italia da fumetto

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Quanto è rappresentata la realtà sociale, politica, culturale italiana nei fumetti del Bel Paese? Da un giornalista di Repubblica, un saggio sui graphic novel e i fumetti seriali che raccontano, sotto forma di cronaca o di romanzo illustrato, un pezzo di storia contemporanea. Un’analisi che ripercorre generi e tipi di fumetto molto diversi tra loro. Dai fumetti sulle pagine di Internazionale fino ai Quaderni Ucraini di Igort passando per i grandi autori come Pazienza e Gipi e le serie più vendute come Topolino, Tex, Dylan Dog e Volto Nascosto.

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Francesco Fasiolo

Italia da fumettoIl graphic journalism e la narrativa disegnatache raccontano la realtà italiana di ieri e di oggi

Lapilli. Segni 28

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Indice

Prefazione di Renato Pallavicini

IntroduzioneIl fumetto e l’Italia: nuovi modi di rappresentazionedella Storia e della cronacaAlcune rapide definizioni di orientamentoRaccontare l’Italia attraverso il giornalismo a fumettiRaccontare l’Italia attraverso i romanzi a fumettiRaccontare l’Italia attraverso il fumetto serialeCapire il fumetto, capire l’Italia

Ringraziamenti

I. Note sul giornalismo a fumettiI.1 Un’opera per cominciare: Palestina

I.1.1 Reporter a fumettiI.2 Prima del giornalismo a fumetti: il graphic novel

o romanzo a fumettiI.3 Il modo di raccontare:

dal new journalism al romanzo reportage contemporaneoI.3.1 Gli antenati del giornalismo a fumettiI.3.2 La rivoluzione del new journalism

I.4 Il giornalismo a fumetti internazionale: alcune tendenzeI.4.1 Inseguire la realtà: il metodo di Étienne DavodeauI.4.2 Giornalismo e diario di viaggio: l’opera di Guy DelisleI.4.3 Il dossier: The 9/11 ReportI.4.4 Intrecci/1: fotogiornalismo a fumetti

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I.4.5 Intrecci/2: il patchwork di Ted RallI.4.6 Biografie e autobiografie: quando sono

giornalismo a fumetti (e quando no)I.4.6.1 Diari da una città bombardata:

l’esperienza di Aleksandar Zograf

I.4.6.2 Quando l’autobiografia diventa giornalismo:

Valzer con Bashir

I.4.6.3 Due «pilastri» del romanzo a fumetti:

Maus e Persepolis

I.4.7 Satira e politica nei fumetti

I.5 Il futuro: un ruolo all’interno della dieta multimedialeI.6 Per una definizione di «graphic journalism /

giornalismo a fumetti»

II. Il giornalismo a fumetti italianoII.1 Politica e realtà nel fumetto d’autore italiano

II.1.1 Le radici del giornalismo a fumetti italiano:autorialità e attenzione per la realtà

II.2 Raccontare l’Italia: giornalismo con carta e matitaII.3 Il dossier: Genova G8

II.3.1 Teatro civile e giornalismo a fumetti internazionaleII.4 L’intervista a fumetti

II.4.1 È primaveraII.4.2 Le interviste a fumetti di Topolino

II.5 L’inchiesta: Don Peppe DianaII.5.1 Le facce della camorraII.5.2 L’antimafia per tutti

II.6 Inchiesta e narrativa: «forzare i limiti dei generi».Zona del silenzioII.6.1 Il linguaggioII.6.2 Testo e autonomia del fumetto

II.7 Le pagine di giornalismo a fumetti su InternazionaleII.7.1 Le cartoline

II.8 Da Ustica a Ilaria Alpi: tutta l’Italia a fumettiII.8.1 Igort e i Quaderni ucraini

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II.9 Giornalismo o saggio storico?Il fumetto non di fantasia a sfondo storicoII.9.1 Storie di guerra

II.10 Conclusioni:le caratteristiche del giornalismo a fumetti italianoII.10.1 Fumetto, teatro civile, docufilmII.10.2 Il giornalismo a fumetti italiano

III. L’italia raccontata dai romanzi a fumettiIII.1 Fumetto «d’autore» e fumetto «seriale»:

una difficile distinzioneIII.2 Raccontare l’Italia attraverso il fumettoIII.3 Visioni d’autore

III.3.1 Da Pazienza a oggiIII.3.2 I ragazzi di Gipi

III.3.2.1 Gipi in blu: Esterno notte

III.3.2.2 Passato e presente

III.3.2.3 La provincia in guerra

III.3.3 Romanzi d’Italia

III.4 Storie a fumetti a sfondo storicoIII.4.1 Il periodo più raccontato:

fascismo e Seconda guerra mondialeIII.4.1.1 Omosessuali e confino

III.4.2 Tra l’Ottocento e oggi

III.5 BiografieIII.5.1 Biografie classiche del fumetto italianoIII.5.2 Biografie italiane a fumetti oggi

III.6 Romanzi a fumetti «di genere»III.6.1 La Napoli noir di Igort

III.6.1.1 La costruzione del contesto:

una città malinconica e reale

III.6.1.2 La storia, tra azione e introspezione

III.6.1.3 I riferimenti: più Eduardo che Tarantino

III.6.2 L’Italia degli autori noir, dalla letteratura al fumettoIII.6.3 Fantaitalia

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IV. L’Italia raccontata nel fumetto seriale / 1Dal Corriere dei Piccoli alla finedella Seconda guerra mondialeIV.1 L’apprendimento attraverso la distrazioneIV.2 La peculiarità italianaIV.3 Italia e italiani nei fumetti del nostro paese

fino al dopoguerraIV.3.1 Il retaggio degli «eroi fascisti»IV.3.2 Vignette di regime

V. Interludio. La nazione incompiuta e l’influenzadell’industria culturale statunitenseV.1 Il dopoguerra riparte dal westernV.2 «Italiani» nel mondo: Tex, Diabolik, Dylan Dog

V.2.1 Tex, l’americanoV.2.1.1 La Guerra Civile americana

V.2.1.2 Echi dall’Europa

V.2.2 Diabolik da ClervilleV.2.2.1 L’ambientazione: Clerville

V.2.2.2 L’Italia in Diabolik: solo un riflesso

V.2.3 Dylan Dog: 7, Craven RoadV.2.3.1 Il luogo: Londra

V.2.3.2 Dylan e Groucho

V.2.3.3 La cultura anglosassone

VI. L’Italia raccontata nel fumetto seriale / 2Disney, Bonelli, i personaggi delle rivistee i nuovi eroi italianiVI.1 Quando l’Italia si è affacciata nelle storie

del fumetto seriale italianoVI.1.1 I mondi degli eroi BonelliVI.1.2 La «via italiana» alla Disney

VI.2 Tra fumetto d’autore e fumetto serialeGli anni Settanta e Ottanta nei personaggi delle rivisteVI.2.1 Il commissario Spada e Sam Pezzo:

polizieschi italiani

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VI.2.2 Donne italiane:Valentina, Valentina Melaverde, Lea Martelli

VI.3 Tra l’Italia e i mondi passati, futuri e paralleliVI.3.1 I«Mysteri italiani»VI.3.2 ESP: da Roma verso l’inconscioVI.3.3 Tarvos, il «furlan»

VI.4 L’Italia oggi: le nuove serie, tra il poliziesco e l’horrorVI.4.1 Cornelio, uno scrittore a fumettiVI.4.2 Valter Buio, psicanalista degli spettriVI.4.3 Unità speciale, il mondo dei carabinieri

VII. L’Italia raccontata nel fumetto seriale / 3La rivoluzione di Volto NascostoVII.1 I personaggi

VII.1.1 Un personaggio secondario,espressione dell’epoca

VII.2 La cornice: suggestioni graficheVII.3 La Storia attraverso la «distrazione»

VII.3.1 I primi numeri:definire il contesto, tra Roma e l’Etiopia

VII.3.2 Nel cuore della guerraVII.3.3 La «grande Storia» e le singole storieVII.3.4 Nel cuore della politicaVII.3.5 Verso l’epilogo

VII.4 «Perché non è facile parlare di Italia»Intervista a Gianfranco Manfredi

Conclusioni

Riferimenti bibliografici

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Prefazionedi Renato Pallavicini1

Graphic è una parolina magica. È bastato pronunciarla – e scriverla –perché il fumetto entrasse in libreria. È bastato accostarla a un’altra pa-rolina, novel, perché gli editori scoprissero che il fumetto poteva entra-re nei loro cataloghi.2 Manca soltanto – ma vedrete, succederà presto –che un graphic novel concorra e, magari, vinca uno Strega, un Viareg-gio, un Campiello.Attenzione, però: un graphic novel, non un fumetto, perché se graphic

è una parolina magica, fumetto è una parola, ancora oggi, dannata. Siporta dietro il pregiudizio del «guardare le figure»,3 attività colpevole disottrarre tempo alla lettura. Tutti d’accordo (eccezioni a parte) su questo,almeno fino a qualche anno fa: insegnanti, genitori, adulti in genere. Ilfumetto, insomma, è «roba da bambini» anche se, paradossalmente, sivorrebbe negare ai bambini. Che, fortunatamente, infischiandosene di di-vieti, scomuniche e punizioni, i fumetti li hanno sempre letti e li leggono.

1Renato Pallavicini (Savona 1948) vive e lavora a Roma, dove si è laureato in Architettura e ha in-trapreso la professione giornalistica. Da oltre trent’anni lavora per il quotidiano l’Unità, in cui ha ri-coperto vari incarichi, scrivendo prevalentemente di temi culturali. Da sempre appassionato lettore ecollezionista di fumetti, ogni settimana cura su questo quotidiano la rubrica «Il calzino di Bart», dedi-cata al fumetto, all’illustrazione e al cinema d’animazione. Suoi saggi e scritti sono stati pubblicati inlibri e riviste. Ha fatto parte di giurie di premi assegnati da importanti manifestazioni e festival comeLucca Comics, Romics, I Castelli Animati. Per la sua attività giornalistica e di critica del fumetto haricevuto due riconoscimenti di ExpoCartoon e dell’ANAFI.

2 Mi riferisco ovviamente all’ingresso nelle librerie di varia di pubblicazioni a fumetti e agli editorigeneralisti. Resta il fatto che anche gli imperanti graphic novel siano confinati negli scaffali dedicatiesclusivamente al fumetto. E che nessun titolo, anche il più prestigioso, abbia l’onore di comparire ac-canto alle novità di narrativa.

3 Guardare le figure è il titolo di un celebre saggio di Antonio Faeti, edito da Einaudi (1972) e orariedito da Donzelli. Il libro è un approfondito studio della cultura italiana attraverso l’illustrazioneper l’infanzia.

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Molti di loro, poi, hanno continuato a leggerli anche da adulti e tanti sisono messi addirittura a farli: da autori e da editori. Sergio Bonelli, l’edi-tore di Tex, Zagor, Mister No, Martin Mystère, Dylan Dog, rivendicava,con un pizzico di finta modestia e con parecchio orgoglio, il mestiere di«fumettaro». Anche Hugo Pratt, il creatore di Corto Maltese, era orgo-glioso di fare fumetti ma un bel giorno, stufo di sentirsi ripetere i solitiluoghi comuni sul fumetto, considerato una forma «minore» e «bassa»,sbottò: «Bene, signori miei, io allora faccio della letteratura disegnata!».Fu, in Italia, il primo tentativo di emancipare la «cosa» attraverso la

sua «parola», di nobilitare una forma espressiva attraverso la sua defini-zione. Un’operazione, si sarebbe detto e abusato più tardi, «politica-mente corretta», un trucco, una piccola magia, che trasforma le cosecambiandone il nome, rendendolo meno aderente alla dura realtà dellecose, a quello che le cose (o le persone o le situazioni) sono, subliman-dolo in un giro di parole sempre più «leggere», quasi gassose e che unpo’ confondono ma mettono la coscienza a posto. Insomma, facendo ledebite proporzioni: come si è passati da infelice a invalido, da handicap-pato a diversamente abile, così si è passati da fumetto a letteratura dise-gnata, a graphic novel (con l’aggravante della nostra provinciale e unpo’ succube esterofilia, soprattutto per le parole inglesi).Ovviamente la questione non è soltanto nominalistica ma riguarda

anche le nuove declinazioni narrative che il fumetto ha generato in que-sti ultimi anni, i formati editoriali e le etichette del marketing inventateper veicolarne la diffusione: tutte questioni sottoposte a un’attenta disa-mina nel libro di Francesco Fasiolo e alla quale rimando i lettori.Graphic novel, al di là dell’etichetta alla moda, comunque un merito

ce l’ha. È una definizione che mette insieme i due costituenti fondamen-tali del fumetto: graphic, ovvero la parte grafica, il segno, il disegno; enovel, ovvero il romanzo, il racconto, la parola. Perché il fumetto, nor-malmente, è questo: disegni e parole (benché esistano anche non pochifumetti senza parole: Arzach di Moebius, tanto per fare un esempio ce-lebre). Ma il fumetto è, soprattutto, una delle possibili forme di scritturae di narrazione. Se si parte da qui, è allora evidente e legittimo che il fu-metto possa raccontare di tutto e che per farlo scelga i generi letterari e/ole forme e le strategie comunicative più adeguati: il romanzo, il raccon-

XII PREFAZIONE

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to, oppure l’indagine e l’inchiesta giornalistiche, passando dall’inven-zione, dalla fiction, al racconto della realtà. E così graphic novel diventagraphic journalism, reportage graphique (in francese) o, finalmenteparlando in italiano, romanzo a fumetti e giornalismo a fumetti.4

Del resto il fumetto, la realtà, in qualche modo e con molte sfumature,l’ha sempre raccontata. A cominciare da Yellow Kid di Richard FeltonOutcault, convenzionalmente considerato il primo fumetto moderno,5 chedescriveva in tavole di grande formato la vita di Hogan’s Alley, un degra-dato vicolo newyorkese della città dei poveri e degli immigrati. A un pub-blico popolare, poco acculturato se non analfabeta, si rivolgeva questo fu-metto, usando gerghi e dialetti e affidandosi alla larga diffusione dei quo-tidiani. Il fumetto allo stato nascente, dunque, già mostrava il suointeresse per il racconto della realtà, magari sotto forma di satira, magaricon venature slapstick e contaminazioni a venire, di lì a qualche anno,con le «comiche finali» del cinema muto o con il grande Charlie Chaplin.Basta guardarsi qualche tavola di Hogan’s Alley per ritrovare gli scorciurbani fatti di vicoli malfamati e case popolari, affollati di ragazzini,mendicanti, cani e gatti, gli stessi che fecero da quinte di scena ai monel-li chapliniani e alle scorribande di Charlot. E proprio attraverso monelli eragazzini terribili il fumetto tra Ottocento e Novecento è stato capace diritrarre interni, situazioni e realtà sociali diverse, borghesi e proletarie: daBuster Brown, creato sempre da Outcault nel 1902, ai KatzenjammerKids, i nostri Bibì e Bibò, di Rudolph Dirks, che fecero la loro prima ap-parizione nel 1897 e che erano ispirati a un «fumetto», questo sì delle ori-gini, Max und Moritz, creato nel 1865 dal tedesco Wilhelm Busch.Non rifarò la storia del fumetto in queste poche righe per dimostrare

quanto esso, anche molto prima del graphic novel e del graphic journa-

XIIIPREFAZIONE

4 Anche su questa piccola babele terminologica, su differenze e distinzioni, si sofferma puntual-mente, in più parti, questo libro.

5 Yellow Kid, il bambino dal camicione giallo (sul quale, agli inizi, erano scritte le parole che il per-sonaggio pronunciava, mentre i balloon, ovvero le classiche nuvolette, sarebbero arrivate quasi un an-no dopo), apparso in maniera occasionale e in bianco e nero tra il 1894 e il 1895, fece il suo debutto uf-ficiale il 5 maggio del 1895 sul supplemento domenicale a colori del New York World. Da questa datasi faceva partire, di solito, l’inizio della storia del fumetto.Ma di recente diversi studiosi ed esperti ten-dono ad anticiparla agli inizi dell’Ottocento e a figure come quella dell’illustratore e scrittore svizzeroRodolphe Töppfer.

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lism, sia stato in grado di scrollarsi di dosso una malintesa «bambinità»,6

fatta di sogni, fantasie e avventure, e sia invece stato capace di cimentar-si con un’adulta percezione e rappresentazione della realtà. Ma certa-mente, come si è accennato, queste nuove declinazioni narrative hannointrodotto notevoli novità e fatto compiere un deciso salto al fumetto.Italia da fumetto di Francesco Fasiolo segue, in particolare, il percor-

so della nascita, crescita e maturazione del giornalismo a fumetti. Lo facon la passione del lettore e con la competenza del giornalista. Parte, ov-viamente, dalle radici: rintracciate in una serie di reportage a fumetti chehanno fondato il genere, a cominciare dal celebre Palestina di Joe Sac-co. Ma butta un occhio all’antenato di un certo modo di raccontare escrivere la realtà, quale il new journalism di Tom Wolfe e Truman Capo-te, che diedero vita a una felice «commistione di letteratura e giornali-smo, un’iniezione di narrativa nelle strutture scarne del giornalismo tra-dizionale. Il risultato – scrive Fasiolo – fu la nascita di nuove forme nar-rative, come il romanzo-reportage: vicende e personaggi reali raccontaticon rigore giornalistico ma attraverso stili e stratagemmi letterari».7

Dal giornalismo al fumetto e viceversa: ora la commistione acquistaun «segno» in più, quello tracciato da matite, pennelli e pennarelli. Pie-ga il ritmo della scrittura al tempo dell’«arte sequenziale»8 del fumetto.Usa gli strumenti del giornalismo (documentazione, sopralluogo sul po-sto, interviste, inchieste), si fa aiutare dalle fotografie e dai video. Comefa notare l’autore del libro, il giornalismo a fumetti, non costretto davincoli particolari (embedded) si prende le «sue» libertà, si prende il«suo» tempo, il tempo più lento del disegnare/ritrarre la realtà.Il nucleo del libro di Fasiolo è costituito dall’Italia raccontata a fu-

metti, e se il giornalismo a fumetti «made in Italy» è il campo d’indagi-ne obbligato, l’autore non trascura né i territori confinanti dei graphicnovel italiani né quelli del fumetto seriale che, anche quando apparente-

XIV PREFAZIONE

6 A questo punto è necessario precisare che il fumetto «per bambini» è altrettanto degno di atten-zione e considerazione. Semmai, paradossalmente, è un settore della letteratura per l’infanzia pocoindagato e poco frequentato da critici, specialisti e autori.

7 Cit. da p. 31 del libro.8 Il termine sequential art, ‘arte sequenziale’ appunto, fu inventato da Will Eisner (1917-2005), uno

dei maestri assoluti del fumetto, nonché promotore dell’etichetta graphic novel modernamente intesacon la sua opera A Contract with God, and Other Tenement Stories (New York, Baronet Books, 1978).

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mente distante per ambientazioni e personaggi – da Tex a Diabolik aDylan Dog – ha certamente raccontato un pezzo della nostra storia. Sidimostrano così, con un’analisi ampia di titoli e autori e con un’appro-fondita lettura dei testi, le capacità narrative e di documentazione delfumetto e la sua maturità espressiva. Il titolo scelto per il libro è alloraesso stesso indicativo del mutamento di atteggiamento nei confronti delfumetto. Quel «da fumetto» che un tempo era un attributo usato persminuire e screditare – quante critiche di romanzi, film, testi teatrali ab-biamo letto (e purtroppo ancora leggiamo) nelle quali si definiscono tra-ma, linguaggi, personaggi, situazioni con l’infamante epiteto «da fu-metto»?! – in questo caso diventa elemento di merito e significa che ilfumetto, nelle sue complesse e ricche articolazioni, è in grado davverodi raccontare la realtà italiana di ieri e di oggi. E, in qualche caso, di far-lo meglio di altre forme narrative.Francesco Fasiolo, sposando in parte una mia definizione – e gliene so-

no molto grato – di «fumetto civile»,9 in qualche misura apparentato al«teatro civile» di autori come Marco Paolini e Ascanio Celestini, affermache questi prodotti sono «figli di uno stesso clima culturale, di una rinno-vata voglia di narrare le vicende italiane, portarle in piazza, scavare a fon-do usando, appunto, la forma del racconto. Che sia orale, come nel casodel teatro, o che sia disegnato e scritto, come nel caso del fumetto».10

A conclusione, aggiungo e azzardo un’ipotesi. Il graphic journalismo giornalismo a fumetti, con le sue ricognizioni nei luoghi e nella realtàviva dei fatti, con gli incontri diretti con i protagonisti, con le testimo-nianze raccolte, con le interviste registrate, con le cose e le facce viste,fotografate o schizzate a matita; insomma, con tutto questo e altro «por-tato in piazza» e comunicato in disegni e parole, vignette e tavole, si di-mostra una forma di narrazione «teatrale» per certi versi affine all’anti-co lavoro del cantastorie. Perfino parente della cultura orale dalla qualesono nate tutte le forme di narrazione successive.

XVPREFAZIONE

9 L’espressione «fumetto civile» l’ho usata recensendo su l’Unità alcuni titoli dell’Editrice BeccoGiallo, la prima in Italia a promuovere, pubblicare e dedicare una nutrita collana di fumetti che trattanola realtà, la cronaca e la storia italiane con taglio giornalistico e d’inchiesta.

10 Cit. da p. 119 del libro.

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Introduzione

Il fumetto e l’Italia: nuovi modi di rappresentazionedella Storia e della cronaca

L’Italia nel fumetto: quanto è rappresentata la realtà sociale, politica,culturale del paese nelle nostre vignette? E in quali diversi modi? È ilmomento giusto per porsi questa domanda, perché alcuni fenomeninuovi hanno caratterizzato l’ultimo periodo della produzione italiana difumetti. Aumentano i giornalisti che scelgono questo linguaggio per iloro reportage e, allo stesso tempo, aumentano i personaggi e le am-bientazioni italiane nei romanzi a fumetti che troviamo in libreria, maanche negli albi che compriamo in edicola.Questo libro si occupa di tipi di fumetto molto diversi tra loro: da

quello autoriale dei cosiddetti graphic novels a quello seriale; da quelloche racconta eventi realmente accaduti – sotto forma di cronaca o di sto-ria contemporanea – a quello che si occupa interamente di fatti inventa-ti, ma con una pronunciata enfasi sul contesto «reale» degli eventi nar-rati. Ad accomunarli, la grande novità di questi anni nel mondo del fu-metto italiano: una forte voglia di raccontare la realtà.

Alcune rapide definizioni di orientamento

Raccontare l’Italia attraverso il giornalismo a fumetti

Nell’ambito di quest’attenzione verso la realtà del nostro paese, emer-ge innanzitutto una ricca produzione di graphic journalism. La definizio-ne, su cui tornerò, è di introduzione statunitense. Letteralmente si dovreb-

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be tradurre come ‘giornali-smo grafico’. Un concettoassai vago, che nasce da unfraintendimento iniziale: lavolontà di utilizzare l’ag-gettivo «graphic» per aggi-rare il termine «comics»,alla ricerca di una maggio-re legittimazione culturale.In realtà oggi, per tutti, ilconcetto di «graphic jour-nalism» è sinonimo di «co-mics journalism», e quin-di: giornalismo a fumetti.Sono stati prodotti negli

ultimi anni lavori moltointeressanti che racconta-no fatti di storia e cronaca.A volte sono veri e proprireportage a fumetti e altresono narrazioni più perso-

nali, con forti venature biografiche e autobiografiche; affrontano temicome la strage di Bologna o i crimini della mafia, il G8 di Genova o imorti della fabbrica ThyssenKrupp di Torino. Si tratta di forme «ibride»che uniscono le professionalità del giornalismo a quelle di disegnatoriattenti alla realtà che li circonda. Il risultato è una forma di comunica-zione «mista», un giornalismo molto narrativo, che si inserisce nel filo-ne discendente dal new journalism americano ma che può essere ancheaccostato, con le dovute differenze, al teatro civile italiano.Se in alcuni paesi europei e negli Stati Uniti il giornalismo a fumetti è

una realtà almeno da un paio di decenni, è solo da pochi anni che il fu-metto italiano si occupa di fatti di cronaca. È dunque caduto un ultimotabù; proprio così Luca Raffaelli presentava sul quotidiano la Repubbli-ca nel 2005 le prime pubblicazioni della casa editrice BeccoGiallo, dicui parlerò in seguito:

4 INTRODUZIONE

Alessandro Di Virgilio e Manuel De Carli ricostruiscono lavicenda dell’incendio del 6 dicembre 2007 che ha ucciso set-te operai nella fabbrica ThyssenKrupp di Torino attraversotestimonianze, interviste e dati sugli incidenti sul lavoro.Alessandro Di Virgilio – Manuel De Carli, ThyssenKrupp.Morti speciali S.p.a., Padova, BeccoGiallo, 2009 (pagina 27,vignette 2-3). © BeccoGiallo.

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Era forse l’ultimo tabù del fumetto: è rotto anche quello. Ora la letteraturadisegnata può fare cronaca, indagare, ricostruire fatti e fattacci realmenteavvenuti. Nei suoi cento anni e passa, oltre ad inventare le sue tante realtàparallele, il fumetto aveva raccontato anche la storia, qualche volta anchel’attualità, soprattutto sotto forma di satira. Di recente perfino l’autobio-grafia era entrata nelle sue corde. Ma la cronaca non l’aveva mai affrontata(casi molto particolari a parte) forse perché si era pensato che i disegni, no-nostante il tradizionale e collaudato uso degli identikit, non potessero esse-re fedeli ai fatti, come invece la parola scritta o il filmato.1

Al giornalismo a fumetti sono dedicati i primi due Capitoli di questolibro. Sono ancora pochi, in Italia, i saggi e gli studi critici su questo fe-nomeno, che rimane per ora il classico tema di cui tutti parlano, anchecon contributi interessanti, ma che pochi definiscono realmente nellesue peculiarità e caratteristiche.2 Per questo motivo, prima di entrare nelvivo e affrontare le pubblicazioni italiane è necessaria un’introduzioneche possa contestualizzare culturalmente il giornalismo a fumetti, conuna panoramica sulla produzione internazionale e il tentativo di fissarealcune caratteristiche di base che possano definirlo. Di questo mi occu-

5ALCUNE RAPIDE DEFINIZIONI DI ORIENTAMENTO

1 Luca Raffaelli, «Serial killer, criminali di carta. La cronaca scopre il fumetto», la Repubblica, 30maggio 2005, p. 27.

2 Di giornalismo a fumetti si scrive su autorevoli riviste specializzate internazionali mentre in Italia,più che su saggi, il termine compare spesso su articoli di giornali e riviste, cartacei e su internet. Perquanto riguarda un approccio accademico al fenomeno cfr. Benjamin Woo, «Reconsidering ComicsJournalism: Information and Experience in Joe Sacco’s Palestine», in Joyce Goggin – Dan Hassler-Fo-rest, The Rise and Reason of Comics and Graphic Literature: Critical Essays on the Form, Jefferson,McFarland, 2010, pp. 166-77; Kristian Williams, «The case for comics journalism: Artist reporters le-ap tall conventions in a single bound», Columbia Journalism Review, marzo-aprile 2005, pp. 51-6;Amy Kiste Nyberg, «Theorizing Comics Journalism», International Journal of Comic Art, vol. 8, n. 2,autunno 2006, pp. 98-112; in italiano, cfr. innanzitutto Elettra Stamboulis – Gianluca Costantini (a cu-ra di / edited by), Joe Sacco. Nuvole da oltre frontiera / Joe Sacco: Clouds from beyond the Borders,Ravenna, Comune di Ravenna – Associazione Culturale Mirada, 2002; fra i più recenti (altri autori nehanno scritto fin dai primi anni Duemila, cfr. appunto i saggi nel succitato catalogo), il saggio di Pao-lo Interdonato – Matteo Stefanelli, «Giornalismo disegnato. Alle origini del fumetto di realtà, dal poli-tical cartooning al comics journalism», in Garry B. Trudeau, Doonesbury. L’integrale 1970-1972, Bo-logna, BlackVelvet, 2009, pp. 17-23; e, tra i tanti articoli che in tempi recenti hanno trattato o accenna-to al modo di fare giornalismo a fumetti, cfr. Sergio Rossi, «Giornalismo a fumetti, Un altro modo diraccontare la realtà in cui viviamo», La Stampa (versione web), 16 febbraio 2007, Lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/base/grubrica.asp?ID_blog=47&ID_articolo=63&ID_sezione=70&sezione=; Be-nedetta Tobagi, «Scrivere disegnando», la Repubblica, 31 luglio 2010, pp. 29-31.

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po nel Capitolo I, per affrontare invece la situazione italiana nel II. Conuna convinzione: la produzione recente di opere di giornalismo a fumet-ti è il fenomeno di punta e più evidente proprio di quella tendenza delfumetto italiano contemporaneo a cui facevo riferimento prima, l’atten-zione per la cronaca e la realtà (politica, sociale, culturale), la voglia diraccontarla o di farne la cornice delle proprie storie. Una tendenza di-mostrata anche dalla crescente attenzione che Festival di giornalismocome quello organizzato ogni anno dalla rivista Internazionale a Ferra-ra danno agli autori di giornalismo a fumetti, ma anche da manifestazio-ni esplicitamente dedicate al «fumetto di realtà», come il festival Komi-kazen che l’associazione culturale Mirada organizza annualmente, dal2005, a Ravenna. Il concetto di «fumetto di realtà» va naturalmente ol-tre le pubblicazioni di tipo giornalistico. La realtà (in questo caso italia-na) può essere raccontata anche attraverso opere finzionali. E di questemi occuperò a partire dal Capitolo III.

Raccontare l’Italia attraverso i romanzi a fumetti

Napoli può diventare il teatro di un romanzo noir, mentre la campa-gna toscana può essere raccontata attraverso le storie degli adolescentiche la popolano. Un’immaginaria guerra civile italiana sa dirci moltosulla società contemporanea nel nostro paese, come la storia di un figlioche cerca suo padre, sbarcato insieme a tanti immigrati a Lampedusa.Sono molti i graphic novel pubblicati negli ultimi anni che affrontanostorie di finzione con una precisa ambientazione italiana.«Graphic novel», ovvero ‘romanzo a fumetti’. Detta così sembra faci-

le, ma la definizione è tutt’altro che scontata, e ci tornerò in maniera piùapprofondita, dal punto di vista sia del formato che dei contenuti. Di si-curo quello spostamento semantico del termine graphic di cui parlavoper la definizione del giornalismo a fumetti è avvenuto anche per il ter-mine «graphic novel», che non è un romanzo grafico o illustrato ma, ap-punto, un romanzo a fumetti. E quindi storie di respiro, attitudine espesso esito propriamente romanzeschi, in genere (ma non sempre)pubblicate fin dalla prima edizione in formato libro, e che per esprimer-si e narrare usano il linguaggio del fumetto.

6 INTRODUZIONE

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Qui cominciano i primiproblemi, perché questa eti-chetta editoriale è utilizzata,spesso per pure ragioni dimarketing, per un’ampia va-rietà di prodotti. Sul versantedei contenuti uno dei trattidistintivi di molti graphic no-vel è la volontà di raccontarestorie basate su fatti reali.Pensiamo ai due romanzi afumetti più noti a livello in-ternazionale: Maus di ArtSpiegelman si concentra suiricordi del padre dell’autore,ebreo polacco in campo diconcentramento, e Persepo-lis di Marjane Satrapi racconta l’adolescenza dell’autrice nel contestodella rivoluzione khomeinista in Iran. Allo stesso tempo, come può ve-rificare chiunque dia un’occhiata tra gli scaffali di una libreria ben for-nita in fatto di fumetti, vengono definiti graphic novel anche lavori lacui storia e i cui personaggi non hanno alcun legame né con la realtà nécon eventi realmente accaduti, e d’altro canto esistono anche lavori eti-chettati sì come graphic novel, ma che «novel», cioè romanzi, non sono:possono essere raccolte di racconti, a volte perfino serie di lunga durata(si pensi che molti manga-fiume commerciali come Naruto sono pub-blicizzati, negli USA, come graphic novel). Inoltre, non è affatto detto(anzi!) che un graphic novel debba parlare di realtà: in quanto romanzo,un graphic novel contiene a pieno diritto, nella definizione stessa, lapossibilità di raccontare storie assolutamente finzionali. Lo spostamen-to semantico del termine in direzione realistica e a volte giornalistica, indefinitiva, è posteriore, dal momento che i primi romanzi a fumetti era-no di pura fantasia.Per ora basti dire che su una cosa siamo tutti d’accordo: quella del

graphic novel è una modalità di pubblicazione che si discosta dall’edi-

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Davide Toffolo racconta il pensiero e la figura di Pasoli-ni attraverso una serie di interviste immaginarie (ma conparole davvero pronunciate dal poeta) e un viaggio neiluoghi della sua vita. Davide Toffolo, Pasolini, Bologna,Coconino Press, 2006 (p. 94, vignetta 1). © Davide Tof-folo / Coconino Press.

ALCUNE RAPIDE DEFINIZIONI DI ORIENTAMENTO

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zione di storie a fumetti dentro a riviste o antologie, e dal fumetto seria-le in quasi tutte le sue forme (dagli albi tascabili alla Diabolik, ai libret-ti alla Bonelli, dagli album cartonati alla francese, agli albetti spillati sulgenere di quelli di supereroi). La strategia di pubblicazione dei libri afumetti è, in termini strettamente cartotecnici (copertina, carta, rilegatu-ra, dimensioni), quella di dare maggiore solidità fisica, presentabilitànegli scaffali delle librerie e autorevolezza nella presentazione com-plessiva, a storie che desiderano porsi come qualcosa di nettamente di-verso dai fumetti seriali che compriamo in edicola. In questo senso igraphic novel sono considerati l’espressione contemporanea del cosid-detto «fumetto d’autore».3

Nel Capitolo III si darà dunque per completezza un’occhiata anche aimodi in cui i libri a fumetti che non hanno uno scopo giornalistico, madi pura finzione – dunque, come detto sopra, romanzi o quantomenoracconti a fumetti a tutti gli effetti – rappresentano la realtà italiana.

Raccontare l’Italia attraverso il fumetto seriale

Se sul versante del settore librario il giornalismo a fumetti rappresen-ta una grande novità, un’altra sorpresa arriva dal fumetto seriale. Un ti-po di fumetto che tradizionalmente racconta storie di fantasia, il quale, adifferenza delle storie raccontate nei graphic novel, ha personaggi ricor-renti (eroi e supereroi), una cadenza precisa di pubblicazione, formaticartotecnici a volte più ridotti e foliazione di frequente inferiore. La si-tuazione italiana è molto interessante perché i tre personaggi «popolari»più importanti del nostro fumetto seriale vivono le loro avventure incontesti non italiani. Tex è un ranger degli Stati Uniti della seconda me-tà dell’Ottocento, Diabolik vive nella cittadina immaginaria di Clervillee Dylan Dog fa base a Londra. Non c’è traccia del contesto italiano nel-le loro storie. Per questo si deve considerare una grande novità la primaserie edita dalla Sergio Bonelli Editore con personaggi italiani: Volto

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3 Anche se tutto ciò, di per sé, non li pone come qualcosa di intrinsecamente superiore in terminiqualitativi, poiché esistono naturalmente molte storie singole di fumetti seriali migliori, per qualità egodibilità, di tanti libri a fumetti; e viceversa, s’intende.

INTRODUZIONE

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Nascosto, 14 albi pubblicati trail 2007 e il 2008 e ambientati altempo della colonizzazionedell’Etiopia. I protagonisti sichiamano Ugo Pastore, Vitto-rio De Cesari, Matilde Sereni ela vicenda si svolge tra la Ro-ma umbertina e le città e valla-te dell’Abissinia dove l’Eserci-to italiano si scontra con letruppe dell’Imperatore Mene-lik II. La Storia non è semplicecornice, è protagonista.Dal Capitolo IV al Capitolo

VII di questo libro cercheròquindi di ripercorrere il rappor-to tra gli eroi del fumetto serialee le rappresentazioni del nostropaese, fino alle ultime produ-zioni. Come sempre, non man-cherà una contestualizzazionestorica e culturale, che partiràdagli esempi di eroi italiani neiprimi anni del Novecento, perpassare alla fascistizzazione deipersonaggi del nostro fumetto eal successivo rifiuto di eroi ita-liani, soppiantati da quella fugaverso l’esotico e i generi (we-stern, noir, avventura, ecc…) che ha caratterizzato il fumetto popolareitaliano nel dopoguerra. Nel lungo viaggio dal Corriere dei piccoli a Vol-to Nascosto, mi soffermerò in particolare sulle eccezioni: su quei perso-naggi e quelle serie (poche, rispetto alla produzione generale di albi) chehanno vissuto e vivono le loro avventure in Italia, dalle indagini milanesidel Commissario Spada fino alle avventure italiane di Martin Mystère,

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Sopra: Ugo Pastore, uno dei protagonisti di Volto Na-scosto, cammina per il Foro Romano. La serie è am-bientata tra Roma e l’Eritrea di fine Ottocento. VoltoNascosto, n. 2, novembre 2007, «Briganti» (p. 5, vi-gnetta 1). © Sergio Bonelli Editore.Sotto: l’esercito italiano sconfitto dopo la battaglia diAdua (1896) radunato ad Axum, in Etiopia. Volto Na-scosto, n. 11, agosto 2008, «Il prigioniero di Menelik»(p. 17, vignetta 1). © Sergio Bonelli Editore.

ALCUNE RAPIDE DEFINIZIONI DI ORIENTAMENTO

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tra i misteri di Torino o Roma, ricche di nozioni sulla storia delle nostrecittà. Il tutto nella convinzione che la lettura di un albo a fumetti possa es-sere una forma di distrazione attiva e una fonte di divertimento e infor-mazioni, e che la questione della mancata «italianità» di molti eroi abbiaa che fare con tematiche che superano il contesto della storia del fumettoper andare a toccare il nostro rapporto con il concetto di nazione in gene-rale, e la sua evoluzione nel corso degli anni.

Capire il fumetto, capire l’Italia

Leggere queste pubblicazioni, agli esordi del XXI secolo, è innanzitut-to un modo per capire quali sono i ruoli e le nuove potenzialità del fu-metto italiano. Allo stesso tempo è un modo per riflettere sulle rappre-sentazioni che il paese Italia dà di sé stesso oggi, a centocinquant’annidalla sua nascita. Infatti la rinnovata volontà da parte degli autori italia-ni di raccontare la nostra storia dev’essere argomento di studio per chivuole analizzare i modi di rappresentare una cultura, una comunità, e ilinguaggi e i media scelti per farlo in un determinato momento storico.L’approccio di questo libro sarà misto: la scelta delle opere di cui par-

lerò non è puramente legata all’estetica del fumetto, ma anche ad altricriteri. Nei Capitoli sul giornalismo a fumetti le pubblicazioni di cuiparlo sono state selezionate anche in base al valore giornalistico e aquestioni che esulano dallo specifico fumettistico, come i modi in cuigli autori riescono a reinterpretare dei classici generi giornalistici (l’in-tervista o l’inchiesta). E la lettura del fenomeno graphic journalism ver-rà collocata non solo nell’ambito della storia del fumetto ma anche del-la storia del giornalismo.Nei Capitoli sui fumetti di finzione, che siano in formato graphic no-

vel o seriale, le opere saranno presentate in una cornice che fa riferi-mento non solo alla storia del fumetto, ma anche alla storia dell’indu-stria culturale e dei rapporti tra questa e il concetto di «nazione».Infine, i fumetti saranno presentati e analizzati anche attraverso le pa-

role di sceneggiatori, disegnatori, giornalisti, editori, in molti casi inter-vistati appositamente per questo libro.

10 INTRODUZIONE

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