ISPI giornalino new impostazdefmani sunniti. Ne è testimonianza la visita al Vati-cano di Tantawi...

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JEAN-LOUIS TAURAN ALL’ISPI La Santa Sede e i nuovi equilibri mediorientali Monsignor Jean-Louis Tauran, Segretario per i rapporti della Santa Sede con gli Stati, ha offerto alla platea dei "Colloquia Internazionali" una lucida testimonianza della posizione del Vaticano sulle recenti evoluzioni degli equilibri mediorien- tali. L'obiettivo della difesa dei cristiani nelle terre dominate dai musulmani, che fu per secoli la priorità della Chiesa cattolica, dopo il Concilio Vaticano II è stato integrato in un più ampio dise- gno volto a tutelare la libertà di coscienza e reli- giosa, in ossequio al diritto internazionale, e a promuovere il dialogo interreligioso. Monsignor Tauran ha richiamato l'attenzione sulla situazio- ne libanese, sul processo di pace israelo-palesti- nese e sulla questione di Gerusalemme. Il Liba- no, che con il Patto Nazionale del 1943 ha rap- presentato un modello di convivenza democratica tra ebrei, cristiani e musulmani, è stato negli ultimi 25 anni teatro di lotte tra forze straniere e di spinte interne alla frammentazione. La Santa Sede ha sempre identificato l’avvenire del paese con la "salvaguardia del suo pluralismo politico e religioso” e non con la creazione di un mini-stato cristiano. La linea di Roma è stata “salviamo il Libano per salvare i cristiani” e di fronte all'odierno vuoto di potere creato nel sud del paese dal ritiro delle forze israeliane, il Vaticano sostiene la rapida riaffermazione dell’autorità di Beirut. La ricomposizione del conflitto israelo-palesti- nese e la sistemazione di Gerusalemme, città simbolo delle tre religioni monoteisti- che, interessano particolar- mente la Santa Sede che giu- dica illegale e illegittimo l'at- tuale status di Gerusalemme, frutto di un'annes- sione militare, e supporta il processo di pace avviato a Madrid. L’apertura del dialogo tra israe- liani e palestinesi ha già reso possibile l'apertura di relazioni diplomatiche della Chiesa cattolica con lo stato ebraico nel 1993 e con le autorità palestinesi dell'OLP il 15 febbraio scorso. La Chiesa caldeggia sia i negoziati bilaterali tra israeliani e palestinesi sia trattative multilaterali che coinvolgano le tre comunità religiose per l’a- dozione di uno statuto speciale internazional- mente garantito, come aveva previsto la risoluzio- ne ONU del 1947 ancora in vigore. L’ecumenismo romano intende innanzitutto ricreare l’unità della cristianità. Monsignor Tauran ha ricordato che “i cristiani [orientali] sono tre volte minori- tari: quali arabi tra gli ebrei, quali arabi cristiani tra gli arabi musulmani e minoritari tra la società cristiana”. Il pellegrinaggio di Giovanni Paolo II in Egitto - senza precedenti nella storia papale - e in Terra Santa ha riavvicinato comunità cattoli- che che si sentono emarginate e ha riallacciato il dialogo con diverse chiese cristiane autocefale. Il dialogo si estende anche alle altre fedi. L’incon- tro al Cairo tra Giovanni Paolo II e Mohammed Tantawi, imam di al-Azhar, la maggiore autorità nell’Islam sunnita, ha rappresentato un forte sti- molo alle relazioni tra cattolici romani e musul- mani sunniti. Ne è testimonianza la visita al Vati- cano di Tantawi prevista per il prossimo autunno, la prima di un leader dell'Islam nel cuore del cat- tolicesimo romano. ISPI “In Brief” ROUND TABLE “Quali prospettive di pace in Medio Oriente?” ROUND TABLE After Seattle: the Future of World Trade Negotiations” DALLA RICERCA ISPI Il Bilancio Comunitario nella nuova dimensione europea DALLA RICERCA ISPI Le relazioni economiche tra Mercosur e Unione Europea: situazione recen- te e prospettive future DALLA RICERCA ISPI Le relazioni Russo-Ucraine: un’inco- gnita permanente ATLANTE Messico “IN NETWORK” CON ISPI: IPIS ALUMNI DAY BY DAY DIRETTORE RESPONSABILE Franco Bruni COMITATO EDITORIALE Franco Bruni, Paolo Magri, Marco Sabella ISPI - Relazioni Internazionali Anno VIII - n. 3 - Luglio / Settembre 2000 Lire 3500 - Spedizione in Abbonamento Postale - 45% - Art. 2 comma 2/B - Legge 662/96 - Milano ISPI Relazioni Internazionali All’interno 1

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JEAN-LOUIS TAURAN ALL’ISPILa Santa Sede e i nuovi equilibrimediorientaliMonsignor Jean-Louis Tauran, Segretario per irapporti della Santa Sede con gli Stati, ha offertoalla platea dei "Colloquia Internazionali" unalucida testimonianza della posizione del Vaticanosulle recenti evoluzioni degli equilibri mediorien-tali. L'obiettivo della difesa dei cristiani nelleterre dominate dai musulmani, che fu per secolila priorità della Chiesa cattolica, dopo il ConcilioVaticano II è stato integrato in un più ampio dise-gno volto a tutelare la libertà di coscienza e reli-giosa, in ossequio al diritto internazionale, e apromuovere il dialogo interreligioso. MonsignorTauran ha richiamato l'attenzione sulla situazio-ne libanese, sul processo di pace israelo-palesti-nese e sulla questione di Gerusalemme. Il Liba-

no, che con il Patto Nazionale del 1943 ha rap-presentato un modello di convivenza democraticatra ebrei, cristiani e musulmani, è stato negliultimi 25 anni teatro di lotte tra forze straniere edi spinte interne alla frammentazione. La SantaSede ha sempre identificato l’avvenire del paesecon la "salvaguardia del suo pluralismo politico ereligioso” e non con la creazione di un mini-statocristiano. La linea di Roma èstata “salviamo il Libano persalvare i cristiani” e di fronteall'odierno vuoto di poterecreato nel sud del paese dalritiro delle forze israeliane, ilVaticano sostiene la rapidariaffermazione dell’autoritàdi Beirut. La ricomposizionedel conflitto israelo-palesti-nese e la sistemazione diGerusalemme, città simbolodelle tre religioni monoteisti-che, interessano particolar-mente la Santa Sede che giu-dica illegale e illegittimo l'at-tuale status di Gerusalemme, frutto di un'annes-sione militare, e supporta il processo di paceavviato a Madrid. L’apertura del dialogo tra israe-liani e palestinesi ha già reso possibile l'aperturadi relazioni diplomatiche della Chiesa cattolicacon lo stato ebraico nel 1993 e con le autoritàpalestinesi dell'OLP il 15 febbraio scorso. LaChiesa caldeggia sia i negoziati bilaterali traisraeliani e palestinesi sia trattative multilateraliche coinvolgano le tre comunità religiose per l’a-dozione di uno statuto speciale internazional-mente garantito, come aveva previsto la risoluzio-ne ONU del 1947 ancora in vigore. L’ecumenismoromano intende innanzitutto ricreare l’unitàdella cristianità. Monsignor Tauran ha ricordatoche “i cristiani [orientali] sono tre volte minori-tari: quali arabi tra gli ebrei, quali arabi cristianitra gli arabi musulmani e minoritari tra la societàcristiana”. Il pellegrinaggio di Giovanni Paolo IIin Egitto - senza precedenti nella storia papale -e in Terra Santa ha riavvicinato comunità cattoli-che che si sentono emarginate e ha riallacciato ildialogo con diverse chiese cristiane autocefale. Ildialogo si estende anche alle altre fedi. L’incon-tro al Cairo tra Giovanni Paolo II e MohammedTantawi, imam di al-Azhar, la maggiore autoritànell’Islam sunnita, ha rappresentato un forte sti-molo alle relazioni tra cattolici romani e musul-mani sunniti. Ne è testimonianza la visita al Vati-cano di Tantawi prevista per il prossimo autunno,la prima di un leader dell'Islam nel cuore del cat-tolicesimo romano.

■ ISPI “In Brief”■ ROUND TABLE

“Quali prospettive di pace in MedioOriente?”

■ ROUND TABLE“After Seattle: the Future of WorldTrade Negotiations”

■ DALLA RICERCA ISPIÒIl Bilancio Comunitario nella nuovadimensione europea”

■ DALLA RICERCA ISPILe relazioni economiche tra Mercosure Unione Europea: situazione recen-te e prospettive futureÓ

■ DALLA RICERCA ISPILe relazioni Russo-Ucraine: un’inco-gnita permanente

■ ATLANTEMessico

■ “IN NETWORK” CON ISPI: IPIS■ ALUMNI■ DAY BY DAY

DIRETTORE RESPONSABILEFranco Bruni

COMITATO EDITORIALEFranco Bruni, Paolo Magri, Marco Sabella

ISPI - Relazioni Internazionali

Anno VIII - n. 3 - Luglio / Settembre 2000

Lire

3500

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ISPIRelazioni Internazionali

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Punta ad agganciare un pubbli-co attento all’evoluzione dellapolitica internazionale “NewsA-lert”, la nuova newsletter lan-ciata dall’Osservatorio “GlobalWatch”, che ha periodicità setti-manale ed è disponibile gratui-tamente on-line sul sitowww.ispinet.it. In seguito “New-sAlert” verrà spedita gratuita-mente per e-mail a tutti coloroche sono registrati nell’indiriz-zario dell’ISPI. Nella primasezione la newsletter presen-terà un calendario degli eventiinternazionali più rilevanti sottoil profilo politico-economicoprevisti per la settimana succes-siva con un’attenzione partico-lare dedicata ad alcune areegeopolitiche di prioritario inte-resse per l’Italia, tra cui l’AsiaOrientale, il Mediterraneo, l’A-merica Latina, e l’Europa Cen-tro-Orientale. La seconda sezio-ne della newsletter sarà invecedestinata all’approfondimentodi “temi caldi” o di particolareattualità.L’iniziativa non va a modificarela strategia di offerta di prodottidi ricerca per una committenzaqualificata (Assolombarda, IlSole 24 Ore) che ha contraddi-stinto i primi mesi di attività di“Global Watch”. L’Osservatoriodi studi politico-economici inau-gurato dall’ISPI nel dicembrescorso ha infatti come obiettivo-guida l’analisi e la messa apunto di strategie capaci diaccompagnare il processo diinternazionalizzazione delSistema Italia, dei sistemi eco-nomici locali e delle imprese.Un’attenzione particolare èdedicata alle esigenze delle pic-cole e medie imprese che evi-denziano un crescente fabbiso-gno informativo di elevata qua-lità in merito alle opportunità eai rischi legati ai processi diinternazionalizzazione. Affinchètali informazioni permettano dicogliere i macro-fenomeni in

ISPI - Relazioni Internazionali2

GLOBAL WATCHAl via “NewsAlert”

Il ruolo di pivotal state giocatodal Brasile nell'area sudameri-cana e nel Mercosur in partico-lare, i ripetuti tentativi di atte-nuare le ingerenze statunitensicercando un dialogo semprepiù intenso con la UE, riverbe-rano una politica estera voltaad abbandonare un ruolo grega-rio per un'ambiziosa leadershipnelle relazioni interregionali. E' questo uno temi principalidi politica estera su cui ha ruo-tato il seminario sulla situa-zione politica e sociale delBrasile tenutosi lo scorso 3maggio presso l'ISPI. Tra irelatori anche il Consiglieredel presidente Fernando Car-doso, Vilmar Faria. Il permane-re di un forte squilibrio tra losviluppo delle aree urbane e

una situazione sociale degra-data relativa ad ampi stratidella popolazione, hannoindotto il governo brasiliano aelaborare ed implementarepolitiche volte a garantire unlivello minimo di istruzione eun efficiente sistema di assi-stenza e previdenza sociale.L'adozione della religione civi-le della liberaldemocrazia edell'economia di mercato manel rispetto della peculiaritàbrasiliana e dei diritti dei cetisvantaggiati, è la strategiascelta e adottata dalla presi-denza Cardoso per avviaredefinitivamente il paese versola crescita economica e il con-solidamento delle sue istituzio-ni democratiche.

Round Table

IL BRASILE IN TRASFORMAZIONEI RAPPORTI CON L’EUROPA E L’ITALIA

atto - anche al fine di influenza-re positivamente l’intero pro-cesso decisionale aziendale - èperò necessario che ad una ana-lisi prettamente economica sene affianchi una di caratterepolitologico. E questo è l’ap-proccio distintivo di “GlobalWatch”, che nell’elaborazionedelle sue analisi si avvale di unteam interdisciplinare di ricer-catori suddivisi in “SeniorResearch Fellow”, “ResearchFellow” e “Research Assistant”.La crescente domanda di rap-porti informativi sta inoltre pro-ducendo un ampliamento dellostaff di ricercatori residenti(vedi articolo pag. 18). Tra le ini-ziative in questi mesi destinate adun pubblico più ampio rientranole due “Round Table” promossedall’Osservatorio:- “Il Brasile in trasformazione: irapporti con l’Europa e l’Italia”(vedi articolo sotto);- “After Seattle: The Future of

World Trade Negotiations” (vediarticolo pag.8). L’alto numerodei partecipanti e il prestigiodei relatori intervenuti al dibat-tito hanno valorizzato una ini-ziativa che intende cogliere,anche in un’ottica di “early war-ning”, le opportunità e i grandirischi che il nuovo ordine politi-co-economico internazionaleoffre all’Italia. Nell’ambitodelle nuove iniziative editoriali,l’ISPI ha dato avvio alla collana“Quaderni-Global Watch”, cheaccompagnerà con le sue uscitetutto l’anno 2000. I primi duevolumi dei “Quaderni”, dedicatiall’America Latina, sono statipresentati in occasione del “IIForo di Dialogo Italo-Argentino”.Il primo volume, realizzato daAntonella Mori, esamina il temadel rapporto tra l’Unione Europeae il Mercosur, mentre il secondo,curato da Luisa Beltramello, inda-ga sui fattori localizzativi delleimprese in Argentina.

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I “COUNTRYPROFILE”DELL’ISPI

E' stato ulteriormente arricchitol'"Atlante 2000", prodotto realizza-to per Il Sole 24 Ore e consultabilesul sito www.shopping24.it. Alle 15schede già realizzate se ne sonoaggiunte altre 6 (Messico, Indone-sia, Estonia, Cuba, Filippine eLituania) che saranno a brevedisponibili.Entro la fine dell'anno sarannoin totale consultabili 30 "coun-try profile" appartenenti adalcune aree geopolitiche di par-ticolare rilievo per il SistemaItalia (America Latina, AsiaOrientale, Europa Centro-Orien-tale). A breve verrà aggiuntauna nuova area - il Mediterra-neo - su cui si stanno realizzan-do i primi lavori. I "country pro-file" di Algeria, Marocco e Tuni-sia saranno i primi ad essererealizzati.L'ISPI ha inoltre realizzato per

I COLLOQUIAINTERNAZIONALIRosalyn Higgins e Mons.Tauran all'ISPI

Rosalyn Higgins, Giudice dellaCorte Internazionale di Giusti-zia dell’Aia, è intervenuta il 12

maggio scorso al ciclo di confe-renze organizzate dall’ISPI edenominate “I Colloquia Inter-nazionali”. Il Giudice Higginsha sviluppato il suo intervento

sul tema “Il futuro della giusti-zia internazionale: quale ruoloper la Corte Internazionale diGiustizia”. Dopo un excursusstorico sulla nascita e sullecompetenze attribuite neltempo alla Corte di Giustizia, larelatrice si è soffermata sullafunzione critica che il bracciogiuridico dell’ONU può svolgerenel nuovo sistema internazio-nale post-bipolare. Le sfide cheattendono la Corte sono, secon-do il Giudice Higgins, moltepli-ci, e tutte impongono al peacepalace di assecondare, adattan-dovisi, quel processo di decen-tramento e specializzazionedelle funzioni che oggi permeaogni ambito di attività degliorganismi internazionali. LaCorte dovrà altresì aggiornarela propria azione alla luce disconvolgimenti che, primo fratutti il collasso dell’ex URSS,hanno radicalmente trasforma-

to gli assetti geopolitici del pia-neta: crisi dello stato moderno,moltiplicazione degli attoriinternazionali (istituzionali enon), globalizzazione e fram-mentazione politico-territoria-le. “La Corte - ha concluso ilGiudice Higgins - si proponequale efficace baluardo dellalegalità internazionale, unafunzione che non può certorisolversi in dispotismo giuridi-co ma che richiede la mediazio-ne e la collaborazione politicadegli stati nazionali”.Tra gli altri prestigiosi relatoriintervenuti al ciclo de “I Collo-quia Internazionali” ricordiamoMons. Jean-Louis Tauran, chelo scorso 25 maggio ha tenutopresso l’ISPI un seminario sultema “I nuovi equilibri delMedio Oriente: il pensiero dellaSanta Sede”.

Rosalyn Higgins

ISPI - Relazioni Internazionali 3

OSSERVATORIOSULL’INTERNAZIONALIZZAZIONEDELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICAAl servizio di Regioni ed Enti locali

Le strategie di internazionalizzazione di Regioni ed Enti localisono al centro dell'iniziativa avviata dall'ISPI con il sostegnodella Fondazione Cariplo. Il progetto - che si estenderà per un triennio - prevede nellaprima fase una "fotografia" dell'esistente per verificare i casi disuccesso e di insuccesso (con particolare riguardo ai rapporticon la UE), cercando di trarre utili insegnamenti dall'analisi diquanto è stato già fatto. A tal proposito sono stati predisposti deiquestionari che saranno a breve inviati alle Regioni e agli EntiLocali. Sono inoltre in via di realizzazione interviste con nume-rosi funzionari in Italia e all'estero per verificare il loro modusoperandi nelle relazioni con i soggetti esteri e con le Organiz-zazioni Internazionali (prima fra tutte l'Unione Europea). Il prossimo autunno verrà organizzato un primo evento di pre-sentazione delle ricerche condotte, in occasione del quale verràattivato un "club", ovvero un network degli addetti ai lavori edegli esperti in materia.Per informazioni: [email protected], tel. 02 863313294

Assolombarda dei DossierPaese - Russia, Messico, Giap-pone, Corea del Sud, Algeria - inoccasione di incontri di suoi

funzionari e associati con per-sonalità straniere di spicco.Per informazioni: [email protected],tel. 02 863313294.

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Formazione

LA PRIMA EDIZIONE DEL "MASTER IN INTERNATIONALAFFAIRS" (MIA) VOLGE AL TERMINE

Round Table

GIAPPONE AL BIVIOA conclusione del ciclo di incontri “Japan at the Crossroads”,martedì 16 maggio si è tenuta una tavola rotonda sul tema“Quale futuro per il Giappone?” organizzata dall’ISPI in collabo-razione con l’Università degli Studi di Milano (Facoltà di Scien-ze Politiche) e JETRO. Nel corso del dibattito è stata sottolinea-ta la necessità che il Giappone giunga a elaborare una politicaestera più attiva e assertiva e riesca a definire un proprio spaziocome potenza politico-militare e non soltanto economica. L’in-gombrante passato imperialista, con cui il Giappone non haancora propriamente fatto i conti, non deve impedire la ricercae l’instaurazione di un dialogo costruttivo con i paesi dell’AsiaOrientale, con cui il Giappone ha in comune un destino ad untempo economico, politico, strategico e culturale. I relatorihanno evidenziato l’importanza di riforme strutturali in grado ditrasformare profondamente l’attuale assetto politico-istituzio-nale ed economico del Giappone, giudicato inadeguato per fron-teggiare crisi economiche come quella che ha di recente scossoil paese. Il cambiamento delle strutture di governo della politicae dell’economia non implica necessariamente un appiattimentosu un modello di società e di economia di stampo anglosassone.Le nuove istituzioni dovranno invece rispettare - o meglio inne-starsi - sul patrimonio culturale del Giappone e al contempopreservarlo garantendo una maggiore apertura verso l’esterno.Sono intervenuti alla "Round Table" Maria Weber, Corrado Mol-teni, Enrica Collotti Pischel, Francesco Gatti e Carlo Filippini.

CHARLES E. COOK Jr.:LA POLITICA COMEARTE DI SEDURREAnalista politico del NationalJournalist Group e della CNN,Charles Cook ha tenuto all’ISPIun seminario sulle prossime ele-zioni americane. Cook ha messoin risalto la peculiarità dellacampagna presidenziale statu-nitense, caratterizzata dal ruolopreponderante dei media eimperniata sull’appeal persona-le del candidato e soprattuttosulla sua capacità di rassicurarel’elettore medio, talvolta - haricordato Cook - a discapito deicontenuti. Conquista del centropolitico, relativa sottovalutazio-ne della politica estera, ricercadel consenso delle numeroseminoranze: le somiglianze pro-grammatiche tra i due candidatialla presidenza, Gore e Bush,sono molteplici. La partita dellepresidenziali si giocherà, ancorauna volta, sull’abilità dei candi-dati di sedurre, persuadere econvincere l’elettore americano.

Il “Master in International Affairs” (MIA) dell’I-SPI intende offrire un approccio interdisciplina-re all’analisi degli scenari internazionali neisuoi aspetti politici, economici, giuridici e stori-ci, con l’obiettivo di formare coloro i quali inten-dono dedicarsi alla Carriera Diplomatica e alleCarriere Internazionali.Nell’edizione 1999/2000, il percorso d’aula èstato incentrato sulle aree disciplinari del CoreCurriculum (Diritto Internazionale Pubblico,Economia Politica e Politica Economica, StoriaModerna e Contemporanea, Inglese, Francese,Spagnolo, Tedesco) e su approfondimenti tema-tici. I numerosi seminari sono stati affrontatiintegrando la didattica tradizionale con testimo-nianze “dall’interno”. Nel percorso “OrganismiInternazionali” sono proseguiti gli interventi dinumerosi funzionari di organismi internazionalie diplomatici italiani (tra gli altri sono interve-nuti il Prof. Fausto Pocar, Giudice del TribunaleInternazionale per l’ex Jugoslavia, il Dott. San-dro Tucci, Portavoce del Direttore Esecutivo del-l’Agenzia per la lotta alla Droga e la Prevenzionedel Crimine e il Dott. Francesco Bastagli, UNResident Coordinator, Teheran e UNDP ResidentRepresentative). Diversi i temi trattati: l'azione

delle Nazioni Unite in Iran; casi reali di lottaalla droga; il ruolo e le politiche implementatedall'OMS e dall’UNESCO. Il percorso “CarrieraDiplomatica” ha avuto testimoni d'eccezioneche hanno presentato esperienze reali di diplo-mazia negli ambiti della comunicazione, dellerelazioni internazionali e della negoziazione.Sono intervenuti l’Ambasciatore Boris Bianche-ri, il consigliere Andrea Meloni, il ConsigliereSebastiano Cardi. Le altre attività didattichehanno compreso oltre ai workshop, agli “Scena-ri” e ai seminari di approfondimento geografico,il ciclo di incontri “Colloquium Privatissime”.Infine un contributo di rilievo all’analisi delmutevole contesto internazionale è stato fornitoda prestigiosi accademici e personalità di spicco(“International Chairs”) come il Prof. VinodAggarwal, California University at Berkeley, ilProf. Charles H. Gustafson, Georgetown Univer-sity, Giandomenico Picco, Rappresentante Spe-ciale del Segretario Generale delle NazioniUnite e Rosalyn Higgins, Giudice della CorteInternazionale di Giustizia.Durante gli ultimi due moduli sono inoltre pro-seguite le simulazioni del concorso diplomaticoche si sono svolte a cadenza settimanale.

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QUALI PROSPETTIVE DI PACE INMEDIO ORIENTE?

ROUND TABLE

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A quasi dieci anni dalla guerra delGolfo e a più di sei dallo storico accor-do di Washington, la regione medio-rientale non ha ancora trovato la stabi-lità promessa dall’AmministrazioneBush nei mesi della crisi e della suc-cessiva guerra contro l’Iraq e apparen-temente annunciata dall’apertura,pochi mesi dopo, dei negoziati di pacetra israeliani e palestinesi. Malgrado ifaticosi progressi del processo di pace,culminati nella lenta e controversarestituzione di parte dei territori occu-pati e nel passaggio dall’occupazionemilitare israeliana all’amministrazionepalestinese, sulla stabilità della regio-ne continuano a gravare tutti o quasitutti i fattori di crisi degli ultimidecenni: la mancanza di soggetti capa-ci di dettare e garantire un ordineregionale e, quindi, la dipendenza diquest’ultimo dalla capacità di inter-vento delle potenze esterne (concreta-mente: gli Stati Uniti); la pendenza diuna grande quantità di questioni terri-toriali, demografiche e persino simbo-liche (si pensi alla questione di Geru-salemme) legate all’esito delle diverseguerre regionali – a cominciare daquella che divide in due la storia post-bellica del Medio Oriente, la guerradei sei giorni del 1967; la cronicacarenza di legittimità dei confini, chealimenta sia le rivendicazioni degliStati fra loro sia quelle delle minoran-ze nei confronti degli Stati; l’intrecciodi fratture etniche e religiose indiffe-renti a questi confini, a volte trasversa-li le une rispetto alle altre (come nelcaso dei curdi sunniti in Turchia) e avolte invece sovrapposte, come nelconflitto arabo-israeliano e in quellolibanese; la contraddizione tra la pre-

valenza numerica degli Stati e deipopoli arabi e quella politica e militaredei tre unici paesi non-arabi, Israele,Turchia e Iran.Questa moltitudine di fattori di insta-bilità tende a imporsi come il vero eproprio contrassegno del sistemamediorientale, sorto a cavallo delledue guerre mondiali sulle rovine del-l’impero ottomano e, da allora, teatrodi una serie impressionante di guerresui confini e sull’esistenza stessa degliStati successori: dalle cinque guerrearabo-israeliane, alle due non menodistruttive tra l’Iraq e l’Iran e tra l’Iraqe la coalizione anti-irachena, alla ple-tora di guerre civili che hanno sconvol-to via via lo Yemen, il Libano e il Kurdi-stan turco e iracheno. Su questa cor-rente di instabilità hanno agito inmaniera ambigua i due dopoguerra chesi sono accavallati dall’inizio degli anniNovanta. Il primo, anche in ordine ditempo, è quello che ha investito ilMedio Oriente come parte del sistemainternazionale: la fine della GuerraFredda, cioè della cornice più ampiadell’ordine della regione. Sebbene,infatti, il Medio Oriente occupasse unposto relativamente marginale nelconfronto Est/Ovest – almeno a partiredall’espulsione dei consiglieri militarisovietici dall’Egitto, all’inizio deglianni Settanta – anche qui la vittoriaoccidentale è stata tutt’altro che privadi conseguenze, intanto perché haliberato gli Stati Uniti della loro princi-pale preoccupazione – quella di getta-re i paesi insoddisfatti tra le bracciadell’Unione Sovietica – e poi perché haconsentito loro di svolgere il ruolo dileader incontrastati tanto nell’usodella forza quanto in quello della

diplomazia, comandando gli esercitialleati contro l’Iraq, prima, e due annipiù tardi portando a Washington israe-liani e palestinesi per la firma dei loroaccordi di pace. Il secondo dopoguerra è quello specifi-camente regionale seguito al breve madistruttivo confronto tra l’Iraq e lagrande coalizione guidata dagli StatiUniti. Oltre a rafforzare l’egemoniaamericana sull’intera regione e a can-cellare l’ultimo suo possibile sfidanteregionale, nonché il riferimento obbli-gato di tutti gli attori insoddisfatti (acominciare dall’OLP di Yasser Arafat,uscito drammaticamente indebolitodalla contemporanea sconfitta dell’U-nione Sovietica e dell’Iraq di SaddamHussein), la Guerra del Golfo del 1991ha dato il via ad altri mutamenti, tutto-ra in corso, quali la lenta erosionedella sovranità dello Stato iracheno,tradizionale punto di raccordo tra ilversante persico e quello mediterraneodel sistema mediorientale; il corrispet-tivo rafforzamento del ruolo dell’Ara-bia Saudita come potenza araba incon-trastata della regione e dell’Iran comesuo quasi naturale fulcro geopolitico; ilriesplodere della questione curda,incoraggiata dall’instaurazione (nell’a-prile 1991) di una zona di protezionegarantita da Stati Uniti, Gran Bretagnae Francia nel nord dell’Iraq, ma desti-nata ad alimentare la resistenza deicurdi anche nella vicina (e alleata)Turchia.Il risultato più spettacolare e, permolti versi, il luogo di confluenza deidue dopoguerra dei primi anni Novan-ta fu, tuttavia, l’avvio dei negoziati dipace tra arabi e israeliani, sotto l’au-spicio di due potentissimi fattori per-

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missivi: il potere di iniziativa degliStati Uniti, che diede ai negoziati unmotore e, potenzialmente, un arbitro,e lo straordinario squilibrio delle forzetra Israele e palestinesi, che mise ilprimo nelle condizioni di fare qualcheconcessione e i secondi nelle condizio-ni di non poterle discutere.

I negoziati di pacedalle origini allo stallo

Cominciato a Madrid, per iniziativadegli Stati Uniti, nell’ottobre 1991,poco più di sei mesi dopo la fine delleostilità nel Golfo Persico, e suggellatodue anni più tardi dalla stretta dimano tra Rabin e Arafat sul prato dellaCasa Bianca, il riavvicinamento trapalestinesi e israeliani dovette fare iconti sin dal principio con l’accavallar-si di questioni e sensibilità moltodiverse, in mutevole e sempre fragileequilibrio fra loro. Da parte di Israele,la principale questione e il principaleobiettivo del negoziato possono essereriassunti nell’imperativo della “sicu-rezza”, cioè di qualcosa che, per essereperseguito efficacemente, non puòlimitarsi alla restituzione dei territorioccupati ma deve coinvolgere la siste-mazione dell’intera regione, senza laquale un accordo separato con i Pale-stinesi rischierebbe di rivelarsi persinocontroproducente. Lungo questa stra-da, il risultato più considerevole delprocesso di pace è stato l’accordo conla Giordania, secondo Stato arabo dopol’Egitto a firmare, il 26 ottobre 1994,una pace separata con Israele. Malungo questa strada il negoziato haincontrato anche il suo giocatore menoaccomodante, la Siria di Assad, diret-tamente coinvolta nella questionedella restituzione dei territori occupa-ti, tra i quali figura il Golan siriano, etradizionalmente in prima fila nellamobilitazione politica e nazionale delmondo arabo. Nei suoi confronti, cosìcome nei confronti della questionelibanese, Israele ha continuato amischiare, anche prima degli sviluppipiù recenti, fermezza e aperture, dallamassiccia operazione di rappresagliadel luglio 1993, costata la vita anche aquattro soldati siriani, all’offerta ditrattative avanzata da Rabin nell’aprile1994, all’offensiva israeliana contro gliHezbollah nell’aprile 1996, alla nuovae più violenta ondata di scontri tramilitari israeliani e guerriglieri sciiti

(compresi quelli filo-siriani di Amal)dell’agosto e settembre 1997. Se, dunque, per Israele il negoziatoriguarda prevalentemente la sicurezza,per i palestinesi esso tocca questionicompletamente diverse – sebbene nontanto diverse da quelle che, in altricontesti regionali, non avremmo esita-zioni a definire “umanitarie”: il dirittoal ritorno dei quasi 3 milioni di rifugiatidispersi nel mondo arabo, il dirittoall’autodeterminazione attraverso l’edi-ficazione di uno Stato con una propriacapitale, il diritto alla libera circolazio-ne da un villaggio all’altro senza con-trolli militari e di polizia, la restituzio-ne di ciò che concretamente si trovaall’interno dei territori, cioè la terracoltivabile e l’acqua – oggetto, entram-be, di un colossale processo di sposses-samento, avvenuto sia attraverso atti diespropriazione pubblica delle autoritàmilitari israeliane, sia attraverso acqui-sti privati di fondi resi disponibili dallepolitiche di impoverimento dei loroproprietari (blocco dei territori, cioèdel lavoro, importazione di manodope-ra a basso costo dal Terzo Mondo, con-trollo dei flussi commerciali).Per cercare di conciliare queste diver-se esigenze e prospettive, il negoziatoadottò sin dal principio un approcciograduale, rimandando programmatica-mente la discussione dei problemi piùspinosi (il ritorno dei rifugiati, la que-stione di Gerusalemme, la sistemazio-ne finale dei territori) e contandoinvece sul fatto che proprio la soluzio-ne dei problemi più semplici avrebbe,col tempo, creato un clima di confiden-za e fiducia reciproca grazie al qualesarebbe risultato possibile risolvereproblemi via via più complessi. Laprima metà degli anni Novanta parveconfermare questo circolo virtuoso.Malgrado il succedersi di atti terrori-stici e di scoppi di violenza (come ilmassacro alla Tomba dei Patriarchi diHebron, il 25 febbraio 1994, o gli atten-tati a Gerusalemme nell’estate 1995),l’edificazione dell’autonomia palesti-nese nei territori occupati fece passisignificativi e, fino a pochi mesi prima,impensabili. Il 1 giugno 1994, YasserArafat fece il suo ritorno trionfale aGaza; meno di due mesi dopo, israelia-ni e palestinesi si accordarono sul tra-sferimento dei poteri in materia disanità, imposte, affari sociali, turismoe cooperazione internazionale. Unanno più tardi, il 28 settembre 1995,Rabin e Arafat firmarono a Washington

un nuovo accordo sull’estensione del-l’autonomia palestinese, seguito allafine dell’anno dal ritiro delle truppeisraeliane dalle città dei territori occu-pati, con l’eccezione di Hebron.Pur confermando la sua natura dipunto di volta, tuttavia, il nuovo accor-do di Washington non lo fu nella dire-zione sperata. Tra la fine del 1995 e l’i-nizio del 1996, il clima politico e diplo-matico del Medio Oriente cambiò nuo-vamente. A dare il segnale di svolta ful’uccisione di uno dei massimi arteficidel negoziato, il Primo Ministro israe-liano Yitzhak Rabin, assassinato il 4novembre 1995 da un estremistaebreo. Ma a questo fatto, con la suastraordinaria portata simbolica, seguìil deterioramento della situazione del-l’intera regione. Da un lato, infatti, lavittoria della destra di BenyaminNetanyau alle elezioni israeliane del29 maggio 1996 stese un’ondata di gelosul negoziato di pace, sia nei rapportidiretti tra israeliani e palestinesi sia,nel cerchio più ampio, in quelli traIsraele e i Paesi arabi, fino alla sospen-sione dei negoziati multilaterali. Dal-l’altro lato, analoghi segnali di stallocominciarono a moltiplicarsi anchesull’altro versante, quello persico, delsistema mediorientale, con la conti-nuazione ad oltranza del durissimoembargo contro l’Iraq e con l’emergeredi valutazioni sempre più divergentitra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna,da una parte, e i loro alleati dentro efuori la regione, dall’altra .

Quali prospettive per la pace?

Sopravvissuto pur tra molte difficoltàalla stretta impostagli da Netanyau –in virtù dei nuovi accordi siglati a WyePlantation il 23 ottobre 1998, con iquali Israele si impegnò a ritirarsi daun altro 13% dei territori occupati – ilnegoziato di pace parve ricevere nuovoimpulso dalla vittoria del laburistaEhud Barak alle nuove elezioni israe-liane del 17 maggio 1999. SebbeneBarak, come fu chiaro sin dal princi-pio, non è un nuovo Rabin, né è statoeletto per diventarlo, la sua vittoria hagià avuto l’effetto di rilanciare le spe-ranze di pace, ma non è stata ancorasufficiente a rilanciare in manieradecisiva il negoziato. Al contrario: se ilcambio di governo in Israele ha libera-to il negoziato dall’ostacolo più macro-scopico, esso ha messo ancora più in

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ISPI - Relazioni Internazionali 7

evidenza che il suo stallo era dovutoanche ad altri fattori, destinati asopravvivere alla scomparsa politica diNetanyau.Un primo fattore di crisi affonda leproprie radici nella logica stessa delnegoziato. Il processo di confidence-building che avrebbe dovuto alimen-tarlo, infatti, si è trovato ripetutamen-te invischiato nella mancanza di fidu-cia che è il risultato di quarant’anniininterrotti di conflitto: la mancanza difiducia ha continuato a ritardare tuttele scadenze del processo di pace, men-tre ogni ritardo ha alimentato la sfidu-cia reciproca. Non solo: ogni volta chele parti hanno fatto progressi significa-tivi, o sono sembrate prossime al passodecisivo, si sono moltiplicate anche leresistenze al negoziato – non perchéesista un qualche fronte comune diestremisti o di fondamentalisti “nemicidella pace”, ma perché ogni volta chela pace si avvicina diventa più difficile,per tutte e due le parti, nasconderequali aspettative stanno per essere tra-dite e quali interessi stanno per esseresacrificati.Il secondo fattore di crisi, più prevedi-bile, ha a che fare proprio con questodelicato equilibrio tra negoziati “inter-nazionali” e negoziati “interni”. Comesempre per le decisioni di politicaestera, infatti, le élite non possonotenere conto solo degli altri soggettiinternazionali ma anche dei propri sfi-danti interni; senonchè questa regola èresa ancora più complicata dal fattoche sia Israele sia i Paesi arabi sia lastessa Autorità Nazionale Palestinesesono alle prese con forti motivi di crisiinterna. Per Israele, il principale ele-mento di crisi è la sfida posta dai colo-ni, che restringe i margini di manovradi qualunque governo; ma, sullo sfon-do, quella che si intravvede è la finedella fase “eroica” dello Stato ebraico,con ciò che comporta in termini diridiscussione dell’identità nazionale o,addirittura, di “tribalizzazione” della

società e del sistema dei partiti. Per iPaesi arabi, invece, alla tradizionaledebolezza istituzionale si è aggiuntociò che nessuno storico e nessun poli-tologo avrebbe potuto prevedere, perla sua natura puramente casuale: l’a-pertura quasi contemporanea del pro-blema della successione ai principalileader, da re Hussein di Giordania,morto il 7 febbraio 1999, ad Assad diSiria, morto il 10 giugno di quest’annoin uno dei momenti più delicati nellastoria recente del suo Paese.La terza probabile ragione del rallen-tamento dei negoziati è, paradossal-mente, lo stesso fattore che originaria-mente li aveva favoriti: lo strapotere diIsraele rispetto ai palestinesi e agliarabi in generale. A differenza di que-sti ultimi, infatti, Israele può permet-tersi di guadagnare tempo: non puòprocrastinare all’infinito la strettafinale dei negoziati, ma può sceglieredi “stare a guardare” per alcuni mesi,continuando per di più a minacciare ipalestinesi di “chiudere” sul tavolosiriano e i siriani di “chiudere” sultavolo palestinese. In quest’ottica,anzi, il ritiro israeliano dal Libanoaumenta ulteriormente la pressionetemporale sulla Siria del dopo-Assad,che si trova esposta a un confrontodiretto con Israele in un contesto dipalese inferiorità politica e militare.Questo squilibrio è reso ancora piùmarcato da un quarto fattore di crisi,che ha investito l’altro grande fattorepropulsivo dei negoziati dei primi anniNovanta: la leadership degli StatiUniti, cioè l’unico elemento in grado diriequilibrare almeno parzialmente ilpeso negoziale delle parti. La progres-sivi eclissi del ruolo propositivo degliStati Uniti ha avuto inizio con il pas-saggio dalla prima alla seconda ammi-nistrazione Clinton, si è acuita con l’af-fare Lewinski e la perdita di potere eprestigio del Presidente, per manife-starsi infine nella consueta crisi di ini-ziativa dei mesi immediatamente pre-

cedenti le elezioni presidenziali. L’in-ceppamento del “motore” americanonon ha potuto essere compensato, inol-tre, da altri motori. L’Unione Europea,malgrado tutte le velleità di rilanciodella politica mediterranea, non ha néla coerenza interna né le risorse politi-che per giocare un ruolo significativonel negoziato arabo-israeliano, da cuioltre tutto è stata esclusa sin dalle ori-gini. E non si può dire che le prospetti-ve siano più incoraggianti per le Nazio-ni Uniti, che sembrano ormai rasse-gnate a brillare per la propria assenzanella pace mediorientale, salvo rita-gliarsi un ruolo residuo nella regionegrazie all’embargo contro l’Iraq.Resta, infine, un ultimo fattore di crisi,meno trasparente ma, potenzialmente,ancora più significativo. Nello stessomomento in cui si è cominciato a par-lare di pace e sicurezza regionale,infatti, a cambiare sono stati i confinistessi della regione mediorientale. Ilsegnale più superficiale, ma non perquesto meno rilevante, è stato il rein-gresso della Turchia nella regione,dopo quasi settant’anni di assenzapressoché assoluta. Tale reingresso, diper sé, tende a modificare gli equilibriregionali, approfondendo ulteriormen-te la debolezza degli arabi nei confron-ti dei non arabi: senonchè questo effet-to è stato persino amplificato dall’avvi-cinamento della Turchia a Israele,guardato con ovvia apprensione daipaesi arabi (Siria in testa) e culminatoall’inizio del 1998 nello svolgimentodelle prime manovre navali congiunteturco-israeliane di fronte alle costelibanesi. Ma l’allargamento della regio-ne alla Turchia pone, più in generale,una questione di delimitazione spazia-le del nuovo Medio Oriente, tanto piùche una questione analoga si poneanche nelle regioni limitrofe, dai Bal-cani al Caucaso all’Asia centrale. Nonè un caso che si parli sempre più fre-quentemente di “Grande Medio Orien-te”, intendendo con questo il progres-sivo dissolversi dei confini tra tuttiquesti spazi; e non è un caso, soprat-tutto, che questa ridefinizione inte-ressi qualunque ipotesi di sistemazio-ne della regione, aggiungendo aidilemmi della pace quelli ancora piùsfuggenti della geopolitica.

Alessandro ColomboISPI Senior Research Fellow

I RELATORI

Antonio Badini Direttore per i Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente, Ministro degli Affari Esteri

Reginald Bartholomew Vice Chairman Merril Lynch Europe Holdings Ltd., Chairman Italy, former US Ambassador to Italy

Boris Biancheri Presidente ISPIMarta Dassù Direttore del Centro Studi di Politica InternazionaleGiandomenico Picco UN Secretary, General’s Representative for “Year of

Dialogue among Civilizations in 2001”

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✓Secchi. Per quanto non vi siadubbio che la conferenza di Seat-

tle sia stata un fallimento, è altrettan-to chiara la necessità di ripartire. L'e-conomia globale ha bisogno di regoleadeguate, che consentano un cambia-mento della situazione che si è andataevolvendo sotto la spinta di fattori eco-nomici, ideologici e tecnologici. Ladefinizione di queste regole è la sfidache abbiamo davanti e rispetto a cuinon possiamo sottrarci. Il primo passoda compiere consiste nel comprenderela natura, la dimensione, le implicazio-ni dei problemi, e allo stesso tempo ipunti di vista, gli interessi in gioco, lediverse sensibilità.

✓Helg. Nella prospettiva di unamaggiore comprensione degli

avvenimenti è fondamentale definirela globalizzazione come il processo cherende sempre più integrati internazio-

nalmente i mercati dei beni, dei servi-zi, della conoscenza, del lavoro e deicapitali. E' un fenomeno che si manife-sta con la crescita del peso degli scam-bi commerciali sul PIL, con la crescen-te dinamica degli IDE, con i fenomenidi contagio legati alle crisi finanziarie.Non si tratta però di un fenomenonuovo: agli inizi del secolo i mercatidei beni mostravano un livello di inte-grazione non molto diverso da quantosi rilevi al giorno d'oggi. Tra le respon-sabilità più spesso attribuite alla glo-balizzazione appare l'aver generato unaumento della povertà e della disugua-glianza nel mondo. L'evoluzione del-l'indicatore di sviluppo umano mostraperò come, nei paesi che hanno speri-mentato una crescita sostenuta, vi siastato un significativo miglioramentodelle condizioni di vita, mentre per iPVS non c'è evidenza di un peggiora-

mento. L'incidenza della povertà si èridotta o è rimasta costante in quasitutte le aree geografiche, mentre ladisuguaglianza nella distribuzione delreddito tra paesi è aumentata nelcorso del '900. Una volta stabilito chel'aumento della povertà non è unacaratteristica di questo secolo, mentrelo è l'aumento della disuguaglianza, èimportante comprendere il rapporto dicausa-effetto tra quest'ultima consta-tazione e la globalizzazione. Per quan-to riguarda la disuguaglianza a livellonazionale, studi empirici dimostranocome difficilmente si possa individuareun ruolo diretto svolto dalla maggioreintegrazione internazionale nel peggio-ramento della situazione relativa dialcuni attori. Per quanto riguarda inve-ce la distribuzione del reddito tranazioni, non si può negare che la glo-balizzazione abbia avuto un ruolo nel-

AFTER SEATTLE:THE FUTURE OFWORLD TRADE NEGOTIATIONS

ROUND TABLE

Il fallimento della conferenza che avrebbe dovuto lanciare il nuovo Millennium Round dell'Organizzazione Mon-diale del Commercio (OMC), e le proteste che l'hanno accompagnata, sollevano dubbi sul futuro delle negoziazio-ni commerciali multilaterali. In un contesto in cui sono sempre più numerosi coloro che associano una valenza

negativa al termine "globalizzazione", diventa fondamentale capire cosa ci sia dietro gli slogan contro la liberalizza-zione, e ancor più quali siano i meccanismi tramite i quali l'OMC può avere un impatto sulla crescita e sul benesseredella popolazione dei paesi che ne fanno parte. Le manifestazioni di piazza hanno sostenuto la necessità di tutelarealcune categorie della società civile dagli effetti indesiderati della crescente integrazione economica internazionale,di cui gli organismi internazionali sono sempre più visti come promotori. I paesi in via di sviluppo, poi, sono visticome particolarmente vulnerabili a questo processo, con limitate possibilità di intervento per sostenere le proprieesigenze di fronte al potere dei paesi avanzati. In quest'ottica, la crisi asiatica ha rafforzato l'opinione che la globa-lizzazione produca un'effettiva perdita di controllo sull'economia nazionale e una minore influenza della società suipropri destini, con il prevalere della disciplina imposta dai mercati finanziari globali, da istituzioni internazionalicome il FMI e la BM, da una superpotenza globale come gli USA. In realtà, da un'analisi delle posizioni espresse,accompagnata ad una valutazione economica dei processi di liberalizzazione, emerge la complessità di una situazio-ne in cui sono sempre più numerosi e sempre più diversi gli interessi coinvolti. Più difficile che in passato risultaquindi essere il raggiungimento di un accordo nell'ambito di un'organizzazione che dal 1948, anno della nascita delGATT, ha significativamente allargato il proprio campo d'azione e le proprie funzioni.Un ulteriore elemento di complessità è rappresentato dalla questione dell'ammissione della Cina nell'OMC. Unimportante passo verso una maggiore integrazione della Cina nel sistema commerciale multilaterale è infatti statocompiuto il 15 novembre 1999, con il raggiungimento dell'accordo con gli USA, e il 19 maggio 2000 con l'accordo conla UE. Tra i punti più rilevanti di tali accordi si segnalano la disponibilità della Cina a ridurre i dazi alle importazioni(dal 22,1% al 17%), con decrementi sostanziali per alcuni prodotti. Concessioni significative sono previste nel settoredei servizi, con notevole aumento delle opportunità per gli investitori esteri nelle telecomunicazioni, nel settore ban-cario e nella distribuzione entro il 2002. La conclusione degli accordi bilaterali con USA e UE rappresenta un eventoimportante nella prospettiva di un pieno coinvolgimento della Cina nel sistema globale. Rimane questione aperta ilmodo in cui il paese, una volta diventato membro effettivo dell'OMC, influirà sulle future negoziazioni commercialimultilaterali e sui loro risultati.

Maria Weber - ISPI Senior Research Fellow Benedetta Trivellato - ISPI Research Fellow

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l'incrementarne la disuguaglianza.Questo non implica però, come moltigruppi anti-globalizzazione sostengo-no, che tale disuguaglianza abbia unruolo diretto nell'impedire la crescitadel reddito pro-capite dei paesi menosviluppati. La mancata crescita di que-sti ultimi è maggiormente imputabile acaratteristiche interne, quali le politi-che adottate. Si può quindi concludereche la globalizzazione ha effettivamen-te avuto un ruolo nella crescente disu-guaglianza di reddito pro-capite trapaesi, ma più nell'aiutare la crescitadei paesi che hanno avuto un successoeconomico, piuttosto che nell'ostacola-re lo sviluppo dei paesi più poveri.

✓Aggarwal. Gli avvenimenti diSeattle portano l'attenzione su

due affermazioni, sostenute da attoridiversi tra loro, ma entrambe politica-mente ingenue e dalle conseguenzepotenzialmente negative. La primaaffermazione, sostenuta da un gruppoconsistente di liberisti, prevede chenell'ambito della liberalizzazione mul-tilaterale sia fondamentale andareavanti ad ogni costo. La seconda affer-mazione, sostenuta da gruppi diambientalisti e difensori dei dirittiumani, sostiene la necessità di allarga-re il campo di azione dell'OMC allearee del lavoro e della tutela dell'am-biente. Un’analisi di queste due affer-mazioni dimostra come esse possanoavere conseguenze non sempre imme-diate, e non necessariamente positive.Consideriamo ad esempio la prima. Laseconda metà degli anni '90 ha vistoconcludersi alcuni accordi di liberaliz-zazione multilaterale nei settori del-l'information technology, delle teleco-municazioni e dei servizi finanziari. Sitratta di risultati valutati positivamen-te, che nascondono però un'importan-te conseguenza: riducono la spintapolitica ad un più ampio processo diliberalizzazione da parte delle lobbiesdei settori che beneficiano di questi

accordi. Non sempre, quindi, gli accor-di settoriali rappresentano un passointermedio per raggiungere un gradodi liberalizzazione più ampio, comel'affermazione dei liberisti vorrebbesuggerire. La seconda affermazione,invece, è sostenuta da una coalizionepolitica che si oppone alla liberalizza-zione degli scambi, adducendo lanecessità di proteggere i lavoratori el'ambiente dei paesi meno sviluppati.In realtà, gli interessi che molti di que-sti gruppi cercano di difendere sono ipropri, o meglio quelli di alcune cate-gorie di individui che si sentonominacciati dalla concorrenza dei paesimeno sviluppati. In quest'ottica, l'OMCappare come l'organizzazione che puòlimitare le tendenze protezionistichedi alcuni gruppi di interesse all'internodei paesi sviluppati, piuttosto che ilnemico dei PVS. Pur collocandosi suposizioni apparentemente opposte, ipiù accesi sostenitori della liberalizza-zione, da un lato, e gli attivisti anti-glo-balizzazione, dall'altro, possono diven-tare entrambi una minaccia per laliberalizzazione a livello globale.

✓Plummer. Non c'è dubbio cheil mercato globale sia una realtà,

senza possibilità di tornare indietro.Difficilmente, poi, quest'ultima opzio-ne potrebbe considerarsi desiderabile,visto il contributo degli scambi com-merciali alla crescita dei PVS, maanche dei paesi avanzati. La situazioneè più complessa se si considera l'op-portunità di liberalizzare i movimentiinternazionali di capitale, sui quali,dopo lo scoppio della crisi asiatica,non c'è più consenso tra gli operatori.Si tratta di una questione relativamen-te nuova, così come nuovo è il dibattitosu quale sia un regime di cambio otti-male per i PVS. In tale contesto, è fon-damentale capire quali siano gli inte-ressi dei PVS nel sistema rappresenta-to dall'OMC. Negli anni che hanno pre-ceduto l'Uruguay Round, si è progressi-

vamente diffuso nei PVS un nuovomovimento a favore della liberalizza-zione, movimento a cui in parte hacontribuito il successo delle economieasiatiche. Nel momento in cui si ècominciato a parlare di MillenniumRound, però, i PVS hanno mostrato uncrescente scetticismo. A questo hacontribuito il graduale slittamento delfocus dell'attenzione: il nuovo roundavrebbe dovuto avere particolareattenzione per le esigenze dei PVS,senza che però questo sia stato ade-guatamente sottolineato a Seattle. Indefinitiva, il prossimo round dovràprendere maggiormente in considera-zione le necessità dei PVS, e coinvolge-re i loro rappresentanti nella definizio-ne dell'agenda. Nuove norme dovrannoessere definite per regolamentare gliaccordi commerciali regionali, nellaconsapevolezza che l'attuale normati-va si presta a troppe interpretazioniper poter essere efficace. Infine, ènecessario promuovere il consenso delpubblico, richiamando l'attenzione suquali siano i costi e i benefici legatialla liberalizzazione.

✓Secchi. Il messaggio che emer-ge dal dibattito è che la globaliz-

zazione può aiutare la crescita, ma sitratta anche di una realtà con cui dob-biamo fare i conti. Forse un paese-con-tinente come gli Stati Uniti può ancorapensare a modelli di più o meno splen-dida isolation, non certo l'Italia. Glo-balizzazione significa opportunità dasfruttare ma anche una realtà con cuicercare di convivere al meglio, predi-sponendo le regole più opportune alriguardo. Il tempo tutto sommato èabbastanza favorevole. Se è vero che ilfallimento di Seattle è stato anche ilrisultato di una certa fretta da parte diun'amministrazione al termine delproprio mandato, ed è ormai dato chefino all'insediamento di una nuovaamministrazione americana non saràpossibile riprendere seriamente illavoro, usiamo bene il tempo cheabbiamo a disposizione per compren-dere quale sia la posta in gioco, equale sia il modo migliore per affron-tare i problemi ad essa legati.

Agli interventi dei relatori è seguitoun dibattito, al quale è intervenutoanche Piero Bassetti, durante ilquale alcuni tra i presenti hannosuggerito la propria interpretazionedei temi trattati.

I RELATORI

Vinod Aggarwal Director Berkeley APEC Study Center and Professor, University of California

Rodolfo Helg Professor of International Economics, Cattaneo University, LUIC

Michael Plummer Professor of Economics, Brandeis University (Boston)Carlo Secchi Professor of European Economic Policy, Bocconi

University and Director of Global Watch, ISPI

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Il bilancio dell’Unione Europea, ali-mentato dai bilanci nazionali dei sin-goli stati membri in base alle rispettivecapacità contributive, è lo strumentoche sostiene le diverse politiche messein atto dall'Unione. Nonostante l’am-montare del bilancio comunitario rap-presenti solo un’esigua percentualedel PIL europeo (1,27%), esso svolgeanche un importante ruolo finanziarioper lo sviluppo delle aree e dei settorideboli dell’economia dei vari paesi,ridistribuendo le risorse dalle regionipiù ricche a quelle meno ricche. Lasua gestione rappresenta un segnaledella volontà politica di effettuare poli-tiche cooperative all’interno dell’UEche ora, con il prossimo allargamentodell’Unione ai paesi dell’Europa cen-tro-orientale (PECO) si trova adaffrontare una prova decisiva. Tutti ipaesi candidati dell’est europeo, infat-ti, sono accomunati tra loro da unaprofonda diversità economica e strut-turale rispetto agli attuali quindicimembri UE: livelli di reddito pro capi-te estremamente bassi rispetto allamedia comunitaria, bassi livelli di pro-duttività del lavoro, una incidenzarelativa del settore agricolo nelle eco-nomie nazionali di gran lunga superio-re alla media europea, carenza diinfrastrutture e tecnologie avanzate.Tenendo conto del basso livello di pro-sperità relativa e delle fragili struttureeconomiche dei PECO, si prevede cheil processo di convergenza di questipaesi al livello medio di sviluppo degliattuali stati membri richiederà moltianni e necessiterà ingenti trasferimen-ti di risorse da parte dell’Unione nel-l’ambito delle politiche di sostegnostrutturale. Agenda 2000, il pacchetto di riformedelle politiche comunitarie presentatodalla Commissione in previsione dell’al-largamento, definisce il quadro finan-ziario e le linee programmatiche dell'U-nione Europea per il 2000-2006. Essorisponde a due obiettivi principali: • sul fronte delle entrate di bilancio,

l’esigenza di correggere gli ampisquilibri esistenti fra le posizioninette di bilancio dei vari stati mem-

bri nei confronti del bilancio euro-peo (alcuni paesi del nord Europa,prima fra tutti la Germania, registra-no forti saldi negativi a fronte diposizioni largamente “attive” di altristati del sud, come Spagna, Grecia ePortogallo);

• sul fronte delle uscite, la necessità dicorreggere le gravi distorsioni dimercato generate dall’attuale com-posizione della spesa comunitariaattraverso una riduzione dell’inci-denza delle politiche agricole estrutturali a vantaggio delle altrevoci di bilancio.

L’accordo globale su Agenda 2000,raggiunto dal Consiglio Europeo diBerlino il 24-25 marzo 1999, si fonda sutre capitoli principali: la politica agri-cola comune, i fondi strutturali e lerisorse e squilibri di bilancio.La politica agricola comune (PAC) è il

tema centrale della riorganizzazionedel bilancio dell’Unione. Il principioispiratore della riforma è quello di eli-minare gradualmente il peso assisten-ziale della PAC per aumentare la capa-cità dell’agricoltura europea di compe-tere sul mercato internazionale. Essa,infatti, attraverso il complesso mecca-nismo di sostegno dei prezzi di merca-to e di aiuti diretti ai produttori agrico-li assorbe attualmente circa il 40%della spesa totale europea, laddove l'a-gricoltura contribuisce al PIL europeoper appena l’1,8%. Questo, oltre adincidere pesantemente sul bilanciocomunitario, ha anche avuto graviripercussioni negative, dirette ed indi-rette, sul funzionamento dei mercati.Infatti, il sistema di sostegno dei prez-zi ha incentivato gli agricoltori a pro-durre indipendentemente dall’effettivadomanda del mercato, generando inpassato ingenti quantità di eccedenzeagricole, che a loro volta dovevanoessere immagazzinate, smaltite o sven-dute sui mercati internazionalimediante interventi pubblici.Questo complesso ed inefficiente mec-canismo di sostegno dei prezzi e reddi-ti agricoli comunitari è attualmenteincompatibile con la regolamentazionedel settore agricolo in vigore nei

PECO, che è piuttosto improntata almodello di libero mercato (livello deiprezzi pari a quello mondiale, dunquegrandemente inferiore a quello euro-peo). L’ipotesi di estendere ai PECO imeccanismi della PAC, tale come sipresenta allo stato attuale, comporte-rebbe dei costi insostenibili sia per inuovi membri, che non sono in gradodi finanziare trasferimenti di redditoverso i loro agricoltori proporzionali aquelli in atto nell’UE, sia per il bilan-cio UE, che per estendere le compen-sazioni ai paesi aderenti avrebbe biso-gno di risorse aggiuntive pari a circa40 miliardi di euro (circa la metà dellesue dimensioni attuali).Per quanto riguarda il capitolo dei

fondi strutturali, essi hanno rappre-sentato la seconda maggiore voce dispesa dell’UE nel periodo 1994-99 e,allo stato attuale, indirizzano circa unterzo delle uscite del bilancio UE alleregioni povere dell’Unione. Tuttavia,tali trasferimenti diverrebbero proibi-tivi nell’ipotesi di una Unione allargataai PECO. Tutti i nuovi stati aderenti,infatti, dati i bassi livelli di reddito procapite, avrebbero diritto al sostegnostrutturale comunitario sotto l’Obietti-vo 1 (aiuti destinati alle regioni inritardo di sviluppo, il cui PIL pro capi-te è inferiore al 75% della media UE). Infine, per quanto riguarda il capitolo

delle risorse e squilibri di bilancio, unodei punti più complessi del negoziatosu Agenda 2000, l’obiettivo della rifor-ma era quello del finanziamento del-l’Unione per la prospettiva finanziaria2000-06 attraverso lo stanziamento dirisorse necessarie a finanziarie laprima fase dell’ampliamento ad est, ela contestuale correzione degli ecces-sivi saldi negativi di quattro paesi -Germania, Olanda, Austria e Svezia.Coerentemente con le conclusioni delConsiglio di Fontainebleau del 1984,secondo cui la correzione di eventualisquilibri di bilancio deve avvenireattraverso modifiche effettuate sulfronte della spesa, l’accordo sulla que-stione del riequilibrio dei contributi dibilancio fra stati membri è stato rag-giunto lasciando invariato l’ammontare

ISPI - Relazioni Internazionali

IL BILANCIO COMUNITARIONELLA NUOVA DIMENSIONE EUROPEA

DALLA RICERCA ISPI

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delle risorse proprie entro il tetto mas-simo dell’1,27% del PIL comunitario.Il compromesso su Agenda 2000 hamancato in gran parte gli obiettiviauspicati, soprattutto per quel checoncerne il settore agricolo, in cui leriforme radicali sono state rinviate adun momento successivo (il tetto dellaspesa è stato ricondotto al limite pre-fissato grazie al rinvio della riformaOMC latte al 2005/06 e alla limitazionenella riduzione dei prezzi dei cereali,

rispetto alle previsioni iniziali). Attualmente, tuttavia, le forti pressioniprovenienti dai mercati internazionalispingono l’UE verso l’attuazione di unariforma radicale della PAC, che obbli-ghi gli operatori agricoli europei adallinearsi in misura sempre crescenteai prezzi agricoli mondiali e ad adegua-re meglio la loro produzione alladomanda del mercato.Tutto il meccanismo di finanziamentodella UE, dunque, dovrà essere riesa-

minato entro il 1° gennaio 2006, pertenere conto, in particolare, delle con-seguenze dell’ampliamento; in quel-l'occasione verrà studiata anche lapossibilità di creazione di una nuovarisorsa propria che non si traduca inun contributo degli Stati membri, magarantisca maggiore autonomia finan-ziaria all’Unione.

Anna Barone

Il legame economico tra i paesi dell’U-nione Europea (UE) e i paesi del Mer-cato Comune del Cono Sud (MERCO-SUR) è attualmente molto forte ed èprevedibile per i prossimi anni un ulte-riore rafforzamento, grazie a un rinno-vato interesse reciproco. Con la firma del Trattato di Asunciónnel 1991, Argentina, Brasile, Paraguaye Uruguay hanno istituito il MERCO-SUR, un accordo che prevede la pro-gressiva realizzazione di un mercatocomune. Attualmente il MERCOSUR siconfigura come un'unione doganaleancora incompleta: la circolazione deibeni intra-area è libera da dazi pertutti i prodotti, tranne nei settori dellozucchero e degli automezzi e la tariffaesterna comune si applica all’85% deibeni. Il MERCOSUR ha natura intergo-vernativa: non sono state, sinora, crea-te istituzioni comunitarie con poteresovranazionale ma solo organi di coor-dinamento. Il MERCOSUR ha persona-lità giuridica di diritto internazionale epuò quindi negoziare come blocco alivello internazionale. Nel 1996 Cile e Bolivia sono diventatipaesi associati del MERCOSUR, con lafirma di un accordo che prevede larealizzazione di un’area di libero scam-bio in 10 anni, salvo che Cile e Bolivianon diventino prima membri effettividel MERCOSUR.

Mercosur: economia e politica

Il MERCOSUR è una realtà economica

di dimensioni molto importanti: siestende su un’area di 12 milioni di chi-lometri quadrati, ha una popolazionedi 214 milioni di abitanti, un PILcumulato pari a circa 1000 miliardi didollari americani e un PIL pro-capitedi 4800 dollari americani. Dal 1990 al1999 il commercio intra-area è quadru-plicato, arrivando ad essere più del 20%degli scambi totali dei paesi membri.I quattro paesi membri hanno un pesoeconomico all’interno dell’area moltoasimmetrico: nel 1999 i due paesi piùgrandi, Brasile e Argentina, hannoavuto insieme un PIL pari al 97% delPIL dell’area ed esportazioni pari al96% di quelle totali dell’area. Da solo ilBrasile, che è l’ottava economia mon-diale per grandezza del PIL, produce il70% del PIL del MERCOSUR ed espor-ta il 65% dei prodotti dell’area. Da que-sti dati risulta evidente quanto lavolontà politica di Argentina e Brasiledi procedere speditamente sulla stradadell’integrazione tra i paesi, sia unaprecondizione necessaria per un ulte-riore rafforzamento del MERCOSUR.Da alcuni mesi Brasile e Argentinavanno manifestando un interesse sem-pre crescente non solo per un rafforza-mento del MERCOSUR ma anche perun suo eventuale allargamento ad altripaesi: vanno lette in quest'ottica sia lerecenti dichiarazioni (vedi la Dichiara-zione di Buenos Aires di fine aprile egli interventi al VI Summit Economicodel MERCOSUR, 7-9 maggio), sia leconcrete iniziative (l’accordo per unregime comune nel settore degli auto-

mezzi e la fissazione delle prime sca-denze riguardo alla convergenzamacroeconomica nell’area fiscale).Questa strategia sembra volta nontanto alla creazione di un più vastomercato unico sudamericano, ma piut-tosto mira al rafforzamento del poterenegoziale verso l’esterno, nelle nego-ziazioni nel contesto dell’Area di Libe-ro Scambio delle Americhe, nei rap-porti con la UE e in occasione del pros-simo Millennium Round dell’Organiz-zazione Mondiale del Commercio(OMC). Il Brasile, che cerca di affer-marsi quale pivotal state dell'area, haconvocato una riunione di tutti i presi-denti latinoamericani a Brasilia per il31 agosto 2000, per discutere di inte-grazione nel settore delle infrastruttu-re energetiche, comunicazioni, com-mercio, democrazia e della droga.

Verso un legamepiu’ stretto…

Nel dicembre 1995 il MERCOSUR el'UE hanno firmato un Accordo QuadroInterregionale di Cooperazione, cheprevede la creazione di un’associazio-ne politico-economica interregionalebasata su una cooperazione a livellopolitico più intensa e sulla liberalizza-zione progressiva e reciproca di tuttigli scambi commerciali oltre alla pro-mozione degli investimenti. Nel 1998 la Commissione Europea hastabilito che le negoziazioni con ilMERCOSUR dovranno essere simulta-

DALLA RICERCA ISPI

LE RELAZIONI ECONOMICHE TRA MERCOSURE UNIONE EUROPEA: SITUAZIONE RECENTEE PROSPETTIVE FUTURE

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ISPI - Relazioni Internazionali 12

nee a quelle con il Cile e concludersinello stesso momento. Con il comuni-cato congiunto di Rio del 28 giugno1999 in occasione del I Summit di tuttii capi di stato dei paesi europei, lati-noamericani e caraibici, sono stati uffi-cialmente avviati i negoziati sugliaccordi di associazione UE/MERCO-SUR e UE/Cile, senza che però alcunadata precisa per la conclusione deinegoziati venisse concordata. In quel-l'occasione si è deciso che gli accordifuturi includeranno tutti i settori,anche l’agricoltura, e dovranno essereapprovati tutti simultaneamente. Loscorso aprile si è tenuto il primo incon-tro del Comitato di negoziazione UE-MERCOSUR a Buenos Aires. I negozia-ti sono stati difficili principalmenteper la differente posizione dei paesipresenti sulla questione della liberaliz-zazione agricola. I paesi del MERCO-SUR vorrebbero iniziare al più prestola discussione sul settore agricolo,mentre la UE sembra propendere peruna negoziazione inizialmente circo-scritta ad altri fronti meno sensibili,affrontando la questione agricola inmodo collegato ai negoziati OMC e allefuture evoluzioni della Politica Agrico-la Comune. Le parti hanno alla finedeciso la formazione di tre gruppi dilavoro sui seguenti temi: aspetti sani-tari, fitosanitari e regole d’origine; pro-prietà intellettuale e investimenti;concorrenza sleale, difesa del consu-matore e soluzione delle controversie.Le prossime riunioni di quest’anno delComitato di negoziazione UE-MERCO-SUR si terranno a giugno e novembre.

…tra due aree già integrate

L’Unione Europea è il principale part-ner commerciale del MERCOSUR, siacome mercato di sbocco che come for-nitore. Nel 1998 il 24% dei prodottiesportati dai paesi del MERCOSUR èstato comprato dall’UE, che ha vendutoprodotti al MERCOSUR per un totalepari al 27,5% delle importazioni dell’a-rea. La composizione merceologica del-l’interscambio è molto diversa: dueterzi delle esportazioni del MERCOSURall’UE sono materie prime e prodotti diorigine agricola, mentre l’UE vende alMERCOSUR quasi esclusivamente pro-dotti manufatti non agricoli (94%). Dal1980 al 1997 in media il MERCOSUR haricevuto più del 60% degli investimenti

diretti europei in America Latina, con-solidando la presenza produttiva euro-pea nel MERCOSUR. Negli anni novantagli investimenti europei nell’area sonostati importanti nel settore dei servizi(telecomunicazioni, assicurazioni, tra-sporti e turismo) e nell’industria auto-mobilistica, elettronica, petrolchimicae farmaceutica.

Prospettive

I progressi nella negoziazione bilatera-le sono stati sinora limitati; il 1999 èstato un anno molto difficile sia per ilprocesso d’integrazione interno alMERCOSUR (ripercussioni della svalu-tazione brasiliana), che per quantoriguarda le negoziazioni con la UE.Ciononostante, molti fattori induconooggi a pensare che vi sia la volontàpolitica e l’interesse economico di con-tinuare il dialogo.

Rafforzamento del MERCOSUR

In primo luogo, dai primi mesi di que-st’anno i paesi membri stanno attiva-mente rilanciando il MERCOSUR: ilrafforzamento del processo d’integra-zione consentirà un più incisivo dialo-go bi-laterale UE-MERCOSUR. L'am-pliamento del numero dei paesi mem-bri e l'intensificazione della coopera-zione regionale consentirebbe, infatti,ai paesi latinoamericani di potenziareil proprio potere negoziale verso ilblocco dell'Unione.

Interesse economico reciproco

In secondo luogo, UE e MERCOSURhanno entrambi buone potenzialità diespansione degli scambi commerciali,migliori di quelle di altre aree geo-eco-nomiche mondiali. I paesi del MERCO-SUR dovrebbero, del resto, avere unmaggior interesse a formare un’area dilibero scambio con la UE piuttosto checon gli USA, dal momento che la UE èin una fase di espansione economicasenza grossi squilibri di conto corren-te, mentre gli USA sono in una fase dirallentamento della crescita con unenorme e preoccupante disavanzo delconto corrente della bilancia dei paga-menti. Secondo le ultime previsionidell’OCSE (OECD Economic OutlookN. 67, May 2000), nel 2001 UE e USA

cresceranno a tassi simili, rispettiva-mente il 3,1% e il 3,0%, ma gli USAavranno un disavanzo di conto corren-te pari al 4,4% del PIL americano, men-tre l’UE avrà un avanzo pari al 0,6% delPIL comunitario. In questo scenario èdifficile aspettarsi che gli USA sianodisposti a un aumento delle importazio-ni maggiore delle esportazioni. Dal punto di vista europeo, il MERCOSURrappresenta un vasto mercato in espan-sione, con forti legami storici e importan-ti affinità culturali e linguistiche.Negli ultimi trent’anni la crescita degliscambi commerciali dei paesi membridel MERCOSUR è stata inferiore aquella dei paesi emergenti più dinami-ci e dei paesi industrializzati. Dal 1970al 1998 il grado d’apertura agli scambidell’Argentina (misurato dalla sommadi importazioni più esportazioni dibeni e servizi sul PIL) è cresciuto dal10% al 23%, quello del Brasile dal 14%al 18%, mentre quello del Messico dal17% al 64%. Dato il basso livello diapertura delle economie e l’attualepropensione alla liberalizzazione com-merciale, molto differente da quellapassata di natura protezionistica, èragionevole aspettarsi che in futuro siverifichi una forte espansione del com-mercio del MERCOSUR. Inoltre, dopoun biennio di stagnazione, i paesi delMERCOSUR dovrebbero riprendere acrescere a tassi elevati: il Fondo Mone-tario Internazionale stima la crescitadell’Argentina al 3,4% nel 2000 e al3,7% nel 2001 e del Brasile al 4% nel2000 e al 4,5% nel 2001 (IMF, WorldEconomic Outlook, April 2000).

Rischi di marginalizzazione

In terzo luogo, è plausibile aspettarsiche UE e MERCOSUR vorranno evitaredi perdere delle di mercato a causa diliberalizzazioni commerciali con paesiterzi. L’UE ha l’interesse a un processodi liberalizzazione inter-regionale cheaffianchi la creazione dell’Area diLibero Scambio delle Americhe, pro-cesso avviato nel 1994 durante il PrimoSummit delle Americhe (Miami) e chedovrebbe portare all’eliminazionedelle barriere al commercio e agliinvestimenti a partire dal 2005 in tuttoil nord e sud America.Il MERCOSUR dovrà invece cercare dievitare che il recente accordo com-merciale concluso tra UE e Messico si

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ISPI - Relazioni Internazionali 13

risolva in un affievolimento dell’inte-resse europeo per il MERCOSUR.Il 24 marzo 2000 Messico e UE hannofirmato un Accordo di AssociazioneEconomica, Concertazione Politica eCooperazione, che include anche untrattato di libero scambio (liberalizza-zione progressiva del 95% del com-mercio bilaterale entro 10 anni).

Agricoltura: ostacolo insuperabile?

Le negoziazioni per realizzare l’areadi libero scambio UE-MERCOSURsaranno lunghe e complicate a causa

dei differenti interessi settoriali siatra le aree che all’interno di queste.In particolare, la Politica AgricolaComune rappresenta un nodo crucialenon solo nei rapporti UE-MERCOSUR,ma anche, e soprattutto, nell’evoluzio-ne interna del processo d’integrazioneeuropeo e nella strategia globale diproiezione esterna della UE (allarga-mento a est, rafforzamento della coo-perazione con altre aree geo-economi-che). Proprio per l’importanza strate-gica del problema è più che plausibilenon aspettarsi una riforma della Poli-tica Agricola Comune al fine di realiz-zare l’area di libero scambio tra UE e

MERCOSUR. Diverrebbe dunque pococredibile la minaccia di non procede-re nei negoziati bilaterali senza l’in-clusione della liberalizzazione totalenel settore agricolo, anche se la spe-cializzazione produttiva dei paesi delMERCOSUR renderebbe al contempopoco credibile l'ipotesi di una UE allaricerca di un accordo con il MERCO-SUR che non includa una liberalizza-zione selettiva degli scambi dei pro-dotti agricoli.

Antonella MoriISPI Senior Research Fellow

Le relazioni fra la Russia e l’Ucrainaindipendente, le due maggiori Repub-bliche post-sovietiche, anche perpotenziale militare, continuano acaratterizzarsi per una profonda incer-tezza. L’Ucraina è al centro delle prio-rità della politica estera russa e lo saràanche nei prossimi anni, a causa dellequestioni rimaste aperte nel corso diun decennio.Non si tratta solo delle questioni deicontrasti interetnici fra russi e ucraini.Il 23% della popolazione ucraina èrussa e dal 40 al 50% parla in russo edè portatrice della cultura russa, parti-colarmente nell’Ucraina orientale,nella quale si concentra la base indu-striale della Repubblica e questa popo-lazione soffre particolarmente per ildivario fra economia ucraina, in gravecrisi e situazione in Russia, aggravatodalla rottura dei legami di scambio edenergetici. Dipende anche dal fattoche la Russia continua a considerarequesto “estero vicino” (blizhnee zaru-bezhe) come sfera di interessi vitaliper la Russia e ostacola qualsiasialleanza fra le Repubbliche ex sovieti-che e fra di esse e paesi terzi, conside-randola come un atto di ostilità. Putinha guadagnato la successione a Eltsingrazie anche al programma della rico-struzione dello spazio politico-militare

ed economico ex sovietico, frantumatodalle secessioni e dalle scelte delleclassi politiche indipendenti. In campocioè c’è ancora l’idea di un’“integrazio-ne alla russa”, che prevede processi diriaccorpamento a guida moscovita.Quest’ultima è favorita sia dalle per-manenze dei vincoli ex imperiali sovie-tici (l’integrazione forzata stalinianafra le economie repubblicane), chedalle chiusure e paure occidentali diprovocare il gigante dai piedi d’argilla.UE, NATO, Paesi dell’ex Blocco Orien-tale “ammessi nella UE allargata”,mantengono infatti le distanze nei con-fronti dell’area post-sovietica. Questoperò si scontra con elementi in fortecontrotendenza e finisce per alimenta-re resistenze che possono scaturire inseri conflitti etno-regionali. La Russiaconsidera come insignificanti i confiniamministrativi divenuti “in una solanotte” confini di Stato con rilevanzainternazionale. In effetti, si tratta dicompagini statuali date per scontate inambito internazionale, che non possie-dono però né la storia evolutiva degliStati occidentali, né un equilibrio frafattori soggettivi ed oggettivi della poli-tica estera (il fattore soggettivo dellerispettive presidenze ha giocato e con-tinua a giocare un ruolo di capitaleimportanza), né le caratteristiche isti-

tuzionali necessarie a temperare i con-trasti potenziali prima del loro evolver-si in una fase di crisi, che sarebbecatastrofica per entrambi i paesi.Nonostante il carattere amorfo, con-traddittorio e indeterminato della poli-tica estera russa, le rivendicazioni neiconfronti della Crimea e dell’Ucrainaorientale rimangono immutate. Non acaso è capitato ad esempio che all’Isti-tuto Nazionale di Ricerche Strategichedi Kiev si sia parlato di “azioni aggres-sive intraprese dalle forze imperialistedella Russia” e alcuni politologi ucrainiabbiano apertamente teorizzato lanecessità del “distanziamento” dell’U-craina dalla Russia. La reazione inUcraina a questo tipo di “integrazione”presenta infatti diversità sostanzialirispetto a quanto accade in Bielorus-sia. Nella classe dirigente e nell’ambi-to più ristretto della classe politicaucraine permane la convinzione che ilpericolo esterno principale per l’indi-pendenza del paese sia rappresentatodalla Russia attuale. Le convinzioni, glistereotipi e le rappresentazioni socialihanno un’importanza fondamentalenelle relazioni fra i due paesi, che finoad oggi hanno visto contrasti limitati(questione della Flotta del Mar Nero;minoranze russe nella parte orientale;questione della Crimea e di Sebastopo-

LE RELAZIONI RUSSO-UCRAINE:UN’INCOGNITA PERMANENTE

DALLA RICERCA ISPI

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li per le quali viene proposto uno sta-tus particolare); la dinamica di questerappresentazioni è decisiva in quanto icomunicati dei politici ucraini vengo-no utilizzati a Mosca da coloro che nonsono interessati alla normalizzazionedelle relazioni fra i due paesi. Alcuneforze in Russia, sebbene non quellegovernative, auspicano la politicizza-zione delle fratture interne ucraine invista di un loro sfruttamento al fine difar rientrare l’Ucraina nell’orbita degliinteressi russi. Se finora ha prevalso ilcompromesso, rimane la tentazionericorrente di sfruttare il seguentericatto: o entrare nell’“integrazione”post-sovietica conservando la propriaintegrità territoriale e statuale, oppuresubire la frantumazione dell’Ucraina

in parti differenti, grazie all’opera didifferenti irredentismi opportunamen-te stimolati. Il potenziale conflittualepuò accendersi in particolare con l’iso-lamento che la Russia potrà sperimen-tare e il conseguente rifiuto russodelle iniziative centro-europee o “Bal-tico-Mar Nero”, per non parlare deirapporti con la NATO, intrapresi dal-l’Ucraina e osteggiati da Mosca. Sitratta pertanto di uno scontro latente,solo parzialmente sopito, di un equili-brio regionale instabile, nutrito diattriti fra minoranze, classi politiche,elementi nazionalisti e militari. Il potenziale conflittuale nelle relazio-ni russo-ucraine può trasformarsi inscontro attuale soprattutto nel campodelle questioni militari. La soluzione

di compromesso sulla Flotta del MarNero non ha esaurito le questioniancora sul tappeto. Si riproduconocostantemente dissensi, attriti e parti-colarmente in campo militare la colla-borazione fra i due paesi appare forte-mente compromessa. Gli interessi russi e quelli ucrainirimangono sensibilmente divergenti.Così, anziché dar vita ad alleanze conil fine della stabilità nello spazio post-sovietico, i due paesi rimangono anco-rati a strategie di perseguimento deipropri fini rispettivi di sicurezza nazio-nale, di per sé generatori di incertezza.

Alessandro Vitale

MESSICOATLANTE

Con un PIL pari a 480 miliardi di dolla-ri americani nel 1999, il Messico è laseconda economia più grande dell’A-merica Latina, dopo il Brasile. Dopo la crisi finanziaria della fine del1994, il rigore della politica fiscale emonetaria e la flessibilità del tasso dicambio sono stati gli strumenti chiavedella politica economica del governomessicano per creare le necessariecondizioni di stabilità macroeconomi-ca e di crescita. Nel 1999 il Messico haregistrato un tasso di crescita del 3,7%,mostrando una congiuntura economicapositiva, decisamente migliore rispettoal resto del continente latinoamerica-no, che nel 1999 non è cresciuto in ter-mini reali. Negli ultimi due anni iltasso d’inflazione ha continuato adiminuire passando dal 18% all’iniziodel 1998 al 10% a marzo 2000. Le previ-sioni di crescita per il prossimo bien-nio sono molto positive: il FMI prevedeuna crescita del PIL del 4,5 nel 2000 edel 5,3 nel 2001 (FMI, World EconomicOutlook, April 2000). Anche l’inflazio-ne dovrebbe continuare la sua discesaanche se a ritmi più contenuti. Il recente andamento dell’economiadel paese è stato molto buono, nono-stante le recenti crisi finanziarie inter-nazionali (asiatica, russa e brasiliana)e l’elevata volatilità del prezzo del

petrolio nel biennio 1998-99, anchegrazie alla fortissima espansione del-l’economia statunitense, con la quale ilMessico ha stretti legami commercialie produttivi nell’ambito del NAFTA.

L'attuale contesto politico

L’attenzione della scena politica messi-cana è concentrata sulle elezioni pre-sidenziali e congressuali che si svolge-ranno il 2 luglio 2000. La selezione delcandidato del Partido RevolucionarioInstitucional (PRI) che concorrerà allagara elettorale per la carica di presi-dente è avvenuta, per la prima volta,attraverso le primarie il 7 novembrescorso. Vincitore nelle fila del PRI èrisultato Francisco Labastida. Il mec-canismo delle primarie è stato adottatoanche dal Partido Acción Nacional(PAN), mentre il Partido Popular Revo-lucionario Democrático (PRD) ha deci-so di continuare con il vecchio sistemadell’elezione interna. Il vantaggio di cui gode il PRI, cherisulta favorito nei sondaggi pre-eletto-rali, gli deriva dal radicamento nel tes-suto sociale del paese, grazie a 70 annidi governo, e dai buoni risultati econo-mici recenti.La frammentazione è il principale

ostacolo al successo dell'opposizione.Incapaci di creare un'ampia coalizio-ne, l'unica che avrebbe grandi possibi-lità di battere Labastida, i due maggio-ri partiti d'opposizione, il PAN e ilPRD, hanno creato dei raggruppamen-ti minori che presentano ciascuno unproprio candidato. L'Alianza por elCambio è il nome del blocco di centrodestra guidato dal PAN insieme alPVEM, che presenta come candidatoVincente Fox. L'Alianza por México è ilnome del polo di centro sinistra che facapo al Partido della RivoluzioneDemocrática (PRD) e il cui candidatoè Cuauhtemóc Cárdenas. Di tale coali-zione fanno parte il Partido del Tra-bajo (PT), la Covergencia por la Demo-cracia (CD), il Partido Alianza Social(PAS) e il Partido de la SociedadNacionalista (PSN). Questa larga coali-zione permetterà a Cárdenas di riceve-re finanziamenti pubblici simili a quel-li di Labastida. Tuttavia queste coali-zioni hanno già mostrato delle incrina-ture, con le manovre di dicembre delPRI per ottenere il supporto di PT ePVEM per la legge sul bilancio e sulleentrate. Inoltre altri tre piccoli partiti indipen-denti presentano candidati distinti. Sitratta del Partido del Centro Democra-tico (PCD), partito di centro sinistra

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ISPI - Relazioni Internazionali 15

che presenta Manuel Camacho Solís;del partito di sinistra Partido Demo-cracia Social (PDS), che ha nominatoil suo leader Gilberto Rincón Gallardocome candidato, e infine del PartidoAutentico de la Rivolución Mexicana(PARM), il cui candidato è PorfirioMuñoz Ledo. La campagna elettorale e la lotta per ilpotere che si è scatenata nel PRI tra ilpresidente uscente Zedillo e il candi-dato ufficiale Labastida hanno creatoun'interruzione nell'amministrazioneordinaria. Al contrario, la tensionesociale in Chiapas e in altre zone non èdiminuita. Tuttavia, il governo non puòpermettersi un'azione militare inpiena campagna elettorale, quindi siconcentrerà sull'azione diplomatica.

L'attuale contestoeconomico

Dal punto di vista economico, lo scorsoanno il paese è stato influenzato dauna serie di shock esterni che hannoavuto un impatto avverso sull'econo-mia, con la conseguenza di portare iltasso di crescita del PIL per il 1998 adun livello pari al 4,8%, ben più basso diquello registrato nel 1997 pari al 6,8%.Gli ultimi dati disponibili confermanoperò che l'economia del Messico, stainiziando a riprendersi, dopo la ridu-zione del tasso di crescita del PIL veri-ficatasi nel primo trimestre del 1999.Per l'intero anno, l'economia ha regi-strato un tasso di crescita pari al 3,7%su base annua. Il settore dei trasportie quello delle comunicazioni sono statiquelli più dinamici, ma anche il setto-re manifatturiero ha mostrato unabuona performance, sostenuto dallacrescita nell'industria maquiladora,l'insieme delle imprese contoterzistetipiche della zona nord del paese.Da alcuni anni, inoltre, il Messico staperseguendo una politica di liberaliz-zazione commerciale: attualmente ilpaese ha accordi di libero scambio conStati Uniti, Canada, Bolivia, Cile,Colombia, Costa Rica, Nicaragua eVenezuela. Il 1° luglio 2000 entrerannoin vigore gli accordi di libero scambiocon Israele e con l’Unione Europea.Quest’ultimo, firmato il 23 marzo 2000,prevede la graduale liberalizzazionedel 95% degli scambi tra i due partner:entro il 2007 quasi tutti i prodotti

industriali non dovranno pagare piùdazi e il livello medio dei dazi doganaliscenderà dall'attuale 35% al 7%. L’ac-cordo copre anche gli appalti pubblici,le regole di origine, la concorrenza etutela della proprietà intellettuale. Infine, agli inizi di maggio 2000 il Mes-sico ha firmato un accordo di liberoscambio con Guatemala, Honduras e ElSalvador, che entrerà in vigore a gen-naio 2001.Il flusso di investimenti esteri è più cheraddoppiato nel 1999 arrivando a 22,4miliardi di dollari americani. Secondoil Consiglio Messicano per gli Investi-menti, gli investimenti diretti stranieriin Messico raggiungeranno nel 2000 ilvalore di 12,3 miliardi di dollari. I set-tori maggiormente coinvolti saranno:telecomunicazioni (26,4%), automobili(18%), elettronica (10,1%), energia(10%). Quanto alla provenienza deicapitali essi arrivano principalmenteda Usa e Canada che insieme raggiun-gono il 58%, Europa (36%), Asia (6%). I buoni risultati ottenuti dal Paesesono stati riconosciuti anche dalleprincipali agenzie internazionali conle recenti decisioni di aumenti diratings (Moody’s il 7 marzo 2000; Stan-dard& Poor il 13 marzo 2000 e FitchIBCA il 3 maggio 2000).

I settori chiave

Il settore industriale del Messico si èsviluppato inizialmente grazie allapolitica di sostituzione delle importa-zioni, attuata fino ai primi anni ottan-ta, quando la crisi del debito ha fatto sìche lo sviluppo del settore industrialevenisse effettuato attraverso una poli-

tica di promozione delle esportazioni.In questo modo il settore si è potutoespandere, soprattutto in termini diguadagni derivanti dalle esportazioni,ma allo stesso tempo la liberalizzazio-ne commerciale ha creato problemiper alcune industrie che hanno dovutoaffrontare la concorrenza con i prodot-ti importati. Oggi il settore manifattu-riero è il settore produttivo più impor-tante del Messico. Un'industria dove leesportazioni sono state rilevanti èquella relativa ai prodotti di metallo,ai macchinari e alle attrezzature. Leesportazioni dell'industria automobili-stica sono quelle che hanno mostratola migliore performance. Nel 1998 laproduzione di veicoli è stata pari a1.427.590 unità. La produzione del set-tore automobilistico ha continuato adespandersi durante il 1999, soprattuttograzie all'incremento di vendite sulmercato americano.Un'elevata proporzione dell'attivitàmanifatturiera è data dal settoremaquila, che va dall'assemblaggio diveicoli a quello di beni elettrici, finoalla produzione di mobili e tessili. Allafine del mese di febbraio del 1999 c'e-rano in Messico 3.166 impianti maqui-ladora, localizzati principalmentelungo il confine con gli Stati Uniti, concirca 1,1 milioni di occupati. Per quanto riguarda l'agricoltura, inve-stimenti inadeguati e bassa produtti-vità continuano ad influenzare il setto-re, esacerbando l'estrema povertàdelle aree rurali. Le attività del settoreagricolo rappresentavano nel 1998 il6,8% del PIL, ma occupavano circa il20% della forza lavoro totale del paese.Il settore dei servizi è diventato negliultimi anni il settore a maggior occupa-

PRINCIPALI INDICATORI ECONOMICI

1998 1999PIL reale (variazione %) 4,8 3,7 Produzione industriale (variazione %) 6,3 3,8Disoccupazione (% forza lavoro) 3,2 2,5Inflazione (IPC) (%) 18,6 12,3 Saldo bilancio pubblico (%PIL) -1,26 -1,15Saldo bilancia commerciale (mld US$) -7,9 -5,4Esportazioni (variazione %) 6,4 16,4Importazioni (variazioni %) 14,1 13,3Flusso di investimenti esteri (mld US$) 10,7 22,4 Debito estero totale (% PIL, fine periodo) 38,5 30,7Tasso di cambio nominale(Peso per USD, medio) 9,14 9,56

Tabella 1 – Principaliindicatorieconomici

Fonte:Secretaria deHacienda y CreditoPublico, MexicoBimonthly EconomicNews, 14 April 2000

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L’“Institute for Political and Interna-tional Studies” (IPIS) di Tehran, fon-dato nel 1983, è specializzato nello stu-dio delle relazioni internazionali edella politica estera iraniana. L’Istitutonasce dall’esigenza di affiancare ilMinistero degli Affari Esteri dellaRepubblica Islamica dell’Iran nellasua attività di elaborazione e imple-mentazione delle azioni di politicaestera.L’intensa attività dell’IPIS spazia dallaricerca, all’organizzazione di convegni,alla formazione, alla raccolta archivi-stica e si avvale di rapporti di collabo-razione con Università e Centri diricerca di tutto il mondo.L’IPIS svolge una funzione di stimolo edi tribuna scientificamente qualificatanel dibattito attinente ai grandi temigeostrategici, politici e religiosi checoinvolgono la regione mediorientale eil Golfo Persico.Per diffondere i risultati delle propriericerche e degli eventi promossi dall’I-stituto, particolare importanza vieneattribuita alla pubblicazione di rivistesu tematiche internazionali. In parti-colare l’IPIS pubblica i trimestrali“The Journal of Foreign and CentralAsia” e “Caucasus Review”, che affian-

cano la rivista principale, l’“IranianJournal of International Affairs”.A partire dal 1994 sono stati lanciati itrimestrali “African Studies”, in linguapersiana, e “Amu Darya: The IranianJournal of Central Asian Studies” inte-ramente in inglese.Destinatari del servizio culturale offer-to dall’Istituto sono i “policy maker”iraniani, ma l’attività dell’IPIS è rivol-ta in senso lato all’intera società ira-niana e a tutti coloro che a vario titoloentrano in contatto con l’Iran.Tra le iniziative recenti promosse dal-l’Istituto va ricordata la “Eighth Inter-national Conference on Central Asia &the Caucasus” sul tema “Lessons fromthe Past, Prospects for the Future” chesi è tenuta a Tehran nei giorni 11 e 12giugno. La Conferenza nasce dalla con-sapevolezza raggiunta ormai anche alivello politico, che il Mar Caspio siadiventato una delle aree più critichedella regione per motivi che vannodallo sfruttamento delle risorse idri-che e minerarie, all’importanza crucia-le della regione per quanto riguarda laposa e l’attraversamento di gasdotti eoleodotti. Tutti elementi che possonoavere ripercussioni di ampia portatasia dal punto di vista della sicurezza

della regione, che sotto il profilo delrispetto dell’ambiente.Tra le ultime pubblicazioni dell’IPISricordiamo “The British Role in theEuropean Power Politics” - di SaeedKhalo Zadeh - che analizza le posizioniassunte dalla Gran Bretagna nelle fasicruciali del processo di integrazioneeuropea, le cause della vittoria deilaburisti e altri temi di politica internaa cominciare dal processo di pace nel-l’Irlanda del Nord.Nell’ambito delle intense relazioni discambio che l’IPIS intrattiene con altriIstituti e Centri di ricerca di tutto ilmondo, va sottolineato il rapportoinstaurato con l’ISPI che si concretizzanello scambio di ricercatori apparte-nenti ai due Istituti. Nell’ambito diquesti accordi l’ISPI ha ospitato loscorso anno per 4 mesi il Dott. Mehr-dad M. Mohsenin che durante la suapermanenza in Italia ha elaborato ilpaper “Lo sviluppo socio-economiconell’Asia centrale: prospettive irania-ne”. Il prossimo autunno un ricercato-re dell’ISPI raggiungerà Tehran perrealizzare una ricerca sulle relazioniitaliane e europee con la RepubblicaIslamica dell’Iran.

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IPIS“IN NETWORK” CON ISPI

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zione, soprattutto per i lavoratori urba-ni, arrivando ad occuparne nel 1998 il36,9% sul totale, seguito dal settoremanifatturiero con il 22% e dal commer-cio con il 20,6%. In particolare, perquanto riguarda il settore energetico, ilMessico nel 1998 era il quinto paese almondo produttore di petrolio. Il livellodi riserve si è però ridotto stabilmentenel decennio passato, a causa di unacontrazione nell'attività di esplorazione.

ProspettiveE’ opinione diffusa che vi sia una bassaprobabilità di una nuova crisi internaprima delle elezioni del 2 luglio 2000,come è avvenuto più volte in passato, eche entrambi i principali candidati pre-sidenziali, Francisco Labastida e Vin-

cente Fox, continueranno la politicaeconomica attuale. Tuttavia, una com-posizione frammentata del Parlamentopotrebbe rendere più difficile l’accordosu necessarie riforme strutturali, qualequella del sistema fiscale per diminuirela dipendenza delle entrate fiscali dairedditi del settore petrolifero, e impor-tanti misure, quali quelle per rafforzareil sistema bancario.I fondamentali macroeconomici delPaese sono solidi e il principale rischionel breve termine è esterno: una bruscafrenata della crescita negli USA farebbediminuire le esportazioni e le prospetti-ve di crescita economica e potrebbecausare una forte uscita di capitali.

Luisa Beltramello

ORIGINI DEL PIL 1998(% DEL TOTALE)

Agricoltura, foreste e pesca 6.8Industria 29.7

Mineraria 2.2Costruzioni 3.7Elettricità, gas e acqua 1.4Manifattura 22.4

Servizi 63.6Commercio all'ingrossoe al dettaglio 23.4Trasporti e comunicazioni 10.8Servizi finanziari 14.9Altri 14.5

Totale, incluso altri 100.0

Tab.2Fonte: Inter-American Development Bank

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Più di settecento giovani tralaureati e studenti universitariprovenienti da tutta Italia,hanno affollato le sale di Palaz-zo Clerici in occasione dellaGiornata Informativa “Le Car-riere Internazionali” tenutasi il9 maggio scorso. Il successo dell’iniziativa, oggialla sua seconda edizione, è ilsegnale di un crescente inte-resse verso le carriere interna-zionali che spesso è ostacolatodalla difficoltà nel reperireinformazioni rilevanti.Per consentire un’informazioneal contempo precisa e detta-gliata, l’incontro è stato suddi-viso in 5 moduli: le missioni diMonitoraggio Elettorale; lavo-rare in Organismi Internazio-nali (il programma “Esperti

Associati”); la Carriera Diplo-matica; lavorare per OrganismiInternazionali (la Consulenza);lavorare in ONG (il Volontaria-to Internazionale). Tra i quali-ficati relatori che si sono alter-nati durante tutto il giornovanno ricordati il Presidentedell’ISPI ed ex Ambasciatoreitaliano a Washington, BorisBiancheri; la Direttrice dello“United Nations HumanResources for InternationalCooperation” di Roma, MariaZenaide Cappetta e Gian LuigiMascia, Capo Ufficio VI, Dire-zione Generale per gli AffariPolitici Multilaterali e i DirittiUmani del Ministero degli Affa-ri Esteri.L’incontro ha avuto un tagliodivulgativo e informativo e ha

puntato a creare un rapportodiretto tra i giovani interrogan-ti, gli esperti e i dirigenti diorganismi internazionali che vihanno partecipato. Caratteri-stica fondamentale dell’inizia-tiva è stata la chiarezza e lacompletezza delle informazio-ni, cui si è aggiunta la disponi-bilità dei relatori a rispondereai quesiti posti dai giovani e afornire indicazioni anche supersone o istituzioni da contat-tare a seconda delle specificheesigenze. L’ISPI ha distribuito a tutti ipartecipanti materiale informa-tivo relativo alle diverse possibi-lità di accesso alle carriereinternazionali favorendo il con-tatto diretto tra chi in tali car-riere è direttamente impegnato.

Giornata informativa

CARRIERE INTERNAZIONALI:CINQUE WORKSHOP PER SAPERNE DI PIÙ

ALUMNIEmilio BarbaraniUn “ex-ispino”Ambasciatore

a Santiago del Cile

L’Ambasciatore Emilio Barba-rani, che ha frequentato il"Corso di preparazione alla car-

riera diplomatica 1966-67", haintrapreso da molti anni la car-riera diplomatica, spostandosiin varie parti del mondo efacendosi portavoce, di volta involta, degli interessi italiani.Nato a Verona il 2 maggio 1940,ha conseguito due lauree. Laprima in Giurisprudenza all’U-niversità Cattolica del SacroCuore di Milano nel 1966 e la

seconda in Scienze Politicheall’Università di Roma nelmarzo del 1982. Superate leprove d’esame del concorsodiplomatico nell’ottobre del1967, è stato assegnato inizial-mente alla “Direzione GeneraleEmigrazione”, quindi alla “Dire-zione Generale Personale”. Haricoperto successivamente l’in-carico di Primo Segretario e diConsigliere di Legazione a Lon-dra.Promosso Consigliere d’Amba-sciata il 1° luglio 1982, è statodestinato con l’incarico diPrimo Consigliere ad Atene nel1984 e a Belgrado nel 1987.E’ stato nominato Ministro Ple-nipotenziario di 2a classe nell’a-gosto del 1991, passando inseguito alle dirette dipendenzedel Direttore Generale degliAffari Politici.A partire dal 1994 ha svolto aMadrid la funzione di MinistroConsigliere, prima di esserenominato nel 1998 Ambasciatorea Santiago del Cile, dove attual-mente ricopre questa prestigio-sa carica.

"VACANCIES"PER GIOVANI LAUREATIPer far fronte alle necessità di ampliamento dell'Area Ricerca,l'Ispi bandisce un concorso per quattro posizioni di "ResearchAssistant" da destinare alle aree: Europa Centro-Orientale, Medi-terraneo, Asia, America Latina. I candidati sono giovani laureatiin Economia o Scienze Politiche con esperienza di ricerca matu-rata in una delle precedenti aree. E' richiesta l'ottima conoscen-za della lingua inglese e, preferibilmente, di una seconda linguacoerente con il settore di specializzazione prescelto.Ai giovani, selezionati da una apposita Commissione nominatadall'ISPI, verranno offerti contratti rinnovabili di collaborazio-ne coordinata e continuativa della durata di un anno, a partiredal prossimo autunno.La data ultima per la presentazione delle candidature (curricu-lum vitae, pubblicazioni e foto) è il 1° luglio 2000. Per ulterioriinformazioni si consulti il sito dell'ISPI: www.ispinet.it

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Ferdinando Adornato, Fondazio-ne Liberal; Vinod Aggarwal, Uni-versity of California; Sergio Ales-sandrini, Università “L. Bocco-ni”; Roberto Artoni, Università“L. Bocconi”; Antonio Badini,Ministero degli Affari Esteri;Mario Baldassarri, Università“La Sapienza”; Giorgio Barba-Navaretti, Centro Studi “Lucad’Agliano” - Università “L. Bocco-ni”; Reginald Bartholomew, Mer-rill Lynch Europe Holdings Ltd;Francesco Bastagli, UNDP (Tehe-ran); Eugenio Belloni, Fondazio-ne NovaRes Publica; AlbertoBonisoli, SDA Bocconi; Luca Bru-sati, OMS (Copenaghen); DianaBrock, KPMG; Gianluca Burci,OMS (Ginevra); Maria ZenaideCappetta , United NationsHuman Resources for Internatio-nal Cooperation; SebastianoCardi , Ministero degli AffariEsteri; Enrica Collotti Pischel,Università degli Studi di Milano;Charles E. Cook Jr., Analistapolitico americano; Sara Cristal-di, “Il Sole 24 Ore”; Cesira D’A-niello , Consiglio dell’UnioneEuropea; Marta Dassù, CESPI;José Augusto de Albuquerque,Università di San Paolo; AntonGiulio de’ Robertis, Università

degli Studi di Bari; Mario Dea-glio, Centro Einaudi; RobertoFabbri, “Il Giornale”; VilmarFaria, Presidenza della Repubbli-ca brasiliana; Maurizio Ferrera,Università di Pavia; Carlo Filip-pini, ISESAO, Università “L. Boc-coni”; Francesco Gatti, Univer-sità degli Studi di Venezia Ca’Foscari; Attilio Geroni, “Il Sole24 Ore”; Cinzia Giudici, COSV;Charles H. Gustafson, George-town University (Washington);Rodolfo Helg, LIUC; RosalynHiggins, Corte Internazionale diGiustizia; Emanuele Itta, Presi-denza del Consiglio dei Ministri;Alberto Martinelli, Universitàdegli Studi di Milano; Gian LuigiMascia, Ministero degli AffariEsteri; Donato Masciandaro,Università “L. Bocconi”; AndreaMeloni, Ministero degli AffariEsteri; Corrado Molteni, ISESAO;Jean Marie Momal, ConsolatoGenerale di Francia; GianGaleazzo Monarca, Sezione Lom-barda Croce Rossa Italiana;Mario Nava, Commissione Euro-pea; Lorenzo Ornaghi, UniversitàCattolica del Sacro Cuore diMilano; Alessandro Penati, Uni-versità Cattolica del Sacro Cuoredi Milano; Riccardo Perissich,

Pirelli S.p.A.; Ingolf Pernice,University of Berlin; Valeria Pia-centini, Università Cattolica delSacro Cuore di Milano; Giando-menico Picco, United Nations;Michael Plummer, Brandeis Uni-versity (Boston); Fausto Pocar,Tribunale Penale Internazionaleper la ex Jugoslavia; PaoloRomagnoli , Ce.L.I.M.; SergioRomano, “Il Corriere della Sera”;Cesare Romiti , RCS; GiorgioSacerdoti, Università “L. Bocco-ni”; Pietro Sebastiani, Rappre-sentanza Italiana Unesco; Mauri-zio Serra, Ministero degli AffariEsteri; Sandro Sideri, Institute ofSocial Studies (L’Aja); LucianaSimpa, “Il Sole 24 Ore”; Jean-LuisTauran, Città del Vaticano; Rug-gero Tozzo, Nuova Frontiera/Ali-sei; Giulio Tremonti, Camera deiDeputati; Tullio Rodolfo Treves,Tribunale Internazionale delMare; Sandro Tucci , NazioniUnite - Ufficio per il Controllodella Droga e Prevenzione delCrimine; Stefano Urbinati, “IlSole 24 Ore”; Laura Viganò, Fon-dazione “Giordano dell’Amore”;Armin von Bogdandy, Univerityof Frankfurt.

ISPIISTITUTO PER GLI STUDI DI POLITICA INTERNAZIONALE

Per informazioni: ISPI - Via Clerici, 5 - 20121 Milano - Tel. 02.863.313.273 - E-mail: [email protected] - Sito Web: www.ispinet.it

Il Master in International Affairs ha una durata di 10 mesi e si articola in due percorsi: Carriera Diplomatica e Carriere Internazionali.

La Faculty include accademici italiani e stranieri, funzionari del Ministero degli Affari Esteri e di Organismi Internazionali.

Selezioni: 25, 26 e 27 settembre 2000

Sono previste borse di studio a copertura parziale o totale della quota di partecipazione.

Master in International Affairs 2000/2001Carriera diplomatica

Carriere internazionali

d’intesa con

MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERIISTITUTO DIPLOMATICO

Con il sostegno di

Fondazione

Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde

Di passaggio in ISPI

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ISPI - Relazioni Internazionali 19

■ APRILEMar. 4 “Omaggio all’Europa”: il BelgioMar. 4 Corso “Japan at the Crossroads” (Kazuo Ichijo, Hitotsubashi University, Tokyo)Gio. 6 Osservatorio sul mondo “Le elezioni russe” a cura di Sergio RomanoMar. 18 Corso “Japan at the Crossroads” (Shumpei Takemori, Keio University, Tokyo)Gio. 20 Corso “Japan at the Crossroads” (Corrado Molteni, Università degli Studi

di Milano; ISESAO/Università “L. Bocconi”)■ MAGGIOMar. 2 “Omaggio all’Europa”: l’IrlandaMer. 3 Round Table “Il Brasile in trasformazione: i rapporti con l’Europa e l’Ita-

lia” (B. Biancheri, P. T. Fleche de Lima, J. A. Ghilhon de Albuquerque, V.Faria, M. Spinetto, M. H. Tachinardi, R. Da Rin, C. Secchi)

Gio. 4 Concerto di primavera per la Comunità Universitaria Internazionaledi Milano

Gio. 4 Corso “Japan at the Crossroads” (Franco Mazzei, Istituto UniversitarioOrientale, Napoli)

Mar. 9 Giornata informativa “Le Carriere Internazionali”Ven. 12 I Colloquia Internazionali: Rosalyn Higgins, Giudice della Corte Interna-

zionale di GiustiziaLun. 15 Round Table “Il Medio Oriente a sette anni dall’accordo di Washington:

quali prospettive di pace nella regione?” (A. Badini, B. Biancheri, R.Bartholomew, M. Dassù, G. Picco)

Mar. 16 Round Table “Quale futuro per il Giappone?” (E. Collotti Pischel, F. Gatti,C. Filippini, C. Molteni, M. Weber)

Gio. 18 Corso “Japan at the Crossroads” (Thomas Heller, Stanford University)Gio. 22 Seminario “Il programma politico democratico e repubblicano nelle ele-

zioni presidenziali americane: i temi di politica nazionale e internazionale”(Charles E. Cook Jr., analista politico americano; Franco Bruni, Direttoredel Comitato Scientifico dell’ISPI; Roberto Fabbri, “Il Giornale”)

Mar. 23 Corso “Japan at the Crossroads” (Yoshio Terasawa, Chairman of Lone Star JapanAcquisition and Former Japanese Minister of Economic Planning Agency, Tokyo)

Gio. 25 I Colloquia Internazionali: S.E. Mons. Jean-Louis Tauran, Segretario peri Rapporti della Santa Sede con gli Stati, Città del Vaticano

Lun. 29 Round Table “After Seattle: The Future of World Trade Negotiations” (V.Aggarwal, R. Helg, M. Plummer, C. Secchi)

■ GIUGNOMar. 6 “Omaggio all’Europa”: il Regno UnitoLun. 12 Round Table “Europa: colonia Americana?” (F. Adornato, E. Belloni, B.

Biancheri, F. Debenedetti, A. Penati, C. Romiti, C. Secchi, G. Tremonti)Ven. 23Sab. 24 Foro di Dialogo Bilaterale Italo-Argentino “Il dialogo e la cooperazione

tra Italia e Argentina: economia, politica e cultura”Lun. 26 Seminario “Il Bilancio Comunitario nella nuova dimensione europea” - Torino

(Boris Biancheri, Presidente ISPI; Rinaldo Bontempi, Consigliere Speciale delleNazioni Unite; Alessandra Casarico, Università “L. Bocconi”; Adriana Cerretelli,Corrispondente “Il Sole 24 Ore” – Bruxelles; Jos Chabert, Presidente Comitato delleRegioni; Andrea Comba, Università di Torino; Fabrizio Coricelli, Università di Siena;Silvio Fagiolo, Rappresentante Permanente d’Italia presso l’UE; Gian GiacomoMigone, Presidente Commissione Affari Esteri del Senato; Secondo Tarditi, Univer-sità di Siena; Alessio Panizzi, Giornalista ADN Kronos; Riccardo Perissich, DirettoreAffari Pubblici ed Economici Pirelli; Enrico Salza, Presidente Torino Incontra)

Day by day

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La stabilizzazione, l’inserimen-to internazionale, le riformedella struttura produttiva,alcune esperienze nazionali e i

nodi irrisolti (politiche sociali,mercato del lavoro, sviluppoeconomico e ambiente) sono alcentro della pubblicazioneISPI “America Latina. Prospet-tive e opportunità negli anni2000: dalla stabilizzazione allacrescita” che consta di 12paper ed è curata da AndreaGoldstein dell’OCSE di Parigi.Sono stati inoltre pubblicatisotto la collana “Quaderni -Global Watch” due lavori del-l’Area America Latina dell’I-SPI: “Le relazioni economichetra Mercosur e Unione Euro-pea: situazione recente e pro-spettive future” di AntonellaMori; “Localizzazione dell’in-dustria in Argentina: alcune

implicazioni per le imprese ita-liane” di Luisa Beltramello.Le collane “Quaderni-Paper” e"Ricerche e Rassegne-WorkingPaper" hanno invece accolto 20studi realizzati precedente-mente tra cui: “La nuova rivo-luzione degli affari militari” diFulvio Zannoni; “Il problemaambientale nelle relazioniinternazionali” di Maria JuliaTrombetta; “Taliban afgani evie del petrolio” di RiccardoRedaelli; “Bicontinentalità egeopolitica. La prospettivaeurasiatica ed il nuovo colloca-mento internazionale dellaRussia” di Aldo Ferrari.

ISPI da leggere

ISPI - Relazioni Internazionali20

Periodico Trimestrale registrato al Tribunale di Milano al n. 400 del 3/6/88

Editore: Servizi Promozione Attività Internazionali - SPAI srl - Via Clerici, 5 - MilanoDirettore Responsabile: Franco BruniCoordinamento: Antonio Villafranca, Luca BellocchioSegreteria: Barbara TammisoStampa: Tipolitografia Nuova Polistylegraf sas - Corso S. Gottardo, 12 - Milano

Per essere inseriti nella mailing list dell’ISPI, scrivere a:[email protected] o chiamare 02 863313269

Anno VIII - n. 3 - Luglio / Settembre 2000ISPI Relazioni Internazionali

ISPIISTITUTO PER GLI STUDI DI POLITICA INTERNAZIONALE

AMERICA LATINAPROSPETTIVE E OPPORTUNITÀ NEGLI ANNI 2000:

DALLA STABILIZZAZIONE ALLA CRESCITA?

QUADERNIn. 1

a cura diAndrea Goldstein

volume primo

SI VOTA NEL MONDOIl 2 luglio 2000 si svolgeranno le elezioni presidenziali e parlamentari. Candidati principali nella corsa alla presidenzaFrancisco Labastida del Partido Revolucionario Institucional (PRI), il partito che ha dominato la scena politica messica-na ininterrottamente dal 1929, e Vincente Fox, del Partido Acción Nacional (PAN). E’ in gioco la continuità della supre-mazia politica del PRI.

MESSICO 2 luglio elezioni presidenziali

Il 10 settembre si terranno le elezioni per rinnovare i 60 membri del Consiglio Legislativo (LEGCO).

HONG KONG 10 settembre elezioni del Consiglio Legislativo

Molto attese le elezioni parlamentari dell’agosto 2000, soprattutto in vista di un probabile cambiamento al vertice delpaese, con la prevista sostituzione dell’attuale controverso Primo Ministro Salim al-Hoss.

LIBANO agosto elezioni parlamentari

Il 28 settembre gli elettori danesi saranno chiamati alle urne per decidere attraverso una consultazione referendaria l’in-gresso nell’Unione Monetaria Europea.

DANIMARCA 28 sett. referendum per l’ingresso nell’UME

Il 31 luglio si terrà il referendum sull’autodeterminazione del Sahara Occidentale, occupato dall’esercito di Rabat dal1975. Continuano i disaccordi tra il governo marocchino e il Fronte Polisario per l’Indipendenza del Sahara Occidentale,in merito ai criteri da adottare per identificare i potenziali elettori. Oggetto della controversia è in particolare quellaparte della popolazione del Sahara Occidentale che il Marocco ritiene indigena e in quanto tale avente diritto al voto, eche il Fronte Polisario considera immigrata e al servizio del governo di Rabat e quindi in grado di alterare l’esito del refe-rendum in favore del Marocco.

SAHARA OCCIDEN. 31 luglio referendum sull’autodeterminazione