n.° 12 luglio 2012 · comparare tra di loro le religioni del Libro, ad esclusione dell'Islam e del...

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Rivista telematica della Venerabile Loggia Martinista “Don Vincenzo Borghini” e delle Sorelle e dei Fratelli delle Colline Toscane. (Vincenzo Borghini fu un grande ermetista dell’età manierista e Maestro di Alchimia di Francesco I de’ Medici) n.° 12 luglio 2012 SOL IN CANCER LUNA IN LEO Nessun insegnamento Martinista è segreto -Papus Prisca Philosophia e Philosophia Perennis Di Poimandres SILI L'idea di una filosofia eterna, che irradi plasmando tutte le religioni e le filosofie, risale al Rinascimento; se ne trova menzione già con Marsilio Ficino ed Augustino Steuco. Questa sorta di Radice ultramillenaria- denominata alternativamente «Philosophia Perennis» e «Tradizione Primordiale»- è la Causa Prima, il Principio, il seme germinativo della conoscenza spirituale. Essa affonda le sue radici al di là del tempo, nelle nebbie iperboree di una mitica età dell'oro. Prima della Caduta nel mondo delle tenebre e della materia, l'uomo era in possesso della Sapienza divina. A ciò allude il simbolo dello stato paradisiaco. A ciò rinvia anche il simbolo dell’Albero Cosmico Rovesciato: la Tradizione Primordiale è il groviglio di radici, da cui s’innervano i rami ed i frutti delle religioni storiche. Ovvio, che le radici debbano essere rappresentate in Alto, in prossimità del Cielo (simbolo della gnosis, conoscenza iniziatica). Ecco spiegate le ragioni del rovesciamento dell’Albero Cosmico. Marsilio Ficino (1433-1499) postula l'esistenza di una fonte originaria delle diverse dottrine filosofiche. Ne trarrebbero origine, alla stregua di affluenti da un fiume carsico, la dottrina di Zoroastro, di Ermete Trismegisto, di Orfeo, di Pitagora, di Platone, delle Sibille. Per Ficino non si tratterebbe tanto di una radice trascendente, quanto di un comune orizzonte di ricerca e di pensiero. Non sarebbe

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Rivista telematica dellaVenerabile Loggia Martinista

“Don Vincenzo Borghini”e delle Sorelle e dei Fratelli delle

Colline Toscane.

(Vincenzo Borghini fu un grande ermetista dell’etàmanierista e Maestro di Alchimia di Francesco I de’Medici)

n.° 12 luglio 2012

SOL IN CANCER LUNA IN LEO

Nessun insegnamento Martinista è segreto -Papus

Prisca Philosophia e Philosophia Perennis

Di Poimandres SILI

L'idea di una filosofia eterna, che irradiplasmando tutte le religioni e le filosofie,risale al Rinascimento; se ne trova menzionegià con Marsilio Ficino ed Augustino Steuco.Questa sorta di Radice ultramillenaria-denominata alternativamente «PhilosophiaPerennis» e «Tradizione Primordiale»- è laCausa Prima, il Principio, il seme germinativodella conoscenza spirituale. Essa affonda lesue radici al di là del tempo, nelle nebbieiperboree di una mitica età dell'oro. Primadella Caduta nel mondo delle tenebre e dellamateria, l'uomo era in possesso della Sapienzadivina. A ciò allude il simbolo dello statoparadisiaco. A ciò rinvia anche il simbolodell’Albero Cosmico Rovesciato: laTradizione Primordiale è il groviglio di radici,da cui s’innervano i rami ed i frutti dellereligioni storiche. Ovvio, che le radici

debbano essere rappresentate in Alto, inprossimità del Cielo (simbolo della gnosis,conoscenza iniziatica). Ecco spiegate leragioni del rovesciamento dell’AlberoCosmico.

Marsilio Ficino (1433-1499) postulal'esistenza di una fonte originaria delle diversedottrine filosofiche. Ne trarrebbero origine,alla stregua di affluenti da un fiume carsico, ladottrina di Zoroastro, di Ermete Trismegisto,di Orfeo, di Pitagora, di Platone, delle Sibille.Per Ficino non si tratterebbe tanto di unaradice trascendente, quanto di un comuneorizzonte di ricerca e di pensiero. Non sarebbe

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in gioco una dottrina soprannaturale di originedivina, che si tramanderebbe ai discepoliattraverso la trasmissione iniziatica, quantopiuttosto una visione d'interessi condivisi.Ficino chiama prisca philosophia, questo filorosso che unisce i sapienti del Mediterraneo.Steuco nel 1540, pubblica un'opera intitolataDe perenni philosophia. In quest'opera,Steuco mette in risalto il processo didecadenza spirituale e sapienziale intrinsecoalla storia. Steuco compara nella sua opera, inparticolare modo, il mondo pagano e laRivelazione.

Successivamente, Guillaume Postel(1510-1581), Plessis-Mornay (1549-1623) eFrancesco Patrizi (1529- 1596),continueranno a perorare l’esistenza di questofilo rosso; il tentativo di radunare esintetizzare in alcuni enunciati fondamentalile diverse tradizioni religiose e filosofiche.Diverse sono le componenti scelte e dosatearmonicamente per questa matriceprimordiale. Postel, ad esempio, cerca dicomparare tra di loro le religioni del Libro, adesclusione dell'Islam e del Protestantesimo.Plessis-Mornay limita il suo eclettismo alCorpus Hermeticum ed al Cristianesimo.Patrizi equipara l'insegnamento di Zoroastro aquello di Hermes e di Platone.

Dalle reminiscenze nostalgiche diquesti autori rinascimentali, emerge unaprima distinzione terminologica tra quella chepossiamo sommariamente definire priscaphilosophia e la philosophia perennispropriamente detta. La differenza tra le due èsottile, ma è presente. La prisca philosophiasposta l'aurora della vera conoscenza benprima dei presocratici, verso Zoroastro,Ermete Trismegisto, lo stesso Orfeo. Ma per iseguaci della prisca philosophia il sapereprimordiale è obliterato e smarrito persempre. La philosophia perennis, viceversa,ricerca affinità speculative più universali- noncircoscritte al solo bacino mediterraneo-, masoprattutto ritiene che l'autentica conoscenza,anche se dimenticata, non sia del tutto perdutae possa essere ritrovata con l'elevazionespirituale di un manipoli di eletti.

Nel Seicento, la prisca philosophiaviene abbandonata, mentre gode d'alternefortune la philosophia perennis. Un colpoquasi letale all'attendibilità filologica diquest'ultima è sferrato dalla scoperta di IsaacCasaboun riguardo all’esatta datazione delCorpus Hermeticum: II o III d.C. Crollandocosì la possibilità di riconoscere il CH comeun possibile testo «iperboreo», viene a caderel’impianto dottrinale della philosophiaperennis.

Nonostante lo smascheramentofilologico del Casaboun, il termine- seppurcon minor enfasi e maggior discernimentocritico - riprende ad essere utilizzato inInghilterra da Sir Walter Ralegh, ed inDanimarca da Olaus Borrichius. Ritroviamo ilconcetto di philosophia perennis, nellaMassoneria francese settecentesca, inparticolare con Joseph de Maistre (1753-1821) che in Mèmoire au Duc de Brunswickscrive sull'esistenza di una «vera religione cheha ben più di diciotto secoli» nata «il giornoin cui nacque il giorno».

In Magikon del tedesco JohannFriedrich Kleuker (1749-1827), incomincia adapparire con una certa frequenza il termine«Tradizione primitiva». Lo stesso terminecompare nelle opere di Louis-Claude de SaintMartin, il «Filosofo Incognito». Kleukermette in collegamento i neo-alessandrini, ineo-platonici, i cabbalisti, gli gnostici, ed iteosofi cristiani. Franz von Baader (1765-1841) nel suo Revision der Philosophie derHegel'schen Schule, scrive di «scintilleevidenti di un lume, che ha per loro laconsistenza dell'origine ‹…› Questi popolinon solo sono di una sola origine, ma ancheloro hanno ereditato tutte le dottrine e favolecomuni dei loro comuni antenati, come da unasola Tradizione madre».

Anche Antoine Fabre d'Olivet (1768-1825), in L'Histoire philosophique du genrehumain, fantastica su una «grande Unità,fonte eterna da dove tutto decolla».

Lo storico dell’esoterismo, Antoine Faivre, inHistoire de la notion moderne di tradition

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dans ses raports avec les courants ésotériques(XV -XX siècles) sostiene che non si deveconfondere la concezione della «Tradizione»propria a Saint-Martin e Franz von Baader,con quella di Guénon.

Per i primi due autori, l'ambitod'estensione della Tradizione è circoscritto adelementi giudaico-cristiani. Non è presente-nella loro concezione della Tradizione- quellaconnotazione universalizzante che è peculiaredell'opera di Guénon, ma che tuttavia esistegià in nuce in Fabre d'Olivet.

È Con quest'ultimo che appare, forseper la prima volta, la concezione universaledella Tradizione. La stessa corrente occultistacontribuisce a fare emergereprogressivamente questa concezione dellaTradizione sempre più allargata ad elementiestranei all'ambito greco e giudeo-cristiano.Un altro interessante sviluppo di questoesoterismo universalizzante è presente nellapredisposizione universalizzante della SocietàTeosofica.

I suoi principali esponenti da HelenaPetrovna Blavatsky (1831-1891), Henry SteelOlcott (1832-1907), Wliiam Quan Judge(1851-1896), Annie Besant (1847-1933)hanno largamente incoraggiato lo studio ditutte le religioni, filosofie, scienze. M.meBlavatsky, ad esempio, è fortementeinfluenzata dall'India e dall'Orientetradizionale; la Besant dal canto suo, scriveFrammenti di una religione universale. Conla S.T. si verifica un’ulteriore dilatazione delcampo originario d'indagine, non più relegatoa zone geografiche limitrofe, ma con preteseuniversalizzanti che oltrepassano la relativitàe la contingenza delle culture.

Una nuova prospettiva è inaugurata, ilsuo sviluppo sarà ancora più radicale.Edouard Schuré in I Grandi Iniziati, mette incorrelazione Rama, Krishna, Ermete, Mosè,Orfeo, Pitagora, Platone, Gesù, Buddha: «Sitrova dunque al fondo di tutte le grandireligioni e nei libri sacri di tutti i popoli». Giàcon Schuré ci si trova di fronte a duedifferenti chiavi di lettura del passato. La

prima è permanentemente confinata nei limitisuperficiali della storiografia; l'altra è piùpropriamente ontologica1, capace disquarciare il velo fenomenico e di avvicinarsialla vera «storia interiore».

Da questo generico rifiuto dellastoriografia in favore di un'onnicomprensiva euniversale filosofia della storia, nasce lacorrente «perennialista» che ha il caposcuolain Guénon, e in Schuré l’antesignano cantore.Il termine «perennialismo» nasce inInghilterra (perennialism) negli anni Ottanta,ma è subito adottato in Francia, anche se iprincipali esponenti della correntepreferiscono usare l'espressione«tradizionalismo» o anche «Tradizionalistschool». Personalmente, preferisco usarel’espressione «Pensiero della Tradizione».

I principali esponenti del Pensiero dellaTradizione

Tratterò adesso sommariamente i principaliesponenti del Pensiero della Tradizione,prima di soffermarmi più dettagliatamente sulpensiero e sull’opera di René Guénon.

Ananda K. Coomaraswamy (1877-197) èstato uno dei più grandi indologi di tutti itempi. Uomo dalla straordinaria erudizione,riscosse un certo credito anche nel mondoaccademico. Grande specialista dell'artetradizionale, fu eccezionalmente prolificonelle pubblicazioni. Si raccordò all'opera diGuénon intorno al 1917, e contribuì a far

1 Ontologia: dottrina che guarda oltre la superficie,all’essenza delle cose.

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mutare opinione a quest'ultimo riguardoall'autenticità tradizionale del Buddhismo.Secondo Roger Lipsey (professore diletteratura all'università di New York e anchelui esponente della corrente perennialista), ilpensiero e l'opera di Coomaraswamy possonoessere suddivisi, grosso modo, in tre periodi.Una prima fase di studi sull'arte tradizionale,connotata da uno spiccato idealismo e fervorepolitico indipendentista; una seconda, daresponsabile del settore dell'arte islamica eindiana al Museum of Fine Arts di Boston,caratterizzata dalla ricerca di una maggioreaccortezza scientifica nel documentareanaliticamente l’erudizione. Una terza, in cuiopera una sintesi tra le due precedenti istanze,declinando il rigore alla fluidità letteraria.Coomaraswamy è staro definito l'autore piùprolifico del New England; con RajputPainting contribuì a diffondere la pittura delRajasthan e del Punjab. Le sue eccezionaliconoscenze gli permettevano di spaziareanche dalla storia del medioevo indiano edeuropeo alla storia delle religioni, allamitologia comparata, all'estetica.Gradualmente il suo pensiero e la sua ricercasi spostarono dall'interesse primario per l'artereligiosa alla difesa del mondo tradizionale. Adifferenza di Guénon non è mai statoparticolarmente polemico verso il mondomoderno; le sue opere hanno piuttosto untaglio enciclopedico e descrivonocomparativamente le metafisiche, i simboli, leiconografie e le culture tradizionalidell'Occidente e dell'Oriente.

Frithjof Schuon(1907-1998), Svizzero di origine alsaziana.Molto più vicino idealmente a Guénon diquanto lo fosse Coomaraswamy, se ne

distaccò tuttavia su alcuni aspetti cruciali.Anche Schuon, come Guénon aderì alsufismo, ma al contrario di quest'ultimo fucritico nei confronti della Massoneria. Neglianni Ottanta, Schuon andò ad abitarenell'Indiana, riscuotendo un discreto successoeditoriale negli Stati Uniti. Schuon spinse ilsuo eclettismo ben al di là di quanto avessefatto Guénon, arrivando a trattare tradizionireligiose di popoli culturalmente lontanidall'ambito eurasiatico, come per esempio gliIndiani d'America. Per Schon la filosofiaperenne o Tradizione Primordiale èriconducibile all’«Unità Trascendente dellereligioni».

Julius Evola (1898-1974), italiano. Più diCoomaraswamy e di Schuon, rimase unfilosofo. S'interessò all'idealismo gentileano eagli sviluppi deteriori del pensieronietzscheano. Dopo l'incontro con il pensierodi Guénon, aderì alla prospettiva tradizionale,pur con delle rimarchevoli differenzedottrinali con Guénon. Anche Evola, comeSchuon, fu ostile alla Massoneria. Il libro piùinteressante di Evola è senza dubbio LaTradizione Ermetica, un vero e proprioclassico del genere.

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Titus Burckhardt (1908-1984),svizzero. Anche luiirresistibilmente attrattodall'esoterismo islamico, sidedico all'alchimia e allacosmologia. Martin Lings,professore all'università delCairo. Marco Pallis (1895-1989), tibetologo. SeyyedHossein Nasr, professored'islamologia a Washington.Huston Smith, docente aBerkley di studi sulla storiadelle religioni. James S. Cutsinger, docenteall'università della Carolina del Sud, studiosodi Schuon. Louis Charbonneau-Lassay (1871-1946), fautore del ritorno ad una concezioneesoterica del cristianesimo. Georges Vallin(1921-1983); Luc Benoist (1893-1980),assistente al Museo di Versailles, guénoniano.Constant Chevillon (1880-1944), punta didiamante del Martinismo e della Massoneria.Leo Schaya (1916- 1987), studioso dellereligioni dell'India, dell'Islam e della Cabbala.Jean Borrella, professore di ria. Patrick Geay,di cui è stato pubblicato in italiano perAtanor, Tradizione e Massoneria. filosofiaall'Università di Nancy. Jean Tourniac (1919-995), altro eminente esponente della Massone.

Guénon

René Guénon (188-1951) è unanimementericonosciuto come il caposcuola del Pensierodella Tradizione. In giovinezza, dopo averstudiato matematica e filosofia, Guénonfrequenta gli ambienti occultisti di Parigi; è

iniziato al Martinismo, da cui èrapidamente espulso per contrasti conPapus. È iniziato dapprima allaMassoneria «di frangia»2, poi allaLoggia Tebah, dipendente dalla GranLoggia di Francia, la principaleObbedienza transalpina. Guénon è statoanche Vescovo della Chiesa Gnosticafrancese: anche questa esperienza èbreve- come nel caso del Martinismo-per contrasti con il patriarca Jean IIBricaud. Anche in Massoneria, tuttavia-causa l’inizio della Prima Guerra

Mondiale in cui le Logge francesi sono messein sonno- non ha avuto grande fortuna. Vieneiniziato al Sufismo, forse, da LéonChaprenaud e conosce il Taoismo attraversoAlbert «Matgioi» de Pouvourville. Scelse ilnome islamico Abdel Wahed Yahia (il«Servitore dell'Unico»). Guénon scrisse suvarie riviste tradizionali come Voile d'Isis,successivamente Etudes Traditionelles. Dopola morte della prima moglie si recò in Egittoper compiere una serie di ricerche, ma unavolta al Cairo si risposò nel 1934 con la figliadi uno sceicco, senza più fare ritorno inEuropa. Morì da musulmano al Cairo nel1951, senza peraltro riscuotere grandepopolarità nemmeno tra le autorità delSufismo ortodosso.

Guénon subiva il fascino dell'Oriente, credevache in esso risedessero le ultime vestigiadell'autentico spirito tradizionale. Eglifocalizzò le sue ricerche specialmente sullatradizione indù, sul taoismo, sul sufismo,dedicando però le sue attenzioni anche allaMassoneria ed al Cristianesimo, per Guénonoriginariamente esoterico nell'insegnamentodi Gesù alla cerchia degli Apostoli. Sisoffermò rapidamente sulla Cabbala, mentreignorò del tutto il Paracelsismo e il mondogermanico. Anche alla tradizione ermetica-declassata a semplice cosmologia- non riservòla stessa attenzione dedicata all'Oriente, conl’eccezione del Buddhismo, in un primo

2 Con questo termine s’intendono quelle Obbedienzamassoniche minori dal punto di vista numerico, per lopiù caratterizzate da un forte impianto dottrinaleoccultista ed esoterico. Un nome per tutte: laMassoneria «egizia» fondata da Cagliostro.

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tempo bollato come eterodosso e nontradizionale, salvo ricredersi con la lettura diCoomaraswamy (vedi Appendice).

La prospettiva tradizionale è ben lungidall'essere una dottrina omogenea. Esistonodelle posizioni peculiari al pensiero di ognisingolo autore, e non potrebbe esserealtrimenti, perché in fondo si tratta sempred'interpretare e rielaborare delle teorie e deitesti. Ciò nondimeno è indiscutibile cheesistano degli assunti e dei principi condivisiche ne delimitano l'appartenenza e l'identità,marcandone nello stesso tempo l’alterità dascuole affini, quali ad esempio lafenomenologia religiosa. Nondimeno, icapisaldi teorici del perennialismo sono statifissati da Guénon; ecco perché, quando siparla di approccio rigoroso, severo,“ortodosso”, ci su riferisce sempre allavisione spirituale guénoniana.

1) la credenza in una Tradizioneprimordiale, metafisica edimmutabile, alla radice di tutte letradizioni contingenti e particolari.Questa Tradizione (con l’inizialemaiuscola) è la madre di tutte le altre,che derivano da essa per adattamentoimperfetto, storico e culturale3; cosìcome per Platone la copia attingeimperfettamente all'eterea edinarrivabile perfezione del modelloideale. Questa Tradizione-Madrecontiene sinteticamente in sé i PrincipiPrimi, di cui le singole tradizionistoriche sviluppano perconcatenazione onto-logica leconseguenze applicative, chediventano a loro volta principi primi(pur restando principi secondaririspetto ai Principi della Tradizione-Madre) di altre discipline subordinate.

Tab.A:

3 Nel senso antropologico di mileau, humus. Kultur intedesco significa «civiltà» spirituale e si contrappone aZivilisation, altro termine tedesco che richiama«l’educazione», la «scolarizzazione», le «buonemaniere».

Principio Metafisico: «l’Origine delTutto è Non-Duale»1° Applicazione.: «Ciò che derivadall’Origine deve avere un’identità,un’essenza»2° A: «L’essenza degli esseri deveessere indagata dalle scienze naturali»3° A: «L’essenza degli esseri umani èdiversa da quella degli altri animali»4° A: «L’essenza, il comportamentodegli animali studiato dall’etologia»5° A: «per l’essenza degli esseriumani esistono le scienze umane, tracui la psicologia»6° A: « nelle branche della psicologia,si deve studiare il comportamentoinconscio»7° A: «la psicoanalisi, tra le branchedella psicologia, studia l’inconscio»

E così a seguire. È un'ipotesi che avevasviluppato anche Fichte, nella suaDottrina della scienza(Wissenschaftslehre). Si postulano deiprincipi anipotetici, apodittici4,assiomatici. Questi assiomi hanno lacaratteristica di essere universali- cioècomuni a tutte le scienze- e di valere comepremesse da cui trarre deduttivamente leconseguenze, che vanno a loro volta acostituire i principi propri delle scienzesecondarie, e così a seguire:

Tab. B

A Assiomametafisico

Tradizione-Madre

A1 Conseguenzadi A

Principio scienzaparticolare S

A2 Conseg. di A1 S1: Brancascienza part. S

A3 Conseg. A2 S2: Branca dellabranca S1

A4 Conseg. A3 S3: Branca S2

4 «Anipotetici»: che non possono essere consideraticome semplici ipotesi. «Apodittici»: che non possonoessere sottoposti a dimostrazioni logiche, in quantoindubitabili, evidenti in sé.

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Il tratto peculiare dell'idea perennialista dellaTradizione primordiale, è il carattere «non-umano» dell'Origine, anche se si trova già innuce nel pensiero di M. me Blavatsky e dellaSocietà Teosofica. Non si tratta più di unorizzonte comune ad un gruppo di pensatoridel bacino mediterraneo, ma di una scintillasovrannaturale.

2. Secondo Guénon, Tutta la culturaoccidentale moderna è da rigettare,perché assolutamente lontana einconciliabile con la Verità dellaTradizione. Il pensiero occidentale èsconfessato in toto: per Guénon, daDescartes in poi è necessariotratteggiare un bel rigo rosso (conl'eccezione di Leibniz).

3. Sebbene l’umanità sia da tempo nelKali-yuga o Era Oscura- la quartadella dottrina indù dei cicli cosmici- èpossibile ritrovare la Conoscenzaperduta. Ma perché ciò sia possibile ènecessaria la filiazione iniziatica conqualche autentico Centro tradizionale,il solo in grado di garantire quellaregolarità dell'iniziazione chedistingue l'esoterismo autentico dallopseudo-esoterismo. All'interno diquesta dicotomia, esoterismo/pseudo-esoterismo (o iniziazione/pseudo-iniziazione), Guénon tracciaun'ulteriore scansione tra forme piùdirettamente concatenate al Poloiniziatico ed altre che lo sono soltantoindirettamente, alla stregua di anellipiù o meno consapevoli: è il caso, peresempio, dell'Ermetismo e delleIniziazioni di Mestiere, tra le qualirientra la Massoneria Operativa.

Abbiamo già visto che il pensiero di Guénonera fortemente attratto dalle filosofie ereligioni dell'Oriente e dell'Estremo Oriente,tuttavia non per questo disdegnò la valenzatradizionale della Massoneria, pur rilegandolain una posizione subordinata rispetto alleprime. Guénon rifiutò sempre di parlare di“filosofie” e “religioni” per la tradizione indù,preferendo usare il termine "metafisica". Lareligione era, per il francese, solamente il lato

exoterico dell'Islam, mentre rappresentavaintegralmente il Cristianesimo storico, il cuifulcro eosterico è racchiuso nell'insegnamentoiniziale di Gesù. Per Guénon, il Cristianesimoha perduto il suo carattere esoterico nelpassaggio a religione universale, al contrariodell'Islam, in cui le due forme coesistonoreciprocamente. Nella tradizione indù, sempresecondo l'esoterista francese, sarebbeimproprio parlare di "esoterismo", perché ledottrine indù si offrono a tuttiindiscriminatamente nei loro rarefatti picchispeculativi e spirituali; la selezione tra chi èpredestinato alla Conoscenza e chi non lo è sieffettua a posteriori in seguito ai limitiintellettuali intrinseci ad ogni soggetto.

Esiste una Tradizione Primordiale che non èdivulgabile con gli strumenti dell’analisirazionale o storiografica e può essereraggiunta soltanto mediante un atto noetico5

d'intuizione intellettuale.

In altre parole, se vi sono molteplicicorrispondenze simboliche tra tradizionidifferenti è ovvio che alla radice vi deveessere un'unica Tradizione-Madre, chericonduce ad Unità ciò che apparentemente èmolteplice. La stessa Tradizione Primordialeè intuibile dallo studio e dalla comparazionedelle tradizioni contingenti. Nella prospettivaperennialista la Tradizione Primordialerimane trascendente rispetto alle altretradizioni storiche. Secondo la metafisicatradizionale, il Principio determina e producegli effetti, pur restando assolutamenteirriducibile ad essi. Nella dottrina degli statimolteplici dell'essere si ricorda come ilsognatore sia la causa del sogno, rimanendo

5 La noesis, prima della filosofia di Husserl, deveessere intesa secondo Plotino come un atto d’intuizioneintellettuale verso l’Uno, il Principio di Tutto. Iltermine deriva da nous che in greco significa sia«spirito», che «intellezione». La noesis è quindi un attospirituale o intellettuale con cui ci solleva dal mondodella materia e si ritorna all’Uno. Nell’esoterismooccidentale moderno, per definire questa facoltà si usail termine «reintegrazione». Il concetto è speculare alla«Liberazione» brahmanica, al «Risveglio» buddhista, oall’«Identità Suprema» del Sufismo. In una parola, lanoesis è la contemplazione dell’Uno o della Vacuità, inuna prospettiva buddhistica.

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però assolutamente svincolato dal mondoonirico: in questo caso il principio general'effetto, ma non ne dipende assolutamente,perché quando il sognatore ritorna allo statodi veglia, il sogno si dissolve, svanisce. Se ilprincipio dipendesse inesorabilmentedall'effetto, il sognatore non potrebbe piùsvegliarsi, o se anche ci riuscisse, dovrebbeportarsi dietro nello stato di veglia elementidel sogno. Guénon ha sempre ricordato comesingole tradizioni possano degenerare edanche deviare, quando per effetto delladissoluzione ciclica si allontanano dalPrincipio, dalla Tradizione-Madre. Guénonricorda come sia inutile tentare di rivitalizzaretradizioni ormai spogliate da ogni sorta divestigia spirituale. In questo senso eglicondanna il tentativo «pseudo-esoterico» difar rivivere, ad esempio, la tradizioneatlantidea o celtica- che reputa perdute persempre - come del resto molte scienzetradizionali occidentali, almeno dal punto divista operativo e non meramente speculativo.Esistono tradizioni storiche che si distaccanoinesorabilmente a causa della corrosionetemporale del Kali-yuga. Ma la TradizionePrimordiale resta assolutamente trascendenterispetto a queste degenerazioni di formetradizionali. La Tradizione Primordiale nonpuò non essere trascendente rispetto a tutte lealtre tradizioni storiche.

Ricapitolando. La corrente perennialistasostiene dogmaticamente l'esistenza di unaTradizione Primordiale, ossia di un troncocomune a tutte le tradizioni e religionistoriche. Quest'esistenza è avallata nonmediante il supporto di accertamentiarcheologici o verifiche storiche, nétantomeno con argomenti dialettici, maricorrendo principalmente all’intuizionespirituale ed alla conoscenza simbolica. LaTradizione sfugge da sempre alla storia,essendo la sua essenza eminentementemetafisica e trascendente.

4. Guénon e la Massoneria: luci edombre

Guénon per un periodo scrisse- da Massone-su di una rivista cattolica intitolata La FranceAntimaҫonique. Ma la cosa non deve stupirepiù di tanto, perché Guénon vi conduceva lasua solitaria battaglia contro la derivascientista e illuminista della Massoneria delsuo tempo, in nome della Tradizione.Ovviamente finì per scontrarsi sia con gliintellettuali cattolici del suo tempo, comeMaritain, che con gli stessi Massoni.

Guénon traccia una distinzione tra MassoneriaOperativa e Massoneria Speculativa. LaMassoneria Operativa- ormai estinta- siponeva in un rapporto di continuitàtradizionale con le antiche corporazioni dicostruttori medievali e con i collegiafabrorum dell’Impero Romano. Questecorporazioni di mestiere si tramandavano isegreti dell’Arte Muratoria per costruirechiese e cattedrali. Le caratteristichefondamentali delle corporazioni dei liberimuratori medievali erano la segretezza e lagradualità dell’apprendimento. Si costruironoi primi luoghi di riunione, dove venivanotramandati i segreti per la costruzione dellecattedrali, denominate “logge”. I gradioriginariamente erano tre: Apprendista,Compagno d’armi, Maestro. Intorno alla metàdel Seicento- in coincidenza con lafantomatica apparizione dei manifestirosicruciani- diversi esoteristi, seguaci estudiosi dell’esoterismo neoalessandrino edella Qabbalah ebraica, iniziarono ad entrarecome «Accettati» nelle corporazioni dimestiere. Gli Accettati, in altre parole, nonerano né muratori, né architetti, ma semplicicultori dell’esoterismo che entravano nellelogge per impadronirsi dei segreti templari (itemplari avevano assimilato molte dottrine acontatto con i sufi, durante i loro viaggi inTerra Santa). Il passo è breve: all’inizio delSettecento, la Massoneria è divisa tra MassoniOperativi (muratori ed architetti veri e propri)e Massoni Speculativi (filosofi e cultoridell’esoterismo che non hanno mai praticatoin vita loro il mestiere di muratore). Da lì apoco, l’antica Massoneria Operativascomparirà del tutto, cedendo ruolo e postoalla moderna Massoneria Speculativa.

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La lenta trasformazione della Massoneria daOperativa a Speculativa condusse, infine, allanascita della vera e propria MassoneriaModerna. Il 24 giugno del 1717 si costituiscela Grande Loggia di Londra, dall’unione diquattro Logge londinesi. Nello stesso anno, ilpastore presbiteriano James Anderson (1684-1739) stila le Costituzioni, documentosuddiviso in quattro parti: a) la genealogiamitica che fa risalire l’arte massonica altempo di Noé e a quello di Hiram Abiff; b)l’enunciazione degli Charges («Doveri»); c)un regolamento di Loggia; d) i rituali per iprimi tre gradi della Massoneria c.d.«Azzurra» (Apprendista, Compagno,Maestro).

Nel primo decennio del Settecento si verificadunque un fondamentale cambiamento nellaneonata Massoneria Moderna: gli Accettati”sono diventati maggioranza, mentre gli ultimi“operativi” sono emarginati in Logge diperiferia, prima di scomparire del tutto.

Sempre secondo Guénon, la MassoneriaModerna si presenta adesso interamente comeMassoneria Speculativa, formataprevalentemente da eruditi e filosofi. Tuttavia,contrariamente a quanto si potrebbe credere,ben lungi dall’essere un arricchimentodottrinale e spirituale, per l’esoteristafrancese, la definitiva affermazione dellaMassoneria Speculativa ai danni di quellaOperativa, si rivela alla fine un grave danno.Certamente gli esoteristi («Accettati» dellaprima ora, successivamente ribattezzati«Speculativi») apportano un considerevoleampliamento del bagaglio culturale,contribuendo a far convogliare nellatradizione muratoria alcuni elementiapparentemente eterogenei, ma perfettamentein grado di rientrare nei suoi capisaldispeculativi. Il vero errore, però, per Guénon,non è tanto da ricercare nell’estensione delleconoscenze apportate dagli Accettati(quest’ultimo al contrario, deve essereritenuto un punto a favore), quanto

nell’indebita apertura a membri estranei allatradizione originaria delle Corporazioni diMestiere. In altre parole, con gli inizi dellamoderna Massoneria Speculativa, l’eticaprevale sulla Conoscenza, l’attitudinecomportamentale sul livello di realizzazionespirituale. Gli esoteristi hanno introdotto nellaMassoneria Moderna dottrine segrete; maentrando in gran numero, senza possedere lecorrette qualificazioni iniziatiche legateall’esercizio del mestiere, hanno contribuito asnaturarne la Tradizione. Una volta violate leregole d’ingresso, qualsiasi persona istruitapoteva ambire ad entrare nella MassoneriaSpeculativa.

A fronte di queste critiche, si deve ricordarecome Guénon abbia sempre rivendicato lalegittimità tradizionale della Massoneria,sempre e comunque, preoccupandosi piuttostodi frenarne gli orientamenti modernistici.

L’esoterista francese critica coloro cheprescindono dalla forma tradizionale regolare(qual è la Massoneria) per cercare affiliazionispirituali in conventicole che di esoterico nonhanno assolutamente niente. Oltre agliindubbi pericoli di plagio e di manipolazionepsichica e fisica, chi cade nella rete di questinuovi movimenti magici o del «potenzialeumano», deve sapere che sul piano spiritualenon otterrà alcunché. Sarebbe preferibileallora limitarsi a professare la propria formaexoterica, vale a dire la religione di nascita,piuttosto che cadere nelle braccia di chi fadello pseudo-esoterismo. Del resto- sempreper Guénon- nell’iniziazione non vi sonoautodidatti, perché per diventare iniziatibisogna ricevere da altri ciò chel’individualità profana non può possedere: latrasmissione di un’influenza spirituale. Maperché vi possa essere la possibilità di farsiricettacolo della trasmissione spirituale, deveesserci a sua volta un membrodell’organizzazione iniziatica, regolarmenteautorizzato a trasmettere il rito d’iniziazione.

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Per Guénon è palese che l’influenza spiritualerisieda nel rito, non nell’officiante che è soloun anello della catena iniziatica, più o menocosciente o preparato.

Dal punto di vista esoterico-iniziatico, è il ritoche trasmette l’influenza spirituale, non coluiche officia, sia quest’ultimo cosciente o no, diquello che sta trasmettendo. È l’influsso non-umano che si serve come di un medium, dicolui che ha le qualificazioni per trasmetterel’iniziazione. Chi officia un rito tradizionale èsolo un trasmettitore, che come ricordaGuénon, non può non effondere l’influenzaspirituale che si serve di lui come anellopassivo. Nel caso contrario, la perfettaerudizione su di un rito basterebbe adassicurarne la legittimità: è un paradossoevidente, perché se così fosse allorabasterebbe un qualsiasi egittologo per iniziaredei profani, per esempio, al culto di Iside.

Colui che effettua un rito, purchéregolarmente investito della sua funzione, puònon capire nulla di quello che sta facendo, edil rito sarà comunque legittimamentetrasmesso. Per quanto i membri diun’Organizzazione Iniziatica, possano noncomprendere più il senso dell’appartenenzatradizionale al loro Ordine, il ricollegamentocon lo Spirito è assicurato dalla trasmissionerituale. Guénon citava, a questo proposito,l‘allegoria dell’«asino che porta le reliquie»,per ricordare come anche qualoraun’Istituzione Iniziatica avesse tra le sue filasolamente degli iniziati virtuali, latrasmissione spirituale non per questoverrebbe meno, o si estinguerebbe.

È necessario farsene una ragione: finché visaranno dei riti ed il simbolismo tradizionale,la Massoneria Speculativa Modernacontinuerà ad essere un’OrganizzazioneIniziatica. Per Guénon, l’ultimadell’Occidente.

Sempre per l’esoterista francese, l’iniziazionevirtuale è il seme gettato nel terrenodell’individualità: se questa feconderà in unalbero, allora il lavoro interiore del neofitaavrà realizzato un’iniziazione effettiva. Secosì non avverrà, l’individualità si fermeràallo stato dell’iniziazione virtuale, purmantenendo però, la possibilità di trasmetterelo stesso seme o germe ad altre individualità.Proprio perché fecondato dal seme iniziatico,l’iniziato virtuale, che non ha potuto o saputorealizzare i Piccoli Misteri, può trasmetterel’inseminazione o la germinazione ad unterzo. Ne consegue che bastano due iniziativirtuali a impedire che la degenerazione- ossiala Caduta Verticale in asse però con i Principimetafisici – diventi deviazione. Quando ladegenerescenza si trasforma in deviazione,allora tutto è finito, e lo Spirito si ritrae dalla“lettera morta” dei vuoti cerimoniali come ilmare dalle sponde nella bassa marea. PerGuénon la trasmissione dell’influenzaspirituale è assicurata dalla continuitàortodossa dei riti tradizionali, a prescinderedal valore dell’officiante. Ciò nondimeno, chirecalcitrerà ad effettuare il lavoro interioresuccessivo all’iniziazione virtuale, non potràaspirare a nulla di più che a ricoprire un ruolodi mero trasmettitore dell’influenza spirituale,ad essere semplicemente l’anelloinconsapevole di una Catena.

La crescita iniziatica è nelle mani del singolo.L’influenza spirituale una volta ricevuta vavivificata, altrimenti lo stato sottiledell’iniziato rimane semplicemente un terrenoarido e incolto, un terreno che non hafruttificato. La responsabilità è alloraindividuale, la via è solitaria. Ovviamente,non si può ignorare quali siano le condizionispirituali in cui versa l’era moderna, chelimitano oltremodo gli aneliti individuali.Secondo la cosmologia indù, ci troviamoancora nel Kali-yuga, nell’Era Oscura, dove siassiste ad una degenerazione collettiva di tutte

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le forme tradizionali (si pensi ad esempioall’integralismo islamico). Oltretutto, per letradizioni artigianali o di mestiere lepossibilità sono in partenza assai limitate,perché rimangono circoscritte alconseguimento dei Piccoli Misteri. Anche seproprio nello Scozzesismo si dovrebbepresentare- alla fine del cammino direintegrazione nello stato dell’UomoPrimordiale- un gradino iniziatico chepermetta di passare ai Grandi Misteri.

Jean Baylot, nel suo La Voie substituéè, farisalire la degenerescenza della Massoneria,all’infiltrazione all’interno di essa di ideeprogressiste e utopiste, che mal siarmonizzano con gli assunti di una SocietàIniziatica. Le idee d’uguaglianza edevoluzione, in particolare sono in assolutocontrasto con la Tradizione iniziatica.Responsabili di questa corruzione dellapurezza originaria, sarebbero stati gliIlluminati di Baviera e il Carbonarismo. Unaltro disceoplo guénoniano come PatrickGeay, nel suo Tradizione e Massoneria, farisalire la corruzione all’influenza nefastadella Rivoluzione Francese, che aveva tuttol’interesse ad appropriarsi dei simbolimassonici in funzione di una società nuova.All’origine della degenerescenza c’è quindil’inizio della laicizzazione massonica da partedel razionalismo illuministico. Ma l’ideailluminista della storia è assolutamenteantitetica con la Tradizione. Vediamo perché.

1) Nella filosofia dei Lumi, all’originevi è la barbarie ed il cammino storicodell’uomo è rischiaramento(Aufklärung) e dominio delle forzecieche della Natura. Nella Tradizioneiniziatica all’origine c’è la Verità (Etàdell’Oro), e la storia è corruzione edecadenza.

2) Nell’Illuminismo l’azione delrischiaramento progressivo condurrà

tutta l’umanità alla saggezza, allafelicità, ad una società giusta edegalitaria. Nella Tradizione il sapere èelitario, appannaggio di pochi iniziatie non potrà mai essere raggiunto epenetrato dalle masse profane.

3) La ratio illuminista eleva se stessa agrimaldello in grado di svelare gliarcani della natura. NellaTradizione/Filosofia Perenne laragione discorsiva è subordinataall’intuizione intellettuale ed allaconoscenza simbolica, gli unicistrumenti in grado di penetrarel’ordine metafisico.

4) Nell’Illuminismo il cammino storicoprogressivo non è opera di alcunalegge divina, ma solo della ragioneumana. Nella Tradizione, si parla dileggi cosmiche immanenti alla storia,che rivelano la Mente divina nellevicende umane. Ne consegue che per iLumi l’uomo è libero e padrone delsuo destino, mentre per laTradizione/Filosofia Perenne l’uomopuò solo re-agire a ciò che accade.

Abbiamo visto dunque perché, per Guénon, laVia Iniziatica si contrappone alla filosofia deiLumi. I capisaldi del pensiero illuministarimandano, in sintesi, ad una concezioneumanistica della storia, che è quanto di piùprofano si possa immaginare in relazione adun’organizzazione iniziatica, quale laMassoneria dovrebbe essere. Per l’esoteristafrancese, è ovvio che sarebbe auspicabile invista di un raddrizzamento tradizionaledell’Ordine, il ritorno alla MassoneriaOperativa. Infatti, il pericolo che corre unOrdine Iniziatico (non soltanto la Massoneria,ma ogni Ordine: dal Sufismo, alle scuolecabalistiche, all’Induismo, così a seguire),quando degenera e cade verticalmente lungol’asse dello Spirito, è quello di deviare nellacontro-iniziazione. Per Guénon, il rischio èche gli Ordini Iniziatici possano deviare nella

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contro-iniziazione, in un processo diprogressiva degenerescenza in cui la forma siallontana dal Principio e lentamente, dopoessere uscita dal controllo del Centro, finisceper invertirsi e servire l’’Avversario,indifferentemente pensato nelle vesti di«Satana», di «Babilonia, la GrandeProstituta», del «Demiurgo»: tutti simboli cherinviano al nichilismo della moderna societàmaterialistica occidentale. Lo Spirito s’invertee si rovescia nella Materia, il Cielo negliInferi: per Guénon il compimento dellacontro-iniziazione avrà il compimento nella«Grande Parodia» del «Falso Messia»dell’«Anticristo». Nell’Apocalisse diGiovanni, la Grande Bestia, l’Anticristoinaugura un periodo di falso splendorespirituale, dove in realtà a dominare sonopiuttosto le forze infere della contro-iniziazione. All’Anticristo seguirà la battagliafinale tra le forze del bene e del male, in cuigli uomini saranno chiamati a scegliere. GliOrdini Iniziatici che si allontanano troppo dalPolo Spirituale corrono il rischio di diventarecontro-iniziatici e di finire per servirel’Avversario, la cieca materia, piuttosto che ilCielo, lo Spirito e le sue espressionitradizionali: Agarttha, Melkisedeq, Luz, laGerusalemme Celeste e così a seguire.

La ciarlataneria dello pseudo-esoterismo èdestinata a rimanere tale e quale: un nienteprima ed un niente dopo. Ma per chi ha radicitradizionali che affondano nella linfa delloSpirito, il pericolo della contro-iniziazione ètangibile: lo Spirito non si può convertire nelnulla, deve per forza tramutarsi nella suaantitesi, la controiniziazione. Si rammenti chenella tradizione apocalittica Lucifero,emblema della contro-iniziazione, prima dellaCaduta è l’angelo più splendente.L’Avversario non sorge dagli inferi, precipitadal Regno dei Cieli. Chi non ha raggiunto ilgrado d’adepto, o anche semplicemente nonha realizzato un’iniziazione effettiva, corre

sempre grandi pericoli. Si pensi alle tentazionidei Padri del Deserto, o alle figlie di Mâra- ildemone della Morte e del Desiderio- chetentano il Buddha.

Per Guénon, per fortuna il pericolo contro-iniziatico nella Massoneria sembrascongiurato. Finché rimarranno i riti ed isimboli tradizionali, il pericolo non sussiste.Guénon lancia però un appello a quei pochiMassoni che hanno «occhi per vedere» e«orecchie per sentire», perché continuino anon abbassare la guardia.

Guénon ha paragonato l’iniziazione ad unseme gettato sul terreno dell’individualità.Qualora il terreno risulti essere arido nientevieta che il seme sia tras-messo ad un altropiù fertile: e questo garantisce la permanenzadella trasmissione tradizionale. L’attosuccessivo alla seminagione è lagerminazione del terreno, e l’albero checresce sul suolo è l’avvenuta realizzazionedell’iniziazione effettiva, l’ultimazione delprocesso di sviluppo in atto delle possibilitàinerenti all’iniziazione virtuale. Il passaggiodall’iniziazione virtuale a quella effettiva èlento e arduo, conseguenza del lavorointeriore, ma non soltanto. Perchél’iniziazione virtuale possa divenire effettiva atutti gli effetti, è necessaria la presenzasimultanea di due fattori. Un fattore dipertinenza propriamente individuale, ed unoattinente alla relativa scuola iniziatica, a cuil’individuo appartiene. Per quanto riguarda ilfattore individuale, quest’ultimo è relativo allavoro interiore che si concretizza nellameditazione simbolica, la sola in grado dicontribuire allo sviluppo completo edarmonico- ma gerarchico- delle possibilitàimplicite dell’iniziazione virtuale.Universalizzando il proprio essere particolare,l’iniziato sviluppa in atto tutte le possibilitàinerenti alla sua individualità, e così restaurala condizione di Uomo Primordiale,concludendo i Piccoli Misteri. Si tratta quindi

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di un lavoro, strettamente personale, che sifonda sulla meditazione simbolica.

5. Alcune differenze dottrinarie traGuénon, Coomaraswamy, Schuon,

Evola.

Abbiamo visto come Coomaraswamy, adifferenza di Guénon, non abbia maidisdegnato il mondo accademico, ed ètangibile che i suoi scritti presentino unamaggiore documentazione bibliografica diquelli del francese. In effetti, Guénon èsempre stato molto parco nel citare le suefonti, così come nel dimostrare i suoi assunti.Nella Crisi del mondo moderno, ladescrizione della teoria indù dei cicli cosmiciè trattata in sole sedici pagine, nelle quali siripercorre la parabola discendente della civiltàoccidentale dalla grecità ai giorni nostri.Guénon non si mai è preoccupato più di tantodi citare le sue fonti: ma questa, del resto, èuna caratteristica peculiare di tutta la suaopera. Coomaraswamy, al contrario, dà aisuoi libri un taglio enciclopedico, guardandosibene dallo scrivere contro una corrente o unascuola. Attitudine che invece mancacompletamente al francese, i cui toni corrosivie polemici ad oltranza verso tutto quello chenon riscuote la sua approvazione, produconodei libri interamente dedicati alla demolizionedell'avversario di turno, dallo spiritismo diKardec alla Scuola Teosofica.

Il tradizionalismo evoliano, invece, èparzialmente antitetico a quello guénoniano,nella sua attenzione alla Tradizione Ermetica.Tante sono le differenze che lo separano dalmaestro francese. Innanzi tutto l'enfasi postasul potere regale e guerriero- incarnatoessenzialmente dalla casta indù degliKśatriya- a scapito di quello sacerdotale obrahmanico. Conseguentemente, per Evola,l'azione non è sempre e comunquesubordinata alla contemplazione: da qui ancheil suo interesse per la magia, in cui vede lapossibilità di innestare l’auto-iniziazione. Alcontrario per Guénon, l'iniziazione è semprel'effetto di una trasmissione e di unricollegamento ad un Centro autenticamentetradizionale. Evola mostra anche una curiosa

indifferenza verso il pitagorismo, rilevatadallo stesso Guénon; mentre inveceattribuisce grande importanza al Buddhismo(originariamente inviso al tradizionalistafrancese, prima che Coomaraswamy glifacesse cambiare idea: vedi Appendice).Probabilmente il matematismointellettualistico caratteristico della scuolapitagorica, non attrae Evola, troppointeressato alla sua personale filosofia dellaforza. Nel Buddhismo, invece, il filosofoitaliano intravede il concretizzarsi di quellatradizione regale, non-aria ed eterodossa, cherovesciava il principio dell'autorità spirituale,in luogo di quella guerriera: il BuddhaGautama Siddharta apparteneva alla castadegli Kśatriya, i guerrieri.

Frithjof Schuon, dopo essere stato discepolodi Guénon, diversificò la sua prospettiva daquella del suo maestro. Rispetto a Guénon,Schuon si è mostrato molto più disinvoltonell'equiparare tradizioni e religioni disparate,sovente incorrendo nei biasimi del maestrofrancese. Il sincretismo dell’alsaziano finisceperò per disconoscere la portataautenticamente iniziatica delle societàesoteriche del Medioevo, degradate a sempliciscuole di dottrine cosmologiche, quasi figliedi una spiritualità minore. Del resto Schuonnon accetta nemmeno la concezioneguénoniana del Cristianesimo. Per Guénon ilCristianesimo, originariamente iniziaticonell'autentico messaggio di Gesù, è statocostretto a trasformarsi integralmente inreligione (exoterismo) per acquistare unavalenza universale. Al Cristianesimo, sempresecondo Guénon, è assegnato il compito diarrestare tempestivamente la dissoluzione delmondo greco-romano. Affinché questo fossepossibile, era indispensabile il trapassointegrale dello Spirito nella forma exoterica.Si tratta di quello che la teoria dei ciclicosmici indica come «tendenze ascendenti»che intervengono ad arrestaretemporaneamente la Caduta. Una provadell'impronta iniziatica del Cristianesimo, perGuénon, sono i Misteri, incomprensibili da unpunto di vista puramente religioso. Schuon,invece respinge nettamente la distinzioneguénoniana tra exoterismo (religione) ed

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esoterismo (metafisica): il Cristianesimo, perl’alsaziano, mantiene nello stesso tempo unlivello exoterico ed esoterico. IlCristianesimo, per Schuon, in quantoreligione dell'amore universale, è unmessaggio esornativo per le masse, ed inquanto tale è exoterico; tuttavia soltantopochissimi riusciranno a concretizzarlovividamente il nucleo autentico della dottrinanel profondo del Cuore: gli eletti, gli iniziati.Da questa apertura schuoniana verso lavalenza esoterica del Cristianesimoscaturiscono tutta una serie di conseguentirielaborazioni della prospettiva tradizionale diGuénon: verso la mistica che diventa siaattiva che passiva; verso l'iniziazione, che nonè sempre attiva; ed ancora, verso la fede chenon è soltanto un innocuo sentimentalismo-come voleva Guénon-, ma è anche adesionedell'essere alla verità.

Appendice: il mito della rivolta degliKśatriya

Il mito della rivolta degli Kśatriya è affrontatoda Guénon in modo particolare in tre libri: LaCrisi del Mondo Moderno; Autorità Spiritualee Potere Temporale; Considerazionisull’Iniziazione. L’Autore vede nella rivoltadegli Kśatriya, la prima scintilla delrovesciamento dell’autorità spirituale deibrahmani, quindi l’originaria messa indiscussione del principio sovra-individualedella metafisica. Questa negazione metafisica,secondo Guénon, è frutto dello spiritoindividualistico, che poi porterà dopo moltisecoli alla civiltà moderna. Guénonattribuisce questa rivolta essenzialmente alBuddhismo Mahayana, differente da quello«originario» Hinayana. Questa valutazionecontiene elementi di verità ed al contempoerronei. Di verità, perché il Grande Veicolo6 èuna rottura con il Brahmanesimo piùortodosso, in cui principalmente soltanto iBrahmani e pochissimi Kśatriya possonoottenere la Liberazione. Un discorso specularesi potrebbe fare per il Gianismo. Il Giainismo(la religione di Ghandi) è ancora più anticadel Brahmanesimo, riguarda i Dravida, i

6 Il Mahayana è la traduzione di «Grande Veicolo»;Hinayana di «Piccolo Veicolo».

popoli originari della Valle dell’Indo che sonostati sottomessi e dominati dagli Ariani nel2000-1500 a.C. Quali sono le differenze tra ilBrahmanesimo (Induismo), il Buddhismo edil Giainismo? Le ultime due religioni efilosofie assicurano il raggiungimento dellaMoksha (Liberazione) proprio a tutti: allecaste inferiori e alle donne. Ecco perchéGuénon vede nel Mahayana la prima scintilladello spirito individualistico che porta alladegenerazione del Mondo Moderno. Un altropunto che dà fastidio all’esoterista francese èla negazione buddhista dell’indistruttibilitàsamsarica dell’Atma, il Sé. Il Buddhismo, siache si tratti di «Piccolo Veicolo» che di«Grande Veicolo», nega l’esistenza diqualcosa di simile ad un Atma (Sé), in gradodi sopravvivere nell’oceano del Samsara, lacatena metafisica delle rinascite. IlBuddhismo preferisce parlare di Santana, unacorrente vitale indifferenziata capace di atti dicoscienza karmicamente dotati della capacitàdi proiezione nel futuro: una luce-coscienzasopravvivente al post-mortem, più che unvero e proprio Sé. Con un metafora delGrande Veicolo: non è la stessa fiamma chepassa da una candela all’altra. Nel Mahayanainoltre è fondamentale la figura delBodhisattva, colui che rinuncia ad entrare nelNirvana, per aiutare la maggior parte dellecreature a raggiungere la Liberazione. L’aiutonel Brahmanesimo concerne perlopiù gliAvatar, che sono piuttosto emanazioni diPrincipi Superiori che scendono in Terra perinsegnare ed aiutare: un esempio classico èKṛśna nella Bhagavad Gītā. Volendo ancheCristo può essere considerato un Avatar: nondeve essere considerata una diminuzione delSuo ruolo, gli Avatar sono Esseri moltopotenti e spirituali.

Guénon ebbe il buon senso di cambiare ideasul Buddhismo Mahayana dopo l’incontro conCoomaraswamy, che ne sapeva molto più dilui sull’argomento.

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DALLA PARTE DI LEI:LETTURE ALFEMMINILE.

MEDEA

Di Mercedes Arriaga FlórezUniversità di Siviglia

Se ci soffermiamo per un attimo sulledue grandi impostazioni critiche sul mito,osserviamo che la prima lo vede come unaverità immutabile, un archetipo presente sianella psiche umana individuale, sia nellamemoria collettiva. In un recente libro diAldo Carotenuto intitolato L’anima delledonne, questa impostazione trova una suagrande applicazione al momento di parlare,appunto, dei miti femminili.

Lo psicologo italiano ritiene che il“patrimonio simbolico dell´immaginariogreco, più di ogni altro mezzo, si prestaall´indagine del femminile” poichè, secondolui, “la mitologia si propone come chiaveinterpretativa del codice e del linguaggio dellanostra anima”, perché esiste un legame tra“mitología e psicologia del profondo” (2001:12).

Erede delle idee di Jung e Fryre,Carotenuto tenta di svelare l´anima delledonne proponendo come modelliinterpretativi le figure mitiche, nella ricerca diun’essenza femminile che sarebbeimmutabile, poiché può compiere il saltocronológico che separa noi donde del secoloXXI dalla Grecia Antica.

La seconda impostazione critica sulmito è quella decostruzionista e postmodernache si avvale delle teorie di Roland Barthes(1957) e altri, nelle quali il mito è frutto di uncontesto storico determinato, e ha la capacitàdi presentare come “naturale” qualcosa che,invece, è costruito culturalmente. I crimini diMedea, specialmente quello dell´uccisione deifigli, sono certo contro “natura”, ma sonosenz´altro anche contro “cultura”:l’infanticidio fa parte di quell’idealizzazioneche demonizza la donna.

Queste due argomentazioni, verità suchi siamo e perpetuazione di stereotipi che gli

uomini hanno costruito su di noi, si riflettonoanche in due diverse posizioni critichefemministe sul mito.

La prima viene data dalle autrici checreano o recuperano un mito alternativo aquello tramandato dalla tradizione culturale,vale a dire dalla tradizione maschile. BarbareWalken nella sua Enciclopedia dei miti eSegreti delle donne (1995), riscrive i miti dauna prospettiva femminile, sullo sfondo di unmatriarcato originario. Un progetto simile eanteriore è quello di Mary Daly nel suoWickedary (1988), in cui riscatta molte figuremitologiche femminili neutralizzando lecaratteristiche negative che la mitologiapatriarcale aveva loro attribuito.

Questa strategia di creare mitiginocentrici cade però nello stesso difettoessenzialista di Fryre e altri, e cioè quello diracchiudere nel mito una verità sullafemminilità. In fondo si tratta di unasostituzione di contenuto, dove le immaginifemminili spiazzano quelle maschili. I lavoridi Walker e Daly impostano una visione delladonna universale e atemporale, fuori dallastoria.

La seconda strategia è la riscrittura deimiti in chiave femminista poststrutturalista epostmodernista considerandoli dellenarrazioni, fizioni, frutto di una praticadiscorsiva di un momento storico concreto.Questa nuova scrittura o riscrittura lascia alloscoperto le trame ideologiche patriarcali checaratterizzano il mito tradizionale.

Adriana Cavarero, che haricostruito/riscritto nelle sue opere figure emiti femminili quali quelle di Penélope,Diotima, Antigone, considera il mito comeuna figura in cui “l’ordine simbolico siautorappresenta” (1990: 3).

La forza comunicativa della figuraviene data perché in essa il simbolico prendeun nome proprio significante e pertantoassume un grande potere di riconoscimento.Non a caso le scrittrici scelgono Medea inun’ottica speculare di traccia autobiografica:Medea-Sylvia Plath, Ulrich Boehmel, CristaWolf. Andres Pociña (2002) ha illustrato lacondizione di straniera di Medea, ma anche lecritiche femministe sottolineano quella stessacondizione delle donne nella cultura,

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segnalando la frontiera come una dellecondizioni mentali, fisiche e spirituali delledonne che si barcamenano fra universisimbolici e norme di comportamento socialicontraddittori: l’aspetto di Medea, come diceMüller, “né donna né uomo”; Medea labarbara “non uomo, non greca”, comericordava lo stesso Andrés Pociña; infine,Medea come donna fra Oriente e Occidente,come sostiene Francesco di Martino; è unadonna “di passaggio”.

Passaggio non solo per i gesti ditrasformazione che compie, ma soprattuttoperché anche il tradimento è un rito dipassaggio, come ricorda Hillman (1999), cheaiuta alla rinascita di un nuovo ordine di cose.Quindi, in questa chiave, il tradimento diMedea verso la propria famiglia permette dirompiere il destino dell´eroe Giasone chesegnerà poi il destino della stessa Medea.L’intera natura dialogica di Medea, in tutte leversioni, andrebbe collegata con questanozione del tradimento come passaggio,perché chi si sente tradita deve rompere unlungo percorso dialettico che gli permetta diuscire da quella situazione, anche se sceglie lamorte come via di fuga.

Adriana Cavarero negacategoricamente il carattere di archetipo delmito nel quale le donne possano riconoscersi.Nessuna figura, secondo lei, “può risultareadeguata alla soggettività femminile che ne farichiesta, proprio perché in questa tradizione èappunto teale soggettività femminile ad essereoccultata nelle maschilissime figure di uominie nelle figure di donne pensate dagli uomini”(Cavarero, 1999: 6).

D´altra parte Cavarero sottolineaanche un aspetto fondamentale dei mitifemminili, e cioè che il quadro simbolico alquale appartengono è quello di un soggettomaschile che disegna il mondo intorno allasua centralità. “

In tal senso le figure femminilitrovano posto di riferimento al soggettomaschile che le decide”.

La coppia amorosa è una delle regoleche ordina le figure mitologiche: Zeus e Era,Amore e Psiche, Giasone e Medea, ma in essale figure femminili giocano un ruolo “il cui

senso sta nei codici patriarcali che glielohanno assegnato” (Cavarero, 1999: 4).

Rispetto a quest’ultimo punto si puònotare come nelle riletture dei miti da partedelle scrittrici e anche di alcuni criticicontemporanei la copia uomo-donna Medea-Giasone viene sostituita dalla copia donna-donna Medea-Circe, da un parte, e Medea-Didone dall’altra, in un paradigma non più disudditanza dove la figura femminile è letta infunzione della figura maschile, ma inrelazione di uguglianza e paralellismo.

La prima scrittrice che realizza questotipo di accoppiamento è Cristine de Pizan,veneziana, che però vive in Francia tutta lasua vita e scrive fra il 1404 e 1405 un librointitolato La città delle donne (Pizan, 1999).

Anche se la riscrittura/riscatto dellefigure mitiche femminili trova una suaargomentazione teorica nelle teorie post-femministe e post-strutturaliste, Cristine dePizan realizza un’operazione culturale antelitteram, nella quale accosta la figura diMedea a quella di Circe e a quella di Didone.E` curioso come il rispecchiamentoautobiografico funzioni già in questa riletturadi Medea. Anche Cristine deve assumere su disé il ruolo di uomo, “capitano”, dice lei, dellasua nave.

La città delle donne (chissà forseFellini conoscendo questo libro ne fece unasua libera interpretazione) è una città idealecostruita con i nomi e le gesta di donnefamose. Una città tutta al femminile con ilproposito di contrastare il libro misogino diun tale Mateolo, intitolato Lamentationes,dove appunto tutte le “lamentación” eranocontro le donne. La città di Cristine, tra le cuimura la visione del mondo maschile sirovescia, è fondata sulle figure allegorichedella Ragione, della Rettitudine e dellaGiustizia.

Cristine è una delle prime scrittricieuropee a mettere in moto la ricerca di unagenealogia femminile intellettuale e vitale, pergiustificare il suo atto di scrittura, ma anche ilsuo essere donna che è nel mondo e aspira adessere riconosciuta.

Cristine de Pizan tratta di Medea indue diversi capitoli per ridarle una sua dignitàe lo fa contro le interpretazioni/ visioni/

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scritture di altri scrittori ricosciuti dallatradizione quali Ovidio, Boccaccio, etc.. Anzi,risponde a quest’ultimo sui due aspetti cheegli aveva rimarcato in Medea, cioè labellezza e la magia offrendo una versionediversa di entrambe.

Boccaccio dice di Medea:

“Crudelissimo esempio diantica perfidia… donna bellissima emolto esperta nel maleficio”(Boccaccio, 1967: 84-85).

Cristine esalta sì la bellezza di Medea,ma attribuendo ad essa un valore marginale:

“Era molto bella, alta, dritta,slanciata e di viso assai grazioso, maera nel sapere che superava tutte lealtre donne” (Pizan, 42).

Cristine trasforma la perfidia, cheBoccaccio attribuisce a Medea, in saggezza. Epoi rovescia il carattere malefico dei suoipoteri di maga considerandola, invece,conoscitrice “delle arti e delle scienze” (1999:42). Cristine cancella i crimini di Medeacome dopo farà Christa Wolf, dando unalettura positiva delle sue qualità di maga:

“Conosceva le proprietà dellepiante e tutti gli incantesimi possibili:non ignorava nulla di ciò che si potevasapere” (Ibidem.).

Questa riformulazione della figura diMedea si presenta controcorrente all’internodell´eredità culturale, dove le sue capacitàmagiche avevano assunto delle caratteristichecompletamente negative. Láure latino Eliano(La natura degli animali, I, 54) ci illustra inquesto senso:

“E poiché le cose stanno così,potremmo dire che perfino la Natura,pur non ricorrendo a bolliture o aunzioni di droghe, come usavano unaMedea o una Circe, è anch’essa unastrega”.

Così facendo, Cristine si allaccia alleversioni arcaiche di Medea che la vedono

sotto la luce positiva della sanatrice e, allostesso tempo, le attribuisce dei poteri cheeccedono quelli conosciuti dalle diverseversioni del mito:

“Con le formule magiche checonosceva poteva far tremare l’aria eoscurare il cielo, far uscire dalleprofondità della terra il vento dellecaverne, provocare la tempesta,arrestare il corso dei fiumi, preparareveleni, suscitare spontaneamente ilfuoco per bruciare tutto quello chevoleva” (Ibidem)

Per ultimo Cristine de Pizan sottolineal’aiuto dato da Medea a Giasone e agliargonauti, attribuendole il merito dell´impresadel vello d’oro:

“Fu lei che attraverso i suoiincantesimi permise a Giasone diconquistare il vello d´oro” (Ibidem).

Cristine di Pizan è la prima asciogliere la coppia Medea-Giasone -a lei lefigure maschili non interessano- e a sostituirlacon le copia Medea-Circe e Medea-Didone.Anche se la differenza tra le due grandimaghe, secondo il Kerényi, è sostanziale, “èla differenza tra la rete e il coltello, tra laseduzione e l’uccisione”, Cristine de Pizan leaccomuna per il grande potere che hannosugli elementi. Anche se Medea ha unapersonalità che appare subito caratterizzatadall’elemento lunare e notturno, mentre Circemantiene sempre lo splendore solare. Cristinede Pizan da un lato mette in luce le peculiaritàproprie a ciascuna delle due incantatrici,dall’altro suggerisce una complementarietà trale due donne discendenti dalla medesimastirpe, dedite entrambe alle pratiche magichee dotate di un fascino ed un carismasoprannaturali.

Nell’altro capitolo de La città delledonne, Medea è accanto alla figura di Didone.Entrambe sono esempi che dimostrano comele “dame” siano fedeli in amore e quantol´amare troppo finisca col portate alla rovina.Non doveva sbagliarsi di molto Cristine dePizan se anche il professor Eustaquio

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Sánchez, dell’università di Caceres, offre unparallelismo fra queste due figure, nei testilatini, in un recente saggio (Sánchez, 2002:41-58).

La rilettura che Cristine de Pizan fa diMedea è molto interessante, perché coincidecon le letture femminili più moderne in trepunti fondamentali: uno, i crimini di Medeanon sono tali; due, possiede una sua centralitànella narrazione mitica, lasciando in secondopiano Giasone; tre, la sua figura non è isolata,unica, eccezionale, ma fa parte di una schieradi miti femmminili che ereditano la loro forzada una radice matriarcale.

La città delle donne rimase al marginedella letteratura e della tradizione culturale, equindi la rilettura di Medea e di altre figurefemminili non mutò né influí sulla “cattivafama” che si è trascinata dietro fino ad oggi.

In tutte le versioni e le citazioni cheriguardano Medea si alternano o siintrecciano due aspetti negativi: il primo, siriferisce ail suo carattere spietato di assassina,come nella versione di Euripide; nell’altro, lasua instabilità emotiva e i suoi eccessisentimentali ne fanno una malata di mente,pazza per amore, soprattutto nelle versionilatine. Entrambi si concentrano nellarappresentazione di una Medea“vendicatrice”.

Il notevole interesse per la figura diMedea durante gli anni ’80 e ‘90 riflette,secondo Susan Bassmett, “il tentativo diriconciliarsi con un archetipotradizionalmente visto come un’immaginedell’orrore: cioè quello della madre cheuccide i propri figli” (Bassmett, 1993: 172).

Le interpretazioni e le giustificazionipiù moderne della vendetta di Medea, inchiave patriarcale, appuntano a “l’intensitàemotiva del femminile”, che raggiunge peramore la soluzione estrema, che non puòsottrarsi a “una risonanza sinistra”, comesottolinea Di Benedetto (1997: 21), o lo stessoAldo Carotenuto. Medea agisce preda di un“impulso” autolesionista al quale non puòsottrarsi.

Nelle riletture su Medea, fatte “dallaparte di lei”, anche da studiosi come CharlesSegal, si segnala, invece, che come laviolenza di Medea sia non solo conseguenza

dello status ambiguo della donna, tanto nellapolis quanto nella vita privata, ma soprattuttodifficoltà di fissare in categorie definitive lapsicologia femminile. In queste categorie sisente la paura del diverso/diversa. In linea,altri studi segnalano che Medea, come ancheFedra e altre figure femminili, trasgrediscanointerdizioni sociali come, nel caso di Medea,la fuga con uno straniero contro la volontàpaterna. Trasgressione dunque alla normadomestica segnata per le donne (AAVV.,1983).

Una ricostruzione,-rilettura di Medeache rovescia completamente il mitotradizionale, è offerta dal romanzo di ChristaWolf. In esso Medea è assolutamenteinnocente, incolpevole dei crimini che leversioni patriarcali le attribuiscono. Non èpiù carnefice, ma vittima, e vittima di unasocietà comandata da uomini.

Chista Wolf tenta di decostruire ilmito di Medea per liberarlo dalla tradizionepatriarcale e, allo stesso tempo, ricostruirlo inun ottica femminile. Medea si presenta convoce propria, ma la peculiarità di quest’operasta, da una parte, nella ricostruzione diversadei fatti, e della sua psiche, dall’altra.

Per quanto riguarda gli avvenimenti,Medea è vittima di una cospirazione che leattribuisce crimini commessi da altri:l’uccisione del fratello Apsirto per mano delpadre Eete, per motivi politici; il suicidio diGlauce; l’uccisione dei suoi figli da partedella folla corinzia.

Questa diversa narrazione della storiadi Medea si colloca fra le diverse versioni chegià ci offrono gli antichi autori: Pindaro,Euripide, Apollonio di Rodi, nel mondogreco, e Ovidio, Valerio Flacco, Seneca, nelmondo latino. Versioni che però noncoincidono in alcuni particolari importanti.Nella sua prima versione, il poeta Pindaro(Pitica IV, 11 e 58), ritrae Medea in tutta lasua dignità di regina dei Colchidi, profetessadal labbro immortale, dalla accorta saggezza.Ci rivela anche come questa donna, diintelligenza superiore, si sia innamorata diGiasone ad opera di un incantesimo diAfrodite.

Dell’assassinio del fratello ci sonoanche due versioni: in quella di Apollonio

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Rodio, non è Medea ad ucciderlo, ma Giasonee i suoi, nel tempio di Artemide (ApollonioRodio, IV 442); in quella di Pseudo-Apollodoro Medea uccide il fratello,facendolo a pezzi e gettandolo in mare; per farrallentare l’inseguimento di Eete (Apollodoro,I, 9,24).

Anche sull’uccisione dei figli ci sonodue versioni: secondo Pausania, (II, 3, 6.)furono gli abitanti di Corinto i responsabilidella loro morte. Mentre Euripide inventòl’idea di Medea che uccide i propri figli pervendicarsi di Giasone. Il racconto euripideo sicolloca accanto a quelle che nell’antichitàfurono probabilmente le due tradizioni piùdiffuse attorno a questo mito: la prima, nellaquale si vuole che Medea ucciseinvolontariamente i suoi bambini; la seconda,nella quale ad ucciderli deliberatamentefurono i Corinzi.

In Euripide, la maga dimostra tutto ilsuo potere divino proprio compiendo l’attoinfamante dell’infanticidio, unico modo perseparare di netto il legame rimasto tra lei eGiasone. Il ritratto di Medea come assassinadei propri figli non è del tutto frutto originaledella fantasia euripidea. Secondo il Kerényi(1949: 161), la maga era già considerataun’infanticida nel culto corinzio. L’autoreriferisce che una redazione tarda del mitonarrava come, subito dopo la nascita dei figli,Medea li nascondesse nel tempio di Era,credendo così di renderli immortali. Scopertada Giasone, venne ripudiata proprio a causa diquesto suo strano comportamento, analogoper certi versi a quello di Crono che facevascomparire la sua prole divorandola. Il culto,con la segregazione di quattordici fanciulli neltempio di Era, ripete simbolicamente questaazione e può essere raffrontato con quello deiquattordici bambini inviati da Atene a Cretaper essere divorati dal Minotauro, anch’egli -come Medea - nipote di Elio.

Queste diverse versioni secondoAdrienne Rich (1996) o Philip Slater (1968)sono il frutto della stessa configurazione dellasocietà greca nella quale il mito nasce.

Adrienne Rich si appoggia sulle tesi diSlater e altri per spiegare con essi che lamitología greca “è satura della paura delladonna matura e maternale” (Rich, 1996: 191).

In questa paura trovano spiegazione le madridistruttrici Gea, Rea, Medea e Clitennestra.Una paura che secondo Slater scaturisce dellapolitica sessuale della Grecia del secolo V,dove le madri erano piene di frustrazioni,escluse dall’educazione, vendute inmatrimonio senza ruolo sociale tranne che perla maternità e nemmeno considerate oggettodi desiderio sessuale.

In tutte le riletture femminili il mito diMedea viene collegato in qualche modo almatriarcato, ma dentro di un´interpretazionenon patriarcale del matriarcato, perché lostesso Bachofen (1988), come segnalaAdrienne Rich, è l’erede delle fonti antiche edei drammaturghi greci, che producono talimiti e della coscienza tedesca del secolo XIX,cioè erede di una tradizione maschile chevede la donna stereotipo, e nel caso di Medeaè accomunata alle donne di Lemnos, cheuccisero tutti gli uomini che vivevano con ledonne tracie.

Per quanto riguarda la psiche diMedea, nel romanzo di Chrsita Wolf, i suoisentimenti non sono quelli caratterizzati dallapassività del mito tradizionale. Ella siinnamora di Giasone di propria volontà. A luisi unisce per il suo bel corpo e perchéanch’egli conosce l’arte della medicina. LaMedea di Christa Wolf non si sente una donnaingannata né abbandonata. Sa che la suarelazione con Giasone non ha futuro perché cisono anche troppe cose li separano.

Così Christa Wolf sposta la questionedi Medea dal piano dell’amore e deisentimenti ad un piano politico: Medearappresenta un pericolo per le autoritàcorinzie e quindi, come ogni dissidente, vienecoperta di infamia. Questo carattererivendicativo di una Medea ribelle è quelloche sottolineano critici contemporanei comeJosè Antonio Clús Serena che legge nelleparole della Medea di Euripide una maniera diporsi contraria a quella della logica delpatriarcato:

“Medea rivendica per le donnegli stessi diritti che avevano gli uominie le sue parole suonano molto maleper la mentalità dei concittadini diEuripide, quando dice che partorire è

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molto peggio che andare a lottarenell’esercito” (Clús, 2002: 39).

La storia di Medea sembra inserirsi inquello scontro fra “la parola degli uomini”(che poi viene sempre a meno), e il silenziodelle donne che, non trovando un linguaggioin cui esprimersi, finisce con parlareattraverso il corpo. Se il tradimento diGiasone si svolge nella sfera sentimentale,cioè viene a meno a quella “sicurezzamaschile, data del logos attraverso lapromessa, il patto, la parola” (Hillman, 1999:16), la vendetta di Medea colpisce “la carne”,anzi la carne della sua carne.

Vorrei finire con il bilancio che DoraRussel, moglie del famoso filosofo, fa dellastoria di Medea: “Giasone, come reazione alloscontro con una donna contestataria einsurgente, fece ricorso ai poteri del regno edello status per reprimere e esiliare, ma nonper trovare una soluzione.

Medea impazzita (come succede amolte donne brave e capacitate) dal disprezzoe ingratitudine dell’uomo, come individuo ecome gruppo, e sapendo che la legge era unabeffa, per quanto riguardava lei, si espressebrutalmente, in una maniera brutale come unasuffragista militante. Mentre continerò adaprire il mio giornale e leggere su madridisperate dalla fame, la miseria o l’ira cheaffogano e affogano i suoi figli, non potròguardare Medea come un essere primarioprocedente di un passato scuro e mostruoso.Per quanto riguarda Giasone, non era altro cheun uomo normale” (Russell, 2005: 38).

BIBLIOGRAFIA

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organisé à l´Université de Toulouse- LeMirail.SLATER, Philip, The Glory of Hera, Boston,Beacon, 1968.WOLF, Christa, Medea, Madrid, Debate,1998.

IL GIARDINO MISTICO EL’INCONTRO CON ILLEVIATANO -

Di Emiliano II

“ Così mi fu mostrato in una visione.Ecco le nuvole m’ invitano, nella visione, lenebbie mi chiamano, e meteore e fulmini misollecitavano e stordivano. E i venti nella miavisione , mi fecero volare e mi sollevarono eportarono nel cielo; ed io feci ingresso……..”(1)

…E davanti al secondo ingresso mi fermai unattimo e volsi lo sguardo dietro di me.L’immensa voragine nella quale ero disceso erisalito mi ricordò l’abisso della putrefazione,la melma nera e putrida della prima Morte. Ne scrutai il fondo e in esso vidi la miaimmagine incompiuta , un uomo senza voce ,riflesso dei bagliori della luna e dei suoistratagemmi.

Mi vedevo come pietra imperfettasenza stabilità, n’equilibrio, un pezzo di legnopronto per essere intagliato e modellato. Matutto ciò che mi legava al mio passato dovevavenir meno, e pur sapendo che un giorno sareitornato alle origini sarei sprofondato ancoranei misteri della Maya, ma questa volta neavrei alzato il velo, dissolvendo l’ inganno eavrei visto il volto Verde , il vero volto di mestesso prima della caduta; e avrei meditato sulBrahman…

”Ciò che è al di là dello stato sociale,dal credo religioso, dalla famiglia; che è di làdal nome e dalla forma, dalle qualità dalpregio e dal difetto; che è di là dal luogo, daltempo e dagli oggetti dei sensi, E’Brahman…e Tu sei Quello!, contempla ciòdentro di te.“ (2)

Si possono sentire le reazioni dellaForma si possono sentire le qualità facendoastrazione della forma e ci si può sentire Vitain quiete, intessuta di Silenzio; Vita cheriposa in se stessa e per se stessa. Quando siè raggiunto il grande Silenzio, allora lacoscienza, avendo risolto il moto, vieneattirata da Ain Soph.” (3)

Tre estenuanti viaggi mi lasciai dietro,ma consapevole delle nuove prove che miattendevano, varcai la soglia ….e questavolta non ero solo, ad attendermi nella primastanza di un rosso porpora * trovai uno deimiei Maestri, dietro di lui le ombre di unaantica colonna dorica , ai suoi piedi comecartone pressato un fantoccio delle mie stessesembianze, ma era come svuotato senzasangue o vita. Il Maestro si avvicinò e mirincuorò…

”Non avere paura fratello mio, chivedi ai miei piedi non è altro che la pelle chehai dovuto circoncidere.

Per affermare la forza direstaurazione dell’ Adam nelle sue formeprimitive, forza radicata nel cuore stesso delsuo errore, nella possibilità che egli ha di unritorno amoroso verso la sua terra interiore,la Adamah che fa parte integrante della suaIssah, la Sposa. ( 4) . Il proprio ego, le tuepassioni, e quindi l’attaccamento allapersonalità è deceduto in battaglia e seipronto adesso a rinascere come individuo.

Devi sapere che Gabriele possiede dueali. La prima la destra è di luce intatta e nellasua interezza è l’ala che segna la purarelazione del suo essere con il Divino.

Vi è poi l’ala sinistra sulla quale vi èuna certa impronta di oscurità, simile in partealle macchie che si trovano sulla superficiedella luna, o a quelle visibili sulle zampe delpavone.

Tale impronta è la traccia delrapporto con il non essere. 5) Hai compresoora il giusto equilibrio tra le due più luminoseluci del cielo, la Luna ed il Sole. Osserva, inessi troverai la ragione della tuaIndividualità. Vedi il Sole come illumina,donando se stesso senza un fine, senza

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aspettarsi niente in cambio e come invece laLuna viva di luce riflessa, aspettando solo diricevere. Non pensare di abbandonare l’uno ol’altro, ma fondi in te, sia Luce sia Tenebre.

È il Bianco e Nero su cui poggi i tuoi piedinel Tempio dell’uomo. Il Tempio dell’uomo èil Tempio del Grande Architetto continuò ilMaestro…. Alza gli occhi di fronte a te, sentiil calore della Grande Stella Fiammeggiante?Con essa puoi espandere all’ infinito il Puntoal Centro del tuo Cuore e divenire Cerchio,energia pura, cosmica , puoi sentire dentro dite quella prima scintilla primordiale da cuitutto ebbe inizio e da cui tutto avrà fine.Ma per fare questo devi capire che il tuo iodeve sottomettersi al Sacrificio puro,disinteressato e forse allora la tua animatroverà l’ uscita in quell’ immenso labirintoche è il creato; e potrai riunirti e fonderti nonpiù nella vile materia ma nello spiritouniversale.Non basta donare qualche soldo, fosse cosìfacile….”Se vuoi assomigliare al Divino nonvi è altro mezzo che fare degli sforzi,spogliarsi strappare qualche cosa, fino algiorno in cui sarai capace di dare tutta la tuavita. Molti uomini ci provano, ma nonriescono, ma solo perché non lavoranosull’essenziale, non applicano questa leggedel dare del Sacrificio. Quello che fanno èsempre per loro per arricchirsi. Anche quando leggono anche quandostudiano è per arricchirsi.Soltanto quando cominceranno a dare, ciòche hanno imparato nelle università, nei librio non importa dove, che essi cambieranno.Gli uomini lavorano certamente, ma sempreper prendere per ingrandirsi, per divenire piùpotenti e avere delle succursali, dei tentacoli:non lavorano per dare. (6).Ci sono stati tempi in cui il Sacrificio dipoveri animali e d’esseri umani è servito, apropiziarsi gli Dei e allontanare dunque glieventi infausti.Stolti!! Non avevano compreso che il veroSacrificio non è quello altrui ma il proprio, enon è fatto di Carne e Sangue ma di azionipure che il solo Cuore può donare senzalimiti…..Espansione.”

Rimasi come impietrito, le parole delMaestro mi avevano colpito nell’intimo, forsenonostante tutto non ero ancoracompletamente libero dal mio Adaminferiore, ma sapevo che adesso avrei avuto imezzi per proseguire… altri cinque viaggi miaspettavano avrei potuto parlare e avevo gliutensili adatti a non fare della mia lingua, unapianta arida e sterile.

“Incomincia a frenare la tua lingua ea chiudere le tue labbra. Astieniti da paroleinutili, sicché ti sia più facile muovere la piùpesante delle tue membra che muovere la tualingua. La lingua è la più propensa a peccarecon il suo movimento, e i suoi peccati sonopiù numerosi di quelli commessi da tutte lealtri parti del corpo; perché i suoi movimentisono rapidi , perché lavora velocemente e puòfare il bene o il male senza intermediari.Quindi Fratello mio è giusto che tu trattengae tenga a freno la tua lingua .Astieniti ,quanto più puoi da discorsi superflui e potraifuggire ai danni che ciò causa , come disse ilsaggio: La Morte e la Vita dipendono dallalingua.” (7)

Tutto avvenne come stabilito, mi fuinsegnato il significato dei 5 Sensi, degliOrdini Architettonici, delle Arti Liberali, de iGrandi Iniziati del passato e il senso dellaGloria del lavoro. Era giunto il momento diandare avanti sentivo la vicinanza di tutti imiei fratelli e lo stimolo necessario perproseguire, ma ciò che era intorno a me mutòil suo aspetto, e fu come stare dentro mestesso….Percepivo ogni organo del miocorpo, il pulsare delle vene, il battito del miocuore….

“…Chi è diventato partecipe deisegreti dell’unicità non, lo è diventatodurante le soste della Via. Il cuore dellognostico ha conoscenza dell’essere. Eglicontempla l’esistenza suprema. Altro esserenon conosce se non l’essere vero. Per questoha perduto la propria vita interamente. La tuavita è tutta roghi ed erbacce: Tutto questogettalo fuori di te interamente.Va spazza la casa del Cuore, prepara il luogoe la Dimora dell’ Amato” (8)

….Era questa la voce che bisbigliava al mio

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pensiero, Metamorfosi….. la Crisalide erapronta, l’ Apprendista era divenutoCompagno, aveva compreso l’ abbandono dise stesso per la liberazione:

“L’intera posta della Metamorfosi èdunque qui…o l’ anima riesce a liberarsi, e l’uomo di luce opera la sua ricongiunzione conla propria guida di luce, il proprio Testimonenel Cielo; oppure l’ anima soccombe alla suaTenebra, rimane accoppiata al suo Iblis, lasua ombra demoniaca.”(9)

Avevo lavorato duramente, mettendo inpratica il “Conosci te stesso “, avevo bensquadrato la mia pietra su cui il Tempio hafondamento. E’ il suo principio e contiene ilsuo compimento.Principio e fine, essa è l’Alfa e l’Omega edentrambe fanno una cosa sola.Perciò la città santa potrà essere costruita,solo da coloro, che facendosi Pietra-Fondamento; si saranno misurati con la PietraAngolare.(10).

E uccideranno il Drago cioè l’oscurabestialità dell’ ignoranza in opposizione allaconoscenza luminosa, il Lucifero che certateologia ha saputo ben occultare per ben altrasete di sapere . “ (11)

Oramai, il ricordo dell’Opera al Nero grazieall’ aiuto dei miei fratelli cedeva il passo aduna nuova sintonia con lo spazio e le forme.

L’opera al Bianco iniziò: il mio corpo,divenne Argento scintillante e tutta la sala delTempio s’illuminò a luce del mattino.

Proiezioni d’antiche parole fecero econella gran sala:

“L’uno è la potenza di tutte le cose, seesso non fosse, nulla esisterebbe, nél’intelligenza, ne’ la Vita Universale. Ciò cheè al di sopra della Vita è causa della Vita, l’attività della Vita , che è tutte le cose non è laprima ma scaturisce da esso.(12)…..E’ ilbene, il bello, la felicità, ogni virtù e l’Eternità. L’ Eternità dunque infondendo nellamateria l’Immortalità e la permanenza, laadorna con l’ordine”. (13).

Ora compresi pienamente il mioscopo: percorrere la via cardiaca, preparare il

Cuore ad accogliere l’Amore che univa iltutto e in tutto poneva equilibrio e continuità.Un lussureggiante Giardino, ricco d’ognigenere di piante e uccelli, si rese visibile almio sguardo e in mezzo a questo giardino, ungrande Albero Verde ** troneggiavatagliando le oscurità del Cielo, e intorno altronco, dodici figure in una danza rotatoria,Dervisci vestiti nei loro abiti blu ed oro,richiamare a se la forza Ancestrale del grandee unico Uno.

"L’uomo è il Microcosmo, lacreazione, il Macrocosmo: L' Unità. Tuttoviene dall’Uno. Si può ottenere tuttoottenendo il potere della contemplazione.Questa essenza deve essere prima separatadal corpo, poi combinata con il corpo. Questaè l’Opera . Inizia con Te Stesso , termina contutto . Prima dell’uomo , oltre l' uomo ….Trasformazione.

Sale cadde dal Cielo sulle loro umilivesti, e i loro volti si aprirono alla saggezza,le loro radici consumate dallo Zolfo si feceroRose e Mercurio si sprigionò dai loro petali.Mi afferrarono per mano e mi portaronoinsieme a loro , e io chiesi:

"Ditemi della conoscenza, come possoproseguire?"

Mi risposero:

"La vera Conoscenza è una specie dinutrimento, come il cibo. La conoscenzaprofonda (maarifat) è caratterizzata da treforme subordinate di conoscenza. La prima èla saggezza di come ogni parola e ognifattore agiscono. La seconda è ilriconoscimento di ciascun fattore nel "Lavoro". La terza è il riconoscimento delfattore attraverso il Pensiero. La conoscenzasi può convertire in potenza e gli assiomi innorme d’utilità e doveri.Ma la conoscenza in sé non è potenza. LaSaggezza è potenza. La Saggezza è potenza esuo primo ministro è la Giustizia , che e' laperfetta legge della verità.” (14)“Ma attento!...”

prosegui un altro, appoggiandomi una

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mano sul cuore e alzando gli occhi al Verdealbero ..

."l'uomo non deve adagiarsi nell'unione Divina. Deve tornare in questo mondod' irrealtà, e nel viaggio verso il basso deveconservare le consuete leggi e le credenzedegli uomini." 15) La tua strada non è qui, loè il tuo spirito, ma è tra gli uomini che deviportare ciò che hai seminato, ciò che haidiligentemente curato e ciò che ne e'germogliato. Il dinamismo della vita esige larealizzazione, dal germe sino alfrutto.............l' amore penetra fino all' originedi ogni cosa. Quando Geremia chiama allacirconcisione del cuore: " Togliete i prepuzidai vostri cuori " chiama a morire all' amoreemotivo e sentimentale che alcunaintelligenza divina ha visitato. Invita aresuscitare all' Amore Divino - rigore emisericordia - che fa entrare chi lo raggiungenella dimensione di sposa.. Questa divieneallora capace di misurare : la larghezza, laprofondità, e l' altezza dell' amore di Cristo.Di colui che si è fatto la Morte stessa perchéè l' amore."

“..........Croce e cristiani, da capoall’altro li ho esaminati.Non era sulla croce.Sono andato nel Tempio indiano, nell' anticaPagoda.In nessuno dei due vi erano segni.Sulle alture di herat sono andato,e a Kandaha.Ho guardato.Non era sulle vette ne nelle pianure.Con risolutezza, sono salito sulla cima dellaMontagna di Kaf.La c' era solo il posto dell' uccello Anqa.Sono andato alla Kaaba.Non era là.Ho chiesto del suo stato a Ibn Sina : era oltrei limiti del filosofo Avicenna....Ho guardato all' interno del mio cuore.Li ho visto il suo posto.Non era in nessun altro posto.......

Rumi

”......Inebriato dal Vino e dal Nettare

dei miei Maestri dischiusi gli occhi , l' AlberoVerde era scomparso, così i Dervisci , cosi ilgiardino e le sue creature. Davanti a me unenorme squarcio fendeva il terreno e la nell'Oscurità delle sue acque l' urlo del Leviatano,il terribile Mostro, l' ultima terra che Giobbedeve penetrare, l' oggetto del suo matrimonioda celebrare con se stesso. Egli è in fondo aisuoi inferi, il Drago che Giobbe va adabbracciare per aprirne il Cuore , per esserecolato, fuso con la " Pietra" , pietra angolareCuore dell' edificio, nell' ultimo lavoro dellafucina , per partorire il Divino. Una bara miattendeva.........alzai gli occhi al cielo ed era l' eclissi.....mi gettai sereno tra le acque......

NOTE

* Il Rosso legato alla stanza del Maestro inquesto caso il 1° Sorvegliante, non e' quellodelle passioni, dei vizi o della materialità, madell' Opera al Rosso che il Maestro haraggiunto e il Rosso del Cuore che uniscesentimento umano in costante legame con ilDivino

** " L' albero verde è immagine dell' uomoverde, cioè dell' uomo di dimensione divina.L' albero e' allora il simbolo di noi stessi nellanorma ontologica e nella vocazioneescatologica."

(1) Enoch e la sapienza celeste, alleorigini della mistica ebraica. CristianaTretti ed Giuntina

(2) Vivekacudamani Il Gran Gioiellodella Discriminazione . Sankara. Ed.Asram Vidy(5)

(3) Io sono colui che sono. Raphael . Ed.Asram Vidya

(4) (4-10)Il Simbolismo del corpo umano.Annick de Souzenelle

(5) Il Fruscio delle ali di Gabriele. Shihabal Din Yahya Suhrawardi. EdMondadori

(6) La Chiave essenziale, OmraamMikhael Aivanhov, ed Prosveta

(7) I Doveri dei cuori. BahJa Ibn Paluda.Ed Crucci editore

(8) Il Giardino dei misteri , Sa’ al Din

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Mahmud Shabestari. Ed Mimesis(9) L’ uomo di Luce nel sufismo iraniano

. Henry Corbin. Ed . mediterranee(11) Il Sufismo vertice della piramideesoterica. Gabriele Mandel. Ed Sugarco(12) Enneadi, Plotino. Ed. Bompiani(13) Corpus Hermeticum. Ermetetrimagisto. Ed Bompiani(14) Morals and Dogma. I primi tre gradimassonici . Albert Pike. Ed Bastogi(15) I Sufi, la Tradizione spirituale delsufismo. Idries Shah

DANTE (1265 –1321) ED I FEDELI

D’AMORE

Di Igneus SILI

Negli ultimi giorni del XIV secolo, FrancoSacchetti, cronachista fiorentino, scriverà

Come posso sperar che surga Dante,

Se già chi l’sappia legger non si trova?

Già pochi anni dopo la sua morte, icontemporanei temevano che l’opera dantescafosse di troppo difficile lettura per poternecomprendere a pieno il significato. D’altrocanto, anche la semplice lettura edeclamazione, anche a quei tempi, non erafacile. Il Volgare, così come Dante lo chiama,non era certamente la lingua del popolo, ma

una sua trascrizione ideale, letteraria, colta,poetica. Una leggenda coeva tramandava chel’opera di Dante sarebbe stata compresa solosei secoli dopo la sua morte. Coloro che, acavallo del XIX e XX secolo reinterpretaronoDante, si sentirono autorizzati ad affermareche avevano interpretato Danteanagogicamente, cioè al più alto livellosimbolico. Per comprendere le motivazioni diquesta reinterpretazione, può essereinteressante indicare chi ne fossero gli autori:

Caetani Duca di Sermoneta, 1852 precursoreAroux, 1870G.A.Scartazzini, 1890G.Pascoli, 1898E.Parodi, 1914L.Pietrobono, 1915L.Valli, 1922P.Vinassa De Regny, 1928Ricolfi, 1930R.Guénon, 1933

Tutti questi autori avevano qualcosa incomune, l’appartenenza alla Massoneria.Dopo il 1859 la Massoneria italiana, dopo laseconda guerra d’indipendenza, volevafortemente il totale compimento dell’unitàitaliana, soprattutto la liberazione di Romadalla teocrazia papale. Qualcuno, con arguzia,ha notato che la breccia di Porta Pia non haportato soltanto Roma all’Italia, masoprattutto ha portato il Vaticano in Italia.Anche i Massoni, a volte, possono esserestrumento della provvidenza. Le pulsionirisorgimentali trovavano resistenza nelsentimento popolare, favorevole all’unità, macattolico nella sua stragrande maggioranza. Leragion di stato sabaude dovevano tener contodi questo sentimento popolare, così comedelle relazioni con gli stati esteri, favorevoli almantenimento della sovranità papale suRoma. Si doveva così creare un movimentoculturale e politico che indicasse nella glorianazionale la necessità di avere a capitaleRoma. Mario Caetani, Duca di Sermoneta,appartenente ad una famiglia d’antichissimeorigini romane, era uno degli ideologi di uncerchio ristretto d’intellettuali ed esoteristiche vedevano nel cristianesimo unadegenerazione religiosa e sociale che avevaprodotto la distruzione dell’impero romano e

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delle idee di forza nella giustizia che neavevano prodotto la sovranità imperiale. Ilsuo testo su Dante, primo di una lunga serieripresa da molti altri autori, vedevanell’ottavo e nono canto dell’inferno le traccedi una dottrina segreta di un’Ordine esoterico,d’origine cataro-gnostica ed in conflittopermanente con il cesaro-papismo, cioèquell’alleanza fra Chiesa e Potere che avrebbeprodotto la sconfitta della tradizione romaneed imperiale dell’antica Roma.Successivamente, la creazione della SocietàDante Alighieri, pur moderata ed ufficialenell’interpretazione dell’opera Dantesca,portò all’interesse popolare per il sommopoeta, considerato come il supremo interpreteed il cantore dell’unità italiana e del suocompimento con l’annessione di Roma alnuovo regno. Nasce così, da numerosi autori,il mito di Dante mago, eretico, templare,astrologo, cabbalista, pitagorico, Fedeled’Amore, un mito che pur fondandosi sualcuni elementi reali, costituiva un corpussimbolico atto a scatenare nella massa ilrisveglio d’archetipi sempre presentinell’umanità. L’elaborazione e laspeculazione simbolica, che la pubblicitàmas-smediatica conosce oggi assai bene, èuno dei fondamenti della metodica massonica.Molto spesso, non è la storia a formare i miti,ma questi stessi a formare la storia. Glielementi culturali e storici con cui questanuova interpretazione si fondava non eranopurtuttavia una novità, ma circolavano già aitempi di Dante e successivamente.Fra gli splendidi affreschi della CappellaBravacci, nella Chiesa del Carmine a Firenze,vi è una curiosa raffigurazione di DanteAlighieri, corrispondente a ciò che latradizione, sia colta sia popolare, attribuivaalla mitica e favolosa personalità del granfiorentino. Alla Cappella Brancacci delCarmine, Filippino Lippi ci ha trasmesso ilnoto profilo, aquilino e sdegnoso, sotto lospoglie di Simun Mago, denunciante a Neronegli apostoli Pietro e Paolo come nemicidell'Impero, perturbatori della quietepubblica, corruttori della gioventù e falsiprofeti. Questo leggendario episodio deriva daun aneddoto narrato da Ippolito Romano, unasingolare figura di santo (canonizzato) e nel

contempo antipapa, che nel IV° secolo scrisseil suo Philosophumena contro gli eretici, ed inparticolare contro gli gnostici. Questoepisodio, certamente apocrifo, ci dimostra,nella mancanza di notizie storiche dei primisecoli cristiani, come le correnti gnosticheerano considerate più vicine alla societàpagana e forse anche a lei alleate. EppureDante stesso si scaglia, nel XIX dell’Infernocontro Simon Mago ed i simoniaci:

“O Simon mago, o miseri seguaciChe le cose di Dio, che di bontadeDeon esser spose, voi rapaciPer oro e per argento avolterate.

Il gioco inquietante di Filippino, che inseriscela già mitica e affabulata personalità di Dantein un'allusiva leggenda, è un sofisticatocollage temporale a testimonianza dellatrasmissione di conoscenze filosofiche esimboliche attraverso l'arte. Sel'inquadramento allusivo e simbolico dellafigura di Dante in Filippino risulta ben chiaraa chi conosca l'origine dell'allegoria usata,ancor più facile risulta inquadrarenell'ambiente storico ed artistico fiorentino .ipresupposti filosofici e metafisici cheindicavano l'uso di un preciso simbolismo.Proprio a Firenze ed in quel tempo tornavanoalla luce i concetti del neoplatonismo e diquella prisca religione, che pur nonrinnegando la salvezza cristiana, ammirava edaffermava nel contempo la spiritualitàmisterica del passato. Pochi anni dopo lamorte di Dante, la sua leggenda, popolare ecolta assieme, lo indicava come eretico, maanche eccelso astrologo - come lo definivaAntonio Pucci, trombetto del comune, poeta ecronachista - ma anche stregone, come loriteneva Giovanni XXII°, che lo accusò, sutestimonianza di Galeazzo Visconti, di avertentato assieme al vecchio Maffeo Visconti diprocurargli morte, attraverso immagini di cerae varie malie. La leggenda medioevaleindicava già in Virgilio il mago e la sua sceltacome guida, caratterizzava già il discepolo.Non vi sono ragioni sufficienti per ritenereDante eretico. Lo sdegno contro gli eresiarchinell’Inferno ne è la prova già sufficiente. Lesimpatie di Dante per i movimenti dei

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fraticelli e dei pauperismi, la difesa deiTemplari ingiustamente perseguitati daFilippo il bello e da Clemente non eccede leopinioni colte del tempo suo ed in loro non viè traccia d’eresia. Certo, Dante e la fazionedei Bianchi cui apparteneva si opponevanoall’estendersi dell’influenza che BonifacioVIII (Tanto nomini…) “De servitio faciendodomino Papae nihil fiata”. La primaopposizione di Dante al temporalismo era dinatura politica, e solo successivamentediviene filosofico-religiosa. Dante afferma nelDe Monarchia che l’autorità deriva da Dio edal popolo romano che n’è il mandatario e cheal Pontefice si deve soltanto la riverenza, cheè l’unico appannaggio del potere spirituale.Gli accenni astrologici nell’opera dantescasono numerose e non mancano alcuni accennidi mistica ebraica che solo nel XIII secolocominciò ad avere connotazioni cabbalistiche.La Divina Commedia rappresenta una summadella cultura medioevale e dimostra in Dantenon soltanto il genio poetico e letterario, maanche la sua immensa cultura, che tuttavianon si discosta, e non potrebbe esserealtrimenti, da quella dei suoi tempi. Vi sonoquindi due linee interpretative percomprendere la realtà interiore di Dante, ciòche effettivamente era e quale erano le sueopinioni ed appartenenze. Una consistenell’esaminare senza alcun pregiudizio tutta leletteratura che da metà dell’ottocento in poiha reinterpretato Dante. La mole e laprofondità di questa saggistica non si puòeludere, e rappresenta una branca di studidanteschi ormai indispensabili. Ma la primaconsiste nell’esame della vita di Dante nel suocontesto familiare, cittadino, culturale, primache la figura del genio prenda corpo e vita. Lamoderna storiografia ha superato i limiti chele imponeva la metodica ottocentesca,ricercando l’origine della vita pubblica e deigrandi avvenimenti nella vita privata, negliavvenimenti quotidiani. L’immaginazionevede Dante come un gigante ed un genio, mamolto spesso non si conosce la realtà viventedella sua esistenza, della città in cui viveva,degli ideali e delle crisi che coinvolgevano ilsuo mondo. Cercheremo quindi di dare unritratto fedele neutrale di quest’ambito,mettendo soprattutto in risalto ciò che lo

stesso Dante dice di sé. Soltanto dopo questasintesi potremo verificare se le fonti del mitosono genuine. Non si può staccare Dantedall’ambiente in cui è nato e vissuto, perchéfu uomo dei suoi tempi e della sua città.

“Io fui nato e cresciuto sopra il gran fiumed’Arno alla gran villa”

Questo è tutto ciò che dice Dante della suainfanzia e della sua adolescenza. Ma questagran villa, in che consisteva? Vicino ad unborgo etrusco, identificato in un piccoloquadrato fra Piazza S. Firenze, Borgo deGreci, via dell’Anguilla e Piazza S.Croce, nelI secolo a.C. i romani edificarono le muradella prima cerchia, un quadrilatero di circa1800 metri, circa 20 ettari, bastante perospitare 2000/2500 abitanti. La “cerchiaantica” in cui viveva Cacciaguida, l’avolo diDante, risale al 1078, Fu edificata da Matildedi Canossa, per la continua minaccia deicavalieri tedeschi, al tempo per la lotta delleinvestiture, tra Enrico IV ed il Gregorio PapaVII. La cerchia matildina poteva ospitarecirca 20/25.000 abitanti. Dante abitò nelperiodo della costruzione della secondacerchia comunale, resasi necessaria perconglobare i vari borghi che erano natiall’esterno della prima cerchia comunale,All’inizio del XIV secolo i vari focolaricomportarono 85.000 abitanti. Per i parametridell’epoca Firenze era quindi una gran città,considerando che Parigi, nello stesso periodo,non superava i centomila. La città eracaratterizzata, come tutte le città medioevali,da alte torri e da vicoli strettissimi, con unagrave carenza di piazze in cui la popolazionepoteva radunarsi. La piazza della Signoria,che fu il compimento delle lunghe e gravilotte fra il Comune e le famiglie feudali, duedificata solo dopo che l’antica famiglia degliUberti, che aveva case e torri in quel luogo,poté essere distrutta. Ai piedi delle torri(altemassimo 50 braccia fiorentine-29metri) edelle case di pietra fortificate delle famigliemagnatizie vi erano catapecchie di legno o dimateriale di recupero, di una sola stanza, conun focolare, che ospitavano la parte piùpovera della popolazione. Il pavimento era diterra battuta, ricoperto di fieno o anche di

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stoppie. Il piccolo negoziante, l’artefice diconcetto aveva a volte due stanze, una per lacucina ed una per il letto. Ma anche le grandidimore magnatizie non avevano molti agi. Lapoca luce passava attraverso le impannate,specie di imposte di tela grezza a coperturadi finestrine minuscole. I cessi erano spessofatti di tavole di legno fra una torre e l’altra, escaricavano nel “chiassetto” di sotto, quandonon si gettava tranquillamente il vaso ed ilsuo contenuto direttamente nella strada. Lecucine e le lavanderie erano o fuori dellatorre, o all’ultimo piano per i rischid’incendio. L’alimentazione era problematicain quanto soltanto il grano era importato e lederrate provenivano direttamente dal contado,dove a volte i raccolti erano scarsi eproducevano carestie. Firenze poi non avevaporti propri e dipendeva da Pisa, spessonemica. Dante, che è un puritano e criticastesso i cosiddetti lussi della sua epoca, nonha niente da dire sull’alimentazione che eraspartana anche al tempo suo. Comunque, perquanto scarsa e sottoposta a cicliche carestie,l’alimentazione era sufficiente e la solidarietànutriva anche i più poveri. I pasti principalierano due: il desinare , fra le nove e le dieci, ela cenare, in inverno al tramonto, l’estate unpo’ prima. Per i ricchi, la merenda, a metàgiornata Si cucinava solo al mattino e la serasi consumava i resti. Zuppa di legumi, con osenza pasta o pane, e rizzati come dicono ifiorentini. Due volte la settimana (giovedì edomenica) un po’ di bollito di manzo oarrosto di pecora, vitello, agnello. Le vigilie,venerdì ed quaresima, rigidamente osservate,ceci, fagioli, pesci d’Arno o ranocchi (per iricchi, raramente pesce di mare) cavolfiore etonnina. Ma soprattutto grandi quantità dipane, base dell’alimentazione. Scuro edintegrale, ma non solo di grano, ma anche devecce, segale, lupini ecc. Nei giorni di festa,piccole quantità di maiale, selvaggina,pollame. Per chi se lo poteva permettere granquantità di pepe, soprattutto a causa dellascarsa possibilità di conservazione dellacarne, il cui gusto veniva così coperto,altrimenti, con aceto. Come bevanda acqua ovinaccia annacquata (acquerello). Il vino erasolo gli uomini, all’osteria. I grassi alimentarisono scarsi. La coltivazione dell’ulivo non era

ancora nella sua massima espansione e percucinare si consumava per lo più lardo e, perpiù poveri, anche la sugna. Un piatto tipicodella tavola fiorentina popolare? Si mette nelpaiolo un trito di cipolla ed aglio, un po’ disugna, ma a miccino, e cavoli affettati. Siaggiunge poi acqua e sale. A bollitura siaggiunge fette di pane abbrustolite. Anchel’insalata si condisce spesso con un po’ dipancetta o lardo sciolte un po’ nella padella.Un bicchiere d’acquerello (detto anchesprezzantemente ed amaramente cerborea. Ditutto ne deve rimanere anche per la cena. Ilconcetto di tempo era molto diverso dalnostro. I rari che scrivevano di notte lomisuravano con la candela graduata, conl’arenario o clessidra e con la meridiana digiorno. Ma soprattutto con le campane,soprattutto con quella di Badia, con cuis’indicava “e terza e nona”, vale a dire,secondo il commentatore dantesco Jacopodella Lana, l’ora di inizio e della fine dellavoro. La campana del Palazzo dei Prioripesava 5.775 chili e richiedeva dodici uominiper muoverla. Qual era la giornata delfiorentino medio? Sveglia alle sei, (la primaora), un’abluzione molto sommaria, viso,mani e collo, un tozzo di pane conl’immancabile acquerello e tutti, soprattutto ledonne, a messa. Gli uomini al lavoro, con unamela o poco più in tasca. Gli uffici pubbliciaprono all’alba e chiudono alla “nona” (le 15),orario cui dovevano smettere il lavoro anchegli artigiani. Ma probabilmente finché duravala luce del giorno a Vespero (circa le ore 18) illavoro continuava. La cena e poi a letto,tranne che d’estate, quando si potevapasseggiare fino al coprifuoco. Solo i bordellie le osterie potevano restare aperti fino acompieta, ma chi era fuori a quest’ora eraconsiderato con sospetto. Il sabatopomeriggio era libero e dedicato alle puliziedella casa e della persona. Le stufe, nelleantiche terme romane, permettevano unapulizia meno sommaria di quella del mattino.La domenica la messa era obbligatoria ed illavoro interdetto, tranne nel caso dei barbieri,dei fornai, del calzolai e degli speziali. Leriunioni pubbliche dei privati cittadini eranoconcesse solo per motivi religiosi. Da ciòderiva l’incredibile sviluppo delle

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Confraternite religiose dei laudesi, unicaoccasione di aggregazione sociale. Anche aimatrimoni, funerali e battesimi era imposto unnumero massimo di partecipanti. Il controllopolitico, in mano alle Arti, era rigoroso edopprimente. In questa Firenze austera, pocoluminosa, grigia e monotona le uniche attivitàpiù vivaci erano la partecipazione allecerimonie religiose, quella alla vita pubblica,per quanto molto pericolosa, e lo studio.L’immensa cultura di Dante da dove era statatratta? Qual era la sua ideale biblioteca? Qualifurono i suoi maestri e dove trasse la suadottrina? Le scuole erano del tutto private, mauna società di mercanti, già nel ‘200 sapevache un minimo di istruzione era necessario.Firenze, già nel duecento ai bambini erainsegnato a leggere e a scrivere. Nellefamiglie di medio ceto fino alle più ricchel’insegnamento elementare era impartitoanche alle bambine. A chi aveva speranza diraggiungere un Maestrato artigiano, erainsegnato l’abbaco, l’algoritmo, lamatematica, ed elementi di francese. A coloroche aspiravano ad un Maestrato professionaleil latino, la grammatica, la logica e rudimentidi filosofia. Ma lo studio più approfondito sisvolgeva nello Studio Generale di SantaCroce dove Dante apprese la massima partedella cultura dell’epoca. Ma l’incontrofondamentale di Dante fu quello con BrunettoLatini, che ritornato dall’esilio, preseparticolarmente a benvolere, fino avaticinarne il futuro genio, il giovane Danteche lo ricorda nei suoi famosissimi versi:

Che n’ la mente m’è fitta ed orm’accora, la cara e buona immaginepaterna,di voi, quando nel mondo ad ora adora,M’insegnavate come l’uoms’etterna;

Sarebbe molto utile, per la comprensione delnostro argomento, esaminare le fontibibliografiche delle opere dantesche. Uno deipiù grandi eruditi del Rinascimento DonVincenzo Borghini affermava che i suoiMaestri erano i libri e dalla ricostruzione diun’ideale biblioteca dantesca potremmo

trovare le origini del suo stesso pensiero. Inquesto breve scritto non è possibile, se nonper alcuni brani tratti dalla sua stessa opera.Lui stesso ci parla delle sue cognizioniletterarie, scientifiche e filosofiche, nel IVcanto dell’Inferno:

E vidi Elettra con molti compagni,Tra’ qui conobbi Ettore ed EneaCesare armato con li occhi grifagniVidi Camilla e la PantasileaDall’altra parte, e vidi ‘l re LatinoChe con Lavinia sua figlia sedea:Vidi quel Bruto, che cacciòTarquinio:Lucrezia, Julia, Marzia e Corniglia;E solo, in parte, vidi il Saladino:Poi ch’innanzi un poco più le ciglia,Vidi l’maestro di color che sannoSeder fra filosofica famiglia.Tutti lo miran, tutti onor gli fanno:Quivi vid’io Socrate e Platone.Che n’anzi agli altri più presso glistanno;Democrito che l’mondo a caso pone,Diogenes, Anassagora e Tale,Empedocles, Eraclito e Zenone:E vidi il buon accoglitor del qualeDioscoride dico; e vidi OrfeoTullio e Lino e Seneca morale;Euclide geometra e TolomeoIppocràte, Avicenna e Galieno;Averroe, che l’gran comento feo.

Dante, fu un “fiorentino spirito bizzarro”.Nelle iconografie conosciute lo vediamocorrucciato, grifagno. L'immagine di Dante èquella di un'altera sfinge dal voltoimpenetrabile, amaro, doloroso, che non cedefacilmente il suo mistero. Solo in Giotto il suovolto acquista trasparenza e chiarità, in unagiovinezza attenta e raccolta, dagli occhichiari e limpidi, immensamente pieni diquella luce calma ed intensa che rompe il buiodei vicoli fiorentini. Nel volto giottescopermane, viva, una fiduciosa umanità, in unmomento forse di momentanea pace cittadina,tanto effimera e bugiarda quantonascostamente fosca d’odio profondo e difaide omicide. Dopo Giotto il volto di Dante èquello di un’immota maschera, raggelata nel

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suo silenzioso sdegno, nella sua interiore equasi disumana spiritualità. Eppure, quellelabbra sottili e serrate, hanno pronunciato lapreghiera ermetica di Bernardo alla Vergine,nel XIII° canto del Paradiso, l'aulica retoricadel "De Monarchia", le rime d'amor sacro ed'amor profano. Forse, più che l’indole,furono le amarezze le delusioni subite atrasformare il suo volto. Nell’invettiva Danteè terribile, soprattutto verso i suoiconcittadini:

Filippo Argenti degli Adimari Caviccioli:

Tutti dicevano: A Filippo Argenti!E ‘l fiorentino spirito bizzarroA sé medesmo si volgea co denti

Della famiglia Adimari Caviccioli

L’oltracotata schiatta che si indracaDietro a chi fugge, ed a chi mostra il denteOvver la borsa, com’agnel si placa

I Visdomini

Color che quando nostra chiesa vaca,si fanno grassi stando a concistoro

I Fiorentini in genere:

Vecchia fama nel mondo li chiama orbiGente avara, invidiosa e superba…………………………………..quell’ingrato popolo malignoche discese di Fiesole ab anticoE tiene ancor del mondo e del macigno…………………………………………faccian le bestie fiesolane stramedi lor medesme e non tocchin la piantaS’alcuna sorge ancora in lor letame

………………………………………Godi Fiorenza che se così grandeChe per mare e per terra batti l’aleE per lo ‘ferno il tuo nome si spande!

Dante denuncia come “compagnia malvagia escempia” la sua parte politica e ben pochiscampano alla sue irose raffigurazionipoetiche: ma vi sono delle rare eccezioni. Ma

parole d’affetto, compassione, amore Dante leriserva a coloro che sono in “picciolettabarca” (Parad.Canto II)

O voi che siete in piccioletta barcaDesiderosi d’ascoltar, sèguitiDietro al mio legno che cantando varca.Non vi mettete in pelago; ché forsePerdendo me, rimarreste smarriti.L’acqua ch’io prendo, giammai non sicorse:Minerva spira e conducemi ApolloE nove Muse mi dimostran l’Orse.Voi pochi altri che drizzaste il colloPer tempo al pan degli angeli, del qualeVivesi qui, ma non sen vien satollo.Metter potete ben per l’alto saleVostro naviglio, servando mio solcoDinanzi all’acqua che ritorna equale.

Per pochi amici ebbe amore e rispetto,soprattutto per quel grande personaggio chefu Guido Cavalcanti e per Lapo Gianni, latriade fiorentina degli anni migliori e della piùperfetta affinità spirituale: ricordate ilsonetto?Guid’io vorrei che tu e Lapo ed ioFossimo presi per incantamentoE messi in un vasel cad’ogni ventoAl voler vostra andasse e al mio.E Monna Vanna e Monna Lagia e poi,con quella ch’è sul numer delle 30….

Quella ch’è sul “numer delle trenta” èBeatrice. Molto spesso Beatrice ha rapporticon il 9 nella divina Commedia, è il nove èl’ultimo dei numero dispari, divini secondoPitagora. Ma 30 è formato da 3x9+3 ed ilnumero dei cori angelici che sono piùprossimi a Dio. Un antico testo ermeticoafferma che, giunto al 9, il saggio si tacque.

Ed in questa terna di perfezione che consistela crittografia dei Fedeli d’Amore, il misteroprofondo della Sophia, la Sapienza santa.Beatrice, Giovanna, Selvaggia, sono le“Dominae” le Signore, le terribili entitàfeminine che formano l’entità animica deiloro Fedeli. Vi è una splendido monologobiblico, in cui parla la Sapienza:

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“L’Altissimo mi ebbe con seall’inizio delle sue imprese, prima dicompiere qualsiasi atto, daprincipio. Ab Aeternum sono statacostituita, anteriormente allaformazione della terra. Io ero giàgenerata e gli abissi non esistevano ele fonti delle acque non scaturivanoancora, né i monti ancora sorgevanocon la loro grave mole; primaancora dei colli fui generata; nonaveva ancora creato la terra, né ifiumi né i cardini del mondo.Quando disponeva i cieli fuipresente, quando accerchiava gliabissi nel giro regolare dei loroconfini, quando fissava in alto leatmosfere e sospendeva le fonti delleacque, quando segnava intorno almare il suo confine e poneva unlimite alle acque affinché nonoltrepassassero le sponde, quandogettava i fondamenti della terra,assieme a lui disponevo di tutte lecose e mi deliziavo in tutti queigiorni, trastullandomi di fronte a luicontinuamente, trastullandomi nelcerchio della terra e la mia deliziaera vivere con i figli degli uomini “Dalla Bibbia: I Proverbi

La Donna dei Fedeli d’Amore era specularealla loro interiorità, la loro stessa anima. Maquest’entità femminea aveva una parte oscurae terribile, la Nostra Signora delle Tenebre.Nell’albero Sephirotico della cabbalà lacolonna del Rigore è Hocmah, la Madre. Ma èuna madre tellurica, non celeste, ctonica, noncillenia. E’ Iside, Astarte, Cibele, Durga Kalì.Quest’entità si esprime nella materia comeVenere Pandemia, l’Eros volgare della massa,che deve diventare Venere Urania, la Virgo,che è sublimazione della madre e delfemminile. Quest’antichissimo concetto èstato ridiffuso da Carl Gustav Jung. Leconcezioni psicoanalitiche di Jung sonospesso desunte dalla filosofia esoterica. Lasua formazione massonica, presso la LoggiaModestia cum Libertate all’Oriente di Zurigo,la stessa loggia di Kereny, il grande mitologodell’antica Grecia, gli consentì una

preparazione iniziatica, che Jung stesso definìcome gnostica. Jung portò nel campo dellapsicologia l’Animus e l’Anima. L’Animus eral’archetipo dell’anima insito nella donna,l’Anima era la versione maschile di questosimbolo arcano. L’Anima, la Sophia deiFedeli d’Amore doveva congiungersiermeticamente con lo spirito, l’Intelletto, perpoter esulare dalla dualità di Rigore eMisericordia, nella colonna sephiroticadell’Equilibrio.Così l’amore terreno era soltanto l’allegoria el’anagogia dell’amore celeste, la vestematerica della donna il paradigma dellaNostra Donna Interiore, la Pietra grezza enegra che doveva trasmutarsi in pietra cubica.E la Domina, nel contempo era anche in nomeil segreto Ordine cui forse appartenne Dante,un’Ordine metafisico che nella suaspeculazione faceva corrispondere un’Ordinefisico, quell’Aquila che era il simbolodell’Impero e l’Imperatore. La sconfittapolitica del ghibellinismo fece sì che i grandisignori cui Dante richiese pane ed asilo nonfossero poi così ospitali. Dante, grande vatedell’Idea Imperiale, era ormai un testimonescomodo nei nuovi tempi borghesi e il poetadovette adattarsi a guadagnarsi la vita “frustoa frusto” ad assaporare “come sa di sale lopane altrui, e com’è duro calle lo scendereed il salir le altrui scale”. Ma la suagrandiosa visione metafisica, universalmenteed atemporalmente descritta nel Paradiso,superava gli accadimenti e le contingenze, e lasua Beatrice, con cui certamente si congiunsein un’unità spirituale si tramutò nella VirgoCelestis, quella stessa cui Dante fece rivolgereS. Bernardo nella famosa invocazioneermetica:

Vergine madre, figlia del tuo figlioUmile ed alta più che creaturaTermine fisso d’etterno consiglio.Tu sei Colei che l’umana naturaNobilitasti sì che l’suo fattoreNon disdegnò di farsi sua fatturaNel ventre tuo si raccese l’amorePer lo cui caldo nell’etterna paceCosì è germogliato questo fiore.

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Sarebbe oggi degno e giusto riesaminare ipersonaggi, la storia, la crittografia dei Fedelid’Amore, i loro scopi spirituali e quellipolitici, anche se la collazione dei testi e laloro interpretazione non è affatto facile. Manon era possibile iniziare una analisi su unargomento che potrebbe anche esser aridosenza ridisegnare la grande maschera diDante, la sua vita difficile, la sua grandeopera. Quella maschera muta, che sa ancoravibrare di "quell'amor che muove il sole el'altre stelle" per chi sa vedere con gli occhidello spirito la Rosa, la Croce, l’Aquiladell'Empireo. Un amore, biblicamente piùforte della morte, che vibra ancora in unaFirenze apparentemente morta che vogliamo esperiamo nascostamente viva, in cui possanorisuonare ancora gli echi dei passi di Dante inS. Croce, dei canti perduti di Casella, delledispute bizzarre di Guido Cavalcanti, dellerime leggiadre di Lapo Gianni.

CONVENTO F.O.M. 5 - 6 - 7 Ottobre2012

PROGRAMMA

Giovedì 4 ore 21,30 Riunione informaledi tutti i SS.II.II.presenti.

Venerdì 5 ore 9,00 Convento dei SS.II.rituale.

Venerdì 5 ore 159,00 Apertura rituale in grado di Associato delConvento 2012.Presiede il Fr. Aaron G.M. dell’O.M.E.C.Relazioni e interventi sul tema: “Itermartinista e ritmi cosmici”.

Sabato 6 ore 9,00 Relazioni e i interventi sul tema.

ore 15,00 Per i primi 3 Gradi: Riunioni di Gruppo.Meditazione e discussione sulla frase diMartines: “La precisione delle cerimonie nonbasta .... occorrono zelo e santità di vita,occorre una preparazione spirituale fatta dipreghiere, ritiro, digiuno e meditazione....”.

ore 15,00 Collegi dei SS.II.II. divisi perOrdine di appartenenza.ore 18,00 Riunione di tutti i SS.II.II.presenti: Programmi futuri.Domenica 7 ore 9,00 Apertura rituale ingrado di Associato.Relazioni dei Capigruppo.Relazioni e interventi sul tema.Conclusioni finali.

.Lo svolgimento dei lavori potrebbe subiredelle varianti durante il Convento.Le relazioni vanno fatte pervenire) entro il 15Settembre e faranno parte degli Atti.Verranno lette al Convento solo quelleritenute più significative. Gli interventi a vocenon dovranno superare la ½ ora,indipendentemente dalla lunghezza del testoscritto. I membri della Comunità gnostica siriuniranno Sabato mattina alle ore 8,00.