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ROMA FEBBRAIO 2013 ISTITUTO ANALISI TRANSAZIONALE NUMERO 6 SPECIALE IAT NEWS SOMMARIO Lettera del Presidente IAT Comitato di redazione IAT NEWS e WEB Managing editor Orlando GRANATI Cesare FREGOLA Editing Lidia CALO’ Web Master Patrizia VINELLA Cari soci, Questo numero monografico è dedicato interamente alla presentazione delle giornate IAT di Cortona. C’è una novità importante che riguarda le IAT news. A partire dal prossimo numero diventerà una rivista che sarà diretta da Cesare Fregola. Si concluderà così l’ultima tappa di un percorso evolutivo del nostro strumento di comunicazione. Vorrei cogliere quest’occasione per esprimere un ringraziamento particolare a Patrizia Vinella che in tutti questi anni ha fatto in modo di mantenere vivi gli scambi e i contatti con i soci attraverso una attività costante e il proprio investimento personale di tempo e lavoro. Senza di lei, probabilmente, molta della memoria storica professionale dell’IAT sarebbe andata persa. Attualmente il CD sta lavorando per raccogliere quanto è stato presentato nelle giornate IAT nel corso degli ultimi anni in modo da poter rendere fruibile a tutti i soci un patrimonio di riflessioni e lavori che meritano di essere condivisi. A questo proposito chiedo a tutti voi di collaborare a questa impresa che fa capo a Patrizia Vinella con Cesare Fregola e Cristina Innocenti, che si stanno occupando di raccogliere sia le presentazioni di Siracusa che quelle delle altre giornate degli ultimi anni. Stiamo anche costituendo un comitato di redazione. Chiedo quindi a chi è disponibile a offrire la propria candidatura di mettersi in contatto Cesare Fregola. Visto che questo è l’ultimo numero che esce in questo formato, voglio ringraziare Lidia Calò per il suo contributo all’evoluzione e al miglioramento delle IAT news di questi ultimi anni. Un ringraziamento anche a Marilla Biasci che si è occupata con pazienza di correggere le bozze di questo numero. Infine un’altra notizia: abbiamo deciso di tenere le prossime giornate IAT dal titolo “Dissonanze armoniche e collettività che curano” in Puglia a fine giugno. La data prevista da segnare in calendario è per i giorni 31 mag- gio, 1 e 2 giugno 2013. Un augurio di un ottimo 2013 a tutti, pieno di realizzazioni personali/professionali per ognuno di noi e per l’associazione. Eva Sylvie Rossi www.istitutoanalisitransazionale.it - LETTERA DEL PRESIDENTE pag 1 - INTERVENTO DI APERTURA pag 2 - IL CICLO DI SVILUPPO E IL CICLO DI ATTACCAMENTO pag 4 - LA NASCITA DI UN GENITORE pag 12 - BENESSERE E RELAZIONI pag 14 - EVOLUZIONE O LIQUIDAZIONE pag 16 - LA CRISI DELLA MATURITA’ E POSSIBILI EVOLUZIONI pag 18 - SALUTO A CARLA VERCELLINO pag 23 - GRUPPO BENESSERE E INTIMITA’ pag 24 - IL LIFELONG LEARNING pag 26 - LA PSICOTERAPIA COME UN VIAGGO pag 29 - PROGETTIAMO INSIEME pag 30 - NEWS DALL’AT pag 32 DIRETTIVO IAT Presidente: Eva Sylvie ROSSI [email protected] Vice Presidente e Tesoriere: Patrizia VINELLA [email protected] Segretario: Cesare FREGOLA [email protected] Consiglieri: Antonio FERRARA [email protected] Orlando GRANATI [email protected] Cristina INNOCENTI [email protected] Gaetano SISALLI [email protected] Soci fondatori e Past President: Carlo MOISO Michele NOVELLINO Gaetano SISALLI ASSOCIAZIONE IAT Via Piemonte, 117 00186 Roma tel/fax: 06.42013471 SEGRETERIA IAT Via A. Fleming, 2 70017 Putignano Bari tel/fax: 080.4055617 Cari soci, Si chiude un ciclo. IAT News cresce, diventando a tutti gli effetti una rivista. Questo numero, interamente dedicato alle Giornate IAT 2011, è l’ultimo nell’attuale formato. Dal prossimo, cambierà nome, avrà un riconoscimento formale e un inten- to scientifico più marcato e una redazione con una diversa composizione. Resterà lo spirito partecipativo e la volontà di rappre- sentare idee, di proporre stimoli e riflessio- ni, di riportare le esperienze di soci e non tra chi lavora nel nostro campo e con i nostri valori. Vi invitiamo quindi a far sì che la crescita della nostra rivista non si arre- sti, con le vostre proposte, i vostri contribu- ti e il vostro pensiero. La redazione NUMERO MONOGRAFICO “CICLI DI VITA”

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  • R O M A — F E B B R A I O 2 0 1 3

    ISTITUTO ANALISI TRANSAZIONALE NUMERO 6

    SPECIALE IAT NEWS

    S O M M A R I O Lettera del Presidente IAT

    Comitato di redazione IAT NEWS e WEB

    Managing editor

    Orlando GRANATI

    Cesare FREGOLA

    Editing

    Lidia CALO’ Web Master

    Patrizia VINELLA

    Cari soci,

    Questo numero monografico è dedicato interamente alla presentazione delle giornate IAT di Cortona.

    C’è una novità importante che riguarda le IAT news. A partire dal prossimo numero diventerà una rivista che

    sarà diretta da Cesare Fregola. Si concluderà così l’ultima tappa di un percorso evolutivo del nostro strumento

    di comunicazione.

    Vorrei cogliere quest’occasione per esprimere un ringraziamento particolare a Patrizia Vinella che in tutti questi

    anni ha fatto in modo di mantenere vivi gli scambi e i contatti con i soci attraverso una attività costante e il

    proprio investimento personale di tempo e lavoro. Senza di lei, probabilmente, molta della memoria storica

    professionale dell’IAT sarebbe andata persa.

    Attualmente il CD sta lavorando per raccogliere quanto è stato presentato nelle giornate IAT nel corso degli

    ultimi anni in modo da poter rendere fruibile a tutti i soci un patrimonio di riflessioni e lavori che meritano di

    essere condivisi. A questo proposito chiedo a tutti voi di collaborare a questa impresa che fa capo a Patrizia

    Vinella con Cesare Fregola e Cristina Innocenti, che si stanno occupando di raccogliere sia le presentazioni di

    Siracusa che quelle delle altre giornate degli ultimi anni. Stiamo anche costituendo un comitato di redazione.

    Chiedo quindi a chi è disponibile a offrire la propria candidatura di mettersi in contatto Cesare Fregola.

    Visto che questo è l’ultimo numero che esce in questo formato, voglio ringraziare Lidia Calò per il suo contributo

    all’evoluzione e al miglioramento delle IAT news di questi ultimi anni. Un ringraziamento anche a Marilla Biasci

    che si è occupata con pazienza di correggere le bozze di questo numero.

    Infine un’altra notizia: abbiamo deciso di tenere le prossime giornate IAT dal titolo “Dissonanze armoniche e

    collettività che curano” in Puglia a fine giugno. La data prevista da segnare in calendario è per i giorni 31 mag-

    gio, 1 e 2 giugno 2013. Un augurio di un ottimo 2013 a tutti, pieno di realizzazioni personali/professionali per

    ognuno di noi e per l’associazione.

    Eva Sylvie Rossi

    www.istitutoanalisitransazionale.it - LETTERA DEL PRESIDENTE pag 1

    - INTERVENTO DI APERTURA pag 2

    - IL CICLO DI SVILUPPO E IL CICLO DI ATTACCAMENTO pag 4

    - LA NASCITA DI UN GENITORE pag 12

    - BENESSERE E RELAZIONI pag 14

    - EVOLUZIONE O LIQUIDAZIONE pag 16

    - LA CRISI DELLA MATURITA’ E POSSIBILI EVOLUZIONI pag 18

    - SALUTO A CARLA VERCELLINO pag 23

    - GRUPPO BENESSERE E INTIMITA’ pag 24

    - IL LIFELONG LEARNING pag 26

    - LA PSICOTERAPIA COME UN VIAGGO pag 29

    - PROGETTIAMO INSIEME pag 30

    - NEWS DALL’AT pag 32

    DIRETTIVO IAT

    Presidente:

    Eva Sylvie ROSSI [email protected]

    Vice Presidente e Tesoriere:

    Patrizia VINELLA [email protected]

    Segretario: Cesare FREGOLA [email protected]

    Consiglieri:

    Antonio FERRARA [email protected]

    Orlando GRANATI [email protected]

    Cristina INNOCENTI [email protected]

    Gaetano SISALLI [email protected]

    Soci fondatori e Past President:

    Carlo MOISO

    Michele NOVELLINO

    Gaetano SISALLI

    ASSOCIAZIONE IAT Via Piemonte, 117

    00186 Roma

    tel/fax: 06.42013471

    SEGRETERIA IAT Via A. Fleming, 2

    70017 Putignano Bari

    tel/fax: 080.4055617

    Cari soci,

    Si chiude un ciclo. IAT News cresce,

    diventando a tutti gli effetti una rivista.

    Questo numero, interamente dedicato alle

    Giornate IAT 2011, è l’ultimo nell’attuale

    formato. Dal prossimo, cambierà nome,

    avrà un riconoscimento formale e un inten-

    to scientifico più marcato e una redazione

    con una diversa composizione. Resterà lo

    spirito partecipativo e la volontà di rappre-

    sentare idee, di proporre stimoli e riflessio-

    ni, di riportare le esperienze di soci e non

    tra chi lavora nel nostro campo e con i

    nostri valori. Vi invitiamo quindi a far sì che

    la crescita della nostra rivista non si arre-

    sti, con le vostre proposte, i vostri contribu-

    ti e il vostro pensiero.

    La redazione

    NUMERO MONOGRAFICO “CICLI DI VITA”

    mailto:[email protected]:[email protected]:[email protected]:[email protected]:[email protected]:[email protected]

  • I A T N E W S Pagina 2

    Vorrei aprire il mio intervento sui cicli di vita

    con una citazione di Ovidio da le Metamorfosi:

    I cieli e tutto ciò che sotto vi si trova,

    la terra e le sue creature,

    tutto cambia,

    e noi,

    parte della creazione,

    anche noi dobbiamo soffrire

    il cambiamento.

    Penso che come Analisti Transazionali pos-

    siamo definirci “agenti di cambiamento” ricol-

    legandoci a quanto indicato sul TAJ: “L’Analisi

    Transazionale è una teoria completa di perso-

    nalità e una psicoterapia sistematica per la

    crescita personale e il cambiamento sociale”1.

    E’ quindi nostra responsabilità avere uno

    sguardo attento sulla realtà che ci circonda, in

    tutti i suoi aspetti. La nostra epoca caratteriz-

    zata dal pensiero debole, in cui l’accento posto

    sull’interpretazione della realtà è stato un

    aspetto centrale, richiede un passaggio, forse

    attualmente già in corso, verso il cosiddetto

    pensiero forte, che pone attenzione alla rileva-

    zione dei dati di realtà in quanto tali, “nudi e

    crudi”, indipendentemente dalle interpretazio-

    ni che ognuno di noi ne può fare. Penso che

    questo implichi per noi, in quanto Analisti Tran-

    sazionali nei diversi campi di applicazione, la

    necessità di prestare attenzione all’influenza

    dei dati di tipo economico, sociale e tecnologi-

    co che fanno da sfondo nelle “relazioni di

    cura” e ”nelle relazioni di aiuto”.

    Sappiamo per quel che ci riguarda che il nu-

    mero globale, nel mondo, di persone sofferenti

    di depressione è in continuo aumento, sappia-

    mo che è aumentato nella congiuntura econo-

    mica attuale il numero dei poveri in Europa e

    negli Stati Uniti e che è aumentata notevol-

    mente, nei paesi occidentalizzati, l’aspettativa

    di vita (attualmente di circa 85 anni per le

    donne e 83 per gli uomini); altro dato di realtà

    rilevante è che il nuovo analfabetismo è, e

    sarà, quello tecnologico.

    Qual è l’influenza di questi fattori sui cicli di

    vita? Partendo da quest’ultimo fattore, per

    quelli di noi che hanno tra i 50 e i 60 anni,

    significa che, tecnologicamente parlando, se

    non si vuole essere fuori gioco, ci si deve alfa-

    betizzare.

    Abbiamo imparato da Piaget a prestare atten-

    zione ai cicli di sviluppo e ai suoi stadi, quello

    Senso motorio privo di oggetto, quello Preope-

    rativo rivolto a sensazioni e riflessi, quello Ope-

    rativo concreto rivolto alle percezioni e infine,

    quello Operativo formale, incentrato sulla re-

    versibilità.

    Sappiamo di Kohlberg e dei suoi studi sugli

    stadi di sviluppo morale, che rilevano il pas-

    saggio dall’orientamento su punizione-

    obbedienza, all’orientamento su principi uni-

    versali il cui “oggetto” è la società istituziona-

    le, attraverso i passaggi strumentale, interper-

    sonale e sociale.

    Conosciamo le fasi evolutive e le “crisi psicoso-

    ciali” descritte da Erikson, che afferma che

    l’adattamento biologico dell’uomo è una que-

    stione di cicli di vita che si sviluppano

    all’interno della storia della loro comunità in

    cambiamento.

    Qui in particolare cito gli ultimi: il sesto stadio

    che è quello della giovane età adulta che ri-

    guarda le possibilità di intimità contrapposta

    all’isolamento - amore - , il settimo stadio che

    ha a che fare con la generatività contrapposta

    al ristagno, e che riguarda la cura -“care”-,

    l’ottavo stadio che è quello dell’età anziana

    che riguarda l’integrazione contrapposta alla

    disperazione e che Erikson definisce come il

    periodo della saggezza.

    Come Analisti Transazionali conosciamo i cicli

    evolutivi descritti da Pamela Levin,

    Esistere - dalla nascita ai 6 mesi

    Fare - circolare, esplorare (6/18 mesi)

    Pensare - Scoprire, e scoprire anche i limiti,

    potremmo dire (18 mesi/3 anni)

    Identificarsi - Avere la propria opinione, cioè

    essere ciò che si è, che ha a che fare con la

    costruzione dell’identità (3/6 anni)

    Riuscire - che riguarda il fare a modo proprio

    secondo i propri principi

    e poi gli ultimi due

    Rigenerazione - che ha a che fare con il poter

    essere del proprio sesso (13/18 anni)

    Trasformazione - che riguarda “l’essere

    qui” (collocarsi, situarsi), aver completato il

    ciclo (20 +).

    Ma qual è il significato psicologico

    dell’esperienza di evoluzione attraverso i vari

    cicli, si tratta solo di differenziazione e di au-

    mento di autonomia? Di separatezza? E quan-

    to sappiamo su come intervenire in queste

    diverse tappe evolutive, come agenti di cam-

    biamento?

    La metafora di Berne della moneta storta nella

    pila di monete, che determina una pila che

    non può essere dritta finché non viene risiste-

    mata la moneta storta all’interno della pila,

    quindi l’intervento “riparativo”, rispetto alla

    moneta che ha determinato a suo tempo la

    “stortura“ successiva, in realtà non ci porta

    molto lontano. Oltre che sull’aspetto ripartivo,

    credo che il nostro orientamento dovrebbe

    essere sull’acquisizione di competenze nuove,

    all’interno di spazi ed ambienti che possano

    favorirne lo sviluppo.

    Le ricerche ci dicono che ci sono spazi fisici

    che favoriscono nuove acquisizioni di compor-

    tamenti. Kaizen verifica la “prova della teoria

    delle finestre rotte” secondo la quale “in am-

    bienti fisici trascurati, con segni di incuria, si

    sviluppano più frequentemente comportamen-

    ti antisociali “dimostrando gli effetti degli am-

    bienti degradati sulle manifestazioni di razzi-

    smo - in sale di aspetto disordinate e sporche

    le persone si siedono lontane da persone di

    etnia diversa, cosa che in una sala pulita e

    ordinata non si manifesta – (“manifestazioni

    inconsapevoli di razzismo”, Kaizen 2008).

    Le ricerche ci dicono anche che ci sono emo-

    zioni che favoriscono l’apprendimento di nuo-

    ve competenze (Isen 2001, Kurosu e Kashi-

    INTERVENTO DI APERTURA di Eva Sylvie ROSSI

    TSTA P, O

    Presidente IAT

    GIORNATA DI STUDIO IAT

    10 - 11 settembre 2011

    “Cicli di Vita” Benessere individuale e sociale

    Eva Sylvie Rossi Apertura Giornata

    Maria Assunta Giusti, Maria Grazia Piergiovanni, Elena Bruni “Il ciclo di sviluppo e il ciclo evolutivo dell’attaccamento: un ponte tra teoria dell’attaccamento e AT”

    Patrizia Vinella “La nascita di un genitore: riflessioni su percorsi di counselling per genitori”

    Orlando Granati “Benessere e relazioni: un approccio alla promozione della salute”

    Silva Niccolai “Evoluzione o liquidazione? Dal dubbio amletico infinite possibilità di esistere”

    Antonio Ferrara “La crisi della maturità e possibili evoluzioni”

    Gaetano Sisalli “Benessere e gruppi”

    Cesare Fregola “Il lifelong learning: la relazione di apprendimento nella società della conoscenza”

    Lidia Calò “Progettiamo insieme: un progetto-intervento interistituzionale rivolto agli adolescenti”

  • I A T N E W S Pagina 3

    mura 1995, Tractinsky, Katz e Ikar 2000).

    Tornando al tema di queste giornate, vorrei sot-

    tolineare alcune osservazioni che ho potuto

    fare, nell’arco di questi anni, sulle caratteristi-

    che con cui abbiamo attualmente a che fare nel

    nostro lavoro, rispetto alle ”evoluzioni della vita

    adulta”: un’assenza di confini - un esempio di

    questo è la mancanza di linee chiare di demar-

    cazione tra tempo libero e tempo personale,

    l’assenza di una distinzione netta fra vita lavora-

    tiva e collocamento a riposo, un sentimento di

    vulnerabilità legato alla mancanza di punti di

    riferimento che genera angoscia con il risultato,

    in alcuni casi, di un vissuto di onnipotenza che

    si rivela fragile (es: la percezione di inadeguatez-

    za in assenza del possesso di alcuni oggetti o

    qualità fisiche, o la percezione di onnipotenza,

    ahimè di brevissima durata, di fronte ad un suc-

    cesso), la ricerca di valori significativi attraverso

    approcci alternativi - omeopatia, volontariato in

    Africa, sostenibilità etica e attenzione alle tema-

    tiche legate all’ambiente e all’energia, la con-

    nettività per l’acquisizione di nuove conoscenze,

    per la verifica di possibilità, per risparmiare

    (Google, Groupon, E-bay), il fenomeno del cosid-

    detto “successful aging” - invecchiamento co-

    me tappa di vita significativa -. Nel 2050 ci sa-

    ranno quasi due miliardi di ultrasettantenni,

    quindi anziani, fortemente orientati verso una

    propria autoaffermazione, che si traduce con-

    cretamente in una vita vissuta come

    “significativa”.

    Tornando al tema dell’evoluzione della vita adul-

    ta, esiste uno studio americano, “il Grant

    Study”, che ha seguito un gruppo di individui per

    tutto l’arco della loro vita adulta, dall’età di 18

    anni fino all’età di 50, verificandone le evoluzio-

    ni, nel corso degli anni, attraverso interviste di

    psicologi, test e vari strumenti tratti da un ap-

    proccio prevalentemente psico-dinamico; dal

    risultato di questo studio longitudinale emerge

    che non sono i traumi che danno forma al no-

    stro futuro ma la qualità di relazioni significative

    con persone vissute come importanti nel corso

    della propria vita. Le vite cambiano e sono ca-

    ratterizzate da discontinuità. Capire la psicopa-

    tologia significa, oltre che capire i meccanismi e

    i processi di adattamento che non hanno funzio-

    nato, essere in grado di fornire lo spazio e il tipo

    di relazione sicura che permetta ai pazienti/

    clienti di individuare nuove opzioni e possibilità.

    In quanto Analisti Transazionali ritengo che dob-

    biamo prestare grande attenzione sia allo spa-

    zio relazionale, esemplificato dagli studi

    sull’attaccamento e sulla separazione (Bowlby,

    Mahler, Mary Main), che allo spazio fisico, cioè

    la collocazione del corpo nello spazio, negli am-

    bienti e nelle relazioni. Berne ha prestato atten-

    zione a questo, a suo tempo, come risulta evi-

    dente da diversi suoi scritti; nella mia attività

    professionale ho costantemente modo di verifi-

    care quanto il rilevare gli elementi legati alla

    valenza psicologica degli spazi, possa migliorare

    significativamente la qualità e l’efficacia degli

    interventi terapeutici, educativi, organizzativi e

    di counselling .

    1. Questa definizione dell’AT compare su

    ogni numero del TAJ a partire dall’aprile del

    1976, fino al 1984, poi misteriosamente do-

    po quella data scompare, vedi articolo Per-

    spectives on Theories of the Unconscious in

    Transactional Analysis (TAJ - Transactional

    Analysis Journal – Ottobre 2008 - Vol 3, n° 4).

    Bibliografia

    Erik H. Erikson

    Childhood and Society

    W. W. Norton & Company, NYC 1950

    George E. Vaillantd

    Aptation to Life

    Little Brown and Company

    Boston/Toronto 1977

    Robert Kegan

    The evolving self

    Harvard University press, London 1982

    Pamela Levin

    Becoming the way we are

    1th edition – Nora Gallagher 1974

    Donald E. Norman

    Emotional Design

    Apogeo, 2004

    Alice M. Isen

    An influence of positive Affect

    on decision Making in complex

    Situations: Theoretical Issues with

    pratical Implications

    Journal of consumer psychology 11 (2),

    pag. 75-85, 2001

    Eva Sylvie Rossi, M.T. Tosi, E. Cassoni,

    G. Cavallero, C. Moiso, M. Novellino,

    L. Quagliotti, P. Scilligo

    Perspective on Theories of the

    Unconscious in Transactional Analysis

    TAJ Transactional Analysis Journal –

    Ottobre 2008 - Vol 3, n° 4

    http://www.groupon/

  • Pagina 4 I A T N E W S

    IL CICLO DI SVILUPPO E IL CICLO EVOLUTIVO DELL’ATTACCAMENTO: UN PONTE TRA L’AT E LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO

    di

    Maria Grazia PIERGIOVANNI1

    Elena BRUNI2

    Maria Assunta GIUSTI3

    Nel corso degli ultimi anni numerosi autori hanno opera-

    to interessanti correlazioni tra la Teoria

    dell’Attaccamento e alcuni approcci psicoterapeutici

    (Ammaniti e Stern, 1992; Fonagy, 2001; Onnis, 2010;

    Cena, Imbasciati e Baldoni, 2010). Gli studi hanno

    riguardato, in particolare, le possibili convergenze con

    la psicoanalisi, i costrutti cognitivisti e l’ambito sistemi-

    co-relazionale.

    L’assunto che la Teoria dell’Attaccamento possa rappre-

    sentare una teoria ponte (Onnis, 2010) per le psicote-

    rapie, deriva oltre che dall’originale pensiero di Bowlby

    (1949; 1958; 1969) orientato a stabilire una connes-

    sione tra intrapsichico ed interpersonale, dall’esigenza

    espressa nei diversi campi della psicoterapia, di analiz-

    zare e studiare le analogie e gli aspetti di confronto tra i

    vari orientamenti.

    Riteniamo che questo “ponte fecondo tra

    territori diversi”, come sottolinea Onnis

    nella sua recente raccolta di scritti

    “Legami che creano, legami che cura-

    no“, possa essere edificato anche pen-

    sando all’A.T., non solo per un confronto

    creativo all’interno della comunità anali-

    tico transazionale, ma anche e soprattut-

    to per aprire una finestra e far conosce-

    re alla comunità scientifica internaziona-

    le la corrispondenza tra importanti costrut-

    ti A.T. e Teoria dell’Attaccamento.

    In particolare, riteniamo significativo ed originale pro-

    porre l’analisi di interessanti analogie riscontrabili in

    recenti studi, aventi a tema l’evoluzione concettuale

    dell’assunto berniano di Copione e il Modello Dinamico

    Maturativo dell’Attaccamento, proposto da Patricia

    Crittenden.

    In specifico, i contenuti della relazione si focalizzeranno

    sulle tre tematiche di seguito elencate:

    Teoria dell’Attaccamento, con particolare riguardo ai più

    recenti aspetti neurobiologici e al Modello Dinamico

    Maturativo della Crittenden;

    Correlazioni tra AT Classica e Teoria dell’Attaccamento;

    Teoria dell’Attaccamento e AT Integrativa.

    Relazione dott.ssa Maria Grazia Piergiovanni

    Teoria dell’Attaccamento, con particolare riguardo ai più

    recenti aspetti neurobiologici e al Modello Dinamico

    Maturativo della Crittenden.

    La Teoria dell’Attaccamento delinea una cornice teorica

    particolarmente fertile rispetto allo studio delle relazioni

    precoci che il bambino sviluppa nei primi anni di vita,

    contribuendo a chiarire come tali relazioni influenzino la

    maturazione cognitiva ed emotiva del bambino negli

    anni successivi.

    Ad introdurre per primo il concetto di attaccamento,

    intorno agli anni ‘50, è stato Bowlby, i cui assunti vengo-

    no edificati a partire da tre fondamenti concettuali:

    la psicologia cognitiva, l’etologia (a sua volta fondata

    sulla biologia evoluzionistica) e alcuni costrutti della

    teoria psicoanalitica sui rapporti oggettuali.

    L’autore ha modificato la concezione secondo la quale il

    legame di attaccamento materno è basato essenzial-

    mente sulla fame e sulla nutrizione (motivazione secon-

    daria), distaccandosi quindi dagli assunti della psicoa-

    nalisi classica e sottraendo il bambino a una relazione

    con l’altro dominata solo dalla soddisfazione di bisogni

    fisiologici; Bowlby ha il merito di aver costruito un ponte

    tra intrapsichico e relazionale, riconoscendo all’origine

    della motivazione umana un sistema innato, genetica-

    mente determinato, che porta l’individuo a ricercare, fin

    dalla nascita, la relazione con altri significativi.

    L’attaccamento è quindi una dimensione della mente

    umana che si struttura a partire dalle prime relazioni

    che il neonato instaura con chi si prende cura di lui e

    include emozioni, processi cognitivi e comportamenti

    che potranno influenzare la vita relazionale successiva.

    La madre e la relazione con lei, forniscono una base

    sicura dalla quale il bambino può allontanarsi per esplo-

    rare il mondo e farvi ritorno. Sulla base del concetto di

    imprinting, Bowlby afferma che i bambini molto piccoli

    vivono periodi sensibili durante i quali apprendono e

    fissano nella loro mente le caratteristiche della figura

    accudente (solitamente la madre), che diviene un punto

    di riferimento per la propria sopravvivenza. Il bambino è

    predisposto a sviluppare legami di attaccamento con

    chi si prende cura di lui, ciò significa che acquisisce un

    ruolo attivo nello strutturarsi della relazione, attraverso

    comportamenti che hanno lo scopo di mantenere il

    contatto con la madre ed attivano in lei una serie di

    comportamenti di risposta.

    Il bambino sviluppa dei Modelli Operativi Interni (MOI/

    IWM) che gli permettono di rappresentarsi mentalmente

    il legame di attaccamento, consentendogli di tollerare

    livelli di separazione progressivamente più lunghi e

    tener presente, al contempo, le intenzioni degli altri,

    formando legami più equilibrati e flessibili. Tali MOI, o

    rappresentazioni mentali, comprendono sia componenti

    emozionali che cognitive e si costituiscono gradualmen-

    te, a partire dalle esperienze vissute dal bambino con le

    figure di accudimento.

    Il punto di vista di Bowlby è dunque profondamente

    interattivo, poiché descrive il bambino come un indivi-

    duo che apprende ad essere attraverso l’interazione

    con il caregiver. L’autore, partendo dai costrutti sul

    comportamento di attaccamento, ha sviluppato lo stu-

    dio dei comportamenti di esplorazione a partire da una

    base sicura, fino a teorizzare la formazione di modelli

    operativi interni.

    Contributi fondamentali per le successive applicazioni

    della Teoria dell’Attaccamento sono stati quelli forniti

    dalla M. Ainsworth (1978), con la Strange Situation e

    dalla Main (1986), con l’Adult Attachment Interview

    (AAI).

    La Teoria dell’Attaccamento, grazie allo studio delle

    prime interazioni madre-bambino, pone in evidenza

    come la qualità dell’attaccamento mostri specifiche

    differenze individuali in base al tipo di esperienza che il

    bambino fa con le sue figure di riferimento primarie. In

    particolare, vengono analizzati gli aspetti connessi alla

    disponibilità e responsività materna. La valutazione

    della qualità del legame diadico è stata studiata per

    mezzo di una procedura osservativa standardizzata

    chiamata Strange Situation, ideata da M. Ainsworth nel

    1978 e volta a rilevare i comportamenti di attaccamen-

    to e di esplorazione in bambini di circa un anno d’età.

    Attraverso la strutturazione di un setting organizzato

    intorno a una definita sequenza di fasi, è possibile

    declinare le condotte attivate dai bimbi con le loro ma-

    dri in situazioni lievemente stressanti che,

    nell’accezione classica dell’autrice, permettono di iden-

    tificare alcuni specifici stili di attaccamento (sicuro - B,

    ansioso evitante - A; ansioso ambivalente - C), ai quali si

    è aggiunto, in seguito, un quarto pattern definito disor-

    ganizzato-disorientato da Main e Salomon nel 1986.

    L’attaccamento ai caregivers si sviluppa sulla base di

    Modelli Operativi Interni, sopra definiti, che maturano

    progressivamente nella mente del bambino, costituen-

    do un processo di generalizzazione delle esperienze

    affettive fatte in relazione alle figure primarie di attacca-

    mento; essi consentono, in primo luogo, la costruzione

    delle rappresentazioni del legame di attaccamento, ma

    costituiscono anche una guida del comportamento

    relazionale del bambino e dell’adulto poi. Il concetto di

    MOI è strettamente collegato a quello di transgenera-

    zionalità, che esplora le relazioni di attaccamento che i

    caregivers hanno avuto, a loro volta, con i propri genito-

    ri: attraverso l’uso dell’AAI, intervista semistrutturata

    costruita dalla Main e collaboratori, vengono anche

    indagati i ricordi specifici sull’accudimento ricevuto e la

    1. Neuropsichiatra Infantile, CTA Clinico

    Dirigente Medico UFSMIA USL Arezzo

    2. Psicologa e psicoterapeuta, in contrat-

    to CTA - C

    3. Psicologa e Psicoterapeuta

    TSTA Clinico

  • Pagina 5 I A T N E W S

    descrizione delle relazioni attuali.

    L’elemento interattivo diviene, dunque, struttura

    portante nel corso del lavoro svolto con il bambino:

    tale affermazione, sostenuta dalla maggior parte

    delle teorie dello sviluppo, è attualmente avvalorata

    anche da importanti ricerche effettuate nel campo

    delle neuroscienze. Schore (2008), in particolare,

    sostiene che la maturazione del sistema cortico-

    limbico, preposto alla mediazione delle funzioni di

    regolazione, fondamentali per la sopravvivenza

    biologica, affettiva e sociale di ogni essere umano,

    dipende dall’esperienza. Più in specifico, gli studi

    illustrano che il cervello non solo è un sistema auto-

    organizzato, ma che, nel corso dello sviluppo, in

    particolare nei primi due anni di vita, tale auto-

    organizzazione avviene nel contesto della relazione

    con un altro sé, con un altro cervello; questo altro

    sé, rappresentato dal caregiver primario, agisce,

    attraverso la trasmissione dell’esperienza e in quali-

    tà di regolatore psicobiologico esterno, sulla cresci-

    ta del sistema nervoso del bambino, i cui compo-

    nenti vanno rapidamente maturando nei primi anni

    di vita. Bowlby riteneva la visione un elemento im-

    portante per la strutturazione ed organizzazione di

    un attaccamento primario alla figura materna;

    l’imprinting veniva dunque a costituire il meccani-

    smo di apprendimento alla base della formazione

    del legame di attaccamento. Schore (2008) e Tre-

    varthen (1997) hanno recentemente specificato,

    attraverso i rispettivi lavori, che l’emisfero destro

    del bambino, dominante per la processazione

    dell’informazione visiva ed emotiva, oltre che per

    l’identificazione del volto materno e per la percezio-

    ne delle espressioni facciali materne che inducono

    arausal, viene psicobiologicamente sintonizzato

    all’output dell’emisfero destro della madre, che è

    coinvolto nell’espressione e processazione

    dell’informazione emotiva e nella comunicazione

    non verbale. In altre parole, il lattante utilizza

    l’output della corteccia destra materna, capace di

    regolare le emozioni, come stampo per l’imprinting,

    impianto base di circuiti nella corteccia destra del

    bambino, che andrà a mediare le sue capacità

    affettive in espansione. Schore descrive la dimostra-

    zione neurologica del dialogo non verbale tra infan-

    te e caregiver, riportando che zone corrispondenti

    dell’emisfero destro della madre e del bambino si

    illuminano alla PET nei momenti di interazione.

    Contemporaneamente a Bowlby, Berne elaborò

    negli anni 50 - a partire dagli studi di Federn, Pen-

    field e Weiss e mutuando anche elementi dalle

    ricerche di Spitz, Sackett e Haron - il modello teorico

    fondamentale dell’Analisi Transazionale, il cui fulcro

    è rappresentato dall’affermazione che esiste un

    ponte tra gli aspetti strutturali, cioè intrapsichici,

    della persona e quelli interpersonali, osservabili

    attraverso le transazioni comunicative (Ligabue,

    2001). Tale assunto, che in quegli anni poteva

    essere accolto come intuitivamente vero, è ora

    sostenuto - come sinteticamente riportato sopra -

    anche dagli studi condotti nel campo delle neuro-

    scienze: specifiche esperienze affettive di attacca-

    mento, vissute nei primi anni di vita, regolanti lo

    stress, sono iscritte nella corteccia orbito frontale,

    centrale di comando del sistema limbico durante le

    prime epoche di vita. Questa scoperta, rivoluziona-

    ria per i saperi di allora, a fronte della classica teori-

    a freudiana fondata sulle pulsioni intrapsichiche,

    determinò un acceso dibattito e gradienti significati-

    vi di resistenza all’interno della comunità scientifica

    internazionale, che osteggiò e, per certi versi, svalu-

    tò questi nuovi assunti, che portarono da una parte

    Bowlby a definire il concetto di Modelli Operativi

    Interni, e dall’altra Berne a declinare la sua teoria

    del Copione.

    Proporre un parallelo tra Bowlby e Berne nasce

    dunque da motivazioni profonde, che attingono le

    loro radici nel modo originale e creativo con cui i

    due autori hanno saputo porsi di fronte al reale: per

    entrambi l’osservazione ha rappresentato la chiave

    di volta attraverso la quale declinare ciò che oggi, in

    modo incontrovertibile, la neurobiologia conferma:

    lo sviluppo non procede per processi maturativi

    interni, ma tramite percorsi interpersonali, in altre

    parole gli incontri intersoggettivi costruiscono le

    funzioni psichiche.

    Le osservazioni cliniche condussero Berne a com-

    prendere che a stessa programmazione del copione

    avviene nel periodo dell’allattamento sotto forma di

    brevi protocolli che che possono diventare successi-

    vamente drammi complessi. Il copione rappresenta,

    dunque, la matrice su cui la persona forgia il proprio

    piano di vita, le sue modalità relazionali, finendo per

    costituire un definito programma di vita, costruito a

    partire dall’esperienza con le figure primarie di

    attaccamento, i caregivers, svolta nel corso delle

    interazioni precoci.

    Il concetto di copione, pur progressivamente am-

    pliatosi grazie al contributo di nuovi autori A.T., ha in

    questi fondamentali costrutti di Berne il suo signifi-

    cato essenziale.

    Queste analisi sono convergenti con i lavori di

    Bowlby sui Modelli Operativi Intern, che l’autore

    definisce come rappresentazioni interne della rela-

    zione di sé con l’altro, basi per i comportamenti

    relazionali futuri del bambino, che gli consentono di

    fare previsioni e crearsi aspettative, a fronte di

    quanto i suoi caregivers sapranno essere accessibili

    e responsivi alle sue richieste; congruenze ed affini-

    tà significative si evidenziano, inoltre, con uno dei

    più recenti sviluppi della Teoria dell‘Attaccamento,

    che andremo a descrivere di seguito: il Modello

    Dinamico Maturativo della Crittenden ( 1995; 2002;

    2008; 2010) (fig. 1 )

    P. Crittenden, allieva di Bowlby e della Ainsworth, ha

    elaborato una interessante prospettiva evolutiva,

    declinata a partire dalla stesura di un Modello Dina-

    mico Maturativo (DMM), dello sviluppo delle strate-

    gie di attaccamento, nella quale l’assunto di matu-

    razione è collocato in interazione dinamica con

    quello di esperienza. L’autrice sostiene infatti che,

    cambiamenti nella qualità dell’attaccamento si

    possono registrare in specifici periodi dello sviluppo,

    per una riorganizzazione dei processi affettivi, co-

    gnitivi e quindi anche degli stili di attaccamento.

    Grande rilievo assumono in questo modello la com-

    petenza evolutiva o la distorsione delle informazioni

    processate dal bambino, alla base della successiva

    organizzazione dei percorsi evolutivi adattativi. Per

    la studiosa l’attaccamento è: una relazione,

    l’elaborazione delle informazioni e una strategia per

    la gestione della relazione (Cena, Imbasciati e Bal-

    doni, 2010). La Teoria dell’Attaccamento afferma

    che le persone hanno una innata propensione ad

    organizzare specifiche strategie di protezione del sé

    e, successivamente alla pubertà, strategie sessuali.

    Crittenden sostiene, in specifico, che le strategie

    rappresentano il risultato di due fondamentali tipi di

    informazione: l‘ordine temporale degli stimoli senso-

    riali e la loro intensità; processati separatamente

    dal sistema nervoso centrale per strutturare infor-

    mazioni cognitive sulle relazioni causali e informa-

    zioni affettive sulle sensazioni somatiche associate

    ai contesti (Crittenden, 2008).

    Come riferito nella parte iniziale dell‘intervento,

    Ainsworth ha identificato tre configurazioni di attac-

    camento, successivamente Main e Crittenden,

    attraverso le rispettive ricerche, hanno ampliato il

    modello originale, proponendo rispettivamente

    il modello ABCD (Main e Solomon, 1990), e il mo-

    dello Dinamico Maturativo (Crittenden, 1995;

    2002).

    La proposta di Main, categoriale, definisce sostan-

    zialmente ciò che non può essere ricondotto alle

    configurazioni di Ainsworth (ABC) come disorganiz-

    zato o non classificabile, riducendo nell’ottica di-

    mensionale i soggetti C, spesso assunti nella cate-

    goria D (Crittenden, 2008)

    copyright P. M. Crittendem, 2001

    Analizzando il diagramma circolare del DMM, che

    comprende tutte le strategie di protezione del sé

    strutturabili in età adulta, è possibile rilevare quan-

    to segue: i soggetti che utilizzano le strategie collo-

    cate in alto nel modello non sono stati esposti a

    pericoli, progressivamente scendendo verso il basso

    l’esperienza di pericoli diventa più evidente. Inoltre,

    osserviamo che nelle strategie di attaccamento di

    tipo A sono in genere utilizzate informazioni cogniti-

    ve e vengono inibiti gli stati affettivi negativi. Nelle

    strategie di attaccamento di tipo C, vengono mostra-

    ti, a gradienti progressivamente crescenti, stati

    affettivi negativi intensi e contemporaneamente

    inibite le informazioni cognitive. All’interno del grup-

    po A, la sottoclasse compulsiva, non solo tende ad

    inibire gli stati affettivi, ma esterna quelli falsamen-

    te positivi. All’interno del gruppo C, la sottoclasse

    coercitiva ipertrofizza le manifestazioni affettive

    negative ed inganna l’altro rispetto a ciò che sta per

    accadere o vuole fare. Questi esempi chiarificano

    che i soggetti con strategie A e C operano, comun-

    que, una distorsione nell’elaborazione delle infor-

    mazioni, ricavando una rappresentazione non ade-

    guata dell’esperienza. Crittenden specifica che la

    persona non è consapevole di tale incongruenza ed

    agisce in rapporto alle sue informazioni, scorporate

    da tutti gli elementi ritenuti discrepanti. La strategia

    B, viceversa, rappresenta l’integrazione di affettività

    e cognitività, rivelandosi quindi la meno vulnerabile

    alla psicopatologia.

    Crittenden specifica che la gamma delle configura-

    zioni si sviluppa a partire dall’infanzia, espandendo-

    si durante l’età scolare e l’adolescenza, fino a com-

    pletarsi in età adulta.

    In questo modello le configurazioni A e C rappresen-

    tano, dunque, opposti psicologici; tale affermazione

    porta ad una duplice riflessione: la prima correlata

    al fatto che probabilmente esse potranno beneficia-

    re di forme diverse di trattamento, evidenziando

    dunque il limite di raggruppare i pazienti solo per

    categorie nosografiche basate sui sintomi, senza

    tenere conto delle specifiche strategie psicologiche

  • Pagina 6 I A T N E W S

    e comportamentali utilizzate; la seconda inerente la

    stretta corrispondenza tra questo assunto e il co-

    strutto AT di porte aperte e chiuse di Paul Ware

    (1983).

    Concludiamo la prima parte dell’intervento accen-

    nando ad un filone di ricerca particolarmente inte-

    ressante, avviato in un recente studio di Fonagy

    (luglio 2010), nel quale l‘autore, a partire da

    un’analisi confrontativa tra il modello della Main

    - definito categoriale - e quello della Crittenden-

    definito dimensionale - pubblica i primi risultati

    riguardanti possibili complementarità nella trasmis-

    sione delle strategie di attaccamento insicuro, che

    aprono nuovi scenari sulla clinica degli interventi

    precoci a favore della diade madre/bambino.

    Relazione della dott.ssa Elena Bruni

    Correlazioni tra AT Classica e Teoria

    dell’Attaccamento

    Il bambino trova un luogo di ascolto e risonanza tra

    il suo mondo interno, fatto di bisogni, in relazione

    con quello esterno. Questo Mondo esterno è Altro,

    Spazio e Tempo di ascolto, ed è uno spazio in cui il

    bambino trova un Riconoscimento di Sé, esiste

    all’interno della dinamica della relazione, quindi la

    relazione è l’unica situazione possibile nella quale il

    bambino può esistere.

    Nella relazione il bambino si forma quindi un con-

    cetto di Sé attraverso il vissuto con l’Altro che, in

    questa relazione, viene introiettato andando proprio

    a mettere le basi per il concetto di sé. Le strategie

    di attaccamento si formano, quindi, all’interno della

    relazione con l’Altro.

    A seconda della risposta che viene data

    dall’ambiente il bambino introietta un vissuto di sé

    nell’altro e di sé con l’altro, che va a gettare le basi

    per la costruzione del sé e in Analisi Transazionale

    costituisce il G1.

    Questa introiezione va a sua volta ad influenzare la

    percezione del proprio mondo interno, come una

    sorta di sistema a feed-back che, influenzando la

    percezione dei bisogni, ne condiziona poi la messa

    in relazione successiva con il mondo esterno. Quindi

    è come un circuito che si autoregola a seconda

    della risposta che ottiene.

    Il bambino impara, all’interno di questa relazione, a

    regolare la tensione emotiva attraverso la disponibi-

    lità emotiva della madre. E’ la madre che interpre-

    tando gli stati affettivi del figlio da un riconoscimen-

    to e questo riconoscimento dovrebbe essere dato

    con una decodifica emotiva del messaggio del bam-

    bino corretta; per far questo la madre dovrebbe

    avere una buona competenza emotiva per poter

    dare un riconoscimento. La disponibilità emotiva

    della madre a regolare gli affetti del figlio e la sua

    competenza emotiva sono fondamentali per la

    costruzione del legame di attaccamento e per deter-

    minare la qualità del legame di attaccamento

    (Emde, 1988).

    La madre opera quindi una Reverie, deve cioè avere

    una capacità di accoglienza e di trasformazione

    delle emozioni negative che il bimbo le sta proiet-

    tando (Bion, 1962). Per cui la prima relazione della

    diade è plasmata dalla rappresentazione e dalle

    fantasie che la madre ha sviluppato nel corso della

    vita a partire dalla propria infanzia: il primo legame

    è caratterizzato dalle fantasie della madre relative

    al bambino e dai propri vissuti di bambina con i

    propri genitori; la madre quindi attribuisce al figlio

    delle caratteristiche tramite il meccanismo

    dell’identificazione proiettiva e proietta proprio sul

    bambino il proprio sé e i propri oggetti interni

    (Brazelton, Cramer, 1990).

    Si parla quindi di una trasmissione da parte della

    madre al figlio, riprendendo il concetto di trasmis-

    sione transgenerazionale dei modelli relazionali per

    cui le esperienze vissute dal genitore nel passato

    vengono trasmesse al figlio e diventano proprio

    bagaglio del figlio. Le esperienze che vengono pas-

    sate possono essere positive ma anche esperienze

    negative, pertanto i fantasmi del passato dei genito-

    ri possono interferire nella relazione con i figli attra-

    verso proprio una comunicazione distorta tra il

    genitore e il bambino. Tutti questi messaggi vengo-

    no denominati all’interno di una serie di studi psico-

    analitici come matrice di trasmissione di caratteristi-

    che psichiche dalla madre del bambino. L’utilizzo

    del termine matrice richiama, a nostro parere,

    la matrice di copione con tutti i suoi messaggi.

    Le caratteristiche del funzionamento inconscio e

    i contenuti inconsci della madre o comunque di un

    determinato individuo vengono trasmesse alle ge-

    nerazioni successive. Si parla di madre perché ha

    un’influenza maggiore, ma è molto importante

    anche il contributo del padre.

    Alcuni autori parlano di una esperienza pre-verbale,

    corrispondente a scambi obbligati e automatici tra

    i membri della diade nel corso della quale i genitori

    immettono inconsciamente nel bambino aspetti del

    loro modello operativo interno (Lieberman et

    al. 1997); per scambi obbligati si intende per esem-

    pio quelli legati all’accudimento del bambino.

    Altri autori parlano di aspettative che si trasmettono

    dal mondo interno della madre a quello del bambi-

    no (Cramer, Palacio-Espasa, 1993).

    Altri ancora parlano di attribuzioni che i genitori

    rivolgono al proprio bimbo e che questi assume;

    attribuzioni positive favoriscono un buono sviluppo,

    attribuzioni negative o contraddittorie possono

    ostacolare lo sviluppo del senso di sé del bimbo

    (Cena, Imbasciati, Baldoni, 2010).

    Le aspettative, il mondo interno della madre che

    passa nel bambino e le attribuzioni che la madre fa

    nei confronti del figlio rimandano, secondo noi, ai

    messaggi di copione. Riteniamo quindi che questa

    possa essere considerata la prima correlazione che

    è stata trovata tra la teoria dell’attaccamento e

    l’analisi transazionale.

    Per vedere come tutti questi messaggi e la relazione

    influenzino la formazione del bambino, abbiamo

    utilizzato il diagramma di flusso patologico di Weiss.

    Attraverso questo strumento possiamo spiegare

    come la risposta dell’ambiente alle richieste del

    bambino, vada a innescare in lui due possibilità: un

    circolo “positivo”, che va a confermare la naturale

    posizione di Okness del bimbo alla nascita, oppure

    un circolo “negativo”, che invece porta ad agire

    tutta una serie di comportamenti quali giochi psico-

    logici, emozioni parassite, relazioni simbiotiche e

    tutto ciò che permette al bambino un soddisfaci-

    mento almeno parziale dei suoi bisogni. Tutto que-

    sto, secondo il modello AT, culmina con le decisioni

    di copione, mentre, secondo la teoria

    dell’attaccamento e il DMM, con la formazione delle

    strategie di attaccamento A o C.

    Tutti i bisogni, le emozioni, i desideri e i sentimenti

    che vengono espressi dallo stato dell’Io Bambino

    Libero possono essere soddisfatti o meno. Se ven-

    gono soddisfatti si innesca un circolo virtuoso,

    positivo, per cui il bambino conferma la sua posizio-

    ne di essere Ok e passa all’espressione del bisogno

    successivo. Se invece il bisogno non viene soddi-

    sfatto, ha una prima reazione di rabbia, paura,

    tristezza o frustrazione, e può decidere di dare se-

    guito rinforzando la sua richiesta, aumentando ad

    esempio l’intensità del pianto. In questi casi vi sono

    due possibilità: il bambino ottiene una risposta

    positiva e il suo bisogno viene soddisfatto, in modo

    da sentire riconfermata la condizione di essere Ok e

    poter passare al bisogno successivo, altrimenti, se

    riceve di nuovo una risposta negativa, entrano in

    gioco le decisioni di copione. Il bambino può pren-

    dere una decisione di copione che lo porterà a met-

    tere in atto una serie di strategie e comportamenti

    volti ad appagare il proprio bisogno in modo non

    sano né buono per sé.

    Queste strategie vengono progettate e proposte dal

    Bambino Adattato e consistono in tutta una serie di

    comportamenti che comprendono, come già detto,

    giochi psicologici, emozioni parassite, relazioni

    simbiotiche e tutto quello che può portare il bambi-

    no ad avere almeno un parziale soddisfacimento di

    questi bisogni. Tutti questi comportamenti vanno

    anche a confermare la posizione esistenziale di non

    essere ok che, se rinforzata dall’ambiente esterno,

    va a costituire un modello di risposta e uno schema

    di comportamenti che, a sua volta, rinforza la deci-

    sione di copione.

    La stessa modalità porta al formarsi delle strategie

    di attaccamento insicuro, quelle denominate A e C,

    messe in atto dal bambino per adattarsi a soddisfa-

    re il proprio bisogno di sicurezza, di protezione, di

    essere amato.

    Anche queste strategie si rinforzano in base alla

    risposta che il bambino ottiene dall’ambiente ester-

    no. Nel caso in cui egli non ottenga di soddisfazio-

    ne, le sue reazioni possono essere di alzare

    l’intensità della richiesta e, se funziona, strutturare

    un modello orientato verso una strategia di tipo C,

    di aggressione e sottomissione con alternanza di

    richieste, espresse in maniera elevata e comporta-

    mento di sottomissione o, invece, decidere di inibire

    la propria richiesta, cessando di chiedere e andan-

    do quindi verso una strategia di tipo A. Gli stimoli

    ambientali e i messaggi genitoriali vengono utilizzati

    parallelamente per formare le decisioni di copione,

    il copione e le strategie di attaccamento.

    Prendiamo adesso in considerazione le posizioni

    esistenziali.

    Abbiamo visto che questo meccanismo di soddisfa-

    zione e frustrazione dei bisogni va a confermare la

    posizione ok o non ok del bambino e abbiamo quin-

    di pensato di associare proprio le strategie di attac-

    camento con le posizioni esistenziali.

    La posizione IO + TU + potrebbe essere quella di una

    strategia di attaccamento di tipo B, quella IO - TU + di

    tipo A, per cui io svaluto me stesso in favore

    dell’altro, la strategia di tipo C invece corrisponde-

    rebbe ad una posizione esistenziale opposta, di tipo

    IO + TU - , quindi è più importante la mia richiesta e

    la porto avanti a qualsiasi costo.

    IO – TU – potrebbe rappresentare la strategia

    tipo A/C

    Andiamo ora ad analizzare le singole tipologie di

    adattamento utilizzando le modalità diagnostiche

    del linguaggio dell’Analisi Transazionale.

    La strategia di attaccamento di tipo A

    Le persone con attaccamento di tipo A, privilegiano

    l’utilizzo di informazioni cognitive a scapito di quelle

    affettive per orientare e organizzare i propri compor-

    tamenti (Crittenden, 2008).

    Utilizzando il diagramma strutturale possiamo ipo-

    tizzare che ci sia una esclusione o una difficoltà

    nell’entrare in contatto con il proprio stato dell’Io

    Bambino e il vissuto di sentimenti negativi viene

    inibito o non riconosciuto. Potrebbe anche trattarsi

    di una contaminazione del Genitore sull’Adulto, il

    che spiegherebbe tutta quella operazione di falsifi-

    cazione e distorsione delle informazioni che agisco-

    no le persone con strategia di tipo A.

  • Pagina 7 I A T N E W S

    Con l’Egogramma di Dusay, strumento utilizzato per

    rappresentare gli Stati dell’Io dal punto di vista

    funzionale, vediamo che gli Stati dell’Io maggior-

    mente energizzati sarebbero quello del Genitore,

    più precisamente un Genitore Normativo rivolto

    verso se stessi e un Genitore Affettivo rivolto

    all’altro ma non a sé, così come un Bambino Adatta-

    to a quelle che si ritiene siano le richieste

    dell’ambiente.

    Abbiamo provato a ipotizzare quale potrebbe essere

    la matrice di copione di una persona con strategia

    di attaccamento di tipo A.

    Per quanto riguarda le spinte, sembrerebbero pre-

    dominanti “Compiaci”, che porta la persona ad

    adattarsi alle richieste esterne e “Sii Forte”, che

    porta a negare i propri bisogni e il proprio sentire,

    pur di rimanere in relazione con l’altro. Le ingiunzio-

    ni “Non essere intimo” e “Non sentire”, mentre per

    quanto riguarda il programma potrebbe essere

    “Ecco come compiacere e ignorare i propri senti-

    menti”. Ne seguirebbe una decisione di copione che

    potrebbe essere del tipo “Non sono importante e/o

    non sono degno di essere amato” , con una decisio-

    ne di controcopione che è diversa a seconda

    dell’indice di attaccamento che si va a considerare,

    per esempio per l’indice A3-4, cioè Accudente com-

    pulsivo e Obbediente compulsivo, potrebbe essere

    “Farò tutto quello che posso per compiacere l’altro

    così non sarò abbandonato” mentre per A5-6, Auto-

    sufficiente o Compulsivamente promiscuo, “Non

    entrerò in intimità con nessuno per non essere

    ferito”. Quindi man mano che ci si sposta verso

    indici più alti è più estrema la decisione.

    Le persone con attaccamento di tipo A manifestano

    dei falsi affetti positivi talvolta esagerati che inibi-

    scono le loro vere emozioni. In questo senso anche

    l’utilizzo della gioia potrebbe essere una emozione

    parassita che va a coprire, a sostituire la rabbia o la

    paura. Le emozioni parassite sono emozioni che il

    bambino impara ad utilizzare per coprire le sue vere

    emozioni, perché potrebbero spaventare la madre:

    c’è proprio una sorta di spostamento, di sostituzio-

    ne, che il bambino fa pur di mantenere la relazione.

    Per esempio la rabbia o la paura sono emozioni che

    possono spaventare la madre e, di fronte alla mi-

    naccia di perdere la figura di accudimento, il bambi-

    no può inibirle e sostituirle con emozioni diverse, ad

    esempio la gioia, per fare in modo che la madre

    provi più piacere a stargli vicino, dato che è felice e

    contento. Naturalmente alla base c’è una svaluta-

    zione del Sé: il tipo e la modalità di svalutazione

    sono diversi a seconda della classe di attaccamen-

    to, più alto è l’indice dei pattern di attaccamento,

    più basso sarà quello di svalutazione nella matrice

    di svalutazione degli Schiff (Schiff, 1975) e la svalu-

    tazione sarà più profonda e radicata.

    Il tipo e la modalità sono quindi differenti a seconda

    del diverso indice di attaccamento e, per esempio,

    una persona con attaccamento A3-4 potrebbe avere

    una svalutazione in T4, una persona con un attacca-

    mento A5-6 in T2.

    Nella popolazione clinica è più frequente avere a

    che fare con bambini con attaccamento di tipo C

    che con quelli con attaccamento di tipo A; infatti

    vengono generalmente portati in consultazione quei

    bambini che i genitori non riescono a gestire proprio

    perché utilizzano delle modalità di relazione che

    prevedono dei comportamenti esagerati, soprattutto

    per quanto riguarda l’espressione degli affetti nega-

    tivi. I bambini con strategie di tipo A invece, sono

    dei bambini estremamente tranquilli e apparente-

    mente allegri che difficilmente vengono portati da

    uno specialista, a meno che non producano un

    sintomo che possa far trapelare la loro sofferenza.

    Al contrario, per quanto riguarda invece la popola-

    zione adulta, è più alta la percentuale delle persone

    con strategie di tipo A; infatti queste persone posso-

    no dover pagare il prezzo di questa forte sofferenza

    che hanno mascherata, ma che ha raggiunto un

    livello di dolorosità che non è più sostenibile.

    E’ vero anche che la strategia di tipo A si consolida

    in termini evolutivi intorno all’adolescenza, mentre

    quella di tipo C è fisiologicamente presente già dai

    due-tre anni. Si ha quindi una diversa distribuzione

    delle differenti strategie di attaccamento, a seconda

    delle fasce di età che andiamo a prendere in consi-

    derazione.

    I bambini con attaccamento di tipo A possono entra-

    re in relazione simbiotica con la madre con una

    simbiosi di secondo tipo, quindi una relazione molto

    profonda.

    C’è proprio una configurazione di attaccamento, il

    tipo A3 che è etichettato come Accudente compulsi-

    vo e la definizione del pattern dice sono bambini

    detti accudenti compulsivi, sono cioè quei bambini

    che per garantirsi la sopravvivenza hanno dovuto

    mettere da parte i propri bisogni per occuparsi di

    quelli della madre. C’è proprio una inversione di

    ruoli perché il figlio non viene accudito dalla madre,

    ma è lui stesso che si occupa di lei. (Crittenden

    2008) Se vogliamo utilizzare il linguaggio analitico

    transazionale, questa è proprio la descrizione della

    simbiosi: una relazione nella quale il bambino è

    portato a crescere in maniera precoce per occuparsi

    dei bisogni del Bambino della madre. Una volta che

    questo bambino sarà diventato adulto, tenderà a

    riprodurre lo stesso modello di relazione e a istaura-

    re quindi legami simbiotici, dove i propri bisogni

    saranno sempre svalutati pur di avere quei ricono-

    scimenti e quelle carezze che per lui sono familiari.

    Abbiamo visto come le persone con strategia di tipo

    A avessero una posizione esistenziale Io non sono

    Ok, Tu sei Ok e apparentemente questo elemento è

    in contrasto con il fatto che queste persone metta-

    no in atto delle relazioni simbiotiche nelle quali

    vanno proprio ad accudire l’altro mostrando quindi

    una posizione Io sono Ok, Tu non sei Ok. Possiamo

    quindi considerare questa seconda posizione come

    quella sociale, la maschera che viene mostrata

    all’esterno che va però a coprire la posizione esi-

    stenziale psicologica che è quella depressiva, come

    viene confermato anche dalla stessa Crittenden e

    da Bowlby per cui questi bambini con accudimento

    compulsivo, una volta diventati adulti sono significa-

    tivamente più infelici degli altri perché non hanno la

    capacità di accudire sé stessi e vanno più frequen-

    temente verso aspetti depressivi. Si conferma quin-

    di l’idea che una persona non abbia una sola posi-

    zione stabile e fissa, ma che le due posizioni oppo-

    ste si alternino nell’intrapsichico e

    nell’interpersonale.

    I comportamenti passivi che manterranno la simbio-

    si nei rapporti adulti saranno l’astensione e

    l’iperadattamento: io mi adatto a quelle che credo

    siano le tue richieste e i tuoi bisogni e inibisco le

    mie reazioni. Ci sarà una svalutazione di sé a livello

    dell’importanza degli stimoli e della possibilità di

    cambiamento: queste persone infatti sono convinte

    di non avere gli strumenti e neanche la possibilità di

    uscire da una situazione o modificarla.

    La strategia di attaccamento di tipo C

    Le persone con attaccamento di tipo C privilegiano

    le informazioni di tipo affettivo per orientare il loro

    comportamento escludendo le informazioni cogniti-

    ve (Crittenden, 2008). Se consideriamo la struttura

    di personalità di questi individui, utilizzando sempre

    la diagnosi strutturale, vediamo che è presente una

    contaminazione del Bambino sull’Adulto, per cui ciò

    che la persona vive e sente viene da lei stessa

    utilizzato per prendere decisioni e mettere poi in

    atto comportamenti e richieste.

    Dal punto di vista funzionale, continuando a utilizza-

    re l’Egogramma, vediamo che gli stati dell’Io mag-

    giormente energizzati sono il Bambino Ribelle e il

    Bambino Iperadattato.

    La strategia che possono mettere in atto le persone

    con attaccamento di tipo C viene definita COY. Con-

    siste in una alternanza di comportamenti di sotto-

    missione e aggressione che, in termini analitico

    transazionali, potrebbe essere spiegata attraverso

    l’utilizzo del triangolo drammatico di Karpman

    (Stewart, Joines, 1990).

    Si tratta di uno strumento che in AT viene utilizzato

    per spiegare i giochi psicologici e rappresentarli

    graficamente: nel corso del gioco, una persona

    inizia il gioco da una posizione che le è più conge-

    niale per poi passare in un’altra posizione. In questo

    caso, il bambino che utilizza un comportamento

    COY (sottomissione e aggressione), fa una richiesta

    partendo dalla posizione di Vittima, in modo da

    attivare nell’altro la posizione di Salvatore e ottene-

    re così la soddisfazione del proprio bisogno.

    Nel caso non ottenga la risposta desiderata e vada

    incontro a un vissuto di frustrazione, si va verso una

    escalation della richiesta fino a passare dallo stato

    di Vittima a quello di Persecutore. La persona che

    utilizza un comportamento aggressivo da Persecuto-

    re mette l’altro in una posizione di Vittima che, o

    acconsente alla richiesta pur di far cessare il com-

    portamento persecutorio, oppure subisce e soppor-

    ta l’aggressività andando incontro ad una forte

    sofferenza.

    La svalutazione operata dalle persone con strategia

    di tipo C è una svalutazione degli altri e della situa-

    zione, si ritiene cioè che l’altro non sia in grado di

    rispondere al proprio bisogno.

    Anche le persone tipo C potrebbero istaurare rap-

    porti di tipo simbiotico, come quelle tipo A, ma utiliz-

    zando una simbiosi di primo tipo e ponendosi in una

    posizione opposta rispetto a quella del tipo A, per

    cui si pongono nella condizione di essere accuditi

    mostrandosi incapaci mentre sarebbero in grado.

    La posizione C4 viene etichettata proprio come

    “Fintamente incapace”: la persona cioè si incapaci-

    tà, nonostante sia in grado, affinché l’altro possa o

    debba soddisfare il suo bisogno. Il bambino utilizza

    quindi solo il suo B, escludendo completamente o in

    parte i suoi stati dell’Io Adulto e Genitore e la pro-

    pria capacità di risolvere la situazione andando ad

    attivare il Genitore e l’Adulto nella madre. Nelle

    relazioni da adulo questa persona riproporrà le

    stesse dinamiche che ha avuto con la madre e

    cercherà quindi qualcuno che possa “salvarlo” dalla

    sua incapacità.

    Anche qui ne consegue quindi una riflessione ulte-

    riore sulle Posizioni Esistenziali: la strategia di attac-

    camento di tipo C era stata accostata alla posizione

    esistenziale Io non sono Ok, tu sei Ok. Dobbiamo

    precisare che questa posizione è di tipo sociale,

    come se fosse una maschera, che va invece a copri-

    re la vera posizione esistenziale, o posizione psico-

    logica che è Io sono Ok e Tu non sei Ok, per cui io

    mi mostro incapace e bisogno affinché tu possa

    prenderti cura di me, ma per stimolarti devo usare

    una richiesta esagerata perché è l’unica condizione

    nella quale tu ti accorgi di me e soddisfi il mio biso-

    gno. Se io non arrivassi ad esagerare la mia richie-

    sta tu saresti sordo alle mie richieste e tra noi non

    potrebbe esserci nessuna relazione.

    La simbiosi verrebbe espressa utilizzando compor-

    tamenti passivi di agitazione e incapacitazione o

  • Pagina 8 I A T N E W S

    violenza che richiamano molto bene quei comporta-

    menti che la Crittenden definisce aggressività e

    sottomissione che caratterizzano la strategia COY.

    Vorrei concludere presentando una definizione dei

    disturbi emotivi che integra quelle di Berne e della

    Crittenden:

    I disturbi emotivi sono comportamenti appresi,

    basati su decisioni dell'infanzia e rappresentano un

    compromesso del bambino tra il soddisfare i propri

    bisogni e l'andare d'accordo con le figure genitoriali.

    Noi facciamo sempre tutto quello che possiamo per

    aumentare al massimo il piacere e ridurre al mini-

    mo il dolore (Wollams Brown, 1985), quindi potrem-

    mo dire che facciamo tutto quello che possiamo per

    mantenere uno stato di attivazione confortevole e

    ridurre al minimo il pericolo.

    Relazione dott.ssa Maria Assunta Giusti

    Teoria dell’Attaccamento e AT Integrativa

    Siamo partiti dalla teoria dell’attaccamento (Bowlby)

    sottolineando la funzione protettiva del caregiver

    per arrivare al modello dinamico maturativo

    (Crittenden) che sposta l’accento sul funzionamento

    e quindi sulle capacità adattive intese come com-

    patibilità tra strategie e contesto che creano la

    sicurezza. Abbiamo inoltre visto come l’accento sia

    andato negli anni sempre più a centrarsi sulla rela-

    zione di cui Berne intuitivamente aveva parlato

    spiegando la differenza dalla fame biologica alla

    fame di stimoli, struttura e riconoscimento

    (successivamente Erskine parlerà di fame di relazio-

    ne come motivazione principale nello sviluppo uma-

    no). Quindi alla luce di quanto detto attualmente

    possiamo considerare l’attaccamento come una

    strategia per la protezione del Sé che viene appresa

    e collaudata nell’interazione con le figure parentali

    e con l’ambiente.

    Da una teoria dell’attaccamento a carattere difensi-

    vo passiamo a una co-costruzione contemporanea e

    reciproca tra bambino e genitore, dove la capacità

    stessa di attaccamento e protezione è sottolineata

    come capacità di entrambi. E’ nella reciprocità che

    si crea percezione di sé, dell’altro e della relazione,

    con reciproca stimolazione e strutturazione

    all’interno di un contesto di crescita di cui

    l’individuo ha bisogno per esistere e apprendere.

    Riteniamo che il bisogno di appartenenza sia alla

    base dei bisogni umani e vada ad aggiungersi agli 8

    bisogni relazionali di Erskine.

    Se poi parliamo di strategie di relazione e sopravvi-

    venza, che facilitano o favoriscono il bisogno di

    appartenenza e quindi crescita dell’individuo, allora

    dobbiamo anche modificare la nostra percezione di

    fronte al sintomo che a questo punto può conside-

    rarsi non tanto una caratteristica della patologia

    quanto di una strategia di sopravvivenza con aspet-

    ti funzionali al mantenimento della relazione. Il

    sintomo diventa un “dono” cioè un segnalatore

    della richiesta di aiuto, un discorso che narra la

    sofferenza del singolo e del suo sistema, e che da la

    possibilità ad entrambi (genitore e bambino) di

    sopravvivere.

    Tutto questo sposta la nostra attenzione da una

    posizione di cura ad una posizione di avere cura.

    Dalla patologia alla persona, dalla decisione copio-

    nale e relativa ridecisione alla strategia di un piano

    di vita e alla sua modificabilità per competenze

    evolutive attraverso una relazione coinvolta che da

    il supporto adeguato al cliente per arrivare ad un

    processo di comprensione del sé. E’ attraverso il

    contatto con se stessi che si riconoscono i propri

    bisogni e si entra in una relazione sintonizzata che

    permette di fare contatto anche con l’esterno, con

    l’altro.

    Per confermare il concetto sopra esposto, possiamo

    leggere la definizione di Adulto Integrato di Erskine

    che è traducibile come la possibilità di esercitare

    una nuova strategia adatta al contesto e alla capa-

    cità evolutiva, alla comprensione ed elaborazione

    integrata del conflitto tra introietto e fissazione.

    Il trattamento dovrebbe focalizzarsi sulla possibilità

    di mettere i soggetti in grado di riflettere sulle condi-

    zioni interne ed esterne che favoriscono il contesto

    del loro comportamento, di esercitare una risposta

    in condizioni non rischiose e imparare ad adattare

    le strategie ai contesti, allo scopo di ottenere la

    massima sicurezza e protezione (1).

    (1) L’affermazione della centralità della relazione

    per lo sviluppo sano della persona e dei suoi confi-

    ni, porta Erskine ad abbandonare il modello concet-

    tuale, strutturale e funzionale di Berne degli stati

    dell’Io. Per Erskine c’è uno stato dell’Io Adulto inte-

    grante, che accoglie ciò che accade, momento per

    momento, sia all’interno sia all’esterno di sé, le

    esperienze passate e i loro effetti conseguenti, le

    identificazioni e le influenze psicologiche con altre

    persone significative della vita; o c’è uno stato

    dell’io adulto che a seguito di traumi relazionali non

    riesce a integrare le esperienze e si difende incon-

    sapevolmente attraverso l’introiezione dando luogo

    alla creazione di stati dell’io scissi ovvero lo stato

    dell’Io Bambino (fissazione) e lo stato dell’Io Genito-

    re (introietto).

    Con l’A.T.I. quindi c’è il superamento del sistema

    egoico tripartito e con la teoria dell’attaccamento

    (DMM) della Crittenden abbiamo il superamento da

    stile di attaccamento a processo relazionale.

    L’attaccamento quindi coincide con un processo di

    apprendimento della regolazione basato sulla rap-

    presentazione mentale. Gli stimoli (fame di stimoli)

    forniti dell'esperienza creano una rete neuronale

    che da la possibilità all’individuo di avere struttura

    (fame di struttura) creando nella reciprocità (fame

    di riconoscimento) delle rappresentazioni mentali.

    L’attaccamento parla di M.O.I. e l’A.T. parla di Q.R.

    entrambi predispongono l’individuo alla relazione

    con l’altro partendo da una posizione strategica

    spesso filtrante il contenuto reale.

    Secondo la Crittenden le strategie di attaccamento

    vengono incamerate attraverso passaggi preferen-

    zialmente cognitivi o affettivi (emotivo o cognitivo

    integrati). Il conflitto dipende da una condizione

    temporale, cioè la successione temporale in cui

    l’esperienza si è formata, l’affettivo dipende

    dall’intensità. La condizione di equilibrio è quella

    dove affettivo e cognitivo si mettono insieme. In A.T.

    parliamo anche di canali preferenziali, porte aperte

    o chiuse (Paul Were) a seconda del modo di relazio-

    narsi e in A.T.I. parliamo di domini cognitivo, affetti-

    vo, comportamentale e emotivo. Quando l’Adulto è

    integrato ha un buon contatto con sé e con l’altro e

    la sua energia fluisce nei quattro domini.

    L’organizzazione delle esperienze e la creazione di

    strategie rendono prevedibile l’ambiente e

    l’esperienza (fame di struttura e organizzazione del

    tempo di Berne).

    Nella sua definizione del copione di vita Erskine

    parla di un modello relazionale inconscio, basato su

    reazioni di sopravvivenza, conclusioni esperienziali

    implicite e decisioni esplicite e introiezioni autorego-

    latorie prese sotto stress, in qualunque epoca dello

    sviluppo, che inibiscono la spontaneità e limitano la

    flessibilità nella risoluzione dei problemi, nel mante-

    nimento della salute e nella relazione con le perso-

    ne. Le “reazioni fisiologiche di sopravvivenza” e le

    “conclusioni esperienziali implicite” di cui parla

    Erskine non sono altro che i modelli sub-simbolici e

    pre-simbolici che per Bowlby, e per gli studiosi suc-

    cessivi focalizzati sul piano evolutivo, il bambino si

    forma nel tentativo di gestire le mancate sintonizza-

    zioni e le negligenze cumulative della prima infan-

    zia.

    Cosi come il punto di vista della Crittenden costitui-

    sce un superamento della precedente lettura degli

    attaccamenti per stili,fovorendone una spiegazione

    per strategie legate alle competenze , così l’ A.T. ha

    evoluto il concetto di copione di stampo determini-

    stico in piano di vita che ne sottolinea la continua

    maturazione e sviluppo e la possibilità del suo for-

    marsi o liberarsi durante tutto l’arco della vita.

    Il sistema di copione, come recita la definizione di

    Erskine, è l’insieme complesso di modelli relazionali

    inconsapevoli basati su reazioni fisiologiche di

    sopravvivenza, conclusioni esperienziali implicite e

    decisioni esplicite prese sotto stress ad ogni fase

    dello sviluppo. Tale stress è la pressione causata

    dai fallimenti di una co-creazione dell’esperienza

    relazionale: il bambino soprattutto, ,ma ognuno in

    ogni fase della vita, a causa della ripetuta perdita di

    contatto con una persona significativa che ricono-

    sce e convalida i bisogni, si trova a dover rispondere

    alla domanda “che ci faccio io, così come sono, in

    un mondo come questo, con persone come voi?”

    nel tentativo di rispondere , e di difendersi dalla

    perdita di senso che segue all’esperienza di vuoto

    di contatto vissuta, la persona può introiettare quel-

    la relazione interrotta di sé con l’altro all’interno del

    sé e fissarla come un insieme relazionale rigido, in

    modo da conservare un sentimento illusorio di inti-

    mità. In questo modo la persona mantiene

    l’equilibrio psicologico, e contro l’assenza di relazio-

    ne e l’ansia, si garantisce uno pseudocontatto e la

    prevedibilità, ma al caro prezzo di non poter più

    sentire il suo bisogno relazionale originario, e di

    adottare convinzioni e decisioni difensive che, men-

    tre gli garantiscono quella prevedibilità, lo rendono

    inconsapevole di sé e dell’altro e lo costringono ad

    agire nel qui-e-ora con uno strato dell’Io Adulto

    contaminato dagli stati dell’Io Genitore e Bambino.

    Ci siamo sempre domandate: quando inizia la rela-

    zione e la funzione di un piano di vita? Nella nostra

    ricerca sottolineiamo la nostra convinzione che

    l’inizio appartenga alla vita fetale. Il dialogo tra

    madre e bambino incomincia nel dialogo sonoro,

    emotivo e cinestesico che si ha durante la gravidan-

    za, quando la madre inizia la sua rappresentazione

    mentale del figlio e questi nasce nella mente della

    madre anche prima di venire alla luce. Berne ha

    parlato di Io fetale, di influenze parentali e di proto-

    collo che al di là della definizione di copione vuol

    dire marcatura, timbro. Berne aveva addirittura

    parlato in termini transgenerazionali, affermando

    che la nostra storia inizia dai bisnonni e che la sce-

    na del concepimento ad esempio, può influenzare il

    copione e il suo finale.

    Cornell afferma che il protocollo ha a che fare con

    l’implicito e la sua natura è non verbale; rappresen-

    ta la matrice a partire dalla quale noi tutti organiz-

    ziamo le nostre esperienze relazionali. E’ il luogo nel

    quale sono depositati ricordi impliciti, non recupera-

    bili a parole, di modelli relazionali primitivi , vissuti

    attraverso l’esperienza corporea del Bambino So-

    matico , che orientano i nostri rapporti interpersona-

    li e le nostre relazioni intersoggettive (Cornell, Lan-

    daiche, 2005, 2008; Pierini, 2006). Ci sembra al-

    trettanto significativo lo scritto di Evita Cassoni: La

    vita di ogni umano comincia con l’annidamento,

    termine scientifico che spiega, immaginalmente, la

    trasformazione contemporanea dell’uovo fecondato

    e dell’utero della madre. Ogni soggetto comincia ad

  • Pagina 9 I A T N E W S

    esistere determinando una relazione che trasforma

    l’uno e l’altro; nella superficie di contatto zigote e

    endometrio cambiano struttura per diventare altro e

    insieme diventare ancora più quello che si è.

    (Cassoni, 2008).

    Anche Fanita English dice che Il neonato riceve

    dalla madre un precocissimo imprinting di

    “Benvenuto!” o di “Vattene!”

    Maria Teresa Romanini dice che il bisogno primario

    di attaccamento è stimolato dalle memorie di un

    caldo spazio accogliente, di un divenire immediato

    di stimoli mentali e sensoriali noti; in definitiva dalla

    perdita di un “Altro” noto solo dalla sua accoglienza.

    (Romanini, 1985). Il bisogno di attaccamento del

    bambino nei confronti della propria madre nasce-

    rebbe anche dalla ricerca di un “Altro” perduto che

    contiene e completa ……..l’essere umano nasce

    abituato a due funzioni: l’attenzione e l’intuizione in

    relazione ad un altro già noto…. Possiamo parlare

    quindi di una relazione pre-natale. Quando l’autrice

    parla del protocollo dice che nel protocollo sono

    custodite le memorie degli scambi primari tra ma-

    dre e bambino, insomma una incubatrice relaziona-

    le.

    Vogliamo citare anche altri autori non A.T. che han-

    no sottolineato questi concetti, come ad esempio

    TREVARTHEN parla di una MUSICALITA’ COMUNICA-

    TIVA di una proto – forma prenatale della confluen-

    za dialogica madre - bambino, cioè del dialogo tra

    madre e bambino. Tutto il metodo di Tomatis che

    studia proprio la musicalità e il suono che si crea

    all’interno del corpo madre e in cui il liquido amnio-

    tico acquista acidità o basicità proprio per la condu-

    zione di determinate sonorità.

    Mancia e Milani Comparetti che avevano parlato di

    feto competente partendo dalle funzioni motorie e

    sensoriali e avevano scritto sulla trasmissione gene-

    tica e sensoriale.

    Ester Bick parla di Io-pelle, la funzione della pelle,

    del confine tra il nostro interno e il nostro esterno.

    Quante volte le somatizzazioni in risposta agli stress

    più grandi, sono proprio quelle della pelle che è la

    parte sensibile che da voce a questo colloquio che

    sancisce il confine tra noi e l’altra persona.

    E di nuovo TREVARTHEN – MELTZOFF – STERN

    parlano di una mente condivisa e proprio di una

    intelligenza neonatale dell’individuo e nell’Infant

    Research si è studiato la predisposizione biologica

    alla percezione, interazione ed espressione . Beebe

    e colleghi con la videomicroanalisi hanno studiato i

    movimenti all’interno dell’utero per vedere i giochi

    diversi che il bambino fa specialmente nei primi

    mesi di vita, quando ha ancora un grande spazio.Si

    sono potuti osservare comportamenti completa-

    mente diversi, tra chi salta, chi si sdraia, chi succhia

    ed esplora il corpo madre con modalità completa-

    mente diverse per ogni bambino.

    Il protocollo primario rappresenta quindi il primo

    substrato dell’esperienza relazionale individuale,

    sviluppatosi prima della costruzione linguistica

    verbale. E’ la sede delle esperienze protolinguisti-

    che e preverbali. Nel protocollo sono custodite le

    memorie degli scambi primari tra madre e bambino;

    quelle esperienze relazionali primarie attraverso cui

    il bambino è chiamato alla relazione con l’altro e

    che porteranno alla costruzione del Sé e del mondo

    esterno. Il neonato esplora il mondo utilizzando i

    legami che ha costruito; abbiamo visto che anche il

    feto esplora il suo mondo e gli oggetti presenti nel

    contenitore materno .…. Il grembo materno rappre-

    senta una prima “incubatrice relazionale” che per-

    mette al feto di crescere all’interno di un universo

    cinestesico e sonoro popolato di oggetti con cui

    entrare in relazione ( Manola Unida, 2009)

    Siamo d’accordo con Sonia Gerosa che nel 2009 ha

    scritto l’articolo in cui ha preso in considerazione

    non soltanto la matrice copionale, cioè da quando il

    bambino nasce, ma la matrice protocollare, cioè

    che cosa succede prima, quali sono i messaggi, la

    relazione, la significatività che ha quell’elemento

    madre con quel bambino.

    Riassumendo dalla patologia, (patologico-normale),

    siamo passati alla persona con il suo comportamen-

    to, con le sue strategie; dal sintomo siamo passati

    al segnale strategico, quindi dal sintomo come

    problema al sintomo come dono che ci conduce a

    capire l’altro; dalla struttura, fissazione, siamo pas-

    sati al funzionamento. In altri termini adesso abbia-

    mo una relazione che cura, una “negoziazione della

    relazione” che il terapeuta deve fare con il suo

    cliente e nella quale il terapeuta non puo che esse-

    re coinvolto. Questo porta ad affermare che non

    dobbiamo solo costruire una base sicura (tra la

    madre e il bambino) all’interno della relazione pa-

    ziente-terapeuta,ma dobbiamo intessere una VICI-

    NANZA che è fatta di presenza e crea appartenenza:

    il bisogno dei bisogni, cioè quello che da la sensa-

    zione di quell’annidamento di cui parlava Cassoni.

    Nella nostra ricerca, operiamo per prevenire, per

    costruire un ambiente o luogo di accoglienza che

    coincide con lo stesso caregiver. La madre diviene il

    tempo e il luogo affettivo di stimolazione durante la

    gestazione. Successivamente, ma ancora in un

    periodo preverbale, più coscientemente e volonta-

    riamente stimolerà il bambino e verrà accompagna-

    ta dal ricercatore con il CARE-Index (Crittenden) e

    con intervento analitico transazionale integrativo. A

    questo verrà unito l’intervento con la video microa-

    nalisi fino al 18° mese di vita

    Quindi la vicinanza verrà costruita nella presenza

    del caregiver al bambino e del ricercatore alla cop-

    pia genitoriale.

    Favoriamo quel concetto di cui parla la Crittenden

    quando scrive sulla responsività sensibile materna.

    Altri autori hanno parlato di capacità di rispecchia-

    mento, di funzione del sé riflessivo, di reverie, della

    sincronizzazione e sintonizzazione, cioè ognuno di

    loro ha usato una lingua diversa, ma tutti per parla-

    re della capacità della rappresentazione mentale

    che è nella madre. La stessa cosa che deve avveni-

    re tra terapeuta e cliente. Il terapeuta sta nella

    relazione con il suo paziente co-involto, co-

    costruttore, immersi dentro lo stesso luogo. Cambia

    il paziente ma cambia anche il terapeuta, cambia il

    figlio come cambia il genitore. Ognuno di loro è

    influente, è influenzato ed è influenzante perché

    soltanto in quella condizione in cui noi ci prendiamo

    la responsabilità della relazione che andiamo a

    creare si può veramente parlare di una base sicura.

    Il concetto di base sicura non è quindi solo quello di

    uno stile ma di una condizione relazionale.

    Berne aveva parlato di tre P: la protezione di cui

    parla anche Bowlby nella teoria dell’attaccamento,

    la potenza e il permesso e io aggiungerei la presen-

    za, perché è quella presenza coinvolta, sensibile,

    responsabile che fa la differenza tra contratto Adul-

    to-Adulto e un contratto-contatto che lo trasforma

    immediatamente in luogo di relazione e co-

    costruzione.

    A questo punto descriviamo la nostra idea di “ co-

    pione” che non è più un copione ma è appunto un

    piano di vita: pensiamo che ci sia una Evoluzione e

    costruzione continua di un Piano di vita individuale,

    soggetto ad avere modifiche per esperienze e matu-

    razione del soggetto, e/o battute di “arresto organiz-

    zative” in stati di stress che riattivano strategie di

    sopravvivenza difensive non adeguate alla realtà.

    Avendo l’essere umano bisogno di continuità, stabi-

    lità e prevedibilità (Base sicura protettiva) sia inte-

    riore (intrapsichico) che interpersonale, crea piani di

    riferimento (Q.R/M.O.I.) basati sulla propria espe-

    rienza e co-costruiti con le figure parentali

    (caregiver) che forniscono la percezione del Sé in

    relazione, cioè di sé, dell’altro e della situazione,

    che sono la condizione fondamentale per esperire

    qualsiasi piano di vita e per qualsiasi forma di ap-

    prendimento.

    La co-costruzione del piano di vita inizia fin dalle

    prime interazioni con il corpo materno (intrauterino),

    contando su apprendimenti mentalizzati e non.

    L’errore sembra puntare sulla modificabilità di

    questi piani di vita in termini di decisione/

    ridecisione, anziché di plasticità della nostra psiche

    e mente.

    Quindi noi non possiamo più parlare in termini di

    guarire, ma dobbiamo parlare in termini di avere

    cura. Dobbiamo considerare la RELAZIONE COME

    SOSTANZA DI TUTTA L’UMANA INTIMITA’ E FIDUCIA,

    IMPEGNO FONDAMENTALE PER LA SALUTE

    MENTALE.

    Abbiamo cinque possibili parole chiave:

    Contemporaneità (neurobiologia- filosofia di Morin);

    Co-costruzione (teoria dell’attaccamento fino a

    Stern);

    Co- responsabilità (contratto A.T.);

    Coinvolgimento (A.T.Integrativa);

    Continuità evolutiva trasformativa del Piano di vita

    (DMM della Crittenden e A.T.).

    Concludiamo con una bellissima immagine disegna-

    ta da Leonardo da Vinci che rappresenta il feto e

    dalle sue parole che tanti anni fa nella sua genialità,

    aveva già pronunciato:

    1. Già evidenziabile in alcuni lavori (Ligabue,2001;

    Cassoni, 2008).

    2. Tali concetti saranno trattati in modo più esteso

    nel workshop del convegno di Roma.

    3. Qui si intende un comportamento costante e

    continuo nel tempo.

    …..E una medesima anima

    governa questi due corpi

    elli desideri elle paure e i dolori

    son comuni si a esse creature

    come a tutti li altri membri animati;

    e di qui nasce che elle cose

    desiderate dalla madre

    spesso son trovate scolpite

    in quelle membra del figliolo…...”

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