Istituzioni di linguistica

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Istituzioni di linguistica. a.a. 2012-2013 Federica Da Milano [email protected]. Introduzione alla sociolinguistica. ‘varietà’: un’astrazione, non allude a specifiche manifestazioni concrete, ma a sistemi o sottosistemi che le hanno generate - PowerPoint PPT Presentation

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Istituzioni di linguistica

a.a. 2012-2013

Federica Da Milano

[email protected]

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Introduzione alla sociolinguistica

‘varietà’: un’astrazione, non allude a specifiche manifestazioni concrete, ma a sistemi o sottosistemi che le hanno generate

‘letto’: dia-letto, idio-letto, socio-letto, tecno-letto…

Ogni punto possibile di variazione rispetto a un tipo ideale --> variabile

Realizzazione specifica di una variabile --> variante

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Più in generale: si può considerare variante non solo un singolo elemento, segmento, ma l’insieme di tutti quei tratti che contraddistinguono un tipo di lingua senza che ancora si possa parlare di una vera e propria lingua diversa

La variazione è per definizione illimitata, in quanto i fatti linguistici sono un continuum

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Lingua/dialetto

Sia gli specialisti che i politici tendono a conferire lo statuto di lingua a quelle forme che sembrano più prestigiose e importanti in termini socio-politici: che sono cioè lingua nazionale di uno stato, o almeno lingua ufficiale, e che hanno dato luogo a una varietà scritta

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Individuate le lingue, le altre varietà sono considerate dialetti

Poiché questo criterio di suddivisione tiene conto soltanto di uno o più parametri relativi al peso funzionale di una lingua, ma non di criteri intrinseci, è evidente che qualunque altro tipo di classificazione potrà riconoscere varietà autonome che invece non hanno le caratteristiche sociopolitiche che si attribuiscono a una lingua

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Disseminate in tutte le pieghe del nostro discorso, spie più o meno minute danno al nostro interlocutore informazioni su chi siamo, che cosa crediamo di essere, perfino che cosa vorremmo essere

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In ogni comunità la differenza tra i sessi viene sottolineata e rinforzata in molti modi artificiali, dal vestiario al trucco, all’acconciatura, ai tatuaggi, ecc., e il più immediato ed evidente tra questi modi è l’uso del linguaggio

Es. giapponese: boku (masch.), atashi (femm.)arabo: ‘tu hai scritto’: katabti (femm.) katabta

(masch.)Forme di cortesia

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Lingue speciali

Varietà linguistiche di distribuzione circoscritta e riconosciute come tali, proprie di un gruppo all’interno della comunità

Per le società industriali un equivalente più tecnico e freddo, delle lingue speciali può essere costituito dai microletti o tecnoletti, sottovarietà di uso ben circoscritto, caratterizzate da una loro rigidità e regolarità d’uso e di forme

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Una lingua speciale non è un sistema autonomo, con una grammatica diversa; essa condivide la grammatica di una varietà di uso non ristretto e se ne differenzia soprattutto per il lessico e talvolta per la fonologia

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Es. lingue di casta;lingue professionali e gergaliGergo: lingua speciale (di un gruppo sociale

di basso statuto perlopiù), ma anche lingua incomprensibile, astrusa

Lingue religiose, segrete, iniziaticheLingue di evitazione (es. dyirbal: ‘lingue della

suocera’)

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Una lingua non è uno strumento neutroPrestigioIl prestigio è il risultato della combinazione di

più tratti positivi, ognuno relativo ad un’opposizione: es. uso scritto oltre a quello solo orale, uso letterario rispetto a quello non letterario, città/campagna, utilizzo da parte di classi socialmente più elevate…

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DiglossiaFerguson (1959)Uso di varietà contrapposte per un certo numero di

parametriDistribuzione funzionaleVarietà A (‘alta’) vs varietà B (‘bassa’)Es. GreciaKatharévusa vs. dhimotikíPaesi arabiArabo classico vs. varietà locali

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BilinguismoCompresenza di codici linguistici diversiCompetenza attiva vs. competenza passivaRepertorioIl parlante che ha a sua disposizione più codici li alterna

secondo una grammatica d’uso che è sensibile ai contesti e ai domini

Il passaggio da una varietà all’altra è detto ‘commutazione di codici’: esso può avvenire un numero di volte illimitato anche all’interno della stessa unità discorsiva, e può essere volontario e involontario

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Cortesia

La cortesia verbale ha innanzitutto lo scopo di tradurre nella gamma di espressioni disponibili il rapporto sociale che c’è tra noi e l’interlocutore, cioè le rispettive posizioni nella scala sociale

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Se l’asse principale della cortesia sembra essere, metaforicamente, una dimensione verticale (e del resto è normale parlare di ‘alte’ o ‘basse’ posizioni sociali all’interno della società, ancora un’altra dimensione interviene nell’interazione sociale ed è, per continuare ad usare l’immagine, quella orizzontale della maggiore o minore distanza o familiarità con l’interlocutore

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Il caso del giapponese

Morfologia verbale: le espressioni relative al livello di cortesia sono grammaticalizzate in giapponese probabilmente più che in ogni altra lingua

Anche se i parametri della cortesia linguistica sono centrali nella coscienza linguistica dei giapponesi, la straordinaria complessità del sistema del linguaggio onorifico (keigo) genera incertezza nell’uso persino tra i parlanti nativi

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Mentre nelle lingue d’Europa la cortesia linguistica interessa, generalmente, solo l’asse ‘parlante-destinatario’, in giapponese a tale dimensione si aggiunge quella del rapporto tra parlante e referente

Meue (‘superiore’) vs. meshita (‘inferiore’)La dimensione fondamentale del vivere sociale di

ogni giapponese è l’appartenenza di gruppo, che si traduce nella distinzione tra uchi (‘interno’) e soto (‘esterno’)

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I giapponesi usano l’espressione uchi per indicare, oltre alla propria casa, il luogo di lavoro, l’organizzazione o l’istituzione scolastica a cui appartengono

Uchi rappresenta l’estensione del sé, mentre soto rappresenta l’altro

L’uso di espressioni onorifiche non è appropriato sia quando ci si riferisce a se stessi, sia quando ci si riferisce a membri del proprio gruppo in un’interazione con un esterno al gruppo

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In presenza di esterni alla famiglia --> propri genitori: chichi, haha; genitori altrui: otosan, okasan

Prefissi o e go: es. gokenko ‘buona salute’, oshashin ‘fotografia’

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Verbi di ‘dare’ e ‘ricevere’

7 verbi diversi

‘dare’: distinzione tra ciò che viene dato ‘all’esterno, non a sé o ai membri del proprio gruppo, e quello che viene dato a sé o ai membri del proprio gruppo

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Es. gakusei ga tomodachi ni kamera o ageru

studente SOGG amico DAT macchina f.ACC dare-NONPASS

Lo studente dà una macchina fotografica all’amico

Tomodachi ga watashi ni kamera o kureru

Amico SOGG io DAT macchina f.ACC dare-NONPASS

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Pronomi personali:

1a persona

Watashi, watakushi --> masch. e femm.

Atashi --> femm. informale

Boku, ore --> masch.

2a persona

Kimi, omae, kisama --> masch. (raramente kimi femm.)

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Suffissi:

san, kun, sama, dono, chan --> aggiunti a nomi o cognomi come marche di diversi livelli di cortesia linguistica; la loro assenza indica familiarità o intimità o il fatto che si riferiscono al parlante stesso

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Japanese is a diversity-conscious tongue. Even if one does not assume any direct correlation between language and culture, one must acknowledge that Japanese, which is sensitive to diversity, reflects Japan’s cultural patterns to a considerable extent. […] The male language is supposed to be coarse, crude, and aggressive, while the female language is expected to be soft, polite and submissive (Sugimoto)