IT92W0306909400100000107860 …Tinies (I Piccini di Gashlycrumb, il più re-cente titolo adephiano),...

1
34 n. 115 Il Sole 24 Ore DOMENICA - 27 APRILE 2014 Illustrazione chi era La biblioteca di Sraffa, sottoscrizioni ancora aperte Sta per chiudersi la sottoscrizione per il volume che racchiude il catalogo completo della biblioteca di Piero Sraffa, di cui abbiamo dato notizia nel numero del 6 aprile. Il libro è pubblicato congiuntamente dalla Fondazione Luigi Einaudi e dalla Fondazione Raffaele Mattioli. Il prezzo di pre-pubblicazione è di 120 euro. Si può sottoscrivere facendo versamento sull’Iban IT92 W030 6909 4001 0000 0107 860 (catalogo Sraffa) chi era di Anna Castagnoli N el 2013 appena trascorso, inoc- casione dei 50 anni dalla prima pubblicazione di Where the Wild Things Are, l’editore Babalibri ha chiesto a 50 illustratori italiani di reinterpre- tare, per una esposizione, le Creature Selvag- ge di Maurice Sendak (il grande arista ameri- cano cui queste pagine hanno già dedicato at- tenzione a partire dalla mostra in America e dalla riedizione delle sue opere da parte di Adelphi). Mi sono ritrovata, insieme ai miei colleghi, a guardare, per la prima volta con molta attenzione, quei mostri. Li conoscevo. Li avevo incontrati all’inizio della mia carrie- ra di illustratrice; ma come avevano le zam- pe?E gli occhi?Chi erano esattamente? A qua- li fonti poteva essersi ispirato Sendak? Durante il lavoro preparatorio per la mia tavola, ho fatto una curiosa scoperta: i mo- stri di Sendak hanno lontane e nobili origini proprio nella nostra terra. È possibile che ad accompagnare la genesi delle Creature Sel- vagge di Sendak ci fossero la Chimera di Arez- zo, le fiere della Divina Commedia (la lonza, la lupa, il leone), il Minotauro e Cerbero; ma anche il classicismo e le tinte rosate di Piero della Francesca. È vero che a seguire a ritro- so l’albero genealogico di un mostro si fini- sce quasi sempre in terra greca o italiana, ma nel caso di Maurice Sendak, coltissimo illu- stratore e raffinato esegeta dell’arte, quelle citazioni non potevano essere casuali. Armata di entusiasmo e di una certa baldan- za epistemologica, nel dicembre scorso, ho portato la mia scoperta alla Bibliothèque Na- tionale de France, durante due giornate di stu- di e colloqui dedicati al capolavoro di Sendak: Max et les maximonstres a 50 ans: réception et influence des oeuvres de Maurice Sendak en Fran- ce et en Europe. Ad avere fatto scoperte sulle fonti esegetiche del libro c’erano, con me, an- che critici, psicologi, esperti di letteratura yid- dish, traduttori, editori: chiudere il cerchio in- torno al libro di Sendak è parsa, a chi era in sala ad ascoltare, un’operazione impossibile. L’amoredi Sendak peril Rinascimentoe l’ar- te italiana è noto, ma non mi ero accorta, fino al momento di dover ridisegnare i suoi mostri, quanto fosse presente nel libro. Penso sia pro- prioquesto classicismo, mescolato inalchemi- che dosial segno del fumettoamericano, a con- ferire al libro di Sendak un sapore inconfondi- bile: né drammatico, né allegro. Né faceto, né serio. Un’ambiguità irrisolvibile, forse alla ra- dice dell’intramontabile successo dell’opera. Una doppia pagina ricorda, per l’atmosfera rosata del tramonto, per la fattura della tenda da campo e per la posizione dormiente dei per- sonaggi, Il Sogno di Costantino di Piero della Francesca. Ma in luogo del soldato dormiente, nel libro si vede un mostro dai tratti buffi, cari- caturali. Un effetto che potrebbe essere comi- co e non lo è, ma che, al contrario, sullo sfondo epico e molto serio dell’avventura di Max, con- ferisce alla tavola una nota soave. (Purtroppo gli eredi di Sendak non hanno dato il permesso di riprodurre a corredo di questo articolo le tavole di Wild Things; ma il confronto con una qualun- que edizione sarà rivelatore, ndr) La capra in groppa al leone, che insieme agli altri mostri dà il benvenuto a Max sull’isola, sembra una versione moderna della Chimera di Arezzo, il leone con la schiena di capra for- giato in terra etrusca nel V secolo a.C. L’ibrido mostruoso diventa, così, scomponibile: meno arcaico, più facile da addomesticare. Nel libro incontriamoanche lefiere della Divina Comme- dia, probabilmentearrivate a Sendak attraver- so le tavole di William Blake, il celebre illustra- tore inglese, che Sendak considerava il suo sommo "maestro". (L’ultimo libro di Sendak, My brother’s book, pubblicato postumo, è un di- chiarato omaggio al poema Milton di Blake). Quando ho messo a confronto alcune pagi- ne di Where the Wild Things Are con le tavole di Blake,mi è sembrato impossibileche lecitazio- ni non fossero un tributo all’ Inferno dantesco immaginato da Blake. L’equilibrio delicato dei colori e delle pennellate di acquarello sono quasi identici. Così come il modo di disegnare le foglie, gli occhi gialli, alcuni mostri (si veda il Grifone). Ma è la composizione di alcune tavo- le a ricordare in modo flagrante la Divina Com- media di Blake;per esempio, quella in cui i mo- stri salutano (o minacciano di divorare) Max dallariva. Anche in questo caso, è la taglia cari- caturale di alcuni dettagli del corpo dei mostri sendakiani a dettare la differenza di registro. Ma Sendak conosceva il testo della Divina Commedia? Sarebbe interessante scoprire qua- le edizione della Divina Commedia illustrata da Blake possedesse Sendak negli anni in cui pre- parò Where the Wild Things Are, sene possedes- se una, e se questa contenesse il testo integra- le.Blake morì prima di terminare le illustrazio- ni e non accompagnò le proprie tavole con i versi danteschi. Il gesto di Max di rabbonire le Creature Selvagge fissandole negli occhi gialli mi ha ricordato quello di Virgilio quando placa magicamente le tre voraci teste di Cerbero nel VI Canto della Divina Commedia. È un caso che quel canto sia quello che accoglie i "golosi", co- loro che non sanno controllarsi nella qualità e quantità del cibo, proprio come Max, che vuo- le divorare tutti e finisce senza cena? «Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra, / e ’l ventre largo, e unghiate le mani; / graffia li spirti ed iscoia ed isquatra» (If, VI). Gli occhi delle Crea- ture di Sendak sono gialli, non vermigli, ma pensare al viaggio di Max come un viaggio nel- la foresta selvaggia dell’Ade, con tanto di attra- versamento dello Stige, è allettante. Un viag- gio iniziatico, dove, tra le Wild Things che Max deve addomesticare, c’è anche l’ideadella mor- te. Il sarcofago di pietra, di rinascimentale fat- tura, da cui esce uno dei mostri, (che non ave- vo notato prima di associare l’ Inferno di Blake al libro di Sendak) suffraga la sensazione sini- stra che ho sempre provato osservando le im- magini. Il viaggio di Max è un viaggio iniziati- co ed epico verso le forze ctonie più oscure. Quelle"cose selvagge" che, come i leoni e i dra- ghi delle antiche mappe, vivono là dove finisce il mondo che conosciamo. Ma la barchetta su cui viaggia è di carta, così come le buffe creatu- re che incontra, con i loro piedi grandi, i lunghi riccioli leonini, le bocche larghe, gli artigli inof- fensivi. Forse Sendak voleva invitarci tutti a non avere paura di partire. © RIPRODUZIONE RISERVATA Nel paese dei mostri Selvaggi è edito da Babalibri. Su http://www.babalibri.it/ tavolesendak/sendak/album/index.html, si possono vedere, digitalizzate, tutte le tavole dell’esposizione «Mostri selvaggi in mostra». Il sito di Anna Castagnoli è www.lefiguredelibri.com di Stefano Salis P ochi artisti – uso la parola a bel- la posta – come Edward Gorey hanno saputo sfruttare, con al- trettanto crudele e consapevole rigore e sornione divertimento, lo spiazzamento dei lettori, per- sino quello degli ammiratori. Gorey infatti è, e resta, un eterno enigma, magari «elegante» (come un libro di critica sulla sua opera), che non finisce di stupire. Ed è, e resterà, uno di quegli autori assolutamente eccentrici, del tut- to fuori dai giri e dalle mode, eppure capaci di attingere – spesso crean- dolo, come ha fatto lui –, ad un repertorio visivo, emotivo e, mi verrebbe da dire, "ontologico", che se li si detesta, ci si mette un pietra sopra(sa- pendo di doversi vergo- gnare di tale azione), se li si ama, sono fonti di rin- novato piacere ogni vol- ta che ci si avvicina, e se non li si conosce..., beh, diciamo che bisogna ri- mediare alla svelta per scegliere,almeno,in qua- lecategoria delledue pre- cedenti si milita. Perché, di sicuro, Gorey non può lasciare indifferenti. Solitario era solitario, appartato pure, bizzar- ro, e non per posa, come pochi. Nella vita (Chicago 1925, morì a Cape Cod nel 2000, dove si era stabilito dopo una lunga parentesi newyorchese) aveva coltivato ostinatamente il distacco dagli altri esseri uma- ni, preferendo loro una serie di altre cose: gli animali (i gatti, soprattutto, ma anche gli orsi di peluche ai quali si accompagnava o "imita- va" indossando pellicce vistosissime), le lettu- re – onnivoro –; la visione di film – grande co- noscitore di corto e lungometraggi improbabi- li; la televisione (adorava le pubblicità); gli og- getti (ha collezionato di tutto, cose strambe e particolari, ovviamente) e, sopra ogni altra co- sa, il balletto: anche questa una passione meti- colosamente perseguita non perdendosi, per decenni, nessuna apparizione dell’adorato Ge- orge Balanchine al NYC Ballet. Ma finora non abbiamo detto nulla, se non diciamo che l’arte nella quale eccelleva Gorey, e lo faceva in modo geniale, era la produzione di libri; meglio, di picture books. Disegnatore eccellente, penna, inchiostro, matita, poco al- tro (raro il colore), Gorey ha costruito un uni- verso immaginario popolato di strane creatu- re, la più nota delle quali è quella specie di pin- guino-formichiere con sciarpa a righe e All Stars ai piedi di uno dei suoi capolavori, L’ospi- te equivoco. Equivoco, almeno, nella ultima tra- duzione di Adelphi (ma in Italia era arrivato co- me «ambiguo» per merito dei "soliti" Gandini- Cavallone e Odb, e poi era stato «sgradito» nel- la versione rizzoliana), la casa editrice che ha il merito di averlo "ripescato" offrendo alcuni suoi titoli ai lettori. Alcuni, già: perché Gorey di titoli ne avrà prodotti quasi un centinaio (per fortuna ogni tanto li riuniva in una sorta di an- tologia che chiamava Amphigorey): libri sem- pre brevi, quasi tutti scritti a mano, con un font che oggi lo identifica e spesso sotto pseudoni- mo. Gorey, che ogni tanto qualcuno continua a classificare come "autore per bambini" e i suoi "libri per bambini" (Sendak, altro genio afflitto dalle classificazioni, spiegò che Gorey «andava benissimo per i bambini», il che è un’altra cosa), dicendo una sacrilega imbecilli- tà, era scrittore e illustratore, attento, anzi, os- sessionato dal linguag- gio e dalle sue infinite sfumature. Non poteva, dunque, non amare i no- mi: e collezionava anche questi, infatti; e, nel caso del suo, lo anagramma- va di continuo, produ- cendo molti alter ego. Ogdred Weary, per esempio, è l’autore di un sottilissimolibro "porno- grafico", The curious so- fa; la signora Regera Dowdy è quelladel Pio in- fante e così via. Altri libri, invece, erano a suo no- me: tra questi credo il più "rappresentativo" di una certa maniera gore- yana è The Gashlycrumb Tinies (I Piccini di Gashlycrumb, il più re- cente titolo adephiano), un abbecedario – al- tra mania! – in rima (come l’Ospite, il che mette sempre in difficoltà i traduttori) di 26 bambini defunti per i motivi più diversi e riuniti in co- pertina sotto l’ombrello di una Signora Morte che è, di fatto, una delle icone più durature del- la sua eredità visuale. Perché, effettivamente, Edward Gorey è noto, forse ingiustamente no- to, per le sue atmosfere neogotiche e macabre (Tim Burton è un fedele seguace), per la pre- senza costante della morte, dell’oscuro, anche se io dubito che sia questa la sua cifra più signi- ficativa. La sua produzione va invece inscritta di più sull’inquietudine dell’ignoto: le storie spesso non hanno una fine, ma terminano di botto, lasciando sospeso il lettore, rifiutandosi di consolarlo, o dargli certezze, ma anche sul lavorìo costante sulla parola e sul linguaggio, e sullo humour cose, queste, che lo avvicinano a Lear e a Carroll. Insomma Gorey, lo avete capi- to, è un autore di culto, e lo è perché merita un culto. E poiché i suoi libri, compresi quelli stampati in casa, con la Fantod Press (tra cui bellissimi flip book con elefanti volanti), sem- pre "ambientati" in un’epoca tardo vittoriana e edoardiana (signori con baffi a manubrio, cor- nici, monocoli, bombette, vestiti svolazzanti, per capirci...) sono una miniera di delizioso stu- pore, ecco che l’asta della collezione del produt- tore cinematografico Sam Spiegel che andrà battuta il 7 maggio da Swann a New York, è un vero e proprio evento. E le quotazioni iniziano ad essere anche parecchio interessanti. Provate, ora, ad andare a vedere il catalogo (sul sito della casa d’aste) e poi iniziate a cerca- re notizie e riferimenti di questo incredibile personaggio, se già non lo conoscete o lo ama- te. Vi accorgerete di esservi messi in casa an- che voi un ospite ambiguo, che è lì apposta per ricordarvi che il genio si nasconde nello scarto dalla norma e che, ancora una volta, nei libri si trovano storie meravigliose che attendono so- lo di essere scoperte. Si tratta sempre di aprirli, girare la prima pagina e... © RIPRODUZIONE RISERVATA maestri / 2 Le fonti italiane di Sendak piccoli, macabri, capolavori Da sin. in alto: la copertina del catalogo dell’asta con l’inquitante «ospite» di Gorey; una tavola da «I piccini», la copertina di «Amphigorey», la bambola di pezza realizzata sull’«ospite», le copertine di alcuni libri della Fantod Press di Gorey Edward St. John Gorey (Chicago, 22 febbraio 1925 – Hyannis, 15 aprile 2000) è stato uno scrittore e illustratore statunitense. Oggi è un culto per i suoi appassionati lettori. È celebre per i suoi libri, illustrati quasi sempre in bianco e nero, di grande finezza linguistica, con giochi di parole e nonsense, e spesso con argomenti macabri. Tra i suoi libri più noti (in Italia editi da Adelphi) ci sono L’ospite equivoco, La bicicletta epiplettica, L’arpa muta, Un bellissimo orologio (illustrazioni su testo di Muriel Spark) e il recente I piccini di Gushlycrumb. Gorey era anche editore di persona. Con la sua Fantod Press ha realizzato diversi libri, tra cui dei flip books. tullio pericoli Quanto pensiero nella mano maestri / 1 Goreyografia per punta di matita Maurice Sendak (New York, 10 giugno 1928 – Danbury, 8 maggio 2012) è stato uno scrittore e illustratore statunitense. È conosciuto principalmente per il libro Nel paese dei mostri selvaggi, pubblicato nel 1963 (in Italia fu portato da Rosellina Archinto). Le sue opere tornano presso Adelphi, a partire da Orsetto, in cui Sendak fir- ma le illustrazioni al testo di Else Holmelund Minarik (pagg. 64, € 15,00), il primo episodio di una saga che ha conquistato, nel mondo, milioni di lettori e che ora farà conoscere meglio a una nuova generazione di lettori i disegni di Sendak. Va all’asta a maggio a New York la più importante collezione dedicata alle opere dello schivo e geniale artista Edward Gorey di Goffredo Fofi È venuto il momento di celebra- re Tullio Pericoli, artista tra i più rigorosi, tra i più conse- guenti e ostinati nelle sue con- vinzioni e nelle sue sperimentazioni tra quanti ne conti oggi l’Italia, più di quanti il paese – e anzitutto la sua classe dirigen- te, ignorantissima – ne meriti, e più tra i giovani che tra i vecchi. Lo ha fatto anzi- tutto la casa editrice Adelphi raccoglien- do in due splendidi volumi una scelta dei Ritratti e dei Paesaggi , che sono poi i due campi in cui Pericoli si è cimentato di più sia per piacere, soprattutto il secondo, che per lavoro, soprattutto il primo. Do- menico Rosa, valente giovane critico, giornalista del Sole 24 Ore, ha giustamen- te ritenuto che fosse giunto il momento di ascoltare Pericoli, non solo di guarda- re i suoi lavori ma di analizzarli con lui, di scavare nelle ispirazioni e nelle fonda- menta, di esplorare i risultati. I Pensieri della mano sono questo, «una conversazione» che ci aiuta a capi- re Pericoli, ma che travalica continua- mente in altre direzioni grazie alla curio- sità e all’abilità dell’intervistatore e gra- zie al desiderio dell’intervistato di spie- gare, si direbbe anche a se stesso, stimoli procedimenti risultati. Il percorso è affa- scinante e istruttivo, e dunque eccezio- nalmente "pedagogico": per l’ammirato- re di Pericoli che vuol capire meglio a co- sa è dovuta la sua ammirazione, ma an- che per il critico d’arte superficiale e con- dizionato dei nostri anni, e infine, e so- prattutto, per il giovane studente che si accosta, come oggi è straordinariamen- te frequente, al "lavoro" di artista, sia es- so di pittore o di grafico, di fumettista o di illustratore. Ripercorrere con Pericoli le tappe del suo lavoro, non le cronologi- che ma le teoriche e le tecniche, è indaga- re il rapporto delicato e minuzioso tra il pensare e il fare, tra l’idea e la sua messa in atto, tra l’intuizione e la realizzazione, ed è in definitiva, come insiste Pericoli, ragionare sulla mano, il primo strumen- to. E secondo Pericoli la mano pensa, con una sua autonomia, delle sue norme e delle sue bizzarrie, un suo tracciato. E dunque egli parla, spiega, racconta sti- molato dalle domande e considerazioni di Rosa, affascinate ma anche esigenti. Questo agile ma denso volume è ricco di osservazioni che assumono a volte il valore di sentenze (sul metodo: «arrivare dai margini al cuore dell’espressione»; sul ritratto: che è «quello che io voglio» che lui, il ritrattato, «dica di sé»; sull’arte contemporanea, passata «dall’arena del- la competizione al recinto dei giochi» giu- sta l’osservazione di Bacon che constata- va come, considerata appunto la sua tra- sformazione in gioco, forse l’arte «non serve più a niente»; sulla mano come punto di partenza e strumento e però an- che oggetto di ammirazione e di esame, e infine come ossessione, come tentativo di fissare nel disegno i «momenti in cui l’essere e il gesto diventano tutt’uno». Si potrebbe proseguire a lungo, pescando da queste cento pagine le frasi di sintesi le più precise e le più aperte, fulminanti. Pericoli parla dei mille modi da lui speri- mentati nel ritrarre il volto di Beckett, il più inquietante e intrigante di tutti i suoi modelli, o della necessità di arrivare, per esempio, a ritrarre Gadda a partire da un contesto di oggetti, vesti, cose che aiuti- no a definirne il carattere, la diversità e unicità. Si tratta in ogni caso dei modi in cui poter essere un artista del proprio tempo, del nostro tempo, nell’adesione e nella distanza da esso, da contempora- nei del meglio e del peggio però intenzio- nati a "ritrarne" il meglio. Il paragone forse più ambizioso che Pe- ricoli ci propone, cosciente del proprio ta- lento e della serietà della propria ricerca, è quello con Italo Calvino, «che ha raccon- tato la preistoria del mondo e il suo futu- ro ma che, nel modo di narrare queste sto- rie, di descriverne personaggi e vicende, voleva sentirsi un autore del suo tempo, e ci teneva a dirlo». «Questo è anche il mio obiettivo», aggiunge Pericoli, suggeren- do anche un altro richiamo – che al letto- re non esperto ma sanamente curioso può risultare infine il più stimolante – ri- guardante un pittore e non uno scrittore: Van Gogh quando diceva di raffigurare i contadini curando la propria tela con la stessa misura (non trovo una parola mi- gliore) con la quale essi curavano i loro campi. «La mano» come punto d’incon- tro tra artigianato e arte, tra tecnica e istinto, tra progetto e libertà. © RIPRODUZIONE RISERVATA Tullio Pericoli, Pensieri della mano. Una conversazione con Domenico Rosa, Adelphi, Milano, pagg. 126, € 13,00 piero e blake | Alcune delle immagini (in dettaglio) sulle quali si è basata l’illustratrice Anna Castagnoli per comunicare la sua scoperta

Transcript of IT92W0306909400100000107860 …Tinies (I Piccini di Gashlycrumb, il più re-cente titolo adephiano),...

Page 1: IT92W0306909400100000107860 …Tinies (I Piccini di Gashlycrumb, il più re-cente titolo adephiano), un abbecedario – al-tramania!–inrima(comel ...

34 n. 115Il Sole 24 Ore DOMENICA - 27 APRILE 2014

Illustrazione

chi era

La biblioteca di Sraffa, sottoscrizioni ancora aperteSta per chiudersi la sottoscrizione per il volume che racchiude il catalogo completodella biblioteca di Piero Sraffa, di cui abbiamo dato notizia nel numero del 6 aprile.

Il libro è pubblicato congiuntamente dalla Fondazione Luigi Einaudi e dalla FondazioneRaffaele Mattioli. Il prezzo di pre-pubblicazione è di 120 euro. Si può sottoscrivere

facendo versamento sull’Iban IT92 W030 6909 4001 0000 0107 860 (catalogo Sraffa)

chi era

di Anna Castagnoli

N el 2013 appena trascorso, inoc-casione dei 50 anni dalla primapubblicazione di Where the WildThings Are, l’editore Babalibri ha

chiesto a 50 illustratori italiani di reinterpre-tare, per una esposizione, le Creature Selvag-ge di Maurice Sendak (il grande arista ameri-canocuiquestepaginehannogiàdedicatoat-tenzione a partire dalla mostra in America edalla riedizione delle sue opere da parte diAdelphi). Mi sono ritrovata, insieme ai mieicolleghi, a guardare, per la prima volta conmolta attenzione, quei mostri. Li conoscevo.Li avevo incontrati all’iniziodellamia carrie-ra di illustratrice; ma come avevano le zam-pe?Egliocchi?Chieranoesattamente?Aqua-li fontipotevaessersi ispiratoSendak?

Durante il lavoro preparatorio per la miatavola, ho fatto una curiosa scoperta: i mo-stri di Sendak hanno lontane e nobili originiproprio nella nostra terra. È possibile che adaccompagnare la genesi delle Creature Sel-vagge diSendakcifosserolaChimeradiArez-zo, le fiere della Divina Commedia (la lonza,la lupa, il leone), il Minotauro e Cerbero; maanche il classicismo e le tinte rosate di Pierodella Francesca. È vero che a seguire a ritro-so l’albero genealogico di un mostro si fini-scequasisempreinterragreca oitaliana,manel caso di Maurice Sendak, coltissimo illu-stratore e raffinato esegeta dell’arte, quellecitazioni non potevano essere casuali.

Armatadientusiasmoediunacertabaldan-za epistemologica, nel dicembre scorso, hoportato la mia scoperta alla Bibliothèque Na-tionaledeFrance,duranteduegiornatedistu-di e colloqui dedicati al capolavoro di Sendak:

Max et les maximonstres a 50 ans: réception etinfluence des oeuvres deMaurice Sendak enFran-ce et en Europe. Ad avere fatto scoperte sullefonti esegetiche del libro c’erano, con me, an-che critici, psicologi, esperti di letteratura yid-dish, traduttori, editori: chiudere il cerchio in-tornoallibrodiSendakèparsa,achierainsalaadascoltare,un’operazioneimpossibile.

L’amorediSendakperilRinascimentoel’ar-te italiana è noto, ma non mi ero accorta, finoalmomentodidoverridisegnareisuoimostri,quantofossepresentenel libro.Pensosiapro-prioquestoclassicismo,mescolatoinalchemi-chedosialsegnodelfumettoamericano,acon-ferireal librodiSendakunsaporeinconfondi-bile: né drammatico, né allegro. Né faceto, néserio. Un’ambiguità irrisolvibile, forse alla ra-dicedell’intramontabilesuccessodell’opera.

Una doppia pagina ricorda, per l’atmosferarosata del tramonto, per la fattura della tendadacampoeperlaposizionedormientedeiper-

sonaggi, Il Sogno di Costantino di Piero dellaFrancesca. Main luogodel soldatodormiente,nellibrosivedeunmostrodaitrattibuffi,cari-caturali. Un effetto che potrebbe essere comi-coenon loè, mache,alcontrario,sullosfondoepicoemoltoseriodell’avventuradiMax,con-ferisce alla tavola una nota soave. (Purtroppogli eredi di Sendak non hanno dato il permesso diriprodurre acorredo diquesto articolo le tavole diWild Things; ma il confronto con una qualun-que edizione sarà rivelatore, ndr)

Lacapraingroppaalleone,cheinsiemeaglialtri mostri dà il benvenuto a Max sull’isola,sembra una versione moderna della Chimeradi Arezzo, il leone con la schiena di capra for-giato in terra etrusca nel V secolo a.C. L’ibridomostruoso diventa, così, scomponibile: menoarcaico, più facile da addomesticare. Nel libroincontriamoanchelefieredellaDivinaComme-dia,probabilmentearrivateaSendakattraver-soletavolediWilliamBlake,ilcelebreillustra-tore inglese, che Sendak considerava il suosommo "maestro". (L’ultimo libro di Sendak,Mybrother’s book,pubblicatopostumo,èundi-chiaratoomaggioalpoema Miltondi Blake).

Quando ho messo a confronto alcune pagi-nedi Where the Wild Things Are con le tavole diBlake,mièsembratoimpossibilechelecitazio-ni non fossero un tributo all’Inferno dantescoimmaginatodaBlake.L’equilibriodelicatodeicolori e delle pennellate di acquarello sonoquasi identici. Così come il modo di disegnarelefoglie,gliocchigialli,alcunimostri (sivedailGrifone).Maèlacomposizionedialcunetavo-learicordareinmodoflagrantelaDivina Com-mediadiBlake;peresempio,quellaincuiimo-stri salutano (o minacciano di divorare) Maxdallariva.Ancheinquestocaso,èlatagliacari-caturale di alcuni dettagli del corpo dei mostrisendakiania dettare ladifferenza diregistro.

Ma Sendak conosceva il testo della DivinaCommedia?Sarebbeinteressantescoprirequa-

leedizionedellaDivina Commedia illustratadaBlakepossedesseSendakneglianniincuipre-paròWhere theWildThings Are,senepossedes-se una, e se questa contenesse il testo integra-le.Blakemorìprimaditerminareleillustrazio-ni e non accompagnò le proprie tavole con iversi danteschi. Il gesto di Max di rabbonire leCreature Selvagge fissandole negli occhi giallimiharicordatoquellodiVirgilioquandoplacamagicamente le tre voraci teste di Cerbero nelVICantodellaDivina Commedia. Èuncasochequelcantosiaquellocheaccogliei"golosi",co-loro che non sanno controllarsi nella qualità equantitàdel cibo, proprio come Max, che vuo-le divorare tutti e finisce senza cena? «Li occhiha vermigli, la barba unta e atra, / e ’l ventrelargo, e unghiate le mani; / graffia li spirti ediscoia ed isquatra» (If, VI). Gli occhi delle Crea-ture di Sendak sono gialli, non vermigli, mapensarealviaggiodiMaxcomeunviaggionel-laforestaselvaggiadell’Ade,contantodiattra-versamento dello Stige, è allettante. Un viag-gio iniziatico, dove, tra le Wild Things che Maxdeveaddomesticare,c’èanchel’ideadellamor-te. Il sarcofago di pietra, di rinascimentale fat-tura, da cui esce uno dei mostri, (che non ave-vo notato prima di associare l’Inferno di Blakeal libro di Sendak) suffraga lasensazione sini-stra che ho sempre provato osservando le im-magini. Il viaggio di Max è un viaggio iniziati-co ed epico verso le forze ctonie più oscure.Quelle"coseselvagge"che,comeileonieidra-ghidelleantichemappe,vivonolàdovefinisceil mondo che conosciamo. Ma la barchetta sucuiviaggiaèdicarta,cosìcomelebuffecreatu-recheincontra,coniloropiedigrandi, ilunghiricciolileonini,lebocchelarghe,gliartigliinof-fensivi. Forse Sendak voleva invitarci tutti anonavere pauradi partire.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Nel paese dei mostri Selvaggiè edito da Babalibri.Su http://www.babalibri.it/tavolesendak/sendak/album/index.html,si possono vedere, digitalizzate, tuttele tavole dell’esposizione «Mostri selvaggiin mostra». Il sito di Anna Castagnoliè www.lefiguredelibri.com

di Stefano Salis

P ochi artisti–usolaparolaabel-la posta – come Edward Goreyhanno saputo sfruttare, con al-trettantocrudeleeconsapevolerigoreesornione divertimento,lospiazzamentodeilettori,per-

sino quello degli ammiratori. Gorey infatti è, eresta, un eterno enigma, magari «elegante»(come un libro di critica sulla sua opera), chenon finisce di stupire. Ed è, e resterà, uno diquegliautoriassolutamenteeccentrici,deltut-to fuori dai giri e dalle mode, eppure capaci diattingere–spessocrean-dolo, come ha fatto lui –,ad un repertorio visivo,emotivo e, mi verrebbeda dire, "ontologico",che se li si detesta, ci simetteunpietrasopra(sa-pendo di doversi vergo-gnareditaleazione),selisi ama, sono fonti di rin-novato piacere ogni vol-ta che ci si avvicina, e senon li si conosce..., beh,diciamo che bisogna ri-mediare alla svelta perscegliere,almeno,inqua-lecategoriadelleduepre-cedenti si milita. Perché,di sicuro, Gorey non puòlasciareindifferenti.

Solitario era solitario,appartato pure, bizzar-ro, e non per posa, comepochi. Nella vita (Chicago 1925, morì a CapeCod nel 2000, dove si era stabilito dopo unalunga parentesi newyorchese) aveva coltivatoostinatamenteildistaccodaglialtriesseriuma-ni, preferendo loro una serie di altre cose: glianimali (i gatti, soprattutto, ma anche gli orsidi peluche ai quali si accompagnava o "imita-va" indossando pellicce vistosissime), le lettu-re – onnivoro –; la visione di film – grande co-noscitoredicortoelungometraggiimprobabi-li; la televisione (adorava le pubblicità); gli og-getti (ha collezionato di tutto, cose strambe eparticolari,ovviamente) e, sopra ogni altraco-sa,ilballetto:anchequestaunapassionemeti-colosamente perseguita non perdendosi, perdecenni,nessunaapparizionedell’adoratoGe-

orge Balanchine alNYC Ballet.Ma finora non abbiamo detto nulla, se non

diciamo che l’arte nella quale eccelleva Gorey,e lo faceva in modo geniale, era la produzionedi libri; meglio, di picture books. Disegnatoreeccellente, penna, inchiostro, matita, poco al-tro (raro il colore), Gorey ha costruito un uni-verso immaginario popolato di strane creatu-re, lapiùnota delle quali è quellaspecie di pin-guino-formichiere con sciarpa a righe e AllStarsaipiedidiunodeisuoicapolavori,L’ospi-te equivoco.Equivoco,almeno,nellaultimatra-duzionediAdelphi(mainItaliaeraarrivatoco-me«ambiguo»permeritodei"soliti"Gandini-CavalloneeOdb,epoierastato«sgradito»nel-laversione rizzoliana), lacasaeditricechehailmerito di averlo "ripescato" offrendo alcunisuoititoliai lettori.Alcuni,già:perchéGoreydititoli ne avrà prodotti quasi un centinaio (perfortunaogni tantoliriunivainunasortadian-tologia che chiamava Amphigorey): libri sem-prebrevi,quasi tuttiscrittia mano,conun fontche oggi lo identifica e spesso sotto pseudoni-mo. Gorey, che ogni tanto qualcuno continuaa classificare come "autore per bambini" e isuoi "libri per bambini" (Sendak, altro genioafflitto dalle classificazioni, spiegò che Gorey«andava benissimo per i bambini», il che èun’altracosa),dicendounasacrilegaimbecilli-tà, era scrittore e illustratore,attento, anzi, os-

sessionato dal linguag-gio e dalle sue infinitesfumature. Non poteva,dunque,nonamareino-mi: e collezionava anchequesti, infatti;e, nelcasodel suo, lo anagramma-va di continuo, produ-cendo molti alter ego.Ogdred Weary, peresempio, è l’autore di unsottilissimolibro"porno-grafico", The curious so-fa; la signora RegeraDowdyèquelladelPioin-fante ecosìvia.Altri libri,invece, erano a suo no-me: tra questi credo ilpiù "rappresentativo" diuna certa maniera gore-yana è The GashlycrumbTinies (I Piccini diGashlycrumb, il più re-

cente titolo adephiano), un abbecedario – al-tramania!–inrima(comel’Ospite, ilchemettesempre in difficoltà i traduttori) di 26 bambinidefunti per i motivi più diversi e riuniti in co-pertina sotto l’ombrello di una Signora Mortecheè,difatto,unadelleiconepiùduraturedel-la sua eredità visuale. Perché, effettivamente,EdwardGoreyènoto,forseingiustamenteno-to, per le sue atmosfere neogotiche e macabre(Tim Burton è un fedele seguace), per la pre-senza costante della morte, dell’oscuro, ancheseiodubitochesiaquestalasuacifrapiùsigni-ficativa. La sua produzione va invece inscrittadi più sull’inquietudine dell’ignoto: le storiespesso non hanno una fine, ma terminano dibotto, lasciandosospeso il lettore,rifiutandosi

di consolarlo, o dargli certezze, ma anche sullavorìocostantesullaparolaesul linguaggio,esullohumour cose, queste, che lo avvicinano aLeareaCarroll. InsommaGorey, loavetecapi-to, è un autore di culto, e lo è perché merita unculto. E poiché i suoi libri, compresi quellistampati in casa, con la Fantod Press (tra cuibellissimi flip book con elefanti volanti), sem-

pre"ambientati"inun’epocatardovittorianaeedoardiana(signoriconbaffiamanubrio,cor-nici, monocoli, bombette, vestiti svolazzanti,percapirci...)sonounaminieradideliziosostu-pore,eccochel’astadellacollezionedelprodut-tore cinematografico Sam Spiegel che andràbattutail7 maggio da Swann a New York, è unvero e proprio evento. E le quotazioni inizianoadessere anche parecchio interessanti.

Provate, ora, ad andare a vedere il catalogo(sulsitodellacasad’aste) e poi iniziatea cerca-re notizie e riferimenti di questo incredibilepersonaggio,se giànon loconosceteo loama-te. Vi accorgerete di esservi messi in casa an-chevoi un ospiteambiguo, cheè lìapposta perricordarvi cheilgenio si nasconde nelloscartodallanorma e che, ancora una volta, nei libri sitrovanostoriemeravigliosecheattendonoso-lodiesserescoperte.Sitrattasemprediaprirli,girare laprima pagina e...

© RIPRODUZIONE RISERVATA

maestri / 2

Le fonti italiane di Sendak

piccoli, macabri, capolavoriDa sin. in alto: la copertina del catalogodell’asta con l’inquitante «ospite» diGorey; una tavola da «I piccini», la

copertina di «Amphigorey», labambola di pezza realizzatasull’«ospite», le copertine di alcunilibri della Fantod Press di Gorey

Edward St. John Gorey (Chicago, 22febbraio 1925 – Hyannis, 15aprile 2000) è stato uno scrittoree illustratore statunitense. Oggi èun culto per i suoi appassionati lettori. Ècelebre per i suoi libri, illustrati quasi semprein bianco e nero, di grande finezza linguistica,con giochi di parole e nonsense, e spesso conargomenti macabri. Tra i suoi libri più noti (inItalia editi da Adelphi) ci sono L’ospiteequivoco, La bicicletta epiplettica, L’arpamuta, Un bellissimo orologio (illustrazionisu testo di Muriel Spark) e il recente I piccinidi Gushlycrumb. Gorey era anche editore dipersona. Con la sua Fantod Press harealizzato diversi libri, tra cui dei flip books.

tullio pericoli

Quantopensieronella mano

maestri / 1

Goreyografia per punta di matita

Maurice Sendak (New York, 10 giugno 1928– Danbury, 8 maggio 2012) è stato unoscrittore e illustratore statunitense. Èconosciuto principalmente per il libro Nelpaese dei mostri selvaggi, pubblicato nel1963 (in Italia fu portato da RosellinaArchinto). Le sue opere tornano pressoAdelphi, a partire da Orsetto, incui Sendak fir-ma le illustrazioni al testo di ElseHolmelund Minarik (pagg. 64, € 15,00),il primo episodio di una saga che haconquistato, nel mondo, milioni di lettorie che ora farà conoscere meglio a una nuovagenerazione di lettori i disegni di Sendak.

Va all’asta a maggioa New York la piùimportante collezionededicata alle operedello schivo e genialeartista Edward Gorey

di Goffredo Fofi

È venuto il momento di celebra-re Tullio Pericoli, artista tra ipiù rigorosi, tra i più conse-guenti e ostinati nelle sue con-

vinzioni e nelle sue sperimentazioni traquanti ne conti oggi l’Italia, più di quantiilpaese –e anzitutto lasua classe dirigen-te, ignorantissima – ne meriti, e più tra igiovani che tra i vecchi. Lo ha fatto anzi-tutto la casa editrice Adelphi raccoglien-do in due splendidi volumi una scelta deiRitratti e dei Paesaggi, che sono poi i duecampi in cui Pericoli si è cimentato di piùsia per piacere, soprattutto il secondo,che per lavoro, soprattutto il primo. Do-menico Rosa, valente giovane critico,giornalistadelSole24 Ore, hagiustamen-te ritenuto che fosse giunto il momentodi ascoltare Pericoli, non solo di guarda-re i suoi lavori ma di analizzarli con lui,di scavare nelle ispirazioni e nelle fonda-menta, di esplorare i risultati.

I Pensieri della mano sono questo,«una conversazione» che ci aiuta a capi-re Pericoli, ma che travalica continua-mente in altredirezioni grazie alla curio-sità e all’abilità dell’intervistatore e gra-zie al desiderio dell’intervistato di spie-gare, si direbbe anche a se stesso, stimoliprocedimenti risultati. Il percorso è affa-scinante e istruttivo, e dunque eccezio-nalmente "pedagogico": per l’ammirato-re di Pericoli che vuol capire meglio a co-sa è dovuta la sua ammirazione, ma an-che per il critico d’arte superficialee con-dizionato dei nostri anni, e infine, e so-prattutto, per il giovane studente che siaccosta, come oggi è straordinariamen-te frequente, al "lavoro" di artista, sia es-so di pittore o di grafico, di fumettista odi illustratore. Ripercorrere con Pericolile tappe del suo lavoro, non le cronologi-che ma leteoriche e le tecniche, è indaga-re il rapporto delicato e minuzioso tra ilpensare e il fare, tra l’idea e la sua messain atto, tra l’intuizione e la realizzazione,ed è in definitiva, come insiste Pericoli,ragionare sulla mano, il primo strumen-to. E secondo Pericoli la mano pensa,con una sua autonomia, delle sue normee delle sue bizzarrie, un suo tracciato. Edunque egli parla, spiega, racconta sti-molato dalle domande e considerazionidi Rosa, affascinate ma anche esigenti.

Questo agile ma denso volume è riccodi osservazioni che assumono a volte ilvalore di sentenze (sul metodo: «arrivaredai margini al cuore dell’espressione»;sul ritratto: che è «quello che io voglio»che lui, il ritrattato, «dica di sé»; sull’artecontemporanea,passata «dall’arena del-lacompetizione alrecinto deigiochi»giu-sta l’osservazione di Bacon che constata-va come, considerata appunto la sua tra-sformazione in gioco, forse l’arte «nonserve più a niente»; sulla mano comepunto di partenza e strumento e però an-che oggetto di ammirazione e di esame, einfine come ossessione, come tentativodi fissare nel disegno i «momenti in cuil’essere e il gesto diventano tutt’uno». Sipotrebbe proseguire a lungo, pescandoda queste cento pagine le frasi di sintesile più precise e le più aperte, fulminanti.Pericoli parla dei mille modi da lui speri-mentati nel ritrarre il volto di Beckett, ilpiù inquietante e intrigante di tutti i suoimodelli, o della necessità di arrivare, peresempio, a ritrarre Gadda a partire da uncontesto di oggetti, vesti, cose che aiuti-no a definirne il carattere, la diversità eunicità. Si tratta in ogni caso dei modi incui poter essere un artista del propriotempo, del nostro tempo, nell’adesione enella distanza da esso, da contempora-nei del meglio e delpeggio però intenzio-nati a "ritrarne" il meglio.

Ilparagoneforse piùambizioso chePe-ricolicipropone, coscientedelpropriota-lento e della serietà della propria ricerca,èquelloconItaloCalvino,«che haraccon-tato la preistoria del mondo e il suo futu-romache,nelmododinarrarequestesto-rie, di descriverne personaggi e vicende,voleva sentirsi un autore del suo tempo, eci teneva a dirlo». «Questo è anche il mioobiettivo», aggiunge Pericoli, suggeren-do anche un altro richiamo – che al letto-re non esperto ma sanamente curiosopuò risultare infine il più stimolante – ri-guardante un pittore e non uno scrittore:Van Gogh quando diceva di raffigurare icontadini curando la propria tela con lastessa misura (non trovo una parola mi-gliore) con la quale essi curavano i lorocampi. «La mano» come punto d’incon-tro tra artigianato e arte, tra tecnica eistinto, tra progetto e libertà.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Tullio Pericoli, Pensieri della mano.Una conversazione con DomenicoRosa, Adelphi, Milano, pagg. 126,€ 13,00

piero e blake | Alcune delle immagini(in dettaglio) sulle quali si è basata l’illustratriceAnna Castagnoli per comunicare la sua scoperta