mia bella addio.

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CANTI DI TRINCEA

La prima Guerra Mondiale è la prima dell’età moderna e anche questa non fu una guerra dettata dall’odio di un popolo verso l’altro: i soldati combatterono perchè costretti. Fu una guerra logorante, trascorsa in gran parte con le truppe a fronteggiarsi immobili nelle opposte trincee. Il primo contenuto dei canti di trincea è l’amore.

Nei canti di trincea possiamo trovare almeno tre funzioni:1. EVASIONE-DISTRAzIONE: la musica è serena per “far dimenticare” il posto dove sta il soldato.2. SOLIDARIETA’: per non sentirsi soli, per sentire il conforto fraterno di chi vive le tue stesse sofferenze.3. RIAFFERMAzIONE DELLA PROPRIA IDENTITA’: in una situazione di violenza pura com’è la trincea, in cui il soldato è ridotto a macchina per uccidere, c’è un solo modo per sentirsi di nuovo se stessi: riandare col pensiero alla propria storia privata e ricordarsi della vita e della realtà civile provvisoriamente abbandonata. Infatti la musica delle canzoni che si cantano in trincea è la stessa musica delle canzoni di tutti i giorni di pace, è quella del paese: il soldato la richiama qui per rendere meno insopportabile una realtà così disperante come la trincea e la musica lo “riporta a casa”.

Come tutti i canti di trincea, quelli della prima Guerra Mondiale sono canzoni nate anonime, diffuse tra i soldati per naturale contagio. Erano cantate durante le marce, nei turni di riposo e talvolta in prima linea. Sono canzoni un po’ lagnose perché vissute in un habitat da talpe, tra fango e pidocchi, e perché riflettano la lontananza degli affetti.Sotto l’aspetto etnografico e della storia sono una documentazione di alto interesse. da cui si può comprendere gli atteggiamenti psicologici dei soldati che di quella guerra fecero parte.Molte di queste canzoni costituiscono un patrimonio ancora vivo con il loro contenuto patriottico e qualche volta satirico.

CANZONI MONTANARE, CANTI NARRATIVI, D’AMORE

Sono quei brani che si caratterizzano per un diretto riferimento alla montagna, alle sue bellezze, ai suoi fiori, ai personaggi che abitano le sue pendici: La montanara, Quel mazzolin di fiori. Quest’ultimo è uno dei brani più famosi. Diffusissimo nel Nord Italia, in ogni regione presenta, però, varianti non trascurabili.

Fra i canti narrativi troviamo invece La Santa Caterina, La leggenda della Grigna, che si evidenziano per l’ingenuo carattere novellistico; La Valsugana, dove te vet, o morettina, dai semplici tratti di cronaca quotidiana; La domenica andando alla messa, dove la passione amorosa si scontra amaramente con la severità della condanna a cui la bella è destinata.

Fra i canti d’amore invece segnaliamo Il tuo fazzolettino, o angiolina, bell’angiolina, tutti e due caratterizzati da un delicato sentimento di affetto per la persona amata. Nel canto Sul ponte di Bassano l’autore immagina di scambiare con una ragazza una stretta di mano ed un bacon d’amore. L’amore tra il soldato e la ragazza, dopo la casta descrizione della prima strofa, ha uno sviluppo aperto a diverse soluzioni.

CANTI DEGLI ALPINI

Gli alpini sono il corpo dell’esercito italiano che tradizionalmente vive e combatte sulle montagne; proprio per questo il repertorio delle loro canzoni è il più caratteristico di questa sezione. Il senso di appartenenza è sempre stato molto forte in questo corpo: lo testimonia il successo che riscuotono i raduni nazionali e regionali delle “penne nere”, a cui aderiscono vecchie e giovani leve. Nei canti degli alpini ritroviamo entusiasmo e senso di solidarietà, gioia di stare insieme e orgoglio di appartenenza come Guarda la luna; non mancano tuttavia momenti di malinconia. A questo gruppo appartengono le canzoni aprite le porte e Va l’Alpin. La penna nera o Sul Cappello che noi portiamo è la tipica canzone degli alpini. La penna è il simbolo dell’aquila che domina gli abissi.

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ADDIO PADRE E MADRE ADDIO

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ERA UNA NOTTE ChE PIOVEVA

Era una notte che piovevae che tirava un forte vento;

immaginatevi che grande tormentoper un alpino che sta a vegliar.

A mezzanotte arriva il cambioaccompagnato dal capoposto

“oh sentinella torna al tuo postosotto la tenda a ri-, a riposar”.

Quando fui stato nella mia tendasentii un rumore giù per la vallesentivo l’acqua giù per le spallesentivo i sassi a ro-, a rotolar.

Mentre dormivo sotto la tendasognavo d’esser con la mia bella

e invece ero di sentinellaa far lòa guardia allo’ allo stranier.

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IL CAPITAN DELLA COMPAGNIA obbligatorio

Il capitan della compagniaegli è ferito e sta per morire manda a dire ai suoi alpiniche lo rivengano a ritrovar.

I suoi alpini mandano a direche non han scarpe per camminar“O con le scarpe o senza scarpe

i miei alpini li voglio qua”.

Cosa comanda sior Capitanoi suoi alpini eccoli qua!

“Io comando che il mio corpoin cinque pezzi sia taglià”.

Il primo pezzo alla mia patriache si ricordi del suo alpin.

Il secondo pezzo al battaglioneche si ricordi del suo capitan.

Il terzo pezzo alla mia mammache si ricordi del suo figliol.

Il quarto pezzo alla mia bellache si ricordi del suo primo amor.

L’ultimo pezzo alle montagneche lo fioriscano di rose e fior.L’ultimo pezzo alle montagne

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‘O SURDATO NNAMMURATOTesto di Aniello CalifanoMusica di Enrico Cannio

Una delle più belle (e universali) canzoni napoletane di tutti i tempi, che abbiamo deciso di inserire nella raccolta sotto il nome della grande Anna Magnani, che ne fu interprete memorabile nel film per la televisione "La sciantosa", di Alfredo Giannetti (1970), in cui recitava accanto a Massimo Ranieri. Un omaggio alla grande Nannarella che spero ci sarà perdonato dal punto di vista dell'esattezza storica e dei reali autori della canzone, cui nulla viene tolto.

La canzone 'O surdato nnammurato è del 1915. Autori del testo e della musica sono, rispettivamente, Aniello Califano e Enrico Cannio, che la pubblicarono per le edizioni musicali Emilio Gennarelli.

La canzone, come è notissimo, parla di un soldato, lontano dalla sua amata perché è al fronte a combattere durante la prima guerra mondiale. Interpretata da molti grandi artisti, napoletani e non-napoletani.

Staje luntana da stu core,a te volo cu 'o penziero:

niente voglio e niente speroca tenerte sempe a fianco a me!

Si' sicura 'e chist'ammorecomm'i' so' sicuro 'e te...

Oje vita, oje vita mia...oje core 'e chistu core...

si' stata 'o primmo ammore...e 'o primmo e ll'ùrdemo sarraje pe' me!

Quanta notte nun te veco,nun te sento 'int'a sti bbracce,

nun te vaso chesta faccia,nun t'astregno forte 'mbraccio a me?!

Ma, scetánnome 'a sti suonne,mme faje chiagnere pe' te...

Oje vita, oje vita mia...oje core 'e chistu core...

si' stata 'o primmo ammore...e 'o primmo e ll'ùrdemo sarraje pe' me!

Scrive sempe e sta' cuntenta:io nun penzo che a te sola...Nu penziero mme cunzola,

ca tu pienze sulamente a me...'A cchiù bella 'e tutt''e bbelle,nun è maje cchiù bella 'e te!

Oje vita, oje vita mia...oje core 'e chistu core...

si' stata 'o primmo ammore...e 'o primmo e ll'ùrdemo sarraje pe' me!

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ADDIO MIA BELLA ADDIO

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LA MONTANARA

Lassù sulle montagnefra boschi e valli d’or

tra l’aspre rupi eccheggiaun cantico d’amor.

La montagna ohèsi sente cantare

cantiam la montanaraa chi non la sa.

QUEL MAZZOLIN DI FIORI

Quel mazzolin di fiori,che vien dalla montagna;

quel mazzolin di fiori,che vien dalla montagna;

e bada ben che non si bagna,che lo voglio regalar;

e bada ben che non si bagna,che lo voglio regalar.

Lo voglio regalareperchè l’è un bel mazzetto;lo voglio dare al mio morettoquesta sera quando ‘l vien.

Stasera quando ‘l viene,sarà una brutta sera;

e perchè lu sabato seralu non è vegnu da me.

Non è vegnu da me,l’è andà dalla Rosina;

e perchè mi son poverinami fa pianger, sospirar.

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LA VALSUGANAQuando saremo fora, fora

della Valsugana,quando saremo fora, fora d

ella Valsugana,noi andrem trovar la mamma,

per veder come la sta,per veder come la sta.

La mamma la sta bene, il papàl’è ammalato;

la mamma la sta bene, il papà l’è ammalato;

il mio ben partir soldato,chi sa quando tornerà,chi sa quando tornerà.

Tuti me dis che lu ‘l se già truvà ‘n’altra morosa;

tuti me dis che lu ‘l se già truvà ‘n’altra morosa;è una storia dolorosa,

che mi credere non so,che mi credere non so.

IL TUO FAZZOLETTINODammi, o bello, il tuo fazzolettino,dami, o bello, il tuo fazzolettino,vado alla fonte, lo voglio lavar.

Te lo lavo con l’acqua e sapone,te lo lavo con l’acqua e sapone,

ogni macchietta un bacino d’amor.

Telo stendo su un ramo di rose,te lo stendo su un ramo di rose,vento d’amore lo deve asciugar.Te lo stiro col ferro a vapore,te lo stiro col ferro a vapore,

ogni pieghina un bacino d’amor.

Telo porto di sabato sera,te lo porto di sabato sera,

di nascosto di mamma e papà.

C’è chi dice: “L’amoe non è bello”,c’è chi dice: “L’amor non è bello”,

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SUL PONTE DI BASSANO Sul Ponte di Bassanolà ci darem la mano, noi ci darem la manoed un bacin d’amor.

Per un bacin d’amore successer tanti guai, non lo credevo mai doverti abbandonar.

Doverti abbandonare volerti tanto bene, è

un giro di catene che m’incatena il cuor.

Che m’incatena il cuore, che m’incatena i fianchi,

in mona tutti quanti

GUARDA LA LUNAGuarda la luna, come la camina: e la scavalca i monti, come noialtri alpin:

Ohi, si si cara mamma no! senza alpini come farò!

Guarda le stelle, come sono belle: somiglian le sorelle di noialtri alpin: Ohi, si si cara mamma no! senza alpini come farò!

Guarda il sole, come splende in cielo: la lunga penna nera si riscalderà:

Ohi, si si cara mamma no! senza alpini come farò!

Guarda la neve, come scende lieve: la lunga penna nera la si imbiancherà: Ohi, si si cara mamma no! senza alpini come farò!

VA L’ALPIN

Va l’alpin su l’alte cimepassa e vola lo sciator

dorme sempre sulle cimesogna mamma e casolar.

Tra le rocce e tra i burronisempre lesto è il suo camminquando va per la montagnapensa sempre al suo destin.

Pensa sempre al suo destinoc’è il ghiacciaio da passar:

mentre va col cuor tranquillola valanga può cascar.

Pensa alpin la tua casettache la rivedrai ancor

la tua bella che ti aspettaorgogliosa del tuo amor.

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SUL CAPPELLO